…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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RReeddaazziioonnee aa ccuurraa ddii prof. arch. Giuseppe Abbate arch. Piergiorgio Ditadi arch. Paola Filippi
Documento revisionato (Rev 01)
- giugno 2008 -
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I. Riferimenti tematici e disciplinari complessivi. Relatore: professore architetto Giuseppe Abbate.
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I.1. Indirizzi complessivi di tutela delle risorse culturali.
I.1.1. La tutela delle risorse d’interesse culturale1 del territorio provinciale. La tutela
delle risorse culturali del territorio provinciale costituisce tema normativo prioritario del
PTCP, nel senso che nessuna trasformazione del territorio e delle sue risorse può essere
consentita dagli strumenti urbanistici locali se non è sostenibile, se cioè, in generale, non
"è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la
possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri" 2, in particolare
dunque con riguardo anche al significato culturale di cui le risorse del territorio sono
ovvero devono essere dotate3.
I.1.2. L' interesse culturale. Tutte le risorse immobili, nessuna eccettuata, di cui il
territorio provinciale è dotato, sono pertanto considerate dal PTCP di interesse culturale,
perché
a) di qualità culturale significativa, da tutelare,
ma anche perchè
b) di qualità culturale insignificante ovvero dequalificante, da qualificare,
ovvero
c) di qualità culturale degradata, da recuperare.
I.1.3. L' azione di tutela. Ne consegue che secondo il PTCP la azione di tutela non si
riduce alla conservazione/recupero delle risorse valutate di qualità culturale significativa,
ma si estende alla trasformazione/recupero delle risorse per qualsiasi motivo sprovviste
di essa.
I.1.4. Le condizioni alla trasformazione. Il PTCP ed i PAI/PATI provvedono alla
tutela culturale del territorio di rispettiva competenza non soltanto recependo vincoli di
matrice legislativa imposti a protezione di alcuni beni culturali esistenti, ma altresì
disponendo condizioni ad ogni trasformazione ammissibile delle risorse esistenti.
Tali condizioni saranno diversamente adeguate, caso per caso, al grado di
sostenibile trasformabilità culturale cui ogni risorsa può essere assoggettata, tra le
condizioni "estreme"
a) della tutela conservativa assoluta d' una risorsa dotata di eccezionale interesse
culturale
e
b) della progettazione innovativa integrale d' una risorsa priva di significativa
qualità culturale.
1 L’ espressione risorse di nteresse culturale comprende non soltanto i cosiddetti beni culturali,, cioè le situazioni e gli stati dotati di significato culturale legislativamente riconosciuto, ma anche le situazioni e gli stati il cui significato culturale non è sembrato al legislatore egualmente apprezzabile allo stato di fatto, ed alla cui tutela o recupero o fondazione quindi le azioni consentite dagli strumenti urbanistici devono provvedere. 2 G:H:Brundland, presidente della commissione mondiale ONU per lo sviluppo e l’ambiente, Rapporto finale (sulla definizione di sviluppo sostenibile 3 Cfr. lr 11/2004, art.22, c.1,al.a) 4 Cfr.lr 11/2004, art.22, c.1 5 Cfr. lr 11/2004, art.22, c.1, al.j) 6 Cfr. lr 11/2004, art.2, c.1, al.b) 7 Cfr. lr 11/2004, art.2, c.1, al.b)
8 Cfr.lr 11/2004, art.22, c.1, al.j) 9 Cfr lr 11/2004, art.2, c.1, al.c) 10 Cfr.lr 11/2004, art.2, c.1, al.c)
4
I.1.5. I caratteri culturali delle risorse. Il PTCP ripartisce tra due maggiori insiemi i
caratteri culturali, esistenti o di nuovo impianto progettuale, delle risorse del territorio:
ambedue portatori di significati attribuiti, ma
a) documentari
come testimonianze di significati antropologici/storicistici, gli uni
b) percettivi
come raffigurazioni di interpretazione soggettiva, gli altri.
I.1.6. Le risorse culturali di significato prevalentemente documentario. In particolare
il PTCP considera4 risorse culturali di significato prevalentemente documentario:
a) i centri storici
b) le Ville Venete
c) i complessi e gli edifici di pregio architettonico5
d) i siti archeologici
e) i nuovi insediamenti aggregati
f) gli insediamenti aggregati esistenti6
g) gli insediamenti sparsi esistenti7
h) i siti ed i manufatti di significato antropologico/storicistico
I.1.7. Le risorse culturali di significato prevalentemente percettivo. In particolare il
PTCP considera risorse culturali di significato prevalentemente percettivo:
a) le pertinenze ed i contesti figurativi comprendenti i beni documentari8
b) il paesaggio rurale e montano9
c) le aree di importanza naturalistica10
d) i "coni visuali" ed i panorami.
1.1.8. L' efficacia normativa delle previsioni di tutela. Il PTCP esercita efficacia
normativa per la tutela dei significati culturali delle risorse del territorio:
a) sui piani urbanistici comunali
b) sulle azioni dirette di trasformazione del territorio
per il tramite di prescrizioni e direttive 11 espresse nelle
a) norme tecniche
e/o nelle
b) indicazioni cartografiche progettuali.
Le prescrizioni divengono immediatamente efficaci con l' adozione del PTCP.
Le direttive divengono efficaci soltanto dopo che è stato adottata, dal Consiglio
11 Cfr.lr 11/2004, art.3, c.1
12 Cfr. dgr n.3178 dell' 8.10.2004 1 Cfr. Lr 11/2004, art.14, c.6. 2 Cfr. lr 11/2004, art.14, c.6, c)
3 Cfr lr 11/2004, art.10
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comunale di competenza, una variante di adeguamento degli strumenti urbanistici locali
vigenti alle direttive medesime.12
I. 2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
a) centri storici.
I.2.a.1. Centri storici. Il PTCP distingue, a fini normativi, tra
a) funzione insediativa
e
b) significati documentari
dei centri storici esistenti nel territorio provinciale.
I.2.a.2. Funzione insediativa. Il riconoscimento della funzione insediativa ("rango")
svolta dai centri storici, ovvero una diversa attribuzione di essa, competono alla
Amministrazione comunale, per il tramite della disciplina del PRC locale.
Il ruolo normatore del PTCP, a tale proposito, consiste nel dettare le
condizioni di tutela/attribuzione/recupero nel rispetto delle quali l' attribuzione di rango
ai centri storici non pregiudichi, in questi, l' interesse culturale dei significati
documentari e percettivi delle componenti insediative sia pubbliche che private
La Giunta provinciale, in sede istruttoria 1, interviene nei modi di legge ove
constati che le valutazioni e le determinazioni comunali implichino una insufficiente
tutela "delle invarianti di natura…storico-monumentale ed architettonica" 2, ad esempio
in ragione della "incompletezza del quadro conoscitivo" .
I.2.a.3. Significati documentari. La valutazione del significato documentario da
attribuire ai centri storici esistenti nel territorio della provincia è riferita dal PTCP allo
Atlante dei centri storici edito dalla regione del Veneto ed esteso a tutto il territorio
regionale.
Poiché esso, tuttavia, identifica strutture risalenti a non più di quattrocento anni
or sono (anche se da esse è possibile dedurre notizie o congetture circa preesistenze più
antiche), PAT/PATI dovranno destinare specifica attenzione alla analisi dei compendi
insediativi di non recente origine ovvero di trasformazione anche recente esistenti nel
territorio comunale, per identificare eventuali altre preesistenze di interesse culturale da
tutelare, e provvedendo così, oltre che alla loro tutela, alla integrazione ad hoc dei
sistemi informativi comunali. 3
6
I.2.a.4. Sarebbe inammissibile la pretesa di considerare i centri storici trevigiani
unicamente come oggetti di significato culturale, attribuendo di fatto a tutti essi
uno stesso ruolo di polarità indifferenziate nella rete del sistema insediativo della
provincia. Infatti:
- differenziati sono il loro impianto strutturale/tipologico storico,
per quanto trasformato/deformato dalle successive trasformazion, e le loro risorse
originarie;
- differenziate furono le funzioni, politiche sociali economiche e
culturali, che nel succedersi delle età, degli avvenimenti e dei poteri vennero loro
attribuite, o che essi esercitarono per iniziativa dei gruppi sociali protagonisti dei
cambiamenti, e che diedero loro forma struttura ed immagine;
- rispetto ad allora, predominante è divenuta sulle altre, con caratteri
e peso tendenziamente crescente, la funzione economica terziaria, al servizio sia
della produzione extra moenia dei beni, sia rispetto alla distribuzione di questi al
consumo finale;
- anche il "peso relativo" - economico e sociale, amministrativo e
culturale - o per meglio dire il loro rango è andato mutando contestualmente alla
mutazione sociale ed economica ed insediativa delle diverse contrade del territorio
provinciale.
Per ragioni come queste sarebbe errato sostenere una equivalenza tra
"centralità" e "dimensione" d' un centro storico: mentre la dimensione ne è propria,
la centralità costituisce espressione del nesso tra città e territorio - nesso che
esercita indubbiamente una funzione anche quanto al centro storico, ma non deriva
da esso soltanto per il fatto che "c'è".
I.2.a.5. In questa prospettiva perdono significato i meri progetti di assetto fisico e
funzionale (ad esempio, i "piani particolareggiati" delle leggi urbanistiche
regionali di prima generazione): la "questione territoriale" del recupero dei centri
storici non è riducibile alla loro conservazione - sia pure culturalmente avanzata - ,
al loro congelamento in quanto oggetti fisici: il PTCP pone in gioco la posta del
loro destino, in quanto sì oggetti urbanistici ed architettonici che scegliamo di
conservare perché riconosciamo in essi le nostre stesse radici, ma in primo luogo
perché le radici della cui conservazione essi ci assicurano documentano una storia,
delle tradizioni, una cultura, che noi, perché ci appartengono, cerchiamo di
proseguire - ma non per il tramite di mimetiche ripetizioni fuori del tempo - se è
vero che la prima lezione che i documenti che vogliamo conservare ci dànno è la
mutazione delle cose, sul supporto di strutture che con la loro immutabililità
4 Secondo l' atto di indirizzo e) di cui alla lr 11/2004, art.50, approvato con altri dalla Giunta regionale con atto n.3178 dell'8 ottobre 2004, i centri storici compresi in un territorio provinciale debbono venir
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garantiscono la ammissibilità e la coerenza degli interventi di trasformazione .
I.2.a.6. Se questa tesi è sostenibile, i nostri piani territoriali ed urbanistici - a
partire, e tanto più, dal PTCP - non devono essere, neppure per i centri storici,
meri disegni d' una forma urbis il cui destino futuro non sapremmo prevedere,
volendo pur tuttavia di essa conservare struttura ed aspetto congelandoli in forme
fisiche come quelle che conosciamo "qui adesso": i nostri piani saranno piuttosto
norme, capaci di dettare condizioni agli interventi ammissibili. A priori, ad
esempio, nessun diverso purchè compatibile uso di immobili preesistenti, se pure
tipologicamente predisposti per altre destinazioni dovrebbe essere impedito dal
PTCP, nè dovrebbe esserlo dai PRC, purchè determinate condizioni (ad esempio:
i caratteri significativi dell' impianto tipologico, ovvero le dotazioni di servizi
sociali nell’ intorno insediativo, ovvero la permanenza di non marginali funzioni
abitative) siano rispettate. Ovviamente il rispetto di tali condizioni può
determinare effetti più meno rilevanti sull' immobile che è oggetto dell' intervento
subordinato ad esse: in caso estremo, l'intervento può manifestarsi incompatibile
con esse, dovendo dunque venir impedito. (E' il caso, ad esempio, dell' impianto di
grandi strutture terziarie in impianti tipologici suddivisi da muri maestri e scale
interne in unità immobiliari plurime di contenuta dimensione, nelle quali il dato
caratterizzante da tutelare è costituito, oltre e più che dagli eventuali stilemi di
facciata, dal significato documentario di una preesistenza destinata ad attività ed
usi abitativi/artigianali/commerciali).
1.2.a.7. Ne risulta inequivocabilmente orientata la identificazione delle criticità
oggi desumibili da una analisi non condizionata da pregiudizi, luoghi comuni,
canoni stereotipi ed invece mirata alla ricerca dei modi di una strategia della
graduale riabilitazione dei centri storici, ed intanto del contenimento degli esiti
negativi della loro micro-trasformazione insediativa:
a) nell' insieme, la parcellizzazione dei centri storici in realtà anche
fortemente differenziate, al di là delle specificità originarie locali, per effetto di
trasformazioni disciplinate da intenti e norme non connesse in scenari territoriali
coerenti;
b) nello specifico locale, la difficoltà iniziale di re-interpretare strutture
urbanistiche ed architettoniche cercandone origine e caratteri ridotti, da
trasformazioni qualitativamente indifferenti quando non incaute in troppi
siti/situazioni, a meri contenitori di attività economiche, organizzati secondo
criteri ispirati innanzitutto all' utilità e talvolta al marketing, e cioè a ragioni che
classificati dal PTCP secondo tre livelli "qualitativi": 1. di notevole interesse; 2. di grande interesse; 3) di medio interesse. Secondo i parametri adottati dal PTCP di Treviso, di cui al seguente paragrafo 1.5.a.9, sembrerebbero di livello 1 i centri storici il cui "peso" non sia inferiore a 4; di livello 2. i centri storici ilcui "peso" sia compreso tra 4 e 3; di livello 3 gli altri. (Ci si deve chiedere, ad esempio, se l' esistenza di vincolo legislativo non comporti già di per sé il riconoscimento di notevole interesse, cioè di livello 1, al bene assoggettato ad esso.)
8
tendono a superare, contraddicendoli, un ordinato uso delle risorse offerte dall'
impianto urbanistico e dalle forme architettoniche, e coinvolgendo inoltre la stessa
tutela delle funzioni radicate da storia e tradizioni culturali, , in definitiva la loro
stessa conservazione per la memoria e l' identità delle generazioni future;
c) il deliberato ignorare i legamenti strutturali che in altri tempi hanno
connesso le cellule costitutive dei centri storici in più o meno complesse unità
urbanistiche ed architettoniche, connesse dalla coerente rete dei percorsi
convergenti a non casuali localizzazioni del sacro, del civile, del sociale ;
d) la tendenza a non dare spazio, negli interventi di trasformazione, alla
tutela/ri-composizione degli elementi architettonici "minori" di quello che oggi
definiremmo "arredo urbano", il cui significato quando non la stessa esistenza
sono sovente soffocati quando non sopraffatti dalla arroganza di dequalificati
inserimenti edilizi recenti;
e) le tendenze ancor oggi dominanti, e sostenute tra l' altro dalla più recente
legislazione in materia di beni culturali/ambientali, verso una tutela dei beni
culturali riservata esclusivamente alle forme architettoniche considerate di
significato singolare se non eccezionale, abbandonando al mercato edilizio
speculativo la trasformazione della continuità dei tessuti insediativi, cioè in
definitiva i centri storici stessi propriamente considerati, come dovrebbero, nella
loro inscindibile unità compositiva;
f) la perdurante utilizzazione dello strumento giuridico del vincolo come
garanzia conservativa del bene culturale singolare/eccezionale - in realtà, nella
maggior parte dei siti e delle situazioni garanzia unicamente del proseguimento
d'un loro lento degrado, ovvero semmai - e salve significative eccezioni - del
recupero dei valori architettonici "di facciata" di corpi di fabbrica insigni per
forma, nell' arbitrio della trasformazione/deformazione/distruzione dei loro
caratteri tipologici, testimoni - anche ed ancor più degli stilemi architettonici - di
una cultura e di tradizioni di vita e di lavoro che degli edifici stessi costituirono, a
loro tempo, ragion d' essere - ed ai quali occorrerebbe invece, oggi, porre totale
attenzione, non certo verso una loro mimetica ripetizione, bensì verso la ricerca di
modi compatibili per la loro nuova fruizione, secondo diversi modelli di vita, con
diverse utilità;
g) la indiscriminata domanda di mobilità di persone e merci, esercitata ad
ogni ora del giorno sulla rete delle strade storiche;
h) la propensione a non considerare quello che si potrebbe definire "profilo
esterno" dei centri storici, disperdendo nuova edificazione nel suolo extra moenia
perimetrale, determinando così il graduale trasformarsi delle sky line urbane
1 Istituto Regionale delle Ville Venete, Ville Venete, la Provincia di Treviso,. I.R.Ville Venete e Marsilio editori, 2001.
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storiche in disordinate aggregazioni di profili casuali, anche architettonicamente
privi di ogni regola che non sia di mera geometria volumetrica , e conglobando in
questa aggregazione le preesistenze storiche ancora esistenti nel contiguo;
i) il peso anche ma non soltanto economico-finanziario delle politiche di
tutela, e cioè di un impegno di prevalente interesse generale non sostenuto
adeguatamente non soltanto dalla cultura locale, ma dalla stessa normazione;
l) la dispersione casuale nei tessuti insediativi storici delle iniziative private
di intervento, non connesse da norme specifiche e coordinate di comportamento
in unità coerenti con gli impianti urbanistici ed architettonici preesistenti;
m) la tendenza, soprattutto nei centri storici "maggiori", a quella che oggi
definiamo "terziarizzazione" delle aree centrali urbane, e cioè alla sostituzione
delle presenze abitative con attività economiche di presenza e frequentazione
prevalentemente diurna, con il risultato del progressivo abbandono notturno degli
spazi collettivi dei centri storici e quindi, tra l' altro, del ridursi delle condizioni di
sicurezza sociale, oltre che della distruzione irreversibile di legamenti sociali
garanti della qualità di vita urbana;
n) la tendenza alla scomparsa del tessuto artigianale-commerciale minuto di
servizio"alla porta di casa";
o) in particolare, la tendenza all' allontanamento dai centri storici dei nuclei
famigliari di più recente formazione;
p) la tendenza alla ghettizzazione per nuclei appartenenti ad un medesimo
contesto insediativo ma sovente lontani per cultura e censo, impediti ad ogni
solidarietà sociale da una deliberata incomunicabilità;
q) lo snaturamento della funzione dei mercati all' aperto per l' incontro
sociale, irrealizzabile nelle grandi strutture di market che vanno sostituendosi ad
essi nella distribuzione dei beni al consumo finale delle famiglie;
r) lo sfruttamento dei centri storici"minori" come occasione per
implementare, all' intorno, l' edificato abitativo e produttivo, ripetendo standard
urbanistici ed edilizi privi di ogni specificità locale nel territorio agricolo lungo la
rete delle sedi viarie di connessione;
s) il sostegno economico ai bilanci comunali garantito dai tributi di
urbanizzazione;
t) la insufficiente qualità della progettazione urbanistica ed architettonica,
favorita dall' indifferenza dei promotori, in specie ma non soltanto economici,
delle trasformazioni.
10
I.2.a.8. Qualificazione documentaria4. Il PTCP differenzia il significato dei centri
storici insediati nel territorio provinciale avvalendosi di parametri standard come i
seguenti , ed attribuendo ad ognuno di essi un "peso" convenzionalmente variabile da 0
ad 1:
a) vincolo legislativo
b) densità delle permanenze storiche
c) estensione dell' edificato storico caratterizzato dalla compresenza di emergenze
d) riconoscibilità dell' impianto urbanistico
e) stato complessivo di conservazione
f) contesto paesaggistico.
PAT e PATI riprenderanno questa classificazione senza modificarla, ma se
necessario articolandone i parametri di qualificazione, ed adeguando i "pesi"
conseguenti con riferimento specifico alla realtà locale.
I.2.a.9. Interesse sovracomunale. Iil PTCP riconosce, convenzionalmente e senza
effetti normativi, un significato culturale di interesse sovracomunale:
a) ai centri storici il cui "peso", misurato dai precedenti parametri, non sia inferiore
a 4, ed oltre ad essi
b) ai centri storici riconosciuti come d' interesse sovracomunale per altri motivi
non considerati dai parametri standard di cui sopra, quando la constatazione sia accettata
dalla Amministrazione provinciale.
I.2.a.10. Caratteri culturali d' interesse documentario dei centri storici. La
considerazione dell' interesse culturale documentario dei centri storici sarà
sistematicamente estesa da PAT/PATI , per ogni centro storico individuabile come tale,
e cioè per ogni aggregato insediativo di origine precedente il XX secolo, almeno a:
a) perimetro
b) ordìto insediativo complessivo
c) percorsi viari
d) piazze, percorsi porticati e spazi urbani aperti
e) verde pubblico e privato
f) acque di superficie
g) singole cellule insediative
h) singoli corpi di fabbrica
i) singole pertinenze inedificate
l) manufatti
m) ordito delle coperture
1 Cfr.lr 11/2004, art.22, c.1, al.j)
2 Cfr.lr 11/2004, art.10
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I.2.a.11. Documentazione tipologica. Criteri generali per l' analisi dei centri storici,
considerati in tutte le loro componenti (come quelle elencate al paragrafo precedente, ed
altre) e per la normazione degli interventi in essi, sono disposti con efficacia prescrittiva
dalle Norme Tecniche del PTCP, e saranno specificati ed integrati con pari efficacia
prescrittiva dai PAT/PATI, considerando i seguenti riferimenti documentari.
a) le strutture dei centri storici esistenti nel territorio trevigiano non sono
complessivamente omogenee, né tra centri storici diversi né all' interno del medesimo
ordìto costitutivo d' ognuno, anche in ragione di trasformazioni/rifacimenti intervenuti
nel tempo. E' quindi necessario che la disciplina dettata da PAT/PATI per gli interventi
ammissibili nei centri storici locali sia caratterizzata in ogni strumento urbanistico da
riferimenti articolati alle specifiche tipologie insediative ed edilizie esistenti in essi;
b) ne consegue che nei PAT/PATI ogni proposta di programmi e di progetti di
intervento nei centri storici deve essere giustificata e sostenuta da una analisi delle
categorie tipologiche preesistenti, basata su ricerca documentaria, storica e funzionale, e
riferita alla storia politica ed economica del contesto territoriale, ed alle tracce lasciate da
questa sia sugli spazi fisici che nei documenti d' archivio, in un succedersi di
trasformazioni che, avendo lasciato segni percepibili sia nella struttura del centro storico
che nella struttura dei singoli edifici, occorre indagare per accertare di ognuna i gradi di
trasformabilità, o l' invariabilità;
c) PAT/PATI definiranno pertanto, per ognuna delle componenti significative dell'
insieme insediativo indagato, classi tipologiche di assetto insediativo, intendendo con
questo termine, ad esempio, una cellula urbana unitaria caratterizzata dalla composizione
non "spontanea" di un corpo di fabbrica principale, suoli inedificati di servizio ovvero
risolti a giardino o parco, corpi di fabbrica minori - tipologicamente predisposta, ad
esempio al piano terreno per attività commerciali, ai piani superiori per abitazione…. Lo
scopo di questa analisi per classi tipologiche di assetto insediativo consiste nell'
identificazione non tanto di impianti funzionali originari, ma piuttosto degli esiti fisici e
funzionali delle destrutturazioni e delle trasformazioni che hanno accompagnato le
mutazioni intervenute nel centro storico durante il trascorrere dei secoli, in prevalente
corrispondenza, di norma, con le fasi diverse della vita politica, economica e sociale
locale;
d) la periodizzazione storica è essa medesima da riferire dai PAT e dai PATI non
ad età "auree" od "ufficiali" della letteratura storica, ma all' intensità ed ai caratteri della
trasformazione fisica e funzionale dell' aggregato insediativo, cioè alle specificità delle
vicende storiche particolari di esso. Questo modello di analisi porterebbe a riconoscere
ad esempio, nella struttura dei centri storici trevigiani, i segni residui (ed intrecciati), sia
12
pure diversi, di incastellamento, di impianto di funzioni agricole, di resti delle cerchia
murarie, di piazze, e poi di parcellizzazione fondiaria medievale, di assetto funzionale e
morfologico dell' età mercantilistica ed artigianale, di riqualificazione residenziale del
Settecento, di effetti della trasformazione da concentrazione di botteghe artigianali a
coacervo di fabbriche/laboratori, di decollo della iniziativa immobiliare della borghesia
dei rentier, di pianificazione ottocentesca di quartieri (allora) periferici…;
e) l' analisi condotta secondo simili criteri condurrà ad una classificazione
tipologica meta-storica delle componenti significative del centro storico, da assumere
come riferimento significativo per il condizionamento di interventi che, se pure promossi
dal presupposto degli intenti di profitto proprietario e/o imprenditoriale, potranno venire
consentiti esclusivamente se rispettosi dei caratteri riconosciuti da codesta analisi
tipologica, per quanto complesse possano esserne le residue tracce compresenti.
I.2.a.12. I modi della tutela/1. Queste premesse condurranno ad escludere, negli
interventi sulle componenti tipologiche caratterizzanti dei centri storici:
a) "restauri mimetici", cioè mirati ad esempio a ricostruire la "età aurea" della
cellula, più frequentemente fatta coincidere con il suo primo impianto, oppure su una sua
radicale ristrutturazione sei-settecentesca, il cui esito sarebbe di inammissibile "falso
storico";
b) all' estremo opposto, interventi di "liberazione" ovvero di "sventramento", cioè
mirati ad esempio a conservare esclusivamente le cortine murarie d' ambito degli edifici
maggiori demolendone totalmente gli interni (solai, scale, androni…) ed inoltre i corpi di
fabbrica minori, per ricostruirli secondo tipi immobiliari attuali "di più agevole mercato".
L' esito ne sarebbe la distruzione delle tipologie caratterizzanti dell' ordìto insediativo e
degli organismi edilizi del centro storico, e con esse la scomparsa delle testimonianze di
altre età di vita e di cultura nelle quali riconosciamo le nostre radici storiche, per lasciarci
scatole (edifici o sedi viarie) vuote di significato non decorativo.
I.2.a.13. I modi della tutela/2. In alternativa a simili interventi, che PAT/PATI dovranno
totalmente escludere, saranno consentiti, nei centri storici:
a) interventi certamente capaci anche di dare esito positivo agli intenti economici
dei promotori, ma a condizione di essere rispettosi degli impianti tipologici e di tutti i
loro segni caratterizzanti ancora esistenti, per quanto complesso possa esserne lo stato di
fatto risultante dalle trasformazioni d' uso e fisiche indotte da esigenze e culture del loro
tempo;
b) graduale ripristino delle configurazioni, dimostrate da documenti d' archivio o
da attendibili congetture, attualmente distrutte e sostituite da interventi recenti specie se
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privi di interesse culturale;
c) accesso pubblico ad attività commerciali aperte anche verso l' interno
inedificato delle cellule insediative;
d) unicamente negli stati di totale, constatata irrecuperabilità fisica di consistenze
storiche non tutelate da vincoli legislativi, l' impianto di nuovi ordìti insediativi di
tipologia, materia ed immagine non necessariamente riferite ai moduli stilistici
compresenti nel sito d' intervento od intorno ad esso
e) selezione dei progettisti degli interventi.
I.2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
b) Ville Venete.
I.2.b.1 Riferimento documentario. La valutazione del significato documentario da
attribuire alle Ville Venete esistenti nel territorio della provincia è riferita dal PTCP al
documento"Ville Venete: la provincia di Treviso". pubblicato dall' Istituto Regionale
delle Ville Venete 1
I.2.b.2 Qualificazione documentaria.Il PTCP differenzia il significato delle 768 Ville
Venete catalogate dalla pubblicazione richiamata al paragrafo precedente, avvalendosi di
parametri standard di qualificazione, ad ognuno dei quali è stato attribuito un "peso"
variabile da 0 ad 1:
A. vincolo legislativo
B. epoca di primo impianto della costruzione ovvero della sua trasformazione all'
aspetto attuale
C. autore
D. stato complessivo di conservazione delle caratteristiche edilizie e compositive
E. contesto paesaggistico e coerenza tra villa e contesto
PAT/PATI riprenderanno questa classificazione, senza modificarla ma se
necessario articolandone i parametri di qualificazione, ed adeguando i "pesi"
conseguenti con riferimento specifico alla realtà locale.
I.2.b.3. Interesse sovracomunale. Il PTCP riconosce convenzionalmente rango di
interesse sovracomunale:
a) alle Ville Venete il cui "peso" misurato dai precedenti parametri, non sia
inferiore a 4
ed oltre ad essi
1 Cfr.lr 11/2004, art.2, c.1, al.c)
2 Il PTCP denomina „frange urbane“ le aree insediative comprese tra la cosìdetta “città consolidata” ed il territorio agricolo esterno all’agggregato urbano. Poiché la letteratura urbanistica denomina città consolidata l’ aggregato insediativo realizzato prevalentemente prima della legge urbanistica 1150/1942, di fatto sono “frange urbane” le attuali periferie, formatesi nella seconda metà del ‘900 , tra le maglie di strumenti urbanistici non più che “regolamentari”.
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b) alle Ville Venete riconosciute convenzionalmente "d' interesse sovracomunale"
anche per altri motivi non considerati dai parametri standard di cui sopra, quando la
constatazione risulti da fonte significativa e sia accettata dall' Amministrazione
provinciale.
I.2.b.4. Documentazione tipologica. Criteri per l' omogenea valorizzazione del carattere
documentario delle ville venete a necessaria premessa della normazione degli interventi
ammissibili in esse sono disposti con efficacia prescrittiva dal PTCP considerando che:
a) nel proprio assieme le Ville Venete esistenti nel territorio provinciale sono
dotate di caratteri non omogenei, anzi fortemente diversificati;
b) non molte di esse sono ancora utilizzate per usi omogenei all' impianto
originario, prevalentemente abitativo: in prevalenza, esse sono in stato di abbandono se
non di degrado;
c) non poche sono state circondate da una crescita di periferie urbane non
pianificata o comunque non attenta alla tutela del compendio insediativo complessivo
(edificio maggiore, barchesse, abitazioni dei contadini, aree a parco e giardino, podere e
così via) della Villa;
d) pertanto, nella formazione dei PAT/PATI, e poi in premessa ad ogni proposta di
programmi e di progetti di intervento nelle Ville Venete l' attenzione normativa alla
tutela del bene documentario dovrà estendersi all'intero compendio insediativo d' ogni
Villa, essendo a tal fine giustificata e sostenuta da una analisi delle categorie tipologiche
caratterizzanti di esso, basata su ricerca storica e funzionale anche d' archivio riferita sia
alle teorie sull'urbanistica, architettura, arte dei giardini, assetto dei suoli agrari
ufficialmente manifeste nel tempo della Villa, sia alla storia politica ed economica dell'
intorno, ed alle tracce impresse da essa su assi viari, tessuti edilizi, emergenze
significative;
e) PAT/PATI definiranno pertanto classi tipologiche di compendio insediativo
delle Ville Venete esistenti nel territorio comunale di competenza, intendendo con
questo termine una micro-cellula urbanistica/edilizia caratterizzata ad esempio dall'
insieme di un corpo di fabbrica principale, corpi di fabbrica minori, suoli inedificati a
parco/giardino ed a servizio dei corpi di fabbrica, suoli agricoli del podere…Lo scopo
dell' analisi per classi tipologiche consiste non tanto nell' identificazione degli organismi
funzionali originari, quanto piuttosto nella analisi degli esiti fisici e funzionali delle
destrutturazioni e delle trasformazioni che hanno accompagnato la vita del compendio
insediativo nel trascorrere dei secoli ed in corrispondenza, di norma, con le fasi diverse
della vita politica, economica e sociale;
f) la periodizzazione storica è essa medesima da riferire dai PAT e dai PATI non
1 Cfr. Dpr 380/2001, t.II, c.II
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ad età "auree" od "ufficiali" della letteratura storica, ma all' intensità ed ai caratteri della
trasformazione economica del territorio agricolo locale, cioè alle specificità delle vicende
storiche particolari di esso;
g) l' analisi condotta secondo simili criteri condurrà ogni PAT/PATI ad una
classificazione tipologica meta-storica delle Ville Venete locali, da assumere come
riferimento attendibile e significativo per il condizionamento normativo di interventi
che, se pure dettati dal presupposto degli intenti di profitto proprietario e/o
imprenditoriale, potranno venire consentiti esclusivamente se rispettosi dei caratteri
riconosciuti dall' analisi, per quanto complesse possano esserne le tracce compresenti.
I.2.b.5. I modi della tutela/1. Queste premesse condurranno ad escludere, negli
interventi sulle componenti tipologiche caratterizzanti delle Ville Venete:
a) meri "restauri mimetici", mirati cioè a restaurare/ricostruire stilemi forme
architettoniche e decorazioni esterne od interne, il cui esito sarebbe di inammissibile
"falso storico formale";
b) all' estremo opposto, interventi di "liberazione" ovvero di "sventramento", cioè
mirati a conservare esclusivamente le cortine murarie d' ambito degli edifici appartenenti
al compendio demolendone gli interni (solai, scale, androni…) per ricostruirli secondo
tipi immobiliari "attuali". L' esito ne sarebbe la distruzione delle tipologie caratterizzanti
degli organismi edilizi, e dunque della testimonianza di età di vita e di cultura nelle quali
riconosciamo, al di là degli elementi formali riferibili alla storia degli stili architettonici,
la più significativa ragion d' essere della villa.
I.2.b.6. i modi della tutela/2. In alternativa a simili interventi, che PAT e PATI
dovranno totalmente impedire, stanno
a) interventi capaci certamente di dare esito positivo agli intenti economici dei
promotori, ma essendo al tempo stesso rispettosi degli impianti tipologici e dei loro
segni caratterizzanti interni ed esterni (scale, solai, impianti di giardino/parco, e simili)
ancora esistenti, per quanto complesso possa esserne lo stato di fatto come risultante dai
diversi usi indotti dalle esigenze e dalle culture dei tempi attraversati, e dalle intrusioni
intervenute nel frattempo;
b) la possibile, soltanto in quanto priva di alternative altrimenti risolutrici,
formazione di quinte arborate a protezione di eventuali punti di vista protagonisti ("coni
visuali") deteriorati da precedenti interventi intrusivi;
- recupero naturalistico/paesistico degli impianti a parco e/o giardino appartenenti
alla storia del compendio;
- per quanto possibile, recupero naturalistico/paesistico dei suoli agricoli
16
appartenenti alla storia del compendio, ed in particolare dei loro caratteri "minuti"
(acqua, siepi, aree arborate, filari, muretti, fossi, aberi isolati e così via)
- selezione per concorso dei progettisti degli interventi.
I.2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
c) Complessi ed edifici di pregio architettonico.
I.2.c.1. Riferimento documentario. Il PTCP considera, oltre alle Ville Venete, due altri
grandi insiemi di complessi ed edifici di interesse documentario (denominati dalla
legge urbanistica regionale, forse riduttivamente, "di pregio architettonico"1):
a) beni assoggettati a vincolo di matrice legislativa in quanto riconosciuti
"monumenti di interesse nazionale" (case, palazzi, castelli, rocche, ruderi, e così via per
un totale di 1520 immobili nel territorio provinciale);
b) complessi ed edifici "di pregio architettonico"1 (edilizia rurale tipica, case
padronali, ville, paleoarchitetture industriali, castelli e fortezze) non vincolati, e posti
prevalentemente in evidenza dalla tutela cui sono sottoposti dagli strumenti urbanistici
locali.
I.2.c.2. Ricerca documentaria. PAT e PATI riprenderanno queste elencazioni
confrontandole con le situazioni di fatto, precisandole e se necessario
modificandole/integrandole per verificare, nel territorio di rispettiva competenza,
effettive presenze e significato delle preesistenze insediative di interesse culturale.
Si deve rilevare che ambedue gli insiemi sopra considerati risultano, ad oggi,
non adeguatamente documentati, talvolta neppure quanto alle stesse localizzazioni,
presso le Sedi istituzionali competenti alla loro tutela. In particolare, l'unica fonte
informativa riguardante il secondo insieme, cioè gli immobili non assoggettati a vincolo
di matrice legislativa, risulta costituita dalle annotazioni recate dagli strumenti urbanistici
comunali.
In ordine a ciò PAT/PATI dovranno pertanto provvedere alla raccolta e/o all'
adeguamento delle informazioni necessarie in premessa alla formazione della disciplina
per la loro tutela, mediante una specifica ricerca documentaria, anche in base a
testimonianze giacenti presso gli archivi municipali, gli archivi notarili, le parrocchie, le
famiglie gentilizie locali, ed ogni altra fonte disponibile, oltre che in base a sistematiche
campagne di ricerca delle preesistenze territoriali, e/o delle loro tracce.
I risultati di queste indagini saranno da documentare con ogni informazione
1 "Il paesaggio, nell' accezione più corrente del termine, indica un àmbito territoriale così come si presenta ad un osservatore", in La rivista dell' urbanistica, Regione Piemonte, n.4/2005. 2 Se è vero che le raffigurazioni non possono esistere senza le “cose” che le suggeriscono, sta di fatto che i significati culturali che attribuiamo loro vanno oltre esse: secondo Husserl, filosofo della Gestalt, una macchia di alberi ed un filare di alberi non sono identici insiemi di alberi, quando li consideriamo raffigurazioni e non configurazioni attribuendo loro significati che prescindono dal numero di alberi che li compongono, dalla loro essenza, dalla natura del sottosuolo e così via. 3 Per analogia, si richiama qui la definizione di paesaggio data dalla Enciclopedia universale dell' arte, vol.X: "…si definisce paesaggio ogni dipinto che rappresenti una veduta nella quale la rappresentazione dello spazio naturale sia presa a soggetto o prevalga sull' azione delle figure".
4 Cfr. Lr 11/2004, art.13, c.2.
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raccolta, e saranno inseriti nei sistemi informativi comunali per convergere ad integrare,
se necessario, il quadro conoscitivo 2.
La ricerca così condotta da PAT/PATI dovrà essere estesa alle relative
pertinenze ed ai contesti figurativi2 delle preesistenze considerate, intendendo con queste
espressioni, oltre ai meri "coni visuali" da punti di vista privilegiati, ben diversamente i
compendi immobiliari, edificati e non, connessi alla "cosa" individuata ( e cioè ad
esempio, nelle campagne e negli aggregati insediativi minori, ai suoli storicamente
riferibili al podere di cui essa costituì il fulcro materiale).
I.2.c.3. Documentazione tipologica. Criteri per l' omogenea valorizzazione del carattere
documentario dei complessi ed edifici sia vincolati per disposto legislativo che "di
pregio architettonico", a necessaria premessa della normazione degli interventi
ammissibili in essi, sono disposti con efficacia prescrittiva dal PTCP considerando che:
a) in complesso essi sono dotati di caratteri fortemente diversificati;
b) non molti di essi sono ancora utilizzati per usi omogenei all' impianto
originario; - non pochi sono stati circondati da una crescita di periferie
urbane non pianificata o comunque non attenta alla tutela dei compendii insediativi di
complessivo interesse documentario, né tanto meno delle loro pertinenze;
c) a buona ragione, pertanto, nella formazione dei PAT e dei PATI, e poi in
premessa ad ogni proposta di programmi e di progetti di intervento in tali "complessi ed
edifici" l' attenzione normativa alla tutela del bene documentario deve estendersi
all'intero loro compendio insediativo, essendo a tal fine giustificata e sostenuta da una
analisi delle categorie tipologiche caratterizzanti di essi, basata su ricerca storica e
funzionale anche d' archivio riferita sia alle teorie sull' urbanistica, architettura ed arte dei
giardini prevalenti nel tempo sia alla storia politica ed economica dell' intorno se non d'
ogni edificio, ed alle tracce impresse da essa su assi viari, tessuti edilizi, emergenze
significative;
d) PAT e PATI definiranno pertanto classi tipologiche di compendio insediativo
dei "complessi ed edifici" esistenti nel territorio comunale, intendendo con questo
termine una micro-cellula urbanistica/edilizia caratterizzata dalla propria autosufficienza
funzionale e formale. Lo scopo dell' analisi per classi tipologiche consiste non tanto nell'
identificazione degli organismi originari, quanto piuttosto nella analisi degli esiti fisici e
funzionali delle destrutturazioni e delle trasformazioni che hanno accompagnato la vita
del compendio insediativo nel trascorrere dei secoli in corrispondenza, di norma, con le
fasi diverse della vita politica, economica e sociale;
e) la periodizzazione storica è essa medesima da riferire dai PAT e dai PATI non
ad età "auree" od "ufficiali" della letteratura storica, ma all' intensità ed ai caratteri della
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trasformazione economica e politica del territorio e delle attività locali, cioè alle
specificità delle vicende storiche particolari di esso;
f) l' analisi condotta secondo simili criteri conduce ogni PAT/PATI ad una
classificazione tipologica meta-storica dei locali "complessi ed edifici", da assumere
come riferimento attendibile e significativo per il condizionamento normativo di
interventi che, se pure dettati dal presupposto degli intenti di profitto proprietario e/o
imprenditoriale, possono venire consentiti esclusivamente se rispettosi dei caratteri
riconosciuti dall' analisi, per quanto complesse possano essere le tracce compresenti.
I.2.c.4. I modi della tutela/1. Queste premesse condurranno ad escludere, negli
interventi sulle componenti tipologiche caratterizzanti gli immobili qui considerati
- meri "restauri mimetici", mirati cioè a ricostruire soltanto stilemi architettonici
esterni od interni, il cui esito sarebbe di inammissibile "falso storico formale";
- all' estremo opposto, interventi di "liberazione", cioè mirati a conservare
esclusivamente le cortine murarie d' ambito degli edifici appartenenti al compendio
demolendone gli interni (solai, scale, androni…) per ricostruirli secondo tipi immobiliari
"attuali". L' esito ne sarebbe la distruzione delle tipologie caratterizzanti degli organismi
edilizi, e dunque della testimonianza di età di vita e di cultura nelle quali riconosciamo,
al di là delle forme riferibili alla storia degli stili architettonici, la più significativa ratio
di essi.
I.2.c.5. I modi della tutela/2. In alternativa a simili interventi, che PAT e PATI
dovranno impedire senza eccezioni, saranno ammissibili:
- interventi che per quanto capaci di dare esito positivo agli intenti economici dei
promotori, siano al tempo stesso rispettosi degli impianti tipologici e dei loro segni
caratterizzanti interni ed esterni (scale, solai, impianti di giardino/parco, suoli e simili)
ancora esistenti, per quanto complesso possa esserne lo stato di fatto come risultante dai
diversi usi indotti dalle esigenze e dalle culture dei tempi attraversati;
- la possibile, in quanto priva di alternative altrimenti risolutrici, formazione di
quinte arborate a protezione di punti di vista protagonisti ("coni visuali") deteriorati da
precedenti interventi intrusivi;
- recupero naturalistico/paesistico degli impianti a parco e/o giardino appartenenti
alla storia del compendio insediativo;
- per quanto possibile, recupero naturalistico/paesistico dei suoli agricoli
appartenenti alla storia del compendio, ed in particolare dei loro caratteri
percettivi/funzionali "minuti" (acqua, siepi, aree arborate, filari, muretti, fossi, alberi
isolati, vegetazione di fossato e così via)
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- selezione per concorso, o scelta con bando di selezione, dei progettisti degli interventi.
I.2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
d) Siti archeologici.
I.2.d.1. Riferimento documentario/1. Il PTCP individua i siti di interesse archeologico
finora noti. PAT/PATI riprenderanno questa individuazione, precisandola e se
necessario modificandola ed integrandola sulla base di ricerche sistematiche e parametri
di valutazione per verificare, nel territorio di rispettiva competenza, presenza, significato
ed estensione delle preesistenze archeologiche di interesse culturale, con particolare
attenzione ai nessi ed alle corrispondenze rilevabili tra organizzazione storica del
territorio e configurazione attuale.
Da questo punto di vista la ricerca locale dovrà trarre origine dalla constatazione
che sono in complesso due i fattori strategici di soglia preistorica/storica che hanno
conferito la conformazione strutturale attuale al territorio trevigiano:
- il sistema viario
- l' organizzazione produttiva del territorio agricolo
ambedue calatisi sulle preesistenze Venete a partire dall' età Romana, e seguite, in età
successiva, dalla disseminazione policentrica delle villae ad integrazione e sostegno dell'
assetto produttivo così posto in essere nel territorio dal II secolo dopo Cristo.
I.2.d.2. Riferimento documentario/2. Nel territorio provinciale trevigiano la ricerca
archeologica (non richiesta dalla legge regionale) da condurre durante l' adeguamento
dei PRC al PTCP dovrà assumere il ruolo di primo apporto fondativo d' una nuova
documentazione sistematica, capace di andar oltre lo stato attuale, oggi incompleto e non
ordinato, delle conoscenze tematiche.
Si constatano oggi, infatti, a proposito delle informazioni disponibili:
a) la insufficienza delle catalogazioni
b) la inesattezza delle identificazioni
c) la incongruenza tra le loro rappresentazioni cartografiche ed i testi di riferimento
d) la pluralità delle Istituzioni di competenza
e) la insufficienza dei controlli di tutela in sito
f) la carenza delle normative di tutela
g) la gestione non informatizzata delle informazioni
h) l' emarginazione dai circuiti di fruizione turistica.
20
I.2.d.3. Riferimento documentario/3. Criteri per l' omogenea valorizzazione del
carattere documentario dell' ordinamento territoriale attuale come testimonianza delle
sue matrici archeologiche, a necessaria premessa della normazione degli interventi
ammissibili in corrispondenza di esse, sono disposti con efficacia prescrittiva dal PTCP
considerando che:
a) nel proprio assieme le preesistenze archeologiche, oltre ad essere dotate di
caratteri fortemente diversificati, devono essere distinte tra:
b) reperti materiali percepibili
c) ordinamento dei suoli e degli aggregati insediativi riferito a matrici
archeologiche non percepibili con evidenza;
Di non molte di esse sono ancora percepibili caratteri omogenei all' impianto
originario; altre sono state "travolte" da una crescita insediativa di periferie urbane, o di
costruzioni isolate, non pianificata o comunque non attenta alla tutela degli ordinamenti
d' antica origine del territorio. Inoltre, l'evoluzione delle tecniche dei processi produttivi
agricoli ha tendenzialmente interferito, non senza ragioni tecniche ed economiche, con l'
integrità delle tracce archeologiche, specialmente di quelle non direttamente percepibili
ovvero meno documentate.
I.2.d.4. I modi della tutela/1. A buona ragione, pertanto, nella formazione dei
PAT/PATI, e poi in premessa ad ogni proposta di programmi e di progetti di intervento
nei siti archeologici, l' attenzione normativa alla tutela delle risorse archeologiche di
interesse documentario
a) si estenderà all'intero loro compendio insediativo, essendo a tal fine giustificata
e sostenuta da una analisi delle categorie tipologiche caratterizzanti di essi basata su
ricerca storica e funzionale anche d' archivio riferita sia alle teorie sull' urbanistica,
architettura ed organizzazione del suolo agrario manifeste nel tempo di formazione dei
siti, sia alla storia politica ed economica dell' intorno, ed alle tracce impresse da essa su
assi viari, tessuti edilizi, emergenze significative;
b) la periodizzazione storica sarà essa medesima da riferire dai PAT e dai PATI
non ad età "auree" od "ufficiali" della letteratura storica, ma all' intensità ed ai caratteri
della trasformazione economica del territorio agricolo locale, cioè alle specificità delle
vicende storiche particolari di esso;
c) l' analisi condotta secondo simili criteri condurrà ogni PAT/PATI ad una
classificazione tipologica meta-storica dei siti archeologici locali, da assumere come
riferimento attendibile e significativo per il condizionamento normativo di interventi più
frequentemente di iniziativa pubblica, ma che in ogni caso potranno venire consentiti
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esclusivamente se rispettosi dei caratteri riconosciuti dall' analisi, per quanto complesse
possano esserne le tracce compresenti.
I.2.d.5. I modi della tutela/2. PAT /PATI dovranno disporre norme per
a) interventi rispettosi degli impianti archeologici tipologici e dei loro segni
caratterizzanti, emergenti o comunque documentati, per quanto complesso possa
esserne lo stato di fatto come risultante dai diversi usi indotti dalle esigenze e dalle
culture dei tempi attraversati;
b) recupero per quanto possibile della compatibilità tra andamenti colturali e
preesistenze archeologiche;
c) recupero naturalistico/paesistico per quanto possibile, in particolare dei caratteri
"minuti" (acqua, siepi, aree arborate, filari, muretti, fossi, alberi isolati, vegetazione di
fossato e così via) dei siti;
d) inserimento di fattori di fruizione turistica (percorsi, stazioni, punti di vista e
così via);
e) graduale delocalizzazione delle preesistenze edilizie improprie, ammettendo
però la loro trasformazione sostenibile per la fruizione turistica
f) selezione per concorso dei progettisti degli interventi.
I.2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
e) Nuovi insediamenti aggregati.
I.2.e.1. Nuovi insediamenti aggregati/1 .Il PTCP ammette l'impianto di nuovi
insediamenti aggregati unicamente per "riorganizzazione e riqualificazione del tessuto
insediativo esistente" 1
A tal fine esso ne prevede l' ammissibilità esclusivamente:
a) nelle aree cosidette di frangia urbana2
b) in aree destinate da strumenti urbanistici esistenti ad insediamenti
caratterizzati da
1. consistente estensione territoriale
2. agevole accessibilità
3. connessione diretta ai maggiori sistemi infrastrutturali
4. connessione ad insediamenti abitativi attrezzati
5. preesistenza delle opere di urbanizzazione primaria ovvero connessione
agevole a sistemi esistenti
c) in aree abbandonate da insediamenti produttivi delocalizzati caratterizzate anch'
22
esse da
1. consistente estensione territoriale
2. agevole accessibilità
3. connessione diretta ai maggiori sistemi infrastrutturali
4. connessione ad insediamenti abitativi attrezzati
5. connessione agevole al sistema delle opere di urbanizzazione primaria.
I.2.e.2. Funzione insediativa/1..I nuovi insediamenti aggregati potranno essere destinati
a
a) impianti industriali attrezzati del settore secondario
b) impianti commerciali attrezzati del settore terziario
c) residenze attrezzate
d) servizi sociali di interesse sovracomunale
salvo che nelle aree di delocalizzazione, nelle quali saranno ammessi unicamente nuovi
insediamenti accentrati di servizi sociali d' interesse sovracomunale e/o di edilizia
residenziale pubblica (sovvenzionata e/o convenzionata e/o agevolata).
I.2.e.3. Funzione insediativa/2. L' attribuzione della funzione insediativa ad ogni nuovo
insediamento aggregato compete al PTCP ed è verificata dalla Amministrazione
comunale competente nella fase di formazione/adeguamento di PAT/PATI, e
successivamente ancora verificata in fase attuativa dal PI . L' Amministrazione
comunale può proporre all' Amministrazione provinciale modificazioni della funzione
insediativa attribuita da questa ad un nuovo insediamento aggregato. La valutazione di
merito dell' Amministrazione provinciale è insindacabile.
I.2.e.4. I modi della tutela. La qualificazione dell' interesse culturale d' ogni nuovo
insediamento aggregato sarà ottenuta
a) in ogni Comune, disciplinando gli interventi ammissibili per il tramite di un
regolamento edilizio prestazionale specificamente mirato a garantirne la complessiva
omogeneità
b) inquadrando i nuovi insediamenti aggregati in progetti urbanistici esecutivi
unitariamente e contestualmente estesi a tutto l' insieme di ognuno di essi
c) riferendo a caratteri formali e prestazionali omogenei la progettazione
urbanistica esecutiva e la progettazione edilizia unitarie dell' assetto complessivo di ogni
insediamento
d) controllando l' impatto di ogni nuovo insediamento, e delle sue connessioni con
l' intorno insediativo, sul paesaggio circostante e sui suoi caratteri naturalistici
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e) ricercando soluzioni architettoniche qualificanti ed adottando materiali
costruttivi omogenei e tradizionalmente riconoscibili in sito nel progettare e realizzare
gli edifici compresi in ogni insediamento, così da garantire ad esso una caratterizzante
"identità collettiva"
f) selezionando i progettisti degli interventi.
Queste direttive del PTCP saranno riprese e se necessario integrate dai
PAT/PATI e dai PI.
I.2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
f) Insediamenti aggregati esistenti.
I.2.f.1. I caratteri documentari degli insediamenti aggregati esistenti. Mirando alla
attribuzione di significati culturali documentari agli interventi ammissibili in
insediamenti aggregati esistenti negli insediamenti consolidati e nelle frange urbane il
PTCP riconosce compendi insediativi recanti caratteri documentari diversi:
- gli aggregati prevalentemente omogenei per caratteri documentari riconducibili
a modelli qualitativi deliberati (ad esempio: le espansioni ottocentesche ordinate
secondo piani urbanistici esecutivi)
- gli aggregati i cui caratteri documentari complessivi sono prevalentemente
incoerenti in ragione del succedersi di interventi non controllati secondo modelli
prestazionali/qualitativi unitari ma unicamente verificati secondo parametri quantitativi
(ad esempio: i cicli edilizi degli anni '50/60).
I.2.f.2. I modi della tutela/1.I PAT/PATI individueranno nel territorio
comunale/intercomunale di competenza, se necessario differenziandoli come ATO
anche all' interno d' ognuno degli aggregati esistenti, gli àmbiti omogenei per caratteri
documentari
La disciplina degli interventi ammissibili in essi sarà innanzitutto prestazionale,
tenderà cioè a riferire ogni nuova progettazione piuttosto ai caratteri culturali,
architettonici urbanistici ed ambientali, esistenti nel compendio che non esclusivamente
a parametri quantitativi. A tal fine i progetti degli interventi ammissibili dovranno avere
forma e contenuto di piani urbanistici esecutivi estesi all' intorno dell' intervento, così da
consentirne la verifica di coerenza rispetto ai caratteri documentari preesistenti.
I.2.f.3. I modi della tutela/2. All' esterno degli àmbiti omogenei per caratteri
documentari la disciplina disposta da PAT/PATI per gli interventi ammissibili sarà
24
prevalentemente parametrica, tenderà cioè a tutelare piuttosto la geometria quantitativa
dei nuovi interventi, considerando i caratteri della loro progettazione come fattore a se
stante di qualificazione. I progetti degli interventi ammissibili potranno pertanto avere
forma tecnica e contenuto necessari in premessa al permesso di costruire1.
I.2.f.4.. I modi della tutela/3.All' interno degli insediamenti consolidati e delle frange
urbane interventi di nuovo impianto ovvero rinnovo insediativo di estensione tale da
comprendere una pluralità di lotti saranno assoggettati alla disciplina di qualificazione
culturale dettata dal PTCP per i nuovi insediamenti aggregati.
I.2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
g) Insediamenti sparsi esistenti.
I.2.g.1. I caratteri documentari degli insediamenti sparsi esistenti. Mirando alla
attribuzione di significati culturali documentari agli interventi ammissibili in
insediamenti sparsi esistenti nel territorio agricolo all' esterno delle frange urbane il
PTCP distingue complessivamente unità insediative diverse:
a) i compendi insediativi aziendali agricoli, attivi od abbandonati
b) le unità abitative o produttive improprie, disperse nel territorio agricolo
c) altri edifici isolati esistenti.
I.2.g.2. I modi della tutela/1. La qualificazione dell' interesse culturale d' ogni
intervento nei compendi aziendali agricoli, attivi od abbandonati, sarà ottenuta
a) in ogni Comune, disciplinando gli interventi ammissibili per il tramite di un
regolamento edilizio prestazionale specificamente mirato a garantirne la complessiva
omogeneità
b) inquadrando gli interventi in una progettazione urbanistica esecutiva
unitariamente e contestualmente estesa a tutto l' insieme di ognuno di essi
c) riferendo a caratteri formali e prestazionali omogenei la progettazione
urbanistica esecutiva e la progettazione edilizia unitarie dell' assetto complessivo di ogni
intervento
d) controllando l' impatto di ogni nuovo intervento, e delle sue connessioni con l'
intorno insediativo, sul paesaggio circostante e sui suoi caratteri naturalistici
e) ricercando soluzioni architettoniche qualificanti ed adottando materiali
costruttivi omogenei e tradizionalmente riconoscibili in sito nel progettare e realizzare
gli edifici previsti in ogni intervento, così da confermare ad esso la "identità collettiva"
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del compendio nel quale essi si inseriscono
Queste direttive del PTCP saranno riprese e se necessario integrate dai
PAT/PATI e dai PI.
I.2.g.3. I modi della tutela/2. Nessun intervento se non di manutenzione ordinaria è
ammesso dal PTCP in unità abitative o produttive improprie, disperse nel territorio
agricolo.
La loro demolizione implicherà interventi di bonifica/rinaturalizzazione del
suolo così liberato, con specifica attenzione alla sua dotazione di caratteri culturali
percettivi.
I.2.g.4. I modi della tutela/3. Interventi di qualificazione o di tutela culturale saranno
effettuati negli edifici isolati non impropriamente esistenti nel territorio della provincia.
La documentata valutazione degli interventi sarà oggetto dei PI in premessa alla loro
attuazione, in analogia a quanto prescritto dalle Norme Tecniche del PTCP in ordine a
tutela/recupero/qualificazione dell' interesse documentario e/o percettivo delle risorse
territoriali.
I.2 Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
h) siti e manufatti “minori”, di significato antropologico -
storicistico.
I.2.h.1. I siti ed i manufatti di significato antropologico/storicistico. Il PTCP considera
siti e manufatti di significato antropologico/storicistico ogni luogo e/o oggetto che per
testimonianza collettiva locale sia considerato meritevole di considerazione e
conservazione.
PAT/PATI catalogheranno sistematicamente i siti ed i manufatti di significato
antropologico/storicistico esistenti nel territorio di competenza.
I.2.h.2.. I modi della tutela/1. Il recupero dell' interesse culturale d' ogni sito e/o
manufatto di significato antropologico/storicistico sarà ottenuto
a) in ogni Comune, disciplinando gli interventi di recupero necessari per il tramite
di un regolamento edilizio prestazionale specificamente mirato a garantirne la
conservazione della complessiva qualità preesistente
b) riferendo a caratteri formali e prestazionali omogenei la progettazione
urbanistica esecutiva e la progettazione edilizia unitarie dell' assetto complessivo di ogni
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intervento
c) controllando l' impatto di ogni nuovo intervento, e delle sue connessioni con l'
intorno insediativo, sul paesaggio circostante e sui suoi caratteri naturalistici
d) ricercando soluzioni architettoniche qualificanti ed adottando materiali
costruttivi omogenei e tradizionalmente riconoscibili in sito nel progettare e realizzare
gli interventi necessari.
e) selezionando nei modi più opportuni i progettisti degli interventi.
Queste direttive del PTCP saranno riprese e se necessario integrate dai PAT/PATI e dai
PI.
I.2.h.3. I modi della tutela/2. In ogni PI saranno previsti interventi di
recupero/qualificazione dell' interesse documentario e percettivo di siti e manufatti locali
di significato antropologico/storicistico.
I.3. Interesse culturale percettivo delle risorse territoriali.
a) Paesaggio.
I.3.a.1. Definizione di paesaggio1. Il PTCP riconosce una distinzione categorica nella
definizione di paesaggio, considerandone i diversi usi che la differenziano nell'àmbito
degli insiemi - fondamentalmente scienze naturali e pianificazione territoriale - di
discipline cui essa si riferisce, e che il PTCP riprende con diversi intendimenti. In ordine
ad esse sembra di poter affermare che
a) per le scienze naturali il paesaggio è una configurazione, cioè la conformazione
documentata d' un àmbito, così come la constatiamo analizzando la sua struttura.
b) per la pianificazione territoriale il paesaggio è una raffigurazione, cioè la
rappresentazione visiva d' un àmbito, risultante dalla percezione delle sue caratteristiche
esteriori. 2 A questa percezione noi attribuiamo significati culturali, che vanno oltre la
analisi/constatazione di "come è fatto" l'àmbito stesso3
I.3.a.2.. Il paesaggio come raffigurazione. Il PTCP fonda le proprie analisi paesistiche
della configurazione del territorio sul significato della espressione paesaggio cui sono
riferite le discipline geografiche. Pertanto, le unità di paesaggio che esso considera
costituiscono l' esito di analisi sui caratteri naturalistici e strutturali del territorio.
Il PTCP fonda invece la propria considerazione paesistica della raffigurazione
del territorio sul significato della espressione paesaggio cui sono riferite le discipline
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urbanistiche. In ordine ad esse non vengono distinte dal PTCP unità di paesaggio come
per le analisi di matrice geografica, né tanto meno il PTCP assume come unità di
significato percettivo le unità di paesaggio della geografia: l' intento normativo del PTCP
nei confronti dell' interesse percettivo del territorio è infatti l' intervento di tutela, e/o di
recupero, e/o di qualificazione su compendi territoriali, insediativi e non, che esso
perimetra secondo altre motivazioni (ad esempio: la destinazione d' uso, ovvero il tipo di
intervento, e così via). Ne consegue che riferimento territoriale omogeneo per le
raffigurazioni paesistiche non sono le unità di paesaggio dell' analisi
naturalistica/strutturale: potrebbero infatti, forse opportunamente, essere considerate tali
gli ATO, "àmbiti territoriali omogenei" individuati dai PAT/PATI "sulla base di
valutazioni di carattere" certo anche geografico, ma non soltanto tale: anche "storico,
paesaggistico e insediativo" 4
I.3.a.3. Estensione totale del paesaggio.Tutte le risorse del territorio provinciale, in
quanto oggetto di previsione urbanistica, devono pertanto venir considerate almeno
potenzialmente significative dal punto di vista della loro raffigurazione paesistica. Ma la
attribuzione di significatività non compete unicamente alle raffigurazioni percepite da
specialisti istituzionali e/o “addetti ai lavori” professionali: il significato paesistico delle
risorse locali costituisce impegno dei PAT/PATI conformemente a criteri che conducano
a valutazioni diffuse e condivise di
a) stati e situazioni considerati positivi, da conservare e tutelare
b) stati e situazioni considerati insignificanti, da trasformare per qualificarli
c) stati e situazioni considerati negativi perché degradati o deturpanti, da
recuperare.
I.3. Interesse culturale percettivo delle risorse territoriali.
b) Pertinenze e contesti figurativi comprendenti i
beni culturali 1.
I.3.b.1. Pertinenze e contesti figurativi. Oggetto della percezione e della attribuzione di
significato culturale paesistico è ogni singola risorsa territoriale da considerare però
nella propria complessità di unità insediativa riferita anche alle proprie "pertinenze" ed al
proprio "contesto figurativo") e non di singolo sito o situazione ovvero di singolo
oggetto (architettonico, naturalistico od altro) estraniato dal contesto del compendio
insediativo.
28
I.3.b.2. I modi della tutela/1.. Ogni programma e progetto di intervento su risorse
territoriali dovrà pertanto venir sostenuto da una ricerca anche documentaria
(rappresentazioni cartografiche, atti notarili, pubblicazioni e simili) delle preesistenze ed
in particolare dei loro contesti figurativi, che consenta di identificare, almeno a livello
attendibilmente congetturale, perimetro, consistenza e caratteri complessivi della risorsa
oggetto del programma/progetto d'intervento, e del suo contesto pertinenziale ed
immobiliare.
I.3.b.3.. I modi della tutela/2. Su tali premesse le proposte di intervento potranno
tendere ad assetti anche rifondativi ma comunque coerenti con la matrice storica
significativa d' ogni risorsa e del suo contesto, così da garantire la
costruzione/ricostruzione in progress di un significato complessivo culturalmente
coerente e sostenibile del paesaggio di ATO.
I.3. Interesse culturale percettivo delle risorse territoriali.
c) Paesaggio rurale e montano.
I.3.c.1. Costruzione/ricostruzione del paesaggio. L' impegno del PTCP nei confronti
dei paesaggi rurali e montani consiste nel tendere alla costruzione/ricostruzione minuta
degli insiemi che ancora almeno in parte li costituiscono ovvero li hanno costituiti, non
limitandosi alla tutela delle risorse documentarie e paesistiche di rilievo più significativo
ancora presenti nel territorio.
I.3.c.2.. I modi della tutela. La costruzione/ricostruzione minuta degli insiemi
costitutivi dei paesaggi rurali e montani implicherà, da parte dei PAT/PATI
a) la catalogazione tipologica dei connotati costitutivi tradizionali dei paesaggi
(fossi, fossetti, risorgive, scoline, filari arborati, siepi, muretti, sentieri, alberi isolati,
manufatti tecnici tradizionali, e così via)
b) la catalogazione tipologica dei connotati delle preesistenze, edilizie e non,
connesse ai processi di produzioneagricola/zootecnica/boschiva
c) il riferimento normativo delle trasformazioni, edilizie e non, nei territori rurali e
montani a linee di paesaggio, materiali costruttivi, per quanto possibile anche a tecniche
di lavorazione dei suoli, tradizionalmente riconoscibili come identità locale del
paesaggio
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ALLEGATO………………
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d) il riferimento normativo delle trasformazioni, edilizie e non, nei territori rurali e
montani a nessi diretti tra edificati, pertinenze e contesti figurativi.
I.3. Interesse culturale percettivo delle risorse territoriali.
d) Aree di rilevante significato naturalistico.
1.6.d.1. I modi di tutela delle unità di paesaggio e delle loro connessioni. Nelle unità di
paesaggio di matrice geografica1 la costruzione dell' interesse percettivo delle risorse
che ne fanno parte costituisce espressione diretta degli interventi necessari per costruire
e/o tutelare le unità medesime, poiché i caratteri percettivi di queste sono considerati dai
geografi/naturalisti una delle componenti della configurazione.
Pertanto il PTCP assume, anche normativamente, le direttive e le prescrizioni
date per le unità di paesaggio come idonee ad orientare anche la costruzione e la tutela
dei significati culturali percettivi delle risorse che costituiscono le unità stesse.
I.3. Interesse culturale percettivo delle risorse territoriali.
e) “coni visuali”, “quinte” e panorami.
I.3.e.1. Definizione di cono visuale. Per cono visuale il PTCP intende una veduta di un
singolo sito ovvero di un singolo oggetto architettonico da un determinato, specifico
punto di vista considerato privilegiato in ragione della qualità della veduta del sito o dell'
oggetto che esso consente di percepire.
La scelta dello strumento dei coni visuali come modo per apprezzare la qualità
di un sito o di un oggetto architettonico appartiene alla fase monumentalista della cultura
di tutela delle emergenze caratteristiche per la propria singolarità (bellezza od altri
valori).
Si tende oggi, piuttosto, a considerare il "bene ambientale" nel proprio insieme
(comprese dunque le pertinenze ed i contesti figurativi come percepibili da tutto l'
intorno, e non soltanto da uno specifico punto di vista ) ed inoltre ad attribuire potenziali
significati di interesse culturale percettivo non soltanto ai "monumenti" (cioè a siti e
situazioni valutati come singolarmente positivi, e da tutelare) ma a tutte le risorse del
territorio, anche se prive di valori ovvero degradate o deturpate, in quanto oggetto non di
tutela ma di qualificazione e/o di recupero
30
I.3.e.2. Definizione di "quinta". Per quinta il PTCP intende la protezione visiva di un
sito o di un oggetto architettonico da intrusioni, architettoniche o non, deturpanti od
incoerenti introdotte nelle loro pertinenze o nel loro contesto figurativo da interventi
impropri od incauti. Appare opportuno che la quinta sia costituita da insiemi arborati
piuttosto che da muri o simili. E' in ogni caso da escludere che possa essere
strumentalmente assunta come quinta una struttura edilizia utile ad altre funzioni.
I.3.e.4. La tutela delle risorse percettive tramite coni visuali e quinte. Cono visuale e
quinta costituiscono strumenti correlati, per la percezione delle emergenze naturalistiche
od architettoniche di singolare qualità da un certo punto di vista; come tali esse, salvo
casi eccezionali, non appartengono alla cultura della tutela delle risorse percettive estesa
alla generalità di queste, delle loro pertinenze e dei loro contesti figurativi.
Tuttavia PAT/PATI potranno individuare,, se necessario, i punti di vista d'
origine di possibili coni , e correlate quinte, come complemento della tutela complessiva
delle risorse percettive.
I.3.e.5. Definizione di "panorama". Per panorama il PTCP intende una ampia veduta
generale di un sito, da un luogo soprelevato.
Insieme al cono visuale ed alla quinta il panorama appartiene alla fase
monumentalista della cultura di tutela delle emergenze naturalistiche ed architettoniche
caratteristiche per la propria singolarità. A differenza dei primi due, tuttavia, il panorama
appunto in quanto percezione estesa ad un sito ampio supera l' idea monumentalista
della cultura dei singoli siti ed oggetti di eccezionale qualità, e può essere considerato
elemento di supporto della tutela delle unità naturalistiche di paesaggio e delle sky line
urbane .
PAT/PATI potranno individuare,, se necessario, i punti di vista ovvero i
percorsi visuali d' origine di possibili vedute panoramiche, come complemento della
tutela complessiva delle risorse percettive.
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II. Centri Storici, Ville Venete, Complessi ed Edifici di pregio
architettonico ed Archeologia
Relatori: architetto Paola Filippi, architetto Piergiorgio Ditadi
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INDICE
PREMESSA pag. 35
1. CENTRI STORICI (CS) E AGGLOMERATI URBANI (AU)
1.1 CENTRI STORICI
1.1.1 Stato di fatto _ Descrizione pag. 37
1.1.2 Stato di fatto _ Analisi pag. 40
1.2 AGGLOMERATI URBANI
1.2.1 Stato di fatto _Descrizione pag. 44
1.2.2 Stato di fatto_ Analisi pag. 45
1.3 CENTRI STORICI (CS) E AGGLOMERATI URBANI (AU)
1.3.1 Criticità pag. 46
1.3.2 Scenario di riferimento pag. 49
1.3.3 Azioni e Scenario di Piano pag. 50
1.4 CRITERI DI CLASSIFICAZIONE
1.4.1 Soglie di punteggio per la determinazione dei 3 livelli dei C.S. pag. 57
1.4.2 Criteri per: Centri Storici pag. 58
2. VILLE VENETE, COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO ARCHITETTONICO
(edilizia rurale tipica, case padronali, ville, archeologia industriale, siti archeologici, castelli e
fortezze storiche)
2.1 VILLE VENETE
2.1.1 Stato di fatto _ Descrizione pag. 60
2.1.2 Stato di Fatto _ Analisi pag. 62
2.1.3 Criticita’ pag. 65
2.2 BENI VINCOLATI, OVVERO COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO
ARCHITETTONICO
2.2.1 Stato di Fatto _ Analisi pag. 66
2.2.2 Criticita’ pag. 68
2.3 VILLE VENETE, COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO ARCHITETTONICO
2.3.1 Scenario di Riferimento. pag. 71
2.3.2 Azioni e Scenario di Piano pag. 71
2.4 CRITERI DI CLASSIFICAZIONE
2.4.1 Criteri per: Ville Venete pag. 73
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2.4.1.1 Parametri iniziali di valutazione pag. 73
2.4.1.2 Parametri integrativi di valutazione pag. 76
2.4.2 Criteri per: Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico pag. 80
2.4.3 Criteri per: Compl. ed Ed. di Pregio Architett. – Archeologia Industriale pag. 85
2.5 VILLE VENETE, COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO ARCHITETTONICO DI
INTERESSE PROVINCIALE
2.5.1 Immobili riconosciuti di interesse provinciale. pag. 89
3 ARCHEOLOGIA
3.1 Premessa pag. 100
3.2 Stato Di Fatto _ Descrizione pag. 100
3.3 Stato di fatto_ Analisi pag. 102
3.4 Criticità pag. 103
3.5 Scenario di Piano pag. 104
4 SCHEDE
4.1 Scheda di valutazione Centri Storici pag. 106
4.2 Schede fabbricati pag. 107
4.2.1 Scheda di Catalogo Fabbricati pag. 107
4.2.2 Scheda di valutazione Interesse Provinciale: Ville Venete pag. 112
4.2.3 Scheda di valutazione Int. Prov.: Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico pag. 113
4.2.4 Scheda di valutazione SEMPLIFICATA Int. Prov.: Compl. ed Ed. di Pregio Architett. pag. 114
INDICE APPENDICI pag. 115
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PREMESSA
Abstract dalla “Carta delle Città Europee per un modello urbano sostenibile”
firmata ad Aalborg, 1994: “(...) integrare i principi della sostenibilità nelle rispettive politiche e partire dalle risorse delle diverse
città per costruire appropriate strategie locali;…continua verifica nella gestione della città per
individuare le attività che spingono il sistema urbano verso l’equilibrio e quelle che lo allontanano
dall’equilibrio. Costruendo la gestione delle città sulle informazioni raccolte si comprende che la città
funziona come un tutto organico e gli effetti di tutte le attività significative divengono manifesti (…); i
problemi e gli squilibri interni alle città devono essere ricondotti all’equilibrio nell’ambito del livello in
cui si verificano o essere assorbiti da una più vasta entità a livello regionale(…); le città riconoscono che
il capitale di risorse naturali, atmosfera, suolo, acque e foreste, è divenuto il fattore limitante del loro
sviluppo economico e che, pertanto, è necessario investire in questo capitale(…) ovvero:
investire nella conservazione del rimanente capitale naturale, ovvero acque di falda, suoli, habitat
per specie rare;
favorire la crescita di capitale naturale riducendo l’attuale livello di sfruttamento, in particolare per
quanto riguarda le energie non rinnovabili;
investire per ridurre la pressione sul capitale di risorse naturali esistenti attraverso un’espansione di
quelle destinato ad usi antropici, ad esempio gli spazi verdi per attività ricreative all’interno delle
città in modo da ridurre la pressione sulle foreste naturali;
migliorare l’efficienza dell’uso finale dei prodotti, ad esempio utilizzando edifici efficienti dal punto
di vista energetico e modalità di trasporto urbano non nocive per l’ambiente(…)
(…) i poveri costituiscono le principali vittime dei problemi ambientali ( inquinamento acustico ed
atmosferico causato dal traffico, carenza di spazi ricreativi, abitazioni malsane, carenza di spazi aperti),
(…) importanza dell’adozione da parte degli enti locali di efficienti politiche di pianificazione dello
sviluppo degli usi territoriali che comprendano una valutazione ambientale strategica di tutti i progetti.
Esse approfitteranno dei vantaggi di scale per fornire trasporti pubblici ed energia in modo efficiente in
funzione dell’elevata densità, mantenendo al tempo stesso una dimensione umana dello sviluppo. Sia
nell’attuazione dei programmi di restauro urbano nelle aree cittadine, sia nella pianificazione dei nuovi
quartieri si punterà a sviluppare molteplici funzioni in modo da ridurre il bisogno di mobilità. Il concetto
di equa interdipendenza regionale dovrebbe consentire di equilibrare i flussi tra città e campagna e
impedire alle città il puro sfruttamento delle risorse delle aree circostanti.
Le città si impegnano a migliorare l’accessibilità e sostenere il benessere sociale e lo stile di vita urbano
pur riducendo la mobilità. E’ divenuto ormai imperativo per una città sostenibile ridurre la mobilità
forzata e smettere di promuovere e sostenere l’uso superfluo di veicoli a motore. Sarà data priorità a
mezzi di trasporto ecologicamente compatibili e sarà messa al centro degli sforzi di pianificazione la
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combinazione della realizzazione di tali mezzi. I mezzi di trasporto individuali dovrebbero avere nelle
città solo una funzione ausiliaria per facilitare l’accesso ai servizi locali e mantenere le attività
economiche della città.
(…) preoccuperanno di predisporre opportunità di educazione e formazione alla sostenibilità dei
cittadini, ma anche dei rappresentanti eletti e per i funzionari degli enti locali; (…) si farà ricorso ad una
vasta gamma di strumenti tra i quali quelli necessari per la raccolta ed il trattamento dei dati ambientali
e la pianificazione ambientale; strumenti economici e di informazione quali direttive, imposte e tasse,
nonché meccanismi che contribuiscano ad accrescere la consapevolezza dei problemi e prevedano la
partecipazione dei cittadini(…)
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1 CENTRI STORICI (CS) E AGGLOMERATI URBANI (AU)
1.1 CENTRI STORICI
1.1.1 Stato di fatto_ Descrizione
I nuclei abitati e centri storici disseminati per l’intera provincia e che sono stati rilevati e documentati
assommano a ben 474 unità, di cui 102 non perimetrati.
Per l’analisi e lo studio della situazione odierna dei centri storici del Veneto bisogna, innanzitutto, fare
riferimento alla situazione fotografata ed evidenziata dall’Atlante dei Centri Storici, testo prodotto dalla
Regione Veneto con lo scopo di addivenire all’individuazione, al censimento e alla perimetrazione dei
centri storici esistenti sul territorio regionale.
Va detto che nel lasso di tempo intercorso dalla formazione dell’Atlante ad oggi i centri storici che si
trovano riportati nei diversi PRG comunali hanno subito numerose modifiche e variazioni che ne hanno
alterato forma e dimensioni sia in senso estensivo che riduttivo secondo logiche connesse ad una
pianificazione strettamente locale.
Per giungere alla formazione dell’Atlante sono stati rilevati tutti i centri abitati che presentavano tracce
evidenti e significative di elementi con più di 100 anni di storia; i dati sono stati poi incrociati con le
perimetrazioni delle zone A dei PRG e con i nuclei antichi rilevabili dai catasti storici.
La lettura dei dati evidenziati dallo studio e censimento condotti in sede di elaborazione di tale testo ha
messo in luce come i centri abitati antichi siano suddivisibili in macro gruppi sulla base delle aree di
insediamento e delle tipologie degli stessi.
La morfologia urbana che ci perviene risale a non più di 400 anni fa, ma ricalca certamente preesistenze
antichissime.
Sicuramente, essendo la provincia di Treviso caratterizzata da una grande eterogeneità di situazioni
geografiche e geomorfologiche le tipologie degli abitati si diversificano in rapporto a queste stesse
condizioni esterne.
Sono così riconoscibili insediamenti di area pedemontana e di valico, posti su alture o poggi, (Tovena,
Valmareno, Revine, Val), i quali per l’area stessa di insediamento sono solitamente segnati dall’attività
principale per il sostentamento del borgo, ovvero l’allevamento: la loro forma richiama, dunque, la
funzione di ricovero e difesa per gli abitanti e per gli armenti con cortili chiusi, a volte lastricati, e con
stalle e fienili disposti in continuità, con accessi singoli facilmente chiudibili e difendibili. Anche i
materiali e le tecniche costruttive sono strettamente legati ai luoghi: legno, pietra e sabbia a formare
strutture architettonicamente molto semplici e povere.
Inizialmente, alcuni centri potevano essere costituiti anche solo da uno o due elementi a corte, ma in
seguito ad essi se ne aggiunsero altri a formare un sistema di isolati chiusi articolato con strette strade
(Cison di Valmarino, Riva e Barbozza di Valdobbiadene).
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Dal centro si allungano a volte delle diramazioni, sequenze di fabbricati attestati lungo vie di uscita o di
ingresso al nucleo stesso, o lungo tracciati che seguono le curve di livello scendendo pian piano a valle.
La conformazione del terreno spesso genera occasioni per la definizione di spazi aperti protetti interni al
centro che, tuttavia, non sono ancora strutturati come vere e proprie piazze in quanto la articolazione
urbana è ancora del tutto assente (es. Lago di Soligo e Vergoman di Miane).
Verso il fondo valle, dove confluiscono le acque e le strade sono più agevoli, si trovano aggregati edilizi
più recenti e più articolati, generati dalla successione di case in linea attestate sulle vie o lungo le curve di
livello; i cortili chiusi sin qui visti diventano più rari e compaiono granai e fienili, i classici ‘barchi’, che
denunciano un tipo di economia di sussistenza basata maggiormente sull’agricoltura.
E’ nella natura agricola di queste aree che trova significato anche la maggiore articolazione delle
campagne: compaiono i canali di derivazione e regimazione delle acque, che vengono sfruttate sia per
scopi irrigui sia come forza motrice. Ecco allora aggiungersi alle semplici abitazioni con granaio i mulini,
le officine fabbrili i magli e gli opifici (es. Serravalle, Pagnano, Solighetto) o le prime attività
paleoindustriali (Serravalle, Follina, Crespano).
Centri urbani di maggiore complessità e dimensione, (Pederobba, Valdobbiadene, Bigolino) ebbero
un’organizzazione del centro più organica che comprese anche la costruzione degli edifici pubblici e di
culto adiacenti ad uno spazio centrale definito come piazza.
Altri luoghi urbani devono la loro struttura all’insediarsi di organismi ecclesiastici quali le pievi e i
monasteri, esempio ne sono il centro di Follina e la località di Tempio di Ormelle.
Nella zona collinare altri tipi di insediamento sono stati determinati dalla presenza delle popolazioni
franche e longobarde che crearono dei villaggi legati ad una gestione economica di tipo silvo-pastorale
permeata, tuttavia, da una gestione politica e sociale che vedeva lo stanziamento di famiglie e nuclei
parentali di guerrieri e capi militari a controllo di aree di grande importanza strategica (valichi, strade di
penetrazione verso la pianura). Di qui l’origine di località quali Farra di Soligo, Farra di Paderno, etc.
Anche piccoli episodi di fortificazioni militari a volte furono l’occasione per la nascita di un borgo
all’esterno, a ridosso delle mura o al loro interno. Di questo si trova riscontro ancora in toponimi come
Casteller, Castellich, Castelzigot, Castelcucco, Castelciès.
Oltre a queste tipologie urbane di antichissima origine, dunque, si affiancano dei nuclei abitati che sono
invece frutto dell’influsso veneziano e che vennero a formarsi grazie alla nascita delle tenute agricole
dipendenti dalle imponenti dimore di campagna dei nobili patrizi veneziani (es.: Villa Emo a Fanzolo).
Scendendo verso la pianura, via via lo spazio tra gli insediamenti si dilata ma i centri abitati divengono
più consistenti e più articolati.
Attorno ai nuclei originari e alle città murate – caratterizzate per lo più dalla presenza di edifici in linea
attigui l’uno all’altro e dotati di portico attestato sulla via principale e di cortile retrostante - si estendono
zone periferiche di recente edificazione che perdono le caratteristiche della irregolarità e della
spontaneità. Sorgono le frange di lottizzazione periurbana, cadenzate in quartieri caratterizzati per lo più
dalle linee del primo dopoguerra. Verso le fasce più esterne poi, la spinta economica allo sviluppo
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industriale ha generato la nascita di zone industriali che si collocano, quasi inevitabilmente, al limite dei
vari territori comunali.
Nelle zone di aperta campagna, invece, si coglie la presenza dei borghi rurali, raccolti attorno la casa
dominicale del padrone; fienili, stalle, magazzini si compongono assieme formando cortili ed aie aperte. Il
complesso rurale non è fatto solo per produrre, nel tempo si trasforma in borgo da abitare. Ecco il caso di
tutti quegli insediamenti sparsi e puntiformi che caratterizzano assai bene la nostra provincia e anche la
terra veneta. Il latifondo si trasforma; frazionandosi dà origine ad una suddivisione fondiaria sempre più
minuta.
A volte, delle teorie agrarie hanno determinato la forma stessa di un insediamento, come nel caso di
Badoere, impianto disegnato sulla necessità dell’allocazione di un grande mercato agricolo.
Una certa logica nella formazione di altri microscopici aggregati urbani è rintracciabile, infine, nella
occasione delle intersezioni del cardo e decumano romani. Buona parte della pianura trevigiana, infatti, ne
è segnata. Tra i casi più evidenti Edificio, Caselle, etc.
Altri insediamenti sono giustificati, invece, dalla presenza di corsi d’acqua e si attestano su essi
collegandosi al territorio con strade ortogonali al fiume stesso.
Oltre che per impianto, la qualità dei centri storici è definibile sulla base della tipologia e conservazione
dell’edificato.
Osservando la consistenza degli aggregati urbani antichi sparsi sul territorio si potrà notare come le loro
caratteristiche tipologiche generali varino in funzione dell’area geografica e dei materiali da costruzione
disponibili in zona. Nella fascia pedemontana, ad esempio, saranno più facili a vedersi costruzioni erette
utilizzando ‘masegno’ (sasso a spacco) e pietra locale, mentre nella pianura del Piave si incontreranno
rustici costruiti con corsi di ciotoli di fiume regolarizzati saltuariamente da corsi di tavelle in cotto.
Queste caratteristiche intrinseche in ogni centro, frutto di tecniche e materiali fortemente connessi con
l’area geografica in cui si è sviluppato l’abitato, sono proprio quelle stesse peculiarità per cui si va
formando una tipologia di paesaggio, ovvero un’unità ambientale – paesaggistica. Anche dal punto di
vista edilizio, cioè, non solo da quello ambientale, è possibile riconoscere delle caratteristiche che
rendono omogenea un’area.
Confrontando la distribuzione delle macroaree relative alle unità minime di paesaggio con le
caratteristiche dell’edificato nelle diverse zone si è rilevato che, pur risentendo l’aspetto architettonico,
ovvero le tipologie edificatorie di un’area al paesaggio della stessa, non sono così seccamente
individuabili dei termini di parallelismo unità di paesaggio naturale – unità di paesaggio antropico tali da
corrispondersi perfettamente. Emergono, invece, delle caratteristiche architettoniche – tipologiche più
generalizzate che si possono sintetizzare in tre macroaree, ossia bassa e alta pianura e zona pedemontana.
La bassa pianura corrisponde all’area di deposito delle sabbie dei limi e delle argille, dovuto al lento
fluire delle acque verso la foce, mentre l’alta pianura corrisponde alla zona di sedimentazione dei detriti
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alluvionali più grossolani trasportati dal turbolento irrompere delle antiche fiumane dalle vallate
prealpine. Non si tratta di due zone con larghezza uniforme nettamente distinte, infatti vi è una larga
fascia di transizione, che peraltro occupa una parte considerevole della provincia di Treviso, detta zona
delle risorgive dove assistiamo all’affioramento di falde freatiche. Queste considerazioni possono
sembrare poco inerenti il nostro campo di indagine, tuttavia rappresentano un primo sostanziale
condizionamento delle forme di utilizzazione del suolo, la configurazione degli insediamenti e la scelta
dei materiali da costruzione.
La diffusione del laterizio nella bassa pianura è stata determinata dalla grande disponibilità e diffusione
di argilla presente nei terreni, mentre nell’alta pianura è facile riscontrare, soprattutto nel bacino del
Piave, una certa prevalenza nell’uso del ciottolo di fiume misto a mattone.
L‘area collinare costituisce una continuazione, in ambiente roccioso, dell’alta pianura. Il legno è molto
utilizzato per la costruzione dei manufatti rurali della zona, soprattutto nelle opere di carpenteria delle
coperture e nella costruzione dei caratteristici ‘piol’, ovvero dei ballatoi che si snodano sui fronti
principali, quasi sempre rivolti a sud, particolarmente diffusi nell’area dell’asolano, del cisonese e della
Valcavasia.
Il sasso o masegno e la pietra locale sono i due materiali principalmente utilizzati nell’area pedemontana,
dove il laterizio si è inserito solo in epoca moderna, anche a fronte dello sviluppo industriale delle
fabbriche di laterizi sorte in territorio di Possagno.
Variazioni tipologiche concrete sono poi rintracciabili nella presenza, forma e profondità dei portici o
porticati, che nella bassa pianura sono abbastanza profondi, molto aperti e retti da ampie arcate a tutto
sesto o a sesto ribassato rette da pilastri, mentre nell’area pedemontana diventano meno profondi, non
presentano archi ma architravi lignei, retti qualvolta da colonne o da esili piastrini e succeduti ai piani
superiori da uno o più ballatoi lignei – quando invece il portico non scompare per divenire un vano aperto
passante per il ricovero dei carri e degli attrezzi.
1.1.2 Stato di fatto_ Analisi
Si è assistito ad una progressiva modificazione dell’immagine dei centri storici. Tale mutazione dei
connotati specifici di ogni piccolo borgo è stata causata da una generale mancata sensibilità nei confronti
delle caratteristiche edilizie, urbanistiche e compositive degli agglomerati stessi. Spesso il colore
complessivo dell’abitato, così connaturato nel paesaggio collinare derivava dall’utilizzo di determinati
tipi di sabbie di fiume o di materiale calcareo o lapideo proveniente da cave locali. La pavimentazione
delle vie, realizzata in acciottolati di sassi del Piave, piuttosto che utilizzando ‘masegno’, sasso a spacco
o, più recentemente, cubetti di porfido, contribuiva all’impressione coloristica e paesaggistica finale. La
progressiva sostituzione di tutti i materiali tradizionali, sia in relazione alla ristrutturazione dell’edificato
che alla manutenzione della parte infrastrutturale e dell’arredo urbano del centro storico, sta portando alla
irreversibile modifica dell’aspetto tradizionale del centro, depauperandolo sia dal punto di vista estetico-
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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paesaggistico, sia quale risorsa economica futura qualora si volesse pensare ad un turismo di carattere
culturale.
Un aiuto alla corretta gestione del bene culturale ‘centro storico’ assai raramente è venuto dalle norme di
piano. Degli attuali Piani Regolatori pochissimi, per non dire nessuno, posseggono una base di studio ed
analisi dello stato di fatto sufficiente e congruente alla realtà. Spesso dalla verifica delle schedature dei
fabbricati del centro, - che dovrebbero essere l’elemento principe da cui desumere le condizioni di fatto
dell’edilizia storica e dalle quali devono derivare gli input per la definizione dei gradi di protezione dei
fabbricati e delle norme per gli interventi ammissibili- , si nota quanto poco interesse e poche risorse
siano state dedicate alla conoscenza della realtà e, soprattutto, quanto poco finora sia stata valutata la
risorsa storica e culturale del territorio. I dati che vengono proposti mostrano una scarsa conoscenza
dell’edilizia tradizionale ed una carenza di professionalità nell’identificare epoche storiche e valore
culturale intrinseco dei singoli beni.
Nulla di strano dunque, se vengono ammessi interventi devastanti che prevedono demolizioni massicce e
stravolgimenti statici e strutturali, oltrechè compositivi e di finitura, dei pochi fabbricati antichi ancora
presenti.
Spesso, comunque, la stessa sorte tocca anche agli assetti viabilistici dei vecchi centri, connaturati con
l’impianto edilizio stesso del borgo. L’inserimento di nuova viabilità, l’ammodernamento, l’allargamento
di quella esistente può giungere a compromettere l’aspetto della cittadina originaria.
Infatti, in alcuni casi hanno avuto miglior destino le città murate che, densamente cresciute all’interno
delle mura, hanno visto la propria espansione all’esterno delle stesse e, di conseguenza, hanno fatto salvo
il nucleo storico antico, (vedi Castelfranco). Analogamente è successo anche per quei centri che sono
cresciuti in piccole aree montane (poggi o terrazze), su cui non è stato possibile prevedere alcun
ampliamento urbanistico consistente in diretta adiacenza al nucleo edilizio originario, (es. Asolo). Per
questo è forse più facile assistere alla conservazione dei centri dell’area pedemontana piuttosto che di
quelli della pianura, rispetto ai quali si verifica spesso un fenomeno della dissolvenza dell’edificato in una
vasta periferia che si estende, diradandosi, verso la campagna.
In alcuni casi si può osservare una crescita storica databile del centro abitato.
Vi sono esempi di cittadine o città – anche Treviso – che mostrano con evidenza i segni dei periodi della
propria crescita urbana: prima l’impianto, a volte addirittura preistorico, poi un periodo di prima
urbanizzazione, più regolare, magari in epoca medioevale, poi un secondo periodo di assestamento e
revisione dell’edificato, corrispondente spesso al cinque – settecento cui segue un’espansione e un nuovo
ciclo di crescita nell’ottocento, fino al primo novecento.
La lettura delle fasi storiche di ampliamento della città consentono di comprenderne la forma urbanistica,
di riconoscerne le caratteristiche salienti che la connotano per ciascuna epoca, ma anche a individuare i
‘buchi’ rimasti all’interno del tessuto urbano. Si tratta, raramente, di immobili isolati, molto più spesso di
complessi immobiliari vasti: attività artigianali di media-grande dimensione o piccole attività
manifatturiere o industriali che un tempo vennero collocate a ridosso del nucleo storico (1600 – 1700) e
42
che ora si trovano in pieno centro, ovvero all’interno della fascia di espansione otto-novecentesca.1 Tali
attività, che ebbero la loro ragion d’essere in tale posizione in ragione di un periodo di sviluppo urbano
ben determinato e che avevano all’interno del medesimo una loro logica, attualmente si trovano collocate
in posizioni strategicamente poco consone al tipo di attività proposta – che infatti in molti casi è cessata
da tempo per l’inadeguatezza e dei locali e dei luoghi – e, pur tuttavia, rimangono come tasselli neri
all’interno di un puzzle.
In altre parole, esistono aree e fabbricati il cui recupero è d’obbligo. Resta da valutare, caso per caso
quale sia la forma migliore per reintegrare questi edifici-complessi in fase di abbandono, o già ridotti al
crollo, che indubbiamente nuociono all’aspetto del centro stesso.
Tra gli obiettivi del Piano spesso viene citata la ‘rivitalizzazione’ dei centri urbani. A tale proposito
varrebbe la pena considerare che l’appetibilità di una città passa attraverso valutazioni di carattere
culturale ed estetico, delle quali in parte si è già parlato, di accessibilità, della quale si parlerà più
diffusamente in altri capitoli e di qualità – piacevolezza – attraenza attrattiva dei luoghi.
La qualità e piacevolezza d’uso e di soggiorno in un centro può essere penalizzata anche in maniera
sostanziale dalla mancanza dei requisiti di decoro, ordine e pulizia delle strade, dei marciapiedi e di tutti
gli spazi sociali e aggregativi del centro, ma può essere sicuramente inficiata anche da situazioni di
abbandono ed incuria degli edifici stessi che compongono il centro.
Non è facilmente confutabile il fatto che, quando all’interno del centro si verificano situazioni di
abbandono e degrado di uno o più edifici attigui, specialmente se essi non fanno parte delle vie più
importanti del centro storico, nel giro di breve tempo si assisterà al degrado non solo dei fabbricati di cui
sopra ma anche dell’area circostante. Marciapiedi sporchi, angoli puzzolenti con deiezioni di animali,
portici infestati da piccioni e non più illuminati e spazzati, intonaci cadenti o preda di graffiti selvaggi,
davanzali sporchi, ricettacolo di nidi d’uccelli, grondaie sganciate o bucate che diventano improvvisati
doccioni per i passanti che, schifati, dopo breve tempo cercano percorsi alternativi all’interno della città.
Una tale condizione sicuramente non porterà vantaggio, né estetico né economico ai vicini: chi vi abita
mal sopporterà la situazione o, al più, si ridurrà a cercare di migliorare almeno i percorsi pedonali per
accedere alle proprietà; i commercianti sicuramente saranno danneggiati dal fatto che viene a mancare il
presupposto per cui la gente sia attirata in zona – dato che è poco piacevole da raggiungere, anche da un
punto di vista estetico. Non sono da dimenticare anche gli aspetti connessi alla sicurezza: zone porticate o
angoli cittadini abbandonati e poco illuminati favoriscono l’insorgenza delle condizioni ideali per la
realizzazione di azioni criminali quali violenze alle persone, scippi e rapine.
1 Es. Area Ex SAPE a ridosso delle mura di Treviso, varie sedi di attività di meccanico-auto come quelle presenti a ridosso di
Porta SS.Quaranta o Porta S.Tommaso; le aree Enel e Simonetti all’interno di Porta Carlo Alberto
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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La stessa possibilità di accedere agevolmente al cuore del centro storico da parte di persone disabili o
scarsamente abili o da parte di genitori e nonni armati di passeggini e carrozzine è un dato che non deve
essere sottovalutato. La percorribilità e la presenza dei marciapiedi, di punti di sosta quali angoli verdi o
piazzette dotate di arredo urbano e di panchine, o la possibilità di raggiungere il centro o le immediate
vicinanze con l’auto per caricare e scaricare carrozzine e carrozzelle o per non dover percorrere lunghi
tragitti - soprattutto se non alberati! - sono fattori determinanti per l’incentivazione/disincentivazione
della fruibilità pubblica.
La presenza di un numero sufficiente di parcheggi sia all’interno che a ridosso del centro storico sta
diventando uno dei fattori discriminanti la scelta di frequentazione e di vivibilità di una città rispetto ad
un’altra. Anche il calo di interesse nei confronti delle possibilità commerciali offerte dalla città rispetto a
quelle offerte da uno dei tanti centri commerciali è penalizzata anche da questo aspetto. La difficoltà nel
trovare momenti da dedicare alla propria sfera personale fa sì che ciascuno di noi prediliga soluzioni
idonee al contenimento del tempo da trascorrere nel risolvere tutte quelle attività indispensabili quali
acquisti di beni personali e alimentari, privilegiando istintivamente luoghi e soluzioni che agevolino la
risoluzione contemporanea di molteplici problemi: acquisto, sosta, (possibilmente ombreggiata e
immediatamente disponibile), minor dispendio di tempo per raggiungere il negozio e il parcheggio, facile
accessibilità, contemporanea possibilità di soddisfare necessità differenti ma strettamente connesse –
acquisto di generi alimentari piuttosto che beni di altro consumo quali abbigliamento, tempo libero, sport
o elettrodomestici, consegna o ritiro di capi dalla tintoria, etc.-
Anche la collocazione dei serbatoi di parcheggio lungo il perimetro del centro è fondamentale per
garantire una equa distribuzione dell’afflusso e, quindi, dell’appetibilità delle varie zone della città.
In aggiunta a ciò va detto che un fattore di non secondaria importanza è rivestito dalla presenza e qualità
del servizio pubblico.
Se si procede ad una valutazione sulla fruizione dei mezzi pubblici, rappresentati in maggioranza da
autobus che percorrono il centro storico, sarà evidente il fatto che la tipologia degli utenti è costituita in
maggioranza da persone anziane e da cittadini extracomunitari o privi di patente. Questo perché chi
dispone di mezzo proprio e di patente in generale nemmeno considera l’utilizzo del mezzo pubblico e
perché la maggioranza dei ragazzi, da i 16 anni in su, viene munita di motorini. Tale situazione di fatto
non è facilmente controvertibile se non in funzione di cambiamenti radicali delle abitudini di tutti gli
utilizzatori del centro cittadino. Tuttavia, va sottolineato anche che l’incentivazione dell’utilizzo dei
mezzi pubblici deve passare per la revisione di aspetti connessi alla qualità del servizio di trasporto, quali
i costi, la frequenza delle corse e i tempi di percorrenza, le interconnessioni tra le varie linee, ovvero le
coincidenze che di fatto contribuiscono ad invogliare o scoraggiare l’utenza.
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1.2 AGGLOMERATI URBANI
1.2.1 Stato di fatto_ Descrizione
Spesso si parla di ‘città diffusa’ e certamente questo è il termine che meglio descrive la situazione del
territorio compreso tra una città e l’altra: le case si attestano lungo assi viari senza una enucleazione forte
intorno ad un centro di un qualche interesse e le campagne non risultano mai di fatto completamente
libere, ma sempre punteggiate di fabbricati che troppo di frequente poco hanno a che fare con la
conduzione dei fondi.
Attorno ai nuclei originari e alle città murate – caratterizzate per lo più dalla presenza di edifici in linea
attigui l’uno all’altro e dotati di portico attestato sulla via principale e di cortile retrostante - si estendono
zone periferiche di recente edificazione che perdono le caratteristiche della irregolarità e della
spontaneità. Sorgono le frange di lottizzazione periurbana, cadenzate in quartieri caratterizzati per lo più
dalle linee del primo dopoguerra. Verso le fasce più esterne poi, la spinta economica allo sviluppo
industriale ha generato la nascita di zone industriali che si collocano, quasi inevitabilmente, al limite dei
vari territori comunali.
Tra i centri consolidati e le nuove lottizzazioni si estende generalmente una fascia edificata negli anni del
dopoguerra, fino agli anni 70-80, costituita da una edificazione residenziale industrializzata, speculativa,
tecnologicamente di qualità medio-bassa, che nel breve periodo diverrà sostanziale per la sua vetustà e
per il peso economico correlato alla sua manutenzione.
Gli spazi pubblici o aperti, esterni ai centri storici o ai centri consolidati, pur essendo strutturali
all’edificazione residenziale del dopoguerra non hanno una configurazione di spazio urbano qualificato:
spesso sono privi di quegli elementi che li configurano come ambiti urbani. Le vie mancano di
marciapiedi, spesso questi sono disposti solo su un lato, o il percorso pedonale è segnato da una semplice
striscia bianca, ovvero i marciapiedi sono troppo stretti o poco agibili, in particolare per portatori di
handicap o per carrozzine; l’illuminazione pubblica è scarsa e di tipo obsoleto, la separazione tra la
proprietà pubblica e la proprietà privata spesso è priva di un disegno unitario, risultato di un mero
consolidamento di comportamenti e di usi.
Le opere di urbanizzazione risultano evidentemente incomplete, manca parzialmente o totalmente
l’arredo urbano (dalla panchina al semplice cestino per i rifiuti), mentre ci si imbatte sempre più spesso in
aree di raccolta rifiuti urbani non strutturate e figurativamente incompatibili con la città.
Cala un senso di provvisorietà e incompletezza, che rende subito l’atmosfera della zona incompatibile con
concetti di qualità e piacevolezza, concetti astratti che hanno tuttavia immediato e concreto rimando sulle
attese economiche di valutazione delle aree e dei fabbricati. E’ in zone ‘degradate’ o ‘obsolete’ e
marginali come quelle sopra descritte che, più facilmente, si assisterà alla formazione di ‘ghetti’ o,
comunque, all’insediamento di popolazioni non autoctone e svantaggiate che andranno ad occupare le
aree meno appetibili della città.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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1.2.2 Stato di fatto_ Analisi
Quanto sin qui descritto corrisponde alla realtà insediativa della provincia; questo ‘nostro’ modo di
occupare il territorio e l’urbanistica degli ultimi cinquant’anni certo non ha dato un notevole contributo al
risparmio dei suoli e delle risorse.
Il territorio trevigiano, dal dopoguerra in poi, è stato oggetto di un generale e progressivo calo di ruralità
del paesaggio e di una contemporanea forte spinta evolutiva verso la crescita del sistema insediativo e
infrastrutturale, correlata ad un imponente processo di edificazione collegato a sistemi economici
‘moderni’ che prefiguravano lo sviluppo del paese nell’inserimento di forza lavoro nelle industrie,
rubando braccia alle campagne.
Il territorio agrario è stato così dapprima abbandonato ed in seguito eroso da una quantità di nuovi
insediamenti edilizi sorti senza un apparente, ma anche sostanziale, ordine o necessità.
Le campagne sono state così fortemente antropizzate, caricate di un ingente volume edilizio recente,
disperso e parcellizzato tra diversi ambiti comunali, contigui ma di fatto indipendenti.
La prorompente necessità edilizia replicata in ogni comune, - 95 i comuni della provincia - , e lo
sfruttamento del centro storico, come ulteriore occasione di edificazione anziché di recupero, hanno
prepotentemente e ingenerosamente modificato il rapporto tra spazi occupati e spazi aperti.
In molti casi gli edifici adibiti ad attività produttive e commerciali sono cresciuti esternamente ai centri
abitati senza essere raccolti in zone ad essi dedicate e si sono sviluppati, e ancora oggi si sviluppano,
prevalentemente lungo gli assi stradali di collegamento tra i centri urbani stessi o in mini lottizzazioni
industriali localizzate a ridosso degli agglomerati urbani o ai limiti del confine di ciascun comune.
Tale dispersione insediativa è rafforzata dalla presenza di una forte imprenditorialità di carattere
familiare, dalla piccola azienda agricola alla piccola proprietà terriera fino alla piccola media impresa,
situazione che ha generato la richiesta di edifici residenziali artigianali, ovvero di case con annessi
laboratori, officine, falegnamerie, etc., delocalizzando le situazioni di Z.TO D e sparpagliandole su tutto il
territorio comunale. Il territorio rurale è stato troppo spesso interpretato come una ampia lottizzazione che
si estende, con vari gradi di addensamento, negli spazi di territorio intramezzati dai centri urbani.
Rimangono oggi solo dei reliquati di ampi spazi rurali non edificati, relazionabili alla presenza di
proprietà di grandi dimensioni. Si citano alcuni casi in prossimità del capoluogo, quali Fontanelle,
Susegana, o ad aree che fino ad una decina di anni fa non risentivano dell’interesse economico per
l’investimento immobiliare, come ad esempio l’area a nord dell’asse della Postumia romana attorno ai
centri di Povegliano, Arcade, Camalò.
Con l’avviarsi del trasferimento agli Enti locali della gestione concorrente-autonoma del territorio e con
la contestuale riduzione dei contributi economici dal livello nazionale al livello comunale e locale, le
piccole amministrazioni hanno sfruttato il proprio territorio utilizzandolo per trarre gli utili necessari al
mantenimento del funzionamento del loro stesso apparato amministrativo, ricavando sostegno economico
dagli oneri di urbanizzazione derivanti dalla realizzazione edilizia, che ovviamente dunque, non è stata
regolamentata in modo adeguato.
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Nell’ambito produttivo, meccanismi economici di defiscalizzazione degli utili introdotti a livello
nazionale, hanno condotto alla realizzazione, da parte delle aziende private, di volumi nuovi o in
ampliamento di capannoni, anche disgiunti dalle reali necessità produttive, in controtendenza rispetto
all’andamento di mercato, che vedeva in atto il trasferimento all’estero della produzione.
Soprattutto nel nord est ed in particolare in provincia l’edificazione così generata, (capannoni da
investimento), unitamente alle lottizzazioni industriali derivanti, ha trovato ampio spazio nella gestione
territoriale.
Considerazione merita anche il fatto che, nella forma mentis più diffusa il raggiungimento di un obiettivo
di ‘classe sociale’ e di un certo tenore di vita è strettamente correlato alla costruzione-acquisizione della
villetta (singola o bi-trifamiliare) di proprietà, dotata di giardinetto, sottostante taverna e garage, tipologia
che crea un forte consumo di superficie in rapporto al numero di abitanti/utilizzatori del territorio.
1.3 CENTRI STORICI (CS) E AGGLOMERATI URBANI (AU)
1.3.1 Criticità
A fronte di quanto sopra evidenziato, si rilevano numerosi aspetti di criticità, quali:
una notevole difficoltà nella gestione del recupero dei centri storici a causa di:
1. Scarsa conoscenza delle tecniche edilizie tradizionali.
Tale difficoltà emerge chiaramente quando si tratta di intervenire con operazioni di restauro o anche
di sola ristrutturazione in ambiti di centro storico dove le tipologie, i materiali di costruzione, i
materiali di finitura, costituiscono un aspetto non secondario e contribuiscono alla formazione del
paesaggio ‘costruito’. Carenze conoscitive e di indirizzo a livello normativo in tal senso portano al
progressivo depauperamento delle caratteristiche tipologiche del nucleo antico stesso.
2. Mancanza di cultura storica nella progettazione urbanistica.
Una scarsa conoscenza del processo storico di formazione dei nuclei edilizi originari, facilmente
colmabile mediante raccolta di documentazione storica e d’archivio, determina spesso una certa
‘leggerezza’ nell’accettare modifiche, anche sostanziali alla ‘forma urbis’ più consolidata. La
perdita degli aspetti culturali e storici di ciascun comune non è infatti connessa solamente
all’apparenza esteriore della compagine architettonica urbana, ma è strettamente, intimamente
legata anche agli aspetti urbanistici che forniscono l’ossatura del centro storico e, rispetto ai quali ci
si deve rifare spesso per comprendere le ragioni dell’antico insediamento. Variazioni della forma e
dell’uso del centro storico possono essere tanto incisive quanto deleterie per l’esistenza e la valenza
del centro stesso.
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ALLEGATO………………
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3. Scarsa oculatezza nell’assegnazione dei gradi di protezione dei fabbricati.
L’indagine conoscitiva relativa ai manufatti coperti da grado di protezione presenti nei 95 comuni
della Marca ha evidenziato una preoccupante eterogeneità nella definizione dei gradi di protezione
da assegnarsi ai fabbricati che non sono coperti da ‘vincolo monumentale’ ma che in sede di
pianificazione sono comunque stati riconosciuti di interesse culturale-storico-paesaggistico.
Tale disparità di trattamento si sostanzia in altrettanta eterogeneità di risultati nella protezione delle
valenze storico-culturali dei nuclei storici, facendo sì che vi siano comuni contermini dove è
consentita la ‘ristrutturazione’ nell’accezione più ampia del termine di legge – che comprende
dunque anche la demolizione e ricostruzione del fabbricato - da un lato , mentre dall’altro sia
imposto un livello di conservazione molto restrittivo.
Si evidenzia, inoltre, che vi sono casi di immobili vincolati ex D.Lgs 42/2004 che, per assurdo, non
vengono coperti da grado di protezione.
4. Poca sensibilità nell’articolazione normativa degli interventi edilizi del centro storico.
5. Assenza di chiarezza nei criteri informatori sugli interventi ammissibili.
La normativa di piano ed i regolamenti edilizi dovrebbero essere informati da una maggiore
chiarezza e trasparenza che limitino le situazioni di ‘interpretazione’ della norma. Non è raro infatti,
imbattersi in casi di tecnici comunali che diano interpretazioni differenti della stessa norma ad uno o
a più professionisti. Allo stesso modo sarebbe auspicabile che i comuni di una stessa provincia
potessero dotarsi di un vocabolario tecnico identico che consenta ai professionisti di poter lavorare
in maniera indistinta in diversi comuni senza dover ricercare il significato di termini quali, ad es.
‘loggia’, portico, patio, sbalzo, sporto, linea di gronda, volume netto o lordo e del relativo modo per
calcolarne le superfici nette, lorde, calpestabili, i volumi le altezze medie, massime, le altezze dei
fronti, etc.
6. Mancanza di controllo sulla gestione e qualità dell’edificato esistente.
7. Nuove necessità di fruizione del centro abitato, di tipo molto diverso da quello originario.
8. Omogeneizzazione delle tipologie e dei materiali di intervento.
Spesso si assiste a realizzazioni poco consone con le caratteristiche e le peculiarità del centro storico
non solo nel caso di interventi privati, inerenti in maggioranza l’edificato, ma anche ad interventi di
carattere pubblico, relativi alla ‘riqualificazione’ degli spazi urbani che troppo spesso prescindono
dalla tradizione locale a favore di eleganti interventi di professionisti di chiara fama e di firma,
anche stranieri. Questo fatto se, da un lato, presuppone interventi di una certa qualità ed aperture
alle novità del settore architettonico urbanistico, dall’altro priva della continuità estetica e culturale
zone del centro, che forse potrebbero a maggior diritto mantenere i loro caratteri tipici,
internazionalizzandole con l’uso di forme e materiali che nulla hanno a che vedere con il nostro
territorio. Non è raro riconoscere nelle realizzazioni di diversi comuni la mano di uno stesso
progettista, il quale ha l’unico torto di aver agito a prescindere dai luoghi.
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9. Carenza di una gestione urbanistica coordinata tra comuni contermini.
Troppo frequentemente si assiste alla parcellizzazione in microrealtà delle modificazioni urbane,
collegata alle singole amministrazioni comunali, ovvero alla moltiplicazione del dispendio di
superfici da dedicare alle zone industriali e commerciali oltre che, soprattutto, alle opere
infrastrutturali ad esse connesse.
10. Progettazione urbanistica orientata su modelli insediativi a bassa densità abitativa.
Questo criterio progettuale, largamente diffuso negli anni passati e ancora in voga, ha comportato
un ingente dispendio dei suoli. Il modello insediativo ad esso connesso doveva essere molto vicino a
quello dei quartieri tipo città-giardino in cui avrebbero dovuto trovare realizzazione una serie di
criteri urbanistici che sono rimasti invero un’utopia. Infatti, l’utilizzo di indici fondiari ridotti non ha
condotto all’ottenimento di qualità edilizia, né tantomeno di qualità urbanistica. Lo dimostrano gli
esiti visibili in quartieri residenziali rintracciabili più o meno in ogni comune, dove si verifica che,
nonostante la bassa densità dell’edificato non si è giunti alla realizzazione di aree strutturate ed
organizzate, dotate di arredi urbani e spazi verdi di adeguata dimensione e qualità.
11. Assenza di riconoscimento-valutazione-valorizzazione delle architetture di qualità da parte
della committenza.
12. Reticenza delle amministrazioni o dei progettisti di piano all’accoglimento di canoni
figurativi moderni per le nuove progettazioni.
13. Scarsa conoscenza delle richieste dell’attuale mercato immobiliare residenziale e
commerciale, che conducono alla produzione di tipologie e quantità edilizie del tutto incongrue
rispetto al reale indirizzando pesantemente, comunque, le offerte e le disponibilità.
14. Scarsa consapevolezza dell’influenza e delle ripercussioni delle scelte urbane effettuate da
una amministrazione comunale nei confronti di quelle contermini.
15. Assenza di approfondimenti conoscitivi adeguati sulle esigenze dei fruitori urbani attuali e
futuri, in fase di programmazione territoriale.
16. Mancanza di una banca dati inerente consistenza e qualità dell’edificato esistente e degli
spazi aperti - e del suo aggiornamento documentale continuo.
17. Assenza di una analisi ed individuazione dei requisiti prestazionali dell’edificato e degli
spazi aperti.
18. Mancanza di azioni guida concrete ed esemplari, (attivate a livello provinciale), per
promuovere la qualità dello spazio urbano e dell’edilizia da attuarsi in collaborazione con
altri enti e istituzioni.
19. Vacuità dell’applicazione delle leggi esistenti da parte dell’amministrazione.
20. Assoluta mancanza di controllo sugli interventi realizzati o in fase di realizzazione ai fini
della repressione dell’abuso edilizio.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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21. Mancanza di spazi aggregativi e di aree verdi da dedicare a parco all’interno delle aree
urbane, scarsità di punti di sosta e di percorsi alberati. Mancanza di spazi verdi – gioco per
i più piccoli.
22. Mancanza di collegamento tra i percorsi ciclabili tra interno ed esterno del centro.
23. Mancanza di aree di sosta e parcheggio a ridosso del centro storico e diffusamente collocate
lungo il suo perimetro.
24. Mancanza di reti di servizi di trasporto pubblico funzionanti a collegamento dell’interno del
centro e tra interno ed esterno. Costi, frequenza, percorsi, etc.
1.3.2 Scenario di riferimento.
Dall’analisi dello stato di fatto e delle criticità del territorio emerge la tendenza per i prossimi anni. Essa
evidenzia la reale possibilità della progressiva perdita del bene culturale centro storico.
Tale ipotesi è strettamente connessa alla poca attenzione che attualmente viene posta sulle questioni del
recupero dei nuclei originari delle frazioni o dei comuni. Per ‘recupero’ del centro si intende
mantenimento dell’edificato storico e dell’impianto urbanistico consolidato, entrambi fattori connaturati
con l’essenza stessa e il fascino del nucleo urbano vecchio, sulla base delle considerazioni già esposte
nella descrizione e nell’analisi dello stato di fatto.
Inoltre, la possibilità che viene ancora oggi data, in alcuni casi, di urbanizzare gli spazi vuoti residui
adiacenti al centro, porta alla congestione dello stesso, all’impossibilità di convertire tali aree a verde
pubblico- parco urbano, ovvero a spazi aggregativi a carattere sociale – piazze, ovvero in aree di risorsa
per parcheggi interne al centro. Il nucleo storico è così via, via alterato nei propri connotati, nella propria
forma e densità storica e progressivamente congestionato da interventi che non portano comunque al
sopperimento di alcuna delle carenze di ‘servizi al cittadino’. Questa tendenza si associa anche alle
modificate esigenze di utilizzo dei vari spazi del centro. La conversione – modificazione degli usi storici
porta inevitabilmente alla richiesta di adeguamento degli spazi urbani esistenti. Ciò non sempre è fattibile
senza l’imposizione di importanti modifiche dell’assetto viabilistico, pedonale, sociale del centro stesso.
Basti pensare all’evidente diversità d’uso della viabilità che è connesso alla differenza degli stessi mezzi
di trasporto (carri e animali da soma) che un tempo transitavano per il centro, rispetto alla dimensione
delle vetture, dei furgoni e degli autobus che lo percorrono oggi.
La stessa scarsa sensibilità adoperata nell’autorizzazione degli interventi edilizi quali manutenzioni,
ristrutturazioni e restauri propositivi, comporta una graduale omogeneizzazione dell’aspetto urbano degli
abitati antichi, in quanto si vanno perdendo le caratteristiche tipologiche di ciascuno di essi in funzione di
una generale ‘globalizzazione’ delle tecniche di intervento e dei materiali utilizzati. In questo senso,
quindi, anche la connaturazione dei borghi con l’ambiente circostante, cioè il legame tra edificato e unità
di paesaggio, va via, via dissolvendosi. (cfr. con descrizione centri storici)
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Questa perdita di valore, sia paesaggistico che di qualità architettonica, e, conseguentemente, degli aspetti
storico – culturali del centro, comporterà nel lungo periodo anche una serie di effetti a caduta quali la
perdita delle identità culturali connesse alle varie zone della provincia, alla creazione di un costruito
diffuso e indistinto, conseguentemente poco interessante e poco turistico, oltre che culturalmente
scadente.
Anche dal punto di vista della scelta residenziale degli abitanti locali la perdita di determinate valenze
ambientali e paesaggistiche potrebbe comportare l’abbandono dei centri minori a favore della più vicina
città che, a parità di caratteristiche architettoniche e ambientali, offre molto di più dal punto di vista dei
servizi sociali, infrastrutturali, per il tempo libero etc. E’ evidente infatti che un borgo rurale non può
certo competere in materia di servizi al pubblico con una città, tuttavia, la sua appetibilità sta nel fatto che
presenta altre peculiarità quali la ridotta dimensione – misura d’uomo - e la relativa tranquillità, un
ambiente naturale notevolmente migliore e più a portata di mano, maggiori spazi per l’evasione all’aria
aperta, un gradevole paesaggio, ridotti tassi di smog e di inquinamento acustico, una maggior facilità di
rapporti interpersonali.
1.3.3 Azioni e Scenario di Piano.
Secondo quanto richiamato agli Atti di Indirizzo, art. 50, lettera e) i perimetri dei centri storici riproposti
in cartografia e cui si è fatto riferimento in fase di valutazione, derivano dai perimetri forniti dalla
Regione Veneto, pubblicati, come già accennato, nell’Atlante dei Centri Storici.
Alcuni centri non risultano in cartografia in quanto non perimetrati; questi, nel numero complessivo di
103, sono stati segnalati in un apposito elenco riportato in Appendice 1.
I perimetri dei C.S. (centri storici), come definito dalle indicazioni fornite negli Atti di Indirizzo, potranno
essere modificati solo se la modifica viene supportata da una adeguata analisi storica.
Tale analisi era impossibile da svolgere in fase di redazione del PTCP. Infatti, non esistono banche dati di
tale materia presso gli archivi comunali o provinciali e la ricerca bibliografica e documentale necessaria
alla redazione di una base storica documentale tale da poter supportare eventuali successive scelte
avrebbe portato via anni di lavoro. Inoltre, è sembrato anche più corretto rimettere nelle mani dei singoli
comuni la ricerca sul proprio territorio, ricerca che dovrà essere svolta propedeuticamente alla formazione
dei PAT o, - qualora essi fossero già stati redatti, - successivamente, con obbligo degli stessi di recepire
quelle variazioni necessarie e recepire, inoltre, le informazioni utili alla pianificazione e gestione del
centro storico stesso. Le informazioni derivanti da tali analisi, infatti, potrebbero portare anche ad una
variazione della valutazione stessa che è stata data del C.S. (vedi scheda di valutazione, al punto 4.1).
Il livello dei centri storici è stato determinato mediante la formazione di una graduatoria studiata per
segnalarli in funzione del loro valore storico-architettonico (vedi Atti di indirizzo art. 50 –lettera e)
PTCP).
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
51
LIVELLO 1 NOTEVOLE IMPORTANZA
LIVELLO 2 GRANDE INTERESSE
LIVELLO 3 MEDIO INTERESSE2
A fronte della graduatoria proposta, sono risultati essere centri di primo livello, ovvero di Notevole
Importanza i seguenti3:
1 Conegliano
2 Treviso
3 Asolo
4 Serravalle (Vittorio Veneto)
5 Castelfranco V.to
6 Cison di Valmarino
7 Oderzo
8 Follina
9 Castello S. Salvatore (Susegana)
10 Revine (Revine Lago)
11 Portobuffole'
La definizione della tabella di classificazione dei C.S. si è basata sulla verifica dell’esistenza di una serie di
parametri qualitativi, quali:
• DENSITA’ DELLE PERMANENZE STORICHE.
• ESTENSIONE DELL’EDIFICATO STORICO CON COMPRESENZA DI EMERGENZE.
• RICONOSCIBILITA’ DELL’IMPIANTO STORICO.
• STATO DI CONSERVAZIONE DEL CENTRO STORICO.
• CONTESTO PAESAGGISTICO-AMBIENTALE4.
In fase di studio, poiché in alcuni casi la graduatoria non sembrava rispondere alle impressioni che gli
estensori stessi avevano del territorio, si è tentato di introdurre altri parametri, anche di carattere quantitativo,
per verificare se essi avrebbero modificato le posizioni della graduatoria di merito.
Uno di tali parametri è stato proprio l’ESTENSIONE in km quadrati (area) del centro storico.
2 Vedi punto 1.4.1 Soglie di punteggio per la determinazione dei 3 livelli dei Centri Storici. 3 La Graduatoria Finale ordinata per punteggio recante tutti i centri storici della Provincia si trova in appendice 2; in appendice 3
vi è l’Elenco Ordinato per comune in ordine alfabetico e con punteggio. 4 Vedi punto 1.4.2 Criteri per: i Centri Storici.
52
Si è visto, tuttavia, che questo dato non correggeva in alcun modo la graduatoria, anzi la sbilanciava e,
pertanto, è stato eliminato.
Grazie alla informatizzazione eseguita sui dati forniti dalle singole amministrazioni comunali, a questi
parametri si va ad aggiungere la voce NUMERO DI IMMOBILI DI INTERESSE.
Con questa dicitura sono state registrate le presenze di edifici sottoposti a grado di protezione di primo e
secondo livello nonché le ville. Il punteggio è stato assegnato in base al numero di presenze, ovvero una
presenza più consistente di fabbricati coperti con grado di protezione 1 e 2 determinerà un indirizzo
normativo di tipo differente rispetto ai C.S. privi di esempi di valore storico-architettonico.
La possibilità di individuare e contare il numero di edifici con grado di protezione 1 e 2 consente una
migliore valutazione, più dettagliata, caso per caso, del centro storico.
Questo tipo di conoscenza del tessuto edilizio storico offre l’opportunità, inoltre, di giungere alla
definizione di una normativa di livello più generale che contempli tutti gli interventi che coinvolgono il
C.S. e che li gradui anche in funzione del livello di importanza storico–cultuale del centro.
Allo stato attuale, tuttavia, tale graduatoria dovrà essere certamente considerata temporanea, in quanto
essa deriva dal recepimento dei dati forniti dai comuni e formulati dagli stessi sulla base di valutazioni
che seguono criteri non comparabili tra loro.
Nel corso del lavoro difficoltà nella graduazione dei livelli di importanza dei centri storici si è incontrata
proprio in virtù dell’assegnazione dei livelli di protezione data ai vari fabbricati.
Spessissimo ci si è trovati in presenza di immobili vincolati privi di grado di protezione, oppure di
valutazioni assolutamente non comparabili perchè le une troppo restrittive, le altre troppo permissive.
Allo stesso tempo si è verificato che anche la completezza ed esaustività dei livelli di ricerca e
determinazione dei gradi di protezione influisce sulla graduatoria. Ovvero vi sono centri storici di grande
importanza e densamente popolati di edificato di grande interesse e qualità che, per carenza di
segnalazioni e schedatura scendono di parecchi posti nella graduatoria complessiva.
Altri centri minori che, invece, hanno redatto il proprio strumento urbanistico con maggiore meticolosità,
salgono fino ai primi posti della classifica.
Non secondario il caso di centri storici che presentavano una quantità di edifici segnalati ed un’estensione
del centro significativa, tali da non permettere la digitalizzazione puntuale di ciascun fabbricato per
problemi di sovrapposizione dei dati, (vedi ad es. Asolo, Treviso, Conegliano, Ceneda e Serravalle di
Vittorio Veneto, Segusino, Lago di Revine e Revine centro).
In Appendice 4 al presente documento si trovano riportati i Criteri per la Classificazione dei Centri Storici
e le relative soglie di punteggio.5
Una tale eterogeneità di condizioni, oltre ad aver reso difficile l’analisi dello stato di fatto, ha comunque
sottolineato la presenza di parametri di riferimento del tutto liberi e variabili da amministrazione ad
5 Altresì si riportano in appendice 4 e 5 le Schede di Valutazione dei centri storici di Notevole Importanza e Grande Interesse,
ovvero di grado 1 e 2 .
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
53
amministrazione che, complessivamente, non conducono ad una politica di gestione territoriale omogenea
ed incisiva sul territorio.
Per questo motivo, il PTCP fornisce ai comuni sia le matrici delle schede tipo di catalogo6 da adottare per
le schedature, al fine di ottenere un linguaggio univoco, sia le schede tipo di valutazione7 che in seguito si
potranno utilizzare per correggere/verificare i punteggi che sono stati assegnati al centro storico, alla luce
dei nuovi parametri che dovessero pervenire.
La graduatoria di prima formazione potrà, quindi, essere rivista in virtù dei dati emergenti dalle analisi di
carattere storico-architettonico propedeutiche ai PAT8 che ciascun Comune avrà l’obbligo di trasmettere
in copia all’Ente Provinciale, il quale valuterà l’opportunità di una variazione di livello in funzione dei
dati inseriti nella matrice di calcolo della scheda di valutazione che verrà allegata in appendice.
In questo modo, i centri storici dell’intero territorio provinciale verranno resi paragonabili e le loro
valutazioni risulteranno omogenee, con l’indubbio vantaggio che la politica urbanistica dell’intero
comprensorio trevigiano comincerà ad essere maggiormente armonica e coordinata, conseguendo esiti
finora insperati.
Nel contempo, l’organizzazione urbanistico–normativa prospettata avrebbe degli effetti positivi per
caduta anche nei confronti dei liberi professionisti del settore (ingegneri, geometri, architetti etc.) in
quanto la razionalizzazione degli apparati tecnico-normativi potrebbe sicuramente agevolare il
professionista operante anche al di fuori del territorio comunale.
In ogni caso, al fine di consentire ai professionisti di poter lavorare – anche in ambito di interventi di
nuova costruzione - con parametri di riferimento precisi in tutti i comuni senza dover ricercare il
significato o l’interpretazione di termini quali, ad es. ‘loggia’, portico, patio, sbalzo, sporto, linea di
gronda, volume netto o lordo e del relativo modo per calcolarne le superfici nette, lorde, calpestabili, i
volumi le altezze medie, massime, le altezze dei fronti, etc., sarà studiata una normativa generale di
riferimento.
Infine, sarà connessa al livello di importanza di ciascun centro una parte della normativa tecnica.
I Comuni in fase di PAT9 avranno l’obbligo del recepimento di tale strumento.
Ciascun PAT dovrà essere dotato di adeguata analisi di carattere storico-architettonico i cui risultati
dovranno essere trasmessi in copia all’Ente Provinciale.
6 Vedi scheda al punto 4.2.1 Scheda di Catalogo Fabbricati. 7 Vedi punto 4.1 Scheda di valutazione dei Centri Storici. 8 Gli interventi non devono mirare alla “museificazione” del manufatto, bensì al mantenimento della testimonianza storica che
esso può dare di se stesso consentendone il perpetuarsi della vita utile.
Saranno consentiti pertanto gli interventi necessari agli adeguamenti impiantistici in genere, compresa la costruzione di annessi
deputati a tale scopo, purchè la loro realizzazione non comprometta parti dell’edificio stesso.
E’ previsto il mantenimento della destinazione d’uso storico, per quanto possibile o similare-compatibile con quella originaria. 9 Per i Comuni che alla data di entrata in vigore del PTCP avessero già provveduto alla formazione del proprio PAT, è dato
tempo di 120gg per provvedere al deposito c/o Ente Provinciale dei documenti recanti il recepimento/adeguamento.
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Più precisamente, a corredo di tutti i PAT10 dovranno risultare:
• Indagine di carattere storico-documentale-archivistico.
• Relazione storica che evidenzi le fasi evolutive del C.S.
• Planimetria con evidenziati i periodi storico-evolutivi fondamentali.
• Indicazione di livello grafico dei fabbricati più antichi presenti ancora oggi.
• Copie dei catasti storici. (Napoleonico, Austriaco, Austro-Italiano)
• Schedatura dei fabbricati. (Vedi scheda al punto 4.2.1)
• Documentazione fotografica.
• Segnalazione di immobili abbandonati ed in crollo.
Il PTCP prevede tra le azioni di piano:
1. Realizzazione di schedature organiche dell’edificato.11
Esse dovrebbero essere realizzate mediante raccolta complessiva dei dati relativi ai
fabbricati e finalizzate ad un migliore utilizzo del patrimonio edilizio sia in termini logistici
e qualitativi, sia in senso di gestione e salvaguardia del valore culturale e storico collettivo
che essi ingenerano con la loro stessa presenza nel centro.
2. Tale operazione dovrebbe coinvolgere diversi enti e amministrazioni che, collaborando, fondano i
propri archivi coordinandoli in unico ‘data base’ messo in rete e accessibile a ciascuno mediante
‘password’. Questo tipo di banca dati renderebbe molto più agevole la gestione ed il controllo
dell’attività edilizia agli uffici tecnici, snellendo talune procedure; inoltre, potrebbe rivelarsi
indubbiamente necessaria per il futuro, ai fini di una corretta gestione delle risorse rappresentate
dall’edificato storico e non e, come tale, dovrà essere affidata a tecnici di provata esperienza che
potrebbero in questo caso non appartenere esclusivamente alla categoria degli urbanisti e dei
pianificatori.
3. Il PTCP fornisce una proposta della scheda tipo per la catalogazione. Tale proposta potrebbe essere
resa subito operativa dall’Ente Provinciale, che ne fornirà copia agli uffici tecnici dei singoli comuni
che la utilizzeranno per la redazione degli studi preliminari alla formazione dei vari PAT. Mediante
l’utilizzo di tale scheda e dei relativi indirizzi per la valutazione dei fabbricati i comuni dovrebbero
giungere alla determinazione di ipotesi e considerazioni sull’edificato congruenti sull’intero territorio
provinciale.
4. Conferimento degli incarichi di analisi dello stato di fatto a tecnici specializzati.
10 Per i Comuni che alla data di entrata in vigore del PTCP avessero già provveduto alla formazione del proprio PAT, è dato
tempo di 120gg per provvedere al deposito c/o Ente Provinciale dei documenti recanti il recepimento/adeguamento.
11 Vedi scheda tipo di catalogo, paragrafo 4.2.1
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
55
Troppo spesso le schedature vengono affidate a professionisti che si occupano solo marginalmente
del settore e più spesso subappaltate a studenti o neolaureati che non dispongono ancora delle
cognizioni sufficienti ad individuare le caratteristiche, anche solo formali, oltre che storiche e
costruttive, dei fabbricati.
5. Definizione univoca dei gradi di protezione da recepirsi all’interno di tutti i PAT provinciali. La
determinazione del ‘grado di protezione’, ovvero la sua definizione in senso assoluto al fine di
coordinare il linguaggio degli interventi sull’intero territorio provinciale, avrebbe degli indubbi
risvolti positivi sulla gestione urbanistica ed edilizia complessiva del territorio. L’individuazione dei
criteri sottesi alla definizione dei gradi di protezione dovrebbe spettare all’Ente Provinciale che,
mediante lo strumento di coordinamento PTCP propone un nuovo linguaggio per tutte le
amministrazioni locali ai fini del coordinamento generale della gestione del territorio dal punto di
vista edilizio. I comuni, in fase di formazione dei singoli PAT sono tenuti all’adozione dei nuovi
criteri di gestione degli interventi sui fabbricati adottando le indicazioni di intervento connesse ai
singoli gradi di protezione
6. Determinazione del valore storico architettonico e testimoniale del fabbricato, del suo stato di
conservazione.
7. Assegnazione dei gradi di protezione dei fabbricati, sulla base di un elenco di parametri univoci di
valutazione, valido per tutti i comuni della provincia. La definizione di parametri standard di
valutazione o di criteri codificati il più possibile, sulla base dei quali deve avvenire l’assegnazione dei
gradi di protezione dei singoli fabbricati consentirebbe la realizzazione di un linguaggio comune a
tutte le amministrazioni e la possibilità all’Ente superiore di determinare via, via delle politiche di
intervento più omogenee e coordinate sulla base dei dati emergenti da cartografie e data base che
sono proposti in forma digitale dal PTCP stesso. I parametri di valutazione potrebbero vertere su
caratteristiche architettoniche/ tecnologiche/ estetiche; basarsi sulla presenza di tracce storiche,
dettagli costruttivi e particolari che vengono segnalati dallo schedatore in fase di analisi dell’edificato.
8. Determinazione di linee di indirizzo da integrare alle norme di R.E. e da recepirsi in fase di
formazione dei PAT . Tali indicazioni saranno inerenti l’uso di colori, intonaci, materiali,
granulometrie, finiture di scuri e serramenti, materiali di copertura, tipologie di camini, uso di pietre
per marciapiedi/davanzali e soglie, insegne e apparati decorativi in genere, poggioli e pavimentazioni
di aree urbane, arredo urbano, spazi verdi, aree da destinarsi per il deposito temporaneo dei rifiuti
solidi urbani, (collocazione e mascheramento; inserimento nel contesto).
9. Determinazione di linee di indirizzo da integrare alle Norme di Piano e da recepirsi in fase di
formazione dei PAT. Dallo studio e dalla valutazione dei centri storici è derivata la classificazione
degli stessi sulla base del notevole, grande e medio interesse. Poiché tale valutazione rispecchia la
qualità culturale intrinseca del centro sembra abbastanza immediato il fatto che anche la normativa di
piano dovrebbe avere un rimando diretto con tale classificazione del centro, ovvero tenere presente
56
della ‘categoria’ del nucleo per indirizzare i livelli degli interventi edilizi con maggiore coerenza di
quanto non si riesca a fare ora. 12
Quindi, alla graduatoria del centro urbano dovrebbe corrispondere una graduatoria di azioni edilizie
consentite o meno già dalla normativa di piano. Spesso, all’interno dei centri storici, vi sono edifici di
pregio che nel loro complesso contribuiscono a formare l’aspetto tipico, testimoniale della cultura,
(angoli o punti di vista caratteristici ma privi di valore estrinseco).
10. E’ proprio per salvaguardare l’aspetto complessivo del nucleo edilizio rurale tipico, oltrechè dei
singoli manufatti di alto livello qualitativo, che è necessario introdurre indicazioni precise
all’interno delle norme urbanistiche per razionalizzare e unificare anche le tipologie degli
interventi ammissibili e dei gradi di protezione da assegnarsi ai fabbricati. 13
11. Inserimento nelle normative di piano di misure di disincentivazione, anche di carattere economico
(sovrattasse), per scoraggiare l’abbandono dei fabbricati
12. Uso di misure di disincentivazione graduate in funzione del pregio del fabbricato in stato di
abbandono e decadimento.
13. Inserimento nelle normative di piano di misure di disincentivazione, anche di carattere economico
(sovrattasse), per invogliare allo spostamento delle attività fuori zona.
14. Maggiore valorizzazione della risorsa turistico- culturale rappresentata dai centri storici di antica
formazione. La connaturazione paesaggistica dei borghi rurali di antica formazione e la loro attrattiva
dal punto di vista ambientale, oltrechè culturale può essere trasformata in risorsa economica sia locale
che provinciale. Molto gioca per il raggiungimento di questo obiettivo il perseguimento degli obiettivi
di cui ai punti precedenti cui si debbono aggiungere altre azioni quali la promozione del turismo
locale.
15. Razionalizzazione del dispendio dei suoli, ovvero avvio di politiche urbanistiche condivise da più
amministrazioni comunali.
16. Razionalizzazione degli interventi di recupero del centro storico in funzione della ricostituzione di
‘polmoni’ verdi, ovvero parchi, per il centro cittadino nonché di spazi di aggregazione e di aree o
‘serbatoi’ di parcheggio.
17. Ricucitura della cintura periurbana al centro mediante percorsi alberati e ciclabili.
18. Incremento delle zone verdi e ombreggiate, dei punti di sosta e dei percorsi alberati all’interno
dell’ambito cittadino.
19. Realizzazione di collegamenti tra i vari percorsi ciclabili.
20. Inserimento nella progettazione degli spazi di aggregazione anche di spazi verdi dedicati ai più
piccoli e agli anziani.
12 Vedi anche appendice n°6 13 Vedi appendice 7
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
57
21. Miglioramento del servizio di pubblico trasporto ( percorsi, coincidenze, costi, frequenza delle
corse).
22. Azioni di informazione e istruzione finalizzate a colmare il gap culturale della committenza e/o
dell’utenza finale per innalzare la domanda di qualità urbana ed edilizia attuata con criteri
estetico-progettuali attuali.
23. Coinvolgimento di tutte le fasi in cui si sviluppa la filiera edile in modo da perseguire la qualità
urbana, edilizia e del paesaggio a livello di domanda-offerta, programmazione, normativa, gestione
delle risorse, realizzazione, mantenimento.
24. Superamento del concetto di legislazione di tipo esclusivamente prescrittivo, mediante integrazione
della stessa con norme di carattere prestazionale riferite all’edificato e agli spazi urbani, oltre che
con incentivi economici che invoglino la rapida e spontanea diffusione dei nuovi modelli
qualitativi.
25. Monitoraggio triennale dei dati rilevabili per verificare se le ipotesi di piano raggiungono gli
obiettivi prefissati.
Alcune di queste misure, a prima vista, potrebbero sembrare di carattere repressivo, tuttavia esse mirano
alla creazione di una maggiore coscienza e conoscenza del bene culturale centro storico, ai fini di una sua
maggiore salvaguardia, da attuarsi quando ancora ve ne siano le ragioni. E’ questa la finalità di sfruttare la
graduatoria proposta ai fini del governo edilizio del territorio con una corrispondente rigidità normativa
determinata dagli strumenti urbanistici stessi, cui si affiancano – per la salvaguardia dell’edificato di
pregio14 ai fini del mantenimento delle caratteristiche peculiari del centro – gli strumenti della schedatura
conoscitiva, della gestione informatica interattiva delle conoscenze, della gestione normativa delle
tipologie di intervento consentite sul tessuto urbano di centro storico, etc.
Tutte le azioni proposte possono contribuire al recupero e ad una migliore utilizzazione del suolo e del
territorio, riconducendo la gestione territoriale ad una situazione di equilibrio sostenibile e di qualità
diffusa.
1.4 CRITERI DI CLASSIFICAZIONE
1.4.1 Soglie di punteggio per la determinazione dei 3 livelli dei C.S.
LIVELLO 1 NOTEVOLE IMPORTANZA con punteggio < 6 >= 4.5
LIVELLO 2 GRANDE INTERESSE con punteggio < 4.5 >= 3.5
LIVELLO 3 MEDIO INTERESSE con punteggio < 3.5
14 (per edificato di pregio intendesi sia di interesse storico - artistico, che di solo valore testimoniale – paesaggistico; ovvero sia il
monumento che il fabbricato rurale tipico)
58
1.4.2 Criteri per: Centri Storici
La definizione della tabella di classificazione dei C.S. si è basata sulla verifica dell’esistenza di una serie
di parametri qualitativi, quali:
DENSITA’ DELLE PERMANENZE STORICHE.
Con questo parametro si è cercato di definire la qualità storica dell’edificato in funzione della
concentrazione di edifici di rilevante interesse storico all’interno del perimetro del centro. E’ stato tenuto
in considerazione tale dato e ne è stata graduata l’importanza assegnando un valore aritmetico a ciascun
gradiente. Ovvero:
Alta…...………………………………………….……………………………………………….....…. 1.00
Media………………………….....………………………………………….……………………......... 0.50
Bassa……………………………….…………………………………………………………........... …0.00
ESTENSIONE DELL’EDIFICATO STORICO CON COMPRESENZA DI EMERGENZE.
Il parametro tende a sottolineare la necessità di evidenziare quei casi in cui il centro storico, densamente
edificato e conservato, presenti notevole estensione e possegga anche importanti elementi architettonici di
rilievo quali chiese, teatri, musei, edifici pubblici, complessi monastici o religiosi di notevole interesse,
castelli, parchi storici e/o siti archeologici.
Ampia ……………………...………………….………………………………..…………..……....…. 1.00
Media……………………………..…………………………………………………………….........… 0.50
Bassa………………………………….……………………………………………………….........….. 0.00
RICONOSCIBILITA’ DELL’IMPIANTO STORICO.
E’ stato tenuto in considerazione questo aspetto, graduandone l’importanza sulla base delle tracce
urbanistiche e di impianto riconoscibili. Tali presenze sono state valutate in funzione della riconoscibilità
dei fattori ordinatori dell’assetto urbanistico, siano essi stati all’origine di carattere spontaneo o
progettuale. Il valore maggiore è stato assegnato al caso in cui sia evidente uno schema progettuale
originario d’impianto, mentre il valore minore è stato assegnato alle situazioni di crescita spontanea
intorno ad un fattore morfologico.
Impianto progettuale originario riconoscibile………….……….………………..............……………. 1.00
Impianto spontaneo originario riconoscibile……...….………………………..…………….........…….0.50
Impianto non riconoscibile…………….………….…………………………..…………….........……..0.00
STATO DI CONSERVAZIONE DEL CENTRO STORICO.
Con il parametro ‘stato di conservazione del centro storico’ si è inteso valutare il grado di conservazione
dell’insieme dell’edificato storico che compone il centro; esso è stato parametrato come segue:
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
59
Ottimo……………………………………………….………………………………………………. ....1.00
Buono...……………………….....………………………………………….…………………… ..........0.65
Discreto……………………………….…………………………………………………………............0.35
Cattivo...…………………….……..……………………………………………………………............ 0.00
CONTESTO PAESAGGISTICO-AMBIENTALE.
Il parametro è teso a definire una valutazione dell’inserimento del centro storico in un contesto
paesaggistico-ambientale in modo così armonico, tale da risultare di grande effetto figurativo, quasi
coreografico; ovvero, quando l’insieme di edificato storico e di paesaggio portano ad una valorizzazione
contemporanea dell’ambiente e del sito.
Di notevole qualità………………………………….………………………………………………...... 1.00
Di buona qualità...…………….....………………………………………….…………………….......... 0.50
Di bassa qualità ……………………………………………………………………………….. .........…0.00
NUMERO DI IMMOBILI DI INTERESSE (edif. censiti con gradi 1 e 2 e ville).
Con questa dicitura sono state registrate le presenze di edifici sottoposti a grado di protezione di primo e
secondo livello nonché le ville. Il punteggio è stato assegnato in base al numero di presenze:
n° di presenze <=10….……………………………………………………………………….........…... 0.00
n° di presenze >10 < 40………....………………………………………….……………………......... 0.50
n° di presenze >=40……………………… ……………………………………………….. …......…1.00
Ovvero una presenza più consistente di fabbricati coperti con grado di protezione 1 e 2 determinerà un
indirizzo normativo di tipo differente rispetto ai C.S. privi di esempi di valore storico-architettonico.
60
2 VILLE VENETE, COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO
ARCHITETTONICO (edilizia rurale tipica, case padronali, ville,
archeologia industriale, siti archeologici, castelli e fortezze storiche)
2.1 VILLE VENETE
2.1.1 Stato di fatto_ Descrizione
Percorrendo il territorio della provincia di Treviso si noterà come esso sia fortemente variegato in
funzione delle situazioni geografiche e geomorfologiche che lo connotano. I limiti provinciali, infatti,
toccano sia le aree pianeggianti e acquitrinose, percorse da reti fluviali di notevole dimensione, vicine al
veneziano, sia i terreni montani limitrofi, estendendosi fino ai confini del Bellunese e superando le colline
per giungere alla sommità delle prime catene montuose del Grappa e del Tomba.
Ad una simile disomogeneità di territori corrisponde una notevole varietà di paesaggi e panorami, sia
naturali che edificati.
Allontanandosi dai fulcri cittadini, nell’areale pedemontano, caratterizzato dalle dolci colline su cui si
ergono centri importanti come Conegliano, Vittorio Veneto, Asolo, etc. e centri minori altrettanto
affascinanti quali Revine Lago, Cison, Follina, Possagno, come pure nella pianura sottostante e nella
bassa pianura, a ridosso delle zone fluviali e acquitrinose, si incontra una disseminazione di manufatti
architettonici più o meno caratterizzati dalla loro collocazione geografica, i quali a loro volta determinano
una forte connotazione del paesaggio circostante, rendendolo via, via caratteristico e inconfondibile.
Treviso è una delle provincie venete più ricche di episodi architettonici eclatanti, la maggior parte dei
quali è rappresentato dalla compagine delle Ville Venete.
Pur tuttavia, si incontrano anche numerosi episodi architettonici minori, consistenti nella disseminazione
di rustici e casolari di campagna fortemente connaturati con l’area agricola circostante, ovvero borghi
rurali pedemontani, piuttosto che alcuni esemplari di rocche e castelli che punteggiano le colline verso
nord, ovvero fenomeni di architettura protoindustriale di servizio - quali mulini, manifatture, segherie,
filande e fornaci -, che, se ancora integri, oggi divengono sempre più affascinanti e studiati.
La disseminazione di tali manufatti sul territorio e il paesaggio che ne viene determinato, è frutto di una
logica primordiale di tipo utilitaristico nella quale le tipologie architettoniche non dipendevano da meri
valori estetici, bensì dalla determinazione delle necessità e disponibilità d’uso di territorio e dallo
sfruttamento che se ne poteva e voleva fare.
Ossia, il fenomeno delle Ville Venete nasce in conseguenza all’espansione del dominio veneziano
nell’entroterra veneto e alla ricerca dei nobili veneziani di poter godere di possedimenti di campagna
strutturati per offrire la possibilità di ludici soggiorni vacanzieri e, nel contempo, la garanzia di nuovi
introiti dovuti allo sfruttamento terriero.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
61
I maggiori esempi delle Ville Venete presenti nel nostro territorio parlano di questo stretto rapporto tra la
costruzione della villa, dimora patrizia in quanto tale – e quindi ricca, fastosa, adorna di stucchi o di
affreschi, di terrazzi e di sculture, piuttosto che di esedre, fontane e oratori o chiesette familiari – e la
costruzione della tenuta circostante, che gravita quindi intorno alla stessa dimora che diviene, allora, casa
dominicale, fulcro dell’azienda agricola, insieme ai barchi o alle barchesse e ai vari annessi agricoli che la
fiancheggiano sostenendone l’esistenza.
Spesso, nei casi più fortunati, il parco della villa costeggiava un corso d’acqua, preferibilmente
navigabile perchè l’avrebbe resa ancor più prestigiosa in quanto da Venezia la si sarebbe potuta
raggiungere con merci e servitù direttamente dalla Laguna.
Fulgidi esempi di ville dominicali, ancora pressochè intatte, sono, ad esempio, Villa Lattes ad Istrana,
Villa Tiepolo-Passi a Carbonera, Villa Emo a Fanzolo, Villa Barbaro a Maser, dove ancor oggi è possibile
rintracciare nel territorio circostante il segno dell’organizzazione agricola della tenuta che gravitava alle
dipendenze della Villa e sulla quale essa tutt’oggi domina.
Questi stessi esempi chiariscono nel contempo anche la varietà tipologica che tali manufatti potevano
assumere.
Il fenomeno villa veneta, infatti, è frutto di un periodo storico che si trascina dai primi esempi di metà,
fine quattrocento, fino alla metà del 1800, portando con sé una conseguente varietà di espressioni
artistiche e architettoniche ancor oggi difficilmente classificabile con dati univoci.
In provincia lavorarono alla progettazione e costruzione di tali manufatti artisti e architetti di vario
calibro, ma anche maestri quali Tiepolo, Veronese, Marinali, Vittoria, Palladio, Massari e Preti, solo per
citarne alcuni.
Allo stato attuale una buona parte delle ville esistenti sul territorio è in stato di abbandono, infatti le
necessità connesse al loro mantenimento non sono poche e, soprattutto, hanno costi non indifferenti.
Le dimensioni abitative spesso ne impediscono l’utilizzo quotidiano ai fini residenziali.
Non sono molti i fabbricati che si sono salvati dall’abbandono grazie a soluzioni di recupero in uso con
cambio di destinazione, ovvero che sono stati restaurati e convertiti a fruizioni di carattere differente da
quello originario, deputati a luoghi di rappresentanza, di ricezione e ristoro come alberghi e ristoranti o
musei.
In altri casi, invece, la necessità del loro mantenimento in uso a scopo abitativo ha portato a soluzioni che
ne hanno compromessa l’immagine o la tipologia mediante interventi di adeguamento e frazionamento
che, succedutisi nel tempo, hanno trasformato l’edificio in multiproprietà.
Lo stesso dicasi dei pochi esempi di castelli e rocche che si incontrano dislocati per lo più sulle sommità
di colline in area pedemontana.
Nati con evidenti intenti difensivi, vennero col tempo per lo più riutilizzati come dimore signorili o
dominicali, - vedasi il Castello Brandolini a Cison di Valmarino o il Castello di San Salvatore a Susegana
-, ovvero abbandonati già in epoche remote (Rocca di Asolo).
62
Nelle zone di pianura, in aperta campagna, dove i campi, piatti e regolari per forma e pezzatura, sono
spartiti da cavini o fossi e filari di salici o di gelsi, si vedono dei casolari o rustici sparsi. Si tratta delle
originarie abitazioni dei contadini e/o dei fittavoli del fondo, di coloro che dovendo lavorare la terra
vivevano a stretto contatto con essa.
Questo genere di costruzioni, assai semplice sia per tipologia che per modalità costruttive, è il più diffuso
in aperta campagna e a volte si compone in forma di borgo comprendendo una porzione di edificio
destinato ad abitazione, una stalla e fienile, un barco per il ricovero degli attrezzi agricoli ed eventuali
annessi.
Mentre in pianura si tratta di episodi architettonici isolati (vedasi area opitergino-mottense, basso
trevigiano), nelle zone pedemontane, spesso, questo tipo di manufatti viene a raggrupparsi intorno ad una
corte agricola, con il risultato di formare dei piccoli borghi rurali caratterizzati soprattutto dal fatto di
potersi isolare rispetto all’esterno mediante la chiusura dell’unico grande varco di ingresso. Se ne trovano
diversi esempi in comuni collinari, nelle zone circostanti Vittorio Veneto, Conegliano, Pieve di Soligo,
Follina, Asolo. Si tratta per lo più di minuscoli complessi a corte o manufatti singoli di architettura
semplice e popolare, eretti con materiali tipici del luogo ( pietrame e sasso in collina e mattoni di argilla
cotta in pianura) che proprio per questo loro umile modo di essere, tuttavia, sono espressione della cultura
popolare locale e, in quanto tali, meritano di essere preservati dalla distruzione.
Percorrendo, infine, i lungo fiume o i corsi d’acqua, anche minori, si incontrano episodi molto interessanti
di archeologia industriale risalenti alla fine del XVIII- XIX secolo. E’ il caso ad esempio del ‘distretto
dei mulini’ sviluppatosi a ridosso del Fiume Meschio in Vittorio Veneto, o dei ‘mulini sul Ruio’ di Cison
di Valmarino, oppure dei complessi delle filande o delle fornaci che punteggiano le sponde del Sile, tutti
siti di archeologia industriale che fino ad ora non hanno trovato interessanti sbocchi per il loro riutilizzo
salvo qualche sporadico caso, come ad esempio l’Ex Fornace di Pagnano di Asolo, attuale sede della
Confartigianato. Essi, pertanto, risultano, nella quasi totalità dei casi, in stato di completo abbandono e
rischiano la demolizione, più facilmente che il riutilizzo, frutto anche della mancata conoscenza sia della
loro esistenza sul territorio, che della loro potenziale capacità di essere convertibili per altri usi.
2.1.2 Stato di Fatto_ Analisi
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ha, tra i suoi obiettivi, anche quello del 'salvataggio'
ovvero del recupero delle Ville Venete e dei complessi ed edifici di pregio architettonico.
Per quanto attiene al problema delle Ville Venete, nell'analizzare la situazione attuale sono state prese in
considerazione tutte le ville che rientrano nel novero di quelle catalogate dall'Istituto Regionale delle
Ville Venete, come previsto nel Documento Preliminare al punto 5.2.2.2 .
Tale catalogazione è un censimento di tutti quegli immobili o complessi architettonici che sono stati
riconosciuti avere le caratteristiche della 'villa veneta' dall’Ente Regionale; essi, in totale 768, risultano
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
63
inseriti nella pubblicazione “Ville Venete: la Provincia di Treviso” - edita nell'anno 2001 dall’Istituto
stesso in collaborazione con Marsilio.
La qualità architettonica dei manufatti censiti, la dimensione, l'età, la collocazione o l’ubicazione e lo
stato di conservazione, ovviamente, non sono risultati essere dati omogenei e la catalogazione fornita
dall’Istituto non ha discriminato gli edifici sulla base di tali caratteristiche.
Da ciò si desume che la compagine dei manufatti storici risulta essere molto eterogenea, variegata e
diversificata e, comunque, rappresentativa esattamente del vasto panorama delle tipologie e della qualità
architettonica esistenti sull'intero territorio provinciale.
Allo stesso tempo va detto che all’interno del Catalogo trovano posto differenti tipologie di fabbricati che
a volte non corrispondono esattamente all’idea della ‘villa’ in quanto tale.
Sono stati infatti inclusi edifici classificabili più intuitivamente come castelli, quali il Castello Brandolini
di Cison, il Castello di San Salvatore, edifici rurali, case padronali ed altri esempi di edilizia minore.
Alcune ville risultano essere interessate da vincolo ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. 42 del 2004, in quanto
riconosciute di particolare pregio architettonico dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Tale
disciplina di tutela, semplicisticamente definita di ‘vincolo monumentale’, in alcuni casi si è rivelata
fondamentale per la salvaguardia del manufatto, che di conseguenza è stato preservato da interventi
'scorretti', sia diretti che indiretti. Purtroppo però, le ville tutelate sono un numero piuttosto esiguo rispetto
all’intera compagine immobiliare e, quindi, la stragrande maggioranza ha visto sorti differenti.
Solo una minima parte delle ville trevigiane è oggi stabilmente utilizzata e, tra quelle che ancora godono
di questo privilegio, moltissime sono state convertite ad usi differenti dall'originario scopo abitativo. Usi
che, tuttavia, per quanto difformi dall’originale, ne hanno garantito il mantenimento ovvero il recupero.
La rimanente buona parte dei casi, invece, si trova in stato di abbandono, quando addirittura non siano
intervenuti fattori ulteriori di degrado non correlabili solo a danni atmosferici o a vetustà del manufatto,
bensì a danno umano.
Il primo fattore di rischio per tali fabbricati deriva dalla loro stessa dimensione e consistenza.
Effettivamente, le mutate condizioni di vita e le minori risorse economiche di cui mediamente si dispone
rendono una vera e propria impresa il continuare a mantenere un complesso architettonico di notevoli
dimensioni e qualità quale una villa veneta.
Spesso, l’impossibilità della gestione economica - ovvero del mantenimento e della manutenzione del
bene - costringe i proprietari alla chiusura o addirittura all’abbandono, se non al frazionamento e alla
vendita dell’intero compendio immobiliare.
I beni di questo genere in stato di completo oblio sono sicuramente un generoso numero, soprattutto
quando ai fattori precedentemente descritti si associano condizioni aggiuntive quali un’ubicazione
difficile, in luoghi non facilmente raggiungibili, lontani da centri abitati o località di un qualche interesse,
anche di tipo turistico.
Infatti, la collocazione strategica di una villa rispetto ad arterie di passaggio o nei pressi di centri storici a
volte ha determinato le condizioni minime indispensabili per poterla ricollocare sul mercato e per poterla
64
reimpiegare con esiti del tutto positivi. Questo dato statisticamente determina il secondo fattore di rischio
per tali beni.
Un terzo fattore è rappresentato dalla perdita delle radici storiche e fondative della loro presenza in un
luogo. E’ facilmente rilevabile che nella stragrande maggioranza dei casi tali abitazioni signorili e
nobiliari col tempo sono rimaste avulse dal contesto paesaggistico ed urbanistico-agrario circostante,
perdendo le proprie connotazioni d'uso originarie, causa l'abbandono dello sfruttamento agricolo delle
campagne o la radicale mutazione delle tecnologie colturali stesse.
Resi insignificanti il territorio agrario e la struttura agricola che stavano alla base dell'insediamento
dominicale, tali manufatti hanno perso la propria ragion d'essere divenendo dei veri e propri 'mausolei',
avulsi dal contesto circostante; conseguenza diretta ne è il fatto che le ville sono state ben presto chiuse,
prima per la maggior parte del tempo, infine, abbandonate.
In casi peggiori, oltre all'abbandono progressivo delle campagne e delle coltivazioni si è assistito al
contemporaneo accrescersi delle piccole realtà urbane contermini ed alla trasformazione dei centri
agricoli (o borghi rurali) in centri cittadini con conseguenti aumentate necessità di gestione urbana e del
territorio che hanno comportato via, via la formazione di tutte le reti infrastrutturali connesse : reti
fognarie e di scarico, nonché reti elettriche e di illuminazione pubblica, con relative tombinature di fossi e
cavini, allargamento di strade - fin prima di esclusivo uso agricolo-, apertura di nuovi assi viabilistici sia
di penetrazione che di zonizzazione per neoformate aree residenziali, commerciali ed industriali.
Un tale cambiamento del contesto urbanistico e paesaggistico, ovvero delle pertinenze agricole della villa,
non sempre è stato oggetto di oculate valutazioni di merito e di opportunità da parte dei pianificatori, con
il risultato che non è infrequente trovare casi di ville ‘intrappolate’ all’interno di zone industriali,
commerciali o residenziali di recente realizzazione, con la perdita totale del contesto pertinenziale
originario, nonché con grave detrimento del bene architettonico stesso. L’assenza di una adeguata
valutazione a monte della pianificazione delle aree contermini alle ville si è rivelato essere il più subdolo
dei fattori di rischio.
Conseguenza diretta di una situazione di questo tipo è, senza dubbio la perdita di valore, sia economico,
ma soprattutto turistico e culturale del complesso che, depauperato delle condizioni stesse che ne avevano
determinato la costruzione, si trova ad essere una sorta di cattedrale nel deserto quando addirittura le
situazioni al contorno non siano tanto gravi da determinarne la perdita dell’interesse architettonico e
culturale.
Non va sottovalutato, comunque, che a volte tali beni – quelli non sottoposti a vincolo di tutela -possono
essere oggetto di danneggiamento anche a causa di interventi poco consoni e accurati, operati da tecnici
incompetenti su quelle che dovrebbero essere le tipologie di intervento di settore, relative ad operazioni di
restauro conservativo o propositivo e non ad interventi di ristrutturazione edilizia vera e propria.
Non va dimenticato che le “ville venete” sono un fenomeno squisitamente regionale, presente in
larghissima misura nella nostra provincia, e che esse costituiscono - in quanto frutto della oramai
riconosciuta e largamente studiata ‘civiltà delle ville venete’- di per se stesse un patrimonio inestimabile
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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che potrebbe essere valorizzato maggiormente sia a livello comunale che provinciale per incentivare
indotti non sottovalutabili quali quello del turismo culturale, oramai diffuso in tutti i paesi d’Europa.
Proprio ripartendo da questo concetto di potenzialità del riuso e del recupero di tali emergenze
architettoniche il Piano Strategico ha indicato una serie di azioni finalizzate alla conoscenza
programmatica, alla definizione delle pertinenze storiche e alle modalità di recupero delle ville e del loro
inserimento in contesti culturali-turistici adeguati; tali azioni sono state riprese nel Documento
Preliminare del PTCP, nonché negli Atti di Indirizzo, in quanto la Provincia ritiene di voler investire in
mezzi e azioni in questo settore.
2.1.3 Criticita’
Sulla base di quanto sopra detto si evince, quindi, che i maggiori fattori di criticità per il sistema delle
ville venete sono rappresentati da situazioni quali:
1. Difficoltà da parte sia dei privati che delle pubbliche amministrazioni di sostenere i costi di
gestione e manutenzione di tali beni.
2. Mancanza di attenzione e ridotta conoscenza del valore intrinseco e potenziale delle ville
venete.
3. Scarsa cultura e sensibilità nei confronti delle ville venete negli interventi di restauro.
4. Scarsa attenzione alla presenza di ville, vincolate e non, in sede di pianificazione.
5. Disseminazione delle ville in località a volte difficilmente raggiungibili.
6. Mancanza di notorietà di tali beni o assenza di segnalazioni/tabellazioni di tipo turistico.
7. Totale assenza di identificazione del ‘bene culturale’ in quanto tale all’interno delle analisi
di stato di fatto del Piano e loro collocazione sul territorio.
8. Scarsa attenzione delle amministrazioni pubbliche alla valorizzazione delle risorse
‘culturali’ presenti sul territorio.
9. Mancanza di contributi o incentivi/sgravi fiscali a livello provinciale-locale per il recupero e
il restauro degli immobili di pregio individuati in fase di progettazione urbanistica.
10. Mancanza di politiche gestionali di incentivo e di sviluppo che invoglino alla salvaguardia e
alla valorizzazione del patrimonio edilizio minore sia ai fini privati che per scopi pubblici.
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2.2 BENI VINCOLATI, OVVERO COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO
ARCHITETTONICO
2.2.1 Stato di Fatto_ Analisi
Per quanto attiene i Beni Vincolati, ovvero i Complessi e gli Edifici di Pregio Architettonico va
specificato quanto segue.
Il livello di difficoltà di un’azione nei riguardi di tali beni cresce di fatto in maniera esponenziale.
Infatti, se per le Ville Venete si è riusciti a tabellare la localizzazione dei singoli oggetti architettonici,
ricollegandola ad una mappatura e ad un data base, per gli immobili vincolati, per quanto paradossale
possa sembrare, non esiste nulla di tutto ciò.
I monumenti presenti nelle tavole del PTCP sono stati digitalizzati per la prima volta come categoria
specifica e la loro presenza è funzionale solo alle segnalazioni eventualmente pervenute dal comune.
Infatti, nonostante un immobile vincolato sia soggetto ad una serie di controlli e monitorato dalle
competenti Soprintendenze, né queste nè il Ministero dispongono ad oggi di una mappatura oggettiva
relativa alla distribuzione e collocazione di tali beni sul territorio, con ovvie ed evidenti maggiori
difficoltà di gestione e di controllo.
Peraltro, pur esistendo un catalogo contenente dei dati di base, essi non sono sempre direttamente
correlabili alla situazione odierna di stato di fatto: vie e numeri civici possono risultare inservibili ai fini
dell’individuazione del fabbricato perché risalenti a vent’anni fa; lo stesso dicasi dei numeri di foglio e di
mappa con i quali il bene è stato catastalmente censito all’epoca del vincolo.
Questo stato di cose rende il riconoscimento e la predisposizione delle misure di salvaguardia in fase di
pianificazione per i manufatti monumentali un’impresa quasi impossibile.
Sebbene essi dovrebbero idealmente essere collocati ad un livello paritetico, se non superiore per
importanza, a quello attribuito alle Ville Venete, in quanto si tratta di fabbricati riconosciuti quali
‘monumenti di interesse nazionale’ e, quindi, sovraregionali e sovraprovinciali, in realtà non esistono
degli strumenti idonei a sostenere la loro tutela.
Per inciso va detto che, sebbene la L.R. 11/2004 preveda l’individuazione dei beni di interesse
provinciale, questo tipo di interesse (provinciale) potrebbe non coincidere con il tipo di interesse
(culturale) sul quale si basa la gestione di un vincolo di carattere nazionale ex D.Lgs. 42/2004.
In tutto, nella sola provincia di Treviso, secondo i dati presenti nell’archivio della Soprintendenza per i
Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Treviso, Belluno, Padova e Venezia, risultano
vincolati ben 2563 immobili di vario genere che contemplano edilizia rurale, case, chiese, palazzi,
castelli, rocche e ruderi, etc. aventi decreti di vincolo che risalgono fino al 1909, ovvero alla prima Legge
di tutela – la Legge 364 del 1909 – per la quale non era previsto alcun obbligo di trascrizione in
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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Conservatoria. Questo fatto spesso trae ulteriormente in inganno circa la possibilità o meno che l’edificio
sia soggetto a vincolo.
Per questo motivo è assolutamente necessario che le verifiche per determinare la presenza o meno di una
situazione di vincolo siano svolte passando esclusivamente tramite gli uffici della Soprintendenza
competente per territorio.
Tali verifiche dovrebbero essere predisposte a tappeto prima della stesura dello strumento urbanistico
comunale e i dati risultanti dovrebbero essere riportati sia su elenchi scritti che cartograficamente sulle
tavole di piano.
Proprio per la copiosità dei numeri relativi agli immobili ricadenti all’interno di questa categoria e per la
difficoltà che spesso si incontra nella loro stessa identificazione, quando i dati di cui si dispone risalgono
agli inizi del 1900, è stato impossibile pensare di colmare totalmente l’assenza dell’individuazione
cartografica in questa sede. Si è proceduto comunque alla digitalizzazione di tutti quei beni che sono stati
segnalati dalle singole amministrazioni comunali, ciascuna per il territorio di propria competenza, per le
sole parti di territorio al di fuori del perimetro del Centri Storici. I beni ricadenti all’interno sono già
inclusi nelle valutazioni del Centro Storico.
Per quanto riguarda invece i complessi e gli edifici di pregio architettonico (edilizia rurale tipica, case
padronali, ville, archeologia industriale, siti archeologici, castelli e fortezze storiche) l’individuazione
di ciascun bene si è basata inizialmente sull’analisi delle emergenze sottoposte a grado di protezione da
Piano Regolatore.
Pertanto, le segnalazioni dei fabbricati appartenenti a tale categoria derivano da quelle desunte dalle
analisi propedeutiche ai PRG e dalle relative schedature, oppure dalle segnalazioni pervenute dagli Uffici
Tecnici di ciascun comune, ovvero, in seconda battuta, dalla conoscenza diretta dell’estensore del piano
e/o da ricerche svolte autonomamente.
Spesso si tratta, infatti, di edifici o complessi totalmente sconosciuti al di fuori del territorio comunale,
noti solamente a livello locale, che non sono pubblicizzati né valorizzati in maniera adeguata e che
potrebbero tuttavia rappresentare una risorsa interessante all’interno della provincia.
I beni monitorati sono risultati indubbiamente di natura eterogenea sia per tipologia che per età e
localizzazione.
Alcuni di essi presentano un certo pregio in funzione della loro vetustà (es. castelli o siti archeologici);
altri rivestono maggiore interesse dal punto di vista tecnologico-testimoniale (es. archeologia industriale)
o dal punto di vista della peculiarità tipologica (es. edilizia rurale).
Nella maggior parte dei casi si tratta, comunque, di edifici o complessi di proprietà privata, attualmente in
stato di disuso o di abbandono e la cui scarsa conoscenza deriva sia dalla particolare ubicazione, - magari
all’interno di corti chiuse o in località esterne ai centri abitati -, sia dalla inadeguata importanza che fino
ad oggi è stata loro attribuita.
68
Si tratta in ogni caso di complessi o casi isolati la cui importanza storico-architettonica-paesaggistica e
testimoniale non è stata ancora adeguatamente valorizzata e che, invece, deve essere messa in luce per
poter sfruttare tutta la potenzialità che tali manufatti possono sviluppare anche in funzione di nuovi
percorsi turistici, paesaggistici, socioculturali, come previsto al punto 5.2.2.2 del Documento Preliminare
del PTCP.
La situazione sembra essere ancora peggiore nel caso si tratti di episodi di ‘archeologia industriale’.
Fino ad oggi, purtroppo, non sono molti i casi in cui anziché demolire si sia in presenza di interventi di
restauro o, almeno, di ristrutturazione. E’ solo di recente che si è cominciato a parlare di rivalutazione di
questi complessi di fine ottocento, inizio novecento.
La condizione odierna per molti di questi ex opifici, infatti, è ancora quella di essere considerati
solamente quali ‘attività produttive fuori zona’ e, come tali, da eliminare dal punto di vista produttivo ma,
troppo spesso, anche da eliminare dal punto di vista architettonico.
Pochi comuni e pochi progettisti e committenti finora sono stati in grado di riconoscere il fascino che una
struttura come una ex-filanda, un ex-liquorificio o un’ex-fornace possono rivelare una volta recuperati e
convertiti ad altri usi.
Il loro riutilizzo chiaramente porta con sé un certo novero di problemi, primo fra tutti la consistenza del
costo degli interventi e la difficoltà di trovare un nuovo utente per convertire la struttura ad una nuova
identità, fattori entrambi legati alla notevole estensione e volumetria che tali complessi normalmente
sviluppano.
Pur tuttavia, anche in questo caso è necessario sottolineare la scarsa conoscenza e attenzione che fino ad
ora sono state dedicate a tali strutture.
Non risulta disponibile allo stato attuale un censimento valido per rintracciare le medesime sul territorio
provinciale. Esiste un elenco un poco datato, eseguito dalla provincia stessa che, comunque, non ha
grande valore poiché molti dei fabbricati segnalati sono scomparsi per crollo o per demolizione, oppure
sono stati sottoposti ad interventi edilizi tanto consistenti e poco rispettosi del manufatto edilizio originale
da aver compromesso la leggibilità della primigenia struttura.
E’ per questo motivo che si è reso necessario un censimento di tutti gli immobili di archeologia
industriale della provincia che è stato svolto con i criteri e le metodologie di cui si dirà in seguito.
2.2.2 Criticita’
Il sistema ‘monumenti isolati’ presenta, quindi, numerosi fattori di criticità che derivano da:
1. Difficile identificazione e riconoscibilità di tali beni sul territorio, causa mancanza di una
banca dati aggiornata.
2. Inesistenza di dati analitici per una conoscenza approfondita dei beni (ricerche, schedature
che vadano a costituire una anagrafe del vincolato).
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ALLEGATO………………
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3. Conseguente mancata conoscenza diretta dei beni da parte degli uffici tecnici delle
pubbliche amministrazioni generata in parte anche dalla difficoltà di identificazione dei
beni tutelati.
4. Scarsa attenzione delle amministrazioni pubbliche alla valorizzazione delle risorse
‘culturali’ presenti sul territorio.
5. Mancanza di collaborazione alla tutela mediante segnalazione/individuazione di tali beni
all’interno delle strumentazioni di piano.
6. Assenza di segnalazioni o tabellazioni di tipo turistico.
7. Difficoltà da parte sia dei privati che delle pubbliche amministrazioni di sostenere i costi di
gestione e manutenzione di tali beni.
8. Assenza di strumenti normativi adeguati (di livello comunale), per tutelare il bene da
interventi edilizi scorretti.
9. Mancanza di politiche gestionali di incentivo e di sviluppo che invoglino alla salvaguardia e
alla valorizzazione del patrimonio edilizio minore sia ai fini privati che per scopi pubblici.
Per quanto riguarda invece i complessi e gli edifici di pregio architettonico (compresa l’archeologia
industriale) si rileva nello specifico quanto segue:
1. Mancanza di studi complessivi mirati che portino in luce l’importanza delle tecniche
costruttive tradizionali e delle tipologie di riferimento di livello provinciale, sottolineandone
il valore storico-testimoniale.
2. Assoluta mancanza di conoscenza delle emergenze architettoniche sia a livello locale che
provinciale.
3. Mancata valorizzazione di tali emergenze.
4. Mancanza di collaborazione alla tutela mediante segnalazione/individuazione di tali beni
all’interno delle strumentazioni di piano.
5. Assenza di strumenti normativi adeguati (di livello comunale), per tutelare il bene da
interventi edilizi scorretti.
6. Assenza diffusa di applicazione e studio di adeguate misure di salvaguardia (gradi di
protezione).
7. Mancanza di interesse culturale nei confronti dei manufatti storici che sono patrimonio
delle identità locali.
8. Scarsità di segnalazioni o tabellazioni di tipo turistico.
9. Mancanza di politiche gestionali mirate alla valorizzazione e sfruttamento di tali risorse del
patrimonio edilizio locale ai fini turistici.
10. Mancanza di sensibilizzazione dei privati nei confronti di questi beni di loro appartenenza.
11. Difficoltà da parte sia dei privati che delle pubbliche amministrazioni di sostenere i costi di
gestione e manutenzione di tali beni.
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12. Mancanza di politiche gestionali di incentivo e di sviluppo che invoglino alla salvaguardia e
alla valorizzazione del patrimonio edilizio minore.
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ALLEGATO………………
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2.3 VILLE VENETE, COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO ARCHITETTONICO
2.3.1 Scenario di Riferimento.
La salvaguardia del patrimonio edilizio storico, come è stato detto, passa soprattutto attraverso la
conoscenza della compagine degli immobili di pregio, siano essi Ville e monumenti oppure edilizia
minore (edilizia rurale tipica, case padronali, ville, archeologia industriale, siti archeologici, castelli e
fortezze storiche).
Lo stato dell’arte, descritto nei capitoli precedenti, non è dei migliori e la mancanza delle risorse
economiche a disposizione da investire nel campo della salvaguardia del patrimonio culturale e storico
del paese non lascia adito a grandi speranze.
Il fatto di non avere una normativa di riferimento omogenea, almeno a livello provinciale, di non poter
disporre di una base conoscitiva adeguata, di avere dei modelli di sviluppo urbanistico che agiscono a
prescindere dalle valenze storico-culturali presenti sul territorio, portano a supporre che si giungerà ben
presto alla decimazione del patrimonio esistente.
Poiché, come è già stato accennato, le “ville venete” sono un fenomeno squisitamente regionale, presente
in larghissima misura nella nostra provincia, e che esse costituiscono - in quanto frutto della oramai
riconosciuta e largamente studiata ‘civiltà delle ville venete’- di per se stesse un patrimonio inestimabile
che potrebbe essere valorizzato maggiormente sia a livello comunale che provinciale per incentivare
indotti non trascurabili quali quello del turismo culturale, oramai diffuso in tutti i paesi d’Europa, non
sembra ammissibile una proiezione in tal senso.
Lo stesso principio vale per gli edifici cosiddetti minori, rappresentati dalle ‘case padronali, fabbricati
rurali, archeologia industriale, etc.
Anch’essi, pur avendo un valore di carattere storico-architettonico più ridotto, rivestono un interesse dal
punto di vista storico-testimoniale, in quanto esempio delle radici e delle tradizioni popolari locali, dei
modi del fare del costruire.
La scomparsa di qualunque testimonianza architettonica del passato costituisce di per sé una grave perdita
per la storia e la cultura di un popolo e gioca a favore della standardizzazione, ovvero della crescita
urbanistica indistinta del territorio.
2.3.2 Azioni e Scenario di Piano.
Il Documento Preliminare del PTCP al punto 5.2.2.2. Ville Venete, Complessi e Edifici di pregio
architettonico indica che: ‘Nel PTCP dovranno essere evidenziati i complessi e gli edifici di pregio
architettonico (compresi quelli di edilizia rurale tipica, case padronali, ville, archeologia industriale, siti
archeologici, castelli e fortezze storiche) ritenuti di interesse provinciale, per i quali potrà essere
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proposta una normativa di valorizzazione e tutela (prevalente sulle norme dei PAT) nonché forme di
sostegno per incentivarne il recupero.’
…’ in funzione delle loro potenzialità effettuerà una classificazione che si baserà sulla:
1. localizzazione territoriale
2. qualità architettonica
3. possibilità di riutilizzo con altra destinazione d’uso
4. possibilità di integrazione all’interno di un percorso turistico, paesaggistico, socioculturale.
I complessi storici e gli edifici dovranno essere individuati con le relative pertinenze, che comprendono
sia gli edifici destinati in modo durevole a servizio e ad ornamento, sia le aree libere facenti parte del
compendio monumentale.’
…’Dovranno essere introdotte, inoltre, norme per salvaguardare il contesto figurativo in cui sono inseriti
gli edifici di pregio di interesse provinciale.’
Anche negli Atti di Indirizzo viene richiesta l’individuazione - da parte della Provincia - di un numero di
complessi ed edifici di pregio architettonico sulla base del loro ‘interesse provinciale, per i quali la stessa
potrà proporre una normativa di recupero, valorizzazione e tutela e forme di sostegno per incentivarne la
valorizzazione.’
Nella norma, tuttavia, non viene chiarito in maniera inequivocabile da cosa si evinca l’interesse
provinciale di un bene o cosa significhi ‘interesse provinciale’.
Ai fini della formazione di una graduatoria che potesse tenere dunque presenti i molteplici aspetti storico
– culturali, architettonici, urbanistici, estetici, paesaggistico-ambientali, si è cercato un metodo di
valutazione che fosse ripercorribile, basato sull’attribuzione di un punteggio.
E’ stata dunque studiata una scheda di valutazione sintetica analoga per le diverse categorie di edifici e
sulla base dei risultati ottenuti è stata determinata una soglia ammissibile, superata la quale l’immobile si
sarebbe potuto considerare di interesse provinciale15.
15 Vedi Scheda tipo di Valutazione Interesse Provinciale: Ville Venete al punto 4.2.2 e Complessi ed Edifici di Pregio
Architettonico al punto 4.2.3
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
73
2.4 CRITERI DI CLASSIFICAZIONE
2.4.1 Criteri per: Ville Venete.
Per quanto attiene alle Ville Venete, - presenti nel territorio trevigiano in numero di 786 -, la selezione è
stata organizzata pensando di gestire una griglia di parametri di qualificazione, ai quali, tranne il primo
(presenza o meno di vincolo), è stato attribuito un ‘valore’ con gradiente variabile crescente. La
sommatoria dei valori assegnati sulla base delle caratteristiche riscontrate ha determinato il punteggio
relativo ad ogni bene.
2.4.1.1 Parametri iniziali di Valutazione
I parametri di qualificazione scelti, anche attraverso il confronto con altri specialisti, sono stati così
determinati e definiti:
1. VINCOLO
2. EPOCA
3. AUTORE
4. PARCO
VINCOLO.
Se il bene in oggetto è stato vincolato con decreto del Ministero della Pubblica Istruzione secondo Legge
364/1909, art. 1, o Legge 1089/1939, art. 2, o con decreto del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali
secondo D.Lgs. 490/1999, art. 10, ovvero con decreto del Ministero dei Beni Culturali e Paesaggistici
secondo D.Lgs. 42/2004, art. 4.
Presenza di vincolo……………………………………………………………………………........…...1.00
Assenza di vincolo…………………………………………………………………………….........…...0.00
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EPOCA.
Nella catalogazione dell’IRVV sulle Ville Venete è sempre presente un codice di datazione del bene che
normalmente è relativo o all’epoca di costruzione (notizia certa) o all’epoca cui è ascrivibile il bene sulla
base dell’aspetto attuale (notizia presunta).
E’ stata tenuta in considerazione tale codifica e ne è stata graduata l’importanza assegnando un valore
aritmetico a ciascun gradiente. Più esattamente:
bene anteriore al , o appartenente al sec. XV……………………………………………..............……. 1.00
bene appartenente al sec. XVI………………………………………………………………........…… 0.75
bene appartenente ai sec. XVII- XVIII…………………………………………………….….............. 0.50
bene appartenente ai sec. XIX – XX………………………………………………………….........….. 0.25
AUTORE.
Nella catalogazione dell’IRVV sulle Ville Venete vi è un campo dedicato all’indicazione dell’autore,
certo o presunto, dell’immobile o del complesso.
E’ stato tenuto in considerazione tale dato e ne è stata graduata l’importanza assegnando un valore
aritmetico a ciascun gradiente. Il valore maggiore è stato assegnato al caso in cui sia certa l’attribuzione
dell’autore e che egli sia di larga fama, mentre il valore minore è stato assegnato alle attribuzioni presunte
e con nominativi privi di fama. Più esattamente:
autore certo e di grande fama………………….………………………………..…………….......……. 1.00
autore attribuito e di grande fama..………………………………………………………..........……… 0.75
autore certo privo di fama…………….………………………………………………….........……….. 0.50
autore attribuito privo di fama……..………………………………………………………….........….. 0.25
autore ignoto…….…………..……..………………………………………………………….........….. 0.00
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
75
Nel novero delle ville segnalate, una ulteriore discriminante introdotta per selezionare quelle di interesse
provinciale è stata la presenza o meno di parco. 16
PARCO
Tra le Ville segnalate, si è deciso di premiare con un incremento di punteggio quelle che ancora
conservano, in tutto o in parte, il proprio parco o un’area scoperta di notevole dimensione. Nella scheda è
stata inserita un’indicazione relativa anche all’estensione dell’area scoperta annessa alla Villa.
Presenza di parco ………………………………………………………………………….........………0,50
Assenza di parco …………………………………….………………………………………….........…0,00
Si è ritenuto opportuno prendere atto anche delle misure di protezione già attive su alcuni di questi
manufatti e presenti negli attuali Piani Regolatori Generali di ciascun comune, sotto forma di gradi di
protezione. Tale dato infatti identifica la volontà del Comune di preservare il bene in quanto esso,
evidentemente, viene già riconosciuto di un qualche interesse artistico, architettonico, storico o culturale
e, come tale, si è deciso di tutelarlo da interventi di tipo aggressivo o lesivo.
Sono stati considerati interessanti i gradi di protezione di 1° e 2° Livello, anche in relazione agli interventi
che, secondo normativa, sono normalmente concedibili - o non consentibili – su immobili coperti da tale
protezione.
Per grado di protezione di 1° livello si intende il massimo livello di protezione previsto e utilizzato dal
Comune. Questa specifica inerente il livello è necessaria proprio in funzione del fatto che si è rilevata una
forte disomogeneità delle informazioni fornite dai comuni.
Nel grado di protezione di 1° livello sono stati inclusi anche i fabbricati che presentano vincolo ai sensi
della Legge 364/1909, della Legge 1089/1939, del D.Lgs. 490/1999 o del D.Lgs. 42/2004, anche se ad
essi il Comune non avesse assegnato un grado di protezione specifico.
16 Dato estratto dalle analisi condotte in occasione dello studio dei corridoi ecologici, su base della Carta dell’Uso
dei Suoli
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Per grado di protezione 2° livello si intende il secondo livello di protezione previsto e utilizzato dal
Comune.
GRADO DI PROTEZIONE DA PRG
Grado di Protezione 1° Livello…...………………………………………………………..........………0,50
Grado di Protezione 2° Livello ………………………………………………………………............…0,25
Si è ritenuto opportuno prendere atto anche delle misure di protezione già attive su alcuni di questi
manufatti e presenti negli attuali Piani Regolatori Generali di ciascun comune, sotto forma di gradi di
protezione. Tale dato infatti identifica la volontà del Comune di preservare il bene in quanto esso,
evidentemente, viene già riconosciuto di un qualche interesse artistico, architettonico, storico o culturale
e, come tale, si è deciso di tutelarlo da interventi di tipo aggressivo o lesivo.
Sono stati considerati interessanti i GRADI DI PROTEZIONE DA PRG di 1° e 2° Livello, anche in
relazione agli interventi che, secondo normativa, sono normalmente concedibili - o non consentibili – su
immobili coperti da tale protezione.
Per grado di protezione di 1° livello si intende il massimo livello di protezione previsto e utilizzato dal
Comune. Questa specifica inerente il livello è necessaria proprio in funzione del fatto che si è rilevata una
forte disomogeneità delle informazioni fornite dai comuni.
Nel grado di protezione di 1° livello sono stati inclusi anche i fabbricati che presentano vincolo ai sensi
della Legge 364/1909, della Legge 1089/1939, del D.Lgs. 490/1999 o del D.Lgs. 42/2004, anche se ad
essi il Comune non avesse assegnato un grado di protezione specifico.
Per grado di protezione 2° livello si intende il secondo livello di protezione previsto e utilizzato dal
Comune.
2.4.1.2 Parametri integrativi di Valutazione
Il Documento Preliminare del PTCP proponeva anche alcuni eventuali ulteriori parametri che sono stati
ripresi in toto, parzialmente o esclusi, in funzione delle considerazioni di seguito esposte:
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
77
Localizzazione territoriale - Il parametro è stato considerato fuorviante rispetto ad una reale valutazione
qualitativa del bene, tale parametro non sembra introdurre elementi validi da imporre quale criterio di
valutazione e selezione applicabili ad una griglia di questo tipo. Vi sono beni isolati, piuttosto che
integrati in agglomerati urbani che possono essere interessanti egualmente proprio in funzione della loro
‘location’. (Vedi Barco della Regina Cornaro in confronto alla Torre Medievale Oliva sita nel centro
storico di Treviso).
Qualita’ architettonica - Presenza di parco, dimensione, tipologia, periodo storico. La presenza di parco
può risultare un parametro valevole solo per i casi di beni che sin dall’origine nascevano con parco, e non
per tutti i beni: il borgo rurale non potrà essere penalizzato per il fatto di essere privo di parco, come pure
la torre medievale che si trova in un centro storico.
Tale fattore è stato quindi considerato solo in relazione alle schede di valutazione strutturate per le ville.
Per tutti gli altri casi, la valutazione sarà fatta piuttosto, sul contesto in cui il bene è inserito, ovvero, se
esso ha mantenuto le caratteristiche originarie. Questo parametro risulta già contemplato nella voce
valore paesaggistico ambientale.
Il parametro dimensione del bene non può essere considerato elemento “qualitativo”; tale discriminante
non incide sulla qualità dell’oggetto: vi sono beni di piccola dimensione che otterranno valori maggiori di
altri di notevole dimensione in quanto privi di stato di conservazione e di contesto, nonché di vincolo.
Il fattore periodo storico è stato compreso nella voce epoca.
Per quanto riguarda la possibilità di riutilizzo con altra destinazione d’uso, sembra necessario sottolineare
che le varie ipotesi di riutilizzo non possano essere determinate a prescindere da delle valutazioni di
opportunità economica, urbanistica, nonché progettuale. Pertanto, si è ritenuto di integrare questa
valutazione al giudizio di carattere complessivo inerente la potenzialità turistica/ possibilita’ di
integrazione all’interno di un percorso turistico, paesaggistico, socio-culturale.
I dati delle emergenze selezionate potranno infatti essere interfacciati con quelli dei tracciati turistici già
esistenti al fine di determinarne le possibilità di integrazione.
Per quanto riguarda la scheda di valutazione degli immobili e complessi di pregio architettonico (edilizia
rurale tipica, case padronali, ville, archeologia industriale, siti archeologici, castelli e fortezze storiche)
essa doveva ricalcare i dati già evidenziati per il settore Ville.
Il lavoro di valutazione degli immobili di interesse provinciale, tuttavia, svolto con l’aiuto delle schede
fornite dai comuni, è risultato estremamente complesso a seguito della forte eterogeneità e scarsità delle
informazioni.
78
La scheda, nata con l’intenzione di valutare più aspetti di ciascuna costruzione, in fase istruttoria, con la
verifica e raccolta dei dati, ha evidenziato che la determinazione di alcuni dei parametri che dovevano
essere un caposaldo per la definizione dei valori assegnabili sarebbe stata impossibile in quanto i dati non
erano reperibili o, se forniti, sarebbero comunque stati del tutto disomogenei.
La graduatoria ottenuta penalizzava fortemente molti casi o, addirittura, interi comuni in funzione del
materiale messo a disposizione da ogni singola amministrazione.
Pertanto, si è cercato di adattare i criteri di valutazione in funzione delle informazioni pervenute, tarando
e rettificando la metodologia operativa sulla base degli strumenti fungibili e nel modo più consono al
corretto utilizzo delle fonti; in alcuni casi è stato impossibile mantenere il parametro come valido e,
pertanto, la scheda è stata considerata inutilizzabile.
Basti pensare che, se da un lato vi sono comuni che dispongono di una schedatura degli immobili tanto
diffusa da rendere dispersivo il lavoro proposto, dall’altro si incontrano episodi che non ne presentano
affatto o che si limitano a pochi esempi.
Si è riscontrata una forte discrasia anche nel rilevamento della presenza dei vincoli (ex lege 1089/97, ora
D.Lgs. 42/2004), tra quelli segnalati nell’Atlante delle Ville Venete e quelli effettivamente presenti
nell’archivio della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio competente per territorio.
Nell’inserire i dati pervenuti dai comuni è stata verificata una notevole eterogeneità nell’assegnazione dei
gradi di protezione dei fabbricati.
Si nota, spesso, la tendenza a non far corrispondere il grado di protezione 1 con il vincolo ai sensi del
D.Lgs. 42/2004. Immobili dichiarati di interesse storico-artistico ai sensi di un Decreto Legislativo e,
quindi, di interesse nazionale, non vengono protetti che con un grado 2 o 3.
Altro parametro non sempre disponibile è quello relativo all’epoca di costruzione dei fabbricati. Tale dato
è stato inserito, ovviamente, solo dove era esplicitato o dove era desumibile da mappe e catasti storici
allegati; chiaramente gli immobili che non disponevano di specifiche sono stati penalizzati
nell’assegnazione del punteggio.
I risultati di questa prima stesura della graduatoria avrebbero dovuto indicare le Ville di interesse
provinciale.
In alcuni casi si è verificato, tuttavia, anche a seguito dei sopralluoghi e delle verifiche sul campo, che
alcune Ville che a tavolino facilmente raggiungevano un punteggio idoneo all’ottenimento dell’interesse
provinciale, in realtà non avessero tutti i requisiti per essere considerate tali.
All’atto del sopralluogo, infatti, per alcune di queste si è riscontrato uno stato di fatto del complesso o
delle pertinenze, o di entrambi, così snaturato o compromesso da fattori esterni, tale da non consentire
l’assegnazione del gradiente di interesse provinciale.
In alcuni casi, pertanto, si è ritenuto necessario procedere al declassamento del complesso.
Le considerazioni sulle quali si è basato il declassamento sono tali:
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
79
1. Assenza di qualità architettonica ed estetica; (connessa a scarso valore architettonico-estetico o
alla perdita dell’aspetto originario a causa di ampliamenti/rimaneggiamenti es.: la Barchessa di
Villa Soranza a Castefranco)
2. Assenza di valore paesaggistico-ambientale; (compromissione e/o alterazione del contesto a
causa di interventi attigui poco consoni che hanno finito con il compromettere l’aspetto
d’insieme).
Si pensi a ville che hanno visto la costruzione di assi stradali che ne hanno tagliato il brolo spezzando la
campagna, poi convertita a lottizzazione o zone industriali cresciute a ridosso della proprietà. Casi di
complessi che sono stati soffocati all’interno dell’edificato, con costruzioni così a ridosso e così estranee
al contesto di villa tanto da non consentire alla villa stessa di essere più identificabile come ‘villa veneta’
o da comprometterne anche la godibilità visiva.
3. Assenza di potenzialità turistica, possibilità di integrazione all’interno di un percorso
turistico/paesaggistico/socio-culturale.
Questo è il caso di edifici che si trovano attualmente inseriti in zone o frazioni così dimesse e mal
edificate o con contesti assolutamente non pertinenti al concetto di villa da essere impensabili quale meta
turistica o soggetto di interesse pur all’interno di un percorso tendente ad altra mèta.
4. Assenza di valore storico-culturale/testimoniale.
Quando il bene, pur classificato quale ’villa’ già non corrisponde appieno alla definizione stessa e, inoltre,
ha anche perso qualsiasi valore storico e di testimonianza in quanto oggetto di interventi che lo hanno
modificato a tal punto da comprometterne l’identità.
Per converso, è stata necessaria a volte una rivalutazione di quelle ville che non hanno potuto raggiungere
la soglia stabilita perché penalizzate in funzione di alcuni parametri, quali il loro aspetto estetico17 o la
mancata individuazione dell’autore - attribuito o noto -, ma che, tuttavia, per le loro caratteristiche erano
innegabilmente interessanti.
Pertanto, si è provveduto ad operare dei ‘ripescaggi’ in considerazione della presenza:
1. Di importanti qualità architettoniche ed estetiche.
2. Notevole valore paesaggistico ed ambientale.
3. Della presenza di potenzialità turistica o della possibilità di integrazione all’interno di un
percorso turistico/paesaggistico/socio-culturale.
4. Dell’elevato valore storico-culturale/testimoniale.18
17 la datazione reperibile nel Catalogo già citato, spesso si riferisce all’aspetto consolidato del bene, che, in molti casi è frutto di
un ultimo rimaneggiamento o make-up. Pertanto beni di origine certamente seicentesca o cinquecentesca spesso vengono datati
all’ottocento in virtù di una presa d’atto stilistica. 18 Vedi al punto 4.2.2, scheda di valutazione Interesse Provinciale: Ville Venete
80
2.4.2 Criteri per: Complessi e gli Edifici di pregio architettonico.
Per quanto riguarda i Complessi e gli Edifici di pregio architettonico, ai fini della segnalazione del
livello provinciale sono stati esclusi dalla valutazione gli immobili ricompresi all’interno del centro
storico, ovvero facenti parte del tessuto edilizio storico costituito da edificato di cortina, eccettuate le
Ville Venete o qualche esempio eclatante (es.: Mura di Castelfranco, Castello di Conegliano ).
L’analisi relativa alla selezione dei monumenti isolati, edifici rurali, ville, case padronali e castelli,
sviluppata secondo una serie di parametri analoghi a quelli già visti per le Ville Venete, ha dato origine ad
una scheda di valutazione che di fatto non è stata utilizzata per carenza di banca dati. I paranetri di
riferimento sono:
VINCOLO. Se il bene in oggetto è stato vincolato con decreto del Ministero della Pubblica Istruzione
secondo Legge 364/1909, art. 1, o Legge 1089/1939, art. 2, o con decreto del Ministero dei Beni Culturali
e Ambientali secondo D.Lgs. 490/1999, art. 10, ovvero con decreto del Ministero dei Beni Culturali e
Paesaggistici secondo D.Lgs. 42/2004, art. 4, ossia se soggetto a Vincolo Paesaggistico secondo L.
1497/1939.
Presenza di Vincolo Monumentale……………………………………………………………............. 1.00
Presenza di Vincolo Paessaggistico ……………………………………………………………….…...0.50
Assenza di Vincolo…………………………………………………………………………….......…...0.00
EPOCA. Codifica del bene sulla base dell’epoca che normalmente è relativa all’anno o periodo di
costruzione (notizia certa) o all’epoca cui è ascrivibile il bene sulla base dell’aspetto attuale (notizia
presunta).
E’ stata tenuta in considerazione tale codifica e ne è stata graduata l’importanza assegnando un valore
aritmetico a ciascun gradiente. Più esattamente:
bene anteriore al , o appartenente al sec. XV……………………………………………….....…… ..... 1.00
bene appartenente al sec. XVI………………………………………………………………….........… 0.75
bene appartenente ai sec. XVII- XVIII…………………………………………………………............ 0.50
bene appartenente ai sec. XIX – XX…………………………………………………………..........….. 0.25
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
81
GRADO DI PROTEZIONE DA PRG. Per grado di protezione di 1° livello si intende il massimo livello
di protezione previsto e utilizzato dal Comune. Questa specifica inerente il livello è necessaria proprio in
funzione del fatto che si è rilevata una forte disomogeneità delle informazioni fornite dai comuni.
Nel grado di protezione di 1° livello sono stati inclusi anche i fabbricati che presentano vincolo ai sensi
della Legge 364/1909, della Legge 1089/1939, del D.Lgs. 490/1999 o del D.Lgs. 42/2004, anche se ad
essi il Comune non avesse assegnato un grado di protezione specifico.
Per grado di protezione 2° livello si intende il secondo livello di protezione previsto e utilizzato dal
Comune.
Grado di Protezione 1° Livello…...………………………………………………………..........………0,50
Grado di Protezione 2° Livello ………………………………………………………………............…0,25
INTERESSE TURISTICO-CULTURALE. Con questo parametro si è voluto identificare un livello di
interesse dal punto di vista turistico-culturale ai fini dell’attrazione che il bene può esercitare nei confronti
del turismo.
Molto interessante………………………………………………………………………………….....…1.00
Interessante…………………………………………………………………………………….........…..0.50
Interessante a livello locale………………………………………………………………….........…….0.00
STATO DI CONSERVAZIONE. Per stato di conservazione dell’immobile o del complesso in generale
non si è inteso indagare il livello di conservazione ovvero lo stato di recente restauro, bensì se l’immobile
o il complesso abbiano mantenuto inalterate le caratteristiche edilizie e compositive che ne determinano
l’importanza storico-architettonica, ovvero che interventi successivi non ne abbiano compromesso
l’integrità.
Lo stato di conservazione è stato parametrato come segue:
ottimo……………………………………………….………………………………….....……………. 1.00
buono………………………….....………………………………………….…………….........……… 0.65
82
discreto……………………………….……………………………………………………….........….. 0.35
cattivo……………………….……..……………………………………………………….........…….. 0.25
AMBITO O CONTESTO. Con il concetto di ambito o contesto si è inteso porre in evidenza quelle
situazioni di fortunata permanenza delle condizioni di assetto paesaggistico-storico-ambientale del
contesto del monumento o del bene, ovvero di coerenza tra il contesto e l’oggetto architettonico.
Poiché l’ipotesi del mantenimento del contesto originario, obiettivamente, è una circostanza assai rara, è
stato definito quale parametro accettabile anche il dato “contesto ambientale-paesaggistico’, qualora, pur
avendo esso perso le connotazioni storico-paesaggistiche originarie, tuttavia non risulti totalmente
snaturato, compromesso o incoerente.
Contesto storico riconoscibile………...…………….………………………………………………...... 1.00
Contesto ambientale paesaggistico armonico……………………………….………………….........… 0.65
Parziale assenza di contesto storico-paesaggistico………………………….………………….........… 0.35
Assenza di contesto storico-paesaggistico…………….…………………….……………….........…… 0.25
La scheda tipo di Valutazione dell’Interesse Provinciale dei Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico
viene quindi allegata al punto 4.2.3 quale utile strumento operativo per la formazione delle future
graduatorie di merito che saranno riviste sulla base dei dati che si potranno estrapolare dalla compilazione
delle schede tipo di catalogo.19
Ai fini delle graduatorie del PTCP sono stati valutati un certo numero di edifici o manufatti identificati
appartenenti alla categoria suddetta, mediante l’uso dei criteri con cui erano stati considerati i fattori di
merito e demerito sulla base dei quali sono stati operati i ripescaggi o le penalità da applicare alle Ville
Venete. Questi criteri che danno origine ad una scheda di valutazione semplificata sono:
1. LA QUALITÀ ARCHITETTONICA ED ESTETICA DEL FABBRICATO,
2. IL VALORE PAESAGGISTICO-AMBIENTALE,
3. LA POTENZIALITÀ TURISTICA/POSSIBILITÀ DI INTEGRAZIONE ALL’INTERNO DI
UN PERCORSO TURISTICO/PAESAGGISTICO/SOCIOCULTURALE
4. IL VALORE STORICO-CULTURALE/TESTIMONIALE.
QUALITÀ ARCHITETTONICA ED ESTETICA DEL FABBRICATO
19 Vedi Scheda tipo di Catalogo Fabbricati al punto 4.2.1
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
83
Con tale parametro è stata considerata la rilevanza qualitativa del costrutto architettonico sia da un punto
di vista estetico-compositivo, sia per il fatto che esso, per quanto semplice in alcuni casi, mantenesse un
certo rigore tipologico tale da far percepire subito all’osservatore di che tipo di manufatto di archeologia
industriale si trattasse. Ovvero, esemplificando, se si trattava di una filanda, per quanto semplice essa
potesse essere, che la sua interezza concorresse al fatto stesso che essa potesse manifestarsi riconoscibile
a colpo d’occhio come tale e che il suo stato conservativo permettesse la totale lettura dell’edificio.
VALORE PAESAGGISTICO-AMBIENTALE
Molti dei fabbricati in esame si trovavano in zone di grande valenza paesaggistica- ambientale; è stata
considerata la componente ambientale perché, spesso, alcuni elementi dell’ambiente sono coinvolti con la
struttura stessa dell’opificio in modo non scindibile aumentandone il valore e anche perché il dato
paesaggistico-ambientale doveva essere rilevato anche in funzione delle possibilità di integrazione
all’interno di percorsi turistici non solo finalizzati all’aspetto culturale. Si è osservato tale valore ogni
qualvolta che le peculiarità del paesaggio potevano aggiungere un valore complementare a quello
dell’edificio, anche se nel contempo questo parametro può penalizzare gli edifici presenti all’interno dei
centri abitati.
POTENZIALITÀ TURISTICA/POSSIBILITÀ DI INTEGRAZIONE ALL’INTERNO DI UN
PERCORSO TURISTICO/PAESAGGISTICO/SOCIOCULTURALE
La capacità o la possibilità di un bene di venire a far parte di un percorso ambientale, turistico, in quanto
collocato all’interno di un comprensorio di grande interesse sia culturale che paesaggistico, ovvero perché
vicino e molto ben collegato alle linee infrastrutturali principali, è stato considerato un requisito di
potenziale accrescimento del valore dell’immobile di archeologia industriale. Ovviamente, per converso,
il fatto di non essere facilmente visibile, accessibile, in prossimità di arterie stradali di una certa portata
hanno penalizzato la valutazione che si dava all’edificio.
Allo stesso tempo è stato considerato questo parametro anche come capacità del fabbricato di essere esso
stesso polo di attrazione per un percorso da costruirsi agganciandolo ad altri edifici di rilievo vicini.
Ovviamente se l’immobile aveva subito delle mutazioni tali da non essere più riconoscibile, ovvero se
esso è stato trasformato in abitazione o altro e privato delle sue connotazioni estetiche e compositive in
modo tale da non essere più riconoscibile dall’esterno all’osservatore è stato penalizzato perché non
potenzialmente interessante per il turista.
VALORE STORICO-CULTURALE/TESTIMONIALE
All’interno di questo parametro rientrano valutazioni in merito alla capacità dell’oggetto architettonico di
essere ancora un elemento di testimonianza evidente del tipo di attività ad esso correlata. Elementi validi
di testimonianza per un mulino, ad esempio, sono stati considerati la presenza della roggia e del salto
d’acqua, nonché della ruota; per una fornace la persistenza della ciminiera.. Allo stesso tempo sono state
84
esaminate le varie architetture anche da un punto di vista puramente storico-culturale per evidenziare
anche gli esemplari che potessero essere rilevati come testimonianze di carattere preminentemente
architettonico. In funzione di un interesse turistico anche la dimensione, ovvero la possibilità di un loro
riutilizzo per altro scopo (ricettivo, di ristorazione o altro) ha giocato nel bilancio complessivo.
Sono stati segnalati, quindi, degli edifici che possedessero almeno uno o più aspetti di quelli sopra
elencati tra quelli segnalati con le schede inventariali dai comuni.
In aggiunta, gli estensori del piano ne hanno introdotti altri, basandosi sulla propria conoscenza diretta.
In particolare, per quanto riguarda gli edifici rurali, quelli segnalati sono stati scelti in virtù di una serie di
caratteristiche tipologiche-formali che li rendono rappresentativi di una serie di ‘tipi’edilizi connaturati
con il paesaggio agrario trevigiano.
Le segnalazioni sono state costituite in parte, quindi, sulla considerazione del valore storico-architettonico
rivestito dal fabbricato stesso – valutato mediante un’apposita scheda di indagine semplificata - e in parte
sulla considerazione di aspetti quali quelli sopra evidenziati per il settore Ville Venete.20
Non sono stati considerati gli immobili che sono risultati compromessi a livello paesaggistico, ovvero
quando gli interventi contermini ne avessero snaturato in modo irrimediabile il contesto
compromettendone la vista d’insieme.
Va sottolineato che alcuni fabbricati che avrebbero potuto essere segnalati all’interno della presente
categoria si trovano indicati, al contrario, all’interno della categoria Ville Venete in quanto spesso accade
che in tale categoria – così come costituita dall’Istituto Regionale stesso - siano ricompresi edifici che non
necessariamente dovrebbero essere definiti come Ville Venete ma, piuttosto, come palazzetti, castelli,
case padronali o esempi di edilizia rurale, etc.. 21
Allo stesso modo, la categoria monumenti isolati, ovvero immobili vincolati ai sensi delle leggi 364/1909,
1089/1939, D.Lgs. 490/1999 e D.Lgs. 42/2004,comprende edifici di vario genere quali: ossari, abbazie,
chiese, monumenti ai caduti, ville, edifici rurali e ruderi.
20 Vedi Scheda tipo di Valutazione SEMPLIFICATA Interesse Provinciale: Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico al
punto 4.2.4. 21 Si propongono in appendice gli elenchi completi di:
appendice 8_ Ville Venete – Graduatoria finale ordinata per punteggio.
appendice 9_ Ville Venete – Elenco ordinato per comune con punteggio.
appendice 10_Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico - Graduatoria finale ordinata per punteggio.
appendice 11_Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico - Graduatoria finale ordinata per comune.
appendice 12_Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico – Elenco Manufatti rilevati dalla Provincia per valutazione
diretta e ricerca bibliografica.
appendice 13 Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico – Elenco Manufatti con valutazione semplificata.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
85
Vi sono alcuni casi di ville ed edifici o complessi di pregio architettonico che si troveranno
contestualizzati nella cartografia tematica in aggregazione ad altri beni della stessa tipologia. Si tratta,
nello specifico di pochi casi, quali:
Ville Venete
TV 362 con TV 345,
TV 20 con TV22,
TV 120 con TV124,
Complessi ed Edifici di pregio architettonico
79 con 80,
1198 con 1199,
1287 con 1288, 1289, 1290,
2018 con 2019.
Tali manufatti sono stati volutamente accorpati in funzione di situazioni quali:
• vicinanza dei soggetti con compresenza di omogeneità di condizioni, (es. villa con villa, torre con
torre , casone con casone);
• appartenenza di entrambi gli oggetti allo stesso contesto figurativo e/o alle stesse pertinenze;
• appartenenza di entrambi gli oggetti allo stesso complesso dal punto di vista storico e/o
architettonico.
2.4.3 Criteri per: Complessi e gli Edifici di pregio architettonico - Archeologia Industriale.
Gli atti di indirizzo prevedono l’inserimento anche di manufatti appartenenti alla categoria ‘archeologia
industriale’ all’interno dei Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico, mentre all’interno dell’analisi
condotta nel PTCP essi sono stati estrapolati e analizzati a parte.
Stante la situazione di scarsa conoscenza e di assenza di una base dati funzionale all’individuazione e al
riconoscimento dei fabbricati facenti parte di questa specifica categoria, gli immobili che sono stati
ricompresi all’interno delle tavole di analisi del PTCP derivano dalle segnalazioni pervenute da tutte le
amministrazioni locali della provincia, le quali hanno disposto appositi elenchi che sono stati recepiti e
vagliati mediante sopralluoghi puntuali su ciascun sito.
Tutti i punti sono stati inseriti in cartografia in prima battuta con un codice alfanumerico che li
identificava per comune e, contemporaneamente, sono state formate le schede di valutazione per la
verifica diretta sul territorio. Tali schede di valutazione sono le stesse utilizzate per i Complessi e gli
Edifici di Pregio Architettonico, ovvero la scheda semplificata riportata al punto 4.2.4.
86
Si è dato poi corso alla verifica di ciascun elemento di archeologia industriale segnalato, procedendo
contemporaneamente alla valutazione dello stato dell’immobile ai fini del suo inserimento all’interno
della graduatoria provinciale e alla predisposizione della documentazione fotografica.
Nel fare ciò si è valutata anche l’eliminazione di alcuni fabbricati dall’elenco, sulla base di valutazioni di
merito, quali ad esempio22:
• il fatto che esso potesse a buon diritto appartenere alla categoria degli immobili di archeologia
industriale; (ad esempio per tipologia ed età);
• che possedesse i requisiti tipologici. In alcuni casi sono stati segnalati edifici che potevano a
buon diritto essere inclusi tra i fabbricati rurali o tra le ville venete, ma non tra le archeologie
industriali;
• che il livello di conservazione fosse tale da consentirne ancora la lettura come oggetto di
architettura protoindustriale. Alcuni di questi fabbricati infatti, nel tempo, hanno subito
importanti modificazioni, la maggioranza per essere trasformati in abitazioni o per
l’aggiornamento stesso del settore produttivo cui appartenevano. Talvolta, le trasformazioni sono
state tanto consistenti da annullare i caratteri tipologici fondamentali dell’architettura,
deturpandola.
In qualche caso, invece, ci si è trovati di fronte a costruzioni isolate che non potevano essere considerate
in alcun modo dei manufatti architettonici, sebbene risalenti storicamente al periodo architettonico
indicato, come ad esempio le chiuse o chiaviche isolate (da non confondere con i sistemi di chiuse).
Infine, alcuni edifici sono stati rintracciati ma la loro condizione odierna è allo stato di rudere: per certi le
permanenze residue non consentivano la valutazione, per altri, ancora salvabili, si è proceduto alla
valutazione ed è stata inserita una segnalazione della precaria condizione in cui versano come nota nella
scheda.
Per altri fabbricati invece, date alcune condizioni ambientali al contorno, non è stato possibile proprio
procedere alla valutazione dell’oggetto stesso: spesso erano recintati e lontani dall’ingresso, quindi non
visibili né accessibili.
La valutazione complessiva, comunque, è stata imperniata intorno a quattro parametri principali, analoghi
a quelli utilizzati per le valutazioni degli immobili rurali, edifici storici, case padronali etc.
Questi quattro parametri sono:
1. LA QUALITÀ ARCHITETTONICA ED ESTETICA DEL FABBRICATO,
2. IL VALORE PAESAGGISTICO-AMBIENTALE,
22 L’analisi è stata ovviamente condotta dall’esterno dei fabbricati e, quindi prescinde dallo stato di conservazione interna degli
stessi, in quanto non era possibile ottenere l’accessibilità a tutti i beni individuati.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
87
3. LA POTENZIALITÀ TURISTICA/POSSIBILITÀ DI INTEGRAZIONE
ALL’INTERNO DI UN PERCORSO TURISTICO / PAESAGGISTICO /
SOCIOCULTURALE
4. IL VALORE STORICO-CULTURALE/TESTIMONIALE.
QUALITÀ ARCHITETTONICA ED ESTETICA DEL FABBRICATO
Con tale parametro è stata considerata la rilevanza qualitativa del costrutto architettonico sia da un punto
di vista estetico-compositivo, sia per il fatto che esso, per quanto semplice in alcuni casi, mantenesse un
certo rigore tipologico tale da far percepire subito all’osservatore di che tipo di manufatto di archeologia
industriale si trattasse. Ovvero, esemplificando, se si trattava di una filanda, per quanto semplice essa
potesse essere, che la sua interezza concorresse al fatto stesso che essa potesse manifestarsi riconoscibile
a colpo d’occhio come tale e che il suo stato conservativo permettesse la totale lettura dell’edificio.
VALORE PAESAGGISTICO-AMBIENTALE
Molti dei fabbricati in esame si trovavano in zone di grande valenza paesaggistica- ambientale; è stata
considerata la componente ambientale perché, spesso, alcuni elementi dell’ambiente sono coinvolti con la
struttura stessa dell’opificio in modo non scindibile aumentandone il valore e anche perché il dato
paesaggistico-ambientale doveva essere rilevato anche in funzione delle possibilità di integrazione
all’interno di percorsi turistici non solo finalizzati all’aspetto culturale. Si è osservato tale valore ogni
qualvolta che le peculiarità del paesaggio potevano aggiungere un valore complementare a quello
dell’edificio, anche se nel contempo questo parametro può penalizzare gli edifici presenti all’interno dei
centri abitati.
POTENZIALITÀ TURISTICA/POSSIBILITÀ DI INTEGRAZIONE ALL’INTERNO DI UN
PERCORSO TURISTICO/PAESAGGISTICO/SOCIOCULTURALE
La capacità o la possibilità di un bene di venire a far parte di un percorso ambientale, turistico, in quanto
collocato all’interno di un comprensorio di grande interesse sia culturale che paesaggistico, ovvero perché
vicino e molto ben collegato alle linee infrastrutturali principali, è stato considerato un requisito di
potenziale accrescimento del valore dell’immobile di archeologia industriale. Ovviamente, per converso,
il fatto di non essere facilmente visibile, accessibile, in prossimità di arterie stradali di una certa portata
hanno penalizzato la valutazione che si dava all’edificio.
Allo stesso tempo è stato considerato questo parametro anche come capacità del fabbricato di essere esso
stesso polo di attrazione per un percorso da costruirsi agganciandolo ad altri edifici di rilievo vicini.
Ovviamente se l’immobile aveva subito delle mutazioni tali da non essere più riconoscibile, ovvero se
esso è stato trasformato in abitazione o altro e privato delle sue connotazioni estetiche e compositive in
modo tale da non essere più riconoscibile dall’esterno all’osservatore è stato penalizzato perché non
potenzialmente interessante per il turista.
88
VALORE STORICO-CULTURALE/TESTIMONIALE
All’interno di questo parametro rientrano valutazioni in merito alla capacità dell’oggetto architettonico di
essere ancora un elemento di testimonianza evidente del tipo di attività ad esso correlata. Elementi validi
di testimonianza per un mulino, ad esempio, sono stati considerati la presenza della roggia e del salto
d’acqua, nonché della ruota; per una fornace la persistenza della ciminiera. Allo stesso tempo sono state
esaminate le varie architetture anche da un punto di vista puramente storico-culturale per evidenziare
anche gli esemplari che potessero essere rilevati come testimonianze di carattere preminentemente
architettonico. In funzione di un interesse turistico anche la dimensione, ovvero la possibilità di un loro
riutilizzo per altro scopo (ricettivo, di ristorazione o altro) ha giocato nel bilancio complessivo.23
Una volta ultimata la fase delle verifiche sul campo si è proceduto alla disamina dei dati raccolti e delle
considerazioni svolte formando la graduatoria finale e definendo l’interesse provinciale solo nei confronti
di quei complessi che avessero ottenuto il massimo del punteggio, ovvero il riconoscimento pieno di tutte
le caratteristiche sopradescritte e che fossero fortemente rappresentativi di una tipologia architettonica
industriale storica.
Su 406 tra immobili e siti segnalati dalle singole amministrazioni comunali, sono stati considerati
esaminabili 361 oggetti. A seguito della cernita eseguita sulla base dei parametri sopradescritti, sono
risultati di interesse provinciale 45 edifici di cui due, (Mulino Mandelli e Deposito Merci di Treviso) sono
stati considerati un unicum formante un complesso architettonico non scindibile.
23 La relativa Scheda tipo di Valutazione SEMPLIFICATA è visibile al punto 4.2.4
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
89
2.5 VILLE VENETE, COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO ARCHITETTONICO DI
INTERESSE PROVINCIALE
2.5.1 Immobili riconosciuti di interesse provinciale.
Sono risultati di interesse provinciale i seguenti immobili:
VILLE VENETE DI INTERESSE PROVINCIALE
1 TV 4 Barco "della Regina Cornaro" Altivole
2 TV 7 Torre "La Colombera" Altivole
3 TV 10 Villa Dalla Zonca Arcade
4 TV 20 Villa Contarini, Bragadin, Soranzo, detta "degli Armeni" Asolo
5 TV 21 Villa De Brandis, Scotti, Browning, Pasini Asolo
6 TV 22 Villa degli Armeni Asolo
7 TV 24 Villa Fietta Serena Asolo
8 TV 32 Castello Pretorio, detto "della Regina" Asolo
9 TV 33 Villa Rinaldi, Barbini Asolo
10 TV 39 Ca' Zen Asolo
11 TV 44 Villa Spineda, Dal Vesco, Suppiej Breda di Piave
12 TV 65 Villa Gradenigo, Pellegrini Carbonera
13 TV 69 Villa Tiepolo, Passi Carbonera
14 TV 71 Villa Valier Loredan, Stocco, Perocco Carbonera
15 TV 72
Villa Barbaro, Negri Zampieri, Dall'Aglio, Sardi, Pattaro,
Padoan Casale sul Sile
16 TV 74 Casa Finetti, Moratto, Giulai, Marconi Casale sul Sile
17 TV 87 Villa De Reali, Di Canossa Casier
18 TV 91 Ca' Amata Castelfranco Veneto
19 TV 98 Villa Corner, Tiepolo, Chiminelli Castelfranco Veneto
20 TV 99 Villa Corner, Venezze, detta "Il Cornaron" Castelfranco Veneto
21 TV 101 Villa Dolfin, Gradenigo Castelfranco Veneto
22 TV 102 Ca' Moro Castelfranco Veneto
23 TV 104 Villa Revedin, Bolasco, Piccinelli Castelfranco Veneto
24 TV 120 Villa Bianchi, Sertorio Cavaso del Tomba
25 TV 124 Villa Premoli Cavaso del Tomba
26 TV 129 Villa Emo Capodilista, Giusti, Giacomini Cessalto
27 TV 135 Villa Zeno, detta "Il Donegal" Cessalto
90
28 TV 146 Castello Brandolini D'Adda Cison di Valmarino
29 TV 154 Villa Toderini - De Gajardis, Ferracini, Jelmoni Ton Bonicelli Codognè
30 TV 160 Villa Morosini, Lucheschi Colle Umberto
31 TV 172 Torre Dalla Fratta Montalban Conegliano
32 TV 177 Villa Gera - Canzian - Botteon Conegliano
33 TV 190 Villa Rota, Brandolini d'Adda, Casanova, Zanussi Cordignano
34 TV 201 Villa Sandi, Sernagiotto, Cassis Crocetta del Montello
35 TV 204 Villa Caragiani, Gradenigo, Ricci Farra di Soligo
36 TV 208 Villa Savoini Farra di Soligo
37 TV 229 Villa Trojer, Lucheschi, De Mori, Salvador Fregona
38 TV 241 Villa Tiretta, Agostini Giavera del Montello
39 TV 243 Villa Amalteo, Lucheschi Godega di Sant'Urbano
40 TV 254 Villa Tamagnino, Negri, Lattes Istrana
41 TV 259 Barchessa di villa Manfrin, Civran Loria
42 TV 271 Villa Barbaro, Basadonna, Manin, Giacomelli, Volpi Maser
43 TV 284 Villa Sugana, Saltore, Caccianiga Maserada sul Piave
44 TV 288 Villa Girardi, Della Frattina, Zanussi Meduna di Livenza
45 TV 292 Villa Gera - Minucci, Bellati Miane
46 TV 303 Villa Condulmer, Grassi - Tornielli, Bonaventura, Monti Mogliano Veneto
47 TV 304 Villa Da Riva, Zen, Giulay, Zuliani Mogliano Veneto
48 TV 317 Villa Morosini - Gatterburg, Volpi di Misurata Mogliano Veneto
49 TV 334 Villa Ninni Monastier di Treviso
50 TV 342 Villa Bressa, Guillion Mangilli, detta "Casa del Francese" Montebelluna
51 TV 345 Villa Correr, Pisani Montebelluna
52 TV 347 Villa Corner, Revedin, Rinaldi, Ortica Montebelluna
53 TV 359 Ca’ Mora, Morassutti Montebelluna
54 TV 362 Barchessa di villa Pola, Bernardi, Bassi Montebelluna
55 TV 367 Villa Zuccareda, Binetti Montebelluna
56 TV 368 Barchessa di villa Badoer, Marcello Morgano
57 TV 381 Palazzo Contarini, Foscolo Oderzo
58 TV 421 Casa Quaglia Paese
59 TV 437 Villa Brandolini d'Adda Pieve di Soligo
60 TV 453 Villa Manolesso Ferro, Levi, Zambelli, Ferro, Chiozzi Ponzano Veneto
61 TV 455 Villa Minelli (Congregazione degli Esposti di Venezia) Ponzano Veneto
62 TV 459 Villa Giustinian, Salice Portobuffolè
63 TV 465 Villa Albrizzi, Franchetti Preganziol
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
91
64 TV 478 Villa Palazzi - Valier, Taverna Preganziol
65 TV 504 Villa Barbarigo, Selvatico Roncade
66 TV 510 Villa Giustinian, Ciani Bassetti, detta "Castello di Roncade" Roncade
67 TV 533 Resti di villa Da Lezze, detti "Il Castello" San Biagio di Callalta
68 TV 553 Villa Papadopoli, Giol San Polo di Piave
69 TV 554
Villa Lippomano, Querini Stampalia, Dall'Armi, Valeri
Manera San Vendemiano
70 TV 558 Villa Di Rovero
San Zenone degli
Ezzelini
71 TV 564 Villa Vignola
San Zenone degli
Ezzelini
72 TV 582 Villa Onigo, Calergi Grimani, Avogadro degli Azzoni Silea
73 TV 593 Castello di San Salvatore Susegana
74 TV 649 Villa Manfrin, detta "Margherita" Treviso
75 TV 668 Ca' Zenobio, Alverà, Ceccotto Treviso
76 TV 679 Villa Malanotte, Concini, Zacchi, Rossi Vazzola
77 TV 687 Villa Corner della Regina, Persico Vedelago
78 TV 689 Villa Emo Vedelago
79 TV 696 Barchessa di villa Pola, detta "Il Barcon" Vedelago
80 TV 706 Villa Angelica, Perocco Villorba
81 TV 727 Barchesse di villa Calbo Crotta Vittorio Veneto
82 TV 730 Villa Costantini, Morosini, Papadopoli Vittorio Veneto
83 TV 747 Barchessa di villa Bressa, Loredan Volpago del Montello
84 TV 748 Casa Dal Zotto Volpago del Montello
85 TV 754 Villa Pedrocchi Saccardo Volpago del Montello
86 TV 758 Villa Spineda, Gasparini, Loredan Volpago del Montello
87 TV 761 Barchesse di Villa Mora, Sernaggiotto Zenson di Piave
88 TV 765 Villa Guidini Zero Branco
89 TV 767 Casa Sagramora Zero Branco
92
COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO ARCHITETTONICO DI INTERESSE PROVINCIALE
(edilizia rurale tipica, case padronali, ville, siti archeologici, castelli e fortezze storiche)
90 2857 Tomba Brion Altivole
91 2858 Rocca Asolo
92 2859 Casa longobarda Asolo
93 79 Residenze con annessi agricoli di Cà Nosadini Borso del Grappa
94 80 Residenza agricola di Cà Nosadini Borso del Grappa
95 2308 Ex castello fortilizio Cappella Maggiore
96 1856 Edificio Casale sul Sile
97 2493 Castello, Torri e muro di cinta Castelfranco Veneto
98 2104 Abitazione civile Cison di Valmarino
99 1198 Torre mozza o Saracena Conegliano
100 1199 Torre maggiore o della Campana Conegliano
101 2039 "Castelat" Cordignano
102 2864 Monumento ai caduti Cima Grappa Crespano del Grappa
103 1476 Ruderi del Castello di Credazzo Farra di Soligo
104 1287 Abitazione (fa parte di: Abbazia S.Maria di Follina) Follina
105 1288 Chiostro (fa parte di: Abbazia S.Maria di Follina) Follina
106 1289 Edificio di culto (fa parte di: Abbazia di S.Maria di Follina) Follina
107 1290 Edificio di culto (fa parte di: Abbazia di S.Maria di Follina) Follina
108 2018 Edificio rurale Gaiarine
109 2019 Edificio rurale Gaiarine
110 2855 Ex casino di caccia Gorgo al Monticano
111 2764 Edificio residenziale Mansuè
112 2536 Ossario Nervesa della Battaglia
113 2866 Abbazia di S. Eustachio Nervesa della Battaglia
114 1932 Edificio rurale Oderzo
115 2867 Monumento ai caduti Pederobba
116 2868 Tempio Possagno
117 2869 edificio rurale Roncade
118 164 Edificio rurale Roncade
119 154 Edificio residenziale Roncade
120 158 Tenuta Ca’ Tron Roncade
121 2870 Ossario S. Biagio di Callalta
122 2871 Torre di S. Zenone Ezzelino S. Zenone degli Ezzelini
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
93
123 1416 Torre di Rai S.Polo di Piave
124 2872 Mura Treviso
125 2617 Castello di Serravalle Vittorio Veneto
126 2540 Castello di San Martino Vittorio Veneto
COMPLESSI ED EDIFICI DI PREGIO ARCHITETTONICO DI INTERESSE PROVINCIALE
(archeologia industriale)
127 AI 008 Maglio di Pagnano Asolo
128 AI 012 Vecchia Fornace Asolo
129 AI 022 Mulino Marchesin ora Pagnossin Breda di Piave
130 AI 051 Ex Latteria Zarpellon Castelcucco
131 AI 063 Mulino della Serra Cavaso del Tomba
132 AI 061 Ex Filanda Madonna delle Grazie Cavaso del Tomba
133 AI 067 Mulino Fiorin Cison di Valmarino
134 AI 106 Fornace "Tre Camini" Crocetta del Montello
135 AI 109 Ex Canapificio Veneto e Residenze Operaie Crocetta del Montello
136 AI 117 Ex Filatura Follina
137 AI 118 Lanificio Andretta Follina
138 AI 119 Industria Tessile Paoletti Follina
139 AI 123 Ex fornace Tomasi Follina
140 AI 132 Cave/Grotte del Caglieron e Mulino Fregona
141 AI 153 Ex Complesso Stabilimento Bacologico Motta / Filanda Giol Mogliano Veneto
142 AI 160 Mulino Caberlotto Montebelluna
143 AI 167 Ex Complesso Montecatini Montebelluna
144 AI 168 Officine Boranza Montebelluna
145 AI 169 Esse Music Montebelluna
146 AI 173 Vecchia Filanda Villarosa Motta di Livenza
147 AI 176 Centrale Enel di Castelverio Nervesa della Battaglia
148 AI 177 Opere di Presa del Canale della Vittoria Nervesa della Battaglia
149 AI 190 Ex Fornace Trans Veneto Pederobba
150 AI 197 Cantine Reichstainer Ponte di Piave
151 AI 217 Ex Mulino Cervara Quinto di Treviso
152 AI 220 Molinetto della Croda Refrontolo
153 AI 242 Azienda Agricola Giol San Polo di Piave
154 AI 243 Ex Filanda Giol San Polo di Piave
94
155 AI 250 Società Agricola Mandre Santa Lucia di Piave
156 AI 257 Chiari e Forti Silea
157 AI 262 Ex Filanda Complesso Barco Susegana
158 AI 265 Cantina dei Collalto Susegana
159 AI 272 Mulino Mandelli Treviso
160 AI 273 Deposito Merci Treviso
161 AI 281 Ex Fonderia Treviso
162 AI 286 Chiuse Treviso
163 AI 287 Case Operaie Treviso
164 AI 288 Edificio (ex case Appiani) Treviso
165 AI 292 Ex Filanda Piva (SiSi) Valdobbiadene
166 AI 336 Ex Filanda Sbrojavacca Vittorio Veneto
167 AI 340 Ex Officine meccaniche del Favero Vittorio Veneto
168 AI 341 Ex Industria Gelsomino Pasqualis Vittorio Veneto
169 AI 344 Opifici di Via Galvani Vittorio Veneto
170 AI 348 Ex Filanda Boer Vittorio Veneto
171 AI 350 Ex Filanda Banfi Vittorio Veneto
L’elenco proposto deve essere considerato alla stregua di una lista aperta in quanto non basato sulla
valutazione di dati tecnici codificati, come è stato fatto più efficientemente per il settore Ville Venete,
visto il materiale di cui si poteva disporre.
La questione, dunque, per il settore Complessi ed Edifici di Pregio architettonico non può considerarsi
esaurita almeno fino a quando non sarà possibile disporre di studi organici e specialistici sulla materia,
tali da andare a costituire una base dati analitica da cui attingere le informazioni su cui sviluppare la
sintesi. La gestione di un simile progetto di indagine certamente non può essere affrontata in maniera
sporadica o saltuaria, basata sulla gestione dell’emergenza della singola amministrazione pubblica, come
pure non può essere caricata ad una sola amministrazione provinciale perché l’ammortamento di un
simile investimento in termini di tempi e di costi sarebbe insostenibile.
Piuttosto, determinata la necessità di organizzare una indagine a vasta scala sulle caratteristiche
dell’edificato della provincia, tale necessità potrebbe essere affrontata agevolmente se affidata alle singole
amministrazioni locali, ciascuna per il proprio territorio di competenza, purchè organizzata a monte sulla
base di un metodo condiviso da tutti gli enti interessati.
Per questo si rimanda al cap. 1, paragrafo 1.3.3, ai punti 1,2,3, di pagina 54.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
95
Nelle appendici si troveranno tutti gli elenchi e le schede di valutazione relative a ciascuna delle Ville
Venete e ai Complessi ed Edifici di pregio architettonico digitalizzati di interesse provinciale.24
Altre categorie di manufatti degni di nota ma, per il momento, non ancora prese in considerazione dal
punto di vista storico-architettonico sono quelle degli edifici appartenenti alla corrente del Liberty e al
periodo influenzato dallo stile legato al regime fascista.
Nel corso dei sopralluoghi si è avuto modo di verificare che, in alcuni centri urbani, interi isolati costruiti
nel corso della fine del 1800, inizi 1900 e fortemente connotati dai manufatti dell’epoca sono minacciati
in vario modo.
Le cause principali di tale decadenza sono:
- Incuria derivante da inesistente e/o scarsa manutenzione degli elementi architettonici
e pittorici tipici
- Interventi di restauro inadeguati quali, ad esempio, alterazioni dei colori delle
superfici dipinte
- Demolizione degli edifici storici o parte di essi e ricostruzione di nuovi manufatti o
parte di essi
- Eliminazione degli arredi e delle suppellettili dell’epoca
La manomissione degli edifici di cui sopra si rivela, a lungo termine, essere una grave perdita non solo
per il patrimonio storico-architettonico del territorio ma anche per quello artistico, in virtù del fatto che
questo periodo, tanto breve e circoscritto quanto significativo, ha prodotto opere di grande interesse non
solo nel campo dell’architettura, ma anche nell’artigianato e nelle arti in genere.
Anche gli anni influenzati dal movimento fascista hanno lasciato interessanti testimonianze sul territorio
provinciale, soprattutto per quanto riguarda manufatti puntuali e/o grandi opere ed edifici all’interno dei
centri, minacciati in particolare dall’abbandono e da interventi di demolizione.
In virtù della testimonianza storica e dell’influenza che tale stile ha dato a livello nazionale si ritiene che
tali opere possano essere prese in considerazione ed essere, come per gli edifici Liberty, oggetto di studi
successivi più approfonditi che mirino alla loro individuazione, tutela e conservazione.
Una volta individuati le Ville, i Complessi e gli Edifici di pregio architettonico di interesse provinciale, si
è provveduto anche a determinarne le pertinenze, i contesti figurativi e le quinte connesse con tali edifici.
La normativa, relativamente al concetto di pertinenze riferisce che esse comprendono: ”… sia gli edifici
destinati in modo durevole a servizio e ad ornamento, sia le aree libere facenti parte del compendio
monumentale.’
24 Appendici 16,17,18 .
96
Il concetto di pertinenza, pertanto, non viene esplicitato in modo chiaro bensì in modo contingente o
indiretto.
Per pertinenza è stata considerata la parte di giardino, parco, immobili considerati a servizio del
complesso edilizio e, come tali, strettamente correlati allo stesso. La pertinenza, nella maggior parte dei
casi, è coincisa con la porzione di giardino-parco cinto da mura o recinzioni che ne segnalavano
l’appartenenza stretta alla villa o al manufatto.
Si precisa inoltre che per pertinenza non si intende la “proprietà”, ovvero, le pertinenze segnalate non
sono coincidenti con le proprietà o con i limiti definiti o definibili con planimetrie catastali.
Inoltre, il differente livello di dettaglio fornito dalle planimetrie catastali, piuttosto che dalle tavole della
Carta Tecnica Regionale, non sempre consente la perfetta sovrapposizione di limiti e segni presenti sul
territorio. Quindi, a maggior ragione, le pertinenze segnalate non forniscono indicazioni né sui limiti di
proprietà, né sulla consistenza catastale del bene.
Differentemente, il contesto figurativo ricomprende spesso un’area contermine il bene, tale per cui esso
dimostra la propria connaturazione con il bene cui è correlato. Il contesto figurativo è quella parte di
territorio che forma un continuum ideale tra bene e ambito circostante e che spesso serve a valorizzarne
l’essenza.
La differenza tra pertinenza e contesto figurativo, pertanto, sta proprio nel fatto che, mentre la prima non
può prescindere dall’essere contemplata insieme al bene in oggetto, il secondo può essersi mantenuto
inalterato con il tempo o meno.
Con il concetto di contesto figurativo si è inteso individuare un tratto di tessuto agrario, urbano,
conservato in buona parte e/o con possibilità di reversibilità, che si collochi in armonia con il complesso
storico.
Le quinte sono invece state utilizzate per mascherare o addolcire un contesto compromesso o semi-
compromesso.
Infine, in pochi casi, si troveranno graficizzati dei coni di visuale. Tali elementi, usati molto
sporadicamente e in modo localizzato, sono serviti a individuare degli ambiti di tutela in casi in cui
l’estensione del contesto figurativo sarebbe stata di portata troppo ampia e, quindi, si è preferito
determinare un’indicazione di cono di visuale che andasse a ricoprire solo i punti prospettici
imprescindibili del contesto.
Gli stessi criteri adottati per tutti i manufatti ricadenti all’interno del gruppo sopra definito (Complessi ed
Edifici di Pregio Architettonico di Interesse Provinciale) è stato utilizzato anche per la definizione delle
pertinenze e dei contesti figurativi dei complessi di Archeologia Industriale.
All’interno delle tavole si vedrà come non risultino individuati cartograficamente i monumenti isolati.
Questo perché, come già spiegato all’interno dei capitoli precedenti, ad oggi non esiste una banca dati
correlabile alla cartografia, né catastale, né della CTR, oltre al fatto che, spesso, anche il solo
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
97
riconoscimento o individuazione del fabbricato sul territorio risulta abbastanza difficoltoso a causa della
vetustà dei dati d’archivio posseduti dagli uffici del Ministero per i Beni Culturali.
Per questo, di conseguenza, è stato introdotto nello studio dello stato di fatto un semplice elenco dei
manufatti, privo di georeferenziazione.25
A livello cartografico vengono riportati, pertanto, solo gli immobili vincolati che sono stati segnalati dalle
singole amministrazioni comunali per mezzo delle proprie schede inventariali. Rimangono esclusi gli
immobili che si trovano all’interno dei centri storici per i quali è stata prevista una valutazione specifica, e
tutti gli altri fabbricati che, pur coperti da vincolo, non erano stati schedati o individuati come tali dai
Comuni.
Inoltre, va specificato che, benché da considerarsi alla stregua degli immobili vincolati, non sono stati
inseriti i manufatti religiosi, chiese e capitelli o edicole. Questi beni, infatti, derivano il proprio essere
vincolati non da decreto legislativo vero e proprio, - salvo rari casi -, ma per un obbligo di legge, ovvero
‘ope legis’ quando superino i 50 anni di età. La stessa norma vale per tutti i beni di proprietà pubblica.
Pertanto, poiché questo avrebbe comportato la georeferenziazione di una infinita serie di edifici dei quali,
peraltro, è prevista l’eventuale verifica d’interesse prima della dichiarazione definitiva di vincolo, si è
ritenuta fuorviante la loro inclusione all’interno delle graduatorie di piano.
Per dare risposta ai fattori di criticità sopra evidenziati si prevede di agire mediante:
1. Inserimento di nuove ville all’interno del Catalogo dell’IRVV, previa segnalazioni di privati,
Comuni, Provincia o Soprintendenza all’Istituto Regionale, il quale predisporrà la raccolta delle
informazioni per il successivo iter di riconoscimento di qualità.
2. Evidenziazione dei complessi ed edifici di pregio architettonico ritenuti di interesse provinciale,
mediante selezione dei beni dall’elenco completo di quelli riconosciuti sul territorio.
3. Costituzione di un sistema di analisi e catalogazione degli edifici di tipo univoco, da adottarsi
sull’intero territorio provinciale mediante l’utilizzo di una unica tipologia di schedatura26.
4. Per i beni definiti di interesse provinciale potrà essere prevista una specifica normativa di
valorizzazione e tutela - definita a livello di PTCP con delle linee guida che dovranno essere tenute
in considerazione durante la formazione dei successivi PAT affinchè diventino esecutive.27
25 Vedi appendice 19 Elenco Monumenti o Vincoli ai sensi D.Lgs. 42/2004. 26 Vedi punto 4.2.1. 27 INDIRIZZI DI TUTELA
Pertinenza: all’interno dei limiti di pertinenza saranno consentiti solo gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di
restauro conservativo e propositivo, non di ampliamento. Ampliamenti contenuti saranno consentiti solo per necessità
determinate da esigenze di carattere tecnologico e di adeguamento tecnico. Tali necessità verranno valutate e ammesse
dall’amministrazione comunale qualora si tratti di immobili non coperti da tutela ministeriale, ed esclusivamente dalla
competente Soprintendenza in caso di immobili vincolati ai sensi del D.lgs. 42/2004, anche in deroga alle normative di livello
comunale.
98
5. Per i beni definiti di interesse provinciale potranno essere previste forme di sostegno a livello
provinciale o comunale per incoraggiarne il recupero mediante incentivi diretti o indiretti (sgravi
fiscali, abbattimento oneri, fondi dedicati, etc).
Eventuali demolizioni potranno essere prese in considerazione solo se inerenti parti relative ad eventuali superfetazioni occultanti
o deturpanti il bene principale oggetto di tutela e non altre parti o porzioni a meno che in casi di estremo pericolo. Tali casi
verranno valutati e ammessi dall’amministrazione comunale - o dalla competente Soprintendenza in caso di immobili vincolati ai
sensi del D.lgs. 42/2004 - solo a fronte della presentazione di una perizia giurata di tecnico strutturista abilitato, firmata, in cui si
evidenzino le motivazioni tecniche a sostegno della imprescindibilità della demolizione. Qualora l’amministrazione pubblica (
Comune o Sovrintendenza) non ritenesse necessaria la demolizione avrà facoltà di prescrivere, a fronte di parere scritto firmato
da un consulente tecnico di propria fiducia, altre modalità operative d’intervento affinché l’immobile possa essere salvato nella
propria interezza
Ambito o contesto: Non è consentita l’edificabilità all’interno degli ambiti contrassegnati. Ampliamenti contenuti saranno
consentiti solo per necessità determinate da esigenze di carattere tecnologico e di adeguamento tecnico. Tali necessità verranno
valutate e ammesse dall’amministrazione comunale qualora si tratti di immobili non coperti da tutela ministeriale, ed
esclusivamente dalla competente Soprintendenza in caso di immobili vincolati ai sensi del D.lgs. 42/2004, anche in deroga alla
normativa di livello comunale.
Oltre le linee di ambito, l’edificabilità sarà possibile solo a patto che non vada a confliggere con eventuali punti di visuale sul
bene da tutelare, nel qual caso non sarà assentita o dovrà essere contenuta in altezza e dimensione secondo i casi e le necessità in
modo tale che la visuale del bene rimanga sempre possibile. La determinazione dei limiti consentiti di superficie e di volumetria
sarà dunque frutto di valutazioni non standardizzabili, ma svolte caso per caso dai membri della commissione edilizia integrata
del comune in oggetto o dai membri della commissione paesaggistica, ovvero esclusivamente dalla competente Soprintendenza
in caso che l’oggetto sia un immobile vincolato ai sensi del D.lgs. 42/2004.
All’interno delle zone d’ambito saranno consentiti solo gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro
conservativo e propositivo. Eventuali richieste di demolizione potranno essere assentite, a patto che non si tratti di manufatti
esterni alla pertinenza diretta del complesso ma, comunque, attinenti all’elemento principale in oggetto ( Es. Tenuta di Ca’ Tron:
le case coloniche sparse all’interno della tenuta, ma all’esterno della diretta pertinenza della Villa, non possono essere considerate
come edifici di nessun valore anche perché nati in funzione della presenza della Villa stessa e presenti in quanto necessari alla
vita e al funzionamento della tenuta agricola).
Coni Visuali: in alcuni casi la determinazione del contesto del fabbricato o del complesso in oggetto non è stata possibile in
funzione dell’estensione del territorio da tutelare in relazione allo stesso. Si è proceduto in questi casi all’identificazione di coni
visuali. All’interno dei coni di visuale pertanto, dovrà essere garantita la salvaguardia totale delle prospettive visuali significative
allo scopo individuate, impedendo l’erezione di nuovi volumi o l’ampliamento delle costruzioni già presenti.
Quinta: in corrispondenza dell’indicazione grafica di “quinta” sarà onere del proprietario dell’area sulla quale la quinta è stata
segnalata la realizzazione di una schermatura arborea mediante la piantumazione di alberature ed essenze di tipo autoctono, da
individuarsi tra quelle incluse da ciascuna amministrazione comunale all’interno di un apposito elenco, (ogni comune, infatti,
sarà tenuto ad analizzare le varietà arboree spontanee e maggiormente diffuse caratterizzanti la vegetazione presente sul proprio
territorio al fine ella formazione di appositi elenchi ricomprendenti alberi d’alto fusto e cespugli di varie altezze). La formazione
della quinta dovrà essere tale da mascherare o impedirealla vista l’oggetto che il pianificatore intendeva escludere dal campo di
visuale del bene individuo da proteggere.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
99
6. Classificazione degli edifici di pregio architettonico ritenuti di interesse provinciale e già segnalati
sulla base della selezione ottenuta al punto 2 e 3.
7. Individuazione di tecnici qualificati accreditati mediante curricula ed inseriti in appositi elenchi
provinciali, abilitati alla ricerca, analisi e definizione dei gradi di tutela per tali manufatti.
8. Individuazione dei complessi storici e degli edifici con le relative pertinenze, affinchè possano
essere rispettati anche i compendi immobiliari dipendenti o cointeressati al bene individuo segnalato.
Anche il ‘compendio immobiliare’ che verrà individuato in fase di pianificazione territoriale
provinciale, dovrà essere recepito dal PAT e trattato alla stregua del bene principale.
9. Introduzione di norme di tutela per la salvaguardia del contesto figurativo degli edifici di interesse
provinciale che verranno recepite dagli strumenti attuativi al fine della conservazione dell’ambito
individuato in fase di nuova progettazione (interventi diretti) o di progettazioni di livello urbanistico.
10. Qualora non vi fossero, il PTCP prevederà
– misure per la conservazione e creazione di coni visuali, di quinte per valorizzare le visibilità
dell’edificio e/o del complesso storico;
– direttive per la qualità architettonica delle nuove edificazioni e per la sistemazione degli
spazi scoperti che rientrano nei coni visuali-paesaggistici degli edifici di pregio;
– direttive per il controllo delle altezze, l’uso dei materiali, l’esposizione dei cartelli
pubblicitari, le installazioni tecnologiche.
– monitoraggi di dati rilevabili per verificare se le ipotesi di piano raggiungono gli obiettivi.
Azioni che sembrano essere coerenti con le necessità emergenti dall’analisi dello stato di fatto.
Si sottolinea tuttavia, che sarebbe necessario inoltre, che gli enti di controllo (Comuni, Provincia e
Soprintendenza) si dotassero o potessero disporre di dati tecnici georeferenziati per una migliore
conoscenza della distribuzione e collocazione delle emergenze sul territorio.
Tale sistema informativo, unito alla classificazione già proposta al punto 3, fornirebbe uno strumento di
gestione e controllo della compagine architettonica funzionale e facilmente gestibile.
Altro passaggio interessante potrebbe essere la messa in rete di tali dati per tutti comuni, che potrebbero
gestirne in forma diretta l’implementazione, oltre che attingere direttamente le informazioni relative
all’esistenza di vincoli di tipo monumentale, paesaggistico o da PTCP.
I risultati di questo genere di azioni porterebbero ad un miglioramento della coscienza e della conoscenza
del patrimonio culturale insito sul territorio provinciale e alla predisposizione di un’utile risorsa
economica e culturale per gli anni futuri.
Queste azioni ingenereranno dei miglioramenti sulla leggibilità del patrimonio architettonico diffuso e sul
miglioramento delle sue condizioni generali, fatti questi che saranno verificabili sul medio- lungo periodo
con effetti duraturi.
100
3 ARCHEOLOGIA
3.1 Premessa
Il paesaggio agrario che caratterizza la maggior parte della pianura veneta, dal Po alle Prealpi, dal Mincio
al Tagliamento, si presenta oggi in un ordinato disegno che - con la regolare divisione degli appezzamenti
coltivati, con le strade aperte nella campagna, con i canali che regolano le acque, con le lunghe corse dei
frutteti - la faticosa mano dell’uomo ha saputo articolare in una infinita varietà di forme, durante un lungo
processo di tempo.
Se poi si vogliono ricercare le origini di questa razionale organizzazione della terra, bisogna fare
riferimento a particolari momenti storici legati ad una trasformazione agraria tanto profonda ed incisiva
da aver condizionato fino ai nostri giorni l’intero volto ambientale del territorio.
Gli antichi Veneti già ricavavano il necessario per la loro vita, ma è con l’arrivo dei Romani che si assiste
ad un sostanziale salto di qualità nell’organizzazione agraria dei suoli e nella lavorazione dei terreni con
rilevanti conseguenze di carattere socio-economico.
3.2 Stato di fatto_ Descrizione
Nell’analizzare il territorio trevigiano dal punto di vista storico-archeologico, non si può non sottolineare
immediatamente quanto sia forte l’intreccio tra la quantità dei reperti storici rinvenibili, sia come oggetti
che come tracce di lontane civiltà e paesaggio.
La provincia di Treviso, infatti, presenta forti connotazioni paesaggistiche che sono direttamente
ascrivibili alla presenza di residui impianti urbanistici, se così li si vuole chiamare, derivanti dalla
presenza sul nostro territorio di culture risalenti a periodi antecedenti diversi secoli la nascita di Cristo. La
presenza umana risale infatti a circa 35.000 anni fa, ha una particolare rilevanza nel periodo del bronzo
medio e recente, nell’età del ferro con l’affermarsi della civiltà paleoveneta, (fino al sec. III a.C.).
Particolare impulso la civilizzazione della Marca lo ricevette dal II sec. a.C., con la dominazione romana,
che determinò alcune delle caratteristiche principali dell’assetto territoriale provinciale.
Infatti, è a questo periodo che dobbiamo la presenza di arterie viarie a tutt’oggi di rilevante importanza,
quali la Feltrina e la Postumia, nonché l’ordinata organizzazione della maggior parte delle campagne
trevigiane, soprattutto quelle al confine con la provincia di Venezia, verso la zona dell’altinate, o
dell’opitergino-mottense.
E’ impossibile, in questa sede, ricordare tutti i singoli casi di cittadine e comuni che vantano antiche
origini, né è possibile un excursus completo sulle zone e le epoche dei vari ritrovamenti.
Va detto, tuttavia, che nel territorio della marca i ritrovamenti portano alla luce resti di epoche appena
posteriori alla glaciazione, (come sulla piana compresa tra i comuni di Revine Lago e Cison di
Valmarino), neolitici, (come nell’area compresa tra Orsago, Cordignano, Sacile e Gaiarine), paleolitici,
(vedi gli insediamenti dell’asolano e della Val Cavasia), paleoveneti, longobardi e romani, questi ultimi
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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rinvenibili in forma sparsa più o meno in tutta la provincia sia in luoghi cittadini - vedi il centro di
Oderzo, Treviso, Asolo, San Zenone, Vittorio Veneto - sia in area vasta come sulle colline di Ceneda, sul
Montello a ridosso di Montebelluna e in tutta la pianura segnata dall’agro-centuriato, il cui tracciamento
si svolse in funzione della colonizzazione dei territori conquistati.
Essi, infatti, venivano sottoposti a centuriazione dagli agrimensori romani: scelti il cardo e il decumano,
ovvero due assi perpendicolari, veniva tracciato un reticolato composto da linee parallele incrociantesi tra
loro che portava alla formazione di ampi settori quadrangolari ( 710 –730 metri c.ca per lato), detti
centuriae (in quanto essi stessi venivano suddivisi in 100 appezzamenti identici) che venivano distribuiti
ai coloni. Questi ultimi in realtà altro non erano che un reparto di soldati che, già militarmente
organizzati, prendevano permanente stanza sui terreni centuriati limitrofi alla città, trovando nelle
proprietà terriere che venivano loro assegnate nuova fonte di sostentamento e nella ordinata struttura delle
stesse il mezzo per respingere ogni eventuale attacco.
Le centuriazioni presenti nel nostro territorio risultano avere inclinazioni leggermente differenti in aree
differenti; ne è un esempio quella cenedese, ovvero di Ceneda, che durante il periodo di Ottaviano
risultava essere uno dei baluardi difensivi più importanti per i romani, e che venne identificata rispetto a
quelle romane mediante una rotazione leggera degli assi. Si identificano infatti, all’interno del territorio
provinciale la centuriazione altinate (compresa tra il Sile e il Muson Vecchio), la centuriazione opitergina
(compresa tra Piave e Livenza), la centuriazione cenedese, la centuriazione trevigiana ( le cui tracce più
leggibili si trovano a nord-est di Castagnole, Postioma, Signoressa) e quella asolana.
Grazie alla regolare lottizzazione del terreno, scandito e frazionato in eguali superfici da ridurre a coltura,
si andarono moltiplicando anche le opere di bonifica e di regimazione delle acque per impedire
impaludamenti e rovinose esondazioni. Tale opera di ristrutturazione ambientale trovava poi il suo
completamento nelle Villae sorte sulle singole proprietà e disseminate nel vasto agro.
Opere quindi finalizzate sia all’occupazione dei suoli conquistati e al loro sfruttamento, sia alla
permanenza di un controllo militare degli stessi.
L’organizzazione agricola romana prevedeva infatti la distribuzione sul territorio di diverse ville rustiche
composte di un edificio principale e di numerosi appezzamenti lavorati da gruppi di coloni. Intorno a
questi primitivi insediamenti si andarono via via a formare numerosi centri che ancora coincidono con
alcuni degli attuali comuni (cfr. Cordignano, Orsago etc.).
Va detto che nel 49 a.C. il Veneto ottenne il riconoscimento di municipium e la piena cittadinanza
romana: in pochi decenni le città venete, divenute capoluogo di municipium cambiarono aspetto, si
dotarono di mura in mattoni e spesso rividero il loro assetto urbanistico.
Anche la rete fluviale o comunque la presenza di acque navigabili favorì l’intensificazione e il
potenziamento di certi insediamenti, anche non costieri. Si pensi a Portobuffolè, noto porto fluviale di
entroterra, (Portus de Septimum), dove è ancora visibile un vero e proprio fondaco utilizzato fino agli
inizi del 1900, cioè fino alla deviazione della Livenza.
102
Certamente, la maggioranza dei ritrovamenti ci parla del periodo della dominazione romana. Resti
numismatici di quest’epoca sono stati rintracciati lungo tutti gli assi della centuriazione e lungo le principali
vie di comunicazione che accrebbero e vivificarono i villaggi che toccarono, facendoli diventare dei veri e
propri capisaldi: esemplificativo il caso della città di Oderzo che, nata come insediamento palafittico
paleoveneto, divenne uno dei più importanti poli della marca (la romana Opitergium), grazie alla costruzione
della via Postumia che congiungeva Genova, Cremona, Verona, Aquileia, quasi alla stregua dell’odierno
Corridoio 5!
Tuttavia, dell’epoca Paleoveneta restano non solo cospicui frammenti sepolti nelle stazioni fluviali e
collinari, ma anche l’articolazione policentrica che costituisce la trama su cui si sono andati formando gli
abitati, le relazioni viarie e lo stesso paesaggio rurale, vero substrato nascosto che connota nel tempo la
struttura della provincia fino ai nostri giorni. (sede di importanti nuclei paleovenenti furono Oderzo,
Possagno, Asolo).
Del periodo dell’alto medioevo e delle invasioni barbariche, in cui venne operato un riassetto del
territorio, rimangono gli insediamenti delle abbazie benedettine, dei poteri feudali laici ed ecclesiastici,
fino all’esplosione urbana dell’età comunale ed al lungo periodo del dominio veneziano, che diede
l’impronta definiva.
3.3 Stato di fatto_ Analisi
Come abbiamo visto nella descrizione dello stato di fatto, la struttura insediativa della nostra provincia
deriva dalla molteplicità di susseguenti periodi storici che hanno ridisegnato la propria immagine e la
propria vicenda fisica senza cancellare l’organizzazione precedente, anzi lasciando affiorare segni
documentali delle epoche più lontane.
In ciascuno di questi periodi si sono realizzati, in modo più o meno consapevole, progetti e piani
territoriali secondo la cultura e l’esigenza politica del momento e, tuttavia, in modo da conseguire una
sintesi coerente volta ad innovare – anche ristrutturando e attualizzando – il preesistente e ad usare,
interpretandone al meglio le suscettività, le occasioni offerte dalla geomorfologia e dalla natura in genere.
La conoscenza delle configurazioni insediative del passato e l’interpretazione dei relativi assetti
topografici assumono grande importanza, non solo dal punto di vista culturale, in quanto riconoscimento
delle origini, ma rappresentano anche un riferimento essenziale per la validità e la fondatezza dell’odierna
pianificazione territoriale. La stratificazione delle modificazioni storiche ha via, via accumulato segni e
tracciati, opere e manufatti che insieme compongono un sistema di preesistenze che si è cercato di
riproporre anche cartograficamente.
Oltre alla centuriazione e alla viabilità romana, sono stati inseriti i ‘siti a rischio’ e i ‘siti con vincoli’,
individuati da crocidi sulla mappa, oltre ai “centri storici a rischio”, così come segnalati dalla
Soprintendenza archeologica competente.
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La digitalizzazione dei “siti a rischio” è stata fatta in considerazione dei dati contenuti nella pubblicazione
“CARTA ARCHEOLOGICA DEL VENETO”, vol. IV-I, edito dalla Regione Veneto. Le cartografie
contenute nel libro, a scala 1:25.000 e redatte su base I.G.M. contengono l’indicazione dei punti di
interesse con un margine di approssimazione piuttosto ampio; pertanto, si è incontrata una certa difficoltà
nel riportare tali dati su base C.T.R.. Per questo motivo si è resa necessaria l’indicazione di ‘ambito
archeologico’ in modo da poter riunire localizzazioni ravvicinate e facenti parte dello stesso ritrovamento
che, ad esempio, mentre nell’elenco erano riportate in dettaglio, nella cartografia possedevano invece un
singolo punto di riferimento o alcuni sottogruppi (es. un cerchio grande = ambito e due cerchi piccoli
interni = due sottogruppi).
Talvolta i siti a rischio coincidono con siti vincolati: ad esempio il sito 51 coincide con il codice di
vincolo 10. I siti vincolati sono stati individuati e digitalizzati considerando due fonti:
• il testo “Le zone archeologiche del Veneto”, Regione Veneto e Ministero per i Beni Culturali e
Ambientali (Soprintendenza Archeologica del Veneto),
• la consulenza diretta dei tecnici appartenenti alla Soprintendenza Archeologica del Veneto, che
hanno rettificato e integrato i dati ricavati dal libro sopra citato con aggiornamenti e verifiche
dirette su documentazione d’archivio.
Il piano si ripropone di stabilire per quanto possibile un principio di coerenza tra le preesistenze e gli
odierni assetti territoriali, affinchè il reperto, al di là del suo messaggio storico-culturale, possa ancora
partecipare al succedersi delle attività insediative, arricchendole del proprio contributo di memoria e di
qualità formale.
Il PTCP intende proteggere le zone di agro centuriato, soprattutto in rapporto al rispetto dell’orientamento
dei manufatti e degli altri elementi fisici e colturali che definiscono il territorio ed il paesaggio in
particolare. Alcune centuriazioni, come già detto, definiscono ancora in modo tangibile, nella trama
dell’appoderamento agrario attestato ad assi viari di riferimento limitato solo da discontinuità naturali ed
ordinato secondo rigide scansioni modulari, le vaste zone pianeggianti del territorio provinciale; altre
invece, sono state quasi del tutto cancellate da eventi naturali o dall’azione antropica, ma rimangono
tuttavia attive quali regole ordinatrici, sottese all’organizzazione spaziale visibile.
3.4 Criticità
I principali elementi di criticità del settore riscontrati sono connessi con aspetti legati alla gestione
documentale e alla gestione del territorio:
1. Assenza di un sistema conoscitivo organico e organizzato.
2. Assenza di gestione snella dei dati: allo stato attuale le informazioni sono presenti solo su
supporto cartaceo, con grosse difficoltà di consultazione.
3. Assenza di banche dati informatizzate.
4. Difficoltà nell’identificazione precisa dei siti di interesse o di vincolo in quanto i reperti o i
siti sono ancora riportati su cartografa con grande approssimazione.
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5. Disomogeneità dei supporti su cui vi è la ‘registrazione’ dei vincoli diretti, piuttosto che dei
siti di interesse; i dati d’archivio, infatti, devono essere incrociati con quelli pubblicati in
testi risalenti a 15-20 anni fa.
6. Difficoltà nella gestione del controllo tecnico sul territorio da parte degli enti preposti per
mancanza di fondi.
7. Frazionamento dei dati: la documentazione relativa alla centuriazione viene gestita dalla
Soprintendenza ai Beni Architettonici e per il Paesaggio (in quanto oggetti sottoposti a
tutela ai sensi della Legge n° 431 – Galasso), mentre il resto è competenza della
Soprintendenza Archeologica.
8. Mancanza di sensibilizzazione a livello di progettualità di piano nei confronti della materia,
peraltro, come già diffusamente spiegato, di assai difficoltosa gestione per la carenza di dati
certi e facilmente disponibili e riscontrabili.
9. Mancanza di cultura specifica sulle modalità di intervento in caso di rinvenimenti da parte
degli operatori di settore (imprese edili, stradali, di movimentazioni terra, di scavi;
progettisti e capi cantiere).
10. Tendenza degli operatori di settore a negare il ritrovamento a causa delle tempistiche di
verifica, rilevamento, riconoscimento e vincolo e a causa della conseguente possibilità di
blocco cantiere.
11. Poca fiducia nelle istituzioni preposte al controllo in funzione dei tempi necessari per le
verifiche e la burocrazia; conseguente distruzione di reperti.
12. Scarsa sensibilità verso le aree agricole con presenza di agro centuriato.
13. Totale assenza di normativa d’uso quotidiano (all’interno ad es. dei Regolamenti Edilizi)
finalizzata alla salvaguardia dell’aspetto storico consolidato del paesaggio, qualora non
vincolato.
3.5 Scenario di Piano28
Per dare risposta alle criticità sopraevidenziate si ritiene che sarebbe necessario procedere a :
1. Organizzare una campagna di catalogazione dei beni archeologici che porti alla formazione di un
archivio più organico e strutturato.
2. Integrare le schedature delle nozioni contenute nei testi di riferimento normalmente utilizzati.
3. Verificare la necessità di eventuali aggiornamenti con gli ultimi ritrovamenti e vincoli.
4. Trasferire tutto l’archivio derivante dalle operazioni precedenti su supporti digitali sotto forma di
data base collegati ad un sistema di georeferenziazione che consenta l’individuazione diretta dei
vincoli e dei siti di rilevante interesse sul territorio.
28 Vedi allegato 20 Elenco Vincoli Archeologici in Provincia di Treviso, allegato 21_ Elenco Siti a Rischio Archeologico in
Provincia di Treviso e allegato 22_ Elenco Centri Storici a Rischio Archeologico in Provincia di Treviso.
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5. Valutare la creazione di un sito per la consultazione al pubblico di questo materiale, in modo da
agevolare le amministrazioni pubbliche e i professionisti nella gestione quotidiana del territorio,
con l’indubbio esito di impedire che tutti gli operatori del settore possano incorrere in errori dovuti ad
ignoranza della materia.
6. Favorire la conoscenza della storia e delle radici culturali potenziando la rete delle offerte di spazi
museali o delle possibilità di visita a siti archeologici da parte delle scuole elementari e medie
inferiori.
7. Avviare collaborazioni tra ente provinciale e soprintendenze ai fini della tabellazione dei più
importanti siti archeologici.
8. Inserire nei futuri PAT indicazioni di segnalazione delle aree ‘archeologicamente a rischio’,
ovvero di quelle aree non soggette a vincolo ma che vengono sempre tenute in considerazione dalla
Soprintendenza Archeologica perché considerate di importante interesse; per interventi ricadenti in
tali ambiti dovrebbe essere previsto l’obbligo di verifica con l’Ente territorialmente competente.
9. Favorire la salvaguardia dei siti archeologici mediante la predisposizione di zone filtro quali aree
naturalizzate a verde.
10. Inserimento delle aree di maggiore estensione ed importanza collocate in aperta campagna o nelle
zone collinari all’interno di circuiti turistico-ricreativi.
11. Introduzione di misure di salvaguardia dell’agro–centuriato, in caso di assenza di vincolo, quali
distanze minime di rispetto, obbligo di mantenimento della vegetazione di fossato lungo gli assi
stradali e gli argini dei fiumi; divieto di demarcazione fisica di eventuali nuove suddivisioni di terreni
ricompresi in aree di agro centuriato ottimamente conservato; divieto di cambio di direzione nella
lavorazione dei campi o di eliminazione e tombinamento di fossati lungo strade storiche.
12. monitoraggi di dati rilevabili per verificare se le ipotesi di piano raggiungono gli obiettivi
13. Predisposizione, in fase di stesura dei PAT, di norme di tutela archeologica preventiva
relativamente ai Centri Storici e dei Siti individuati a “Rischio Archeologico” dalla Soprintendenza
competente. Si tratta di ambiti edilizi che possono conservare stratificazioni archeologiche connesse
con le peculiarità architettoniche del loro vissuto storico (preesistenze di età pre-romana e romana,
fortificazioni antiche, cinte murarie medievali, bastioni di epoca moderna, difese acquee e impianti
urbanistici di età storica).29
29 La norma di tutela dovrebbe prevedere la richiesta del parere preventivo alla Soprintendenza Archeologica
competente, relativamente agli interventi che comportano la manomissione del sottosuolo, espressa sulla base del
progetto di intervento edilizio.
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4 SCHEDE
4.1 Scheda di valutazione Centri Storici
La scheda è stata creata ai fini della formazione delle graduatorie di merito per la determinazione dei
Centri Storici di primo, secondo e terzo livello.
Tale scheda potrà essere aggiornata dalla singola amministrazione comunale in fase di analisi per la
formazione del PAT, qualora possedesse nuove e più complete informazioni, tali da ritenere di voler
sottoporre all’amministrazione provinciale una proposta di modifica del punteggio sinora assegnato.
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4.2 Schede Fabbricati
4.2.1 Scheda di Catalogo Fabbricati
La scheda di catalogo per fabbricati è stata creata con la finalità di omologare le valutazioni che ciascuna
amministrazione dovrà attribuire ai propri edifici in fase di analisi propedeutica alla formazione dei PAT.
La necessità del metodo è emersa soprattutto in funzione dell’osservazione, allo stato attuale, delle
differenti tipologie di analisi, schedatura e valutazione utilizzata dalle singole amministrazioni e dalla
conseguente attribuzione dei gradi di protezione che conducono a forti disparità di lettura del tessuto
edilizio provinciale.
Tale scheda verrà adottata per l’analisi dell’edificato esistente in fase propedeutica alla formazione degli
strumenti urbanistici locali (PAT) dalle ammonistrazioni comunali.
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4.2.2 Scheda di valutazione Interesse Provinciale: Ville Venete
La presente scheda è stata redatta al fine della costituzione delle graduatorie per la determinazione
dell’Interesse Provinciale dei fabbricati identificati come “Ville Venete” a partire dal Catalogo
dell’IRVV.
Qualora l’amministrazione locale si avvedesse del riconoscimento di una nuova Villa Veneta o venisse a
conoscenza di dati storici o fatti tali da modificare i parametri contenuti nella scheda (e quindi la
posizione in graduatoria del bene stesso), potrà riformulare la scheda alla luce degli stessi e trasmetterla
all’Ente Provinciale che ne valuterà il necessario aggiornamento della graduatoria ai fini dell’interesse
provinciale e potrà quindi usufruire delle agevolazioni o dei programmi politici ad esse connesse.
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4.2.3 Scheda di valutazione Interesse Provinciale: Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico
La presente scheda è stata redatta al fine diella costituzione delle graduatorie per la determinazione
dell’Interesse Provinciale dei fabbricati identificati come “Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico”
a partire dagli immobili schedati dai comuni.
Qualora l’amministrazione locale si avvedesse del riconoscimento di una nuova Complessi ed Edifici di
Pregio Architettonico che abbia rilevante interesse o venisse a conoscenza di dati storici o fatti tali da
modificare i parametri contenuti nella scheda (e quindi la posizione in graduatoria del bene stesso), potrà
riformulare la scheda alla luce degli stessi e trasmetterla all’Ente Provinciale che ne valuterà il necessario
aggiornamento della graduatoria ai fini dell’interesse provinciale e potrà quindi usufruire delle
agevolazioni o dei programmi politici ad esse connesse.
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4.2.4 Scheda di valutazione SEMPLIFICATA Interesse Provinciale: Complessi ed Edifici di Pregio
Architettonico
Si tratta di una scheda temporanea. Questa scheda è stata modificata e proposta in funzione del fatto che
per la categoria suddetta non vi erano a disposizione i dati necessari all’uso della scheda di valutazione
(completa) vista al punto 4.2.3.
Sarà cura delle amministrazioni locali, in fase di analisi e raccolta dei dati propedeutici alla formazione
dei PAT, mediante l’utilizzo delle schede di catalogo, reperire i dati necessari alla trasformazione della
scheda di valutazione standard, andando così a colmare nel tempo le attuali lacune conoscitive
sull’edilizia minore e non.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
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INDICE APPENDICI
1. Elenco Centri Storici privi di perimetrazione
2. Centri Storici – Graduatoria finale ordinata per punteggio
3. Centri Storici – Elenco ordinato per comune con punteggio
4. Centri Storici – Schede di valutazione dei Centri Storici di Notevole Importanza
5. Centri Storici – Schede di valutazione dei Centri Storici di Grande Interesse
6. Inserti Normativi – Normativa connessa al livello di importanza del Centro Storico
7. Inserti Normativi - Codifica dei gradi di protezione da utilizzare nei nuovi PAT
8. Ville Venete – Graduatoria finale ordinata per punteggio
9. Ville Venete – Elenco ordinato per comune con punteggio
10. Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico - Graduatoria finale ordinata per punteggio
11. Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico - Graduatoria finale ordinata per comune
12. Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico – Elenco manufatti rilevati dalla Provincia
per valutazione diretta e ricerca bibliografica
13. Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico – Elenco manufatti con valutazione
semplificata
14. Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico – Elenco manufatti di Archeologia Industriale
- Graduatoria finale ordinata per punteggio
15. Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico – Elenco manufatti di Archeologia Industriale
- Graduatoria finale ordinata per comune
16. Ville Venete, Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico di INTERESSE
PROVINCIALE – Elenco complessivo distinto per categoria
17. Ville Venete, Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico di INTERESSE
PROVINCIALE – Elenco complessivo ordinato per comune
18. Ville Venete, Complessi ed Edifici di Pregio Architettonico di INTERESSE
PROVINCIALE – Schede di valutazione e sviluppo cartografico 1:10.000/1:5.000
19. Elenco edifici vincolati ai sensi D.lgs 42/04 (Rif. Soprintendenza B.A.P.)
20. Archeologia – Elenco vincoli archeologici in Provincia di Treviso (Rif. Soprintendenza
Archeologica – PD)
21. Archeologia – Siti a rischio archeologico in Provincia di Treviso (Rif. Carta Archeologica
del Veneto – Regione Veneto)
22. Archeologia – Centri Storici a rischio archeologico in Provincia di Treviso (Rif.
Soprintendenza Archeologica - PD)