…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….……… ALLEGATO……………… ALLEGATO “M” Le risorse culturali del territorio Provinciale trevigiano Relazione Generale Redazione a cura di prof. arch. Giuseppe Abbate arch. Piergiorgio Ditadi arch. Paola Filippi Documento revisionato (Rev 01) - giugno 2008 -
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…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
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Documento revisionato (Rev 01)
- giugno 2008 -
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AGGIORNAMENTO D.G.R. 1137 del 23.03.2010
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I. Riferimenti tematici e disciplinari complessivi. Relatore: professore architetto Giuseppe Abbate.
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I.1. Indirizzi complessivi di tutela delle risorse culturali.
I.1.1. La tutela delle risorse d’interesse culturale1 del territorio provinciale. La tutela
delle risorse culturali del territorio provinciale costituisce tema normativo prioritario del
PTCP, nel senso che nessuna trasformazione del territorio e delle sue risorse può essere
consentita dagli strumenti urbanistici locali se non è sostenibile, se cioè, in generale, non
"è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la
possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri" 2, in particolare
dunque con riguardo anche al significato culturale di cui le risorse del territorio sono
ovvero devono essere dotate3.
I.1.2. L' interesse culturale. Tutte le risorse immobili, nessuna eccettuata, di cui il
territorio provinciale è dotato, sono pertanto considerate dal PTCP di interesse culturale,
perché
a) di qualità culturale significativa, da tutelare,
ma anche perchè
b) di qualità culturale insignificante ovvero dequalificante, da qualificare,
ovvero
c) di qualità culturale degradata, da recuperare.
I.1.3. L' azione di tutela. Ne consegue che secondo il PTCP la azione di tutela non si
riduce alla conservazione/recupero delle risorse valutate di qualità culturale significativa,
ma si estende alla trasformazione/recupero delle risorse per qualsiasi motivo sprovviste
di essa.
I.1.4. Le condizioni alla trasformazione. Il PTCP ed i PAI/PATI provvedono alla
tutela culturale del territorio di rispettiva competenza non soltanto recependo vincoli di
matrice legislativa imposti a protezione di alcuni beni culturali esistenti, ma altresì
disponendo condizioni ad ogni trasformazione ammissibile delle risorse esistenti.
Tali condizioni saranno diversamente adeguate, caso per caso, al grado di
sostenibile trasformabilità culturale cui ogni risorsa può essere assoggettata, tra le
condizioni "estreme"
a) della tutela conservativa assoluta d' una risorsa dotata di eccezionale interesse
culturale
e
b) della progettazione innovativa integrale d' una risorsa priva di significativa
qualità culturale.
1 L’ espressione risorse di nteresse culturale comprende non soltanto i cosiddetti beni culturali,, cioè le situazioni e gli stati dotati di significato culturale legislativamente riconosciuto, ma anche le situazioni e gli stati il cui significato culturale non è sembrato al legislatore egualmente apprezzabile allo stato di fatto, ed alla cui tutela o recupero o fondazione quindi le azioni consentite dagli strumenti urbanistici devono provvedere. 2 G:H:Brundland, presidente della commissione mondiale ONU per lo sviluppo e l’ambiente, Rapporto finale (sulla definizione di sviluppo sostenibile 3 Cfr. lr 11/2004, art.22, c.1,al.a) 4 Cfr.lr 11/2004, art.22, c.1 5 Cfr. lr 11/2004, art.22, c.1, al.j) 6 Cfr. lr 11/2004, art.2, c.1, al.b) 7 Cfr. lr 11/2004, art.2, c.1, al.b)
I.1.5. I caratteri culturali delle risorse. Il PTCP ripartisce tra due maggiori insiemi i
caratteri culturali, esistenti o di nuovo impianto progettuale, delle risorse del territorio:
ambedue portatori di significati attribuiti, ma
a) documentari
come testimonianze di significati antropologici/storicistici, gli uni
b) percettivi
come raffigurazioni di interpretazione soggettiva, gli altri.
I.1.6. Le risorse culturali di significato prevalentemente documentario. In particolare
il PTCP considera4 risorse culturali di significato prevalentemente documentario:
a) i centri storici
b) le Ville Venete
c) i complessi e gli edifici di pregio architettonico5
d) i siti archeologici
e) i nuovi insediamenti aggregati
f) gli insediamenti aggregati esistenti6
g) gli insediamenti sparsi esistenti7
h) i siti ed i manufatti di significato antropologico/storicistico
I.1.7. Le risorse culturali di significato prevalentemente percettivo. In particolare il
PTCP considera risorse culturali di significato prevalentemente percettivo:
a) le pertinenze ed i contesti figurativi comprendenti i beni documentari8
b) il paesaggio rurale e montano9
c) le aree di importanza naturalistica10
d) i "coni visuali" ed i panorami.
1.1.8. L' efficacia normativa delle previsioni di tutela. Il PTCP esercita efficacia
normativa per la tutela dei significati culturali delle risorse del territorio:
a) sui piani urbanistici comunali
b) sulle azioni dirette di trasformazione del territorio
per il tramite di prescrizioni e direttive 11 espresse nelle
a) norme tecniche
e/o nelle
b) indicazioni cartografiche progettuali.
Le prescrizioni divengono immediatamente efficaci con l' adozione del PTCP.
Le direttive divengono efficaci soltanto dopo che è stato adottata, dal Consiglio
11 Cfr.lr 11/2004, art.3, c.1
12 Cfr. dgr n.3178 dell' 8.10.2004 1 Cfr. Lr 11/2004, art.14, c.6. 2 Cfr. lr 11/2004, art.14, c.6, c)
3 Cfr lr 11/2004, art.10
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comunale di competenza, una variante di adeguamento degli strumenti urbanistici locali
vigenti alle direttive medesime.12
I. 2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
a) centri storici.
I.2.a.1. Centri storici. Il PTCP distingue, a fini normativi, tra
a) funzione insediativa
e
b) significati documentari
dei centri storici esistenti nel territorio provinciale.
I.2.a.2. Funzione insediativa. Il riconoscimento della funzione insediativa ("rango")
svolta dai centri storici, ovvero una diversa attribuzione di essa, competono alla
Amministrazione comunale, per il tramite della disciplina del PRC locale.
Il ruolo normatore del PTCP, a tale proposito, consiste nel dettare le
condizioni di tutela/attribuzione/recupero nel rispetto delle quali l' attribuzione di rango
ai centri storici non pregiudichi, in questi, l' interesse culturale dei significati
documentari e percettivi delle componenti insediative sia pubbliche che private
La Giunta provinciale, in sede istruttoria 1, interviene nei modi di legge ove
constati che le valutazioni e le determinazioni comunali implichino una insufficiente
tutela "delle invarianti di natura…storico-monumentale ed architettonica" 2, ad esempio
in ragione della "incompletezza del quadro conoscitivo" .
I.2.a.3. Significati documentari. La valutazione del significato documentario da
attribuire ai centri storici esistenti nel territorio della provincia è riferita dal PTCP allo
Atlante dei centri storici edito dalla regione del Veneto ed esteso a tutto il territorio
regionale.
Poiché esso, tuttavia, identifica strutture risalenti a non più di quattrocento anni
or sono (anche se da esse è possibile dedurre notizie o congetture circa preesistenze più
antiche), PAT/PATI dovranno destinare specifica attenzione alla analisi dei compendi
insediativi di non recente origine ovvero di trasformazione anche recente esistenti nel
territorio comunale, per identificare eventuali altre preesistenze di interesse culturale da
tutelare, e provvedendo così, oltre che alla loro tutela, alla integrazione ad hoc dei
sistemi informativi comunali. 3
6
I.2.a.4. Sarebbe inammissibile la pretesa di considerare i centri storici trevigiani
unicamente come oggetti di significato culturale, attribuendo di fatto a tutti essi
uno stesso ruolo di polarità indifferenziate nella rete del sistema insediativo della
provincia. Infatti:
- differenziati sono il loro impianto strutturale/tipologico storico,
per quanto trasformato/deformato dalle successive trasformazion, e le loro risorse
originarie;
- differenziate furono le funzioni, politiche sociali economiche e
culturali, che nel succedersi delle età, degli avvenimenti e dei poteri vennero loro
attribuite, o che essi esercitarono per iniziativa dei gruppi sociali protagonisti dei
cambiamenti, e che diedero loro forma struttura ed immagine;
- rispetto ad allora, predominante è divenuta sulle altre, con caratteri
e peso tendenziamente crescente, la funzione economica terziaria, al servizio sia
della produzione extra moenia dei beni, sia rispetto alla distribuzione di questi al
consumo finale;
- anche il "peso relativo" - economico e sociale, amministrativo e
culturale - o per meglio dire il loro rango è andato mutando contestualmente alla
mutazione sociale ed economica ed insediativa delle diverse contrade del territorio
provinciale.
Per ragioni come queste sarebbe errato sostenere una equivalenza tra
"centralità" e "dimensione" d' un centro storico: mentre la dimensione ne è propria,
la centralità costituisce espressione del nesso tra città e territorio - nesso che
esercita indubbiamente una funzione anche quanto al centro storico, ma non deriva
da esso soltanto per il fatto che "c'è".
I.2.a.5. In questa prospettiva perdono significato i meri progetti di assetto fisico e
funzionale (ad esempio, i "piani particolareggiati" delle leggi urbanistiche
regionali di prima generazione): la "questione territoriale" del recupero dei centri
storici non è riducibile alla loro conservazione - sia pure culturalmente avanzata - ,
al loro congelamento in quanto oggetti fisici: il PTCP pone in gioco la posta del
loro destino, in quanto sì oggetti urbanistici ed architettonici che scegliamo di
conservare perché riconosciamo in essi le nostre stesse radici, ma in primo luogo
perché le radici della cui conservazione essi ci assicurano documentano una storia,
delle tradizioni, una cultura, che noi, perché ci appartengono, cerchiamo di
proseguire - ma non per il tramite di mimetiche ripetizioni fuori del tempo - se è
vero che la prima lezione che i documenti che vogliamo conservare ci dànno è la
mutazione delle cose, sul supporto di strutture che con la loro immutabililità
4 Secondo l' atto di indirizzo e) di cui alla lr 11/2004, art.50, approvato con altri dalla Giunta regionale con atto n.3178 dell'8 ottobre 2004, i centri storici compresi in un territorio provinciale debbono venir
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garantiscono la ammissibilità e la coerenza degli interventi di trasformazione .
I.2.a.6. Se questa tesi è sostenibile, i nostri piani territoriali ed urbanistici - a
partire, e tanto più, dal PTCP - non devono essere, neppure per i centri storici,
meri disegni d' una forma urbis il cui destino futuro non sapremmo prevedere,
volendo pur tuttavia di essa conservare struttura ed aspetto congelandoli in forme
fisiche come quelle che conosciamo "qui adesso": i nostri piani saranno piuttosto
norme, capaci di dettare condizioni agli interventi ammissibili. A priori, ad
esempio, nessun diverso purchè compatibile uso di immobili preesistenti, se pure
tipologicamente predisposti per altre destinazioni dovrebbe essere impedito dal
PTCP, nè dovrebbe esserlo dai PRC, purchè determinate condizioni (ad esempio:
i caratteri significativi dell' impianto tipologico, ovvero le dotazioni di servizi
sociali nell’ intorno insediativo, ovvero la permanenza di non marginali funzioni
abitative) siano rispettate. Ovviamente il rispetto di tali condizioni può
determinare effetti più meno rilevanti sull' immobile che è oggetto dell' intervento
subordinato ad esse: in caso estremo, l'intervento può manifestarsi incompatibile
con esse, dovendo dunque venir impedito. (E' il caso, ad esempio, dell' impianto di
grandi strutture terziarie in impianti tipologici suddivisi da muri maestri e scale
interne in unità immobiliari plurime di contenuta dimensione, nelle quali il dato
caratterizzante da tutelare è costituito, oltre e più che dagli eventuali stilemi di
facciata, dal significato documentario di una preesistenza destinata ad attività ed
usi abitativi/artigianali/commerciali).
1.2.a.7. Ne risulta inequivocabilmente orientata la identificazione delle criticità
oggi desumibili da una analisi non condizionata da pregiudizi, luoghi comuni,
canoni stereotipi ed invece mirata alla ricerca dei modi di una strategia della
graduale riabilitazione dei centri storici, ed intanto del contenimento degli esiti
negativi della loro micro-trasformazione insediativa:
a) nell' insieme, la parcellizzazione dei centri storici in realtà anche
fortemente differenziate, al di là delle specificità originarie locali, per effetto di
trasformazioni disciplinate da intenti e norme non connesse in scenari territoriali
coerenti;
b) nello specifico locale, la difficoltà iniziale di re-interpretare strutture
urbanistiche ed architettoniche cercandone origine e caratteri ridotti, da
trasformazioni qualitativamente indifferenti quando non incaute in troppi
siti/situazioni, a meri contenitori di attività economiche, organizzati secondo
criteri ispirati innanzitutto all' utilità e talvolta al marketing, e cioè a ragioni che
classificati dal PTCP secondo tre livelli "qualitativi": 1. di notevole interesse; 2. di grande interesse; 3) di medio interesse. Secondo i parametri adottati dal PTCP di Treviso, di cui al seguente paragrafo 1.5.a.9, sembrerebbero di livello 1 i centri storici il cui "peso" non sia inferiore a 4; di livello 2. i centri storici ilcui "peso" sia compreso tra 4 e 3; di livello 3 gli altri. (Ci si deve chiedere, ad esempio, se l' esistenza di vincolo legislativo non comporti già di per sé il riconoscimento di notevole interesse, cioè di livello 1, al bene assoggettato ad esso.)
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tendono a superare, contraddicendoli, un ordinato uso delle risorse offerte dall'
impianto urbanistico e dalle forme architettoniche, e coinvolgendo inoltre la stessa
tutela delle funzioni radicate da storia e tradizioni culturali, , in definitiva la loro
stessa conservazione per la memoria e l' identità delle generazioni future;
c) il deliberato ignorare i legamenti strutturali che in altri tempi hanno
connesso le cellule costitutive dei centri storici in più o meno complesse unità
urbanistiche ed architettoniche, connesse dalla coerente rete dei percorsi
convergenti a non casuali localizzazioni del sacro, del civile, del sociale ;
d) la tendenza a non dare spazio, negli interventi di trasformazione, alla
tutela/ri-composizione degli elementi architettonici "minori" di quello che oggi
definiremmo "arredo urbano", il cui significato quando non la stessa esistenza
sono sovente soffocati quando non sopraffatti dalla arroganza di dequalificati
inserimenti edilizi recenti;
e) le tendenze ancor oggi dominanti, e sostenute tra l' altro dalla più recente
legislazione in materia di beni culturali/ambientali, verso una tutela dei beni
culturali riservata esclusivamente alle forme architettoniche considerate di
significato singolare se non eccezionale, abbandonando al mercato edilizio
speculativo la trasformazione della continuità dei tessuti insediativi, cioè in
definitiva i centri storici stessi propriamente considerati, come dovrebbero, nella
loro inscindibile unità compositiva;
f) la perdurante utilizzazione dello strumento giuridico del vincolo come
garanzia conservativa del bene culturale singolare/eccezionale - in realtà, nella
maggior parte dei siti e delle situazioni garanzia unicamente del proseguimento
d'un loro lento degrado, ovvero semmai - e salve significative eccezioni - del
recupero dei valori architettonici "di facciata" di corpi di fabbrica insigni per
forma, nell' arbitrio della trasformazione/deformazione/distruzione dei loro
caratteri tipologici, testimoni - anche ed ancor più degli stilemi architettonici - di
una cultura e di tradizioni di vita e di lavoro che degli edifici stessi costituirono, a
loro tempo, ragion d' essere - ed ai quali occorrerebbe invece, oggi, porre totale
attenzione, non certo verso una loro mimetica ripetizione, bensì verso la ricerca di
modi compatibili per la loro nuova fruizione, secondo diversi modelli di vita, con
diverse utilità;
g) la indiscriminata domanda di mobilità di persone e merci, esercitata ad
ogni ora del giorno sulla rete delle strade storiche;
h) la propensione a non considerare quello che si potrebbe definire "profilo
esterno" dei centri storici, disperdendo nuova edificazione nel suolo extra moenia
perimetrale, determinando così il graduale trasformarsi delle sky line urbane
1 Istituto Regionale delle Ville Venete, Ville Venete, la Provincia di Treviso,. I.R.Ville Venete e Marsilio editori, 2001.
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storiche in disordinate aggregazioni di profili casuali, anche architettonicamente
privi di ogni regola che non sia di mera geometria volumetrica , e conglobando in
questa aggregazione le preesistenze storiche ancora esistenti nel contiguo;
i) il peso anche ma non soltanto economico-finanziario delle politiche di
tutela, e cioè di un impegno di prevalente interesse generale non sostenuto
adeguatamente non soltanto dalla cultura locale, ma dalla stessa normazione;
l) la dispersione casuale nei tessuti insediativi storici delle iniziative private
di intervento, non connesse da norme specifiche e coordinate di comportamento
in unità coerenti con gli impianti urbanistici ed architettonici preesistenti;
m) la tendenza, soprattutto nei centri storici "maggiori", a quella che oggi
definiamo "terziarizzazione" delle aree centrali urbane, e cioè alla sostituzione
delle presenze abitative con attività economiche di presenza e frequentazione
prevalentemente diurna, con il risultato del progressivo abbandono notturno degli
spazi collettivi dei centri storici e quindi, tra l' altro, del ridursi delle condizioni di
sicurezza sociale, oltre che della distruzione irreversibile di legamenti sociali
garanti della qualità di vita urbana;
n) la tendenza alla scomparsa del tessuto artigianale-commerciale minuto di
servizio"alla porta di casa";
o) in particolare, la tendenza all' allontanamento dai centri storici dei nuclei
famigliari di più recente formazione;
p) la tendenza alla ghettizzazione per nuclei appartenenti ad un medesimo
contesto insediativo ma sovente lontani per cultura e censo, impediti ad ogni
solidarietà sociale da una deliberata incomunicabilità;
q) lo snaturamento della funzione dei mercati all' aperto per l' incontro
sociale, irrealizzabile nelle grandi strutture di market che vanno sostituendosi ad
essi nella distribuzione dei beni al consumo finale delle famiglie;
r) lo sfruttamento dei centri storici"minori" come occasione per
implementare, all' intorno, l' edificato abitativo e produttivo, ripetendo standard
urbanistici ed edilizi privi di ogni specificità locale nel territorio agricolo lungo la
rete delle sedi viarie di connessione;
s) il sostegno economico ai bilanci comunali garantito dai tributi di
urbanizzazione;
t) la insufficiente qualità della progettazione urbanistica ed architettonica,
favorita dall' indifferenza dei promotori, in specie ma non soltanto economici,
delle trasformazioni.
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I.2.a.8. Qualificazione documentaria4. Il PTCP differenzia il significato dei centri
storici insediati nel territorio provinciale avvalendosi di parametri standard come i
seguenti , ed attribuendo ad ognuno di essi un "peso" convenzionalmente variabile da 0
ad 1:
a) vincolo legislativo
b) densità delle permanenze storiche
c) estensione dell' edificato storico caratterizzato dalla compresenza di emergenze
d) riconoscibilità dell' impianto urbanistico
e) stato complessivo di conservazione
f) contesto paesaggistico.
PAT e PATI riprenderanno questa classificazione senza modificarla, ma se
necessario articolandone i parametri di qualificazione, ed adeguando i "pesi"
conseguenti con riferimento specifico alla realtà locale.
I.2.a.9. Interesse sovracomunale. Iil PTCP riconosce, convenzionalmente e senza
effetti normativi, un significato culturale di interesse sovracomunale:
a) ai centri storici il cui "peso", misurato dai precedenti parametri, non sia inferiore
a 4, ed oltre ad essi
b) ai centri storici riconosciuti come d' interesse sovracomunale per altri motivi
non considerati dai parametri standard di cui sopra, quando la constatazione sia accettata
dalla Amministrazione provinciale.
I.2.a.10. Caratteri culturali d' interesse documentario dei centri storici. La
considerazione dell' interesse culturale documentario dei centri storici sarà
sistematicamente estesa da PAT/PATI , per ogni centro storico individuabile come tale,
e cioè per ogni aggregato insediativo di origine precedente il XX secolo, almeno a:
a) perimetro
b) ordìto insediativo complessivo
c) percorsi viari
d) piazze, percorsi porticati e spazi urbani aperti
e) verde pubblico e privato
f) acque di superficie
g) singole cellule insediative
h) singoli corpi di fabbrica
i) singole pertinenze inedificate
l) manufatti
m) ordito delle coperture
1 Cfr.lr 11/2004, art.22, c.1, al.j)
2 Cfr.lr 11/2004, art.10
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I.2.a.11. Documentazione tipologica. Criteri generali per l' analisi dei centri storici,
considerati in tutte le loro componenti (come quelle elencate al paragrafo precedente, ed
altre) e per la normazione degli interventi in essi, sono disposti con efficacia prescrittiva
dalle Norme Tecniche del PTCP, e saranno specificati ed integrati con pari efficacia
prescrittiva dai PAT/PATI, considerando i seguenti riferimenti documentari.
a) le strutture dei centri storici esistenti nel territorio trevigiano non sono
complessivamente omogenee, né tra centri storici diversi né all' interno del medesimo
ordìto costitutivo d' ognuno, anche in ragione di trasformazioni/rifacimenti intervenuti
nel tempo. E' quindi necessario che la disciplina dettata da PAT/PATI per gli interventi
ammissibili nei centri storici locali sia caratterizzata in ogni strumento urbanistico da
riferimenti articolati alle specifiche tipologie insediative ed edilizie esistenti in essi;
b) ne consegue che nei PAT/PATI ogni proposta di programmi e di progetti di
intervento nei centri storici deve essere giustificata e sostenuta da una analisi delle
categorie tipologiche preesistenti, basata su ricerca documentaria, storica e funzionale, e
riferita alla storia politica ed economica del contesto territoriale, ed alle tracce lasciate da
questa sia sugli spazi fisici che nei documenti d' archivio, in un succedersi di
trasformazioni che, avendo lasciato segni percepibili sia nella struttura del centro storico
che nella struttura dei singoli edifici, occorre indagare per accertare di ognuna i gradi di
trasformabilità, o l' invariabilità;
c) PAT/PATI definiranno pertanto, per ognuna delle componenti significative dell'
insieme insediativo indagato, classi tipologiche di assetto insediativo, intendendo con
questo termine, ad esempio, una cellula urbana unitaria caratterizzata dalla composizione
non "spontanea" di un corpo di fabbrica principale, suoli inedificati di servizio ovvero
risolti a giardino o parco, corpi di fabbrica minori - tipologicamente predisposta, ad
esempio al piano terreno per attività commerciali, ai piani superiori per abitazione…. Lo
scopo di questa analisi per classi tipologiche di assetto insediativo consiste nell'
identificazione non tanto di impianti funzionali originari, ma piuttosto degli esiti fisici e
funzionali delle destrutturazioni e delle trasformazioni che hanno accompagnato le
mutazioni intervenute nel centro storico durante il trascorrere dei secoli, in prevalente
corrispondenza, di norma, con le fasi diverse della vita politica, economica e sociale
locale;
d) la periodizzazione storica è essa medesima da riferire dai PAT e dai PATI non
ad età "auree" od "ufficiali" della letteratura storica, ma all' intensità ed ai caratteri della
trasformazione fisica e funzionale dell' aggregato insediativo, cioè alle specificità delle
vicende storiche particolari di esso. Questo modello di analisi porterebbe a riconoscere
ad esempio, nella struttura dei centri storici trevigiani, i segni residui (ed intrecciati), sia
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pure diversi, di incastellamento, di impianto di funzioni agricole, di resti delle cerchia
murarie, di piazze, e poi di parcellizzazione fondiaria medievale, di assetto funzionale e
morfologico dell' età mercantilistica ed artigianale, di riqualificazione residenziale del
Settecento, di effetti della trasformazione da concentrazione di botteghe artigianali a
coacervo di fabbriche/laboratori, di decollo della iniziativa immobiliare della borghesia
dei rentier, di pianificazione ottocentesca di quartieri (allora) periferici…;
e) l' analisi condotta secondo simili criteri condurrà ad una classificazione
tipologica meta-storica delle componenti significative del centro storico, da assumere
come riferimento significativo per il condizionamento di interventi che, se pure promossi
dal presupposto degli intenti di profitto proprietario e/o imprenditoriale, potranno venire
consentiti esclusivamente se rispettosi dei caratteri riconosciuti da codesta analisi
tipologica, per quanto complesse possano esserne le residue tracce compresenti.
I.2.a.12. I modi della tutela/1. Queste premesse condurranno ad escludere, negli
interventi sulle componenti tipologiche caratterizzanti dei centri storici:
a) "restauri mimetici", cioè mirati ad esempio a ricostruire la "età aurea" della
cellula, più frequentemente fatta coincidere con il suo primo impianto, oppure su una sua
radicale ristrutturazione sei-settecentesca, il cui esito sarebbe di inammissibile "falso
storico";
b) all' estremo opposto, interventi di "liberazione" ovvero di "sventramento", cioè
mirati ad esempio a conservare esclusivamente le cortine murarie d' ambito degli edifici
maggiori demolendone totalmente gli interni (solai, scale, androni…) ed inoltre i corpi di
fabbrica minori, per ricostruirli secondo tipi immobiliari attuali "di più agevole mercato".
L' esito ne sarebbe la distruzione delle tipologie caratterizzanti dell' ordìto insediativo e
degli organismi edilizi del centro storico, e con esse la scomparsa delle testimonianze di
altre età di vita e di cultura nelle quali riconosciamo le nostre radici storiche, per lasciarci
scatole (edifici o sedi viarie) vuote di significato non decorativo.
I.2.a.13. I modi della tutela/2. In alternativa a simili interventi, che PAT/PATI dovranno
totalmente escludere, saranno consentiti, nei centri storici:
a) interventi certamente capaci anche di dare esito positivo agli intenti economici
dei promotori, ma a condizione di essere rispettosi degli impianti tipologici e di tutti i
loro segni caratterizzanti ancora esistenti, per quanto complesso possa esserne lo stato di
fatto risultante dalle trasformazioni d' uso e fisiche indotte da esigenze e culture del loro
tempo;
b) graduale ripristino delle configurazioni, dimostrate da documenti d' archivio o
da attendibili congetture, attualmente distrutte e sostituite da interventi recenti specie se
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privi di interesse culturale;
c) accesso pubblico ad attività commerciali aperte anche verso l' interno
inedificato delle cellule insediative;
d) unicamente negli stati di totale, constatata irrecuperabilità fisica di consistenze
storiche non tutelate da vincoli legislativi, l' impianto di nuovi ordìti insediativi di
tipologia, materia ed immagine non necessariamente riferite ai moduli stilistici
compresenti nel sito d' intervento od intorno ad esso
e) selezione dei progettisti degli interventi.
I.2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
b) Ville Venete.
I.2.b.1 Riferimento documentario. La valutazione del significato documentario da
attribuire alle Ville Venete esistenti nel territorio della provincia è riferita dal PTCP al
documento"Ville Venete: la provincia di Treviso". pubblicato dall' Istituto Regionale
delle Ville Venete 1
I.2.b.2 Qualificazione documentaria.Il PTCP differenzia il significato delle 768 Ville
Venete catalogate dalla pubblicazione richiamata al paragrafo precedente, avvalendosi di
parametri standard di qualificazione, ad ognuno dei quali è stato attribuito un "peso"
variabile da 0 ad 1:
A. vincolo legislativo
B. epoca di primo impianto della costruzione ovvero della sua trasformazione all'
aspetto attuale
C. autore
D. stato complessivo di conservazione delle caratteristiche edilizie e compositive
E. contesto paesaggistico e coerenza tra villa e contesto
PAT/PATI riprenderanno questa classificazione, senza modificarla ma se
necessario articolandone i parametri di qualificazione, ed adeguando i "pesi"
conseguenti con riferimento specifico alla realtà locale.
I.2.b.3. Interesse sovracomunale. Il PTCP riconosce convenzionalmente rango di
interesse sovracomunale:
a) alle Ville Venete il cui "peso" misurato dai precedenti parametri, non sia
inferiore a 4
ed oltre ad essi
1 Cfr.lr 11/2004, art.2, c.1, al.c)
2 Il PTCP denomina „frange urbane“ le aree insediative comprese tra la cosìdetta “città consolidata” ed il territorio agricolo esterno all’agggregato urbano. Poiché la letteratura urbanistica denomina città consolidata l’ aggregato insediativo realizzato prevalentemente prima della legge urbanistica 1150/1942, di fatto sono “frange urbane” le attuali periferie, formatesi nella seconda metà del ‘900 , tra le maglie di strumenti urbanistici non più che “regolamentari”.
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b) alle Ville Venete riconosciute convenzionalmente "d' interesse sovracomunale"
anche per altri motivi non considerati dai parametri standard di cui sopra, quando la
constatazione risulti da fonte significativa e sia accettata dall' Amministrazione
provinciale.
I.2.b.4. Documentazione tipologica. Criteri per l' omogenea valorizzazione del carattere
documentario delle ville venete a necessaria premessa della normazione degli interventi
ammissibili in esse sono disposti con efficacia prescrittiva dal PTCP considerando che:
a) nel proprio assieme le Ville Venete esistenti nel territorio provinciale sono
dotate di caratteri non omogenei, anzi fortemente diversificati;
b) non molte di esse sono ancora utilizzate per usi omogenei all' impianto
originario, prevalentemente abitativo: in prevalenza, esse sono in stato di abbandono se
non di degrado;
c) non poche sono state circondate da una crescita di periferie urbane non
pianificata o comunque non attenta alla tutela del compendio insediativo complessivo
(edificio maggiore, barchesse, abitazioni dei contadini, aree a parco e giardino, podere e
così via) della Villa;
d) pertanto, nella formazione dei PAT/PATI, e poi in premessa ad ogni proposta di
programmi e di progetti di intervento nelle Ville Venete l' attenzione normativa alla
tutela del bene documentario dovrà estendersi all'intero compendio insediativo d' ogni
Villa, essendo a tal fine giustificata e sostenuta da una analisi delle categorie tipologiche
caratterizzanti di esso, basata su ricerca storica e funzionale anche d' archivio riferita sia
alle teorie sull'urbanistica, architettura, arte dei giardini, assetto dei suoli agrari
ufficialmente manifeste nel tempo della Villa, sia alla storia politica ed economica dell'
intorno, ed alle tracce impresse da essa su assi viari, tessuti edilizi, emergenze
significative;
e) PAT/PATI definiranno pertanto classi tipologiche di compendio insediativo
delle Ville Venete esistenti nel territorio comunale di competenza, intendendo con
questo termine una micro-cellula urbanistica/edilizia caratterizzata ad esempio dall'
insieme di un corpo di fabbrica principale, corpi di fabbrica minori, suoli inedificati a
parco/giardino ed a servizio dei corpi di fabbrica, suoli agricoli del podere…Lo scopo
dell' analisi per classi tipologiche consiste non tanto nell' identificazione degli organismi
funzionali originari, quanto piuttosto nella analisi degli esiti fisici e funzionali delle
destrutturazioni e delle trasformazioni che hanno accompagnato la vita del compendio
insediativo nel trascorrere dei secoli ed in corrispondenza, di norma, con le fasi diverse
della vita politica, economica e sociale;
f) la periodizzazione storica è essa medesima da riferire dai PAT e dai PATI non
1 Cfr. Dpr 380/2001, t.II, c.II
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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ad età "auree" od "ufficiali" della letteratura storica, ma all' intensità ed ai caratteri della
trasformazione economica del territorio agricolo locale, cioè alle specificità delle vicende
storiche particolari di esso;
g) l' analisi condotta secondo simili criteri condurrà ogni PAT/PATI ad una
classificazione tipologica meta-storica delle Ville Venete locali, da assumere come
riferimento attendibile e significativo per il condizionamento normativo di interventi
che, se pure dettati dal presupposto degli intenti di profitto proprietario e/o
imprenditoriale, potranno venire consentiti esclusivamente se rispettosi dei caratteri
riconosciuti dall' analisi, per quanto complesse possano esserne le tracce compresenti.
I.2.b.5. I modi della tutela/1. Queste premesse condurranno ad escludere, negli
interventi sulle componenti tipologiche caratterizzanti delle Ville Venete:
a) meri "restauri mimetici", mirati cioè a restaurare/ricostruire stilemi forme
architettoniche e decorazioni esterne od interne, il cui esito sarebbe di inammissibile
"falso storico formale";
b) all' estremo opposto, interventi di "liberazione" ovvero di "sventramento", cioè
mirati a conservare esclusivamente le cortine murarie d' ambito degli edifici appartenenti
al compendio demolendone gli interni (solai, scale, androni…) per ricostruirli secondo
tipi immobiliari "attuali". L' esito ne sarebbe la distruzione delle tipologie caratterizzanti
degli organismi edilizi, e dunque della testimonianza di età di vita e di cultura nelle quali
riconosciamo, al di là degli elementi formali riferibili alla storia degli stili architettonici,
la più significativa ragion d' essere della villa.
I.2.b.6. i modi della tutela/2. In alternativa a simili interventi, che PAT e PATI
dovranno totalmente impedire, stanno
a) interventi capaci certamente di dare esito positivo agli intenti economici dei
promotori, ma essendo al tempo stesso rispettosi degli impianti tipologici e dei loro
segni caratterizzanti interni ed esterni (scale, solai, impianti di giardino/parco, e simili)
ancora esistenti, per quanto complesso possa esserne lo stato di fatto come risultante dai
diversi usi indotti dalle esigenze e dalle culture dei tempi attraversati, e dalle intrusioni
intervenute nel frattempo;
b) la possibile, soltanto in quanto priva di alternative altrimenti risolutrici,
formazione di quinte arborate a protezione di eventuali punti di vista protagonisti ("coni
visuali") deteriorati da precedenti interventi intrusivi;
- recupero naturalistico/paesistico degli impianti a parco e/o giardino appartenenti
alla storia del compendio;
- per quanto possibile, recupero naturalistico/paesistico dei suoli agricoli
16
appartenenti alla storia del compendio, ed in particolare dei loro caratteri "minuti"
(acqua, siepi, aree arborate, filari, muretti, fossi, aberi isolati e così via)
- selezione per concorso dei progettisti degli interventi.
I.2. Interesse culturale documentario delle risorse territoriali.
c) Complessi ed edifici di pregio architettonico.
I.2.c.1. Riferimento documentario. Il PTCP considera, oltre alle Ville Venete, due altri
grandi insiemi di complessi ed edifici di interesse documentario (denominati dalla
legge urbanistica regionale, forse riduttivamente, "di pregio architettonico"1):
a) beni assoggettati a vincolo di matrice legislativa in quanto riconosciuti
"monumenti di interesse nazionale" (case, palazzi, castelli, rocche, ruderi, e così via per
un totale di 1520 immobili nel territorio provinciale);
b) complessi ed edifici "di pregio architettonico"1 (edilizia rurale tipica, case
padronali, ville, paleoarchitetture industriali, castelli e fortezze) non vincolati, e posti
prevalentemente in evidenza dalla tutela cui sono sottoposti dagli strumenti urbanistici
locali.
I.2.c.2. Ricerca documentaria. PAT e PATI riprenderanno queste elencazioni
confrontandole con le situazioni di fatto, precisandole e se necessario
modificandole/integrandole per verificare, nel territorio di rispettiva competenza,
effettive presenze e significato delle preesistenze insediative di interesse culturale.
Si deve rilevare che ambedue gli insiemi sopra considerati risultano, ad oggi,
non adeguatamente documentati, talvolta neppure quanto alle stesse localizzazioni,
presso le Sedi istituzionali competenti alla loro tutela. In particolare, l'unica fonte
informativa riguardante il secondo insieme, cioè gli immobili non assoggettati a vincolo
di matrice legislativa, risulta costituita dalle annotazioni recate dagli strumenti urbanistici
comunali.
In ordine a ciò PAT/PATI dovranno pertanto provvedere alla raccolta e/o all'
adeguamento delle informazioni necessarie in premessa alla formazione della disciplina
per la loro tutela, mediante una specifica ricerca documentaria, anche in base a
testimonianze giacenti presso gli archivi municipali, gli archivi notarili, le parrocchie, le
famiglie gentilizie locali, ed ogni altra fonte disponibile, oltre che in base a sistematiche
campagne di ricerca delle preesistenze territoriali, e/o delle loro tracce.
I risultati di queste indagini saranno da documentare con ogni informazione
1 "Il paesaggio, nell' accezione più corrente del termine, indica un àmbito territoriale così come si presenta ad un osservatore", in La rivista dell' urbanistica, Regione Piemonte, n.4/2005. 2 Se è vero che le raffigurazioni non possono esistere senza le “cose” che le suggeriscono, sta di fatto che i significati culturali che attribuiamo loro vanno oltre esse: secondo Husserl, filosofo della Gestalt, una macchia di alberi ed un filare di alberi non sono identici insiemi di alberi, quando li consideriamo raffigurazioni e non configurazioni attribuendo loro significati che prescindono dal numero di alberi che li compongono, dalla loro essenza, dalla natura del sottosuolo e così via. 3 Per analogia, si richiama qui la definizione di paesaggio data dalla Enciclopedia universale dell' arte, vol.X: "…si definisce paesaggio ogni dipinto che rappresenti una veduta nella quale la rappresentazione dello spazio naturale sia presa a soggetto o prevalga sull' azione delle figure".
4 Cfr. Lr 11/2004, art.13, c.2.
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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raccolta, e saranno inseriti nei sistemi informativi comunali per convergere ad integrare,
se necessario, il quadro conoscitivo 2.
La ricerca così condotta da PAT/PATI dovrà essere estesa alle relative
pertinenze ed ai contesti figurativi2 delle preesistenze considerate, intendendo con queste
espressioni, oltre ai meri "coni visuali" da punti di vista privilegiati, ben diversamente i
compendi immobiliari, edificati e non, connessi alla "cosa" individuata ( e cioè ad
esempio, nelle campagne e negli aggregati insediativi minori, ai suoli storicamente
riferibili al podere di cui essa costituì il fulcro materiale).
I.2.c.3. Documentazione tipologica. Criteri per l' omogenea valorizzazione del carattere
documentario dei complessi ed edifici sia vincolati per disposto legislativo che "di
pregio architettonico", a necessaria premessa della normazione degli interventi
ammissibili in essi, sono disposti con efficacia prescrittiva dal PTCP considerando che:
a) in complesso essi sono dotati di caratteri fortemente diversificati;
b) non molti di essi sono ancora utilizzati per usi omogenei all' impianto
originario; - non pochi sono stati circondati da una crescita di periferie
urbane non pianificata o comunque non attenta alla tutela dei compendii insediativi di
complessivo interesse documentario, né tanto meno delle loro pertinenze;
c) a buona ragione, pertanto, nella formazione dei PAT e dei PATI, e poi in
premessa ad ogni proposta di programmi e di progetti di intervento in tali "complessi ed
edifici" l' attenzione normativa alla tutela del bene documentario deve estendersi
all'intero loro compendio insediativo, essendo a tal fine giustificata e sostenuta da una
analisi delle categorie tipologiche caratterizzanti di essi, basata su ricerca storica e
funzionale anche d' archivio riferita sia alle teorie sull' urbanistica, architettura ed arte dei
giardini prevalenti nel tempo sia alla storia politica ed economica dell' intorno se non d'
ogni edificio, ed alle tracce impresse da essa su assi viari, tessuti edilizi, emergenze
significative;
d) PAT e PATI definiranno pertanto classi tipologiche di compendio insediativo
dei "complessi ed edifici" esistenti nel territorio comunale, intendendo con questo
termine una micro-cellula urbanistica/edilizia caratterizzata dalla propria autosufficienza
funzionale e formale. Lo scopo dell' analisi per classi tipologiche consiste non tanto nell'
identificazione degli organismi originari, quanto piuttosto nella analisi degli esiti fisici e
funzionali delle destrutturazioni e delle trasformazioni che hanno accompagnato la vita
del compendio insediativo nel trascorrere dei secoli in corrispondenza, di norma, con le
fasi diverse della vita politica, economica e sociale;
e) la periodizzazione storica è essa medesima da riferire dai PAT e dai PATI non
ad età "auree" od "ufficiali" della letteratura storica, ma all' intensità ed ai caratteri della
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trasformazione economica e politica del territorio e delle attività locali, cioè alle
specificità delle vicende storiche particolari di esso;
f) l' analisi condotta secondo simili criteri conduce ogni PAT/PATI ad una
classificazione tipologica meta-storica dei locali "complessi ed edifici", da assumere
come riferimento attendibile e significativo per il condizionamento normativo di
interventi che, se pure dettati dal presupposto degli intenti di profitto proprietario e/o
imprenditoriale, possono venire consentiti esclusivamente se rispettosi dei caratteri
riconosciuti dall' analisi, per quanto complesse possano essere le tracce compresenti.
I.2.c.4. I modi della tutela/1. Queste premesse condurranno ad escludere, negli
interventi sulle componenti tipologiche caratterizzanti gli immobili qui considerati
- meri "restauri mimetici", mirati cioè a ricostruire soltanto stilemi architettonici
esterni od interni, il cui esito sarebbe di inammissibile "falso storico formale";
- all' estremo opposto, interventi di "liberazione", cioè mirati a conservare
esclusivamente le cortine murarie d' ambito degli edifici appartenenti al compendio
demolendone gli interni (solai, scale, androni…) per ricostruirli secondo tipi immobiliari
"attuali". L' esito ne sarebbe la distruzione delle tipologie caratterizzanti degli organismi
edilizi, e dunque della testimonianza di età di vita e di cultura nelle quali riconosciamo,
al di là delle forme riferibili alla storia degli stili architettonici, la più significativa ratio
di essi.
I.2.c.5. I modi della tutela/2. In alternativa a simili interventi, che PAT e PATI
dovranno impedire senza eccezioni, saranno ammissibili:
- interventi che per quanto capaci di dare esito positivo agli intenti economici dei
promotori, siano al tempo stesso rispettosi degli impianti tipologici e dei loro segni
caratterizzanti interni ed esterni (scale, solai, impianti di giardino/parco, suoli e simili)
ancora esistenti, per quanto complesso possa esserne lo stato di fatto come risultante dai
diversi usi indotti dalle esigenze e dalle culture dei tempi attraversati;
- la possibile, in quanto priva di alternative altrimenti risolutrici, formazione di
quinte arborate a protezione di punti di vista protagonisti ("coni visuali") deteriorati da
precedenti interventi intrusivi;
- recupero naturalistico/paesistico degli impianti a parco e/o giardino appartenenti
alla storia del compendio insediativo;
- per quanto possibile, recupero naturalistico/paesistico dei suoli agricoli
appartenenti alla storia del compendio, ed in particolare dei loro caratteri
Oltre a queste tipologie urbane di antichissima origine, dunque, si affiancano dei nuclei abitati che sono
invece frutto dell’influsso veneziano e che vennero a formarsi grazie alla nascita delle tenute agricole
dipendenti dalle imponenti dimore di campagna dei nobili patrizi veneziani (es.: Villa Emo a Fanzolo).
Scendendo verso la pianura, via via lo spazio tra gli insediamenti si dilata ma i centri abitati divengono
più consistenti e più articolati.
Attorno ai nuclei originari e alle città murate – caratterizzate per lo più dalla presenza di edifici in linea
attigui l’uno all’altro e dotati di portico attestato sulla via principale e di cortile retrostante - si estendono
zone periferiche di recente edificazione che perdono le caratteristiche della irregolarità e della
spontaneità. Sorgono le frange di lottizzazione periurbana, cadenzate in quartieri caratterizzati per lo più
dalle linee del primo dopoguerra. Verso le fasce più esterne poi, la spinta economica allo sviluppo
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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industriale ha generato la nascita di zone industriali che si collocano, quasi inevitabilmente, al limite dei
vari territori comunali.
Nelle zone di aperta campagna, invece, si coglie la presenza dei borghi rurali, raccolti attorno la casa
dominicale del padrone; fienili, stalle, magazzini si compongono assieme formando cortili ed aie aperte. Il
complesso rurale non è fatto solo per produrre, nel tempo si trasforma in borgo da abitare. Ecco il caso di
tutti quegli insediamenti sparsi e puntiformi che caratterizzano assai bene la nostra provincia e anche la
terra veneta. Il latifondo si trasforma; frazionandosi dà origine ad una suddivisione fondiaria sempre più
minuta.
A volte, delle teorie agrarie hanno determinato la forma stessa di un insediamento, come nel caso di
Badoere, impianto disegnato sulla necessità dell’allocazione di un grande mercato agricolo.
Una certa logica nella formazione di altri microscopici aggregati urbani è rintracciabile, infine, nella
occasione delle intersezioni del cardo e decumano romani. Buona parte della pianura trevigiana, infatti, ne
è segnata. Tra i casi più evidenti Edificio, Caselle, etc.
Altri insediamenti sono giustificati, invece, dalla presenza di corsi d’acqua e si attestano su essi
collegandosi al territorio con strade ortogonali al fiume stesso.
Oltre che per impianto, la qualità dei centri storici è definibile sulla base della tipologia e conservazione
dell’edificato.
Osservando la consistenza degli aggregati urbani antichi sparsi sul territorio si potrà notare come le loro
caratteristiche tipologiche generali varino in funzione dell’area geografica e dei materiali da costruzione
disponibili in zona. Nella fascia pedemontana, ad esempio, saranno più facili a vedersi costruzioni erette
utilizzando ‘masegno’ (sasso a spacco) e pietra locale, mentre nella pianura del Piave si incontreranno
rustici costruiti con corsi di ciotoli di fiume regolarizzati saltuariamente da corsi di tavelle in cotto.
Queste caratteristiche intrinseche in ogni centro, frutto di tecniche e materiali fortemente connessi con
l’area geografica in cui si è sviluppato l’abitato, sono proprio quelle stesse peculiarità per cui si va
formando una tipologia di paesaggio, ovvero un’unità ambientale – paesaggistica. Anche dal punto di
vista edilizio, cioè, non solo da quello ambientale, è possibile riconoscere delle caratteristiche che
rendono omogenea un’area.
Confrontando la distribuzione delle macroaree relative alle unità minime di paesaggio con le
caratteristiche dell’edificato nelle diverse zone si è rilevato che, pur risentendo l’aspetto architettonico,
ovvero le tipologie edificatorie di un’area al paesaggio della stessa, non sono così seccamente
individuabili dei termini di parallelismo unità di paesaggio naturale – unità di paesaggio antropico tali da
corrispondersi perfettamente. Emergono, invece, delle caratteristiche architettoniche – tipologiche più
generalizzate che si possono sintetizzare in tre macroaree, ossia bassa e alta pianura e zona pedemontana.
La bassa pianura corrisponde all’area di deposito delle sabbie dei limi e delle argille, dovuto al lento
fluire delle acque verso la foce, mentre l’alta pianura corrisponde alla zona di sedimentazione dei detriti
40
alluvionali più grossolani trasportati dal turbolento irrompere delle antiche fiumane dalle vallate
prealpine. Non si tratta di due zone con larghezza uniforme nettamente distinte, infatti vi è una larga
fascia di transizione, che peraltro occupa una parte considerevole della provincia di Treviso, detta zona
delle risorgive dove assistiamo all’affioramento di falde freatiche. Queste considerazioni possono
sembrare poco inerenti il nostro campo di indagine, tuttavia rappresentano un primo sostanziale
condizionamento delle forme di utilizzazione del suolo, la configurazione degli insediamenti e la scelta
dei materiali da costruzione.
La diffusione del laterizio nella bassa pianura è stata determinata dalla grande disponibilità e diffusione
di argilla presente nei terreni, mentre nell’alta pianura è facile riscontrare, soprattutto nel bacino del
Piave, una certa prevalenza nell’uso del ciottolo di fiume misto a mattone.
L‘area collinare costituisce una continuazione, in ambiente roccioso, dell’alta pianura. Il legno è molto
utilizzato per la costruzione dei manufatti rurali della zona, soprattutto nelle opere di carpenteria delle
coperture e nella costruzione dei caratteristici ‘piol’, ovvero dei ballatoi che si snodano sui fronti
principali, quasi sempre rivolti a sud, particolarmente diffusi nell’area dell’asolano, del cisonese e della
Valcavasia.
Il sasso o masegno e la pietra locale sono i due materiali principalmente utilizzati nell’area pedemontana,
dove il laterizio si è inserito solo in epoca moderna, anche a fronte dello sviluppo industriale delle
fabbriche di laterizi sorte in territorio di Possagno.
Variazioni tipologiche concrete sono poi rintracciabili nella presenza, forma e profondità dei portici o
porticati, che nella bassa pianura sono abbastanza profondi, molto aperti e retti da ampie arcate a tutto
sesto o a sesto ribassato rette da pilastri, mentre nell’area pedemontana diventano meno profondi, non
presentano archi ma architravi lignei, retti qualvolta da colonne o da esili piastrini e succeduti ai piani
superiori da uno o più ballatoi lignei – quando invece il portico non scompare per divenire un vano aperto
passante per il ricovero dei carri e degli attrezzi.
1.1.2 Stato di fatto_ Analisi
Si è assistito ad una progressiva modificazione dell’immagine dei centri storici. Tale mutazione dei
connotati specifici di ogni piccolo borgo è stata causata da una generale mancata sensibilità nei confronti
delle caratteristiche edilizie, urbanistiche e compositive degli agglomerati stessi. Spesso il colore
complessivo dell’abitato, così connaturato nel paesaggio collinare derivava dall’utilizzo di determinati
tipi di sabbie di fiume o di materiale calcareo o lapideo proveniente da cave locali. La pavimentazione
delle vie, realizzata in acciottolati di sassi del Piave, piuttosto che utilizzando ‘masegno’, sasso a spacco
o, più recentemente, cubetti di porfido, contribuiva all’impressione coloristica e paesaggistica finale. La
progressiva sostituzione di tutti i materiali tradizionali, sia in relazione alla ristrutturazione dell’edificato
che alla manutenzione della parte infrastrutturale e dell’arredo urbano del centro storico, sta portando alla
irreversibile modifica dell’aspetto tradizionale del centro, depauperandolo sia dal punto di vista estetico-
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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paesaggistico, sia quale risorsa economica futura qualora si volesse pensare ad un turismo di carattere
culturale.
Un aiuto alla corretta gestione del bene culturale ‘centro storico’ assai raramente è venuto dalle norme di
piano. Degli attuali Piani Regolatori pochissimi, per non dire nessuno, posseggono una base di studio ed
analisi dello stato di fatto sufficiente e congruente alla realtà. Spesso dalla verifica delle schedature dei
fabbricati del centro, - che dovrebbero essere l’elemento principe da cui desumere le condizioni di fatto
dell’edilizia storica e dalle quali devono derivare gli input per la definizione dei gradi di protezione dei
fabbricati e delle norme per gli interventi ammissibili- , si nota quanto poco interesse e poche risorse
siano state dedicate alla conoscenza della realtà e, soprattutto, quanto poco finora sia stata valutata la
risorsa storica e culturale del territorio. I dati che vengono proposti mostrano una scarsa conoscenza
dell’edilizia tradizionale ed una carenza di professionalità nell’identificare epoche storiche e valore
culturale intrinseco dei singoli beni.
Nulla di strano dunque, se vengono ammessi interventi devastanti che prevedono demolizioni massicce e
stravolgimenti statici e strutturali, oltrechè compositivi e di finitura, dei pochi fabbricati antichi ancora
presenti.
Spesso, comunque, la stessa sorte tocca anche agli assetti viabilistici dei vecchi centri, connaturati con
l’impianto edilizio stesso del borgo. L’inserimento di nuova viabilità, l’ammodernamento, l’allargamento
di quella esistente può giungere a compromettere l’aspetto della cittadina originaria.
Infatti, in alcuni casi hanno avuto miglior destino le città murate che, densamente cresciute all’interno
delle mura, hanno visto la propria espansione all’esterno delle stesse e, di conseguenza, hanno fatto salvo
il nucleo storico antico, (vedi Castelfranco). Analogamente è successo anche per quei centri che sono
cresciuti in piccole aree montane (poggi o terrazze), su cui non è stato possibile prevedere alcun
ampliamento urbanistico consistente in diretta adiacenza al nucleo edilizio originario, (es. Asolo). Per
questo è forse più facile assistere alla conservazione dei centri dell’area pedemontana piuttosto che di
quelli della pianura, rispetto ai quali si verifica spesso un fenomeno della dissolvenza dell’edificato in una
vasta periferia che si estende, diradandosi, verso la campagna.
In alcuni casi si può osservare una crescita storica databile del centro abitato.
Vi sono esempi di cittadine o città – anche Treviso – che mostrano con evidenza i segni dei periodi della
propria crescita urbana: prima l’impianto, a volte addirittura preistorico, poi un periodo di prima
urbanizzazione, più regolare, magari in epoca medioevale, poi un secondo periodo di assestamento e
revisione dell’edificato, corrispondente spesso al cinque – settecento cui segue un’espansione e un nuovo
ciclo di crescita nell’ottocento, fino al primo novecento.
La lettura delle fasi storiche di ampliamento della città consentono di comprenderne la forma urbanistica,
di riconoscerne le caratteristiche salienti che la connotano per ciascuna epoca, ma anche a individuare i
‘buchi’ rimasti all’interno del tessuto urbano. Si tratta, raramente, di immobili isolati, molto più spesso di
complessi immobiliari vasti: attività artigianali di media-grande dimensione o piccole attività
manifatturiere o industriali che un tempo vennero collocate a ridosso del nucleo storico (1600 – 1700) e
42
che ora si trovano in pieno centro, ovvero all’interno della fascia di espansione otto-novecentesca.1 Tali
attività, che ebbero la loro ragion d’essere in tale posizione in ragione di un periodo di sviluppo urbano
ben determinato e che avevano all’interno del medesimo una loro logica, attualmente si trovano collocate
in posizioni strategicamente poco consone al tipo di attività proposta – che infatti in molti casi è cessata
da tempo per l’inadeguatezza e dei locali e dei luoghi – e, pur tuttavia, rimangono come tasselli neri
all’interno di un puzzle.
In altre parole, esistono aree e fabbricati il cui recupero è d’obbligo. Resta da valutare, caso per caso
quale sia la forma migliore per reintegrare questi edifici-complessi in fase di abbandono, o già ridotti al
crollo, che indubbiamente nuociono all’aspetto del centro stesso.
Tra gli obiettivi del Piano spesso viene citata la ‘rivitalizzazione’ dei centri urbani. A tale proposito
varrebbe la pena considerare che l’appetibilità di una città passa attraverso valutazioni di carattere
culturale ed estetico, delle quali in parte si è già parlato, di accessibilità, della quale si parlerà più
diffusamente in altri capitoli e di qualità – piacevolezza – attraenza attrattiva dei luoghi.
La qualità e piacevolezza d’uso e di soggiorno in un centro può essere penalizzata anche in maniera
sostanziale dalla mancanza dei requisiti di decoro, ordine e pulizia delle strade, dei marciapiedi e di tutti
gli spazi sociali e aggregativi del centro, ma può essere sicuramente inficiata anche da situazioni di
abbandono ed incuria degli edifici stessi che compongono il centro.
Non è facilmente confutabile il fatto che, quando all’interno del centro si verificano situazioni di
abbandono e degrado di uno o più edifici attigui, specialmente se essi non fanno parte delle vie più
importanti del centro storico, nel giro di breve tempo si assisterà al degrado non solo dei fabbricati di cui
sopra ma anche dell’area circostante. Marciapiedi sporchi, angoli puzzolenti con deiezioni di animali,
portici infestati da piccioni e non più illuminati e spazzati, intonaci cadenti o preda di graffiti selvaggi,
davanzali sporchi, ricettacolo di nidi d’uccelli, grondaie sganciate o bucate che diventano improvvisati
doccioni per i passanti che, schifati, dopo breve tempo cercano percorsi alternativi all’interno della città.
Una tale condizione sicuramente non porterà vantaggio, né estetico né economico ai vicini: chi vi abita
mal sopporterà la situazione o, al più, si ridurrà a cercare di migliorare almeno i percorsi pedonali per
accedere alle proprietà; i commercianti sicuramente saranno danneggiati dal fatto che viene a mancare il
presupposto per cui la gente sia attirata in zona – dato che è poco piacevole da raggiungere, anche da un
punto di vista estetico. Non sono da dimenticare anche gli aspetti connessi alla sicurezza: zone porticate o
angoli cittadini abbandonati e poco illuminati favoriscono l’insorgenza delle condizioni ideali per la
realizzazione di azioni criminali quali violenze alle persone, scippi e rapine.
1 Es. Area Ex SAPE a ridosso delle mura di Treviso, varie sedi di attività di meccanico-auto come quelle presenti a ridosso di
Porta SS.Quaranta o Porta S.Tommaso; le aree Enel e Simonetti all’interno di Porta Carlo Alberto
…PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………
ALLEGATO………………
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La stessa possibilità di accedere agevolmente al cuore del centro storico da parte di persone disabili o
scarsamente abili o da parte di genitori e nonni armati di passeggini e carrozzine è un dato che non deve
essere sottovalutato. La percorribilità e la presenza dei marciapiedi, di punti di sosta quali angoli verdi o
piazzette dotate di arredo urbano e di panchine, o la possibilità di raggiungere il centro o le immediate
vicinanze con l’auto per caricare e scaricare carrozzine e carrozzelle o per non dover percorrere lunghi
tragitti - soprattutto se non alberati! - sono fattori determinanti per l’incentivazione/disincentivazione
della fruibilità pubblica.
La presenza di un numero sufficiente di parcheggi sia all’interno che a ridosso del centro storico sta
diventando uno dei fattori discriminanti la scelta di frequentazione e di vivibilità di una città rispetto ad
un’altra. Anche il calo di interesse nei confronti delle possibilità commerciali offerte dalla città rispetto a
quelle offerte da uno dei tanti centri commerciali è penalizzata anche da questo aspetto. La difficoltà nel
trovare momenti da dedicare alla propria sfera personale fa sì che ciascuno di noi prediliga soluzioni
idonee al contenimento del tempo da trascorrere nel risolvere tutte quelle attività indispensabili quali
acquisti di beni personali e alimentari, privilegiando istintivamente luoghi e soluzioni che agevolino la
risoluzione contemporanea di molteplici problemi: acquisto, sosta, (possibilmente ombreggiata e
immediatamente disponibile), minor dispendio di tempo per raggiungere il negozio e il parcheggio, facile
accessibilità, contemporanea possibilità di soddisfare necessità differenti ma strettamente connesse –
acquisto di generi alimentari piuttosto che beni di altro consumo quali abbigliamento, tempo libero, sport
o elettrodomestici, consegna o ritiro di capi dalla tintoria, etc.-
Anche la collocazione dei serbatoi di parcheggio lungo il perimetro del centro è fondamentale per
garantire una equa distribuzione dell’afflusso e, quindi, dell’appetibilità delle varie zone della città.
In aggiunta a ciò va detto che un fattore di non secondaria importanza è rivestito dalla presenza e qualità
del servizio pubblico.
Se si procede ad una valutazione sulla fruizione dei mezzi pubblici, rappresentati in maggioranza da
autobus che percorrono il centro storico, sarà evidente il fatto che la tipologia degli utenti è costituita in
maggioranza da persone anziane e da cittadini extracomunitari o privi di patente. Questo perché chi
dispone di mezzo proprio e di patente in generale nemmeno considera l’utilizzo del mezzo pubblico e
perché la maggioranza dei ragazzi, da i 16 anni in su, viene munita di motorini. Tale situazione di fatto
non è facilmente controvertibile se non in funzione di cambiamenti radicali delle abitudini di tutti gli
utilizzatori del centro cittadino. Tuttavia, va sottolineato anche che l’incentivazione dell’utilizzo dei
mezzi pubblici deve passare per la revisione di aspetti connessi alla qualità del servizio di trasporto, quali
i costi, la frequenza delle corse e i tempi di percorrenza, le interconnessioni tra le varie linee, ovvero le
coincidenze che di fatto contribuiscono ad invogliare o scoraggiare l’utenza.
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1.2 AGGLOMERATI URBANI
1.2.1 Stato di fatto_ Descrizione
Spesso si parla di ‘città diffusa’ e certamente questo è il termine che meglio descrive la situazione del
territorio compreso tra una città e l’altra: le case si attestano lungo assi viari senza una enucleazione forte
intorno ad un centro di un qualche interesse e le campagne non risultano mai di fatto completamente
libere, ma sempre punteggiate di fabbricati che troppo di frequente poco hanno a che fare con la
conduzione dei fondi.
Attorno ai nuclei originari e alle città murate – caratterizzate per lo più dalla presenza di edifici in linea
attigui l’uno all’altro e dotati di portico attestato sulla via principale e di cortile retrostante - si estendono
zone periferiche di recente edificazione che perdono le caratteristiche della irregolarità e della
spontaneità. Sorgono le frange di lottizzazione periurbana, cadenzate in quartieri caratterizzati per lo più
dalle linee del primo dopoguerra. Verso le fasce più esterne poi, la spinta economica allo sviluppo
industriale ha generato la nascita di zone industriali che si collocano, quasi inevitabilmente, al limite dei
vari territori comunali.
Tra i centri consolidati e le nuove lottizzazioni si estende generalmente una fascia edificata negli anni del
dopoguerra, fino agli anni 70-80, costituita da una edificazione residenziale industrializzata, speculativa,
tecnologicamente di qualità medio-bassa, che nel breve periodo diverrà sostanziale per la sua vetustà e
per il peso economico correlato alla sua manutenzione.
Gli spazi pubblici o aperti, esterni ai centri storici o ai centri consolidati, pur essendo strutturali
all’edificazione residenziale del dopoguerra non hanno una configurazione di spazio urbano qualificato:
spesso sono privi di quegli elementi che li configurano come ambiti urbani. Le vie mancano di
marciapiedi, spesso questi sono disposti solo su un lato, o il percorso pedonale è segnato da una semplice
striscia bianca, ovvero i marciapiedi sono troppo stretti o poco agibili, in particolare per portatori di
handicap o per carrozzine; l’illuminazione pubblica è scarsa e di tipo obsoleto, la separazione tra la
proprietà pubblica e la proprietà privata spesso è priva di un disegno unitario, risultato di un mero
consolidamento di comportamenti e di usi.
Le opere di urbanizzazione risultano evidentemente incomplete, manca parzialmente o totalmente
l’arredo urbano (dalla panchina al semplice cestino per i rifiuti), mentre ci si imbatte sempre più spesso in
aree di raccolta rifiuti urbani non strutturate e figurativamente incompatibili con la città.
Cala un senso di provvisorietà e incompletezza, che rende subito l’atmosfera della zona incompatibile con
concetti di qualità e piacevolezza, concetti astratti che hanno tuttavia immediato e concreto rimando sulle
attese economiche di valutazione delle aree e dei fabbricati. E’ in zone ‘degradate’ o ‘obsolete’ e
marginali come quelle sopra descritte che, più facilmente, si assisterà alla formazione di ‘ghetti’ o,
comunque, all’insediamento di popolazioni non autoctone e svantaggiate che andranno ad occupare le
aree meno appetibili della città.
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ALLEGATO………………
45
1.2.2 Stato di fatto_ Analisi
Quanto sin qui descritto corrisponde alla realtà insediativa della provincia; questo ‘nostro’ modo di
occupare il territorio e l’urbanistica degli ultimi cinquant’anni certo non ha dato un notevole contributo al
risparmio dei suoli e delle risorse.
Il territorio trevigiano, dal dopoguerra in poi, è stato oggetto di un generale e progressivo calo di ruralità
del paesaggio e di una contemporanea forte spinta evolutiva verso la crescita del sistema insediativo e
infrastrutturale, correlata ad un imponente processo di edificazione collegato a sistemi economici
‘moderni’ che prefiguravano lo sviluppo del paese nell’inserimento di forza lavoro nelle industrie,
rubando braccia alle campagne.
Il territorio agrario è stato così dapprima abbandonato ed in seguito eroso da una quantità di nuovi
insediamenti edilizi sorti senza un apparente, ma anche sostanziale, ordine o necessità.
Le campagne sono state così fortemente antropizzate, caricate di un ingente volume edilizio recente,
disperso e parcellizzato tra diversi ambiti comunali, contigui ma di fatto indipendenti.
La prorompente necessità edilizia replicata in ogni comune, - 95 i comuni della provincia - , e lo
sfruttamento del centro storico, come ulteriore occasione di edificazione anziché di recupero, hanno
prepotentemente e ingenerosamente modificato il rapporto tra spazi occupati e spazi aperti.
In molti casi gli edifici adibiti ad attività produttive e commerciali sono cresciuti esternamente ai centri
abitati senza essere raccolti in zone ad essi dedicate e si sono sviluppati, e ancora oggi si sviluppano,
prevalentemente lungo gli assi stradali di collegamento tra i centri urbani stessi o in mini lottizzazioni
industriali localizzate a ridosso degli agglomerati urbani o ai limiti del confine di ciascun comune.
Tale dispersione insediativa è rafforzata dalla presenza di una forte imprenditorialità di carattere
familiare, dalla piccola azienda agricola alla piccola proprietà terriera fino alla piccola media impresa,
situazione che ha generato la richiesta di edifici residenziali artigianali, ovvero di case con annessi
laboratori, officine, falegnamerie, etc., delocalizzando le situazioni di Z.TO D e sparpagliandole su tutto il
territorio comunale. Il territorio rurale è stato troppo spesso interpretato come una ampia lottizzazione che
si estende, con vari gradi di addensamento, negli spazi di territorio intramezzati dai centri urbani.
Rimangono oggi solo dei reliquati di ampi spazi rurali non edificati, relazionabili alla presenza di
proprietà di grandi dimensioni. Si citano alcuni casi in prossimità del capoluogo, quali Fontanelle,
Susegana, o ad aree che fino ad una decina di anni fa non risentivano dell’interesse economico per
l’investimento immobiliare, come ad esempio l’area a nord dell’asse della Postumia romana attorno ai
centri di Povegliano, Arcade, Camalò.
Con l’avviarsi del trasferimento agli Enti locali della gestione concorrente-autonoma del territorio e con
la contestuale riduzione dei contributi economici dal livello nazionale al livello comunale e locale, le
piccole amministrazioni hanno sfruttato il proprio territorio utilizzandolo per trarre gli utili necessari al
mantenimento del funzionamento del loro stesso apparato amministrativo, ricavando sostegno economico
dagli oneri di urbanizzazione derivanti dalla realizzazione edilizia, che ovviamente dunque, non è stata
regolamentata in modo adeguato.
46
Nell’ambito produttivo, meccanismi economici di defiscalizzazione degli utili introdotti a livello
nazionale, hanno condotto alla realizzazione, da parte delle aziende private, di volumi nuovi o in
ampliamento di capannoni, anche disgiunti dalle reali necessità produttive, in controtendenza rispetto
all’andamento di mercato, che vedeva in atto il trasferimento all’estero della produzione.
Soprattutto nel nord est ed in particolare in provincia l’edificazione così generata, (capannoni da
investimento), unitamente alle lottizzazioni industriali derivanti, ha trovato ampio spazio nella gestione
territoriale.
Considerazione merita anche il fatto che, nella forma mentis più diffusa il raggiungimento di un obiettivo
di ‘classe sociale’ e di un certo tenore di vita è strettamente correlato alla costruzione-acquisizione della
villetta (singola o bi-trifamiliare) di proprietà, dotata di giardinetto, sottostante taverna e garage, tipologia
che crea un forte consumo di superficie in rapporto al numero di abitanti/utilizzatori del territorio.
1.3 CENTRI STORICI (CS) E AGGLOMERATI URBANI (AU)
1.3.1 Criticità
A fronte di quanto sopra evidenziato, si rilevano numerosi aspetti di criticità, quali:
una notevole difficoltà nella gestione del recupero dei centri storici a causa di:
1. Scarsa conoscenza delle tecniche edilizie tradizionali.
Tale difficoltà emerge chiaramente quando si tratta di intervenire con operazioni di restauro o anche
di sola ristrutturazione in ambiti di centro storico dove le tipologie, i materiali di costruzione, i
materiali di finitura, costituiscono un aspetto non secondario e contribuiscono alla formazione del
paesaggio ‘costruito’. Carenze conoscitive e di indirizzo a livello normativo in tal senso portano al
progressivo depauperamento delle caratteristiche tipologiche del nucleo antico stesso.
2. Mancanza di cultura storica nella progettazione urbanistica.
Una scarsa conoscenza del processo storico di formazione dei nuclei edilizi originari, facilmente
colmabile mediante raccolta di documentazione storica e d’archivio, determina spesso una certa
‘leggerezza’ nell’accettare modifiche, anche sostanziali alla ‘forma urbis’ più consolidata. La
perdita degli aspetti culturali e storici di ciascun comune non è infatti connessa solamente
all’apparenza esteriore della compagine architettonica urbana, ma è strettamente, intimamente
legata anche agli aspetti urbanistici che forniscono l’ossatura del centro storico e, rispetto ai quali ci
si deve rifare spesso per comprendere le ragioni dell’antico insediamento. Variazioni della forma e
dell’uso del centro storico possono essere tanto incisive quanto deleterie per l’esistenza e la valenza
del centro stesso.
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ALLEGATO………………
47
3. Scarsa oculatezza nell’assegnazione dei gradi di protezione dei fabbricati.
L’indagine conoscitiva relativa ai manufatti coperti da grado di protezione presenti nei 95 comuni
della Marca ha evidenziato una preoccupante eterogeneità nella definizione dei gradi di protezione
da assegnarsi ai fabbricati che non sono coperti da ‘vincolo monumentale’ ma che in sede di
pianificazione sono comunque stati riconosciuti di interesse culturale-storico-paesaggistico.
Tale disparità di trattamento si sostanzia in altrettanta eterogeneità di risultati nella protezione delle
valenze storico-culturali dei nuclei storici, facendo sì che vi siano comuni contermini dove è
consentita la ‘ristrutturazione’ nell’accezione più ampia del termine di legge – che comprende
dunque anche la demolizione e ricostruzione del fabbricato - da un lato , mentre dall’altro sia
imposto un livello di conservazione molto restrittivo.
Si evidenzia, inoltre, che vi sono casi di immobili vincolati ex D.Lgs 42/2004 che, per assurdo, non
vengono coperti da grado di protezione.
4. Poca sensibilità nell’articolazione normativa degli interventi edilizi del centro storico.
5. Assenza di chiarezza nei criteri informatori sugli interventi ammissibili.
La normativa di piano ed i regolamenti edilizi dovrebbero essere informati da una maggiore
chiarezza e trasparenza che limitino le situazioni di ‘interpretazione’ della norma. Non è raro infatti,
imbattersi in casi di tecnici comunali che diano interpretazioni differenti della stessa norma ad uno o
a più professionisti. Allo stesso modo sarebbe auspicabile che i comuni di una stessa provincia
potessero dotarsi di un vocabolario tecnico identico che consenta ai professionisti di poter lavorare
in maniera indistinta in diversi comuni senza dover ricercare il significato di termini quali, ad es.
‘loggia’, portico, patio, sbalzo, sporto, linea di gronda, volume netto o lordo e del relativo modo per
calcolarne le superfici nette, lorde, calpestabili, i volumi le altezze medie, massime, le altezze dei
fronti, etc.
6. Mancanza di controllo sulla gestione e qualità dell’edificato esistente.
7. Nuove necessità di fruizione del centro abitato, di tipo molto diverso da quello originario.
8. Omogeneizzazione delle tipologie e dei materiali di intervento.
Spesso si assiste a realizzazioni poco consone con le caratteristiche e le peculiarità del centro storico
non solo nel caso di interventi privati, inerenti in maggioranza l’edificato, ma anche ad interventi di
carattere pubblico, relativi alla ‘riqualificazione’ degli spazi urbani che troppo spesso prescindono
dalla tradizione locale a favore di eleganti interventi di professionisti di chiara fama e di firma,
anche stranieri. Questo fatto se, da un lato, presuppone interventi di una certa qualità ed aperture
alle novità del settore architettonico urbanistico, dall’altro priva della continuità estetica e culturale
zone del centro, che forse potrebbero a maggior diritto mantenere i loro caratteri tipici,
internazionalizzandole con l’uso di forme e materiali che nulla hanno a che vedere con il nostro
territorio. Non è raro riconoscere nelle realizzazioni di diversi comuni la mano di uno stesso
progettista, il quale ha l’unico torto di aver agito a prescindere dai luoghi.
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9. Carenza di una gestione urbanistica coordinata tra comuni contermini.
Troppo frequentemente si assiste alla parcellizzazione in microrealtà delle modificazioni urbane,
collegata alle singole amministrazioni comunali, ovvero alla moltiplicazione del dispendio di
superfici da dedicare alle zone industriali e commerciali oltre che, soprattutto, alle opere
infrastrutturali ad esse connesse.
10. Progettazione urbanistica orientata su modelli insediativi a bassa densità abitativa.
Questo criterio progettuale, largamente diffuso negli anni passati e ancora in voga, ha comportato
un ingente dispendio dei suoli. Il modello insediativo ad esso connesso doveva essere molto vicino a
quello dei quartieri tipo città-giardino in cui avrebbero dovuto trovare realizzazione una serie di
criteri urbanistici che sono rimasti invero un’utopia. Infatti, l’utilizzo di indici fondiari ridotti non ha
condotto all’ottenimento di qualità edilizia, né tantomeno di qualità urbanistica. Lo dimostrano gli
esiti visibili in quartieri residenziali rintracciabili più o meno in ogni comune, dove si verifica che,
nonostante la bassa densità dell’edificato non si è giunti alla realizzazione di aree strutturate ed
organizzate, dotate di arredi urbani e spazi verdi di adeguata dimensione e qualità.
11. Assenza di riconoscimento-valutazione-valorizzazione delle architetture di qualità da parte
della committenza.
12. Reticenza delle amministrazioni o dei progettisti di piano all’accoglimento di canoni
figurativi moderni per le nuove progettazioni.
13. Scarsa conoscenza delle richieste dell’attuale mercato immobiliare residenziale e
commerciale, che conducono alla produzione di tipologie e quantità edilizie del tutto incongrue
rispetto al reale indirizzando pesantemente, comunque, le offerte e le disponibilità.
14. Scarsa consapevolezza dell’influenza e delle ripercussioni delle scelte urbane effettuate da
una amministrazione comunale nei confronti di quelle contermini.
15. Assenza di approfondimenti conoscitivi adeguati sulle esigenze dei fruitori urbani attuali e
futuri, in fase di programmazione territoriale.
16. Mancanza di una banca dati inerente consistenza e qualità dell’edificato esistente e degli
spazi aperti - e del suo aggiornamento documentale continuo.
17. Assenza di una analisi ed individuazione dei requisiti prestazionali dell’edificato e degli
spazi aperti.
18. Mancanza di azioni guida concrete ed esemplari, (attivate a livello provinciale), per
promuovere la qualità dello spazio urbano e dell’edilizia da attuarsi in collaborazione con
altri enti e istituzioni.
19. Vacuità dell’applicazione delle leggi esistenti da parte dell’amministrazione.
20. Assoluta mancanza di controllo sugli interventi realizzati o in fase di realizzazione ai fini
della repressione dell’abuso edilizio.
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ALLEGATO………………
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21. Mancanza di spazi aggregativi e di aree verdi da dedicare a parco all’interno delle aree
urbane, scarsità di punti di sosta e di percorsi alberati. Mancanza di spazi verdi – gioco per
i più piccoli.
22. Mancanza di collegamento tra i percorsi ciclabili tra interno ed esterno del centro.
23. Mancanza di aree di sosta e parcheggio a ridosso del centro storico e diffusamente collocate
lungo il suo perimetro.
24. Mancanza di reti di servizi di trasporto pubblico funzionanti a collegamento dell’interno del
centro e tra interno ed esterno. Costi, frequenza, percorsi, etc.
1.3.2 Scenario di riferimento.
Dall’analisi dello stato di fatto e delle criticità del territorio emerge la tendenza per i prossimi anni. Essa
evidenzia la reale possibilità della progressiva perdita del bene culturale centro storico.
Tale ipotesi è strettamente connessa alla poca attenzione che attualmente viene posta sulle questioni del
recupero dei nuclei originari delle frazioni o dei comuni. Per ‘recupero’ del centro si intende
mantenimento dell’edificato storico e dell’impianto urbanistico consolidato, entrambi fattori connaturati
con l’essenza stessa e il fascino del nucleo urbano vecchio, sulla base delle considerazioni già esposte
nella descrizione e nell’analisi dello stato di fatto.
Inoltre, la possibilità che viene ancora oggi data, in alcuni casi, di urbanizzare gli spazi vuoti residui
adiacenti al centro, porta alla congestione dello stesso, all’impossibilità di convertire tali aree a verde
pubblico- parco urbano, ovvero a spazi aggregativi a carattere sociale – piazze, ovvero in aree di risorsa
per parcheggi interne al centro. Il nucleo storico è così via, via alterato nei propri connotati, nella propria
forma e densità storica e progressivamente congestionato da interventi che non portano comunque al
sopperimento di alcuna delle carenze di ‘servizi al cittadino’. Questa tendenza si associa anche alle
modificate esigenze di utilizzo dei vari spazi del centro. La conversione – modificazione degli usi storici
porta inevitabilmente alla richiesta di adeguamento degli spazi urbani esistenti. Ciò non sempre è fattibile
senza l’imposizione di importanti modifiche dell’assetto viabilistico, pedonale, sociale del centro stesso.
Basti pensare all’evidente diversità d’uso della viabilità che è connesso alla differenza degli stessi mezzi
di trasporto (carri e animali da soma) che un tempo transitavano per il centro, rispetto alla dimensione
delle vetture, dei furgoni e degli autobus che lo percorrono oggi.
La stessa scarsa sensibilità adoperata nell’autorizzazione degli interventi edilizi quali manutenzioni,
ristrutturazioni e restauri propositivi, comporta una graduale omogeneizzazione dell’aspetto urbano degli
abitati antichi, in quanto si vanno perdendo le caratteristiche tipologiche di ciascuno di essi in funzione di
una generale ‘globalizzazione’ delle tecniche di intervento e dei materiali utilizzati. In questo senso,
quindi, anche la connaturazione dei borghi con l’ambiente circostante, cioè il legame tra edificato e unità
di paesaggio, va via, via dissolvendosi. (cfr. con descrizione centri storici)
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Questa perdita di valore, sia paesaggistico che di qualità architettonica, e, conseguentemente, degli aspetti
storico – culturali del centro, comporterà nel lungo periodo anche una serie di effetti a caduta quali la
perdita delle identità culturali connesse alle varie zone della provincia, alla creazione di un costruito
diffuso e indistinto, conseguentemente poco interessante e poco turistico, oltre che culturalmente
scadente.
Anche dal punto di vista della scelta residenziale degli abitanti locali la perdita di determinate valenze
ambientali e paesaggistiche potrebbe comportare l’abbandono dei centri minori a favore della più vicina
città che, a parità di caratteristiche architettoniche e ambientali, offre molto di più dal punto di vista dei
servizi sociali, infrastrutturali, per il tempo libero etc. E’ evidente infatti che un borgo rurale non può
certo competere in materia di servizi al pubblico con una città, tuttavia, la sua appetibilità sta nel fatto che
presenta altre peculiarità quali la ridotta dimensione – misura d’uomo - e la relativa tranquillità, un
ambiente naturale notevolmente migliore e più a portata di mano, maggiori spazi per l’evasione all’aria
aperta, un gradevole paesaggio, ridotti tassi di smog e di inquinamento acustico, una maggior facilità di
rapporti interpersonali.
1.3.3 Azioni e Scenario di Piano.
Secondo quanto richiamato agli Atti di Indirizzo, art. 50, lettera e) i perimetri dei centri storici riproposti
in cartografia e cui si è fatto riferimento in fase di valutazione, derivano dai perimetri forniti dalla
Regione Veneto, pubblicati, come già accennato, nell’Atlante dei Centri Storici.
Alcuni centri non risultano in cartografia in quanto non perimetrati; questi, nel numero complessivo di
103, sono stati segnalati in un apposito elenco riportato in Appendice 1.
I perimetri dei C.S. (centri storici), come definito dalle indicazioni fornite negli Atti di Indirizzo, potranno
essere modificati solo se la modifica viene supportata da una adeguata analisi storica.
Tale analisi era impossibile da svolgere in fase di redazione del PTCP. Infatti, non esistono banche dati di
tale materia presso gli archivi comunali o provinciali e la ricerca bibliografica e documentale necessaria
alla redazione di una base storica documentale tale da poter supportare eventuali successive scelte
avrebbe portato via anni di lavoro. Inoltre, è sembrato anche più corretto rimettere nelle mani dei singoli
comuni la ricerca sul proprio territorio, ricerca che dovrà essere svolta propedeuticamente alla formazione
dei PAT o, - qualora essi fossero già stati redatti, - successivamente, con obbligo degli stessi di recepire
quelle variazioni necessarie e recepire, inoltre, le informazioni utili alla pianificazione e gestione del
centro storico stesso. Le informazioni derivanti da tali analisi, infatti, potrebbero portare anche ad una
variazione della valutazione stessa che è stata data del C.S. (vedi scheda di valutazione, al punto 4.1).
Il livello dei centri storici è stato determinato mediante la formazione di una graduatoria studiata per
segnalarli in funzione del loro valore storico-architettonico (vedi Atti di indirizzo art. 50 –lettera e)
PTCP).
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ALLEGATO………………
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LIVELLO 1 NOTEVOLE IMPORTANZA
LIVELLO 2 GRANDE INTERESSE
LIVELLO 3 MEDIO INTERESSE2
A fronte della graduatoria proposta, sono risultati essere centri di primo livello, ovvero di Notevole
Importanza i seguenti3:
1 Conegliano
2 Treviso
3 Asolo
4 Serravalle (Vittorio Veneto)
5 Castelfranco V.to
6 Cison di Valmarino
7 Oderzo
8 Follina
9 Castello S. Salvatore (Susegana)
10 Revine (Revine Lago)
11 Portobuffole'
La definizione della tabella di classificazione dei C.S. si è basata sulla verifica dell’esistenza di una serie di
parametri qualitativi, quali:
• DENSITA’ DELLE PERMANENZE STORICHE.
• ESTENSIONE DELL’EDIFICATO STORICO CON COMPRESENZA DI EMERGENZE.
• RICONOSCIBILITA’ DELL’IMPIANTO STORICO.
• STATO DI CONSERVAZIONE DEL CENTRO STORICO.
• CONTESTO PAESAGGISTICO-AMBIENTALE4.
In fase di studio, poiché in alcuni casi la graduatoria non sembrava rispondere alle impressioni che gli
estensori stessi avevano del territorio, si è tentato di introdurre altri parametri, anche di carattere quantitativo,
per verificare se essi avrebbero modificato le posizioni della graduatoria di merito.
Uno di tali parametri è stato proprio l’ESTENSIONE in km quadrati (area) del centro storico.
2 Vedi punto 1.4.1 Soglie di punteggio per la determinazione dei 3 livelli dei Centri Storici. 3 La Graduatoria Finale ordinata per punteggio recante tutti i centri storici della Provincia si trova in appendice 2; in appendice 3
vi è l’Elenco Ordinato per comune in ordine alfabetico e con punteggio. 4 Vedi punto 1.4.2 Criteri per: i Centri Storici.
52
Si è visto, tuttavia, che questo dato non correggeva in alcun modo la graduatoria, anzi la sbilanciava e,
pertanto, è stato eliminato.
Grazie alla informatizzazione eseguita sui dati forniti dalle singole amministrazioni comunali, a questi
parametri si va ad aggiungere la voce NUMERO DI IMMOBILI DI INTERESSE.
Con questa dicitura sono state registrate le presenze di edifici sottoposti a grado di protezione di primo e
secondo livello nonché le ville. Il punteggio è stato assegnato in base al numero di presenze, ovvero una
presenza più consistente di fabbricati coperti con grado di protezione 1 e 2 determinerà un indirizzo
normativo di tipo differente rispetto ai C.S. privi di esempi di valore storico-architettonico.
La possibilità di individuare e contare il numero di edifici con grado di protezione 1 e 2 consente una
migliore valutazione, più dettagliata, caso per caso, del centro storico.
Questo tipo di conoscenza del tessuto edilizio storico offre l’opportunità, inoltre, di giungere alla
definizione di una normativa di livello più generale che contempli tutti gli interventi che coinvolgono il
C.S. e che li gradui anche in funzione del livello di importanza storico–cultuale del centro.
Allo stato attuale, tuttavia, tale graduatoria dovrà essere certamente considerata temporanea, in quanto
essa deriva dal recepimento dei dati forniti dai comuni e formulati dagli stessi sulla base di valutazioni
che seguono criteri non comparabili tra loro.
Nel corso del lavoro difficoltà nella graduazione dei livelli di importanza dei centri storici si è incontrata
proprio in virtù dell’assegnazione dei livelli di protezione data ai vari fabbricati.
Spessissimo ci si è trovati in presenza di immobili vincolati privi di grado di protezione, oppure di
valutazioni assolutamente non comparabili perchè le une troppo restrittive, le altre troppo permissive.
Allo stesso tempo si è verificato che anche la completezza ed esaustività dei livelli di ricerca e
determinazione dei gradi di protezione influisce sulla graduatoria. Ovvero vi sono centri storici di grande
importanza e densamente popolati di edificato di grande interesse e qualità che, per carenza di
segnalazioni e schedatura scendono di parecchi posti nella graduatoria complessiva.
Altri centri minori che, invece, hanno redatto il proprio strumento urbanistico con maggiore meticolosità,
salgono fino ai primi posti della classifica.
Non secondario il caso di centri storici che presentavano una quantità di edifici segnalati ed un’estensione
del centro significativa, tali da non permettere la digitalizzazione puntuale di ciascun fabbricato per
problemi di sovrapposizione dei dati, (vedi ad es. Asolo, Treviso, Conegliano, Ceneda e Serravalle di
Vittorio Veneto, Segusino, Lago di Revine e Revine centro).
In Appendice 4 al presente documento si trovano riportati i Criteri per la Classificazione dei Centri Storici
e le relative soglie di punteggio.5
Una tale eterogeneità di condizioni, oltre ad aver reso difficile l’analisi dello stato di fatto, ha comunque
sottolineato la presenza di parametri di riferimento del tutto liberi e variabili da amministrazione ad
5 Altresì si riportano in appendice 4 e 5 le Schede di Valutazione dei centri storici di Notevole Importanza e Grande Interesse,
ovvero di grado 1 e 2 .
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amministrazione che, complessivamente, non conducono ad una politica di gestione territoriale omogenea
ed incisiva sul territorio.
Per questo motivo, il PTCP fornisce ai comuni sia le matrici delle schede tipo di catalogo6 da adottare per
le schedature, al fine di ottenere un linguaggio univoco, sia le schede tipo di valutazione7 che in seguito si
potranno utilizzare per correggere/verificare i punteggi che sono stati assegnati al centro storico, alla luce
dei nuovi parametri che dovessero pervenire.
La graduatoria di prima formazione potrà, quindi, essere rivista in virtù dei dati emergenti dalle analisi di
carattere storico-architettonico propedeutiche ai PAT8 che ciascun Comune avrà l’obbligo di trasmettere
in copia all’Ente Provinciale, il quale valuterà l’opportunità di una variazione di livello in funzione dei
dati inseriti nella matrice di calcolo della scheda di valutazione che verrà allegata in appendice.
In questo modo, i centri storici dell’intero territorio provinciale verranno resi paragonabili e le loro
valutazioni risulteranno omogenee, con l’indubbio vantaggio che la politica urbanistica dell’intero
comprensorio trevigiano comincerà ad essere maggiormente armonica e coordinata, conseguendo esiti
finora insperati.
Nel contempo, l’organizzazione urbanistico–normativa prospettata avrebbe degli effetti positivi per
caduta anche nei confronti dei liberi professionisti del settore (ingegneri, geometri, architetti etc.) in
quanto la razionalizzazione degli apparati tecnico-normativi potrebbe sicuramente agevolare il
professionista operante anche al di fuori del territorio comunale.
In ogni caso, al fine di consentire ai professionisti di poter lavorare – anche in ambito di interventi di
nuova costruzione - con parametri di riferimento precisi in tutti i comuni senza dover ricercare il
significato o l’interpretazione di termini quali, ad es. ‘loggia’, portico, patio, sbalzo, sporto, linea di
gronda, volume netto o lordo e del relativo modo per calcolarne le superfici nette, lorde, calpestabili, i
volumi le altezze medie, massime, le altezze dei fronti, etc., sarà studiata una normativa generale di
riferimento.
Infine, sarà connessa al livello di importanza di ciascun centro una parte della normativa tecnica.
I Comuni in fase di PAT9 avranno l’obbligo del recepimento di tale strumento.
Ciascun PAT dovrà essere dotato di adeguata analisi di carattere storico-architettonico i cui risultati
dovranno essere trasmessi in copia all’Ente Provinciale.
6 Vedi scheda al punto 4.2.1 Scheda di Catalogo Fabbricati. 7 Vedi punto 4.1 Scheda di valutazione dei Centri Storici. 8 Gli interventi non devono mirare alla “museificazione” del manufatto, bensì al mantenimento della testimonianza storica che
esso può dare di se stesso consentendone il perpetuarsi della vita utile.
Saranno consentiti pertanto gli interventi necessari agli adeguamenti impiantistici in genere, compresa la costruzione di annessi
deputati a tale scopo, purchè la loro realizzazione non comprometta parti dell’edificio stesso.
E’ previsto il mantenimento della destinazione d’uso storico, per quanto possibile o similare-compatibile con quella originaria. 9 Per i Comuni che alla data di entrata in vigore del PTCP avessero già provveduto alla formazione del proprio PAT, è dato
tempo di 120gg per provvedere al deposito c/o Ente Provinciale dei documenti recanti il recepimento/adeguamento.
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Più precisamente, a corredo di tutti i PAT10 dovranno risultare:
• Indagine di carattere storico-documentale-archivistico.
• Relazione storica che evidenzi le fasi evolutive del C.S.
• Planimetria con evidenziati i periodi storico-evolutivi fondamentali.
• Indicazione di livello grafico dei fabbricati più antichi presenti ancora oggi.
• Copie dei catasti storici. (Napoleonico, Austriaco, Austro-Italiano)
• Schedatura dei fabbricati. (Vedi scheda al punto 4.2.1)
• Documentazione fotografica.
• Segnalazione di immobili abbandonati ed in crollo.
Il PTCP prevede tra le azioni di piano:
1. Realizzazione di schedature organiche dell’edificato.11
Esse dovrebbero essere realizzate mediante raccolta complessiva dei dati relativi ai
fabbricati e finalizzate ad un migliore utilizzo del patrimonio edilizio sia in termini logistici
e qualitativi, sia in senso di gestione e salvaguardia del valore culturale e storico collettivo
che essi ingenerano con la loro stessa presenza nel centro.
2. Tale operazione dovrebbe coinvolgere diversi enti e amministrazioni che, collaborando, fondano i
propri archivi coordinandoli in unico ‘data base’ messo in rete e accessibile a ciascuno mediante
‘password’. Questo tipo di banca dati renderebbe molto più agevole la gestione ed il controllo