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MAREA ASTRONOMICA E METEOROLOGICA IN ITALIA: Analisi propedeutiche ad applicazioni di ingegneria marittima e costiera e allo sfruttamento delle sue potenzialità energetiche Gian Mario Beltrami Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, delle Acque e del Terreno Università degli Studi di L’Aquila 1. Introduzione Come noto, nel mar Mediterraneo, le variazioni di livello della superficie marina indotte dal propagarsi di onde di marea astronomica risultano contenute. Con l’eccezione del Golfo di Trieste nell’Adriatico Settentrionale e del Golfo di Gades in Tunisia, nei quali - a causa dell’estensione della piattaforma continentale - è possibile osservare escursioni superiori al metro, laltezza della mare dovuta alla forzante astronomica risulta infatti pari a poche decine di centimetri. Occorre osservare come tale ridotta escursione esalti l’importanza relativa delle variazioni indotte da cause meteorologiche, ovvero della marea meteorologica. A parte gli eventi di sovralzo di tempesta - di cui come noto l’Acqua Alta a Venezia è il caso più eclatante - il semplice instaurarsi di gradienti nel campo di pressione atmosferica agente sulla superficie del ‘Mare nostrum’ è infatti in grado di determinare variazioni di una qualche significatività, se riferite allaltezza della marea astronomica locale. Tali variazioni hanno evidentemente carattere stagionale e, influendo sul livello medio locale, incidono su applicazioni di ingegneria marittima o costiera quali, ad esempio, la definizione delle quote di banchina, o delle linee di riva. L’analisi delle serie storiche risultanti dal monitoraggio non solo dei livelli idrometrici, ma anche della pressione atmosferica e del vento, assume quindi una decisa importanza nella redazione degli studi meteo-marini propedeutici a tali applicazioni. A partire dalla ristrutturazione del 1998, grazie al costante ammodernamento e potenziamento della Rete Mareografica Nazionale nonché dei criteri di divulgazione dell’informazione, il Servizio Mareografico - oggi componente dell’ISPRA mette a disposizione del pubblico le serie storiche delle principali grandezze di interesse mareografico. Dopo aver brevemente richiamato le origini delle forzanti di marea, nonché i criteri di esecuzione di un corretto monitoraggio delle variazioni da esse determinate, la presente nota intende fornire un quadro delle principali analisi da effettuare sui dati monitorati (analisi di statistica descrittiva, analisi armonica, analisi estremali), nonché esempi di utilizzazione dei loro risultati. Infine, verranno brevemente illustrate le principali tecnologie ad oggi sviluppate per lo sfruttamento dellenergia potenziale e cinetica associata alloscillazioni di marea. 2. Le forzanti Le maree si manifestano principalmente come ritmico innalzarsi e abbassarsi del livello marino cui si accompagnano spostamenti orizzontali della massa marina noti come correnti di marea. Entrambi gli spostamenti, verticale e orizzontale, rappresentano manifestazioni differenti di un unico fenomeno, peraltro noto fin dall’antichità (Russo, 2003). Se da una parte il regolare manifestarsi di tali spostamenti testimonia della costante presenza delle forze che li causano e li governano, dall’altra il fatto che essi presentino ovunque stessa natura, anche se differente estensione, testimonia della loro globalità. Tutto ciò dimostra l’origine astronomica della forzante, ovvero come essa sia da imputarsi all’azione esercitata sulla Terra dai corpi celesti (in particolare Sole e Luna), giustificando la denominazione di marea astronomica comunemente data al fenomeno principale (Defant, 1961). L’origine della forza di marea (Doodson, 1921; Dronkers, 1964; Godin, 1972; Pugh, 1987) può spiegarsi brevemente come segue. Si considerino due corpi sferici, rispettivamente di massa m 1 (la Terra) e m 2 (ad es. la Luna o il Sole), in moto di traslazione senza rotazione (rivoluzione) attorno ad un comune centro di gravità (Fig. 1 sx). A causa del moto di rivoluzione, ogni punto appartenente a uno dei due corpi è soggetto alla forza di attrazione gravitazionale newtoniana dovuta alla presenza
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Feb 18, 2019

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MAREA ASTRONOMICA E METEOROLOGICA IN ITALIA:

Analisi propedeutiche ad applicazioni di ingegneria marittima e costiera

e allo sfruttamento delle sue potenzialità energetiche

Gian Mario Beltrami Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, delle Acque e del Terreno

Università degli Studi di L’Aquila

1. Introduzione

Come noto, nel mar Mediterraneo, le variazioni di livello della superficie marina indotte dal

propagarsi di onde di marea astronomica risultano contenute. Con l’eccezione del Golfo di Trieste

nell’Adriatico Settentrionale e del Golfo di Gades in Tunisia, nei quali - a causa dell’estensione

della piattaforma continentale - è possibile osservare escursioni superiori al metro, l’altezza della

mare dovuta alla forzante astronomica risulta infatti pari a poche decine di centimetri. Occorre

osservare come tale ridotta escursione esalti l’importanza relativa delle variazioni indotte da cause

meteorologiche, ovvero della marea meteorologica. A parte gli eventi di sovralzo di tempesta - di

cui come noto l’Acqua Alta a Venezia è il caso più eclatante - il semplice instaurarsi di gradienti nel

campo di pressione atmosferica agente sulla superficie del ‘Mare nostrum’ è infatti in grado di

determinare variazioni di una qualche significatività, se riferite all’altezza della marea astronomica

locale. Tali variazioni hanno evidentemente carattere stagionale e, influendo sul livello medio

locale, incidono su applicazioni di ingegneria marittima o costiera quali, ad esempio, la definizione

delle quote di banchina, o delle linee di riva. L’analisi delle serie storiche risultanti dal

monitoraggio non solo dei livelli idrometrici, ma anche della pressione atmosferica e del vento,

assume quindi una decisa importanza nella redazione degli studi meteo-marini propedeutici a tali

applicazioni. A partire dalla ristrutturazione del 1998, grazie al costante ammodernamento e

potenziamento della Rete Mareografica Nazionale nonché dei criteri di divulgazione

dell’informazione, il Servizio Mareografico - oggi componente dell’ISPRA – mette a disposizione

del pubblico le serie storiche delle principali grandezze di interesse mareografico. Dopo aver

brevemente richiamato le origini delle forzanti di marea, nonché i criteri di esecuzione di un

corretto monitoraggio delle variazioni da esse determinate, la presente nota intende fornire un

quadro delle principali analisi da effettuare sui dati monitorati (analisi di statistica descrittiva,

analisi armonica, analisi estremali), nonché esempi di utilizzazione dei loro risultati. Infine,

verranno brevemente illustrate le principali tecnologie ad oggi sviluppate per lo sfruttamento

dell’energia potenziale e cinetica associata all’oscillazioni di marea.

2. Le forzanti

Le maree si manifestano principalmente come ritmico innalzarsi e abbassarsi del livello marino cui

si accompagnano spostamenti orizzontali della massa marina noti come correnti di marea. Entrambi

gli spostamenti, verticale e orizzontale, rappresentano manifestazioni differenti di un unico

fenomeno, peraltro noto fin dall’antichità (Russo, 2003). Se da una parte il regolare manifestarsi di

tali spostamenti testimonia della costante presenza delle forze che li causano e li governano,

dall’altra il fatto che essi presentino ovunque stessa natura, anche se differente estensione,

testimonia della loro globalità. Tutto ciò dimostra l’origine astronomica della forzante, ovvero come

essa sia da imputarsi all’azione esercitata sulla Terra dai corpi celesti (in particolare Sole e Luna),

giustificando la denominazione di marea astronomica comunemente data al fenomeno principale

(Defant, 1961).

L’origine della forza di marea (Doodson, 1921; Dronkers, 1964; Godin, 1972; Pugh, 1987) può

spiegarsi brevemente come segue. Si considerino due corpi sferici, rispettivamente di massa m1 (la

Terra) e m2 (ad es. la Luna o il Sole), in moto di traslazione senza rotazione (rivoluzione) attorno ad

un comune centro di gravità (Fig. 1 sx). A causa del moto di rivoluzione, ogni punto appartenente a

uno dei due corpi è soggetto alla forza di attrazione gravitazionale newtoniana dovuta alla presenza

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Marea Astronomica e Meteorologica in Italia

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dell’altro, nonché alla forza centrifuga determinata dal proprio moto attorno al centro di gravità del

sistema. Per la stabilità del sistema, nel baricentro del corpo di massa m1, la forza di attrazione

gravitazionale esercitata dal corpo di massa m2 su quello di massa m1 è perfettamente

controbilanciata dalla forza centrifuga. Tale equilibrio non è soddisfatto in tutti i punti del corpo di

massa m1. Infatti, mentre la forza centrifuga è costante su tutto il corpo, l’azione di attrazione

gravitazionale è funzione del quadrato della distanza r1 del punto considerato dal baricentro del

corpo di massa m2. Conseguentemente, nei punti distinti dal baricentro, l’equazione di equilibrio da

origine a una forza risultante per unità di massa (forza di marea) data dalla somma della forza di

attrazione gravitazionale locale e della forza centrifuga costante (Fig. 1 dx).

Fig. 1 – Rivoluzione dei corpi m1 e m2 (sx), forza risultante agente sul generico punto del corpo m1 (dx)

Il ritmico innalzamento e abbassamento del livello marino indotto da cause astronomiche può essere

disturbato da cause meteorologiche, in particolare dai gradienti nel campo di pressione atmosferica

e dall’azione tangenziale del vento, causa della cosiddetta marea meteorologica. A seguito

dell’instaurarsi di un gradiente nel campo di pressione atmosferica, a scala locale si genera una

variazione di livello che, interpretato alla luce dell’effetto del barometro inverso, può valutarsi in

prima approssimazione pari a ± 1 cm per ogni millibar di diminuzione o aumento della pressione

atmosferica rispetto al suo valore medio (1013 mmbar). Per quanto riguarda il vento associato alle

perturbazioni (Fig. 2), la sua azione tangenziale può spingere la massa d'acqua verso la costa,

accelerandola (sovralzo di vento). Al raggiungimento di condizioni stazionarie, l'acqua risulta in

equilibrio sotto l'azione del gradiente di pressione dovuto alla pendenza assunta dalla superficie del

mare e le azioni agenti alla superficie libera e al fondo rispettivamente legate alla resistenza del

vento e all'attrito sul fondo. Nel caso in cui, come spesso accade, forti venti siano associati a cadute

locali di pressione atmosferica, l’effetto combinato dei due fenomeni porta alle condizioni di

sovralzo di tempesta (storm surge), ad esempio tipiche dei fenomeni di Acqua Alta a Venezia.

Fig. 2 – Rappresentazione schematica delle condizioni di sovralzo di vento.

m1

m2

b

c

centro di gravità

Kgr1

Kgr0

Kcf

K

X

r/r r1/r1

r0/r0

r1

r0

m1

m2

A

A

i a

b

a

w

D

vento

sezione A-A

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Gian Mario Beltrami

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Occorre infine sottolineare che - come ogni sistema dinamico - un bacino naturale soggetto a una

forzante tende ad amplificare le oscillazioni di frequenza prossima a quelle di modo proprio, ovvero

di risonanza. Al decadere della forzante, il bacino continua a oscillare secondo tali frequenze fino a

quando l’azione d’attrito esercitata dalle coste e dai fondali non esaurisce il loro contenuto

energetico. L’azione meteorologica (pressione, vento) e quella astronomica (componente di marea

astronomica) possono esplicarsi con una frequenza tale da forzare all'interno di un bacino una

oscillazione di moto proprio la quale, a seconda del valore della forzante, continua a persistere nel

bacino fino al suo esaurimento determinando successive intense fluttuazioni dei livelli (sesse).

3. La misura

3.1 Le tecnologie

Le tecnologie di misura dei livelli (Pugh, 1987; IOC, 1985-2006) si distinguono a seconda che la

misura sia effettuata presso la costa o al largo. Le misure più comuni - e più semplici da realizzare -

sono quelle effettuate presso la costa, in genere all’interno di bacini portuali, per il tramite di

mareografi, siano essi dotati dello storico sensore a galleggiante, ovvero di più moderni sensori del

tipo a ultrasuoni, a pressione o a microonde. Occorre osservare come la misura in costa possa

risultare distorta a causa dell’instaurarsi di gradienti locali di livello prodotti dall’interazione di

correnti e onde costiere. Il livello medio marino può infatti differire di diversi centimetri a seconda

che esso sia valutato sulla base di misure effettuate in costa all’interno di un porto, ovvero in costa

ma all’esterno di bacini portuali, ovvero ancora a qualche chilometro di distanza dalla costa.

Fig. 4 – Schema di mareografi con sensore a galleggiante, a ultrasuoni o a pressione.

Nel rimandare il lettore alla bibliografia specifica (ad es. Pugh, 1987; IOC, 1985-2006), si ricorda

come tra le tecniche di misura al largo siano da ascrivere le misure effettuate mediante

‘tsunamometri’, ovvero strumenti dotati di sensori di pressione in grado di misurare oscillazioni

nella banda di frequenze delle maree e dei maremoti (Eble e Gonzlez, 1991,

http://nctr.pmel.noaa.gov/Dart/).

3.2 La Rete Mareografica Nazionale

In Italia, il monitoraggio dei livelli viene principalmente effettuato dai mareografi della Rete

Mareografica RMN, gestita dal Servizio Mareografico dell’ISPRA (Fig. 5). La rete si compone di

più di trenta stazioni collocate nei porti lungo tutto il perimetro della penisola e delle sue isole

(Lama e Corsini, 2000). A partire dalla ristrutturazione del 1998, il Servizio Mareografico, grazie a

un costante lavoro di ammodernamento e potenziamento degli strumenti, nonché dei criteri di

divulgazione dell’informazione, mette a disposizione del pubblico le serie storiche delle principali

grandezze di interesse mareografico. Oltre ai livelli idrometrici infatti, le stazioni della rete

(http://www.mareografico.it/ e http://www.idromare.it/) misurano parametri di interesse quali la

velocità e la direzione del vento, la pressione atmosferica, la temperatura dell’aria e dell’acqua.

Sensore

gallegiante

Sistema

acquisizione

Asta

idrometrica

(zero idrometrico)

Caposaldo CSO

(Bench Mark)

Dis

tan

za

Ca

po

sald

o-Z

ero

id

rom

etri

co

(zero idrometrico)

Sensore

acustico

Sistema

acquisizione

Asta

idrometrica

Distanza

Caposaldo-Sensore

Dis

tan

za

Ca

po

sald

o-Z

ero

id

rom

etri

co

Caposaldo CSO

(Bench Mark)

Sistema

acquisizione

Sensore

pressione

Asta

idrometrica

(zero idrometrico)

Caposaldo CSO

(Bench Mark)Distanza

Caposaldo-Sensore

Dis

tan

za

Ca

po

sald

o-Z

ero

id

rom

etri

co

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Marea Astronomica e Meteorologica in Italia

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L’intervallo ‘standard’ di campionamento è per il livello idrometrico di 10 minuti e per gli altri

parametri di un’ora. A partire dal gennaio 2010, il livello idrometrico viene monitorato con un

sensore di livello a microonde con precisione millimetrica. Il sensore è installato in coppia con un

secondo sensore di livello a galleggiante, mantenendo peraltro in funzione il sensore idrometrico ad

ultrasuoni presente nella RMN a partire dal 1998. Inoltre, a partire dalla seconda metà del 2010,

alcune stazioni della RMN (Ancona, Isole Tremiti, Otranto, Porto Empedocle, Ginostra, Carloforte,

Napoli, Ponza, Marina di Campo, Imperia) sono state predisposte per l’acquisizione di un dato al

minuto e incluse nella rete di individuazione di onde di maremoto (http://www.mareografico.it/).

Fig. 5 – Reti e strumenti di misura dei livelli marini in Italia.

3.2 Il problema della relazione tra le misure e i riferimenti fissi a terra

Occorre osservare che, qualunque sia la metodologia e lo strumento utilizzato, la misura dei livelli è

effettuata relativamente a un riferimento convenzionale della stazione (station datum), ovvero uno

zero idrometrico. Per rendere tale misura ingegneristicamente utilizzabile occorre che tale

riferimento sia posto in relazione con uno o più riferimenti fissi a terra. Nel caso di una stazione

mareografica costiera, tali riferimenti sono rappresentati da caposaldi (bench-marks) orizzontali e

verticali (CSO, CSV), usualmente quotati nell’ambito della rete altimetrica del paese in cui si trova

la stazione. In Italia, le quote di tali caposaldi sono determinate facendo riferimento alla rete

altimetrica dall’I.G.M. (Istituto Geografico Militare) le cui quote sono a loro volta riferite al geoide

individuato dal livello medio marino (zero) calcolato per i mareografi di Genova per l’Italia

continentale, ovvero Catania e Cagliari per le isole.

Come noto, il geoide è la superficie fisica (non rappresentabile matematicamente) di eguale

potenziale gravitazionale che la superficie del mare assumerebbe in assenza di forze di disturbo. In

altre parole, il geoide è la superficie equipotenziale passante per il livello medio effettivo del mare

in un dato punto. Il livello medio locale calcolato a partire da misure mareografiche pluriennali ne

costituisce solo una approssimazione. A causa della diseguale distribuzione della densità nella parte

sommitale del mantello e della crosta terrestre, il geoide presenta elevate ondulazioni rispetto a una

qualsiasi rappresentazione ellissoidica (quindi matematica) della superficie terrestre (Fig. 6). Il

riferimento della rete altimetrica al livello medio calcolato presso mareografi specifici implica

quindi che le quote assolute dei caposaldi di tutti gli altri mareografi non siano necessariamente in

relazione con il livello medio locale. Poiché nelle applicazioni di ingegneria è determinante

R08R07R06R01

R05

R04R03St20

St21

R02

R10

St13

St16

St17

R11

R15R14R13R12

R09

Pescara

St18

St19

St14

St15

St22

St02

St01

St03

St04

St07

St06St05

NS05NS06

NS07

St08

St09

NS09

St10

St11

St12

National tide gauge network

St01 Imperia

St02 Genova

St03 Livorno

St04 Civitavecchia

St05 Cagliari

St06 Carloforte

St07 Porto Torres

St08 Palermo

St09 Porto Empedocle

St10 Catania

St11 Messina

St12 Reggio Calabria

St13 Crotone

St14 Taranto

St15 Otranto

St16 Bari

St17 Vieste

St18 Ortona

St19 Ancona

St20 Ravenna

St21 Venezia P. Salute

St22 Trieste

ENI-AGIP off-shore platforms

R02 Ada

R03 Garibaldi

R04 PCWA

R05 Amelia

R06 Antares

R07 Azalea

R08 Annabella

R09 ClaraW

R10 BarbaraC

R12 Pennina

R13 Eleonora

R14 Fratello

R15 Giovanna

Brindisi

(IIMM)

(CNR-ITT)

(CNR-ISDGM)

RMN (National tide gauge network)

CNR gauges (National Research Council)

Regional gauges

IIMM (Navy gauges)

ENI-AGIP (Off-shore platforms)

NS01

NS02

NS03

NS04

NS08

NS10

NS11

NS01 La Spezia

NS02 Marina di Campo

NS03 Ponza

NS04 Gaeta

NS05 Napoli

NS06 Salerno

NS07 Palinuro

NS08 Ginostra

NS09 Lampedusa

NS10 Isole Tremiti

NS11 San Benedetto Tronto

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Gian Mario Beltrami

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conoscere le quote altimetriche, ovvero batimetriche, riferite a quest’ultimo livello, appare

indispensabile conoscere non solo la quota assoluta (riferita alla rete altimetrica nazionale) dei

caposaldi dei mareografi, ma anche la loro quota relativa, ad esempio, rispetto allo zero idrometrico

del mareografo stesso.

Fig. 6 – Modello fisico del geoide realizzato dal GFZ (GeoForschungsZentrum) di Potsdam (Germania). Le ondulazioni (ovvero gli scostamenti dalla forma ellissoidica) sono amplificate per renderle più visibili.

4. L’analisi dei dati misurati

4.1 Analisi armonica

Conoscendo l'esatta posizione nel tempo del corpo celeste forzante (Luna, Sole, etc.) è possibile

scomporre il suo movimento in una molteplicità di moti periodici, principali e secondari, di

frequenza angolare nota e quindi sviluppare la forza risultante di marea in termini, ciascuno

corrispondente a uno dei moti componenti il moto del corpo considerato. La forza di marea, ovvero

il potenziale di marea è stato in questo modo scomposto in 380 componenti di periodo noto

(Doodson, 1921, 1924; Cartwright e Tayler, 1971). Se la Terra fosse perfettamente sferica e

interamente coperta da uno strato d'acqua di spessore costante e la massa fluida rispondesse

immediatamente alla forzante mareale, ovvero non fosse soggetta a inerzia, la determinazione e

previsione degli spostamenti della superficie libera dovuti a tale forzante sarebbe immediata in ogni

punto della sfera terrestre. L'inerzia della massa liquida, unitamente alla forma sferoidale della

Terra e alla conformazione frastagliata delle coste e dei fondali non permette tuttavia tale

derivazione. Tali irregolarità infatti, pur lasciando invariati i periodi delle componenti della

forzante, ovvero le loro frequenze, influiscono sulla loro ampiezza e sulla loro fase. Questa è la

ragione fondamentale per la quale, sulla Terra, è possibile osservare escursioni di marea diverse a

seconda della località presa in considerazione.

Allo scopo di poter valutare e prevedere la variazione nel tempo del livello di marea astronomica in

una località è necessario determinare, partendo da una serie storica di misura dei livelli, l'ampiezza

e la fase corrispondente a ogni singola componente di periodo noto. La lunghezza della serie

determina il numero di componenti rintracciabili nel segnale. La demodulazione del segnale

registrato finalizzata alla ricerca dell’energia (ampiezza) associata a frequenze note costituisce un

caso particolare della analisi di Fourier chiamata analisi armonica (Doodson, 1928; Dronkers, 1964;

Godin, 1972; Pugh, 1987; Emery e Thompson, 1997). Il livello della superficie del mare

determinato dall'azione astronomica (t) al tempo t è assunto rappresentato dalla seguente somma di

componenti armoniche

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Marea Astronomica e Meteorologica in Italia

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ove i e i sono le ampiezze e le fasi delle componenti e i le loro frequenze angolari note. L'analisi

armonica consiste nel determinare i e i per il particolare sito in esame, a partire dalla serie storica,

almeno oraria, registrata da un mareografo. L'analisi armonica è una forma di demodulazione del

segnale mediante la quale specificando le frequenze, viene applicata la tecnica dei minimi quadrati

per risolvere le ampiezze delle componenti relative (Doodson, 1928; Emery e Thompson, 1997;

Foremann, 1977; Caldwell, 2000; Pawlowicz et al., 2002).

Fig. 7 – Esempio di variazione dei livelli orari a Porto Torres (set-dic 2006). Livelli osservati ( __ ), previsti ( __ ), residui ( __ ) e inverso barico ( __ ). [ =luna piena, =luna nuova, = primo quarto, =ultimo quarto]

4.2 Definizione dei livelli di riferimento

Il principale livello di riferimento desumibile da misure mareografiche è il livello medio marino

locale che, come già osservato, può interpretarsi come una approssimazione locale del geoide. A

causa del più lungo dei periodi in cui è scomponibile il moto della Luna attorno alla Terra, ovvero

quello di 18.6 anni relativo alla regressione dei nodi, il livello medio marino può definirsi (NOS-

COOPS, 2000, 2003) come la media aritmetica delle osservazioni orarie effettuate per la durata di

un ciclo Metonico (ovvero 19 anni, definito come epoca per il riferimento nazionale mareale).

i

iitt )cos()(

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Gian Mario Beltrami

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Fig. 8 – Esempio di effetto della regressione dei nodi sui livelli medi annuali e mensili.

La figura 8 mostra un esempio dell’effetto prodotto dalla regressione dei nodi sui livelli medi

annuali e mensili, in particolare alla stazione di Puget Sound (WA-USA) che risulta caratterizzata

da una escursione media di 2 metri. La limitata escursione che, nei mari italiani, caratterizza le

variazioni di livello indotte da cause astronomiche rende tale effetto poco marcato e riduce l’errore

effettuato calcolando il livello medio marino come media aritmetica delle osservazioni orarie

effettuate per durate pluriennali inferiori a un ciclo Metonico.

Fig. 9 - Variazione dei livelli sullo zero idrometrico a Porto Torres (2000-2010). Livello medio pluriennale

(__), Livelli medi annuali (---) Livelli medi mensili (__), Inverso barico medio mensile (__).

Fig. 10 – Variazione annuale della media dei livelli medi

mensili sullo zero idrometrico a Porto Torres (2000-2010).

Di rilevante importanza è anche il calcolo dei livelli medi mensili e annuali (Fig. 9 - 10). Il modo

più diretto per definire il livello medio mensile è quello di calcolare la media aritmetica dei livelli

orari del mese. Il livello medio marino annuale può poi essere calcolato come media delle medie

mensili pesata dal numero di giorni di ogni mese. In realtà, onde evitare che l’energia propria di

oscillazioni in alta frequenza protratte per periodi inferiori a qualche giorno (generalmente correlati

a cause meteorologiche) sia introdotta nei valori medi mensili, ovvero per evitare l’effetto di

‘aliasing’ determinato da tali oscillazioni sarebbe necessario utilizzare filtri numerici passa-basso

(Godin, 1972). Tuttavia gli scostamenti dal valore medio calcolato secondo semplice media

aritmetica non sono generalmente ingegneristicamente significativi (Pugh, 1987). Occorre osservare

come, nei nostri mari, la variazione del livello medio mensile durante un anno (Fig. 9 – 10) possa

risultare significativa nelle applicazioni costiere in quanto può portare, per le spiagge meno acclivi,

alla sommersione ed emersione di fasce di litorale di larghezza di alcune decine di metri.

Tra i livelli di riferimento che caratterizzano un sito di misura, oltre al livello medio marino,

possono essere calcolati altri livelli quali, ad esempio, quelli elencati nelle tabelle 1 e 2, per alcuni

dei quali (Tab. 1, Fig. 11) è necessaria la definizione locale delle fasi lunari. E’ importante notare

come tali livelli, generalmente trascurati nel nostro paese, abbiano, nei paesi anglosassoni, abbiano

valore legale, in quanto in relazione ad essi vengono stabilite i minimi progettuali delle quote di

diversi elementi strutturali.

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Marea Astronomica e Meteorologica in Italia

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Livello della più Alta Marea Astronomica

(HAT - Highest Astronomical Tide) Livello della più Alta Marea Astronomica osservata nell’ambito di un ciclo Metonico

Livello Medio delle Alte Maree Astronomiche Sigiziali (MHWS - Mean High Water Springs)

Media, sulla durata di un ciclo Metonico, della media delle due Alte Maree Astronomiche osservate nei giorni di sigizie.

Livello Medio delle Alte Maree Astronomiche in Quadratura (MHWN - Mean High Water Neaps)

Media, sulla durata di un ciclo Metonico, della media delle due Alte Maree Astronomiche osservate nei giorni di quadratura.

Livello Medio Marino (MSL - Mean Sea Level)

Media aritmetica delle osservazioni orarie effettuate per la durata di un ciclo Metonico

Livello Medio delle Basse Maree Astronomiche in Quadratura (MLWN - Mean Low Water Neaps)

Media, sulla durata di un ciclo Metonico, della media delle due Basse Maree Astronomiche osservate nei giorni di quadratura.

Livello Medio delle Basse Maree Astronomica Sigiziali (MLWS - Mean Low Water Springs)

Media, sulla durata di un ciclo Metonico, della media delle due Basse Maree Astronomiche osservate nei giorni di sigizie.

Livello della più Bassa Marea Astronomica (LAT - Lowest Astronomical Tide)

Livello della più Bassa Marea Astronomica osservata nell’ambito di un ciclo Metonico

Tab. 1 – Livelli di riferimento comunemente adottati nei paesi anglosassoni

nelle località caratterizzate da marea semidiurna.

Livello Medio delle più Alte Alte Maree Astronomiche (MHHW - Mean Higher High Water)

Media aritmetica delle più Alte Alte Maree Astronomiche osservate per la durata di un ciclo Metonico

Livello Medio delle Alte Maree Astronomiche (MHW - Mean High Water)

Media aritmetica di tutte le Alte Maree Astronomiche osservate per la durata di un ciclo Metonico

Livello Medio Marino (MSL - Mean Sea Level)

Media aritmetica delle osservazioni orarie effettuate per la durata di un ciclo Metonico

Livello Medio delle Basse Maree Astronomiche (MLW - Mean Low Water)

Media aritmetica di tutte le Basse Maree Astronomiche osservate per la durata di un ciclo Metonico

Livello Medio delle più Basse Basse Maree Astronomiche (MLLW - Mean Lower Low Water)

Media aritmetica di tutte le più Basse Basse Maree Astronomiche osservate per la durata di un ciclo Metonico

Tab. 2 – Livelli di riferimento comunemente adottati nei paesi anglosassoni

nelle località caratterizzate da marea mista e diurna.

Fig. 11 – Istogramma normalizzato dei livelli osservati al mareografo di Porto Torres nel periodo 2000-2010 e livelli di riferimento.

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Gian Mario Beltrami

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4.3 Analisi estremale

La progettazione di un opera o, più in generale, di un intervento a mare presuppone, tra l’altro,

l’assunzione di un precisato valore, detto appunto di progetto, per ciascuno dei diversi carichi cui

l’opera o l’intervento sarà soggetta durante la sua vita utile. Tra i carichi meteo-marini sono

ovviamente da considerare le maree le quali, a seconda dell’importanza relativa della componente

meteorologica rispetto alla componente astronomica, hanno carattere più o meno stocastico. La ove,

come in Italia, la componente meteorologica ha una certa significatività relativamente alla

componente astronomica, la definizione dei livelli di progetto non può essere fatta che per il tramite

di una analisi degli estremi.

L’analisi estremale di una variabile casuale X prevede l’individuazione della funzione di

distribuzione cumulata (cdf – cumulative distribution function), ovvero della funzione

xXxGX Pr,θ

rappresentante la probabilità di non superamento di un determinato valore, che meglio si adatta al

campione disponibile dei valori estremi della variabile casuale considerata.

Il primo problema affrontato nell’analisi estremale è quindi la definizione di tale campione il quale,

oltre a essere rappresentativo dei valori estremi di interesse, deve garantire la loro indipendenza e

omogeneità. Nel caso delle forzanti marine, ovvero di variabili casuali rappresentative di fenomeni

sia direttamente meteorologici sia da questi generati, il campione viene desunto a partire dalle serie

storiche misurate (time series), per le quali l’indipendenza nel tempo appare una assunzione

irrealistica. Per tali variabili, nell’ipotesi di stazionarietà della serie storica di partenza, può

considerarsi omogeneo un campione formato da valori rappresentativi di eventi estremi

indipendenti fra loro ma caratterizzati da genesi comune.

Come noto, allo scopo di garantire l’indipendenza del campione, l’approccio classico (Gumbel,

1958) consiste nell’estrarre dalla serie storica di partenza i massimi osservati all’interno di intervalli

di tempo omologhi, ovvero all’interno di blocchi di uguale lunghezza (block maxima), risultando la

lunghezza del blocco generalmente posta pari all’anno (massimi annuali). Si osserva come tale

approccio non garantisca a priori l’omogeneità del campione e presupponga che la serie storica di

partenza si estenda a un numero di anni sufficiente esteso, risultando una statistica realizzata su

pochi dati non significativa. Nel caso di serie storiche poco estese, allo scopo di garantire tale

significatività, è possibile far ricorso alla modellazione dei massimi di ordine r o delle eccedenze,

ovvero alla modellazione dei primi r massimi (r-order statistics) misurati all’interno di blocchi di

uguale lunghezza, o alla modellazione dei massimi di blocchi di dati superiori a una soglia

prefissata (peack over thereshold). In entrambi casi, scelte specifiche sono necessarie a garantire

l’indipendenza e l’omogeneità del campione.

Una volta definito il campione, il secondo problema dell’analisi estremale consiste nell’individuare,

tra quelle note, la funzione di distribuzione cumulata che meglio gli si adatta (problema di

inferenza). Se nel caso di un campione di massimi di blocchi di uguale lunghezza,

nn XXM ,...,max 1

ovvero dei primi r massimi, le funzioni di distribuzione più comunemente utilizzate sono le

funzioni del valore estremo del I° (Gumbel, 1959) del II° (Frechet) e del III° tipo (Weibull),

generalizzabili nella funzione di distribuzione generalizzata dei valori estremi (GEVD –

Generalized Estreme Value Distribution)

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Marea Astronomica e Meteorologica in Italia

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01:per1exp,,,

1

xx

xxGX

ove ,0, sono i parametri rispettivamente di posizione, scala e forma, è

possibile dimostrare (Leadbetter e al., 1983, Coles, 2000) che la funzione di distribuzione cumulata

]|Pr[]Pr[, uXyuXyYyGY θ

secondo la quale si distribuisce la popolazione della variabile Y=X-u (X>u), nell’ipotesi che la

soglia u sia sufficientemente alta e che la distribuzione della popolazione dei massimi di blocchi di

uguale lunghezza della variabile X sia del tipo GEVD, risulta la funzione di distribuzione

generalizzata di Pareto (GPD)

0~

,0,0~1,0:per~11,~

,

1

y

yyy

yGY

essendo u~

, ove , e sono i corrispondenti parametri di locazione, scala e forma

della GEVD. Il problema di interferenza si concretizza quindi nel determinare i parametri di tali

funzioni di distribuzioni in grado di realizzare il migliore adattamento al campione dato.

Nell’analisi statistica degli estremi di livello sono possibili due approcci (Bortot e Tawn, 1997,

Hawkes et al, 2002):

la modellazione statistica della serie storica originaria, ovvero composta dalla sovrapposizione

della sua componente deterministica costituita dalla marea astronomica e della sua componente

stocastica costituita dalla marea metereologica (approccio diretto);

la decomposizione della serie storica nelle singole componenti deterministica e stocastica, la

modellazione statistica della componente stocastica e quindi della dipendenza tra le due

componenti (approccio indiretto).

Per quanto l’approccio indiretto, tenendo separate la componente deterministica (per la quale non è

necessaria alcuna estrapolazione in quanto esattamente predicibile) da quella stocastica, sia da

preferire, esso presenta una qualche difficoltà nella modellazione della dipendenza esistente tra le

due componenti. Nel seguito si darà la metodologia di applicazione del metodo diretto.

Nell’ipotesi di stazionarietà dell’intera serie storica misurata, ovvero di stazionarietà stagionale, se

l’omogeneità del campione può essere assunta analizzando la serie completa, ovvero le serie

storiche stagionali separatamente, la sua indipendenza, data l’esiguità dell’estensione della serie

originale, prevede usualmente l’applicazione del metodo delle eccedenze, ovvero l’individuazione

di una opportuna soglia (thereshold), la definizione di gruppi di dati sopra di essa associabili a

eventi indipendenti (clusters) e la individuazione del massimo di ciascun gruppo (peak over

thereshold). In particolare, è possibile procedere nel seguente modo:

Nell’ipotesi di stazionarietà dell’intera serie storica misurata, ovvero di stazionarietà stagionale,

l’omogeneità del campione viene assunta ipotizzando l’omogeneità della serie storica completa,

depurata della media, ovvero considerando quattro serie storiche, ciascuna riferibile a una

stagione dell’anno;

per le serie storiche depurate della media così ottenute, si può scegliere una prima soglia pari a

0.0 m sul l.m.m., definendo - mediante procedura di de-raggruppamento (declustering) - i gruppi

(clusters) rappresentativi di eventi indipendenti nell’ipotesi che tra un evento indipendente e

l’altro esista una persistenza sotto la soglia pari a circa 12 ore, ovvero ipotizzando un intervallo

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tra eventi indipendenti pari all’intervallo che separa i due massimi di una marea astronomica a

carattere semidiurno (Hawkes e al, 2002);

utilizzando i campioni dei massimi dei clusters così ottenuti si traccia il grafico di vita residua

del valore atteso degli eccessi (mean residual life plot), individuando su di esso la soglia oltre la

quale tale valore atteso varia linearmente al variare della soglia stessa (Coles, 2000). Il campione

viene quindi definito considerando i soli valori sopra la seconda soglia determinata.

Fig. 12 – Esempio di grafici diagnostici per la distribuzione generalizzata di Pareto (GPD).

Analisi estremale dei livelli a Porto Torres (2000-2010).

Sulla base del campione così ottenuto (Fig. 12), utilizzando il metodo della massima

verosimiglianza (maximum likelihood), si inferisce la distribuzione scelta (distribuzione

generalizzata di Pareto), verificando la validità del modello attraverso grafici diagnostici (diagnistic

plots) quali il confronto tra le probabilità del modello e le frequenze empiriche (probability plot) tra

i quantili della distribuzione considerata e empirici (quantile plot), nonché verificando l’andamento

delle funzioni distribuzione di probabilità (return level plot) e densità di probabilità (density plot).

5. Le maree come fonte di energia

Agli spostamenti, verticale (escursione di livello) e orizzontale (corrente), con cui si manifesta il

fenomeno della marea è associata una continua conversione di energia potenziale in cinetica e

viceversa.

L’idea di sfruttare l’energia potenziale associata all’escursione di livello per porre in movimento la

ruota di un mulino ad acqua (Fig. 13) può farsi risalire a epoca romana, anche se concreti esempi di

tale sfruttamento esistono a partire dal medioevo. Il principio informatore di tale sfruttamento è

quello di realizzare un carico idraulico attraverso la costruzione, allo sbocco di una adatta

insenatura, di uno sbarramento controllato da una paratoia. Durante la fase crescente, ovvero di

flusso, il bacino realizzato all’interno dell’insenatura si riempie. All’inizio della fase di riflusso, la

chiusura della paratoia determina l’instaurarsi di un dislivello, ovvero di un carico idraulico.

Convogliando l’acqua in un opportuno canale è quindi possibile muovere la ruota di un mulino,

ovvero realizzare la conversione di energia da potenziale in cinetica e, infine, meccanica.

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Fig. 13 – Mulino a marea (île de Bréhat, Bretagna)

Lo stesso principio informa le odierne centrali di sfruttamento dell’energia potenziale associata alla

marea quali, ad esempio, la grande centrale sull’estuario del fiume Rance presso Saint Malò in

Bretagna (Fig. 14). Tali centrali sono costituite da un serbatoio di accumulo - realizzato sbarrando

un bacino costiero di grande capacità - e dalla centrale idroelettrica ubicata nell'opera di

sbarramento. Completano l'impianto le paratoie di intercettazione e le turbine a semplice o, come

nel caso della centrale sul Rance, a doppio effetto.

Fig. 14 – La centrale a marea sul fiume Rance presso Saint Malò (Bretagna – Francia).

Nella figura 15 è riportato lo schema planimetrico di un impianto a marea a doppio effetto e il

correlato diagramma analogico di producibilità. Il verso dato alle frecce indica il verso del flusso.

L'impianto produce energia sia nella fase di marea montante che nella fase di marea calante. La

linea continua rappresenta il livello della onda di marea e la linea a tratto-punto il livello entro il

bacino di accumulo. L'area campita interclusa tra le due linee rappresenta la fase di produzione

dell'energia elettrica. Come ovvio, tale tipologia di impianti - per avere rendimenti che giustifichino

gli elevati costi di investimento - devono essere realizzati in località caratterizzate da escursioni di

livello significative (> 7 m), risultando quindi irrealizzabili nel nostro paese.

Per quanto riguarda lo sfruttamento dell’energia cinetica associata alle correnti di marea, il primo

esempio di generatore commerciale per lo sfruttamento su larga scala di tale energia è il generatore

SeaGen (http://www.seageneration.co.uk/; http://www.marineturbines.com/). Due rotori gemelli ad

asse orizzontale dotati di pale di 8 m di lunghezza trasmettono la rotazione a un generatore. La

disposizione delle pale può essere variata di 180°, in modo da consentire l’operatività in entrambi i

sensi di flusso. I rotori sono montati su un braccio orizzontale che scorre su un palo di acciaio di

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circa 3 m di diametro, consentendo il suo sollevamento al di sopra della superficie marina, sia per

esigenze di sicurezza che per esigenze di manutenzione.

Fig. 15 – Schema planimetrico di impianto a marea a doppio effetto e digramma di producibilità

Il primo generatore SeaGen è stato installato nello stretto di Strangford in Irlanda del Nord

nell’Aprile del 2008. Connesso alla rete nel Luglio 2008, genera 1.2 MW per circa 18-20 ore al

giorno, ovvero nei periodi in cui la marea è forzata all’interno e all’esterno dell’insenatura di

Strangford attraverso lo stretto. Si osserva che lo stretto di Strangford è anche il sito del primo

mulino a marea conosciuto al mondo, ovvero il mulino medievale del Monastero di Nendrum.

Uno dei vantaggi più evidenti legati allo sfruttamento dell’energia cinetica delle correnti di marea è

rappresentato dalla possibilità di valutare in maniera semplice e veloce l’energia teorica, a metro

quadro di superficie frontale del rotore, disponibile annualmente nel sito in cui si è deciso di

installare la turbina (Coiro et al., 2005). Questa peculiarità consente di tagliare una voce molto

importante nei costi dell’impianto e nei tempi di messa in opera dello stesso. Nel caso di un

impianto eolico infatti, sono necessarie lunghe e costose campagne anemometriche per individuare

il sito in cui installare gli aerogeneratori e, data l’incertezza legata alle fluttuazioni annuali del vento

reale rispetto all’andamento medio determinato dalle misure, in alcuni casi l’energia effettivamente

raccolta dall’impianto può essere inferiore a quella preventivata.

Fig. 14 – Generatore ‘SeaGen’ e impianto nello stretto di Strangford.

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Per ottenere un’elevata produzione annua di energia elettrica, fissato il rendimento globale di un

impianto e la superficie frontale del rotore, è necessario disporre della più elevata energia teorica

per unità di superficie possibile e dunque bisogna scegliere un sito in cui l’andamento della marea

durante il giorno abbia delle velocità elevate e regolari. L’energia teorica, infatti, è data

dall’integrale della potenza teorica nel tempo ed è dunque proporzionale all’area sottesa

dall’andamento della velocità rispetto all’asse temporale. Gli intervalli di tempo in cui la velocità

della marea è prossima allo zero rappresentano la fase di inversione della direzione del flusso.

Questo fenomeno comporta una riduzione dell’energia teorica a disposizione, dal momento che una

turbina non può funzionare per velocità troppo basse della marea. Questo limite inferiore si aggira,

mediamente, intorno al valore di 1 m/s ed è detto Cut-In Speed.

In Italia, uno dei pochi siti adatti alla installazione di un generatore a corrente di marea è lo stretto

di Messina. Per questa ragione, nell’ambito del progetto ENERMAR - finanziato dalla UE, dalla

Regione Sicilia e dalla Ponte di Archimede S.p.A. (http://www.pontediarchimede.it/) - è stato

installato di fronte alla cittadina di Gazirri, presso la costa siciliana, un impianto pilota fondato

sull’utilizzo di una turbina ad asse verticale denominata KOBOLD (Coiro et al. 2005; Raffellini,

2005). L’impianto (Fig. 16) è ormeggiato a 150 m dalla costa su fondali di circa 20 m. Presso il sito

di impianto, la corrente si inverte ogni 6 ore, seguendo la caratteristica semidiurna della marea

(circa ogni 6 ore), con intensità modulata in un periodo di circa 14 giorni (principale lunare). Le

velocità massime registrate sono pari a circa 2 m/s. Con tali velocità, la turbina KOBOLD, che ha

una potenza nominale di 120 KW e una Cut-In Speed di circa 1.2 m/s, è capace di produrre circa 25

KW, ovvero una potenza in grado di soddisfare fabbisogno di circa 8 unità abitative.

Fig. 16 – Turbina Kobold e impianto Enemar a largo di Gazirri.

La turbina KOBOLD, caratterizzata dal verso di rotazione indipendente dalla direzione della

corrente marina (bidirezionale), è stata progettata per raggiungere il livello più elevato possibile di

salvaguardia ambientale e di efficienza, e per rispettare le necessità di bassi costi di costruzione e di

manutenzione. Inoltre è caratterizzata da un elevato valore della coppia all’avvio, che rende la

turbina capace di avviarsi spontaneamente, anche sotto carico, senza la necessità di qualsiasi

sistema di avvio.

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