Appunti Biologia a.s.2012/2013 IIB cod.af85o8Ms
Molecole organiche degli organismi: carboidrati, lipidi, amminoacidi, proteine, acidi
nucleici.
Molecole organiche degli organismi
I carboidrati CARBOIDRATI: comprendono zuccheri semplici e i loro polimeri. Sono detti anche zuccheri o
glucidi.
Ai carboidrati appartengono:
Monosaccaridi o zuccheri semplici: a 5 o 6 atomi di carbonio (pentosi e esosi)
Oligosaccaridi: formati dall’unione di due o più molecole di monosaccaridi (saccarosio, maltosio,
lattosio).
Polisaccaridi: formati dall’unione di molte molecole di monosaccaridi (es. glicogeno-negli animali-,
amido e cellulosa – nei vegetali-).
Struttura di alcuni zuccheri semplici glucosio, fruttosio e ribosio (da Brum et al., 2000)
MONOSACCARIDI Gli zuccheri semplici o monosaccaridi più comuni negli organismi sono:
Pentosi: zuccheri a cinque atomi di carbonio.
Ribosio: componente dell’acido ribonucleico RNA.
Desossiribosio : componente dell’acido desossiribonucleico DNA.
Esosi: zuccheri a sei atomi di carbonio (liberano 3,9 Kcal).
Glucosio: è la fonte energetica degli organismi, utilizzata per la respirazione
cellulare.
Fruttosio: zucchero della frutta.
Galattosio: zucchero presente nel latte.
DISACCARIDI I disaccaridi sono formati dalla condensazione di due molecole di zuccheri semplici.
Saccarosio : è formato da fruttosio + glucosio.
Il saccarosio è uno zucchero ricavato dalla barbabietola o dalla canna da zucchero ed è il principale
costituente del nettare dei fiori. Lattosio : è formato da galattosio + glucosio.
Il lattosio è un costituente del latte.
Maltosio (Fig.3.2): zucchero presente nei vegetali è formato da due molecole di glucosio.
Fig 2 – Esempi di monosaccaridi e formazione di un disaccaride (da Hickman e Roberts, 2000)
POLISACCARIDI I polisaccaridi sono formati da molte unità di monosaccaridi; sono sostanze di riserva e componenti
strutturali.
Esempi di polisaccaridi:
PECTINA: polisaccaride viscoso presente nella lamella mediana.
AMIDO: polisaccaride di riserva delle piante, costituito da monomeri di glucosio.
GLICOGENO: è un polisaccaride costituito da monomeri di glucosio, è una sostanza di riserva
degli animali sintetizzato dai vertebrati nel fegato; presenta una struttura ramificata; deve essere
continuamente riformato con l’alimentazione.
CELLULOSA: molecola strutturale delle piante a struttura fibrosa, formata da glucosio, non è
digeribile dagli animali e questi per poterla assimilare necessitano di organismi simbionti in
grado di digerirla.
CHITINA: è un polisaccaride strutturale contenente azoto; forma l’esoscheletro degli artropodi.
GLICOPROTEINE: sono proteine unite a carboidrati con importati funzioni: formano
anticorpi e ormoni.
PROTEOGLICANI: sono nuclei proteici da cui si dipartono zuccheri come le colle cellulari.
Mucoproteine: sono proteoglicani per la protezione e la lubrificazione delle superfici cellulari,
legano molecole di acqua.
Lipidi
I lipidi sono molecole organiche la cui proprietà comune è la loro incapacità di sciogliersi in acqua.
Hanno elevata tensione superficiale (è la resistenza offerta dalla superficie del liquido ad essere
disgregata, nelle soluzioni acquose, è causata dall’attrazione tra le molecole d’acqua).
Classificazione dei lipidi:
Tra i lipidi possiamo trovare tre diverse categorie:
1. GRASSI: che si suddividono a loro volta in trigliceridi e oli
Trigliceridi: sono molecole costituite da tre acidi grassi e da una molecola di glicerolo, sono
solidi a temperatura ambiente.
Oli: sono molecole costituite da tre acidi grassi e da una molecola di glicerolo, sono liquidi a
temperatura ambiente.
2. FOSFOLIPIDI: sono molecole costituite da due acidi grassi, da una molecola di glicerolo e da
un acido fosforico o gruppo fosfato.
3. STEROIDI
4. CERE
1. GRASSI
- Una molecola di grasso (Fig.3.3) è costituita da tre acidi
grassi a lunga catena, uniti a una singola molecola di glicerolo
(vedi porzione inferiore della figura). - Liberano 9,3 chilocalorie / grammo. Caloria: è la quantità di calore necessaria per innalzare di 1°
C, da 14,5 a 15,5 ° C. la temperatura di 1 g di acqua.
Fig.3.3 – La molecola di grasso costituita da tre acidi
grassi a lunga catena uniti ad un glicerolo (da Brum et al.,
2000).
ACIDI GRASSI: sono lunghe catene insolubili in acqua, costituite da unità di - CH2.
Funzione: sorgente energetica a lungo termine (le riserve di grasso vengono utilizzate per
accumulare energia a lungo termine - vedi sostanze di riserva-).
Es. Negli animali si trova nel tessuto adiposo come grasso sottocutaneo, come protezione di organi
interni (rene) e come isolante. Nei semi si trova come riserva energetica.
GRASSI - OLI: si presentano allo stato liquido; quanto è maggiore il numero di legami insaturi
(doppi) che esistono tra gli atomi di carbonio delle catene degli acidi grassi, tanto meno queste
lunghe catene possono essere impacchettate insieme, per cui questo fa diminuire la temperatura a
cui il lipide fonde. I legami doppi sono frequenti negli oli vegetali (grassi polinsaturi – con molti
legami doppi).
GRASSI SATURI quando tutti i legami fra gli atomi di carbonio dei grassi animali sono semplici
(cioè saturi di atomi di idrogeno) per cui la sostanza rimane allo stato solido a temperatura
ambiente.
Fig.3.4 – Processo di formazione di un trigliceride (da BSCS., 1995)
2. FOSFOLIPIDI: (Fig.3.5) Il glicerolo è attaccato a due catene di acido grasso e ad un gruppo
fosfato.
L’estremo del fosfolipide contenente il gruppo fosfato è legato a un composto polare, formando
una testa idrofila che reagisce con l’acqua.
L’altro estremo contenente le code di acido grasso è idrofobo e “fugge l’acqua”.
Il carattere bipolare del fosfolipide permette a queste molecole di formare un doppio strato, con
le code idrofile rivolte verso l’interno e a contatto fra loro. Questa disposizione ha un ruolo
fondamentale nelle membrane cellulari.
I fosfolipidi, intercalati con molecole proteiche, costituiscono le membrane cellulari.
Fig.3.5 – Esempio di fosfolipide (da Brum et al., 2000)
3. STEROIDI (Fig.3.6):
sono molecole costituite da uno scheletro carbonioso a quattro anelli, ai quali sono legati
differenti gruppi funzionali.
Il colesterolo è lo steroide più comune.
Fig.3.6– Struttura degli steroidi: colesterolo, testosterone, estrogeno (da Brum et al., 2000)
Colesterolo: componente fondamentale delle membrane cellulari degli animali (assente nelle cellule
vegetali), è un precursore della sintesi di numerosi ormoni (messaggeri chimici inviati da una parte
all’altra dell’organismo per indurre e coordinare molti processi degli animali); la maturazione
sessuale è coordinata da ormoni steroidei come il testosterone nei maschi e l’estrogeno nelle
femmine.
Colesterolemia: gli individui che hanno concentrazioni elevate di colesterolo nel sangue, corrono il
rischio di sviluppare l’ateriosclerosi, dove si ha la formazione di placche di colesterolo sulla parete
interna delle arterie. Nel corso del tempo queste placche fanno diminuire il diametro interno
(calibro) delle arterie, riducendo la portata del sangue e provocando la formazione di coaguli di
sangue che ne bloccano il flusso.
4. CERE: hanno struttura simile ai grassi, ma contengono un numero molto più elevato di acidi
grassi esterificati con alcoli ad elevato numero di atomi di carbonio.
Derivano dall’esterificazione di alcoli con acidi organici.
Funzioni:
formano un rivestimento impermeabile delle foglie e di altre parti delle piante, che limita la
perdita di acqua per evaporazione.
vengono impiegate dalle api nella costruzione dei favi del nido, e sono usate a scopo di
protezione da molti insetti.
sono utilizzate come componente impermeabile distribuita sulle penne degli uccelli.
Amminoacidi
AMMINOACIDI (Fig.3.7): sono unità molecolari contenenti carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto;
sono i costituenti delle proteine. Presentano un atomo di carbonio centrale legato ad un gruppo
amminico NH2 , ad un gruppo carbossilico COOH, ad un gruppo R assai variabile che caratterizza
ciascun amminoacido.
Fig.3.7 – Amminoacido (da Longo e Longo, 1987).
Le proteine PROTEINE: sono polimeri di composti semplici detti amminoacidi; possono essere formate da
amminoacidi di venti tipi diversi; sono i principali costituenti della sostanza secca degli organismi,
ed hanno una fortissima specificità.
Gli amminoacidi si legano l’uno all’altro secondo una sequenza caratteristica di ogni tipo di
proteina.
FORMAZIONE DI UNA PROTEINA: Le proteine (Fig.3.8) vengono assemblate a partire da un
pool di amminoacidi liberi non legati fra di loro.
La condensazione (eliminazione di una molecola d’acqua) tra il gruppo carbossilico COOH di un
amminoacido ed il gruppo amminico NH2 di un altro amminoacido forma il legame peptidico.
O=C- N-H.
Fig.3.8 – Processo di formazione di un polipeptide (da Brum et al., 2000)
Si ha quindi la formazione di un dipeptide.
Fig.3.9 – Combinazione di due amminoacidi (da Hickman e Roberts, 2000)
Una sequenza di amminoacidi legati tra di loro da legami peptidici viene detto catena
polipeptidica. La formazione di una proteina è un processo che richiede energia.
Negli animali gli amminoacidi essenziali non possono essere sintetizzati, per cui devono giungere
dagli alimenti.
Le proteine presentano tre livelli di organizzazione (Fig.3.10):
Struttura primaria: è una specifica sequenza lineare di amminoacidi (proteine diverse hanno
strutture primarie diverse e anche funzioni diverse).
Struttura secondaria: è una specifica sequenza bidimensionale dovuta a legami idrogeno che si
formano a intervalli regolari tra gli amminoacidi:
Ci sono tre tipi di strutture secondarie:
- elica: il polipeptide assume una forma a spirale (es: cheratina proteina della lana );
struttura a pieghe o struttura : due o più tratti della catena polipeptidica giacciono a fianco
formando un “foglietto” piegato a fisarmonica (es: fibroina proteina della seta);
random coil: quando il polipeptide non assume le due forme precedenti;
Struttura terziaria: le catene polipeptidiche sono piegate a formare una molecola di forma
globulare, tridimensionale (le catene polipeptidiche si ripiegano a gomitolo con legami idrogeno e
ponti disolfuro che si instaurano tra amminoacidi contenenti solfo: cisteina).
Fig.3.10 – Livelli di struttura delle proteine (da Brum et al., 2000).
Struttura quaternaria: è costituita da proteine formate da due o più catene polipeptidiche, unite
assieme da legami idrogeno.
es. emoglobina, proteina presente nei liquidi circolatori contenente ferro (Fe), è formata da quattro
catene polipeptidiche.
Il calore, alcune sostanze o variazioni di pH possono disgregare la struttura secondaria o terziaria
delle proteine, causandone la DENATURAZIONE, che può essere provvisoria o definitiva.
Proteine recettoriali Risposta
Tabella 3.1 – Principali funzioni delle proteine
Principali funzioni delle proteine Tipo di proteina Funzione Esempio
Il collagene e l'elastina forniscono una trama ai tessuti
connettivi degli animali, quali tendini, legamenti,
cartilagine, ossa, in quanto formano fibre presenti nella
Proteine strutturali Supporto
Proteine di deposito Deposito di amminoacidi
Proteine di trasporto Trasporto di altre sostanze
sostanza intercellulare o matrice. La cheratina è
abbondante nell’epidermide, costituisce i peli, pelle,
corna, penne e piume. L'ovalbumina è la proteina dell'albume delle uova che
viene utilizzata dall'embrione come riserva di
amminoacidi durante lo sviluppo. La caseina, proteina
del latte, rappresenta la principale fonte di
amminoacidi per il lattante. Le piante immagazzinano
amminoacidi nei semi.
L'emoglobina, proteina contenente il ferro, trasporta
l'ossigeno dai polmoni o da altre strutture respiratorie
alle altre parti del corpo.
Proteine ormonali
Stimolazione e
coordinamento delle attività
L'insulina, un ormone secreto dal pancreas,
contribuisce alla regolazione della concentrazione del
corporee
della cellula a
stimoli chimici
glucosio nel sangue, inducendone la trasformazione in
glicogeno.
I recettori presenti nella membrana delle cellule
nervose rispondono ai segnali chimici liberati da altre
cellule nervose.
Proteine contrattili Movimento L'actina
e la
miosina
sono proteine
responsabili
del
movimento dei muscoli.
Proteine di difesa Protezione contro le malattie Anticorpi
che
combattono
virus
e batteri.
Proteine enzimatiche Accelerazione
chimiche
di reazioni Regolano il passaggio di sostanze attraverso le
membrane cellulari e intervengono catalizzando tutti i
processi degli organismi.
Gli enzimi: - sono proteine complesse prodotte dalla cellula;
- sono proteine globulari, nella cui molecola si apre una cavità fatta su misura per accogliere i
substrati (sito attivo);
- sono catalizzatori biologici, cioè sostanze che fanno aumentare la velocità delle reazioni
chimiche;
- sono specifici, cioè catalizzano ciascuno un'unica reazione.
Ogni enzima viene contrassegnato col nome del suo substrato e il tipo della reazione catalizzata.
Funzionamento degli enzimi (Fig.3.11)
Se si immagina di avere una manciata di viti e di dadi in un sacchetto e di scuoterlo per un certo
tempo, è molto improbabile che su una delle viti si sia avvitato uno dei dadi.
Se prendessimo una vite in una mano e un dado dall’altra, potremmo guidare la vite nel dado molto
velocemente. Gli enzimi possono essere paragonati alle mani che guidano la vite, mentre i dadi e le
viti sono i reagenti detti substrati.
Tappe del funzionamento degli enzimi: Una molecola di enzima incontra le molecole di substrato.
- I substrati si inseriscono nel sito attivo dell’enzima e formano il complesso enzima-substrato;
- alcune parti dell’enzima reagiscono con il substrato trasformandolo chimicamente;
- il substrato trasformato abbandona l’enzima che è pronto a legarsi con altre molecole di
substrato;
Fig.3.11 – Tappe del funzionamento degli enzimi (da Brum et al., 2000)
Acidi nucleici ACIDI NUCLEICI:
- sostanze organiche formate da carbonio, idrogeno, ossigeno, fosforo
- sono abbondanti nel nucleo
- sono grandi molecole formate da unità (monomeri) dette nucleotidi
Un NUCLEOTIDE è costituito da (Fig.3.12):
1. acido fosforico (H3 PO4), sostanza minerale inorganica;
2. zucchero a cinque atomi di carbonio;
base azotata, formata da molecole cicliche ad uno o due anelli (il loro nome si riferisce al carattere
basico in soluzione e al loro contenuto in azoto).
Fig.3.12 – Nucleotide (da Brum et al., 2000)
Formazione del nucleotide : Il legame tra zucchero e gruppo fosfato si forma attraverso una
reazione tra i gruppi OH delle due molecole: si perde una molecola d’acqua e si forma il ponte di
ossigeno.
Nel nucleotide possiamo trovare come zucchero:
- il ribosio nell’RNA
- il desossiribosio nel DNA
Le basi azotate presenti nel nucleotide si chiamano (Fig.3.13):
- Purine se presentano un doppio anello: adenina, guanina
- Pirimidine se presentano un solo anello: citosina e timina (solo nel DNA), uracile (solo
nell’RNA).
Nel DNA (struttura ad elica con due filamenti di nucleotidi), le basi si accoppiano in modo che la
distanza tra i due filamenti sia sempre la stessa, secondo i seguenti abbinamenti:
adenina – timina
guanina – citosina
Fig.3.13 – Basi azotate del DNA (da Brum et al., 2000)
Poichè l’RNA si forma in maniera complementare (a stampo) su uno dei filamenti della molecola di
DNA che ne costituisce il modello, la sequenza delle basi dell’RNA sarà complementare a quella
del DNA, con gli abbinamenti:
adenina-uracile
guanina-citosina
Differenze tra l’ RNA e il DNA
ACIDO
NUCLEICO
STRUTTURA GRUPPO ZUCCHERO BASI
RNA Un filamento di
nucleotidi
Gruppo
fosfato
Ribosio Adenina, citosina,
guanina, uracile.
DNA Due filamenti di
nucleotidi
Gruppo
fosfato
Desossiribosio Adenina, citosina,
guanina, timina.
Modello di Watson e Crick del DNA
1. La molecola di DNA (acido desossiribonucleico) è stata descritta per la prima volta da Watson
e Crick agli inizi degli anni '50. Il DNA è un polimero appartenente alla classe di composti noti
come acidi nucleici e nello stesso gruppo si colloca l’RNA (acido ribonucleico). Si tratta di
molecole che permettono all’organismo di replicare da una generazione all’altra tutte le
informazioni riguardanti il complesso sistema chimico della cellula. Il DNA è l’unica molecola
in grado di impartire le direttive per la propria duplicazione e l’esatto svolgimento di questo
processo è la base della continuità della vita. Si tratta di una molecola di lunghezza variabile da
specie a specie, ma sempre di notevoli dimensioni (anche due metri) nella quale sono codificate
le istruzioni che programmano tutte le attività cellulari che, come è noto, sono regolate dalle
proteine. La sintesi proteica è comandata dai geni posti sul DNA ed avviene con la mediazione
dell’RNA in tutti i tipi di cellule.
2. La molecola di DNA è costituita da due catene di nucleotidi che si avvolgono l’una attorno
all’altra per formare una doppia elica.
3. Le due catene affiancate sono orientate in modo opposto (all’estremità 3’ di una catena
corrisponde l’estremità 5’ dell’altra e viceversa. I due filamenti sono antiparalleli, cioè i loro
scheletri zucchero - fosfato decorrono in direzioni opposte. Ciò deriva dal fatto che il radicale
fosforico si lega all’ossidrile del carbonio 5’ del ribosio del proprio nucleotide e
contemporaneamente al carbonio 3’ del ribosio del nucleotide successivo (Fig. 3.14). Ne risulta
che ogni filamento è provvisto di polarità dal momento che ad un estremo rimane libero
l’ossidrile in 3’, mentre all’estremo opposto è libero il gruppo fosfato in 5’. Si dice che i due
filamenti che compongono la molecola di DNA sono antiparalleli in quanto ogni emimolecola
con estremi 3’ 5’ si appaia con un’emimolecola con estremi 5’ 3’. Questa disposizione
riveste una certa importanza durante la duplicazione del DNA.
Fig.3.14 – Filamento di DNA (da Hitchman et al., 2000)
4. Il doppio filamento di DNA è disposto spazialmente ad elica e può essere assimilato ad una
scala a pioli (Fig.3.15) nella quale le basi costituiscono i gradini, mentre gli zuccheri e i radicali
fosforici sono i mancorrenti. L’indagine eseguita sottoponendo la molecola di DNA
cristallizzato ai raggi X, ha rivelato che la doppia elica ha un diametro di 2 nm (spazio
sufficiente ad ospitare una purina e una pirimidina), e che la distanza tra le singole coppie è di
0,34 nm. Il doppio filamento compie un giro completo ogni 3,4 nm, cioè ogni 10 paia di basi
(bp).
5. Le due catene sono tenute assieme da legami deboli idrogeno (ponti di idrogeno tra le basi
azotate).
6. La lunghezza della molecola di DNA si misura in coppie di basi (bp, dall’inglese base pair) o in
chilobasi (kb), equivalenti a 1000 bp.
Dato che RNA e DNA differiscono per lo zucchero che li costituisce, la differenza consente agli
enzimi di distinguere i due tipi di nucleotidi.
Fig. 3.15 – Rappresentazione schematica del DNA (da Postlethwait et al., 1993)
La molecola dell’energia: l’ ATP
ATP (adenosintrifosfato) (Fig.3.16) è un nucleotide contenente tre molecole di acido fosforico.
L’ATP è formato da:
adenina – ribosio - acido fosforico - acido fosforico - acido fosforico
Fig.3.16 Rappresentazione di una molecola di ATP
Se l’ultima molecola di acido fosforico viene scissa mediante una reazione di IDROLISI allora
l’ATP si trasforma in ADP (adenosindifosfato):
adenina – ribosio - acido fosforico acido fosforico acido fosforico
adenina – ribosio- acido fosforico acido fosforico + 7,3 Kcal per mole di ATP idrolizzato
Cellule eucariote e procariote
Cellula eucariota con organuli
Cellula eucariota
Le prime strutture cellulari sono state descritte nelle piante nel
Seicento e nel Settecento. Intorno alla metà del Seicento,
Marcello Malpighi nelle sue osservazioni microscopiche aveva
individuato nei tessuti vegetali corpuscoli che aveva chiamato
utricoli.
La parola "cellula" fu introdotta pochi anni più tardi dallo
studioso inglese Robert Hooke che osservando al microscopio
sottili fette di sughero, aveva notato che ciascuna di esse era
costituita da una rete di spazi apparentemente vuoti, simili a
piccole celle, che chiamò appunto "cellule".
Nel 1838 il botanico Mathias J. Schleiden
e il fisiologo Theodor Schwann in seguito
ad osservazioni condotte sulle piante e su
embrioni di rana e di maiale avanzarono
per la prima volta l’idea che tutti gli
organismi viventi fossero formati da
cellule.
La Teoria Cellulare
Quando Schleiden e Schwann proposero la teoria cellulare nel
1838, la ricerca in biologia cellulare fu cambiata per sempre.
La teoria cellulare afferma che:
Tutte le forme di vita sono costituite da una o più cellule.
Le Cellule derivano solo da cellule preesistenti.
La cellula è la più piccola forma di vita.
Schleiden Schwann
Esistono due classi fondamentali di cellule: procariote ed
eucariote. Le due classi hanno in comune alcune
caratteristiche di base: in particolare tutte le cellule
possiedono una membrana cellulare (o membrana
plasmatica) molto sottile, il loro interno è costituito dal
citoplasma, tutte le cellule possiedono il materiale genetico
Le cellule procariote non possiedono nucleo delimitato da membrana e di
conseguenza il loro materiale genetico è sparso nel citoplasma
Batteri in
scissione binaria
Le cellule eucariote possiedono al loro interno un
complesso sistema di membrane e vari organi in
miniatura, detti organuli, che permettono alle cellule di
svolgere le loro attività. Sono inoltre caratterizzate da
un nucleo circondato da una membrana nucleare che
contiene il materiale genetico organizzato in elementi
detti cromosomi.
La cellula eucariota
• Una cellula eucariota è
caratterizzata dalla
membrana cellulare, il
nucleo e il citoplasma.
• Nel citoplasma sono
presenti gli organuli
cellulari
Cellula eucariota animale
Cellula eucariota vegetale
La membrana cellulare
Ciascuna cellula eucariota è
racchiusa in una membrana il
cui spessore può variare da 7
a 10 nanometri, cioè da 7 a 10
milionesimi di millimetro. Essa
non è visibile con il
microscopio ottico mentre al
microscopio elettronico appare
come una sottile linea doppia.
Questa membrana plasmatica, o
membrana cellulare, delimita l’estensione
della cellula e contribuisce a mantenerla
separata dall’ambiente circostante; inoltre
controlla l’entrata di sostanze nutritive e
l’uscita di quelle di rifiuto
I costituenti principali della membrana
plasmatica sono i lipidi o fosfolipidi, le
proteine e, in alcuni casi, i carboidrati. La
membrana è ricoperta dal cell coat, il
mantello cellulare, detto anche glicocalice
in quanto costituito da glicoproteine, coltre
esterna morbida e flessibile dotata di
spiccate proprietà adesive e che al
microscopio elettronico ha l’aspetto di
lanugine sfilacciata
I fosfolipidi della membrana
sono molecole con un’estremità
idrofoba( o coda ) e una
idrofila,(chiamata testa) sono
quindi molecole anfipatiche,
che quando si trovano in mezzo
a due soluzioni acquose, come
l’interno e l’esterno della cellula,
interagiscono tra loro
disponendosi in doppio strato,
strato lipidico bimolecolare o
bilayer
Molecola di fosfolipide
All’inizio degli anni ’70 è stato proposto un
modello della struttura della membrana
plasmatica detto modello trilaminare a
mosaico, o di Singer e Nicholson ,valido
anche per le membrane interne alla cellula. La
membrana cellulare delle cellule eucariote è
costituita quindi da un doppio strato di
fosfolipidi nel quale sono immerse delle
molecole di proteine che svolgono funzioni
ben precise
Nella parte interna del doppio strato, oltre alle
molecole proteiche, vi sono molecole di
colesterolo che contribuiscono a dare rigidità
e stabilità alla membrana. I carboidrati
presenti nella membrana sono oligosaccaridi,
ovvero brevi catene costituite da poche
molecole di zuccheri semplici. Queste catene
sono a loro volta legate a proteine o lipidi
formando rispettivamente glicoproteine e
glicolipidi
Membrana cellulare
Le proteine della membrana svolgono funzioni ben
precise: alcune trasportano sostanze specifiche
all’interno e all’esterno della cellula, alcune formano
canali o pori attraverso cui possono passare
molecole polari per le quali il doppio strato lipidico
costituisce una barriera, altre proteine funzionano da
recettori, cioè da siti specifici a cui si legano
particolari sostanze come gli ormoni, altre ancora
svolgono il ruolo di catalizzatori di alcune reazioni
enzimatiche.
Le proteine
sono formate
dagli
aminoacidi
Citoscheletro
Un sistema di filamenti proteici, denominato citoscheletro, è
presente nel citosol di tutte le cellule animali e vegetali. Nelle
cellule animali, che mancano di una parete cellulare rigida,
questo sistema ha un'importanza particolare, in quanto
contribuisce a mantenere la struttura e la forma della cellula.
Il citoscheletro fornisce un'impalcatura per l'organizzazione
interna della cellula e un punto di ancoraggio per organuli ed
enzimi.
Esso, inoltre, permette alla cellula di compiere alcuni movimenti.
In molti tipi di cellule il citoscheletro è una struttura dinamica,
che viene continuamente scomposta e riassemblata.
E' costituito da tre tipi principali di filamenti proteici:
microtubuli, filamenti di actina e filamenti intermedi,
connessi sia tra di loro che con altre strutture cellulari grazie a
numerose proteine accessorie
citoscheletro
Gli organuli cellulari
Non tutte le cellule possiedono gli stessi organuli; negli organismi
pluricellulari, a seconda della specializzazione che assumono,
potranno essere presenti numerose eccezioni rispetto al modello
base. Giusto per citare un esempio, i globuli rossi sono strutture
cellulari prive, a maturità, del nucleo
RER, REL,
apparato del
Golgi,
vacuoli,
perossisomi,
mitocondri,
plastidi,
cloroplasti,
ribosomi,
lisosomi
Organuli
cellulari
Sono organuli di forma allungata ( da 0,5
a 2 micrometri) e sono le centrali
energetiche delle cellule.
Sono costituiti da due membrane, la più
interna ripiegata a formare delle creste
mitocondriali, che aumentano la superficie
attiva del corpuscolo.
In questi organuli avviene la demolizione
del glucosio e la produzione di molecole
ricche di energia utilizzabile dalla cellula.
Il loro numero varia da cellula a cellula;
ad es. nelle cellule del fegato possono
essere tra 1000 e 1600, mentre nell'oocita
sono anche 30.000.
Questi organuli contengono, al loro
interno, un filamento di DNA a forma
circolare e piccoli ribosomi che servono
per la sintesi di proteine specifiche del
metabolismo degli zuccheri.
MITOCONDRI
I mitocondri hanno una struttura
particolare, osservabile al microscopio
elettronico: ciascun mitocondrio si
presenta come un corpuscolo dalla
caratteristica forma a fagiolo, delimitato
da due membrane separate, la più
interna delle quali presenta numerose
pieghe (dette creste). Una cellula può
contenere da una decina fino a migliaia
di questi organuli
Mitocondrio al microscopio
elettronico
I mitocondri costituiscono la sede dei
processo di respirazione cellulare,
mediante il quale la cellula ricava
energia (sotto forma di molecole di
ATP) bruciando molecole di glucosio,
derivanti dalla demolizione delle
sostanze nutritive, in presenza di
ossigeno.
I ribosomi sono organuli
formati da due parti più
piccole, cioè da due
subunità, entrambe di
forma tondeggiante.
Ciascuna subunità è
formata da molecole di
RNA ribosomiale
associate a proteine. E' a
livello di questi organuli
che avviene la sintesi delle
proteine. I ribosomi sono
organuli presenti anche nei
procarioti
Reticolo Endoplasmatico
Liscio (REL)
è costituito da un sistema di
vescicole appiattite che
consentono lo spostamento delle
sostanze da una parte all’altra
della cellula
è la sede della sintesi dei
fosfolipidi e delle glicoproteine
necessarie per la costruzione
della membrana
svolge un ruolo importante nel
metabolismo del glucosio
regola il movimento di ioni
Ca2+ durante la contrazione
muscolare (nelle cellule animali)
Reticolo endoplasmatico e apparato
di Golgi
Una rete tridimensionale di sacche,
dette cisterne, delimitate da membrane
e tra loro comunicanti, costituisce il
reticolo endoplasmatico, che
rappresenta il compartimento cellulare
dove avviene la sintesi di gran parte dei
componenti delle membrane, e dei
materiali destinati a essere esportati
all'esterno della cellula.
Pile di cisteme appiattite, anch'esse
delimitate da membrane, costituiscono,
invece, l'apparato di Golgi, che riceve
le molecole sintetizzate nel reticolo
endoplasmatico, le elabora e le
indirizza a diversi siti interni o esterni
alla cellula
Lisosomi, perossisomi e vacuoli
I perossisomi sono vescicole delimitate da membrana, che costituiscono un
ambiente isolato e circoscritto per reazioni nel corso delle quali vengono
generate e demolite forme particolarmente pericolose e reattive dei perossidi
di idrogeno.
I vacuoli sono piccole cavità delimitate da una membrana, nelle quali
vengono accumulate scorie del metabolismo cellulare
I lisosomi sono organuli cellulari
che si formano per distacco dal
complesso di Golgi. Sono piccole
vescicole osservabili all'interno del
citoplasma.
La loro funzione è quella di
svolgere la digestione cellulare,
proprio per questo motivo si
fondono con i vacuoli contenenti
particelle alimentari ingerite dalle
cellule
I plastidi si possono considerare come sacche membranose sospese
nel citoplasma nelle quali la cellula può accumulare sostanze. I più
comuni plastidi sono i cloroplasti ma si possono trovare anche
cromoplasti e leucoplasti.
I leucoplasti sono plastidi nei quali viene confinato l'amido di
riserva, in attesa di utilizzazione; alcuni leucoplasti possono
sintetizzare oli e proteine. I leucoplasti si dividono in: ezioplasti
(plastidi che sono nelle parti aeree della pianta e quindi non sono
colpite dalla luce) , amiloplasti (sono dei magazzini di amido
sottoterra).
Cromoplasto di stimma di
crocus al M.E.
I cromoplasti sono plastidi nei quali si
accumulano pigmenti detti carotenoidi,
di colore rosso o giallo . Sono originati
dalla trasformazione degli altri due tipi
di plastidi.
I cloroplasti sono plastidi particolari, di
colore verde, delimitati da una
membrana e contenenti, nel loro interno,
pile (dette grana) di sacchetti
membranosi appiattiti (detti tilacoidi) ,
connesse fra loro da membrane, dette
lamelle intergrana. Nelle membrane
interne si trovano molecole di
clorofilla I cloroplasti rappresentano la
sede dei processo chiamato fotosintesi
clorofilliana, che sfrutta l'energia
dell'irradiazione solare per produrre
ossigeno e molecole organiche a partire
da anidride carbonica e acqua
Nella cellula vengono continuamente formate e distrutte piccole
vescicole membranose, deputate al trasporto dei materiali da un
organulo all'altro. In una tipica cellula animale, il complesso degli
organuli delimitati da membrana può occupare fino a metà dei volume
totale della cellula. Fra il reticolo endoplasmatico, l'apparato di Golgi, i
lisosomi, la membrana plasmatica e l'ambiente extracellulare esiste uno
scambio continuo di sostanze, mediato da vescicole che si staccano
dalla membrana di un organulo per fondersi con quella di un altro.
Apparato di Golgi
La cellula procariota
• Procarioti, regno Monera, sono gli
organismi completi più semplici
e abbondanti sulla terra.
• Molto variabili come metabolismo, sia
eterotrofi che autotrofi. Privi di nucleo
organizzato e protetto, possiedono un solo
cromosoma circolare; riproduzione
asessuata, anche se possono
effettuare ricombinazione genica.
• Sono organismi solo unicellulari, anche se
possono essere raggruppati tramite pareti
comuni o mucillagini.
• Privi di organelli delimitati; membrana
plasmatica ripiegata e
convoluta all’interno. La parete cellulare
contiene acido muramico, assente negli
eucarioti.
• Dimensioni delle cellule da 1 µm a >30
µm.
Presenti in tutti gli habitat,
possono vivere in ambienti
estremi; alcuni sono anaerobi
obbligati, altri anaerobi
facoltativi; possono sopportare
temperature altissime (fino a
360°C) e rimanere quiescenti
tra -7° e -14°C. Resistono
ad alte pressioni e a valori di
pH molto alcalini (11.5). Non
vivono bene in ambiente acido
(uso di acido acetico come
conservante).
Vibrione del colera
FORME
• Bacilli,
•Cocchi,
• Spirilli.
I cocchi sono spesso
raggruppati in colonie, i
bacilli tendono ad essere
isolati.
cocchi
spirocheta
bacilli
PARETE CELLULARE
•Costituita da matrice di polisaccaridi legati da
corte catene peptidiche, insieme costituiscono
un’unica grande molecola (peptidoglicano); –
batteri gram-positivi, presentano la parete
sopra descritta, –batteri gram-negativi,
presentano il peptidoglicano ricoperto da uno
strato lipopolisaccaridico, responsabile della
resistenza ad alcuni antibiotici (es. penicillina),
sensibili invece all’eritromicina.
• All’esterno, in natura, possono formare un
glicocalice, costituito da fibrille
polisaccaridiche, con ruolo adesivo, implicato
probabilmente nelle prime fasi delle infezioni
batteriche.
• Esternamente a tutto, spesso presenza di una
capsula, strato gelatinoso, polisaccaridico,
secreto attraverso la parete,
facilmente separabile dalle cellule.
CITOPLASMA
• Delimitato da membrana plasmatica
con faccia interna ricca di enzimi.
• Presenti molti ribosomi.
•Una molecola di DNA circolare a
doppio filamento, da 700 a 1000
volte più lungo della cellula che lo
contiene.
• Quasi sempre presenti corti
filamenti di DNA circolare,
plasmidi, spesso portatori di
caratteristiche peculiari (es.,
resistenze ad antibiotici),che
possono integrarsi nel cromosoma. PLASMIDE
FLAGELLI E PILI
• Non presenti in tutte le
forme batteriche;
•I flagelli sono molto lunghi,
servono per il movimento,
distribuiti ai poli o lungo tutta
la parete cellulare;
• I pili più corti, si trovano
per lo più nei batteri gram-
negativi, funzione apparente
di ancoraggio al substrato o
ad altri batteri
MOVIMENTO
• Può avvenire in risposta a stimoli chimici, in direzioni
di concentrazioni crescenti di cibo o di ossigeno;
• presenza di chemiosensori attrattivi per diversi tipi di
sostanze nutritizie (molti zuccheri);
• presenza anche di chemiosensori repulsivi.
• Alcuni batteri acquatici producono e trasportano cristalli di
magnetite(Fe3O2) e si orientano nel campo magnetico
terrestre.
• Alcuni cianobatteri filamentosi e altri gruppi non flagellati, si
spostano per scivolamento e possono ruotare lungo l’asse
longitudinale.
METABOLISMO
Il metabolismo è il complesso delle reazioni enzimatiche che
avvengono all’interno della cellula. Consente alla cellula di
rifornirsi di energia necessaria per poi crescere e riprodursi.
Il metabolismo si divide in due insiemi di processi:
Anabolismo
Catabolismo
1
Anabolismo è l’insieme delle reazioni che portano alla
formazione di materiale cellulare (crescita e riproduzione
delle cellule), ovvero produce molecole complesse a
partire da molecole più semplici.
I processi anabolici sono TD sfavoriti (G>0) e per poter
avvenire devono essere accoppiati con reazioni che
forniscono energia libera (G<0) quali p.es. l’idrolisi dell’
adenosintrifosfato (ATP) ad adenosindifosfato (ADP).
ATP + H2O → ADP + Pi (fosfato)
2
3
2
ATP ADP
+ H2O
+HPO4 - + H+
G°=-7.3 Kcal/mole
Conservazione dell’energia nel legame fosforico dell’ATP
4
Catabolismo è l’insieme delle reazioni di demolizione
(ossidazione) di nutrienti forniti dall’esterno, comporta cioè
la degradazione di molecole complesse in molecole più
semplici.
I processi catabolici sono TD favoriti (G<0) e spesso
accoppiati con reazioni che portano alla formazione di
composti ad elevato contenuto energetico quali la reazione
di fosforilazione dell’ADP ad ATP (ovvero i processi catabolici
producono energia che può venir trasferita alle reazioni
anaboliche tramite molecole carrier ad alta energia, tra le
quali la più comune è senza dubbio l'ATP).
ADP + Pi → ATP + H2O
G°=+7.3 Kcal/mole
5
Le reazioni metaboliche sono catalizzate da enzimi.
6
7
8
CATABOLISMO DEL CARBONIO
I carboidrati costituiscono la classe più importante dei nutrienti
carboniosi.
Esempio di catabolismo: reazione di demolizione del glucosio
(ossidazione) ad acido piruvico con formazione di ATP da ADP:
Acido piruvico
9
NADH 10
Esempi:
RESPIRAZIONE
La respirazione è un processo di produzione di energia in cui
composti organici o inorganici (riducenti) sono ossidati mediante
composti inorganici (ossidanti).
Quando l’ossidante è O2 si ha respirazione aerobica, altrimenti la
respirazione anaerobica.
11
Riducente Ossidante Prodotti microorganismi
Composti organici
O 2
CO +H O 2 2
Batteri (anche
piante e
animali)
NH 3
O 2
NO2-+H2O b. Nitrificanti
NO2- O 2
NO3-+H2O b. Nitrificanti
Composti organici
NO3- N +CO +H O 2 2 2
b. Denitrificanti
Fe2+ O 2
Fe3+ ferrobacillus
La respirazione aerobica, a partire dall’acido piruvico, può essere
distinta in due stadi:
1° stadio (ciclo di Krebs o degli acidi tricarbossilici, TCA): l’acido
piruvico è ossidato a CO2 con trasferimento di coppie di atomi di
H al NAD+ (dinucleotide nicotinammide adenina) e al FAD
(dinucleotide).
12
FAD
flavina adenina dinucleotide
FADH2
13
14
cal
15
TRASPORTO ATTRAVERSO MEMBRANE CELLULARI
Il trasporto delle specie chimiche attraverso membrane cellulari
può avvenire secondo 3 diversi meccanismi:
1. Diffusione passiva
2. Diffusione facilitata
3. Trasporto attivo
16
1 - Diffusione passiva
La specie si muove attraverso la membrana dalla zona ad alta
concentrazione a quella a bassa concentrazione. La velocità di
diffusione è proporzionale alla forza motrice, data dalla
differenza di concentrazione attraverso la membrana.
La diffusione passiva è spontanea: la variazione di energia
libera che accompagna il trasporto di una specie da una zona a
concentrazione c2 ad una a concentrazione c1 risulta negativa
essendo c2>c1.
17
Esterno cellula
c2
Interno cellula
c1
<0
18
19
2 - Diffusione facilitata
A causa della struttura della membrana plasmatica, che
circonda tutte le cellule e gli organuli degli eucarioti, non tutte
le specie chimiche penetrano nella membrana con eguale
facilità.
La velocità di diffusione della maggior parte delle molecole è
in relazione con la loro solubilità nei lipidi (data la natura
prevalentemente lipidica della membrana).
Molecole cariche e altre sostanze polari hanno una solubilità
molto bassa nei lipidi e quindi difficoltà a passare attraverso
la membrana per diffusione ordinaria (molti intermedi
metabolici sono carichi e di conseguenza stanno dentro la
cellula).
20
Tuttavia, vi sono alcune componenti polari che si muovono
attraverso la membrana molto rapidamente, grazie alla
diffusione facilitata: la specie su un lato della membrana si
combina con una molecola di trasporto che diffonde verso
l’altro lato, dove il complesso si scinde, scaricando la molecola
trasportata.
Esterno cellula
c2
Interno cellula
c1
21
3 – Trasporto attivo
Il trasporto attivo presenta due aspetti caratteristici:
1. fa muovere la specie contro il suo gradiente chimico (Ce>Ci),
sfruttando una molecola di trasporto;
2. Essendo G>0 il processo necessita di energia libera.
Esterno cellula
(ATP+H2O -> ADP+Pi )
c2
Interno cellula
c1
22
PRODOTTI FINALI DEL METABOLISMO
Le cellule rilasciano diversi composti chimici nel loro ambiente.
In molti casi, questi prodotti sono il risultato del metabolismo
energetico. Talvolta sono intermedi, in alcuni casi prodotti finali
del catabolismo (amminoacidi, vitamine nucleotidi, acidi organici
(acetico, lattico, citrico) e solventi (alcooli)).
Si dicono metaboliti primari, quelli essenziali alla vita stessa della
cellula.
I metaboliti secondari sono prodotti metabolici, come antibiotici,
tossine, alcaloidi e fattori di crescita, costituiti da molecole più
complesse che svolgono speciali funzioni per la cellula (es
antibiotici per funzione di autodifesa).
I metaboliti primari sono i prodotti di partenza per la sintesi dei
metaboliti secondari.
23
CRESCITA CELLULARE
La crescita cellulare comporta consumo di substrato (S) che
fornisce energia e materiale di partenza per la sintesi di biomassa
(X).
Fattore di resa in biomassa= rapporto (w/w) fra la quantità
di biomassa formata e la quantità di substrato utilizzato.
24
STECHIOMETRIA DELLA CRESCITA CELLULARE (BIOSINTESI)
Elementi predominanti del materiale cellulare: C, H, N, O
Elementi contenuti in quantità relativamente piccole: P, S
Elementi sempre presenti (in forma ionica): Na, K, Ca, Mg, Cl
Metalli in tracce, necessari per l’attivazione di certi enzimi: Mn, Fe,
Co, Cu, Zn
25
In base alla composizione elementare, il materiale cellulare può
essere espresso sotto forma di composto chimico.
Ad es. per il batterio escherichia coli la composizione elementare
è data da: C=50, H=8, N=14, O=20, P=3, S=1 (%w sul secco).
N0.24
26
27
Stechiometria della crescita cellulare senza formazione di prodotti
QR (quoziente respiratorio) =
Moli CO2
formate
=e/c
Moli O2 consumate
Noto QR, si hanno 5 equazioni in 5 incognite e si possono
determinare i coeff. Stechiometrici.
28
Stechiometria con formazione di prodotti
Diversi prodotti metabolici sono rilasciati nel mezzo di crescita o
accumulati nella cellula.
Possono essere così classificati:
1. Il prodotto principale risulta dal metabolismo energetico
primario (es. produzione di alcool etilico).
2. Il prodotto principale si forma indirettamente dal metabolismo
energetico (es. produzione di acido citrico).
3. Il prodotto è un metabolita secondario, che svolge speciali
funzioni per la cellula (es produzione di penicilline). I metaboliti
secondari sono formati quando le cellule si trovano in
appropriate condizioni (in genere dopo la fase di rapida crescita).
4. Il prodotto proviene dalla biotrasformazione di un substrato
attraverso una o più reazioni enzimatiche.
29
Se il prodotto principale risulta dal metabolismo energetico
primario (caso 1), allora esiste una relazione pressoché costante fra
consumo di substrato, aumento di biomassa e formazione di
prodotto (P):
YP
S
P
S
In tal caso la stechiometria della crescita aerobica di
chemioeterotrofi può essere rappresentata come:
aCHxOy+bHlOmNm+cO2 -> CHON+dH2O+eCO2+fCHvOw
prodotto
Noti QR (e/c) e le moli di prodotto formato per moli di substrato
consumato (f/a), dal bilancio degli elementi possono essere
determinati i coefficienti stechiometrici della reazione.
30
∆ =
( )
PRODUZIONE DI CALORE
Le cellule usano l’energia molto efficientemente, tuttavia parte
dell’energia del substrato è rilasciata come calore.
Fattore di resa
( )
Indicando con:
Qs = calore di combustione del substrato (Kcal/g)
Qx = calore di combustione della biomassa (Kcal/g)
31
Dal 1° principio della TD, applicato al ciclo:
Qs (Kcal)
O2 + 1 g substrato H2O + CO2
Respirazione
con formazione
di biomassa (metabolismo)
Combustione substrato
Combustione biomassa
/
+(Kcal)
H2O + CO2 + YX/S biomassa (g)
YX/SQx (Kcal)
/
∆
∆
+ / = Da cui
∆ = /
− /
In assenza di dati sperimentali, il calore di combustione del
substrato e della biomassa può essere valutato in base alla regola
empirica: calore di combustione = 104-124 Kcal per mole di O2
consumato.
32
In presenza di prodotto:
QP = calore di combustione del prodotto (Kcal/g)
Qs (Kcal)
O2 + 1 g substrato
Respirazione
con formazione
di biomassa (metabolismo)
Combustione substrato
H2O + CO2
YX/SQx + YP/SQP (Kcal)
Combustione biomassa
/
∆
+(Kcal)
H2O + CO2 + YX/S biomassa (g)+YP/S prodotto (g)
YX S
Y
YX QX YP QP QS
S S
Da cui
Y
YX S
QS YX QX YP QP
S S
Per mantenere la temperatura al valore prefissato durante la
fermentazione è in genere necessario sottrarre calore mediante
scambio termico con un fluido refrigerante (acqua).
33
TRASFERIMENTO DI OSSIGENO AL MEZZO DI COLTURA
34
35
Il termine aKL può essere aumentato aumentando sia il grado di
agitazione (velocità di rotazione dell’agitatore) sia la portata di
aria introdotta nel reattore.
36
Riproduzione cellulare: mitosi, meiosi. Formazione dei gameti.
La divisione cellulare La divisione cellulare è il processo in seguito al quale una cellula si divide in due cellule figlie;
generalmente è costituita da due momenti: la divisione del nucleo (mitosi) e la divisione del
citoplasma (citodieresi).
LA DIVISIONE CELLULARE NEI PROCARIOTI E NEGLI EUCARIOTI
La divisione cellulare è molto diversa nei Procarioti e negli Eucarioti.
Nei Procarioti consiste in un numero minore di fasi e si compie in circa 30 minuti.
Negli Eucarioti è piuttosto complessa e ci impiega ore o giorni (una cellula può anche bloccarsi in
uno stadio intermedio della divisione cellulare per mesi o anni).
LA DIVISIONE CELLULARE NEGLI ORGANISMI UNICELLULARI E NEGLI
ORGANISMI PLURICELLULARI
Negli organismi unicellulari la divisione cellulare coincide con la riproduzione dell’individuo,
perché la cellula madre scompare, dividendosi nelle due cellule figlie e dando quindi origine a due
nuovi individui.
E’ una forma di riproduzione asessuata e prende il nome di amitosi.
Fig. 5.1 – Tipi di amitosi (da Caramiello Lomagno et al., 1989)
Negli organismi pluricellulari la divisione cellulare coincide con l’accrescimento dell’individuo
ma non con la sua riproduzione; aumenta il numero delle cellule che costituiscono il suo organismo:
da ogni cellula madre si originano due cellule figlie.
La divisione cellulare avviene mediate il complesso processo detto mitosi.
Non tutte le cellule si dividono una volta raggiunta la maturità (quando cioè si è raggiunto il
differenziamento): in alcuni tessuti vegetali le cellule si dividono raramente.
IL PROCESSO DI DIVISIONE CELLULARE
La cellula, per la maggior parte del suo tempo, si trova nell’INTERFASE, cioè in una fase di riposo
(rispetto agli eventi implicati nella divisione cellulare), anche se avvengono processi che preparano
la cellula alla divisione.
La divisione cellulare in genere è di durata più breve rispetto all’interfase; consiste nelle fasi di
MITOSI e di CITODIERESI.
Le tappe fondamentali sono:
- duplicazione del DNA nucleare (avviene nel nucleo);
- trasferimento del DNA in due nuclei figli;
- ripartizione del citoplasma e degli organuli nelle due cellule che si stanno formando;
- divisione della membrana plasmatica e quindi formazione di due cellule separate.
INTERFASE
Si divide in 3 momenti (Fig. 5.2):
INTERFASE G1
La cellula è in fase di riposo, anche se avvengono i normali processi metabolici e alcuni processi
che preparano la divisione cellulare: la cellula aumenta le sue dimensioni e produce nuovi organuli
e gli enzimi necessari per la duplicazione del DNA.
In genere è la fase di maggior durata, ma le cellule dell’embrione, che deve accrescersi
velocemente, saltano addirittura la fase G1.
INTERFASE S
Durante l’interfase il DNA non si trova in forma addensata, ma in forma despiralizzata; i
lunghissimi filamenti di DNA sono “sparsi” nel nucleo, attorcigliati intorno a proteine sferoidali.
Filamenti e proteine prendono il nome di CROMATINA (Fig. 8.1).
Il DNA si trova in questa forma affinché ogni suo tratto sia disponibile per essere “copiato”
(mediante la trascrizione): esso deve continuamente dare informazioni alla cellula in merito ai
processi che devono avvenire e alle sostanze che devono essere prodotte.
Nell’interfase S si ha la DUPLICAZIONE o SINTESI del DNA, che consiste nella formazione di
una copia dell’intero filamento di DNA, di tutto il corredo genetico.
Il corredo genetico della cellula a questo punto è doppio: ogni filamento è presente in due copie.
INTERFASE G2
E’ la seconda fase di riposo, in genere più breve dell’interfase G1; la cellula aumenta di dimensioni
e sintetizza nuovi organuli. Si formano anche due CENTROSOMI (= corpi centrali), che sono le
regioni del citoplasma in cui inizierà la sintesi dei microtubuli.
La cellula è indotta a passare da una fase all’altra dall’azione di un enzima che catalizza le reazioni
che avvengono nelle fasi G1 e G2, ma anche dall’azione di fattori di crescita che provengono
dall’esterno e che stimolano la divisione cellulare (p. es. ormoni).
Fig. 5.2 – Ciclo cellulare (da AA.VV., 1997)
Mitosi
Alla fase G2 segue la fase di mitosi, ovvero di divisione del nucleo; si suddivide in 4 fasi (Fig. 5.2 e
5.4):
PROFASE
La cromatina (formata da filamenti di DNA e da proteine) si addensa, si spiralizza, quindi il DNA si
organizza in CROMOSOMI, visibili e caratteristici (come numero e forma) per ogni specie.
In ogni cromosoma si possono distinguere due unità, che si chiamano CROMATIDI (le due copie
del filamento di DNA che costituisce quel cromosoma; una delle quali è stata creata nell’interfase
S); i cromatidi sono uniti in un punto che si chiama CENTROMERO.
I centrosomi migrano ai due estremi della cellula (che prendono il nome di POLI) e diventano i
CENTRI MITOTICI. Nelle cellule in cui sono presenti (cellule animali e alcune cellule vegetali), i
CENTRIOLI si collocano nei due centri mitotici, uno perpendicolare all’altro.
I microtubuli sintetizzati nell’interfase G1 vengono organizzati: microtubuli provenienti dai due
centri mitotici si congiungono al centro della cellula (nella regione equatoriale), stabilizzandosi e
formando una struttura, una sorta di “gabbia”, detta FUSO MITOTICO.
Su ogni cromosoma si formano due CINETOCORI, strutture proteiche situate sul lato esterno dei
cromatidi, che serviranno come sito di attacco dei microtubuli (Fig. 5.3).
Fig. 5.3 – Fuso mitotico (modif. da Purves et al., 2001)
PROMETAFASE
La membrana nucleare si dissolve in tante vescicole.
Alcuni dei microtubuli provenienti dai centri mitotici prendono contatto con i cromosomi,
attaccandosi ai cinetocori: ogni cromatidio del cromosoma prende contatto con un microtubulo
proveniente da un polo.
I microtubuli che sono attaccati ad un cromosoma si chiamano MICROTUBULI DEL
CINETOCORE; gli altri, che fanno parte del fuso mitotico, si chiamano MICROTUBULI POLARI
(Fig. 5.3).
I cromosomi, per azione dei microtubuli, tendono ad ordinarsi nella zona equatoriale della cellula;
questa fase di ordinamento dura circa un’ora.
METAFASE
Si entra nella metafase quando tutti i cromosomi (o meglio, i centromeri) si trovano a metà del fuso
mitotico e formano la PIASTRA EQUATORIALE o METAFASICA.
ANAFASE
Si sono disciolte le proteine che tenevano uniti i due cromatidi nel centromero e quindi ogni
cromatidio è libero di migrare verso un centro mitotico.
I microtubuli, grazie alla propria contrazione e all’azione di proteine motrici legate al cromatidio,
che si muovono sul microtubulo, “trascinano” il cromatidio verso il polo da cui prendono origine.
Questa fase è di breve durata (circa 10 minuti).
TELOFASE
Tutti i cromatidi sono giunti ai poli; ogni cromatidio contiene tutto il corredo genetico di un
cromosoma, quindi in ogni centro mitotico abbiamo l’intero corredo cromosomico della cellula.
Il centrosoma si disgrega, l’involucro nucleare si ricompone, racchiudendo separatamente i due
corredi cromosomici, ricompaiono i nucleoli.
I cromatidi si despiralizzano e tornano ad assumere l’aspetto di cromatina.
Le cellule neoformate, che hanno corredo cromosomico e caratteristiche identiche a quelle della
cellula madre, entrano in una nuova interfase.
Fig. 5.4 – Fasi della mitosi (da Purves et al., 2001) Fig. 5.4 – Fasi della mitosi (da Purves et al., 2001)
CITODIERESI
A questo punto si può avere la separazione in due cellule, attraverso la divisione equa del
citoplasma e degli organuli e la divisione della membrana plasmatica.
Nelle cellule animali si forma un solco a metà cellula che porta alla divisione cellulare (Fig. 5.5);
nelle cellule dotate di parete cellulare, rigida, il citoplasma viene diviso da un setto, la PIASTRA
CELLULARE, che si origina al centro della cellula e si estende fino a raggiungere la membrana e
finisce per dividere a metà la cellula; le due cellule figlie depositano tra di loro del materiale, che
riforma la parete cellulare divisoria (Fig. 5.6).
Fig. 5.5 – Citodieresi in cellula animale (da Curtis & Barnes, 1994)
Fig. 5.5 – Formazione della piastra cellulare in cellula vegetale (da Curtis & Barnes, 1994)
La meiosi La meiosi è un processo di divisione cellulare che porta alla formazione di cellule figlie non
identiche alla cellula madre, ma con un corredo genetico dimezzato, cioè aploide (n), ovvero è
presente un solo cromosoma per tipo.
Ciò è reso possibile dal fatto che i cromosomi omologhi della cellula madre si distribuiscono uno
per ogni cellula figlia.
Le cellule figlie prendono il nome di gameti; essi, nella riproduzione sessuale, fondendosi
(fecondazione) riformano una cellula normale (diploide).
La meiosi consiste in un’INTERFASE, analoga a quella della mitosi, durante la quale si ha la
duplicazione del DNA e la produzione di organuli, seguita dalla MEIOSI I e dalla MEIOSI II (Fig.
5.6 e 5.7).
E’ più lunga rispetto alla mitosi (p. es., nell’uomo l’intera meiosi dura circa un mese, mentre la
mitosi si conclude in una-due ore).
1) MEIOSI I
Si divide in 5 fasi (Fig. 5.6):
PROFASE I
La cromatina si condensa e si spiralizza e si rendono visibili i CROMOSOMI.
In ogni cromosoma si possono distinguere i due CROMATIDI, uniti per il CENTROMERO.
Avviene un fenomeno assente nella mitosi: i CROMOSOMI OMOLOGHI si avvicinano e si
appaiano in un processo detto SINAPSI; i siti di attacco si chiamano CHIASMI.
Poiché i cromatidi si attorcigliano tra di loro, talvolta tra i due cromosomi omologhi di ogni coppia
si può avere il CROSSING-OVER, cioè uno scambio tra due cromatidi di tratti equivalenti di
cromosoma.
In tal caso si ha RICOMBINAZIONE GENICA: una sequenza di DNA del cromosoma diversa
rispetto alla precedente; ciò consente la variabilità genetica, cioè un patrimonio genetico della
cellula figlia diverso rispetto a quello della cellula madre.
I CENTROSOMI migrano verso i due poli opposti della cellula e diventano i CENTRI MEIOTICI.
I microtubuli si estendono tra i due centri meiotici e formano il FUSO MEIOTICO.
Sui cromosomi si formano i CINETOCORI, uno per cromosoma (non più 2 per cromosoma, cioè
uno per ogni cromatidio).
La profase nella mitosi durava pochi minuti, nella meiosi è molto più lunga (nell’uomo dura una
settimana).
PROMETAFASE I
La membrana nucleare si dissolve in tante vescicole.
Alcuni microtubuli provenienti dai centri mitotici prendono contatto con i cromosomi (e non più
con i cromatidi), attaccandosi al cinetocore (ogni cromosoma della coppia di cromosomi omologhi
viene attaccato da un microtubulo).
Le coppie di cromosomi iniziano ad allinearsi per formare la piastra equatoriale.
METAFASE I
Le coppie di cromosomi, tirati dai microtubuli, sono disposti ordinatamente a metà del fuso mitotico
e formano la PIASTRA EQUATORIALE o METAFASICA.
ANAFASE I
I due cromosomi omologhi di ogni coppia si separano e migrano verso poli opposti, per la
contrazione dei microtubuli e l’azione delle proteine motrici.
TELOFASE I
Il centrosoma si disgrega, in alcune cellule l’involucro nucleare si ricompone e ricompaiono i
nucleoli.
I due nuovi nuclei non sono uguali a quello della cellula madre, ma hanno un corredo cromosomico
dimezzato, costituito da un solo cromosoma per ogni coppia di omologhi (anche se già costituito di
due copie, perché si è avuta la sintesi del DNA); hanno perciò un corredo cromosomico aploide
anziché diploide.
Fig. 5.6 – Meiosi I
2) INTERCINESI
E’ l’intervallo tra le due fasi della meiosi, che si verifica in alcune cellule.
I cromosomi si despiralizzano parzialmente, ma non si ha sintesi del DNA.
3) MEIOSI II
Procede come una normale mitosi (Fig. 5.7).
La differenza rispetto alla mitosi, è che i due cromatidi di ogni cromosoma possono non essere
identici, poiché nella meiosi I può essersi verificato un crossing-over; in tal caso, le 4 cellule che si
formano a partire dalla cellula madre non avranno un corredo cromosomico identico.
Fig. 5.7 – Meiosi II
Fig. 5.7 – Meiosi II
LE CELLULE E IL CORREDO GENETICO
Tutte le CELLULE SOMATICHE di un organismo (cioè tutte le cellule ad eccezione delle cellule
sessuali) e tutti gli organismi di una stessa specie hanno lo stesso numero di cromosomi nelle
cellule; il numero e il tipo di cromosomi è caratteristico di ogni specie.
In genere, le cellule somatiche possiedono due cromosomi per tipo (detti CROMOSOMI
OMOLOGHI); si dicono quindi CELLULE DIPLOIDI.
Il numero di coppie di cromosomi presenti nella cellula di una determinata specie è detto “n”; il
numero totale di cromosomi di ogni cellula è “2n”.
In realtà esistono anche specie le cui cellule somatiche presentano un corredo cromosomico triplo o
quadruplo, ecc., che vengono pertanto dette cellule TRIPLOIDI, TETRAPLOIDI, ecc. (ovvero
nel loro corredo genetico ci sono 3 o 4 cromosomi per tipo), o più generalmente POLIPLOIDI.
Nella riproduzione sessuale i corredi cromosomici dei due gameti si sommano.
Perché lo zigote abbia lo stesso numero di cromosomi delle cellule degli individui da cui si origina,
e non il doppio, i gameti devono preventivamente andare incontro ad un dimezzamento del loro
numero di cromosomi (se così non fosse, ad ogni generazione si avrebbe un raddoppio del numero
di cromosomi di ogni cellula dell’individuo).
In organismi con cellule diploidi, in ogni gamete deve essere presente un solo cromosoma per tipo,
ovvero la cellula deve avere un corredo cromosomico APLOIDE (“n”).
Ciò è reso possibile dal fatto che i gameti si formano attraverso il processo della MEIOSI, che
avviene esclusivamente in particolari organi (gonadi e analoghi nei vegetali).
La formazione dei gameti
Per GAMETOGENESI si intende un complesso numero di trasformazioni che avvengono a carico
della cellula aploide, coinvolgendo anche il citoplasma, e che portano alla formazione del gamete,
in grado di compiere la fecondazione.
La meiosi e la gametogenesi generalmente non avvengono in una qualunque parte dell’organismo
(gametogenesi diffusa), ma in organi specializzati.
Nelle piante e in alcuni funghi in organi specifici detti sporangi avviene la meiosi, che porta alla
formazione di SPORE, cellule aploidi che non sono in grado di fondersi con un’altra cellula apolide
per dare lo zigote, ma che si dividono più volte per mitosi, dando origine ad organismi pluricellulari
aploidi (GAMETOFITO); in alcune cellule di questo individuo, per mitosi, si formeranno le cellule
madri dei gameti che, per fusione con un gamete di sesso opposto, daranno origine ad un nuovo
individuo diploide, lo SPOROFITO.
Questo ciclo prende il nome di CICLO METAGENETICO o ALTERNANZA DI GENERAZIONE
(perché si alternano un organismo aploide e uno diploide) (Fig. 5.8).
Il gamete femminile si chiama OOSFERA, il gamete maschile NUCLEO SPERMATICO.
Fig. 5.8 – Alternanza di generazione (modif. da Purves et al., 2001) Nelle organismi animali la meiosi e la gametogenesi portano direttamente alla formazione di
GAMETI aploidi; gli organi specializzati in cui avviene la gametogenesi si chiamano GONADI. Le
gonadi femminili si chiamano OVAIE, le gonadi maschili TESTICOLI.
Il processo di produzione di gameti femminili si chiama OVOGENESI, il processo di produzione di
gameti maschili si chiama SPERMATOGENESI.
In genere, i gameti femminili si chiamano CELLULE UOVO, quelli maschili SPERMATOZOI.
I PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’EREDITARIETA’
Gregorio Mendel, per primo, formulò le leggi dell’ereditarietà
Al tempo di Mendel di piante ed animali ibridi si sapeva che:
1. se derivanti dagli stessi genitori, gli ibridi erano tutti uguali;
2. quando questi ibridi si accoppiano, essi non generano linee pure, ma i loro discendenti
mostrano una mescolanza di caratteri.
Mendel riuscì ad individuare regole precise alla base delle modalità con cui i genitori trasmettono
caratteri alla progenie.
Per fare ciò, si servì del pisello da giardino, Pisum sativum, dal momento che le sue piante crescono
facilemente e ne sono disponibili molte varietà. In più consentono l’impollinazione controllata, dal
momento che esse hanno fiori ermafroditi. Le antere maschili potevano essere rimosse onde
evitare autoimpollinazione, in più i fiori potevano essere protetti da ulteriori impollinazioni
indesiderate mediante la copertura con piccoli sacchetti.
Inizialmente cercò di sviluppare linee pure per un certo numero di caratteri. Una linea pura per un
certo carattere produce, generazione dopo generazione, organismi con il medesimo carattere.
Mendel scelse varietà di piante con sette tipi di caratteri che si manifestavano in maniera
contrastante: semi gialli o verdi, semi lisci o rugosi, baccello verde o giallo, stelo lungo o corto,
baccello a forma rigonfia o assottigliata, rivestimento del seme bianco o grigio e piante con fiori
disposti alle estremità o lungo l’intero fusto.
Cominciò ad incrociare piante di linee pure con fenotipi diversi per un certo carattere (generazione
parentale o P). I membri di questa prima generazione erano tutti uguali ed assomigliavano ad uno
dei due genitori (generazione filiale o F1). La seconda generazione filiale, prodotta incrociando
membri della F1 (generazione F2), comprendeva piante con entrambi i caratteri parentali in
rapporto 3:1.
P: pianta a stelo lungo x pianta a stelo corto
F1: tutte piante a stelo lungo
T T t t
T t
F2:
Mendel con le sue scoperte andò completamente contro quanto si pensava al suo tempo, infatti
non parlò mai di fluidi, ma di fattori ereditari precisi, arrivando a concludere che:
1. nella F1 si ha un solo carattere che viene espresso, questo, pertanto prende il nome di
carattere dominante; il carattere non espresso viene invece detto carattere recessivo.
Quando entrambi sono presenti, il dominante maschera il recessivo.
2. il fattore ereditario non può essere né perso, né mescolato.
Mendel arrivò così ad ipotizzare che ciascuna caratteristica ereditaria di un organismo fosse
controllata da due fattori che si comportano da particelle all’interno dell’organismo stesso. Queste
particelle sono quelle che noi oggi chiamiamo geni.
Le scoperte di Mendel portarono ai principi fondamentali dell’ereditarietà, che noi oggi
conosciamo come il principio della segregazione ed il principio dell’assortimento indipendente.
Il principio della segregazione afferma che gli alleli si separano prima che i gameti si formino
Oggi si usa il termine allele per indicare le forme alternative possibili di un gene.
Principio della segregazione: affinché possa avvenire una riproduzione sessuata, i due alleli portati
da un genitore devono essere separati. Come risultato ciascuna cellula sessuale che si forma
contiene soltanto un allele di ciascun paio.
Un fatto essenziale è che gli alleli rimangono intatti e che quelli recessivi possono ricomparire anche
nella F2, dunque non vanno affatto perduti.
La segregazione degli alleli è il risultato diretto della separazione degli omologhi durante la meiosi.
Durante la fecondazione, ogni gamete aploide presenta un cromosoma di ogni coppia di omologhi e
quindi un gene di ogni coppia.
Gli alleli occupano loci corrispondenti sui cromosomi omologhi
I cromosomi omologhi hanno di solito geni simili localizzati in posizioni corrispondenti. Con il
termine locus si indica la posizione di un particolare gene sul cromosoma.
I geni che controllano varianti diverse dello stesso carattere e occupano loci corrispondenti sui
cromosomi omologhi, vengono chiamati alleli.
L’incrocio monoibrido si ha fra individui che presentano due alleli diversi per locus; gli omozigoti
presentano alleli identici
Incrocio monoibrido: incrocio fra due individui che portano alleli diversi di un singolo locus.
Pianta a stelo
lungo
Pianta a stelo
lungo
Pianta a stelo
lungo
Pianta a
stelo corto
T T T T t t t t
Gli eterozigoti presentano due alleli diversi per locus; gli omozigoti presentano alleli identici
Si suppone di voler considerare il colore del pelo delle cavie.
La femmina proviene da una linea pura di cavie a pelo nero ed è pertanto omozigote per quel
carattere. Il maschio è omozigote per il carattere pelo marrone.
I discenti della F1 sono neri, ma eterozigoti, cioè portano due differenti alleli in questo locus.
Dunque l’allele per il colore nero è quello dominante, mentre quello per il marrone è recessivo.
Durante la meiosi la femmina BB produce solo gameti B, mentre il maschio bb produce solamente
gameti b. Gli individui della F1 saranno tutti Bb.
Il quadrato di Punnett consente di prevedere i rapporti genotipici e fenotipici dei discendenti un
incrocio
Il fenotipo di un individuo non sempre rivela il suo genotipo
Dal momento che esistono alleli dominanti ed alleli recessivi, non sempre possiamo stabilire quali di
questi determinano il fenotipo di un organismo limitandosi ad osservarlo.ù
La costituzione genica di quell’organismo prende il nome di genotipo.
Il reincrocio (test cross) viene utilizzato per individuare la condizione eterozigote
Le cavie con genotipo BB e Bb sono fenotipicamente identiche.
I genetisti distinguono le cavie omozigoti BB da quelle eterozigoti Bb tramite il reincrocio (test cross), in
cui ogni cavia nera viene reincrociata con una cavia marrone.
Alla fine dell’incrocio si avranno individui neri ed individui marroni in egual numero se la cavia nera era
eterozigote.
Le leggi della probabilità vengono usate per prevedere le frequenze di eventi genetici
B
B b
b
BB Bb
Bb bb
Durante la meiosi, nella F1, l’allele B si separa
dall’allele b; vengono pertanto prodotti in egual
numero alleli con B e alleli con b.
Osservando il quadrato di Punnett si avrà che ¾ degli
individui sarà di colore nero, mentre ¼ sarà di colore
marrone.
Dal punto di vista del genotipo si avrà un omozigote
dominante, due eterozigoti ed un omozigote recessivo.
Tutti i rapporti genetici vengono tipicamente espressi in termini di probabilità.
Nel momento in cui si utilizza il quadrato di Punnett, intuitivamente si stanno utilizzando la legge
del prodotto e la legge della somma.
La legge del prodotto consente di prevedere la probabilità congiunta di eventi indipendenti
Gli eventi sono indipendenti quando il verificarsi di uno non influenza la probabilità dell’altro.
Se due eventi sono indipendenti, la probabilità che si verifichino entrambi è il prodotto delle singole
probabilità.
Esempio: se entrambi i genitori sono Bb, qual è la probabilità che il figlio sia bb?
Affinché il figlio sia bb, durante la segregazione dei caratteri, si dovrà avere un gamete b per la
madre ed un gamete b per il padre.
La probabilità di avere b è sempre pari ad ½, dunque p(bb), essendo gli eventi indipendenti l’uno
dall’altro, è pari al prodotto delle singole probabilità: ½ x ½ = ¼.
La legge della somma consente di prevedere la probabilità congiunta di eventi multualmente
escludentisi
In alcuni casi esistono più modi per avere un unico risultato. Questi eventi sono detti mutuamente
escludentisi se il verificare di uno preclude il verificarsi dell’altro.
In tal caso la probabilità totale è data dalla somma delle singole probabilità
Esempio: se entrambi i genitori sono Bb, qual è la probabilità che abbiano un figlio Bb?
In questo caso l’evento si può verificare o se l’uovo B si combina con lo spermio b o se l’uovo b si
combina con lo spermio B. Essendo la probabilità di ogni singolo evento ¼ (per la legge del
prodotto), la probabilità totale sarà ¼ + ¼ = ½.
L’incrocio diibrido riguarda individui che possiedono alleli diversi in due loci
Incrocio diibrido: è un incrocio fra individui che differiscono per gli alleli di due o più loci. In
particolare prendono in considerazione due coppie di alleli localizzate su cromosomi non omologhi.
Si suppone di considerare cavie a pelo corto e nero BBSS e cavie a pelo lungo e marrone bbss.
Nella F1 si avranno individui a pelo corto e nero BbSs.
Il principio dell’assortimento indipendente stabilisce che gli alleli posizionati su cromosomi non
omologhi sono distribuiti nei gameti in maniera casuale
Ogni cavia della F1 formerà quattro tipi differenti di gameti: BS, Bs, bS, bs.
Si avranno 16 combinazioni distinte in cui ci saranno 9/16 di individui neri a pelo corto, 3/16 di
individui neri a pelo lungo, 3/16 di individui marroni a pelo corto e 1/16 di individui marroni a pelo
lungo.
Principio dell’assortimento indipendente: i membri di una coppia di geni segregano
indipendentemente dai membri di un’altra coppia.
I meccanismi della meiosi sono la base dell’assortimento indipendente
L’assortimento indipendente è correlato agli eventi della meiosi.
L’orientamento dei cromosomi omologhi sul piano di metafase determina il modo in cui,
successivamente, si separano e verranno distribuiti nelle cellule aploidi.
Geni associati non assortiscono indipendentemente
L’assortimento indipendente non si applica se due loci situati sullo stesso paio di cromosomi
omologhi.
Nelle mosche Drosophila si considerano i caratteri colore del corpo (allele B per il grigio e allele b
per il nero) e forma delle ali (allele V per ali normali e allele v per ali vestigiali).
Si incrociano una mosca BBVV (corpo grigio e ali normali) con una moca bbvv (corpo nero e ali
vestigiali). Nella F1 si avrà un unico genotipi VvBv e quindi eterozigoti che presentano i caratteri
dominanti.
Dal momento che questi loci sono localizzati sulla stessa coppia di cromosomi omologhi, i loro alleli
non assortiscono indipendentemente, ma tendono ad essere associati. Questa associazione
(linkage) si nota reincrociando una femmina eterozigote con un maschio omozigote recessivo.
Ciascun gamete ricombinante ha origine da crossing-over che avvengono nella cellula in meiosi di una
femmina eterozigote (in Drosophila il crossing-over avviene solamente nelle femmine).
L’ordine linare di geni associati su un cromosoma si determina calcolando la frequenza del crossino-
over
Le percentuali ottenute dall’incrocio possono essere sfruttate per determinare la percentuale di
crossing-over tra i loci. Questa si ottiene addizionando le percentuali di figli combinanti e dividendo
la somma per il numero totale, moltiplicando poi tutto per 100.
Dal momento che esiste questa relazione grossolana, si può delineare una mappa genetica del
cromosoma convertendo la percentuale di ricombinazione in unità di mappa.
Per convenzione l’1% di ricombinazione tra due loci equivale alla distanza di una unità di mappa.
Di fatto però la frequenza di crossing-over è leggermente più alta della frequenza dei gamenti
ricombinanti, ma ciò avviene perché il verificarsi simultaneo di due crossing-over che coinvolgono
gli stessi cromatidi omologhi, tende a ridare la combinazione genica originale.
Pertanto, normalmente i geni di un particolare cromosoma tendono ad essere ereditati insieme e,
di conseguenza, si dice che costituiscono un gruppo di associazione.
BbVv Bbvv bbVv bbvv
BV Bv bV bv
bv
40% 40% 10% 10%
Ogni processo che porta a nuove
ricombinazioni geniche si chiama
ricombinazione.
Nel caso specifico Bv e bV sono detti
gameti ricombinanti, mentre BV e bv,
dal momento che riprendono i caratteri
parentali, vengono detti gamenti
parentali.
Il sesso è di norma determinato da particolari cromosomi sessuali
Nella maggior parte degli organismi i geni rappresentano i responsabili della determinazione del
sesso.
Tali geni sono localizzati sui cromosomi sessuali: in genere il sesso omogamentico possiede due
cromosomi sessuali dello stesso tipo e produce gameti tra loro identici (in genere sono
omogamentiche le femmine), mentre quello eterogamentico possiede cromosomi sessuali diversi e
quindi gameti diversi, ciascuno portatore di un solo cromosoma sessuale (in genere sono i maschi).
Le femmine, omogamentiche, hanno cromosomi sessuali uguali chiamati cromosomi X, mentre i
maschi, eterogametici, hanno un cromosoma X ereditato dalla madre ed un cromosoma Y
determinato dal padre.
Oltre ai cromosomi sessuali, in genere gli organismi sono dotati anche di autosomi, che
comprendono tutti i cromosomi non sessuali del genoma.
Generalmente nei mammiferi il cromosoma Y determina il sesso maschile
Di norma tutti gli individui richiedono una X, mentre Y è il cromosoma specifico che determina il
sesso maschile, infatti il maggior gene responsabile dello sviluppo dei testicoli nel feto è situato
proprio sul cromosoma Y.
Si pensa che i cromosomi X e Y si siano generati come omologhi, anche se questi sono molto atipici,
in quanto differiscono per dimensioni, forma e costituzione genica. In realtà però possiedono una
breve regione omologa detta regione di appaiamento.
I geni legati al cromosoma X (geni X-linked) sono ereditati in modo particolare
Molti loci presenti sul cromosoma X sono necessari in entrambi i sessi, mentre pochi geni
determinanti la mascolinità sono situati sul cromosoma Y.
I caratteri controllati da geni situati sul cromosoma X vengono detti caratteri legati al sesso, anche
se è più appropriato parlare di caratteri X-linked perché seguono la linea di trasmissione del
cromosoma X, ma non sono strettamente correlati al sesso dell’organismo.
In genere però i caratteri X-linked tendono a manifestarsi con più facilità nei maschi, dal momento
che questi sono emizigoti per i caratteri legati al cromosoma X (in essi si manifestano i caratteri del
cromosoma X perché sono gli unici che l’individuo possiede).
Ciò spiega perché può capitare che la madre portatrice di patologie come il daltonismo o l’emofilia,
possa dare origine a figli maschi malati di daltonismo o emofilia.
La compensazione del dosaggio genico rende equivalente l’espressione dei geni legati al cromosoma
X nei maschi e nelle femmine
I cromosomi X possiedono numerosi geni necessari ad entrambi i sessi; di questi una femmina
normale ne possiede due copie per ogni locus. In genere è quindi necessaria una compensazione
genica per rendere equivalenti le dosi della femmina e le singole del maschio.
Nei mammiferi la compensazione di dosaggio avviene mediante l’inattivazione casuale di uno dei
due cromosomi X.
Osservando il nucleo di una cellula femminile è possibile vedere una macchia scura di cromatina
condensata e, per questo, maggiormente colorabile; essa prende il nome di corpo di Barr ed è
formata da uno dei due cromosomi X condensato e reso inattivo.
Una femmina di mammifero che sia eterozigote per un carattere X-linked, dal momento che può
essere disattivato casualmente uno dei due cromosomi, può presentare fenomeni di variegazione,
ossia la presenza di zone con un certo fenotipo ed altre con uno diverso.
I geni influenzati dal sesso sono autosomici, ma la loro espressione può variare a seconda del sesso
dell’individuo
Non tutte le caratteristiche che differenziano i sessi sono legate al cromosoma X.
Esistono certi caratteri influenzati dal sesso che vengono ereditati attraverso geni autosomici, ma
l’espressione degli alleli di questi loci può venire modificata o influenzata dal sesso dell’individuo,
come nel caso della calvizie.
La relazione tra genotipo e fenotipo è spesso complessa
Può talvolta capitare che una singola coppia di alleli può partecipare all’espressione di più caratteri,
oppure che alleli presenti in più loci possono cooperare per regolare la comparsa di un singolo
carattere.
L’espressione fenotipica dei geni può essere inoltre modificata da variazione che si verificano
nell’ambiente in cui l’organismo si sviluppa.
La dominanza non sempre è completa
Esempio “Bella di Notte”. È una pianta che in genere si presenta con fiori bianchi o rossi.
Incrociando fiori bianchi e fiori rossi si hanno nella F1 fiori rosa. Nel momento in cui si vanno a
reincrociare fiori rosa della F1, possono comparire:
rapporto 1:2:1 in cui compare un fiore rosso, due fiori rosa ed un fiore bianco.
Esempio manto dei cavalli: incrociando cavalli dal pelo rossiccio con cavalli dal manto bianco, si
hanno puledri roani (di un colore intermedio tra i due). Ciò avviene perché in questo caso si
R1R1 R1R
2
R1R2 R2R2
R1
R2
R1 R2
R1=petali rossi
R2=petali bianchi
Nella “Bella di Notte” non si hanno caratteri
recessivi o dominanti, ma, incrociando individui
con genotipi differenti per quel carattere, si ha un
carattere intermedio tra i due e si parla perciò di
dominanza incompleta.
Incrociando poi gli individui della F1 si ha un
possono avere alcuni peli del manto di colore bianco ed altri di colore rossiccio. In questo caso, dal
momento che compaiono contemporaneamente caratteri distinti, si parla di codominanza.
Esempio sistema dei gruppi sanguigni: i gruppi sanguigni A, B, AB, 0 sono controllati da tre singoli
alleli di un locus. L’allele IA codifica per la sintesi di una specifica glicoproteina, l’antigene A, l’allele IB
codifica invece per l’antigene B, mentre l’allele i0 non codifica per alcun antigene. I vari gruppi sono
determinati dalla combinazione di questi alleli differenti.
Fenotipi
(gruppo sanguigno
Genotipi Antigeni sui GR Anticorpi nel plasma
contro antigeni A o B
A IAIA, IAi0 A Anti – B
B IBIB, IBi0 B Anti – A
AB IAIB A, B Nessuno
0 i0i0 nessuno Anti –A, anti - B
In una popolazione possono essere presenti più alleli per un solo locus genico
Se si osserva una popolazione, si possono trovare più di due alleli per un solo locus genico. Se
esistono più alleli per un dato locus, allora si parlerà di alleli multipli.
Esempio manto dei conigli: un allele C controlla la presenza del colore, mentre il fenotipo recessivo
cc produce la totale assenza di pigmento (albinismo). In più si hanno alleli quali ch e cch , che danno
rispettivamente il fenotipo “himalaiano” ed il fenotipo “cincillà”. Questi alleli possono essere posti
in quest’ordine: C>ch>cch>c, il che significa che ciascun fenotipo è dominante rispetto a quello
seguente e recessivo rispetto al precedente.
Un singolo gene può influenzare diversi aspetti del fenotipo
La maggior parte dei geni può avere più di un effetto fenotipico distinto e tale proprietà è definita
pleiotropia.
In genere però fenomeni di pleiotropia possono essere ricondotti ad una causa fondamentale.
Alleli di loci differenti possono interagire per produrre un fenotipo
Molte coppie di alleli possono interagire nell’espressione di un dato carattere, oppure una coppia
di alleli può inibire o cambiare l’effetto di un’altra.
Esempio creste dei polli:
Tipo di cresta Genotipo
Cresta semplice pprr
Cresta a pisello PPrr oppure Pprr
Cresta a noce PPRR, PpRR, PPRr, PpRr
Cresta a rosa ppRR oppure ppRr
Incrociando due individui eterozigoti PpRr si avranno vari tipi di creste, per la precisione:
PR Pr pR pr Reincrociando due eterozigoti dalla
cresta a noce si ripristina il rapporto
classico 9:3:3:1 e, per l’esattezza, si
avranno 9 individui con cresta a
L’epistasi è una forma di interazione genica in cui la presenza di determinati alleli in un locus può
impedire o mascherare l’espressione di alleli in un altro locus.
Esempio cavie albine: l’espressione del colore del manto delle cavie può essere: manto nero oppure
manto marrone; questa caratteri possono essere rispettivamente controllati dagli alleli B e b. Ma
l’espressione di questi geni si ha solamente in presenza dell’allele C che consente la pigmentazione
dell’organismo. Se si ha invece un eterozigote recessivo cc, allora la cavia sarà albina.
Incrociando una cavia albina ccBB con una marrone CCbb, si avranno nella F1 individui CcBb e
dunque a manto nero.
Incrociando invece due eterozigoti della F1 si ha che:
Più geni possono collaborare in modo additivo per la produzione di un fenotipo
Le componenti ereditarie di molte caratteristiche degli uomini non si ereditano con alleli presenti in
un singolo locus.
PPRR PPRr PpRR PpRr
PPRr PPrr PpRr Pprr
PpRR PpRr ppRR ppRr
PpRr Pprr ppRr pprr
PR
Pr
pR
pr
CB Cb cB cb
CB
Cb
cB
cb
CCBB CCBb CcBB CcBb
CCBb CCbb CcBb Ccbb
CcBB
CcBb
CcBb
Ccbb
ccBB
ccBb
ccBb
ccbb
In questo caso, nella F2 si ha un nuovo
rapporto di tipo 9:3:4, dove, più
precisamente, sono presenti 9 individui a
pelo nero, 3 individui a pelo marrone e 4
individui albini.
Alleli di più loci diversi governano l’espressione di ciascun carattere. Il termine eredità poligenica si
usa quando più coppie di geni indipendenti hanno effetti simili e additivi sullo stesso carattere.
Esempio colore della pelle: il colore della pelle è determinato da tre alleli indipendenti che si
trovano in tre loci indipendenti, che possono essere chiamate A e a, B e b, C e c.
A seconda di come questi si combinano, si avranno tonalità con gradazione differente passando dal
fenotipo più scuro AABBCC a quello più chiaro aabbcc.