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Si può progettare la pace?
– Possono gli uomini vivere in pace tra loro?
– Possono gli Stati regolare le loro controversie
con strumenti diversi dalla guerra?
– La pace è solo un sogno oppure è una concreta
prospettiva per la futura storia dell’uomo?
Kant ha posto queste domande in un breve
saggio del 1795, Per la pace perpetua;
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La riflessione sulla pace nel
Medioevo Il tema non era nuovo ed era stato trattato dai teorici della politica sin dal Medioevo;
Si pensi al Defensor pacis di Marsilio da Padova, una appassionata difesa della supremazia dell'Impero sulla Chiesa, la quale non doveva occuparsi di faccende secolari, come le punizioni ed esecuzioni di eretici, ma soltanto di conversioni o punizioni spirituali;
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La riflessione sulla pace in età
moderna In età moderna la riflessione sulla pace perpetua è comune agli umanisti (Pico della Mirandola o Erasmo);
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Ugo Grozio (1583-1645)
ed il giusnaturalismo
Della necessità di un diritto di guerra aveva trattato Grozio all’inizio del Seicento nel De iure belli ac pacis (La legge della guerra e della pace);
Nell’opera Grozio espresse il parere che il principio del diritto pubblico dovesse essere ricercato nelle leggi della natura (dottrina chiamata giusnaturalismo), che le nazioni, per essere riconosciute legittime, avrebbero dovuto rispettare;
Inoltre per Grozio il potere dello stato doveva essere sancito mediante un patto che vincolasse tutti, governanti e governati, e che fosse illegale infrangere;
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Thomas Hobbes (1588-1679)
Hobbes operò una razionale ricostruzione dell'origine e del fondamento dello Stato che dal 1600 in poi ebbe una fortissima risonanza nell'ambito filosofico e politico;
Il filosofo definisce lo stato di natura come uno stato di paura costante non eliminabile, di guerra di tutti contro tutti (homo homini lupus);
Il passaggio dallo stato di natura alla società civile avviene mediante l'osservazione dei dettami della ragione, e a seguito di un patto o contratto;
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La riflessione sulla pace nel
Seicento Il tema della pace perpetua era entrato nella trattazione dei teorici della politica già nel Seicento, secolo nel quale erano stati pubblicati diversi progetti per la costituzione di organismi sovranazionali e sovrastatali che avrebbero dovuto risolvere i conflitti tra gli Stati ed eliminare la guerra dall’Europa;
Ma la guerra non era scomparsa e sembrava fondata l’opinione di quanti la ritenevano ineliminabile dalla storia umana, qualcosa che c’è, come ci sono gli uomini e gli Stati;
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La riflessione sulla pace nel
Settecento
Il pensiero illuminista non
aveva smesso di
interrogarsi sulla guerra, sul
suo significato nell’Europa
degli Stati nazionali, sulla
sua ineluttabilità, sui
vantaggi e i danni che essa
porta con sé; Voltaire
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La pace perpetua come
obiettivo possibile e desiderabile
Per Kant la pace perpetua, uno stato della società in cui la guerra sia per sempre bandita dall’orizzonte della storia, è un obiettivo possibile da raggiungere e massimamente desiderabile;
Nella storia dell’uomo la guerra non appare come l’interruzione di una situazione di normalità che chiamiamo pace;
La situazione è tutt’altra, perché tra gli Stati la condizione di guerra è, di fatto, la situazione normale;
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E’ vero che si combatte apertamente solo quando la guerra scoppia, e questo accade in determinati momenti ritmati da precise cadenze ormai ben codificate nell’Europa del Settecento (dichiarazione di guerra, il succedersi delle operazioni militari, gli armistizi, le trattative, la firma dei trattati di pace);
E’ però altrettanto vero che i trattati di pace, che chiudono una guerra, non hanno lo scopo di rendere impossibile una guerra futura;
Al contrario, essi contengono sempre una serie di clausole che la rendono possibile, che in qualche modo la preparano;
Lo stato di pace, quindi, vede egualmente la presenza di una condizione di guerra potenziale, per la quale è necessario prepararsi;
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Ecco allora gli Stati preparare la guerra con
la costante cura degli eserciti regolari
(pronti alla guerra in ogni momento),
istituzioni divenute parte della struttura
statale al pari dell’amministrazione civile e
politica;
L’economia di un paese è fortemente
influenzata, in tempo di pace, dalla guerra,
perché le spese militari sono egualmente
molto rilevanti e la possibilità di una guerra
determina le alleanze internazionali e
condiziona gli sforzi economici di un paese;
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Un progetto per la pace perpetua non è
dunque solamente un piano elaborato in
sede di teoria politica per risolvere lo
specifico problema della guerra, ma investe
la natura stessa dello Stato, la sua struttura,
i rapporti economici e politici, e così via;
Nel trattare questo tema, quindi, Kant
affronta nella loro globalità i problemi della
politica internazionale e nazionale di un
paese, ponendo in questione la natura
stessa dello Stato in rapporto al cittadino e
agli altri Stati;
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Stato di natura e politica
internazionale Perché dunque la guerra domina la politica degli Stati e le relazioni internazionali sia in tempo di pace che in tempo di guerra?
La ragione va cercata nel fatto che gli Stati sono, l’uno in rapporto all’altro, nella stessa condizione in cui si trovano gli uomini nello stato di natura: non esiste infatti alcun patto tra loro, alcuna società degli Stati, alcun potere superiore;
Le loro relazioni sono regolate dalla forza e non dalla legge, così come possiamo presumere accadrebbe per gli individui, se gli uomini vivessero ancora oggi in una condizione di assenza di Stato, di governo, di leggi;
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La guerra è quindi davvero la condizione naturale: essa domina la politica internazionale perché non esiste alcuna legge che sia superiore alla sovranità nazionale;
Ciascuno Stato, infatti, non riconosce alcuna autorità al di sopra di sé;
Un progetto per la pace perpetua implica:
– una profonda trasformazione dei rapporti interni di ciascuno Stato;
– la creazione di una comunità internazionale di Stati;
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Il rapporto tra cittadino e
governo Finché la guerra viene decisa dai governi, essa rimane un fatto dei governi;
I cittadini ci sono implicati non in quanto cittadini (partecipi dei meccanismi decisionali e della gestione del potere attraverso l’espressione della loro volontà politica), ma solo come sudditi;
Ad essi viene chiesto di essere disposti a sacrificarsi, nei loro beni e nella loro stessa vita, per eseguire la volontà dei governanti senza, a volte, neppure comprenderla bene (perché c’è questa guerra? perché uccidere uomini con cui ieri eravamo e domani saremo in pace, popoli vicini con cui abbiamo fatto ieri e faremo domani buoni affari?);
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Se il potere di dichiarare una guerra fosse
rimesso nelle mani dei cittadini, e non dei
governi, sarebbe molto più difficile farla
scoppiare, perché i cittadini rischiano in
proprio e spesso non hanno nulla da
guadagnare in caso di vittoria;
La pace dovrebbe essere costruita sulla
volontà di pace del cittadino comune, sulla
sua esigenza che vi sia una pace stabile e
sicura, per poter condurre con ordine e
senza pericolo i propri affari;
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Il diritto internazionale e
il federalismo di liberi Stati
La ragione più profonda della guerra è però nell’assoluta sovranità che ciascuno Stato reclama per sé, da cui segue che ogni Stato non ha alcuna legge al di sopra di sé;
Le relazioni internazionali sono regolate dallo stesso principio con cui in natura sono regolati i rapporti tra gli uomini: la forza;
Non vi sarà mai pace stabile (una pace, cioè, che non sia semplice intervallo tra due guerre) finché il diritto non si sarà sostituito alla forza;
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Una federazione di popoli
Deve quindi accadere per la comunità internazionale degli Stati ciò che è accaduto per la comunità degli uomini con la formazione dei singoli Stati: deve nascere una federazione di popoli, un organismo politico sovrastatale che abbia il potere di imporre la legalità internazionale;
Kant non pensa che sia concretamente realizzabile ciò che pure sarebbe necessario, cioè uno Stato di popoli (civitas gentium), un unico organismo politico che possa abbracciare tutti i popoli della Terra;
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Una lega con l’obiettivo
di difendere gli stati aderenti
Kant pensa piuttosto a un obiettivo meno
ambizioso, ma concretamente realizzabile, che
possa estendersi progressivamente: pensa ad
una federazione, o una lega, che si ponga
l’obiettivo di difendere gli Stati aderenti contro le
eventuali pretese di un aggressore;
Una simile lega dovrebbe rinunciare
completamente alle aggressioni e proporsi
l’obiettivo di aggregare a sé progressivamente
tutti gli Stati;
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Le guerre di aggressione sono
moralmente ingiuste
Verrebbero così isolati sulla scena internazionale quegli Stati che volessero condurre guerre di aggressione;
Simili guerre sono oggettivamente guerre ingiuste, perché sono condotte seguendo una massima che, se fosse elevata a principio universale, renderebbe impossibile uno stato di pace e perpetuerebbe lo stato di natura: se ad un aggressore fosse riconosciuto il diritto di aggredire, tutti gli Stati avrebbero questo diritto, e la guerra come condizione permanente dell’umanità sarebbe inevitabile;