1
2
Questo volume è stato creato con il supporto economico del
MIUR, Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca,per quanto
concerne il finanziamento della tesi di dottorato, e di SOGES, per la
sponsorizzazione del progetto Think Tank.
FROM BUSINESS
IDEA
TO BUSINESS START
UP
Quaderno di ricerca
Leo Italiano
v
EXECUTIVE SUMMARY
Questo studio analizza il processo di creazione d’impresa, dall’idea
imprenditoriale alla stabilizzazione reddituale della start up, con
l’obiettivo di identificare quali siano le dinamiche di aggregazione di
risorse antecedenti al raggiungimento del successo imprenditoriale.
Per poter individuare queste risorse, è stata fatta un’analisi dello
stato dell’arte sia con un approccio più basato sulla teoria, rivedendo
Resource Based View, Knowledge-based View, Teoria del Capitale
Sociale, Resource Dependence Perspective, Teoria delle Asimmetrie
Informative e Signaling Theory, Teorie dei Costi di Agenzia e dei
costi di Transazione, sia con un approccio più empirico, rivedendo i
modelli di crescita aziendale, il concetto di imprenditorialità, i team
imprenditoriali e i finanziamenti.
È stato quindi evidenziato un gap significativo nello stato dell’arte
relativo:
alla descrizione e all’ analisi delle fasi antecedenti e
immediatamente successive alla fondazione dell’impresa, armonizzate
in un modello di ciclo di vita di una start up;
all’individuazione specifica delle “risorse imprenditoriali”
costituenti gli antecedenti della buona riuscita dello sviluppo
imprenditoriale, andando ad aprire idealmente il bundle of resources
che generano il valore aziendale;
all’identificare, analizzare e caratterizzare le relazioni e le
dinamiche fondamentali tra queste risorse, andando a descriverne
l’evoluzione e gli equilibri necessari alla riuscita del pieno sviluppo
imprenditoriale.
Lo studio effettuato si è quindi articolato in 4 periodi di ricerca
distinti:
1. Esplorazione dello Stato dell’Arte ed esperienza diretta di
creazione d’impresa;
2. Sintesi del Modello, tramite interviste con esperti e
capitalizzazione delle esperienze precedenti;
vi
3. Validazione del modello tramite l’analisi di star up realmente
esistenti, prese come casi di studio
4. Trasferimento delle conoscenze e applicazione ad un
incubatore d’impresa. (v. Fig.1)
La fase esplorativa
Nella prima fase esplorativa si è proceduto :
a una completa revisione letteraria del tema
dell’imprenditorialità, dei team manageriali e delle teorie
sull’eterogeneità come vantaggio competitivo;
a una fase di ricerca primaria, somministrando, tramite
interviste, un questionario a 154 imprenditori appartenenti a 58
aziende dell’I3P, l’Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di
Torino;
Analisi Quantitativa154 Imprenditori,
58 start up
Analisi Qualitativa
19 Casi di Studio
Esperimento di Laboratorio
1 start up fondata
Trasferimento Tecnologico
1 Incubatore5 start up
1) Esplorazione2) Sintesidel Modello
3) Validazione 4) Applicazione
Interviste agli Esperti6 Esperti
FIGURA 1 LE FASI DELLA RICERCA
vii
a un “esperimento di laboratorio”, durante il quale ho fondato
in prima persona una start up, per andare a vivere e capire dall’interno
le dinamiche, le problematiche e la motivazione del team
nell’implementazione del processo oggetto di ricerca.
Queste indagini econometriche hanno prodotto risultati statistici
debolmente significativi, spingendo a rivedere il focus proprio sul
processo di creazione d’impresa, più che sul solo team manageriale.
La fase di sintesi del modello
La seconda fase è quindi partita con il preciso scopo di andare a
modellizzare il processo di creazione d’impresa, capitalizzando i
risultati della prima fase esplorativa e continuando sia con una
seconda ricerca letteraria, più estesa di quella della prima fase, sia di
una ricerca primaria, via interviste e questionario.
Con il fondamentale apporto di 6 esperti di creazione d’impresa,
triangolando i nuovi spunti con le esperienze teoriche e pratiche
pregresse, è stato sintetizzato il modello di creazione d’impresa.
La fase di validazione del modello
La terza fase è stata di testing del modello e validazione su un
campione di 19 imprese dell’I3P. In questa fase, il modello è stato in
grado di discriminare le fonti di problemi e le fonti di vantaggio
competitivo delle imprese intervistate.
La fase di applicazione del modello
La quarta fase è stata di applicazione del modello ai 5 team
imprenditoriali inseriti nel percorso di business incubation del CSI –
Centro Servizi Incubatore della Città di Napoli.
viii
Il modello di creazione d’impresa
Si è quindi arrivati a definire un modello di creazione d’impresa in
tre fasi con nomi mutuati dalla teoria del decollo aereonautico.
Fase di Pre-Launch, che porta l’imprenditore a trasformare la
visione dell’idea di business in una vera e propria impresa; sono stati
individuati come driver:
o l’Imprenditore, come leader trainante e motivatore, vero
motore del processo imprenditoriale,
o la presenza di un team completo ed eterogeneo nelle
competenze tecniche e di marketing,
o un Design delle Risorse Umane necessarie allo sviluppo di
medio termine dell’azienda,
o la presenza dell’Industry Thinking¸ di una forte spinta alla
crescita internazionale, alla qualità del prodotto, e al Think Big,
o la presenza di una pianificazione finanziaria attenta, sia in
termini di futura redditività che di capitale necessario per lo start up,
o la presenza di una Idea imprenditoriale di prodotto o servizio,
o di una prima realizzazione pratica quale Product Concept, e
infine
o di una valutazione della Business Opportunity in termini di
analisi di mercato, della concorrenza e della Customer Value
Proposition.
Fase di Lift-Off, nella quale la start up inizia la sua operatività
e si inizia ad affermare come soggetto economico all’interno del
Sistema del Valore, con i driver:
o la presenza di un Modello Strategico con il quale sviluppare
l’azienda,
o una definizione del posizionamento all’interno della Catena
del Valore,
o lo sviluppo di un Sviluppo Prodotto orientato ai bisogni del
mercato,
o la presenza di un Fund Raising per coprire gli investimenti
necessari,
ix
o l’eventuale presenza di un primo Fatturato, eventualmente
anche non-core,
o lo sviluppo del Network e delle Capacità Commerciali.
Fase Ascent, sotto l’ipotesi di stabilizzazione del business, dove
l’azienda ottimizza processi organizzativi interni ed esterni,
consolidando il proprio valore e la propria redditività, con i driver:
o affinamento del Revenue Model, in termini di offerta per il
cliente,
o il Consolidamento nella Catena del Valore. (v.Fig. 2)
I risultati
Grazie al modello, è stato possibile:
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Entrepreneur
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
FIGURA 2 IL MODELLO DI CREAZIONE D'IMPRESA
x
analizzare in maniera completa lo stato di sviluppo
dell’azienda;
valutare le criticità sia nelle risorse sia nel loro pregresso;
suggerire un piano di attività specifico per l’ottimizzazione
del processo.
Questo ha permesso, simultaneamente, di trasferire ai tutor
dell’incubatore della Città di Napoli le conoscenze per applicare il
modello.
Il modello ed i risultati delle analisi hanno permesso di mettere in
risalto l’importanza (v. Fig. 3):
della mentalità imprenditoriale, delle aspirazioni, del Think
Big come guida e volontà dell’imprenditore e del suo team di arrivare
a presidiare una posizione di leadership a livello globale, seppur in
una nicchia;
58%
42%39%
26%
21%
5%0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
Industry Thinking Marketing&Technical Team Completeness
Entrepreneur Human Resources Design
Financial Resources Design
Business Opportunity
Distribuzione Criticità più Allerte Pre-Launch Phase
FIGURA 3 CRITICITÀ E ALLERTE DELLA FASE DI PRE - LAUNCH
xi
del Capitale Umano, dell’importanza della qualità delle
persone, dei loro background e soprattutto delle esperienze che i
membri del team mettono a sistema nello start up imprenditoriale;
della presenza di un imprenditore leader, che sappia motivare
e focalizzare il team, sovraintendere allo sviluppo prodotto, alle
variabili finanziarie e le tempistiche di sviluppo del prodotto e di
entrata sul mercato.
È da notare come i problemi quali la mancanza di capitali necessari
allo sviluppo, di un forte impatto commerciale e di uno sviluppo
prodotto efficace ed efficiente siano tutti riconducibili ai tre fattori
sopra menzionati (v.Fig. 4).
Il modello e le analisi effettuate appaiono robuste e consistenti
fornendo rilevanti implicazioni manageriali, di policy e di
Trasferimento Tecnologico.
79%
71%
58%
53%
18%
12%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
Product Development Commercial Capabilities&Network
Development
Fund Raising Strategic Model Value-Chain Positioning
Revenues
Distribuzione Criticità più Allerte Lift-Off Phase
FIGURA 4 CRITICITÀ ED ALLERTE DELLA FASE DI LIFT-OFF
xii
R INGRAZIAMENTI
Ci sono molte persone con le quali sono in debito per l’aiuto e il
supporto datomi in questa ricerca, per averla resa non solo possibile
ma anche interessante, divertente e formativa.
Sono grato alla mia famiglia, per tutto il supporto dato in questo
mio lungo periodo di studi, e ad Elena, senza la quale questa ricerca
non sarebbe stata possibile.
Vorrei esprimere la mia più sentita gratitudine al Professor Emilio
Paolucci, supervisore del mio lavoro, e ai miei advisor, il Professor
Marco Cantamessa, , ed il Professor Gianni Guerra.
Senza Erica Forcolin, Matteo Donda e Denis Truccone, il mio team
di lavoro, questo intero progetto di ricerca non sarebbe stato possibile.
Grazie ragazzi.
Grazie anche a Francesco Taiariol e Filippo Veglia, conosciuti in
ambiente universitario e associativo, per esser diventati i miei soci ed
aver fondato la start up parte di questo studio, senza di loro non sarei
mai partito nella mia avventura imprenditoriale. Grazie a Umberto Bar
e Gabriele Pece, entrati successivamente in società portando grinta,
competenze e punti di vista differenti, che mi hanno fatto vivere e
capire l’imprescindibile importanza del team imprenditoriale.
I casi di studio non sarebbero stati possibili senza la collaborazione
dell’I3P, l’Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino,
nella persona del direttore, l’Ingegner Mario Vittone, e del suo staff,
Federico Sarti su tutti, e grazie anche a tutti gli imprenditori
intervistati, per la loro disponibilità, pazienza e passione nel
raccontarci la loro storia e per l’averci trasferito, tacitamente, il
significato della determinazione e del pathos imprenditoriale.
Voglio esprimere riconoscenza agli esperti intervistati, il Professor
Pozzolo, l’Ingegner Stefano Molino, l’Ingegner Alberto Dal Poz e
l’Ing. Carlo Capello, per averci aiutato nella comprensione del
fenomeno oggetto d’indagine.
xiii
Ringrazio il Politecnico di Torino, nelle persone del Rettore
Francesco Profumo e del Preside della Scuola di Dottorato Mario
Rasetti, ed il MIUR, Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca,
per aver provveduto alla borsa di studio ed ai fondi che hanno reso
possibile il mio dottorato.
Devo esser grato anche alle persone incontrate in SOGES, Il
Presidente Alberto Perego, L’Amministratore Delegato Luigi
Marconi, il Dottor Roberto Durio, che hanno sostenuto negli
approfondimenti sperimentali.
Un significativo contributo mi è arrivato dalla collaborazione con
Tecfor – Tecnologia e Formazione che ha acconsentito
all’utilizzazione dei risultati della sperimentazione per il
perfezionamento di questo studio e con il gruppo di lavoro composto
dal Dottor Antonello Bartiromo e dal Dottor Giampiero Bruno, che mi
hanno permesso di applicare il modello in maniera proficua in un
ambiente così lontano e diverso da quello di studio.
Tra le tante persone incontrate che mi hanno aiutato nello sviluppo
di questo studio, vorrei ricordare soprattutto il prof. Erkko Autio che
mi ha regalato questa metafora affascinante.
La Ricerca è come un dialogo: intorno agli argomenti di indagine,
come in un tavolo immaginario infinito nello spazio e nel tempo,
siedono gli Scholar, gli studiosi, che parlano, si confrontano, si
smentiscono e si supportano l’un l’altro sia di persona in seminari,
convegni e dibattiti sia attraverso gli scritti, libri, articoli e
pubblicazioni. Lo studio, anche dottorale, parte dal sedersi al tavolo e
ascoltare, attraverso la revisione letteraria, la partecipazione a corsi,
seminari e convegni, per capire quali sono le siano le posizioni più o
meno dominanti sugli argomenti oggetto d’indagine; poi, attraverso la
ricerca personale primaria, le proprie analisi e conclusioni, si può
arrivare a proporre nuove idee al tavolo di discussione, arricchendo lo
Stato dell’Arte. Il processo di ricerca primaria, raccogliendo e
rielaborando dati ed opinioni dal mondo reale e della pratica, è il
trasferimento scientifico dei fenomeni che accadono in natura allo
stessa discussione.
Il contributo apportato al tavolo è tanto più di valore quanto è
collegato al dialogo in corso ma innovativo, nuovo, rigoroso e contro
xiv
intuitivo rispetto al sapere attuale. Più sarà interessante il contributo,
più saranno le persone al tavolo che continueranno a svilupparlo,
riprendendo ed ampliando il discorso citando l’autore che ne ha dato
vita.
Trovo questa metafora meravigliosa ed illuminante: il mio studio
non è stato altro che aver ascoltato e letto il contributo di accademici,
esperti, amici, giornali, investitori, politici ed imprenditori di ogni
genere e grado che, attraverso la discussione all’interno del team di
ricerca, mi ha portato a formalizzare questo studio come mio
personale contributo allo sviluppo della Umana Conoscenza.
Torino, Italia, 29 Aprile 2011.
Leo Italiano
XV
Indice
Executive Summary .................................................................... v
Ringraziamenti .......................................................................... xii
Capitolo 1 .................................................................................... 1
Introduzione ................................................................................ 1
1.1 Il contesto..................................................................... 2
1.2 Il Problema .................................................................. 4
1.3 Gli Obiettivi della Ricerca ......................................... 5
1.4 Lo Scopo e le Limitazioni ........................................... 5
1.5 L’Approccio e il Metodo di Ricerca .......................... 6
1.6 I Concetti Fondamentali ............................................ 7
1.6.1 Le New Technology Based Firm ........................... 7
1.6.2 Le Risorse .............................................................. 8
1.6.3 La Conoscenza ...................................................... 9
1.6.4 Le Start Up Accademiche .................................... 10
1.7 La Struttura dello studio .......................................... 12
Capitolo 2 .................................................................................. 13
Il Metodo e le Fasi della Ricerca ............................................... 13
2.1 Le Fasi della Ricerca ................................................ 14
2.1.1 La Fase Esplorativa ............................................ 14
2.1.2 La Sintesi del Modello ......................................... 15
2.1.3 La Validazione del Modello ................................ 16
2.1.4 L’applicazione del Modello ................................. 16
2.2 Il Questionario Quantitativo.................................... 17
2.2.1 La Raccolta di Dati Primari................................ 18
XVI
2.2.2 Le Misure ............................................................. 19
2.3 I Primi Risultati: Un Fallimento di Successo .......... 22
2.4 L’Esperimento di Laboratorio: Tre Tau
Engineering s.r.l. .................................................................. 24
2.5 Il Redesign della Ricerca .......................................... 26
2.6 Le Interviste con gli Esperti ..................................... 28
2.7 Il Metodo di Indagine Qualitativo ........................... 29
2.8 L’Incubatore della Città di Napoli .......................... 30
2.9 La Discussione sulla Validità della Ricerca ............ 31
Capitolo 3 ................................................................................... 33
Il Modello .................................................................................. 33
3.1 Il Modello di Processo di Creazione d’Impresa ..... 33
3.2 La fase di Pre-Launch ............................................... 34
3.3 La Fase di Lift-Off .................................................... 41
3.4 La Fase Ascent ........................................................... 44
3.5 Il Network di risorse ................................................. 46
3.6 Le Risorse e il Territorio ............................................... 48
3.7 I Trade Off del Processo di Internalizzazione di
Risorse ................................................................................... 49
Capitolo 4 ................................................................................... 51
I Casi di Studio .......................................................................... 51
4.1 Tre casi di studio dell’I3P ......................................... 52
4.1.1 Il Caso Pre Launch .............................................. 53
4.1.2 Il Caso Lift Off ..................................................... 56
4.1.3 Il Caso Ascent ...................................................... 59
4.2 I Casi dell’Incubatore di Città di Napoli................. 63
4.2.1 Il Caso 1 ............................................................... 64
XVII
4.2.2 Il Caso 2 .............................................................. 65
4.2.3 Il Caso 3 .............................................................. 67
4.2.4 Il Caso 4 .............................................................. 69
4.2.5 Il Caso 5 .............................................................. 71
Capitolo 5 .................................................................................. 73
Discussioni e Conclusioni ......................................................... 73
5.1 Discussione dei risultati ............................................ 73
5.1.1 I Risultati della fase di Pre Launch ..................... 74
5.1.2 I Risultati della Fase di Lift Off .......................... 77
5.1.3 I Risultati della fase Ascent ................................. 80
5.1.4 La Variabile di Industry e la Durata delle Fasi .. 80
5.2 Implicazioni Manageriali ......................................... 83
5.2.1 Implicazioni per gli imprenditori ........................ 83
5.2.2 Implicazioni per i finanziatori ............................. 84
5.2.3 Implicazioni per i manager degli incubatori ....... 85
5.2.4 Implicazioni per i Decisori Pubblici ................... 86
5.3 Limiti dello Studio e Ricerche Future..................... 86
Indice delle Figure ..................................................................... 89
Bibliografia ................................................................................ 91
1
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
“Innovation is the specific instrument of entrepreneurship. The
act that endows resources with a new capacity to create wealth.”
[Peter Drucker]
La creazione d’impresa è un fenomeno che accomuna il genere
umano da quando i primi uomini decisero di andare insieme a
caccia, passando dai grandi navigatori esploratori del XV secolo,
primi veri imprenditori ad attrarre capitali per un’impresa ad alto
rischio, fino ai giorni nostri delle crisi finanziarie sulle dot com e
sui derivati.
Cosa c’è in comune lungo questa storia? Cosa contraddistingue
la costituzione di un’impresa? Quali sono le caratteristiche che
accomunano il successo imprenditoriale?
2 Introduzione
1.1 IL CONTESTO
Le imprese sono fatte e guidate da uomini, leader, gruppi di
persone che mettendo a sistema i loro strumenti, energie e
conoscenze creano nuove entità organizzative, che sono il motore
dello sviluppo economico, tecnologico, industriale e sociale.
Proprio per questo, lo studio e la comprensione di come far nascere
e crescere le imprese ha visto negli ultimi anni un interesse sempre
crescente, da parte di più discipline manageriali: strategia, gestione
dell’innovazione, marketing, economia industriale, gestione delle
risorse umane e, trasversalmente a tutte queste, l’imprenditorialità.
Questo interesse trova riscontro nei numeri: ogni anno in Italia
vengono create circa 30.000 nuove imprese e altrettante falliscono,
su un totale di 4 milioni di imprese attive. Di queste, solo 180.000
esportano beni e servizi, e solo il 6% di queste riesce a stabilizzare
la sua presenza nel mercato globale.
Lo scopo di questa tesi è esaminare il processo di creazione
d’impresa andando ad analizzare quali siano le risorse e le
conoscenze che l’imprenditore internalizza all’interno del suo
team, individuando quali siano le condizioni sufficienti alla
creazione dell’impresa e necessarie al successo della start up.
Ad oggi, nella vasta letteratura manageriale, manca ancora una
descrizione chiara, rigorosa dal punto di vista della teoria ma
fondata su evidenze empiriche, che riesca a spiegare, dal punto di
vista dell’imprenditore, quali siano i passi e le variabili necessarie
per raggiungere la piena redditività.
L’unità di analisi sarà quindi la singola impresa e il percorso del
suo team imprenditoriale, da prima della fondazione alla stabilità
reddituale. Con una analisi approfondita dei fattori influenzanti il
successo imprenditoriale, questa tesi espande l’attuale corpo della
letteratura sul tema della creazione d’impresa, ad oggi ancora
troppo legata all’idea dell’imprenditore singolo e degli aiuti
finanziari pubblici.
Basandosi sulle più attuali teorie manageriali, calate e
focalizzate in un particolare contesto empirico, questo studio
3 Capitolo 1
sviluppa e valida un modello multiteorico del processo
imprenditoriale.
Una delle prospettive chiave di questa analisi è la teoria della
Resource Based View (RBV) dell’impresa, che vede le risorse
imprenditoriali come la determinante primaria del vantaggio
competitivo (Barney 1991, Penrose 1959). È riconosciuto che le
New Technology Based Firm (NTBF) – così vengono definite le
start up che implementano processi o prodotti ad alto contenuto
tecnologico – spesso basano il loro successo o, alternativamente,
insuccesso, proprio sulla presenza e sullo sfruttamento di risorse
che conferiscono e creano valore per l’impresa.
La Knowledge Based View (KBV) suggerisce come la
Conoscenza sia la fonte più importante di vantaggio competitivo
aziendale (Grant 1996). Le NTBF sono necessariamente limitate
nella loro conoscenza dei mercati, della competizione e delle
tecnologie e devono far riferimento alle risorse a propria
disposizione per sviluppare l’idea di business. La provenienza di
queste risorse viene dal passato dell’imprenditore e del team
imprenditoriale.
Il presente studio cerca di contribuire alla letteratura
imprenditoriale, con lo sviluppo di un modello di processo di
creazione d’impresa e dei fattori che influenzano questo sviluppo.
Costruendo il modello sull’insieme delle teorie passate e della
ricerca empirica nei settori affini, testando il modello e le ipotesi
sottostanti sia con ricerca primaria sia secondaria, questo studio
cerca di migliorare la comprensione del fenomeno di creazione
d’impresa, all’interno del più grande ramo della ricerca
sull’imprenditorialità. I risultati hanno implicazioni pratiche
importanti per gli imprenditori, gli investitori finanziari e
industriali, gli enti pubblici sovvenzionanti la creazione d’impresa
e i consulenti dei business incubators.
4 Introduzione
1.2 IL PROBLEMA
La maggioranza della ricerca manageriale si focalizza sulle
strategie di espansione della grande impresa e la ricerca
sull’imprenditorialità ricalca questa impostazione, annoverando
numerosi studi sui fattori e sulle strategie influenzanti la crescita
delle start up. Questa ricerca si focalizza sul ricercare le cause del
successo imprenditoriale nelle risorse delle quali l’azienda si dota
prima della propria costituzione.
Il problema di ricerca principale può essere definito dalla
domanda:
Quali sono le risorse, i meccanismi e le dinamiche
influenzanti il successo di una start up e come si modificano nel
tempo, prima e dopo la costituzione dell’impresa?
Per affrontare questo problema di ricerca, si è proceduto
spezzando il problema in due parti. Il primo passo è stato
concettualizzare le fasi di un processo di creazione d’impresa, dal
quale è nata la prima domanda di ricerca:
Quali sono le fasi principali dell’evoluzione di una start up?
Per capire meglio il fenomeno, si sono poi analizzate nel
dettaglio le singole risorse alla base del successo, definito in
termini sia assoluti sia relativi agli obiettivi prefissati alla
fondazione:
Quali sono le risorse principali alla base del successo di una
start up?
Le due domande di ricerca sopra riportate necessitano ancora di
una visione evolutiva e di un meccanismo aggregante, motore del
processo imprenditoriale, che influenzi e supervisioni il processo:
Come evolvono le risorse imprenditoriali, e chi è il motore del
processo imprenditoriale?
5 Capitolo 1
1.3 GLI OBIETTIVI DELLA RICERCA
L’obiettivo principale della tesi è identificare e descrivere il
processo di creazione d’impresa come aggregazione di risorse
imprenditoriali. Gli obiettivi di dettaglio della ricerca sono:
fare una completa revisione letteraria e analizzare lo stato
dell’arte su creazione d’impresa e imprenditorialità;
concettualizzare il meccanismo attraverso il quale
l’imprenditore sviluppa la sua idea di business in un’azienda;
mappare le risorse imprenditoriali negli stadi iniziali della
vita dell’impresa;
concettualizzare i fattori di successo del processo
imprenditoriale;
generare un modello del processo di creazione d’impresa;
testare empiricamente il modello di processo su un set di
NTBF;
trasferire la conoscenza sintetizzata nel modello ai
consulenti di un incubatore che inizia la sua attività di tutoraggio,
aiutando tutor e imprese incubate a puntare ad una migliore
performance;
presentare le conclusioni sulla significatività, affidabilità e
validità dei risultati dello studio, discutere le implicazioni teoriche,
empiriche e pratiche e presentare suggerimenti per la ricerca
futura.
1.4 LO SCOPO E LE LIMITAZIONI
La ricerca si focalizza sul successo nel processo di creazione di
NTBF. Questo problema è affrontato dal punto di vista
dell’imprenditore, ed è stato scelto perché è il più generalizzabile –
altresì non poteva essere nel caso dell’investitore, del tutor
dell’incubatore, o del decisore pubblico. Lo studio però va a
dialogare indirettamente con questi soggetti, spigando le variabili
interne al processo, permettendo di generalizzare, in maniera
6 Introduzione
sufficientemente robusta, alcuni pilastri della creazione d’impresa.
Essi potranno quindi utilizzare la presente tesi come una lente di
analisi delle imprese che incontreranno.
Nella precedente letteratura, le NTBF sono state definite come
società a meno di sei anni dalla nascita (Robinson&McDougall
2001, Shrader et al. 2000, Shrader 2001, Zahra et al. 2000). Questo
limite è stato applicato anche a questo studio. Il focus geografico è
stato mantenuto su Torino e principalmente su aziende
appartenenti al network dell’Incubatore di Imprese Innovative del
Politecnico di Torino (I3P) a) per prossimità geografica, b) perché
l’I3P si pone come modello di Incubatore di impresa a livello
Italiano c) perché la prossimità con il Politecnico ha generato un
alto numero di imprese con un capitale umano particolarmente
sviluppato dal punto di vista tecnologico.
L’unità di analisi è la singola impresa, ovvero l’imprenditore, il
team imprenditoriale, le loro capacità e le loro attività principali –
chi sono, cosa fanno.
1.5 L’APPROCCIO E IL METODO DI RICERCA
La mancanza di ricerca nel campo specifico del processo di
creazione d’impresa mette in luce la domanda di quale sia
l’approccio di ricerca più appropriato.
Questa ricerca è iniziata con l’obiettivo di costruire una serie di
relazioni tra le risorse umane e finanziarie dell’impresa e le sue
performance, attraverso una rassegna della letteratura e una
successiva indagine quantitativa. Come vedremo, questa analisi su
154 imprenditori di 58 diverse aziende non ha portato i risultati
attesi, permettendoci però di capire che una ricerca quantitativa
non sarebbe stata di valore, se non supportata da un modello
interpretativo solido e ben strutturato.
Si è quindi adottato un approccio di ricerca più esplorativo e
qualitativo, rivedendo in maniera ancora più estesa ed approfondita
7 Capitolo 1
la letteratura e andando ad interagire con esperti di settore –
imprenditori, manager, Venture Capitalist, tutor dell’I3P. Definite
le ipotesi, si è scelto un campione di 19 imprese dall’Incubatore
I3P e si è testato e validato il modello.
Validato il modello, lo si è trasferito ad un nascente incubatore
per dare consulenza a 5 start up, comprovandone in questo modo
l’utilità pratica.
1.6 I CONCETTI FONDAMENTALI
In questa sezione saranno definiti e spiegati i concetti
fondamentali.
1.6.1 LE NEW TECHNOLOGY BASED F IRM
La definizione di NTBF ha diverse declinazioni. Per esempio, il
limite massimo di età varia nei primi studi, ma recentemente si è
arrivati a concordare sullo standard dei 6 anni dalla nascita.
Quindi, le NTBF sono definite come società non quotate a meno di
6 anni dalla nascita.
Tipicamente le NTBF sono state definite come business basati
sullo sfruttamento di risorse tecnologiche (Yli-Renko 1999). Nel
presente studio, le NTBF sono state definite come start up
appartenenti ai settori Aerospazio, Energia, Software,
Internet&Software Service, Elettronica e Meccanica, peculiari del
contesto dell’I3P.
In aggiunta al termine NTBF, in questa tesi si useranno
alternativamente i sinonimi start up, start up tecnologica, società,
impresa, azienda, sempre ad indicare le caratteristiche sopra
riportate.
8 Introduzione
1.6.2 LE R IS ORSE
Uno dei concetti chiave di questo studio è quello di “risorsa”.
Penrose (1959), nel suo libro sulla crescita aziendale, ha definito le
risorse come “le cose fisiche che una società compra, affitta o
produce per il proprio uso, e le persone assunte che fanno
efficientemente parte dell’impresa”.
Qualche altro autore ha assunto una definizione più ampia di
risorsa. Per esempio, Wernefelt (1984) definisce risorsa come
“qualsiasi cosa che può essere pensata come punto di forza o
debolezza di una data impresa. Più formalmente, una risorsa
aziendale in ogni momento può essere definita come un asset
tangibile o intangibile che è legata in maniera semipermanente
all’azienda. Come esempio di risorsa, Wernefelt enuncia “il brand,
la conoscenza interna di una tecnologia, l’impiego di una persona
con determinate capacità, un contatto commerciale, un
macchinario, una procedura efficiente, il capitale, ecc”. In maniera
similare, Barney (1991) definisce risorse come “tutti gli asset,
capacità, processi organizzativi, caratteristiche aziendali,
informazioni, conoscenza, ecc, controllati da una impresa, che
permettono all’azienda di concepire e implementare strategie che
migliorano la sua efficacia ed efficienza”. Nonostante queste due
definizioni siano sufficientemente ampie, c’è una importante
differenza tra la definizione di Wernefelt e quella di Barney,
poiché quest’ultima include solo elementi che sono potenzialmente
generatori di valore (punti di forza).
Un’importante distinzione è l’inclusione di capacità, abilità e
competenze come parte del portafoglio di risorse dell’azienda.
Mentre alcune definizioni includono chiaramente questi aspetti
(Barney 1991, e Wernfelt 1984), altri autori hanno esplicitamente
separato capacità, abilità e competenze, dalle altre risorse (Amut e
Schoemaker 1993, Grant 1991). Amit e Schoemaker (1993)
definirono la differenza tra risorse e capacità così: “Le risorse
possono essere definite come stock di fattori disponibili controllati
o di proprietà dell’azienda […] Le capacità, invece, si riferiscono
alla attitudine dell’impresa di impiegare le risorse, normalmente
combinandole, usando processi organizzativi per arrivare al
9 Capitolo 1
risultato desiderato”. Le risorse, come singoli impiegati brevetti,
brand, finanze, ecc sono raramente produttive se prese
singolarmente, ma possono essere trasformate in output di valore
con l’aiuto di opportune capacità (Grant 1991).
Il presente lavoro pone una distinzione tra risorse e conoscenza,
considerando le risorse come asset tangibili e intangibili posseduti
dall’impresa o accessibili tramite il proprio network, e la
conoscenza come un ingrediente che aiuta ad ottenere il massimo
valore dalle risorse stesse (Penrose 1959).
1.6.3 LA CONOS CENZA
La tradizionale definizione di conoscenza è “vera giustificata
credenza”, concetto introdotto per primo da Platone (Nonaka e
Tekeuchi 1995). Questa definizione, supportata dall’epistemologia
occidentale, si focalizza sulla natura esplicita della conoscenza. La
“conoscenza” è modellata come un costrutto non ambiguo,
riducibile e facilmente trasferibile, mentre “conoscere” è associato
con il processamento dell’informazione (Eisenhardt e Santos
2000). In contrasto con la definizione tradizionale, si pone una
nuova visione della conoscenza, basata sulla distinzione tra
conoscenza esplicita e tacita (Polanyi 1958). La conoscenza tacita
è intimamente connessa con il singolo individuo, ed è molto
difficile da trasferire.
Questa distinzione tra conoscenza tacita ed esplicita è stata la
base per la costruzione della Knowledge Based View (KBV)
dell’azienda (Grant 1996, Kogut&Zander 1992). La KBV ipotizza
che, poiché la conoscenza tacita è difficile da imitare e
relativamente immobile, essa può costituire la base per il vantaggio
competitivo (De Carolis e Deeds 1999, Grant 1996, Gupta e
Govindarajan 2000).
La relazione tra i termini risorse e conoscenza varia in
letteratura. Mentre le risorse fisiche, come terreni o capitali, sono
chiaramente distinti dalla conoscenza tacita posseduta dai membri
dei team imprenditoriali, c’è una certa sovrapposizione concettuale
tra le due definizioni.
10 Introduzione
In questo studio, andremo ad analizzare come i team
manageriali internalizzino ed usino risorse e conoscenze, al fine di
creare e far crescere stabilmente le start up imprenditoriali.
1.6.4 LE START UP ACCADEMICHE
Le start up accademiche (Academic Start Up, ASU) sono una
componente importante, e in rapida crescita, del sistema innovativo
nazionale. Anche grazie ad interventi di sostegno realizzati negli
ultimi anni all’interno del sistema della ricerca pubblica, a partire
dal 1998 essi mostrano un tasso di natalità superiore a quello delle
rimanenti NTBF.
Le caratteristiche genetiche delle ASU differiscono da quelle
delle rimanenti NTBF, secondo una serie di dimensioni. In
particolare, i fondatori delle ASU vantano competenze scientifiche
e tecniche più sofisticate. Inoltre, provenendo dal mondo della
ricerca, essi mantengono uno stretto collegamento con il sistema
della ricerca pubblica attraverso collaborazioni, progetti
compartecipati, e consulenze prevalentemente di natura
tecnologica. I fondatori delle ASU rivelano sovente una minore
esperienza industry-specific e debolezze principalmente in campo
commerciale e gestionale. A tali carenze, le ASU riescono in parte
a fare fronte attraverso alleanze, soprattutto di natura commerciale,
con altre imprese.
D’altra parte, le ASU presentano superiori performance
innovative rispetto alle rimanenti NTBF. Esse brevettano con
maggiore frequenza, presentano una quota mediamente superiore
di fatturato derivante da prodotti e servizi introdotti negli ultimi
due anni, e si mostrano molto più attive nella partecipazione alla
rete internazionale di ricerca.
Dal punto di vista finanziario, il legame con il mondo della
ricerca pubblica riduce le iniziali necessità di capitale di queste
imprese. Tuttavia, le ASU non sembrano godere di vantaggi nel
ricorso a finanziamenti di Venture Capital (VC). A questo
riguardo, le carenze in ambito commerciale e manageriale sono
probabilmente viste dai potenziali finanziatori come un ostacolo
11 Capitolo 1
alla crescita dell’impresa e diventano quindi un deterrente
all’investimento. Al contrario, le ASU presentano una propensione
maggiore delle altre NTBF al ricorso a finanziamenti di Corporate
Venture Capital (CVC) e partner industriali. A causa delle
competenze tecnologiche delle quali dispongono, le ASU sono un
target ideale per gli investimenti finanziari di imprese di maggiori
dimensioni, le quali possono sfruttare sinergie derivanti da una
dotazione complementare di risorse e competenze, tipicamente
coniugando le competenze tecnologiche delle ASU con le proprie
risorse produttive e competenze in campo commerciale.
Infine, le ASU mostrano una più alta propensione all’utilizzo di
finanziamenti pubblici, per quanto riguarda i meccanismi
automatici di sostegno, in questo verosimilmente supportate dalla
propria “organizzazione madre”. (Rapporto Rita, Politecnico di
Milano, 2005). Un’ulteriore analisi sostiene che ASU e NTBF
differiscono nelle loro risorse iniziali e nella configurazione delle
competenze del team, vista come effetto delle differenti origini dei
fondatori e del diverso capitale umano apportato. I fondatori delle
ASU hanno un’educazione di livello maggiore, ma presentano
carenze sulle competenze manageriali e nello specifico campo
aziendale. Le analisi finanziarie mostrano che nel cominciare
un’attività, una ASU necessita di finanze in misura minore rispetto
alle altre NTBF, mentre nessuna differenza significativa è stata
riscontrata per quanto riguarda l’accesso ai finanziamenti esterni.
Come conseguenza, le start-up accademiche dovrebbero avere
un bagaglio superiore in termini di innovazione e di capitale
umano, nonostante i tassi di crescita solitamente più bassi. Nei
primi anni successivi alla fondazione di ogni NTBF, le capacità
distintive sono strettamente connesse al capitale umano dei
fondatori. Cooper e Bruno (1977), in particolare, affermano: “ per
una NTBF gli asset primari sono la conoscenza e le abilità dei
fondatori. Ogni vantaggio competitivo raggiunto da una nuova
impresa è probabilmente basato su cosa i fondatori possono fare
meglio di altri”.
12 Introduzione
1.7 LA STRUTTURA DELLO STUDIO
Il resto dello studio è così strutturato: il Capitolo 2 descrive il
metodo di indagine implementato nella nostra ricerca; il Capitolo 3
descrive il modello di processo di creazione d’impresa; il Capitolo
4 presenta i casi di studio applicativi. Infine, il Capitolo 5 discute
le conclusioni della ricerca, le possibili interpretazioni dei findings
le loro implicazioni teoriche e pratiche.
La struttura dello studio è illustrata in Figura 5.
FIGURA 5 STRUTTURA DELLO STUDIO
13
CAPITOLO 2
IL METODO E LE FASI DELLA R ICERCA
La disciplina dell’Imprenditorialità ha seguito tradizionalmente
il paradigma scientifico del positivismo, dove la realtà è
considerata oggettiva, tangibile e frammentabile (Mentzer e Kahn,
1995). Seguendo questo approccio, questo capitolo giustificherà la
creazione della teoria attraverso i “casi collaborativi/action
research” (Hill et al, 1999) e descriverà come la ricerca è stata
condotta.
Saranno presentati la prima metodologia utilizzata e il
questionario quantitativo, descrivendone il relativo insuccesso. Dal
fallimento di questa prima fase quantitativa, si è proceduto a
ridisegnare lo studio, utilizzando una nuova metodologia, più
qualitativa e supportata da case study.
Questa ricerca farà uso di un metodo particolarmente eclettico:
nonostante le numerose teorie teoretiche ed empiriche, è stato
notato come queste non riuscissero a cogliere gli aspetti rilevanti
dell’oggetto della nostra indagine. Abbiamo ancora più realizzato
come la creazione d’impresa sia ad oggi ancora molto legata ad
aspetti di conoscenza tacita, determinando la necessità non di
larghi data set per indagini econometriche quanto di un dialogo
approfondito con i singoli imprenditori, investitori, tutor di
incubatori e di esposizione diretta al processo stesso.
14 Capitolo 2
2.1 LE FASI DELLA RICERCA
Questo studio propone un modello fondato su una ricerca
quantitativa, qualitativa e “di laboratorio”, svolta in quattro fasi,
rappresentate in Figura 6.
2.1.1 LA FASE ESPLORATIVA
Nella prima fase, che può essere definita come esplorativa, si è
proceduto tramite ricerca primaria, ad intervistare 154 imprenditori
appartenenti a 58 aziende dell’I3P. Come vedremo nel paragrafo
3.4, le prime interviste sono state basate su un questionario in
quattro fasi: 1) Azienda e team imprenditoriale, 2) Prodotto e
Analisi Quantitativa154 Imprenditori,
58 start up
Analisi Qualitativa
19 Casi di Studio
Esperimento di Laboratorio
1 start up fondata
Trasferimento Tecnologico
1 Incubatore5 start up
1) Esplorazione2) Sintesidel Modello
3) Validazione 4) Applicazione
Interviste agli Esperti6 Esperti
FIGURA 6 LE FASI DELLA RICERCA
15 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
Innovazione, 3) Performance: previsioni e risultati aziendali, 4)
Caratteristiche individuali, e i risultati sono stati riportati in un
database. Su questa base dati, si è proceduto a indagare
correlazioni dirette tra le dimensioni dei profili imprenditoriali e le
performance d’impresa, misurate con l’incremento del fatturato nei
primi anni di vita.
I risultati di queste indagini econometriche hanno prodotto
risultati statistici debolmente significativi, ma hanno permesso a)
di fare un’esperienza diretta sul campo, approcciando la mentalità
imprenditoriale e b) indicare che, misurare le performance
d’impresa attraverso il semplice incremento di fatturato, utili o
altre dimensioni finanziarie, senza un modello di ciclo di vita,
sarebbe stato fuorviante.
Parallelamente all’indagine quantitativa, ho creato un
“esperimento di laboratorio”, andando a fondare, insieme ad altri
due giovani Ingegneri, una start up nell’ambito della consulenza
allo sviluppo di un nuovo prodotto e della ricerca collaborativa.
Questa esperienza, che analizzeremo nel paragrafo 3.6, sebbene
non completa, ha permesso di calarmi in prima persona nella
mentalità imprenditoriale, di vivere la creazione d’impresa
dall’interno di un team, trovando sia applicazione pratica sia nuovi
spunti per le teorie oggetto di questa ricerca.
Da questa prima fase di insuccesso, dal punto di vista teorico, è
nato il bisogno di andare ad esplorare quali fossero gli
“antecedenti” al successo imprenditoriale, mappando le risorse
necessarie a costituire i pilastri della crescita aziendale, e non
puramente finanziaria, nelle fasi future di vita.
2.1.2 LA S INTESI DEL MODELLO
Nella seconda fase, si è quindi approfondito i modelli di ciclo di
vita presenti in letteratura, cercando le evidenze, gli “antecedenti”
del successo imprenditoriale, avvicinandoci alla teoria Strategica
della Resource Based View. Le ricerche su fonti secondarie non
hanno prodotto contributi sufficientemente interessanti,
evidenziando però i due principali gap di ricerca, attorno ai quali
16 Capitolo 2
sono poi proseguite le ricerche: 1) la necessità di avere un modello
di ciclo di vita imprenditoriale, che descriva quali siano i passi che
deve compiere l’imprenditore e di riflesso l’impresa per potersi
definire “di successo”, 2) la necessità di individuare quali siano le
Risorse fondamentali in ciascuna delle fasi del ciclo di vita.
Per ottenere queste risposte, formulate le prime ipotesi di
modello, si è intervistato 6 esperti provenienti dal mondo
dell’imprenditoria, della business incubation, del venture capital e
della strategia, affinando il modello di ciclo di vita e delineando i
“must have”, ovvero le risorse ed i pilastri fondamentali per ogni
fase di vita. SI è quindi integrato e sintetizzato le rilevanze
empiriche con i precedenti modelli di cicli di vita, arrivando alla
nostra proposizione di modello in tre fasi, sotto descritto.
2.1.3 LA VALIDAZIONE DEL MODELLO
La terza fase ha riguardato il testing e la validazione del
modello, con l’applicazione le nostre ipotesi su un campione di 19
imprese dell’I3P. In questa fase, le interviste sono sempre state
strutturate, ma sono state rese più aperte rispetto alla prima fase,
lasciando agli imprenditori liberi di raccontare la propria storia, le
proprie motivazioni e la propria definizione di successo
imprenditoriale.
In questa fase di validazione, la capacità di discriminare le fonti
di problemi e le fonti di vantaggio competitivo delle imprese
intervistate è stata notevole, evidenziando i risultati riportarti nel
Capitolo 5.
2.1.4 L’APPLICAZIONE DEL MODELLO
La quarta fase ha riguardato l’applicazione del modello in 5
case studies relativi ad altrettante aziende inserite in un percorso di
business incubation attivato dal CSI – Centro Servizi Incubatore
17 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
della Città di Napoli, con cui sono venuto in contatto grazie alla
collaborazione con TecFor.
2.2 IL QUESTIONARIO QUANTITATIVO
Le Ipotesi sono state operazionalizzate, per essere indagate
attraverso un questionario diviso in quattro parti, come visibile in
Figura 7.
Le quattro sezioni sono state così articolate:
Sezione 1 - Azienda e team imprenditoriale: sono state raccolte
informazioni su dati aziendali, background educazionale
Sezione 1 – Azienda e team imprenditoriale
• Dati aziendali
• Legami con le università
• Attività esternalizzate
Sezione 2 – Prodotto e innovazione
• Origine impresa
• Minacce e limiti percepiti
Sezione 3 – Performance: previsioni e risultati aziendali
• Contatti con gli investitori
• Capitale sociale
• Ripartizione quote societarie
Sezione 4 – Caratteristiche individuali
• Generalità
• Classificazione team imprenditoriale
Questionario
FIGURA 7 IL QUESTIONARIO QUANTITATIVO
18 Capitolo 2
del team e dei collaboratori, eventuali legami con
università, la modalità di incontro dei membri del team e la
quantità di processi aziendali che la start up avrebbe internalizzato,
esternalizzato o svolto internamente in collaborazione con
l’esterno;
Sezione 2 - Prodotto e innovazione: in questa sezione è
stato chiesto agli imprenditori di descrivere brevemente le
caratteristiche del prodotto/servizio, indicando in particolare il
perché lo si ritenga innovativo; raccolte le attuali e prospettiche
quote di mercato per area geografica, si è chiesto agli imprenditori
quali fossero le loro aree di forza e una comparazione con la
competizione, allo scopo di individuare eventuali minacce;
Sezione 3 - Performance, previsioni e risultati aziendali: in
questa sezione, sono stati richieste informazioni sulla tipologia di
investitori nell’azienda, sulla distribuzione delle quote e
sull’andamento finanziario delle principali voci di bilancio;
Sezione 4 - Caratteristiche Individuali: per ognuno dei soci
del team imprenditoriale, si sono richieste alcune informazioni
personali, il background educativo, le principali esperienze
lavorative, per posizione, durata, attività e responsabilità, si è
testata la loro propensione al rischio e si è chiesta una
autovalutazione su capacità imprenditoriali, manageriali,
relazionali e tecnico scientifiche, indagando anche quanto loro
percepissero importanti per l’azienda le stesse capacità; inoltre, si
sono raccolte informazioni sulle loro aspirazioni e visioni sul
futuro dell’impresa, nonché una valutazione finanziaria attuale e
futura.
2.2.1 LA RACCOLTA DI DATI PRIMARI
Il questionario è stato sottoposto a 58 start up (Sezioni 1, 2, 3) e
a 154 membri dei team imprenditoriali (Sezione 4), attraverso
interviste faccia a faccia, condotte da due tesiste di Laurea
Magistrale in Ingegneria Gestionale e due Dottorandi in Sistemi di
Produzione e Design Industriale.
19 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
Le interviste sono state svolte nel periodo Marzo 2009 –
Gennaio 2010. Contemporaneamente, presso la Camera di
Commercio di Torino, si sono raccolti i dati di bilancio, da
triangolare con quelli ricavati dai questionari, costruendo un
database con i bilanci delle aziende dal 1999 al 2008.
Le interviste sono durate dai 45 ai 120 minuti circa, lasciando
spazio ad ampie digressioni rispetto al contenuto del questionario.
2.2.2 LE M ISURE
Grazie ai dati raccolti, si è proceduto a catalogare i team in 4
categorie:
Accademici puri: team interamente composti da ricercatori
e professori;
Accademici misti: team con almeno un ricercatore o
professore;
Team tecnici: team con membri dal background tecnico-
tecnologico, senza essere professori;
Altri team.
Le quattro dimensioni dell’eterogeneità sono state misurate
come:
Eterogeneità di età: deviazione standard dell’età dei
membri;
Eterogeneità di esperienza educativa: team classificati in
tre classi differenti, in base all’indice di Gini;
Eterogeneità di esperienza lavorativa: come sopra, team
classificati in tre classi differenti, in base all’indice di Gini;
Eterogeneità nella distribuzione delle quote societarie: si è
applicato l’indice di Herfindal all’insieme delle quote societarie.
20 Capitolo 2
Una operazionalizzazione interessante è stata proprio
l’eterogeneità nella distribuzione delle quote societarie, come si
può vedere da Figura 8.
Lo spunto è nato da una discussione alla quale ho partecipato
durante il 19° corso AIFI per Investitori in Capitale di Rischio:
nello specifico, l’investitore, gestore di un fondo di fondi, asseriva
che non avrebbe mai investito in un fondo , nella quale gli incentivi
finanziari fossero stati distribuiti equamente a tutti i membri del
team di gestione, preferendo invece team nei quali fosse presente
“una certa gerarchia”.
Da questo spunto, si è tratta l’operazionalizzazione sopra
rappresentata, dove l’indice di Herfindal indica numericamente il
grado di concentrazione delle quote, raggruppate in 3 classi:
H
Het
ero
gen
eity
10
0%
20%
40%
60%
80%
100%
120%
1 2 3 4
0%
10%
20%
30%
1 2 3 4
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
1 2 3 4
Un leader Gerarchia chiara Incentivi chiari e diretti
No leader No gerarchia Free riding
Imprenditore solo No team No incentivi TMT
FIGURA 8 ETEROGENEITÀ NELLA DISTRIBUZIONE DELLE QUOTE
SOCIETARIE
21 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
Indice H < 0,25: team non eccessivamente grande e quote
distribuite ai membri in maniera uguale; questo può portare
all’assenza di un leader riconosciuto, alla mancanza di una
gerarchia solida e all’apparire di casi di free-riding tra i membri,
incentivati dalla distribuzione quote a lavorare meno degli altri pur
ottenendone gli stessi benefici.
Indice H> 0,75: quote azionarie molto concentrate nelle
mani di un imprenditore solo, o al più accompagnato da uno o più
imprenditori con quote bassissime; questo può provocare l’assenza
di un vero e proprio team imprenditoriale, ricadendo nei difetti
delle imprese con un singolo imprenditore, nelle quali gli altri
collaboratori non sono sufficientemente coinvolti, motivati e
incentivati a lavorare per l’impresa.
Indice H compreso tra 0,25 e 0,75: concentrazione ottimale
(secondo la nostra definizione) delle quote, con diversi membri del
team compartecipanti al lavoro e al successo imprenditoriale, con
uno o più leader inseriti all’interno di una gerarchia chiara e
direttamente incentivata.
Dal punto di vista degli output, invece:
Per approssimare le performance, si è provveduto ad usare
un indice di correlazione della crescita del fatturato, come visibile
in Figura 5, che permetteva di distinguere:
o con l’intercetta α, la misura dell’opportunità di mercato
iniziale nella quale la start up si posizionava,
o nel coefficiente β, la misura della crescita di fatturato
interpretabile come bravura del team ad espandere il business
iniziale;
Per approssimare le abilità strategiche secondo la SWOT
Analysis invece:
o Strenght Index (SI): analisi della posizione competitiva
rispetto a quella dei competitors;
o Weaknessess Index (WI): capacità di business dei processi
internalizzati, seguendo il modello di Mintzberg;
22 Capitolo 2
o Opportunities Index (OI): conoscenza della quota di
mercato;
o Threats Index (TI): percezione del rischio competitivo
rispetto a dieci aspetti differenti.
2.3 I PRIMI RISULTATI : UN FALLIMENTO DI
SUCCESSO
I risultati di queste indagini econometriche non furono
confortanti, come è possibile vedere da Figura 9.
xyE
Intercetta: misura dell’opportunità
iniziale
Coeff. Angolare: Misura della crescita
del fatturato
Euro
Anni
FIGURA 9 MISURA DELLE PERFORMANCE AZIENDALI
23 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
FIGURA 10 MATRICE DI CORRELAZIONE TRA INDICI DI ETEROGENEITÀ,
STRATEGIZING E PERFORMANCE
OI TI SI WI RI
gw -0,17 † -0,18 0,37* -0,26 0,128
ge -0,06 0,06 0,24 0,23 0,197
asd -0,11 -0,07 0,30 † -0,32 0,037
he 0,16 -0,10 0,15 0,19 0,229
ASU 0,04 -0,24 -0,15 0,09 0,113
***p-value < 0.1%; ** p < 1%; * p < 5%; † p < 10%
Come si può notare (v Fig. 10), le correlazioni trovate furono
generalmente deboli, e statisticamente non rilevanti, eccetto:
la correlazione tra la capacità di riconoscere i punti di
forza (SI) e l’eterogeneità lavorativa (gw), a conferma parziale
dell’ipotesi 3a;
la correlazione tra l’aumento di variabilità dell’età (asd) e
la capacità di riconoscere punti di forza (SI), confermando l’ipotesi
1a;
la correlazione negativa tra l’eterogeneità lavorativa (gw) e
la capacità di riconoscere opportunità esterne (OI), negando
parzialmente l’ipotesi 3a.
Interessante, sebbene non statisticamente rilevante, fu la
correlazione tra l’eterogeneità della distribuzione di quote (HE) e
l’incremento beta di fatturato (RI), che indica come l’eterogeneità
azionaria sia il fattore con più alto impatto nella crescita di
fatturato.
Le Start Up Accademiche (ASU), ovvero le imprese con team
solo accademici, sono risultate con valori inferiori alla media in
quasi tutti gli indici di strategia e crescita.
24 Capitolo 2
2.4 L’ESPERIMENTO DI LABORATORIO: TRE TAU
ENGINEERING S .R .L .
Mancando una teorizzazione esplicita precisa del processo di
creazione di impresa, possiamo affermare che esista però una
conoscenza tacita connessa al processo stesso.
Non a caso questa conoscenza tacita, dal valore riconosciuto da
investitori ed esperti della creazione d’impresa, è da attribuire ai
serial entrepreneur: coloro che fondano un’impresa con l’intento,
più o meno esplicito di farla crescere, poi uscirne e dedicare tempo
e risorse al creare un’altra impresa.
Riprendendo il paragrafo 3.1.1, l’”esperimento di laboratorio” è
quella tipologia di ricerca che permette di andare a fondo in un
singolo sistema, apprezzando le condizioni al contorno, ma dalla
scarsa generalizzabilità ad altri sistemi. Fondare direttamente una
società di capitali, benché in condizioni particolari, mi ha permesso
di acquisire una conoscenza diretta del processo di creazione
d’impresa, e in particolare degli aspetti che pochi o nessun articolo
in letteratura aveva rilevato:
i processi burocratici, amministrativi e legali necessari allo
start up d’impresa;
la necessità di creare relazioni stabili con commercialisti,
notai, avvocati;
la difficoltà a concretizzare una vision strategica in un
piano di lavoro giornaliero strutturato;
le barriere all’ingresso dovute all’assenza di un passato e
quindi di un rapporto fiduciario con fornitori, partner e clienti;
il set up delle operations di base, dei sistemi informativi e
dei processi di lavoro;
i rapporti interni tra soci;
l’intersecare i rapporti personali, professionali e di
amicizia con gli interessi societari;
25 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
solo per citare i più rilevanti e conosciuti al mondo
imprenditoriale, meno in ambiente accademico puro.
Questa esperienza, durata da Ottobre 2008 a Novembre 2009, è
stata d’interesse non solo per sé, ma anche perché mi ha permesso
di dialogare con gli imprenditori in maniera diversa, in un certo
senso più partecipativa, durante le interviste condotte nella prima e
nella terza fase di ricerca.
L’essere parte di un particolare processo di creazione d’impresa
mi ha lasciato una serie di idee, sensazioni, prospettive difficili da
esprimere direttamente. Insieme allo studio sui team
imprenditoriali che portavo avanti nel gruppo di ricerca, mi ha
permesso successivamente di confrontarmi sia esternamente con
esperti di settore e imprenditori, sia internamente con gli altri
membri del gruppo di ricerca, per arrivare, nella terza e quarta fase
della ricerca, a formulare esplicitamente il modello di creazione
d’impresa ed applicarlo in un contesto specifico, come vedremo
nel capitolo successivo.
Più che indicare nel dettaglio singoli e specifici costrutti teorici
generati da questa fase e applicati nelle fasi successive, è stato per
me interessante acquisire la mentalità imprenditoriale ed “entrare”
nell’unità di analisi. Dall’interno sono entrato a contatto con il
bundle of resources, ne ho intuito la complessità, le
interconnessioni sempre presenti tra innumerevoli “risorse”,
cominciando ad apprezzare direttamente sul campo quali di queste
risorse fossero necessarie a creare valore. L’assenza di
un’esperienza simile mi avrebbe certamente portato a risultati
teorici diversi, meno practice based e più accademici, ma non in
linea con gli interessi degli interlocutori.
Tra le altre esperienze che mi hanno fornito un background di
conoscenza tacita, utile sia in combinazione sia in rilettura
dell’analisi letteraria della fase 1, posso citare:
come “creazione organizzativa”, la fondazione e lo start up
dell’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani – sede
Torinese a Maggio 2010;
come “evoluzione organizzativa”,
26 Capitolo 2
o la presidenza della sede Torinese dell’associazione BEST
– Board of European Students of Technology, da Ottobre 2007 a
Ottobre 2008,
o la partecipazione al Senato Accademico, organo reggente,
del Politecnico di Torino, come Rappresentante dei Dottorandi da
Gennaio 2009 a Dicembre 2010.
Questi periodi mi hanno fornito notevoli spunti di riflessione,
soprattutto sull’importanza, ancora una volta, della leadership
all’interno delle organizzazioni, della qualità del team manageriale,
degli equilibri sociali, politici e relazionali, interni ed esterni, che
guidano in maniera dinamica l’utilizzo, la messa a frutto e la
creazione di valore delle risorse umane e finanziarie presenti in
un’organizzazione.
2.5 IL REDESIGN DELLA RICERCA
La fase 1 dello studio lasciò con più domande che risposte, ma
soprattutto mise in luce come le teorie oggi presenti in letteratura
su NTBF, team imprenditoriali, strategie e modelli di crescita non
fossero ancora sufficienti per poter essere base di una indagine
quantitativa.
Il fenomeno della creazione d’impresa e la modellizzazione del
ciclo di vita andavano ripresi con maggiore profondità: si
evidenziava un sostanziale gap di ricerca, nel tentativo di spiegare
quali fossero le dinamiche di sviluppo, prima ancora che nel
operazionalizzare le variabili dimensionali.
La stessa definizione di “successo” poneva seri interrogativi,
discriminando fortemente la valutazione, ed il relativo processo
valutativo, di una start up rispetto a quello di aziende mature. In
questo secondo caso, considerare variabili puramente finanziarie,
studiarne le serie storiche di fatturato, redditività, indici
patrimoniali, poteva essere sufficiente per misurare il successo
imprenditoriale. Nel caso di una start up, invece, fu evidente che il
27 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
fatturato non spiegava e discriminava sufficientemente la vera
potenzialità, e quindi il valore, delle idee imprenditoriali.
Riprendendo il vocabolario introdotto nel primo paragrafo di
questo capitolo, non erano chiari né i costrutti relativi alle risorse
imprenditoriali, né come questi fossero relazionati alla crescita.
Ancora più difficile sarebbe stato operazionalizzare variabili e
ipotesi, senza avere una Logica forte alla base.
Un altro problema lasciato irrisolto dalla prima fase della
ricerca è quello del come analizzare il valore e come posizionare
l’importanza del team imprenditoriale all’interno del successo
aziendale: la semplice sommatoria di profili eterogenei non porta a
imprese ad alto potenziale.
Come si vede da Figura 11, si è quindi proceduto a mettere in
relazione le risorse, come definite dalla Resource Based View, alla
FIGURA 11 MAPPATURA DEL GAP DI RICERCA
28 Capitolo 2
crescita imprenditoriale, operazionalizzando questi due costrutti
nei Must Have e nel Modello di Ciclo di Vita.
La Logica che sarà alla base delle proposizioni fatte sarà
l’oggetto di questo studio, che farà tesoro delle esperienze di
questa prima fase di ricerca, sia nella parte accademica sia in
quella practice-based, superandone i limiti e cambiandone
l’approccio.
2.6 LE INTERVISTE CON GLI ESPERTI
La seconda fase della ricerca, iniziata a Gennaio 2010, è iniziata
con l’obiettivo di definire un modello di ciclo di vita, per la nascita
e la crescita della start up ed è stata caratterizzata da una seconda
review letteraria, focalizzata sulle prime fasi di vita di una NTBF, e
dall’intervista con esperti di settore.
Analisi Quantitativa154 Imprenditori,
58 start up
Analisi Qualitativa
19 Casi di Studio
Esperimento di Laboratorio
1 start up fondata
Trasferimento Tecnologico
1 Incubatore5 start up
1) Esplorazione2) Sintesidel Modello
3) Validazione 4) Applicazione
Interviste agli Esperti6 Esperti
FIGURA 12 LA SECONDA FASE DI RICERCA
29 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
I sei esperti intervistati ricoprono i ruoli di:
Direzione dell’Incubatore del Politecnico di Torino;
Professore di Management of Innovation;
Venture Capitalist;
Imprenditore di prima generazione, nel direttivo del
gruppo Giovani dell’Unione Industriale di Torino;
Tutor nella creazione d’impresa, con expertise nel Fund
Raising;
Professore membro della commissione Spin Off del
Politecnico di Torino.
Le interviste sono state condotte di persona dal team composto
da due Dottorandi e due ulteriori tesisti di Laurea Magistrale in
Ingegneria Gestionale, registrate, trascritte ed inviate agli esperti
per approvazione.
L’apporto degli esperti è stato fondamentale per migliorare il
modello di creazione d’impresa, poiché ha contribuito sia a livello
di dettaglio sia di sistema, sotto una molteplicità di punti di vista,
ancor più di valore perché frutto di anni di esperienza diretta nella
creazione d’impresa.
Le interviste con gli esperti, parallelamente alla seconda
revisione letteraria, sono state svolte tra Gennaio e Marzo 2010,
permettendo di arrivare alla definizione del modello presentato nel
Capitolo 3.
2.7 IL METODO DI INDAGINE QUALITATIVO
Definito un modello di creazione d’impresa, si è proceduto con
la terza fase della ricerca, validando il modello su 19 casi di studio
di aziende incubate, attualmente o in passato, presso l’I3P.
30 Capitolo 2
I 19 casi di studio sono:
appartenenti ai settori Aereospazio, Energia, Software,
Internet&Software Service, Elettronica e Meccanica;
sia casi di prodotto sia di servizio, anche di natura
consulenziale;
con un’età di massimo 6 anni, una ancora da costituire.
Le interviste, a differenza della prima fase, sono state semi-
strutturate, con una traccia da seguire ma lasciando
all’imprenditore la possibilità di raccontare l’evoluzione dall’idea
alla start up. Tutte le interviste, con il permesso degli imprenditori,
sono state registrate e trascritte, combinandole con gli appunti presi
durante l’intervista stessa. Ad ogni intervista, erano presenti
almeno due membri del team di ricerca.
2.8 L’INCUBATORE DELLA CITTÀ DI NAPOLI
Dopo aver sintetizzato e testato il modello, l’ultima fase della
ricerca è stata di Applicazione del modello al CSI – Centro Servizi
Incubatore della Città di Napoli.
Attraverso la collaborazione con il consorzio TecFor, vincitore
del bando per la gestione del nascente CSI – Centro Servizi
Incubatore della Città di Napoli, è stato possibile entrare in
contatto con il team di tutor dell’incubatore (la cui operatività è
partita nel mese di giugno 2010) ed armonizzare il lavoro con
l’oggetto della ricerca del progetto “Think Tank” avviato appena
qualche mese prima (febbraio 2010)
Le aziende in fase di incubazione sono 5, prevalentemente
società di servizi e consulenza, tutte in fase di start up, con team
sufficientemente eterogenei per fornire un banco di prova al
modello oggetto di questo studio.
31 Il Metodo e le Fasi della Ricerca
2.9 LA DISCUSSIONE SULLA VALIDITÀ DELLA
RICERCA
Questa sezione descrive le azioni intraprese per aumentare la
validità della ricerca, seguendo Stuart et al (2002) e Voss et al.
(2002), entrambi basati su Yin (1989).
La Construct Validity è la dimensione attraverso cui si stabilisce
la correttezza dei costrutti studiati, ovvero l’esattezza della
comprensione degli elementi costitutivi del processo. La validità
dei costrutti è stata migliorata raccogliendo sia dati primari sia
secondari. Quando possibile, i dati quantitativi (per esempio, i
bilanci delle imprese) sono stati usati per verificare le risposte date
dagli intervistati. Sia nella prima sia nella terza fase, quando
possibile, si è cercato di intervistare più soci contemporaneamente.
Il bias dell’intervistatore è stato minimizzato usando da 2 a 4
intervistatori per ogni intervista. Gli appunti presi sono stati rivisti
dal gruppo di lavoro e, nel caso delle interviste agli esperti, anche
con gli intervistati.
L’Internal Validity è la dimensione attraverso la quale possiamo
stabilire le relazioni causali tra i vari costrutti, distinguendo le
relazioni spurie (Voss et al 2002). La validità interna può essere
indirizzata attraverso il pattern matching, ovvero la replicazione di
relazioni all’interno e tra casi diversi (Yin 1989). La validità
interna è stata sostenuta sia in fase di sintesi del modello,
attraverso la triangolazione tra indagine quantitativa, letteraria,
esperimento di laboratorio e giudizio degli esperti, sia in fase
applicativa, scegliendo un campione di imprese nello stesso
contesto ambientale, ma con differenti settori, prodotti, team e
stadi di vita.
L’External Validity è la dimensione attraverso la quale si
possono generalizzare i risultati della ricerca, oltre i singoli case
studies (Voss et al 2002). Sebbene sia riconosciuto che la
metodologia dei casi di studio soffra di una validità esterna
limitata, e che lo stesso data set non possa essere usato sia per
creare nuova teoria sia per testarla, riteniamo che le differenti fasi e
metodologie della ricerca, triangolate, aumentino per quanto
32 Capitolo 2
possibile la validità esterna. Gli ottimi risultati ottenuti su un altro
set di imprese, in un’altra Regione, riportano evidenze sulla
generalizzabilità del modello, superando il problema della
replicazione del del data set.
33
CAPITOLO 3
IL MODELLO
In questo capitolo presenteremo il modello di processo di creazione
d’impresa, analizzando alcuni aspetti che lo caratterizzano per poterne
eseguire il testing nel Capitolo 4.
3.1 IL MODELLO DI PROCESSO DI CREAZIONE
D’IMPRESA
Combinando i contributi delle due precedenti fasi di ricerca,
triangolando l’analisi di letteratura, ricerca quantitativa ed
esperimento di laboratorio, grazie anche all’apporto degli esperti di
settore, è stato sintetizzato il modello presentato in Figura 13.
Il modello che proponiamo è suddiviso in 3 fasi temporali distinte,
in analogia con il processo di lancio di uno space shuttle visibile in
Figura 14.
Per ognuna delle fasi, sono stati definiti una serie di must have,
ovvero costrutti fondamentali per la crescita strutturata dell’azienda.
34 Capitolo 3
3.2 LA FASE DI PRE-LAUNCH
La fase di Pre-Launch è quella che precede la costituzione ufficiale
e legale dell’impresa, nella quale si aggregano le risorse prima
dell’inizio vero e proprio delle attività imprenditoriale.
I must have individuati sono:
la presenza di un imprenditore;
un’idea di prodotto/servizio;
un concept di prodotto;
una valutazione della Business Opportunity;
l’Industry Thinking;
la presenza all’interno del team di competenze tecniche e di
marketing;
un piano di Risorse Umane;
un piano di Risorse Finanziarie.
35I Il Modello
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Entrepreneur
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
FIGURA 13 IL MODELLO DI PROCESSO DI CREAZIONE D'IMPRESA
Fondamentalmente, l’incipit è dato da due ingredienti: la presenza
di un imprenditore e un’idea di prodotto o servizio. L’idea di prodotto
o servizio, non ancora idea di business, è la scintilla, l’elemento base
della proposta di valore. Questa scintilla può scattare da diversi fattori:
la scoperta di una nuova tecnologia, di prodotto o di processo;
l’idea di un servizio che ancora non esiste;
il bisogno di trovare una soluzione ad un problema percepito
dall’imprenditore stesso, o da qualcuno all’interno del suo network;
una possibilità di sviluppo commerciale per un
prodotto/servizio non ancora presente su questo mercato;
la possibilità di offrire in outsourcing un particolare processo;
l’idea di un software o di un applicativo utile ad una
particolare operazione o valutazione.
36 Capitolo 3
FIGURA 14 IL PROCESSO DI LANCIO DI UNO SPACE SHUTTLE
Questa idea avrà bisogno di essere sviluppata sotto due punti di
vista:
uno più prettamente tecnologico, ovvero dovrà diventare un
concept di prodotto/servizio già con una certa articolazione
dell’offerta;
uno più di mercato, attraverso una business opportunity
assessment, dove l’offerta di valore sarà messa in relazione:
o con i benefici e i problemi del cliente;
o con l’offerta già presente sul mercato da parte della
concorrenza.
Lo sviluppo di concept e business opportunity non sono
sequenziali, quanto piuttosto paralleli, poiché il concept serve spesso
come dimostrativo ed aiuta a chiarire la proposizione di valore, e
viceversa l’analisi dei bisogni e della concorrenza influenzano (o
dovrebbero influenzare) l’indirizzo di sviluppo del concept. In base a
quale delle due forze prevale durante la primissima fase di sviluppo, le
due tipologie di innovazione prendono il nome di:
37I Il Modello
market pull, se è la business opportunity assessment a guidare;
technology push, se è lo sviluppo del prodotto a spingere.
Rispetto al campione analizzato, possiamo affermare che la matrice
tecnologica tende a far prevalere le start up con approccio technology
push, dove un’idea di prodotto viene sviluppata per essere portata sul
mercato. Nelle società di servizi o di consulenza, invece, è molto più
frequente che siano market driven,ovvero che i fondatori abbiano già
esperienza nel particolare settore, e colgano l’occasione per mettersi in
proprio o automatizzare tramite ICT un particolare processo.
L’imprenditore è l’ingrediente fondamentale del processo di
creazione d’impresa. Egli è colui che sarà al centro dell’ideale
processo di aggregazione di risorse e che, avendo chiara l’idea,
fungerà da direttore d’orchestra. L’imprenditore è il leader, il “numero
1”, colui che deve possedere una vision, ma anche abilità di eseguire
nei Critical Success Factors determinanti il successo d’impresa, che
sceglierà i collaboratori e che darà al team l’imprinting di successo. Le
caratteristiche che lo contraddistinguono sono:
forte leadership, sia per l’autorità che gli viene riconosciuta –
spesso è il presidente o l’Amministratore Delegato dell’azienda – sia
per l’autorevolezza che lo contraddistingue;
sufficienti competenze tecniche, per capire e contribuire
all’avanzamento del prodotto, ma capacità imprenditoriali nel saper
gestire le risorse finanziarie, i rapporti commerciali e i rapporti con gli
altri soci e collaboratori;
grinta, intesa come volontà di superare le molteplici crisi e
difficoltà che lui e l’impresa affronteranno;
deve essere totalmente dedicato all’azienda, al 100% del suo
tempo, con una dedizione quasi messianica, che trasmetterà a
collaboratori e partner;
deve avere la giusta propensione al rischio, compensata dalla
convinzione ed i mezzi per poter valutare, affrontare e ridurre il
rischio stesso;
deve avere un network proprietario e personale, che unito ad
una profonda curiosità e voglia di confronto gli permettano di cercare,
cogliere e processare spunti e idee provenienti dagli ambienti più
disparati;
38 Capitolo 3
deve unire umiltà e presunzione: la prima, per sapersi
confrontare con tutti senza ostentare superiorità, la seconda, per poter
portare avanti con convinzione le scelte fatte in contesti di incertezza;
deve avere dei rapporti di fiducia con potenziali clienti e
fornitori, in modo da ridurre al minimo le barriere all’ingresso nel
mercato;
deve possedere capacità di negoziare con clienti, fornitori e
potenziali investitori;
deve essere fondamentalmente curioso, in modo da potere e
sapere trarre spunti, informazioni, contatti da molteplici fonti e dai
contesti più disparati per poterli portare e capitalizzare all’interno
dell’impresa.
È abbastanza difficile trovare un singolo imprenditore che possieda
tutti questi attributi, ma tutti gli imprenditori di successo possiedono la
maggior parte dei punti sopra listati.
Queste capacità sono in genere rintracciabili nei serial
entrepreneur, che ciclando il processo di creazione d’impresa,
imparano a migliorarsi nei punti di cui sopra. Non esiste un
imprenditore “nato” perfetto, ma è il mix delle esperienze che ha
avuto, degli studi che ha condotto, delle persone con le quali è stato a
contatto, dei processi ai quali è stato esposto, della metodologia di
lavoro che gli è stata impartita che lo fanno diventare un buon
imprenditore.
L’educazione, per sé, conta relativamente, poiché se non si
possiedono le caratteristiche personali e manageriali, in una parola
“imprenditoriali”, difficilmente un titolo di studio elevato, soprattutto
tecnico, porterà da solo al successo imprenditoriale. Al contrario,
l’Italia è particolarmente fiorente di esempi di imprenditori,
prevalentemente ma non esclusivamente in settori low tech, che hanno
fatto del learning by doing la propria bandiera, e che anzi faticano a
relazionarsi con persone provenienti dal mondo accademico, dotati di
un altro linguaggio e un diverso modus operandi.
L’imprenditore è lo stratega de “l’arte della guerra” di Sun-Tzu,
ma anche il capitano della barca, che guarda lontano, valuta
opportunità, fattibilità e rischio contemporaneamente configurando le
risorse a sua disposizione – la barca e l’equipaggio – in modo da
ottenerne sempre il massimo rendimento in base agli obiettivi – la
39I Il Modello
rotta – e le condizioni al contorno – il mare, il vento, le altre barche,
le secche e gli scogli.
L’imprenditore è anche colui che riesce ad aggregare e motivare il
team imprenditoriale intorno a sé, inserendo al suo fianco persone con
competenze sia tecniche, necessarie per lo sviluppo del prodotto, sia di
marketing e commerciali, per poterne valutare e indirizzare la
commercializzazione.
Più in generale, il team imprenditoriale necessita sia di un progetto
delle competenze necessarie, e quindi delle risorse umane collegate,
sia di un piano finanziario, che vada a descrivere:
numericamente, il modello di business, ovvero dove, come e
quando saranno creati i margini di utile;
quante risorse finanziarie saranno necessarie per poter far
arrivare l’impresa alla profittabilità, e se il costo di queste risorse è
sostenibile dall’impresa.
L’impresa, in questo stadio, può essere paragonato ad un corpo
flessibile che “pulsa”, consumando e generando cassa per svolgere il
suo business: per dar vita ad un “corpo” di dimensioni rilevanti, che in
futuro avrà la forza di generare un flusso di cassa considerevole, è
necessario che venga inizializzata con un forte investimento.
Dalla pratica (incubatori, uffici di aiuto alla creazione d’impresa)
viene la rilevazione che molte volte si possono notare aziende che
partono con profili di rischio molto più bassi, con pochi o nulli
investimenti e piani altrettanto esigui di consumo di risorse: l’impresa,
potendo contare su risorse sottodimensionate rispetto a quelle
necessarie allo sviluppo ottimale del business, rallenta il suo sviluppo,
ritardando la generazione di flussi di cassa significativi, magari
mantenendo sempre positiva, ma molto poco profittevole la redditività
delle operations - “time is money”.
Questo è il chiaro riflesso del must have definito “Industry
Thinking”: prima ancora di fondare l’impresa, è necessario che
l’imprenditore, e con lui il team imprenditoriale, abbiano la capacità di
pensare in grande, pensare “la start up con l’ottica dell’industria”, che
offra sì un prodotto di qualità, ma che sappia regolare le risorse
finanziarie nell’ottica di espandersi in tutto il mercato potenziale e,
necessariamente, internazionalizzarsi. L’Industry Thinking è il “Think
40 Capitolo 3
Big” americano, ovvero il creare un’impresa con forti presupposti di
scalabilità del business, quasi fosse condizione necessaria alla
fondazione dell’impresa stessa.
D’altra parte, invece, si possono notare start up che, anche se a
matrice tecnologica, possono definirsi “lifestyle business”. In questi
casi, l’imprenditore si accontenta di un business di ridotte dimensioni,
ma all’interno del quale può mantenere completamente il controllo,
piuttosto che far crescere un sistema che lo metterà in difficoltà,
magari portandolo al limite delle sue stesse capacità imprenditoriali.
Secondo un recente intervento in Unione Industriale di Adriano
Marconetto, un serial entrepreneur di successo dell’area torinese, è
proprio questo il vincolo maggiore alla crescita delle imprese italiane:
piuttosto che pensare in grande accettando i relativi rischi, si
preferisce disegnare piccole organizzazioni che si sviluppino con bassi
tassi di crescita.
La nostra scelta di inserire tra i must have l’Industry Thinking è
proprio mirata a porre la crescita e la scalabilità del business come
elemento necessario e fondamentale al successo dell’impresa.
Questo aspetto dell’Industry Thinking è anche relazionabile a tutta
la letteratura sulla “cultura d’impresa”, sulla comunione di valori che
si creano nel “microclima” del team imprenditoriale.
Rispetto alle posizioni a sostegno dell’imprenditore singolo o del
team imprenditoriale, la nostra è una proposta alternativa a entrambe:
è necessario il leader, perché è fondamentale la presenza di un team
coeso e stimolato, anche dagli opportuni incentivi societari – vedi lo
studio sull’eterogeneità della distribuzione azionaria della prima fase
di ricerca.
Ancora dalla pratica viene la convinzione che il team non sia
neanche una semplice sommatoria di profili di successo. Oltre a
Capitale Umano di qualità, è necessaria anche una organizzazione di
qualità. Ovvero un giusto fitting, una gerarchia e una organizzazione,
con le persone con le opportune esperienze, a ricoprire ruoli e di loro
competenza: un accademico può e deve fare il CTO- Chief Technology
Officer, un tecnico, il COO – Chief Operating Officer, mentre profili
di taglio più economico e manageriale potranno ricoprire i ruoli di
CMO – Chief Marketing Officer, CFO – Chief Financial Officer e
41I Il Modello
CEO – Chief Executive Officer. La giusta architettura organizzativa è
elemento fondamentale di successo quanto la presenza di capitale
umano rilevante – e la matita dell’architetto, la bacchetta del direttore
d’orchestra, la tiene in mano, ancora una volta, l’imprenditore.
L’insieme di tutti gli elementi sopra riportati può portare con
sicurezza alla costituzione dell’impresa e al passaggio alla fase
successiva.
3.3 LA FASE DI LIFT-OFF
Fondata l’impresa, settata primariamente l’organizzazione con i
giusti incentivi, si procede con i must have della Lift-Off phase, la fase
del “distacco da terra”, che comprende:
lo sviluppo o l’ acquisizione di capacità commerciali, volte ad
espandere il network con clienti, fornitori, possibili partner;
il Fund Raising delle risorse finanziarie;
la definizione di un modello strategico;
un iniziale posizionamento all’interno della catena del valore;
lo sviluppo completo di un prodotto rivolto ad un mercato;
la generazione di un primo fatturato.
Costituita l’impresa, è importante affinare il prima possibile lo
Strategic Model, ovvero chiarire il mercato di riferimento, il target di
Cliente, il processo di acquisizione di nuovi Clienti ed il time-to-
market. Definito il Cliente finale, si andrà a delimitare il proprio
campo di azione in particolari catene del valore, individuando a quali
fornitori fare riferimento.
42 Capitolo 3
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Entrepreneur
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
FIGURA 15 IL MODELLO DI PROCESSO DI CREAZIONE D'IMPRESA - LIFT
OFF PHASE
Lo sviluppo del prodotto dovrà andare avanti di conseguenza, con
un matching continuo della tecnologia sui bisogni del Cliente (si pensi
ad esempio uno sviluppo software su specifiche del Cliente).
Per poter seguire questa evoluzione della strategia, del
posizionamento nella catena del valore e nello sviluppo prodotto,
l’azienda ha necessariamente bisogno di impegnarsi in maniera decisa
nella parte commerciale: il successo dell’intera avventura
imprenditoriale passa attraverso il sapersi proporre al mercato,
incamerando ordinativi e iniziando a far “pulsare” di vita propria
l’azienda.
In questo senso si inserisce l’attività di Fund Raising, che permette
all’impresa di fare un primo salto dimensionale in termini di
investimenti, personale, tecnologia, presenza sul mercato. Come già
argomentato nella Pre-Launch Phase, senza questa accelerazione
diventa impensabile portare avanti gli altri must have in maniera
sufficientemente valida.
43I Il Modello
È in questa fase che generalmente entrano in gioco i Business
Angel o i fondi di Seed Capital: definito un team, un buon prodotto e
una buona strategia per arrivare al mercato, le risorse finanziarie, i
contatti, e l’endorsment di credibilità possono essere forniti da un
investitore esterno. In assenza dei fattori sopra citati, difficilmente un
investitore sarà disposto ad entrare nel capitale della società.
In questo senso, i Business Angel possono avere un approccio
meno rigido, poiché disposti a spendere più tempo, se non addirittura
a sostituirsi completamente e in prima persona alla componente
manageriale dell’impresa. Un fondo, in questo stadio, difficilmente
inserirebbe una risorse esterna nel team imprenditoriale, accollando un
costo aggiuntivo rilevante ai conti dell’impresa, ancora troppo poco
“solida” per poter reggere una risorsa manageriale esterna – per di più
nel classico ruolo di CEO che, come abbiamo visto, spetta di diritto-
dovere al leader dell’impresa.
Come taglie di investimento, nel contesto italiano possiamo
individuare 3 ordini di grandezza differenti:
Bootstrap - x10k € - le decine di migliaia di euro: è quella
fase necessaria a inizializzare le operations, ed in genere è in capo ai
fondatori e portatori dell’idea; in questo caso, incubatori e altre
strutture pubbliche aiutano direttamente e indirettamente ad abbassare
i costi di bootstrap;
Seed - x100k € - le centinaia di migliaia di euro: necessaria ad
espandere e rendere operative la quasi totalità di operations, può
essere in capo ai soci o, a parter industriali, a Business Angel o a fondi
di Seed Capital;
Venture – >500k € – i milioni di euro: necessari
all’espansione completa, all’internazionalizzazione, all’acquisizione di
ulteriori risorse imprenditoriali con l’obiettivo di raggiungere la
leadership mondiale nella specifica nicchia.
Un tassello fondamentale in questo stadio di sviluppo è la
creazione di un primo fatturato. Spesso questo deriva da attività non
core, come ad esempio la società che mira allo sviluppo di un
particolare prodotto, e nel frattempo vende le proprie competenze
tecniche in contratti di consulenza. Questo primo fatturato:
44 Capitolo 3
genera un primo autofinanziamento, utile a riequilibrare
finanziariamente l’impresa;
funge, secondo la teoria dei segnali, come avviso verso i
potenziali clienti che l’azienda è operativa, attiva e affidabile;
permette la creazione di un primo portafoglio di clienti con i
quali instaurare un rapporto fiduciario, utile anche nelle fasi
successive;
in negativo, a volte assorbe troppe risorse all’impresa,
deviando il focus strategico dal prodotto iniziale da sviluppare,
incanalando, se l’imprenditore non è attento, l’azienda su binari che
portano ad un business meno rischioso ma molto meno scalabile.
Ancora una volta, è possibile notare come gli aspetti di strategici e
di sviluppo prodotto siano intimamente legati allo sviluppo
commerciale e alle risorse finanziarie, e un disequilibrio in una di
queste dimensioni possa portare a non raggiungere la terza fase.
Per delineare il passaggio alla terza fase, si è utilizzato il costrutto
di EBITDA – Earnings Before Interest Taxes Depreciation and
Amortization, similare al Margine Operativo Lordo nella accezione
italiana, che funge da indicatore approssimato dei flussi di cassa
derivanti dalla gestione operativa. Definisce, in maniera grossolana, se
il business sta o meno producendo cassa, se l’operatività è profittevole
o meno, se le operations, “pulsando”, producono o meno cassa
positiva.
Nel caso questo indicatore sia significativamente positivo, la start
up passa alla terza fase.
.
3.4 LA FASE ASCENT
Nella fase di Ascesa, i must have si riducono a due:
La definizione di un Revenue Model;
Il consolidamento nella catena del valore.
45I Il Modello
Il modello suggerisce di consolidare i rapporti nella catena del
valore, sia a monte con i fornitori sia a valle con i Clienti, facendo
tesoro dell’esperienza fatta durante la seconda fase, e,
contemporaneamente, mettendo a frutto la conoscenza del cliente per:
raffinare la definizione del cliente target;
calibrare il prezzo per il prodotto/servizio offerto.
La terza fase, come da noi definita, è caratterizzata da soli due must
have per beneficio di semplicità e generalizzabilità, in un’ottica
conservativa di continuità operativa.
In realtà, a questo stadio, le aziende si suddividono tra:
quelle che crescono in maniera strutturata, secondo il
modello;
quelle che sono oggetto di investimento da parte di un fondo
di Venture Capital;
quelle che falliscono prima;
quelle che vengono acquisite da aziende industriali;
quelle che si ristrutturano e cambiano modello di business,
tornando all’inizio della fase 1;
quelle che restano per molti anni nella fase due, senza
raggiungere uno sviluppo commerciale e operativo strutturato.
Soprattutto rispetto a questo ultimo punto, influiscono molto le
aspirazioni e il tempo dedicato dai soci all’azienda. Nel caso dei
lifestyle business, infatti, non è percepito dai fondatori come un
problema il fatto che non ci si strutturi oltre un certo limite o che
l’azienda non diventi profittevole (al netto dei compensi per i soci).
Spesso questa tipologia di aziende sopravvive per anni, magari con i
soci impegnati in un’altra attività principale – ricerca, un lavoro
dipendente, etc – e, nei ritagli di tempo, impegnati al 20% sulle
attività dell’impresa.
Di certo queste non possono essere definite aziende di successo, e
spesso rimangono a corto respiro regionale, contraddicendo
all’Industry Thinking della fase 1.
In definitiva, possiamo affermare che gran parte del successo
ottenibile nella fase 3 dipende:
46 Capitolo 3
dalle risorse di cui si è dotata l’azienda nella fase 1, e di come
l’imprenditore le ha configurate e dell’imprinting culturale del team;
dallo sviluppo dell’idea di business nella fase 2, come
efficacia nel raggiungere il mercato con un prodotto adeguato,
efficienza nello svilupparlo nel minor tempo possibile nonché
nell’ottenere le risorse finanziarie per garantire sufficiente energia per
le attività di business.
Il set di risorse nella fase 1 è tanto importante quanto la capacità
dell’impresa di “dialogare” con il mercato e la concorrenza, andando
ad imparare da Clienti, fornitori e concorrenti come posizionarsi al
meglio – secondo il paradigma delle dynamic capabilities – ma
facendo delle proprie risorse proprietarie il fondamento del vantaggio
competitivo – secondo le teorie della Path Dependency, delle Core
Competencies e quindi della Resource Based View.
3.5 IL NETWORK DI RISORSE
Un aspetto interessante che permea trasversalmente il processo di
creazione d’impresa, soprattutto sotto gli aspetti del Team
Imprenditoriale, è il fattore di Network.
Mullins, nel suo celebre testo “The New Business Road Test”,
suggerisce tre dimensioni per valutare il team:
la Missione che il team si dà, le aspirazioni dei membri e la
propensione al rischio – modellizzato dal nostro Industry Thinking;
l’abilità di eseguire nei CSF, Critical Success Factors –
declinata nella scelta da parte dell’imprenditore di aggregare risorse a
competenze diverse all’interno del team, dal tecnico, al marketing, al
commerciale;
l’essere connessi “up, down and across the value chain”.
47I Il Modello
Consideriamo, a scopo puramente esemplificativo, un network
come quello di Figura 16 , dove ogni quadrato rappresenta una
persona, di colore verde se corrispondente ad un profilo accademico,
di colore viola se corrispondente ad un profilo manageriale, grigia se
un investitore, mentre i quadrati neri rappresentano i gruppi.
FIGURA 16 NETWORK DI RISORSE
Supponiamo che una risorsa accademica concepisca un’idea;
dunque, egli sarà portato a confrontarsi con persone appartenenti al
proprio network, che:
da un lato, sono le più simili a lui;
dall’altro, non necessariamente sono quelle più adatte a
fornirgli spunti di riflessione per valutare l’idea e/o far parte del team
imprenditoriale.
Diversi autori, con i quali concordiamo, propongono il principio di
similarità come “driver” di aggregazione dei team imprenditoriali: gli
imprenditori attirano persone simili a loro, generando team sub-
ottimali.
Essendo la conoscenza, le relazioni e la fiducia “sticky”,
“appiccicosa”, i team si aggregheranno secondo il principio di
prossimità nel network, andando a creare team polarizzati verso una
48 Capitolo 3
particolare tipologia di risorse – vedasi il caso dei team tutti formati da
accademici. Con una alta fiducia reciproca, si abbassano i costi di
transazione e le associazioni diventano più rapide e meno costose.
Un vincolo di secondo livello, qualora siano inserite nel team
anche risorse con background diverso, è il posizionamento errato che
queste persone possono occupare, e che, in misura inferiore al driver
di cui sopra, può impattare sulla performance della start up.
Il network però è anche quello che, considerati tutti elementi
all’interno di uno stesso settore, può dare spazio a rapporti
commerciali e generare le primissime commesse sulla scorta della
fiducia accumulata dalla prossimità nel network.
In questo senso, il ruolo dei gatekeeper, risorse interconnesse con
un numero maggiore di network diversi, possono avere un ruolo
fondamentale nella creazione e nello sviluppo d’impresa, poiché
accedono a risorse, informazioni e connessioni con un numero
maggiore di elementi.
3.6 LE RISORSE E IL TERRITORIO
Un’altra interessante dimensione, sempre utilizzando la teoria del
network, è quella territoriale. È innegabile che su un territorio, con
concentrazioni specifiche in particolari località geografiche, si
concentrino un certo numero di risorse di una certa tipologia, con una
particolare expertise.
Ad esempio, il territorio piemontese ha un’innegabile patrimonio
di risorse che, con una viscosità più o meno elevata, si muovono tra le
organizzazioni di uno stesso settore: l’Automotive genera una serie di
domanda e offerta di competenze in ambito, per esempio, meccanico
ed elettronico, dando l’opportunità a molti profili di crescere e
formarsi attraverso carriere industriali.
49I Il Modello
Allo stesso modo, la vicinanza con un ateneo come il Politecnico di
Torino o la facoltà di Biotecnologie crea un significativo spill-over di
conoscenze sul territorio. Non a caso, la maggior parte delle aziende
ICT piemontesi si concentrano sul Politecnico e su Ivrea, una volta
sede dell’industria Olivetti. Queste stesse risorse possono sia essere
creatori di nuove imprese sia venire intercettate da imprenditori in
cerca di risorse con specifici skill-set, ingenerando un loop self
enforcing di domanda e offerta di risorse in uno specifico settore.
Queste dinamiche locali vanno però inserite in un contesto
dominato da macrotrend globali, nei quali questi ultimi prevalgono e
possono cambiare radicalmente, in positivo e in negativo, il tessuto
industriale di alcune regioni.
Questi semplici casi fanno capire come ogni sforzo per
modellizzare e generalizzare il processo di creazione di impresa debba
essere comunque inquadrato in un contesto locale e globale con
dinamiche sticky ed in continua evoluzione.
3.7 I TRADE OFF DEL PROCESSO DI
INTERNALIZZAZIONE DI RISORSE
Un altro elemento di interesse è il trade off del processo di
internalizzazione delle risorse, ovvero come l’imprenditore ed il team
aggreghino intorno all’idea di business risorse umane e finanziarie per
la realizzazione del progetto. Questo processo aggregativo va
contestualizzato rispetto sia al network personale dell’imprenditore sia
alle variabili di territorio.
Abbiamo visto come l’imprenditore, colui che ha l’idea
imprenditoriale – ipotizzando che possa difenderne la sua proprietà –
voglia perseguirne il suo sviluppo, e abbia quindi interesse
nell’internalizzare le migliori risorse disponibili sulle specifiche
necessarie.
50 Capitolo 3
Il primo problema nasce nello scegliere il livello di seniority di
queste risorse, poiché maggiore è l’esperienza, maggiore sarà il costo
di queste risorse, in termini di stipendio ma soprattutto di quota
azionaria richiesta dalla risorsa per entrare a far parte del progetto. È
interessante notare come il valore del progetto imprenditoriale, e
quindi della relativa quota, non sia però indipendente dalle risorse che
compongono il team di gestione. Maggiore è la seniority, maggiore
sarà la quota richiesta all’imprenditore, maggiore sarà l’esperienza,
superiore sarà la performance attesa, maggiore sarà il valore
dell’azienda e quindi delle sue quote.
Una analogia simile può essere fatta con le risorse finanziarie,
soprattutto quelle provenienti da investitori istituzionali e Business
Angels. L’imprenditore ha davanti a sé il problema se cedere una parte
delle sue quote, e a che prezzo, per ottenere le risorse finanziarie, il
network, l’endorsement e i consigli manageriali dell’investitore, o
autofinanziare l’impresa, riparametrando necessariamente i piani di
investimento.
In questo secondo caso, esistono dei casi di successo nei quali
l’imprenditore, definito come colui che aveva avuto l’idea
imprenditoriale, inizia ad aggregare intorno all’idea imprenditoriale
sempre maggiori risorse, diluendo gradualmente la propria quota, per
arrivare ad avere una porzione di proprietà aziendale minima ma di
estremo valore. In altre parole, il proprietario dell’idea all’inizio del
processo si sarà mano a mano spogliato della proprietà a favore della
crescita dell’idea stessa, percependo e accettando i propri limiti, e
cedendo ad altre risorse con skill-set più mirati il proseguimento dello
sviluppo di impresa. Cessione, peraltro, particolarmente lucrativa.
Questo atteggiamento però va contro il mind-set e le ambizioni
dell’imprenditoria tradizionale italiana, che vede l’azienda come una
proprietà familiare, una ricchezza ed un patrimonio da sviluppare nel
medio-lungo termine. Questa mentalità, che fornisce i suoi frutti in
settori maturi, non è altrettanto profittevole nel caso delle NTBF, dove
la concorrenza, i mercati, la crescita sono legate a dinamiche globali
dalla velocità notevolmente più elevata.
51
CAPITOLO 4
I CASI DI STUDIO
In questo capitolo, si introdurranno 3 dei 19 casi di studio che
hanno come oggetto alcune delle NTBF, incubate presso l’I3P del
Politecnico di Torino. Questi 3 casi sono stati scelti per la loro
significatività: presentiamo solo i casi con più alte potenzialità, in
modo da poterli usare come casi esemplificativi e più
generalizzabili di quali possano essere i punti di forza e di
debolezza presenti nelle start up.
Gli altri casi, non presentati, sono riconducibili alle stesse
tipologie di problemi o configurazioni di risorse dei casi presentati.
Per ogni caso di studio, verrà presentata l’analisi secondo il
modello proposto nel capitolo precedente.
Per rendere più immediata l’analisi, i singoli must have sono
stati colorati in:
• colore verde, se l’elemento (obbligatorio) è presente nella
configurazione aziendale;
• colore giallo, se l’elemento (obbligatorio) è presente ma
non rispetta a pieno la definizione fornita nel Capitolo 3, e
potrebbe essere causa di criticità in fasi successive, ma
nell’immediato non provoca conseguenze dirette all’attività
aziendale;
52 Capitolo 4
• colore rosso, se l’elemento (obbligatorio) non e presente o
è causa di forte criticità per le attività aziendali;
• colore bianco, se l’elemento (facoltativo) non è presente,
ma non causa nessun tipo di criticità, data la sua non
obbligatorietà in quel momento.
Le aziende costituite sono state ripartite tra Lift-off Phase e
Ascent Phase in base all’EBITDA calcolato dal fatturato
depositato per l’anno 2008.
Lo scopo di questa analisi è mappare la presenza e la criticità
dei must have in azienda, sfruttando la definizione di “must have
ottimale” data al capitolo precedente.
4.1 TRE CASI DI STUDIO DELL’I3P
Il campione dei 3 casi di studio presentati in questo capitolo è
rappresentativo delle tre fasi del modello:
A. il caso Pre Launch è appartenente al settore “internet &
software service”, è un’azienda di prodotto e non è stata ancora
costituita;
B. il caso Lift Off è appartenente al settore “Meccanica”, è
un’azienda di prodotto ed è stata fondata nel 2008;
C. il caso Ascent è appartente al settore “Software”, è
un’azienda di servizi e d è stata fondata nel 2006.
53 I Casi di Studio
4.1.1 IL CASO PRE LAUNCH
Pre-launch Phase
L’idea (v. Fig. 17) è nata qualche anno fa dal contributo di tre
imprenditori di diverse estrazioni e consiste in un nuovo gioco di
carte collezionabili, che unisce la modalità di gioco tradizionale
con quella online, al momento separate.
Circa un anno fa l’idea ha preso forma grazie ad un business
plan sviluppato nell’ambito di un corso d’imprenditoria al
Politecnico di Torino, che è stato poi portato avanti da due
laureandi, assieme ai tre imprenditori. Per quanto riguarda la parte
organizzativa, il progetto prevede la suddivisione in 4 aree: ludica,
tecnologica, finanziaria, distribuzione. Ogni area avrà un proprio
supervisore. Ad oggi, due dei possibili futuri soci sono operativi
part-time e coordinano il progetto, ma non vi è una figura leader
nel team. Ciò potrebbe rappresentare una futura criticità, se non è
gestita prima della costituzione
FIGURA 17 SCHEDA DEL CASO PRE LAUNCH
54 Capitolo 4
Inoltre vi sono alcune difficoltà nella comunicazione e
nell’ottenimento delle informazioni da parte dei soci (i tre
imprenditori non operano tutti sul territorio piemontese).
La costituzione della società è vincolata dal fatto di trovare un
Venture Capitalist o un altro finanziatore. Attualmente, è stato
sviluppato un dimostratore per la trasposizione della carta da gioco
online, ma non vi è ancora nulla per quanto riguarda la piattaforma
internet e gli asset complementari. Si stima che per una versione
beta servano circa 250.000 euro, mentre per arrivare sul mercato
circa un milione e mezzo di euro. Si ipotizzano delle possibili
partnership per la distribuzione. Si pensa di uscire da subito anche
all’estero e si sta valutando di fare una domanda di brevetto (v. Fig
18).
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network Development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain Consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
Entrepreneur
FIGURA 18 ANALISI DEL CASO PRE LAUNCH
55 I Casi di Studio
.Al momento, il team sta lavorando per il miglioramento di
alcuni aspetti tecnici del prodotto ed è alla ricerca del
finanziamento; considerando il prodotto ed i competitor presenti
(grandi società come Hasbro e Mattel), il time-to-market è
fondamentale per la start up, in quanto con il passare del tempo la
finestra di vendita si sta riducendo sempre di più. Successivamente,
se la start-up procederà oltre, si pensa di incorporare del personale
per sviluppare il lato tecnologico (la necessità maggiore) e portare
avanti il lato commerciale e di marketing.
Conclusioni
Riteniamo che la start-up debba risolvere le criticità riguardo al
team (la mancanza del leader e i problemi di comunicazione
interna) prima della costituzione della società, a prevenire future
criticità; inoltre, come già sottolineato, l’ottenimento del
finanziamento iniziale rappresenta l’altra grossa criticità,
determinate per l’eventuale costituzione dell’azienda.
56 Capitolo 4
4.1.2 IL CASO L IFT OFF
Pre-launch Phase
L’idea (v. Fig. 19) è nata durante la tesi di laurea di uno dei soci
e successivamente è stata portata avanti dallo stesso, durante il
Dottorato di Ricerca. Si tratta di un’innovazione di processo
(sinterizzazione), che rispetto al concept iniziale è stata
ulteriormente raffinata. L’idea è nata quindi da una ricerca in
ambito accademico, riconosciuta successivamente come esigenza
di mercato. Il mercato potenziale è molto vasto, perché la
sinterizzazione abbraccia molti campi; sono stati scelti due mercati
sui quali si stanno facendo delle analisi, ma non essendo ancora sul
mercato non si ha una validazione da parte del cliente della
business opportunity.
FIGURA 19 LO SCHEMA DEL CASO LIFT OFF
57 I Casi di Studio
L’ingegnerizzazione del progetto è continuata dopo il
dottorato, nella fase di Pre Launch, e continua tuttora. Tra i due
soci non vi è una figura leader, ma vi è una divisione di
competenze tra ambito tecnico e gestionale-organizzativo (v. Fig
20).
Lift-off Phase
Il team bè stato creato da I3P, facendo incontrare i due soci, e
successivamente, è stata fondata la società. Dopo la costituzione, i
due soci hanno sempre lavorato a tempo pieno nell’azienda. Ad
oggi, nel team, vi sono, inoltre, un veicolo finanziatore e due
dipendenti che si occupano di R&S. Il settore in cui opera
l’impresa è di tipo capital intensive, servono quindi 600.000 euro
solamente per il primo anno.
FIGURA 20 L'ANALISI DEL CASO LIFT OFF
58 Capitolo 4
Per la futura commercializzazione ci sono delle possibili
partnership. La strategia è quella di partire dal mercato italiano, ma
non vi sono preclusioni; vi è una domanda di brevetto
internazionale. Il veicolo finanziatore e il distributore sono derivati
da contatti personali. I soci preferiscono non far ricorso a capitale
di debito o private equity.
Ad ottobre 2010 si analizzerà il cammino della società e si
penserà ad un ulteriore finanziamento (non più tramite aumento di
capitale). La start-up è stata strutturata in modo da poterla liquidare
in un periodo di circa 18 mesi, qualora non si ottenessero i risultati
prefissati. Ad oggi vi è un fatturato da attività accessorie (i
potenziali Clienti pagano per delle esclusive o degli studi di
fattibilità). L’anno 2010 si chiuderà in pareggio. Dal 2011 si pensa
di partire con le vendite. Attualmente si sta concludendo lo
sviluppo prodotto, in modo da consentire di ottenere un processo
stabile, per iniziare la fase di testing e, successivamente, la vendita.
Conclusioni
Riteniamo che la start-up sia ben posizionata nella propria fase,
ma per continuare, debba aumentare gli sforzi sul lato della futura
commercializzazione del prodotto. Il Fund Raising, se non gestito
in maniera adeguata (visto il settore capital intensive e la volontà
dei soci di non avere capitale di debito o far entrare Venture
Capitalist) potrebbe costituire una criticità futura.
59 I Casi di Studio
4.1.3 IL CASO AS CENT
Pre-launch Phase
L’idea (v. Fig. 21) nasce da alcuni dottorandi del Politecnico di
Torino, accortisi di una forte esigenza di mercato: la mancanza di
software e metodologie adeguate per sfruttare completamente gli
strumenti a propria disposizione. Inoltre, vi era la volontà di
fondare una società per assicurare un lavoro più sicuro ai soci-
dottorandi. Prima della costituzione vi era un concept che,
successivamente, è stato modificato in maniera radicale:
attualmente, la società propone prodotti e servizi per migliorare le
indagini ed il trattamento di dati geomatici.
FIGURA 21 SCHEDA DEL CASO ASCENT
60 Capitolo 4
Il team è composto da 5 tecnici (inizialmente 4) di diversa
provenienza: Ingegneria Civile, Ambientale, Informatica e Lettere
Moderne, tutti con un Dottorato di Ricerca (in diverse
specializzazioni). All’inizio, erano anche presenti il Politecnico di
Torino e un professore, oggi usciti dalla società. A partire dalla
costituzione, tutti i soci hanno lavorato full-time per l’azienda.
Non vi è un imprenditore o una figura leader, in quanto tutti i soci
si considerano sullo stesso piano e con gli stessi poteri decisionali e
di rappresentanza: riteniamo che ciò costituisca una criticità.
Inoltre, l’azienda è stata fondata senza la componente Industry
Thinking (v. Fig. 22).
FIGURA 22 ANALISI DEL CASO ASCENT
61 I Casi di Studio
Lift-off Phase
Dopo circa 1 anno dall’idea, la start-up è stata fondata e il
prototipo è stato ultimato dopo la costituzione. L’investimento
iniziale è stato molto limitato, dato il settore ed il tipo di prodotto.
Inizialmente (per il primo anno e mezzo circa) si svolgevano anche
delle attività accessorie. L’azienda ha alcuni partner di sviluppo
prodotto, ma non grandi aziende.
L’investimento maggiore dei soci è stato in termini di
competenze: essi, quindi, preferirebbero non cedere le quote
dell’azienda, continuando a farla crescere personalmente. A
livello di team, un utile apporto è stato quello del programma
“Proteinn1”, che ha consentito di inserire una persona selezionata
dall’azienda e pagata per un anno dal Progetto stesso, che è ora
entrata a far parte della compagine societaria.
La parte commerciale è curata dagli stessi soci, che non
avevano competenze specifiche in merito: ciò potrebbe essere un
possibile freno per lo sviluppo dell’azienda. Sebbene l’azienda
venda appunto software, essa si può classificare come erogatrice di
servizi, in quanto la personalizzazione del prodotto avviene in
seguito ad una commessa. Il cliente ha quindi un problema o una
difficoltà che l’azienda tenta di risolvere prevalentemente con ore
uomo coadiuvate dal software innovativo.
Ascent Phase
Ad un anno dalla costituzione l’azienda ottiene EBITDA
positivo. Il modello evidenzia criticità relative al team, in quanto
non sono operate assunzioni, sebbene però non si ritengano coperte
tutte le competenze necessarie. Il fabbisogno finanziario viene
soddisfatto e non si riscontrano ulteriori problemi.
Conclusioni
62 Capitolo 4
A seguito del nostro studio riteniamo che la start-up debba
rivedere il piano delle Risorse Umane, con particolare attenzione al
lato commerciale; inoltre, riteniamo che sia fondamentale avere
una figura leader all’interno dell’azienda. La componente
accademica (fortemente presente in tutti i soci) e l’Industry
Thinking mancante potrebbero costituire una forte limitazione per
la crescita e lo sviluppo futuro.
63 I Casi di Studio
4.2 I CASI DELL’INCUBATORE DI CITTÀ DI NAPOLI
Come esposto nel Capitolo 2, dopo la validazione del modello
si è proceduto con la fase di applicazione del Modello per aiutare
lo sviluppo sia delle competenze specifiche dei tutor
dell’incubatore nella creazione d’impresa sia delle 5 aziende scelte
per essere incubate.
Le 5 aziende sono state scelte attraverso una procedura pubblica
a bando, alla quale hanno risposto sia aziende già costitute sia team
con un business plan ancora da implementare.
Il Comune ha quindi investito nella ristrutturazione di un piano
di una scuola in disuso, in una zona a basso sviluppo industriale
della Città, proprio con l’intento di iniziare a creare un polo di
sviluppo di start up finalizzato alla creazione di posti di lavoro.
Come abbiamo visto nel Capitolo 3, quindi, bisogna
contestualizzare a livello territoriale le “radici” culturali e
industriali, nel quale si innesta il processo di creazione d’impresa.
Il territorio campano, Napoli, ed in particolare quella particolare
area della città, per quanto vedano presenti industrie e commercio,
hanno un tessuto mediamente molto meno industrializzato di
quello Torinese e più in generale piemontese. Di conseguenza
anche il capitale umano, in termini di quantità di profili con
esperienze industriali, tecnologiche e imprenditoriali, è
significativamente diverso rispetto a quello reperibile in Torino e,
in particolare, presso l’Incubatore del Politecnico.
Questa differenza è stata possibile riscontrarla anche nelle
aziende e negli imprenditori che hanno partecipato al bando e che
sono state selezionate. L’intervento di applicazione del modello è
avvenuto dopo che la selezione era stata fatta dai tecnici del
Comune stesso.
Le 5 aziende che sono state selezionate svolgono attività sia di
produzione che di servizi, sia diretta business to business che
business to consumer.
64 Capitolo 4
L’utilità che il Modello ha dimostrato, anche con condizioni al
contorno così diverse, rassicura e dà conferme sulla
generalizzabilità delle implicazioni fornite.
4.2.1 IL CASO 1
La compagine societaria del caso 1 ha presentato un progetto
per creare una start up che avesse come scopo la creazione e
vendita di narrazioni in formato mp3.
Questa idea, dal punto di vista del prodotto, ha visto già lo
sviluppo di un concept con vendita on line su sito proprietario (v.
Fig. 23).
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network Development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain Consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
Entrepreneur
FIGURA 23 ANALISI DEL CASO 1
65 I Casi di Studio
Grazie al modello, è stato possibile:
analizzare in maniera completa lo stato di sviluppo
dell’azienda che entrando dalla fase di Lift Off, risente delle limitate
risorse finanziarie a disposizione e di un tendenziale freno alla spinta
propulsiva imprenditoriale che si riflette in alcune incertezze nella
definizione della business opportunità;
individuare le criticità sia nelle risorse sia nel loro pregresso; i
gap principali evidenziati sono collegati alla necessità di rafforzare le
competenze manageriali e alla ricerca dell’equilibrio finanziario
dell’investimento;
suggerire un piano di attività specifico per l’ottimizzazione
del processo, collegato alla copertura dei gap evidenziati.
4.2.2 IL CASO 2
Questo caso tratta di una compagine societaria che ha voluto
impegnarsi nella produzione, con una linea editoriale
particolarmente innovativa, che ha trovato riscontro in un discreto
successo di vendite. Successo che ha permesso all’imprenditore di
ottenere un accordo con una delle maggiori case di distribuzione
italiane, che gli permette di avere una rete commerciale e
distributiva capillare su tutto il territorio italiano.
I gap riscontrati nell’azienda, analizzandola attraverso il
modello sono:
un ciclo finanziario fortemente sbilanciato, poiché la casa
editrice incassa l’importo dovuto dal distributore con circa sei mesi
di ritardo dal momento della vendita;
la carenza di competenze manageriali.
I suggerimenti dati all’imprenditore cercano di risolvere i
problemi sopra riscontrati, andando a proporre di:
66 Capitolo 4
creare un piano delle risorse finanziarie che permetta di
confrontarsi con investitori e banche per iniziare a dare una
struttura operativa all’impresa;
rafforzare le competenze manageriali, ovvero completare il
team imprenditoriale.
L’imprenditore è davanti al problema/trade off presentato nel
Capitolo 3: senza risorse finanziarie non riesce ad attirare risorse
umane con una certa seniority, ma senza risorse umane non riesce
a far crescere l’impresa (v. Fig. 24).
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network Development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain Consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
Entrepreneur
FIGURA 24 ANALISI DEL CASO 2
67 I Casi di Studio
4.2.3 IL CASO 3
Questa start up, dal team particolarmente giovane, si propone di
sviluppare e offrire servizi a singoli e imprese, con l’utilizzo di
nuove tecnologie di comunicazione, e nuove piattaforme .
Il punto di forza di questa neonata azienda è il team, che vede
l’unione di due figure senior ed una più junior, quest’ultima
concentrata sugli aspetti più tecnologici, le prime due più su quelli
di comunicazione e marketing (v. Fig 25).
L’impresa è stata fondata, e sta avendo i primi ricavi da
commesse provenienti dal network di uno dei due soci senior, ma
occorre ancora completare l’analisi della dinamica dei fabbisogni
finanziari, degli investimenti, e della marginalità.
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network Development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain Consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
Entrepreneur
68 Capitolo 4
FIGURA 25 ANALISI DEL CASO 3
Il modello consulenziale probabilmente non richiederà
investimenti ingenti, anche perché le strutture dell’incubatore in
questo senso sono ottimamente fornite. Manca però una chiara
impronta alla crescita, l’Industry Thinking, che si traduce in alcune
mancanze nei piani di Risorse Umane e Finanziarie.
69 I Casi di Studio
4.2.4 IL CASO 4
Questo progetto è diverso rispetto alle altre start up
dell’incubatore perché, più che di una vera e propria start up,
possiamo parlare dello spin off di un ramo d’azienda di un’impresa
esistente nel campo dei servizi.
Un aspetto positivo è che esiste già un portafoglio clienti, che si
è consolidato negli anni di operatività dell’azienda ed presenta un
posizionamento già stabile, all’interno della catena del valore.
Grazie all’analisi costruita con il modello (v. Fig 26): è
possibile proporre il seguente piano di miglioramento:
spingere il management a completare il piano delle risorse
umane;
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network Development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain Consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
Entrepreneur
70 Capitolo 4
FIGURA 26 L'ANALISI DEL CASO 4
approfondire la Business Opportunity e il modello
strategico;
individuare le possibilità di sviluppo di questo prodotto e
la modalità di proposizione del prodotto al mercato.
71 I Casi di Studio
4.2.5 IL CASO 5
La start up 5 (v. Fig 27) parte con l’idea di offrire servizi di
consulenza nell’ambito dello sviluppo personale e di business.
L’idea nasce dal voler unire sotto un’unica società l’esperienza
diversi profili tutti con un passato di consulenti nello stesso ambito,
con il proposito di:
trovare sinergie tra diverse specializzazioni dei profili
imprenditoriali;
permettere di espandere il mercato;
lavorare commesse più grandi, impossibili da approcciare
singolarmente, sia nel Sud Italia, dove sembra mancare una
concorrenza forte, sia nel Nord Italia e, grazie ad una collaboratrice
francese, anche all’estero.
FINANCE
MARKET
PRODUCT
Human Resources Design
Marketing and Technical
Team Completeness
Industry
Thinking
Financial Resources Design
Product
Concept
IdeaBusiness
Opportunity
Commercial Capabilities and
Network Development
Revenues
Fund Raising
Strategic
Model
Value Chain
Positioning
Product
Dev.
Revenue Model
Value Chain Consolidation
TEAM
CONSTITUTION EBITDA > 0
Pre-Launch Phase Lift Off Phase Ascent Phase
Entrepreneur
72 Capitolo 4
FIGURA 27 ANALISI DEL CASO 5
L’idea di questa tipologia di servizi è legata ad un trend
nazionale, che vede l’Italia in ritardo non solo rispetto agli Stati
Uniti, ma anche rispetto alle altre nazioni europee, e questo lascia
presupporre un buon margine di sviluppo.
Il modello ha aiutato a mettere in luce numerose possibilità di
miglioramento per la start up:
il macro trend va specificato sull’area più prossima alla
sede napoletana, andando, a livello micro, ad individuare il target
di;
non è ancora definito un piano di acquisizioni di nuove
risorse umane, necessarie per espandere il business in un settore
consulenziale labour intensive.
73
CAPITOLO 5
D ISCUSSIONI E CONCLUSIONI
Questo studio analizza il processo di creazione d’impresa, dall’idea
imprenditoriale alla stabilizzazione reddituale della start up, con
l’obiettivo di identificare quali siano le dinamiche di aggregazione di
risorse, antecedenti al raggiungimento del successo imprenditoriale.
Grazie al modello, è stato possibile:
analizzare in maniera completa lo stato di sviluppo
dell’azienda;
individuare le criticità sia nelle risorse sia nel loro pregresso;
suggerire un piano di attività specifico per l’ottimizzazione
del processo.
5.1 DISCUSSIONE DEI RISUL TATI
Risulta particolarmente interessante soffermarsi sui risultati della
fase di validazione del modello sui 19 casi di studio.
74 Capitolo 5
5.1.1 I R ISULTATI DELLA FAS E DI PRE LAUNCH
Come è possibile vedere da Figura 28, le criticità forti sono
riscontrabili come mancanze:
nell’Industry Thinking, nel 42% dei casi;
nella presenza di un imprenditore completo nel 26% dei casi;
al design delle Risorse Finanziarie e Umane nel 16% dei casi;
nell’11% dei casi in team non completi;
nel 5% dei casi nella valutazione della Business Opportunity.
42%
26%
16% 16%
11%
5%
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
Industry Thinking Entrepreneur Human Resources Design
Financial Resources Design
Marketing&Technical Team Completeness
Business Opportunity
Distribuzione Criticità Pre-Launch Phase
FIGURA 28 RISULTATI DELLA FASE DI PRE LAUNCH - CRITICITÀ
75 Discussioni e conclusioni
Se poi andiamo a sommare alle criticità forti (rosse) le potenziali
fonti di criticità (gialle), otteniamo i grafici in Figura 29, indicanti
problemi:
nel 58% dei casi dovuti all’Industry Thinking;
nel 42% dei casi dovuti alla presenza di un team non
completo;
nel 39% dei casi dovuti all’imprenditore;
nel 26% dei casi dovuti al piano di Risorse Umane;
nel 21% dei casi dovuti al piano di Risorse Finanziarie;
nel 5% dei casi dovuti alla Business Opportunity.
In entrambe le analisi, l’Industry Thinking si conferma come fonte
principale di problemi e, dualmente, come vincolo primario alla
crescita.
Subito dopo, è la presenza di un imprenditore ottimale – come da
noi definito – ad essere limitante, sia per sé, come seconda
58%
42%39%
26%
21%
5%0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
Industry Thinking Marketing&Technical Team Completeness
Entrepreneur Human Resources Design
Financial Resources Design
Business Opportunity
Distribuzione Criticità più Allerte Pre-Launch Phase
FIGURA 29 RISULTATI DELLA FASE DI PRE LAUNCH - CRITICITÀ ED
ALLERTE
76 Capitolo 5
fonte di criticità forte, sia perché ha aggregato intorno a sé e
all’idea imprenditoriale un team non completo e potenziale fonte di
problemi.
È interessante notare come il design delle risorse imprenditoriali,
sia umane che finanziarie, venga comunque prima delle criticità forti
in termini di Business Opportunity.
È possibile vedere come l’idea e il concept di prodotto non siano
mai in discussione: la vicinanza dell’I3P ad un polo tecnologico come
il Politecnico garantisce una quantità, un flusso di idee innovative
valide, sulle quali fare business di indiscusso valore.
È l’imprenditore, colui che è in capo allo sviluppo dell’idea in
azienda, ad esser fonte di problemi:
direttamente per sue caratteristiche personali, mancanti spesso
della necessaria grinta, preparazione, esperienza o semplicemente
convinzione ed impegno al 100% del proprio tempo per lo sviluppo
dell’idea;
indirettamente, nella scelta, pianificazione, ricerca e
aggregazione delle risorse umane e finanziarie, per completare il set di
must have necessari allo sviluppo.
Si potrebbe dedurre che l’imprenditore ed il suo team riescano a
visualizzare, nel breve, lo sviluppo dell’idea di prodotto, attraverso un
concept e una Business Opportunity il più delle volte positiva, anche
accompagnata dalla presenza dei tutor dell’incubatore. Quello che
manca, invece, è la vision nel creare un’impresa con le persone con i
giusti profili al suo interno, dotate delle necessarie risorse finanziarie
da investire nello sviluppo.
La scelta delle persone deriva anche dalle prospettive che
l’imprenditore si pone, delle sue aspirazioni e dell’imprinting con cui
plasma l’azienda. Una così forte mancanza di Industry Thinking porta
a cercare e adottare scelte dal profilo di rischio più basso, con ritorni
minori ma “culturalmente” più accettabili da parte dell’imprenditore.
77 Discussioni e conclusioni
5.1.2 I R ISULTATI DELLA FAS E DI L IFT OFF
I risultati si fanno ancora più interessanti nella fase di Lift-Off,
come è possibile vedere nell’analisi delle criticità aggregate di Figura
30.
Le fonti di forti criticità sono legate:
nel 26% dei casi al Fund Raising e al Product Development;
nel 24% dei casi allo sviluppo di network commerciale;
nel 12% dei casi alla presenza di un primo fatturato;
nel 6% dei casi alla definizione di un modello strategico e al
posizionamento nella catena del valore.
26% 26%
24%
12%
6% 6%
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
Fund Raising Product Development Commercial Capabilities&Network
Development
Revenues Strategic Model Value-Chain Positioning
Distribuzione Criticità Lift-Off Phase
FIGURA 30 I RISULTATI DELLA FASE DI LIFT OFF - CRITICITÀ
78 Capitolo 5
Numeri ancora più significativi si possono riscontrare in Figura 31,
con la somma di criticità e allerte.
I numeri:
79% dei casi problemi di Product Development;
71% di casi con problemi allo sviluppo del network
commerciale;
58% dei casi problemi al Fund Raising;
53% dei casi problemi con la definizione di un modello
strategico;
18% dei casi difficoltà nel posizionamento nella catena del
valore;
12% dei casi difficoltà a generare un primo fatturato.
79%
71%
58%
53%
18%
12%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
Product Development Commercial Capabilities&Network
Development
Fund Raising Strategic Model Value-Chain Positioning
Revenues
Distribuzione Criticità più Allerte Lift-Off Phase
FIGURA 31 RISULTATI DELLA FASE DI LIFT OFF - CRITICITÀ E ALLERTE
79 Discussioni e conclusioni
Interpretando i dati, sia che si considerino le sole criticità sia che si
aggiungano le allerte, Fund Raising, sviluppo del network
commerciale e un Market driven Product Development sono i vincoli
alla crescita e al salto dimensionale delle aziende analizzate.
Soprattutto lo sviluppo del prodotto, inteso come progresso
dell’idea di prodotto/servizio verso i benefici richiesti dal cliente, è
quello che desta maggiori preoccupazioni, e si rispecchia con la
difficoltà dello sviluppo commerciale. Senza un opportuno contatto
con il cliente intermedio o finale, è difficile sviluppare e ottimizzare il
matching tra la domanda del mercato e la proposta offerta.
Lo sviluppo del prodotto, che in fase di Pre-Launch non aveva dato
nessun problema, diventa l’elemento centrale critico nello sviluppo, e
trova contropartita nella scarsità di competenze commerciali
specifiche nel team e nelle numerose allerte dovute al modello
strategico.
Il Fund Raising è anche problematico, e senza le necessarie risorse
risulta ancora difficile aggredire il mercato.
È interessante l’aspetto di Path Dependency: le criticità riscontrate
in fase di Pre-Launch, nel design delle risorse necessarie, non
manifesta problemi immediati e diretti prima della costituzione, ma
solo dopo nello sviluppo del prodotto verso il mercato. Le stesse
difficoltà rilevate in fase di Fund Raising sono imputabili non solo
alla mancanza di offerta di capitali da parte di banche e finanziatori,
ma anche alla difficoltà da parte degli imprenditori di andare a
interfacciarsi con questi soggetti portatori di capitale, senza un piano
delle risorse finanziarie adeguato e maturato sin dalla fase di Pre
Launch.
Le criticità di Industry Thinking della prima fase, testimonianti un
gap di cultura imprenditoriale del leader e del suo team, sono la vera
radice delle difficoltà in questa fase.
80 Capitolo 5
5.1.3 I R ISULTATI DELLA FAS E ASCENT
Nella fase di Ascent, nessuna impresa ha riscontrato criticità forti
né nella definizione del Revenue Model né nel consolidamento della
posizione nella catena del valore.
Solo un 20% di aziende hanno presentato sintomi di criticità nella
definizione del Revenue Model, probabilmente ancora da imputare a
problemi di mercato.
5.1.4 LA VARIABILE DI INDUSTRY E LA DURATA DELLE FASI
Un aspetto interessante sono le differenze riscontrabili tra aziende
di settori diversi (v.Fig 32):
nel settore aerospaziale, sono forti le barriere all’ingresso,
come il bisogno di risorse finanziarie importanti.
;
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
4
Aerospazio Energia Software Internet & software services
Elettronica Meccanica
FIGURA 322 DURATA DELLA FASE DI LIFT OFF [ANNI]
81 Discussioni e conclusioni
Questo aumenta ancora di più l’importanza della definizione delle
risorse finanziarie, del Fund Raising e soprattutto delle capacità
dell’imprenditore di saper dialogare con gli investitori o i partner
industriali
il settore delle energie rinnovabili è in forte aumento, grazie a
un trend macroeconomico globale, e le aziende dovranno essere
attente a saperlo sfruttare. In questo senso, diventano fondamentali per
poter utilizzare a pieno le tecnologie delle quali il territorio è ricco:
o la connessione con il mercato ed il network commerciale,
o la capacità di dialogare con gli investitori per ottenere le
risorse necessarie ad uno sviluppo globale;
il settore del software gode di basse barriere all’ingresso e
bassa richiesta di capitale per lo sviluppo tecnologico, che si traduce –
positivamente e negativamente – in una generale accelerazione delle
dinamiche di entrata e di uscita dal mercato;
il settore internet e software services si distingue dal
precedente per gli ancora inferiori switching costs, che permettono al
cliente finale di cambiare velocemente piattaforma e prodotto. In
questo senso, la scelta di un modello strategico adeguato e uno
sviluppo commerciale non affidato solamente alla rete potrà essere
fonte di vantaggio competitivo;
il settore dell’elettronica ha dinamiche più lente rispetto ai due
settori precedentemente esposti, con barriere all’entrata e all’uscita del
mercato più elevate. L’elettronica è spesso connessa alla produzione
di macchinari industriali, per i quali vigono più le tempistiche dei
settori industriali e maturi piuttosto che delle NTBF;
in questa direzione, il settore meccanico è quello più legato ad
impieghi finanziari ingenti, e richiede quindi tempi lunghi e un
endorsment di fiducia da parte dei potenziali clienti da acquisire in un
lasso di tempo più lungo rispetto alla media.
Le tempistiche di attraversamento delle fasi sono raffigurate in
Figura 28, pari a poco più di un anno per la fase di Pre Launch e di
quasi due anni e mezzo per la fase di Lift Off.
82 Capitolo 5
Particolarmente interessante risulta la ripartizione della durata della
fase di Lift Off declinata per settore, visibile in Figura 33.
Si possono notare numericamente le considerazioni riportate
precedentemente: rispetto alla media di circa due anni e mezzo per
attraversare la fase di Lift Off, il Software riesce a svilupparsi più
velocemente della media, mentre il settore meccanico più lentamente
– proporzionale alle barriere all’ingresso e alle dinamiche di settore.
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
Pre Launch Phase Lift Off Phase
FIGURA 333 DURATA MEDIA DELLE FASI [ANNI]
83 Discussioni e conclusioni
5.2 IMPLICAZIONI MANAGERIALI
Questa ricerca mira a dialogare non solo con il mondo accademico
degli Scholar appartenenti ai filoni di teoria riportati al capitolo
precedente, ma anche con gli operatori del settore, ed in particolare
con gli imprenditori, i finanziatori d’impresa, i manager degli
incubatori e i decisori pubblici.
5.2.1 IMPLICAZIONI PER GLI IMPRENDITORI
Il processo così descritto può essere utile agli imprenditori :
in fase di pre-incubazione dell’idea imprenditoriale, per
vedere mappate le risorse delle quali avranno bisogno;
delle start up già costituite per fare un’analisi dello stato di
sviluppo dell’impresa.
In entrambi i casi, è importante che l’imprenditore prenda
coscienza:
di quali risorse ha o avrà bisogno e in che momento;
dei nessi causali che legano lo sviluppo del team, delle risorse
finanziarie e della strategia di prodotto-mercato;
dei necessari equilibri ai quali andrà in contro nelle fasi di
sviluppo.
I risultati della ricerca hanno prodotto indicazioni che valgono
come caveat soprattutto nei termini di:
Industry Thinking, come mind set dell’imprenditore da
trasferire all’azienda stessa;
attenzione allo sviluppo delle competenze commerciali e di
network con il mercato, anche per indirizzare lo sviluppo prodotto
verso i reali bisogni dei clienti;
attenzione al design delle risorse umane e finanziarie
necessarie allo sviluppo futuro, già dalle primissime fasi.
84 Capitolo 5
Più in generale, vale il concetto che il successo dello sviluppo
imprenditoriale dipende molto da quello che accade prima della
creazione dell’impresa stessa. Prima della fondazione, quando
l’imprenditore comincia ad aggregare le risorse intorno all’idea
imprenditoriale, lì si decide gran parte del successo dell’iniziativa
aziendale.
Prima ancora, le esperienze, l’educazione, il background dei
percorsi di carriera, il network, l’endorsment di fiducia di ciascuno dei
profili che andranno a comporre l’azienda saranno il motivo della
riuscita o meno dello sviluppo imprenditoriale.
L’organizzazione sarà in mano all’imprenditore, che dovrà
disegnarla, affidare compiti e responsabilità ad ognuno, promuovendo
una cultura votata alla crescita e un set di incentivi per perseguirla.
Non basta che solo uno degli elementi sia particolarmente forte:
l’individuazione di una necessità di un mercato, una nuova tecnologia,
la presenza di risorse finanziarie, un team con competenze eterogenee
non possono produrre risultati di successo se non opportunamente
equilibrati tra di loro.
5.2.2 IMPLICAZIONI PER I F I NANZIATORI
I finanziatori, che siano di capitale di debito o di equity, sono
normalmente persone con una buona preparazione manageriale che
riescono “a pelle” a capire e percepire il valore di un’azienda.
Questo modello prova a spiegare e declinare quali siano gli aspetti
più importanti ai quali porre attenzione.
In particolare, tra i finanziatori ai quali ci rivolgiamo,
sottolineiamo il target degli investitori che si avvicinano al mondo
della creazione d’impresa, come ad esempio il settore delle banche
commerciali. Queste banche sempre più spesso vogliono confrontarsi
con aziende nei loro primi stadi di vita, che però non possono essere
analizzate con i metodi tradizionali, guardando il track record e lo
storico degli indici patrimoniali e di redditività. A queste, suggeriamo
85 Discussioni e conclusioni
di settare i loro criteri di screening secondo quanto suggerito dal
modello.
Per gli investitori già esperti in creazione d’impresa quali i Venture
Capitalist o i Business Angel, più avvezzi a valutare le start up,
proponiamo di impiegare il modello più come metodo per esplicitare
le loro scelte:
sia che investendo in azienda richiedano una serie di elementi,
come ad esempio l’inserimento di un manager esterno;
sia rifiutando l’investimento indicando i motivi della loro
scelta.
Per gli investitori, questo modello potrebbe essere più utile per
diffondere cultura imprenditoriale che non per scegliere dove investire
– decisione, in ultima analisi, sempre molto “a pelle” e personale,
proprio perché l’investitore è un imprenditore tanto quanto il manager
della start up: come all’interno del team deve esserci fiducia, allo
stesso modo l’investitore deve poter riporre fiducia nel team
imprenditoriale.
5.2.3 IMPLICAZIONI PER I MA NAGER DEGLI INCUBATO RI
I manager degli incubatori posso usare il modello:
in fase di preincubazione, per indirizzare l’aggregazione di
risorse, motivare il management, avvertirlo dell’importanza del
corretto design delle risorse umane e finanziarie;
in fase di avvio dell’operatività, per rimarcare l’attenzione
sulle competenze commerciali, sullo sviluppo di un prodotto verso i
bisogni del cliente e sull’importanza della strutturazione della fase di
Fund Raising.
Particolarmente interessante può essere il caso 1: gli incubatori
possono anche spingere gli imprenditori ad una riflessione più
profonda sulle motivazioni proprie e del team, e nel caso queste non
siano sufficientemente forti, accettare che l’azienda non si costituisca,
nonostante un’idea potenzialmente di valore.
86 Capitolo 5
5.2.4 IMPLICAZIONI PER I DECISORI PUBBLICI
Ai decisori pubblici, ovvero gli enti impegnati nel supporto alle
imprese ed in particolare alla creazione d’impresa, consigliamo di
supportare la nascita di nuove imprese meno con contributi o
finanziamenti agevolati e più con la consulenza da parte di personale
specializzato o incubatori.
Se è vero che l’accesso ai finanziamenti è uno dei problemi delle
start up – come abbiamo visto dai risultati delle nostre indagini – e che
agevolazioni in questo senso diminuiscono i profili di rischio percepiti
dagli imprenditori, è anche vero che le start up devono costituirsi con
tutte le basi per potersi reggere da sole: la giusta strategia, le giuste
risorse.
Il finanziamento sarà utile solo se andrà alle imprese che saranno
capaci di sfruttarlo per arrivare al cliente, e dalle vendite al cliente
trarre la linfa per lo sviluppo successivo. Troppe volte il
finanziamento pubblico ha sovvenzionato lo sviluppo di un prodotto,
rimasto “lettera morta” perché mai arrivato al mercato.
L’apertura di incubatori o centri specializzati per la creazione
dell’impresa potrebbero andare in questa direzione: non finanziare
direttamente l’impresa, ma educare imprenditore e team manageriale
alle modalità con le quali sviluppare e vendere in maniera più efficace,
andando a richiedere ai privati (banche e altri finanziatori) i capitali
necessari per gli investimenti.
Al più, potrebbe essere utile un microcredito per gli imprenditori
mossi da sano Industry Thinking, affinché si impegnino
professionalmente nel design di impresa. Questi saranno in grado di
far nascere le imprese ad alta crescita, ripagando il debito con lo Stato
e andando a generare posti di lavoro e benessere collettivo.
5.3 LIMITI DELLO STUDIO E RICERCHE FUTURE
87 Discussioni e conclusioni
Questa ricerca include il lavoro svolto su più fasi su 154 profili
imprenditoriali, 58 start up ed una start up fondata in fase esplorativa,
6 interviste ad esperti per sintetizzare il modello, 19 casi di studio per
validare la teoria e 5 start up per applicarla. Nella raccolta dati, sono
state seguite le raccomandazioni espresse nel paragrafo 3.10.
Non esistono studi senza limiti. La ricerca deve idealmente
soddisfare tre ideali: l’accuratezza nella descrizione di un sistema
specifico (rilevanza), l’applicabilità ad altri sistemi (la
generalizzabilità) e la semplicità (parsimonia) della teoria risultate
(Weick 1979). Comunque sia, gli ideali sono in conflitto e bisogna
scegliere di perseguire un ideale per volta (McGrath 1982). In questa
ricerca, si è preferito usare il metodo dei casi di studio per creare
nuova teoria, dove in fase 1 ci si era resi conto che lo stato dell’arte
non copriva l’oggetto della nostra ricerca. Il beneficio della ricerca
attraverso casi di studio è la comprensione profonda di uno specifico
sistema. L’unione di più fasi e approcci tenta di allargare il contesto di
generalizzabilità. Comunque sia, l’approccio è labour intesive, poiché
richiede per ogni caso una comprensione ed un’analisi profonda.
Il modello è offerto alla comunità accademica per il test su dati
quantitativi.
Tra i limiti di questo studio possiamo contare:
Il focus geografico limitato: le aziende oggetto prima della
Fase 1 e poi della Fase 3 della ricerca appartengono tutte
all’Incubatore I3P, che porta in dote le sue specificità al campione
osservato. Anche gli esperti, per quanto con formazione di profilo
internazionale, sono tutti appartenenti a queste area geografica.
Un orizzonte temporale limitato: le aziende sono state
osservate in maniera statica, andando a chiedere ai singoli
imprenditori di raccontare la propria storia, senza possibilità di testate
a distanza di anni la veridicità delle nostre valutazioni;
La teoria creata usando i casi può essere nuova ed interessante. Il
problema maggiore della strategia di ricerca via casi di studio è che la
teoria è creata dopo che i dati sono stati raccolti. In principio, è
richiesta solo buona immaginazione per creare una teoria che spiega
l’osservazione. Eisenhardt (1989) suggerisce di aggiungere casi finché
88 Capitolo 5
si raggiunge la saturazione della teoria, ovvero fintanto che nuovi casi
non portano più nulla di nuovo alla teoria.
In questa ricerca, si è trasferito il modello ad un incubatore esterno
al research setting, in modo da poter utilizzare le sue aziende come
casi di studio confermativi. Un’altra soluzione sarebbe stata quella di
testare i costrutti e le relazioni con un altro questionario su un
campione ad elevata numerosità, andando a distinguere le relazioni
generali da semplici coincidenze presenti nei casi di studio.
Questo studio si è concentrato sulla teoria della creazione
d’impresa, ma è possibile estendere i risultati di questa ricerca al
dominio dell’organizzazione, dei team imprenditoriali e della
leadership manageriale. Specularmente, il modello si presta ad essere
interpretato nel campo dello sviluppo prodotto all’interno delle grandi
aziende organizzate orizzontalmente per team di prodotto.
Un’altra prospettiva potrebbe essere quella del Trasferimento
Tecnologico, andando a studiare come il processo si innesti nello
sfruttamento dei risultati della ricerca pubblica.
Infine, comprendere meglio il mondo è importante ma non
abbastanza. Lo step successivo è migliorare il mondo. Adesso
sappiamo un poco di più sul processo di creazione d’impresa, sulle
dinamiche che lo guidano e quali elementi concorrano ad ottimizzarlo.
Ora è tempo di applicarlo, andando oltre alla stessa comprensione
del fenomeno.
89
INDICE DELLE FIGURE
Figura 1 Le Fasi della Ricerca .......................................................................... vi
Figura 2 Il Modello di Creazione d'Impresa ..................................................... ix
Figura 3 Criticità e Allerte della Fase di Pre - Launch ..................................... x
Figura 4 Criticità ed Allerte della fase di Lift-off .............................................. xi
Figura 5 Struttura dello Studio ...................................................................... 12
Figura 6 Le Fasi della Ricerca ......................................................................... 14
Figura 7 Il questionario quantitativo ............................................................. 17
Figura 8 Eterogeneità nella distribuzione delle quote societarie ................. 20
Figura 9 Misura delle performance aziendali ................................................ 22
Figura 10 matrice di correlazione tra indici di eterogeneità, Strategizing e
Performance ................................................................................................. 23
Figura 11 Mappatura del Gap di Ricerca ....................................................... 27
Figura 12 La seconda fase di ricerca.............................................................. 28
Figura 13 Il Modello di Processo di Creazione d'Impresa ............................. 35
Figura 14 Il processo di lancio di uno Space shuttle ...................................... 36
Figura 15 Il modello di processo di creazione d'impresa - Lift off phase ...... 42
Figura 16 Network di risorse ......................................................................... 47
Figura 17 Scheda del Caso Pre Launch .......................................................... 53
Figura 18 Analisi del Caso Pre Launch ........................................................... 54
Figura 19 Lo Schema del Caso Lift Off ........................................................... 56
Figura 20 L'analisi del Caso Lift Off ............................................................... 57
Figura 21 Scheda del Caso Ascent ................................................................. 59
Figura 22 Analisi del Caso Ascent .................................................................. 60
Figura 23 Analisi del caso 1 ........................................................................... 64
Figura 24 Analisi del Caso 2 ........................................................................... 66
Figura 25 Analisi del Caso 3 ........................................................................... 68
Figura 26 L'analisi del Caso 4 ........................................................................ 70
Figura 27 Analisi del Caso 5 ........................................................................... 72
Figura 28 Risultati della fase di Pre Launch - Criticità ................................... 74
90
Figura 29 Risultati della fase di Pre Launch - Criticità ed Allerte .................. 75
Figura 30 I risultati della fase di Lift Off - Criticità ......................................... 77
Figura 31 Risultati della fase di Lift Off - Criticità e Allerte ........................... 78
Figura 32 Durata della fase di Lift Off [anni] ................................................. 80
Figura 33 Durata media delle fasi [anni] ....................................................... 82
91
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