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L'importanza di essere riconosciuti lavoratori. Gli immigrati irregolari e l’accesso ai diritti di cittadinanza di Mattia Vitiello Paper for the Espanet Conference “Sfide alla cittadinanza e trasformazione dei corsi di vita: precarietà, invecchiamento e migrazioni” Università degli Studi di Torino, Torino, 18 - 20 Settembre 2014 1
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L'importanza di essere riconosciuti lavoratori

Feb 04, 2023

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Bruno Fanini
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Page 1: L'importanza di essere riconosciuti lavoratori

L'importanza di essere riconosciutilavoratori.

Gli immigrati irregolari e l’accesso ai dirittidi cittadinanza

di

Mattia Vitiello

Paper for the Espanet Conference“Sfide alla cittadinanza e trasformazione dei corsi di

vita:precarietà, invecchiamento e migrazioni”

Università degli Studi di Torino, Torino, 18 - 20Settembre 2014

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Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali CNR – [email protected]

1.Di che cosa stiamo parlando. Definizione, dimensioni e cause dell'immigrazione irregolare in Italia.

2. L'inserimento lavorativo degli immigrati irregolari.

3. Le possibilità, i limiti e le barriere. Diritti disponibili e status giuridico.

4. Come sono stati incorporati. I meccanismi di inclusione degli immigrati irregolari nel welfare italiano.

5. Dalla mimetizzazione all’emancipazione attraverso il lavoro. Il riconoscimento dell’immigrato irregolare.

Abstract:2

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Questo paper intende affrontare la questionedell’inclusione degli immigrati irregolari nel welfarestate italiano. In particolare, intende individuare imeccanismi che regolano i percorsi di integrazione diquesti immigrati nel dominio della protezione sociale.L’inclusione nel sistema di welfare italiano degliimmigrati irregolari è garantito in modo primario dallaricezione e dall’applicazione della legislazioneinternazionale sui diritti fondamentali nelle politichedi immigrazione. Al contempo, esso riconosce un nucleoalquanto ristretto di diritti fondamentali e confinal’accesso di questa popolazione di immigrati alleprestazioni sociali di base. Qui si ipotizza la presenzadi altri meccanismi di inclusione che riguardanoesclusivamente la popolazione immigrata irregolare eindirizzati verso una maggiore inclusione e fruizione deiservizi erogati dal welfare state italiano da parte diquesti ultimi. Allo scopo di rilevarne la natura e ilfunzionamento, saranno prima individuati i percorsi chegli immigrati in Italia possono intraprendere, o hannointrapreso, per il passaggio dallo status giuridicoillegale a quello legale, per poi passareall’individuazione dei set di diritti e servizi associatialle diverse posizioni di status. Infine, saranno fissatii criteri e i meccanismi di regolazione di questipassaggi. In conclusione a questo lavoro, sarà presentataun’interpretazione dei percorsi di inserimento degliimmigrati irregolari individuati, fondata sulla teoriadella lotta per il riconoscimento come prospettata daAxel Honneth.

Introduzione

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Questo paper intende affrontare la questione dell’accesso aidiritti di cittadinanza degli immigrati irregolari dal punto divista dell’inserimento lavorativo. In particolare, esso si proponedi individuare i principali meccanismi che regolano i percorsi diintegrazione di questi immigrati nel dominio della protezionesociale, dei diritti di cittadinanza e, infine, i fondamentisociali del riconoscimento e dell’ammissione dell’immigratoirregolare. A questo proposito, il nostro intento è quello dicombinare le conoscenze in merito ai processi sociali diinclusione degli immigrati irregolari con la letteratura sullepolitiche di immigrazione. Saranno presi in considerazionetuttavia oltre alle norme e alle istituzioni giuridiche formali,soprattutto le pratiche di implementazione di questi regolamenti.Allo scopo di rilevare la natura e il funzionamento dei meccanismidi ammissione degli immigrati irregolari ai diritti dicittadinanza, saranno prima individuati i percorsi che gliimmigrati in Italia possono intraprendere, o hanno intrapreso, peril passaggio dallo status giuridico irregolare a quello regolare,per poi passare all’individuazione dei set di diritti e serviziassociati alle diverse posizioni di status. Infine, sarannofissati i criteri e i meccanismi di regolazione di questipassaggi. A questo scopo, saranno usati i dati e le indaginesvolte sulle regolarizzazioni realizzate in Italia.

1. Di cosa stiamo parlando. Definizione, dimensioni e determinantidell'immigrazione irregolare in Italia Negli ultimi anni in Europa i flussi migratori sono staticaratterizzati dalla rilevanza della componente irregolare tantoda essere generalmente considerata come un fenomeno strutturale.Questa rilevanza ha finito col conferire a questo aspetto unrilievo prioritario per la politica migratoria (Triandafyllidou2010). É importante perciò rilevare la reale portata dellacomponente irregolare dell’immigrazione cominciando dal fornirneuna definizione chiara. La popolazione immigrata presente in Italia si può distingueresommariamente in base allo status giuridico. In base a ciò, siregistra una componente regolare con permesso di soggiorno;un’altra iscritta anche nei registri anagrafici dei comuni; einfine, una componente irregolare, cioè senza autorizzazione alsoggiorno. Quest’ultima componente definita irregolare, è a sua volta formatada immigrati entrati in Italia senza autorizzazione, ovvero senza

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visto, e non forniti di conseguenza neanche dell’autorizzazione alsoggiorno. A questa bisogna aggiungere la quota di immigrati chesono entrati in Italia con un visto, ma che restano al di là dellasua scadenza e non lo convertono in permesso di soggiorno(overstayers). Qui definiamo come immigrati irregolari, sia lacomponente priva di documenti o non autorizzata che quellaoverstayers. Entrambe rappresentano la parte di popolazioneimmigrata oggetto di questo articolo. Ovviamente gli immigratidurante il loro soggiorno possono cambiare il loro statusgiuridico. In particolare, possono passare dalla componenteregolare dell'immigrazione a quella irregolare, attraverso laperdita del permesso di soggiorno. Questo passaggio comporta unpeggioramento delle condizioni di vita degli immigrati, mentre ilpassaggio inverso, cioè da irregolare a regolare, rappresenta unmiglioramento. Quest'ultimo percorso rappresenta il focusdell’analisi allo scopo di identificarne i meccanismi difunzionamento. In materia di immigrazione irregolare, una questione moltoimportante è rappresentata dalla sua dimensione numerica. Data lanatura di questa popolazione, ogni sua stima presenta un marginedi errore. Comunque - come mostrato da Strozza (2004: 325) - lediverse stime prodotte in Italia, pur seguendo metodologiediverse, hanno sempre dato valori più o meno simili e non hannomai raggiunto una cifra sproporzionata rispetto al totale dellapopolazione straniera. Inoltre, nell’ultima decade l’incidenzadella componente irregolare ha conosciuto un significativodecremento. Sicuramente, il contributo più significativo a questariduzione è rappresentato dal notevole aumento della popolazionestraniera presente legalmente grazie soprattutto alleregolarizzazioni, in particolare a quella occorsa in occasionedell’approvazione della cosiddetta legge Bossi - Fini. I permessidi soggiorno in meno di un decennio sono più che raddoppiati,passando da circa 1.380.000 nel 2001 a quasi 3.000.000 nel 20071,mentre per lo stesso periodo, gli stranieri iscritti alle anagrafisono quasi triplicati, passando da 1.465.000 nel 2001 a 4.000.000nel 2009. Accanto a questa tendenza ha comunque agito, soprattuttonegli ultimi anni, anche un apprezzabile calo della popolazione diimmigrati irregolari (Strozza 2004; Bonifazi, Heins, Strozza,Vitiello 2009). 1 Vengono considerati i permessi fino al 2007 perché a partire dal 2008, l'Istatelabora una nuova serie sui permessi di soggiorno in cui non sono più compresi inuovi cittadini dell'Unione europea (rumeni, bulgari), per i quali, dal 27 marzo2007, non è più previsto il rilascio del documento di soggiorno.

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In generale, l'andamento congiunturale dello stock di immigratiirregolari è spiegabile con l'effetto delle regolarizzazioni, percui solo una parte resta in condizioni di irregolarità.Considerando le stime della quota della popolazione immigratapresente irregolarmente in Italia prodotte dal 1980 in avanti, egli effetti dei programmi di regolarizzazione succedutisi neglistessi anni, si può ritenere che la componente regolare dellapopolazione immigrata derivi solo in parte dagli ingressiregolari, in altri termini sono state le regolarizzazioni adeterminare direttamente o indirettamente (per i ricongiungimentifamiliari) l’aumento della popolazione. Pertanto, è possibileipotizzare che la irregolarità non sia una condizione strutturalema transitoria, e che è praticamente impossibile distinguere trala componente irregolare e quella regolare della popolazioneimmigrata, come se fossero due popolazioni distinte, senzainterscambi reciproci. La distribuzione della componente irregolare tra la popolazioneimmigrata non è uniforme, ma varia a seconda della nazionalità. Inmerito a ciò, va sottolineato che l'allargamento dell'UnioneEuropea ha influenzato prima la composizione della popolazioneimmigrata irregolare poi quella regolare. Prima del 2008, dai datiforniti dai programmi di regolarizzazione e alcune indaginilocali, quali quelle condotte da Ismu - Osservatorio Regionale perl'Integrazione e la Multietnicità (2006) - è stato stimato che lenazionalità con maggiore presenza irregolare erano quelleprovenienti da paesi dell'Europa orientale come l'Albania,Romania, Polonia e Ucraina. Dopo il 2008, per gli immigratiprovenienti da Romania e Polonia, la distinzione tra regolari eirregolari ha perso di significato. Comunque, al di là di questicambiamenti, le nazionalità con una maggiore durata dellapresenza, come l'Albania, Marocco, Cina, Filippine, Senegal,presentano quote di presenza irregolare relativamente più piccole,al contrario di quelle provenienti dall'Europa orientale, comel'Ucraina, la Moldova e dai paesi della ex Jugoslavia, che hannola più alta incidenza di presenza irregolare (Blangiardo 2009:62). Ovviamente, uno dei motivi principale di queste eterogeneitàè che le nazionalità di più antica presenza sono in una fase piùavanzata del processo di integrazione. Ora hanno una maggiorepresenza regolare e stabile, il che rende gli ingressi nonautorizzati non necessari e l’incidenza della quota irregolaresempre meno significativa. Tra le probabili determinanti della componente non documentata deiflussi migratori verso l'Italia, dobbiamo considerare il fattore

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geografico. La vicinanza dell’Italia con paesi meno sviluppati hafavorito l'innesco di importanti flussi migratori. Inoltre, lalunghezza e l'accessibilità delle frontiere con il MarMediterraneo e la sua posizione rispetto agli altri paesi didestinazione, ha giocato un ruolo fondamentale soprattuttoall'inizio dell'esperienza immigratoria italiana. Infine, deveessere ricordato anche il ruolo delle agenzie di connessione chespiega l’eterogeneità dei paesi di partenza anche molto distantidall’Italia (Calvanese 1983). Quando l'Italia ha iniziato a sperimentare l'immigrazione nelcorso degli anni ’70 del Novecento, il paese era più aperto aiflussi migratori a causa della relativa mancanza di norme dicontrollo degli ingressi e del soggiorno di lavoratori stranieri.Tuttavia, negli anni successivi la popolazione degli immigrati èaumentata mentre l'Italia ha iniziato a sviluppare politichesempre più restrittive in materia di immigrazione. Questoparadosso si spiega con la dinamica della domanda di lavoro inItalia, dove si registra una domanda strutturale e significativadi lavoratori immigrati in quei settori economici abbandonati dailavoratori italiani. La segmentazione del mercato del lavoroitaliano, insieme alla presenza di una domanda di lavorosignificativa nel settore secondario (Pugliese 1991), contribuiscea spiegare la presenza e la persistenza dell’area dell’occupazioneirregolare. Infine, dobbiamo sottolineare il ruolo delle politiche diimmigrazione adottate dall’Italia negli ultimi anni. Le questioniriguardanti l'immigrazione in Italia sono regolate dal Testo Unicosull'immigrazione, modificato in alcune parti dalle leggi n.189/2002, 27/2004, 125/2008, 94/2009, e 129/2011. Per quantoriguarda le modalità di ingresso, le norme del Testo Unicostabiliscono che è possibile entrare in Italia solo attraverso duecanali: quello dei visti e tramite il sistema delle quote perlavoro subordinato, che può anche essere stagionale. Quelli cheentrano con visto di ingresso e vogliono estendere il lorosoggiorno per più di 90 giorni devono richiedere un permesso disoggiorno. Nel caso di permesso per motivi di lavoro, esso puòessere rilasciato solo dopo che è stato stipulato un contratto dilavoro, norma che ha avuto un ruolo notevole nel peggioramentodelle condizioni di vita degli immigrati come sarà illustrato inseguito. Il secondo canale di ingresso regolare dipende dal meccanismodegli ingressi tramite la determinazione di quote basate sullastima del fabbisogno di manodopera straniera. Di solito, la

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quantificazione delle quote mira a limitare severamente i canalidi ingresso regolari per i nuovi flussi di immigrazione. Così, perquanto riguarda le possibilità di ingresso regolare, esse sonocaratterizzate da misure sempre più restrittive. Infine,l'adozione di un sistema di quote per regolamentare l'ingresso deilavoratori immigrati non è mai stato sufficiente a colmare lamancanza di altri canali legali di ingresso.

2. L'inserimento lavorativo degli immigrati irregolari Come per chiunque altro, anche per gli immigrati irregolari illavoro non dà solo le opportunità di reddito, ma anche lapossibilità di costruire relazioni, di avere una socializzazioneal contesto di arrivo. Le interazioni e le relazioni all'internodell'ambiente di lavoro favoriscono l'apprendimento di valori,norme, abitudini e comportamenti. Questo processo disocializzazione sul posto di lavoro li aiuta a sviluppare unanuova identità sociale che li mimetizzi con il nuovo ambientesociale. Svolgere un'attività lavorativa conferisce agli immigratiirregolari il riconoscimento di occupare una posizione all'internodel sistema economico dalla società ospitante. Questaidentificazione di ruolo e ammissione di utilità, permette dirimuovere lo stigma della irregolarità e di spostare gli immigratiad un livello di normalità, per cui potranno essere omologati aglialtri lavoratori. L’enfatizzazione della dimensione lavorativa come elementofondamentale e positivo dell'immigrazione è un tratto comune atutti i paesi di immigrazione e a tutte la fasi migratorie e diper sé ciò non costituirebbe un principio negativo se esso venisseusato come innesco del processo di riconoscimento dell’immigratocome persona. Nella normativa italiana però tutta l’immigrazione viene ridottaalla sola dimensione lavorativa. Ci riferiamo in particolare allalegge 189 del 2002 che introduce la figura giuridica del"contratto di soggiorno per lavoro subordinato". Questo tipo dipermesso, in sostanza, consiste in un contratto di lavoro tra undatore di lavoro italiano, o straniero che risiede legalmente inItalia, e un dipendente cittadino di uno Stato non appartenenteall'Unione europea. In particolare con l'articolo 5 comma 3,stabilisce che il permesso di soggiorno per motivi di lavoro èrilasciato a seguito della firma del "contratto di soggiorno perlavoro subordinato" e la lunghezza è quella indicata nel contrattostesso. Così, il permesso di soggiorno e contratto di lavoro sono

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strettamente collegati. Non si può avere l'uno senza l'altro. All'interno di questo quadro normativo, gli immigrati irregolaripossono avere solo lavori irregolari. Per "irregolare" si intende il lavoro che non rispetta lanormativa vigente sui contributi fiscali e previdenziali, quindinon sono osservabili direttamente presso le imprese, leistituzioni e le fonti amministrative. Il lavoro irregolarecomprende tre diverse tipologie di prestazioni lavorative: degliirregolari residenti (cioè persone occupate italiani e stranieriiscritti alle anagrafi); delle posizioni plurime (cioè attivitàlavorative come attività secondarie svolte da residenti e non-residenti), degli stranieri non residenti e irregolari che, inquanto tali, non sono visibili al fisco. All’interno del volume di lavoro irregolare registrato in Italianell’ultima decade, gli immigrati rappresentano la componente piùpiccola (Istat 2010). Il loro peso sulle unità di lavoro nonregolari decresce dal 22% nel 2001 a quasi il 13% nel 2009. Ilcalo è stato particolarmente significativo tra il 2001 e il 2003,dopo la seconda regolarizzazione. Dopo il 2003 la componenteimmigrata irregolare ha cominciato a crescere. Questa dinamica èdovuta probabilmente a una crescita della domanda di lavoro daparte delle famiglie (in particolare le cosiddette badanti chenella prima fase entrano irregolarmente), ma nel 2009 registriamouna nuova caduta della quota di lavoratori immigrati irregolari(Istat 2010 p. 12). Negli ultimi anni, è stata registrata unaforte crescita dell'occupazione immigrata regolare, parte dellaquale proveniente proprio dalla regolarizzazione del 2002 dedicataesclusivamente agli immigrati con rapporti di lavoro non regolari.Ancora una volta, i dati confermano che la maggior parte deilavoratori immigrati presenti in Italia hanno conosciutosituazioni irregolari rispetto alla presenza e allo statusoccupazionale, prima di passare alla legalità sotto tutti gliaspetti. Attraverso i dati disponibili dei programmi di regolarizzazione edi quelli forniti da alcune indagini specifiche, si rileva che lacollocazione lavorativa degli immigrati irregolari si concentrasoprattutto nel settore agricolo, domestico e nel settore dellecostruzioni, come indicato da Anastasia, Bragato, Rasera (2004);Zucchetti (2004), Conti, Strozza (2006), Chiuri, Coniglio, Ferri(2007), Ambrosini (2013). Quelle dell'agricoltura e del settoreedile sono le tradizionali attività lavorative di ingresso nelmercato del lavoro italiano per gli immigrati come già messo inevidenza nelle prime indagini sul fenomeno (Calvanese, Pugliese

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1990). Questa funzione di porta di ingresso è dovutafondamentalmente alle caratteristiche della domanda di lavoro perquesti settori produttivi. In primo luogo, l’ingresso in essirichiede pochi requisiti, tra i quali la presenza regolare disolito non è prevista. Inoltre, le attività lavorative tipiche diquesti settori economici hanno bisogno di competenze limitate.Così, anche un immigrato appena arrivato che non parla italianopuò fare l'operaio in un cantiere edile o in un’azienda agricola.Attraverso l'apprendimento della lingua e delle competenze di basesul lavoro, gli immigrati hanno più probabilità di passare a postidi lavoro migliori. Questo mobilità lavorativa che può essere siaintrasettoriale che intersettoriale, è spessa abbinata allamobilità geografica (Ambrosini 2001). I lavoratori immigrati irregolari generalmente hanno unasituazione lavorativa intermedia tra quella in cui le condizionidi retribuzione, orario di lavoro e mansioni non sono moltodissimili dal lavoro regolare, e quello del lavoro gravementesfruttato in cui prevale la precarietà occupazionale, la mancatadefinizione delle mansioni lavorative, la costrizione a vivere neiluoghi di lavoro - per cui non c'è distinzione tra tempo di vita etempo di lavoro - e un rapporto lavorativo in cui il datore didetiene la disponibilità di disporre a proprio profitto lecondizioni delle prestazioni lavorative. Gli immigrati irregolariche vivono in condizioni di forte isolamento sociale hanno un altorischio di scivolare in queste condizioni di grave sfruttamentolavorativo. Il riequilibrio delle forze di mercato per gliimmigrati irregolari deve necessariamente passare attraverso ilprocesso di de-mercificazione della loro forza lavoro. Ciò implicafondamentalmente l'inserimento nel sistema di welfare.

3. Le possibilità, i limiti e le barriere. Diritti disponibili estatus giuridicoCome illustrato in precedenza, in Italia la quota di popolazionestraniera in condizione di irregolarità mostra una dimensionenumerica variabile. In particolare, ogni regolarizzazione riducela quota di immigrati irregolari che si forma negli intervalli traun provvedimento e quello successivo (Cangiano, Strozza 2006). Ciòsignifica che una parte significativa della popolazione stranierapresente irregolarmente, acquisisce uno status giuridico legale aintervalli quasi regolari. Come affermato in precedenza, questopassaggio rappresenta un notevole miglioramento delle condizionidi vita di questi immigrati. In particolare, esso comporta la

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possibilità di accedere ad una zona più ampia di diritti.L'acquisizione di uno status giuridico conforme alla leggesull’immigrazione è la porta d'ingresso per l'ammissione alleprestazioni assistenziali previste per gli immigrati, ammissioneche è mediata dalle politiche di integrazione. La parte del Testo Unico che disciplina i diritti degli immigratie identifica le politiche di integrazione va dall’articolo 34 al46. Queste norme riguardano l'assistenza sanitaria, il dirittoall'istruzione e alla formazione professionale e, infine, ildiritto alla casa. Per quanto riguarda l’argomento d’indagine,occorre ricordare che il Testo Unico all’articolo 2 comma 1stabilisce che allo straniero comunque presente alla frontiera onel territorio italiano sono riconosciuti i diritti fondamentalidella persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalleconvenzioni internazionali in vigore e dai principi di dirittointernazionale generalmente riconosciuti. Di conseguenza, glistranieri che vivono irregolarmente in Italia hanno diritto allecure urgenti (trattamenti che non possono essere rimandate senzapericolo per la vita o la salute) in strutture sanitarie pubblichee strutture sanitarie private convenzionate con il SistemaSanitario Nazionale. Essi hanno anche il diritto alle cureessenziali (trattamenti per le condizioni che non sonoimmediatamente pericolose, ma che potrebbero, nel tempo, causaremaggiore danno alla salute o la morte), e al trattamentocontinuato (programmi di trattamento completo e diriabilitazione). Inoltre, il ricorso alle strutture sanitarie nonconsente di segnalare la presenza degli immigrati irregolari chehanno richiesto l’assistenza sanitaria, alle autorità di poliziaal fine di non scoraggiarne l'accesso alle cure. Così come per ilcaso dell’iscrizione scolastica dei minori stranieri, e delleprestazioni complementari al diritto all’istruzione, non deveessere richiesto ai minori stranieri ed ai loro genitori ilpermesso di soggiorno, e non deve essere fatta, neppureindirettamente, alcuna segnalazione all’Autorità giudiziaria e/oall’Autorità di P.S. della presenza degli stessi e/o dei lorogenitori. Dunque, la legislazione italiana sull’immigrazione inogni caso garantisce un set di diritti fondamentali agli stranieripresenti in Italia non in regola con le norme sull’ingresso e sulsoggiorno. L'accesso ai programmi di integrazione sociale invece èlimitato ai cittadini di paesi terzi che possono dimostrare dirispettare i regolamenti che disciplinano il soggiorno in Italia. Nell’ultimo decennio il numero di cittadini immigrati cheusufruiscono dei servizi di welfare in Italia è progressivamente

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aumentato. Questo risultato, però, sembra essere imputabile inmisura maggiore all’aumento della popolazione straniera residentee alla sua stabilizzazione, più che alla realizzazione di piùnumerosi servizi sociali per i cittadini immigrati. Infatti,dall’indagine Istat su Gli interventi e i servizi sociali dei comuni singoli eassociati, si legge che dal 2003 al 2010, la spesa media pro-capiteper gli stranieri è passata da 67 euro annui nel 2003 a circa 42euro nel 2010 (Istat 2013: 10). Ciò non significa che non c’èstato uno sforzo, sia legislativo che di implementazione, nellaproduzione di un’adeguata offerta di servizi per gli immigrati, manon di meno essa si è dimostrata insufficiente sia per limitiintrinseci che per i numerosi ostacoli incontrati durante la suaimplementazione, soprattutto a causa di una sostanziale riduzionedei finanziamenti. In un quadro legislativo e istituzionalesostanzialmente immutato, i deficit di implementazione sono statidi conseguenza notevolissimi (Morris 2002; Pugliese 2006).Per quanto riguarda le limitazioni intrinseche, Elena Spinellirileva che in Italia alle enunciazioni di principio del TestoUnico, corrisponde concretamente una «realtà dei servizisubordinata a una classificazione di status giuridico spessocomplessa, in cui i diritti si differenziano a seconda dellostatus regolare del soggetto: regolare con permesso di soggiorno,regolare con carta di soggiorno, regolare stabilizzato,richiedente asilo, rifugiato, irregolare, clandestino (Spinelli2005; 87)». Sulla base di questa graduatoria nel godimento deidiritti di cittadinanza operante in Italia si può sviluppare loschema analitico in base al quale si possono identificare imeccanismi di inclusione della popolazione immigrata irregolarenel welfare state italiano.

4. Come sono stati inclusi. I meccanismi di inclusione degliimmigrati irregolari nel welfare state italiano L’analisi della relazione tra immigrati e le prestazioni socialierogate dai sistemi di welfare è tradizionalmente incentrata sulleconseguenze economiche dell’uso di questi ultimi da parte degliimmigrati (Simon 1989). I risultati di questa significativa moledi studi non stabiliscono in maniera univoca se gli immigrati sonodei contribuenti netti oppure consumano più dei nativi (Borjas1999; Isbister 1996; Nannestad 2007; Palivos 2009). SecondoBorjas, ci sono troppi fattori che influenzano il rapporto traimmigrati e l'uso dei servizi per poter identificare un unicopattern (Borjas 2001 p. 106). Negli ultimi anni invece si registra

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un’accresciuta attenzione della ricerca sociale intorno aiprocessi di inclusione degli immigrati nei sistemi di welfare(Baldwin-Edwards 2004; Bommes, Geddes 2000; Koopmans 2010;Sciortino 2004; Sainsbury 2006; Zincone 2009). All’interno diqueste ricerche, più rare sono le analisi focalizzate sugliimmigrati irregolari (Bommes, Sciortino 2011; Liu 2010; Van derLeun 2003). Questa letteratura comunque sembra muoversiall’interno di una visione prettamente economicistica, come giàillustrato in precedenza, o politologica della questione, cioè inuna prospettiva che intende l’accesso al sistema di welfare stateda parte degli immigrati in chiave di "immigration policy regime"(Faist 1995) definibile come l’insieme di norme che regolal'inclusione o l'esclusione degli immigrati dall’insieme deidiritti di cittadinanza della società di accoglienza. Questoapproccio appare insufficiente per gli scopi di questo lavoro,poiché anche se è indubbiamente vero che le norme che regolanol’immigrazione hanno un impatto significativo sui canali diaccesso degli immigrati ai diritti sociali, tuttavia è necessarioincludere nell’analisi anche le varie forme di immigrazione chesono associate a specifici diritti e che influenzano l'accessodegli immigrati ai diritti di cittadinanza (Morris, 2002: 19).Infine, oltre a considerare le politiche di integrazione dedicateagli immigrati in quanto tali, occorre considerare anche lepolitiche sociali che li interessano così come interessano tutti icittadini cioè - citando Hammar (1985) - dobbiamo considerare siale politiche dirette che indirette. Generalmente, l'accesso al welfare state per gli immigrati constatus giuridico irregolare è molto limitato. Perfino quandol'accesso di questi alle cure sanitarie di base - ad esempio - èassicurato come diritto umano fondamentale, le varieregolamentazioni di applicazione nazionali spesso sono incontrasto con le norme umanitarie sancite dai trattatiinternazionali (Biswas, Toebes, Hjern, Ascher, Norredam 2012).Comunque sia, in Italia gli immigrati irregolari fanno un usomolto modesto di questi servizi sociali di base (Devillanova2008), anche quando sono al corrente di avere questa possibilità(Amaturo, de Filippo, Strozza, 2010). Si è visto che il Testo Unico riconosce a tutti gli stranieripresenti sul territorio nazionale, anche senza permesso disoggiorno, un nucleo di diritti fondamentali propri della personaumana previsti dalle convenzioni internazionali in vigore e daiprincipi di diritto internazionale generalmente riconosciuti,quali: il diritto alla salute e il diritto all’istruzione

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dell’obbligo gratuita per tutti gli stranieri minorenni (BiondiDal Monte 2013). Assimilabile a questo meccanismo di inclusionebasato sulla ratifica di trattati internazionali, è il combinatodell’articolo 18 del Testo Unico che prevede un permesso disoggiorno per protezione sociale per le vittime della tratta diesseri umani. Questa norma individua una serie di meccanismi per l'inclusionedegli immigrati irregolari vittime della tratta di esseri umaninel welfare state italiano, consentendone l'accesso ai servizisociali e la possibilità di lavorare. Grazie al Decreto legge n.300 del 2006, l'art. 18 estende la sua validità fino a diventarel'espressione positiva del dovere dello Stato di fornireassistenza, protezione e inclusione sociale per gli immigratiirregolari che con le loro dichiarazioni alle autoritàgiudiziarie, potrebbero essere esposti a un pericolo grave epresente. Inoltre, questa norma contiene anche un riferimento asituazioni di "sfruttamento grave" che permetterebbe la suaapplicazione a situazioni non specificamente connesse alla tratta,ma anche a situazioni di grave sfruttamento lavorativo. Lacombinazione di questi due dispositivi legislativi apre allapossibilità di applicare l'articolo 18 anche ai lavoratoriimmigrati irregolari. In particolare, alla quota di lavoratoriimmigrati privi di documenti estremamente vulnerabili ed esposti acondizioni di grave sfruttamento del lavoro che minano la dignitàumana e la sopravvivenza fisica. Questi primi due meccanismi di inclusione sociale comunquederivano dal riconoscimento di diritti fondamentali degliimmigrati. Questi possono essere identificati come un unicomeccanismo, definibile umanitario, in cui il riconoscimento deidiritti si basa sulla semplice condizione di essere umano. Ma possiamoidentificare altri meccanismi che invece derivano dallo status dilavoratore degli immigrati irregolari. Il Testo Unico sull'immigrazione all'articolo 2 stabilisce ilprincipio della parità di trattamento tra lavoratori stranieri equelli italiani. Questo principio implica l'applicabilità ailavoratori stranieri dello stesso diritto del lavoro e annessaprotezione sociale garantita ai lavoratori italiani, soggetti soloa specifiche eccezioni espressamente previste dalla leggesull’immigrazione a causa della loro particolare situazione.All'interno della casistica individuata all'articolo 25 del TestoUnico sono ovviamente compresi anche gli immigrati irregolari. Maquesto non impedisce che le garanzie del diritto del lavoro sianodovute anche a favore degli immigrati senza permesso di soggiorno

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o in possesso di un permesso di soggiorno scaduto. Il lavoratoreha comunque diritto ad essere pagato e tutelato come previsto daun’importante norma che si applica anche al rapporto di lavorodell’immigrato privo di permesso, cioè l’articolo 2126 del codicecivile. Esso riconosce in ogni caso al lavoratore il diritto allaprestazione retributiva e ad ogni altra prestazione prevista dalcontratto e connessa con l’instaurazione del rapporto di lavoro,tutelando così i diritti derivati dall’effettiva esecuzione dellaprestazione lavorativa. L’applicabilità di questo principio ancheai lavoratori immigrati irregolari è stata più volte ribadita siadal INPS (Circolare n. 122 del 08/07/2003) che dal Ministero delLavoro e delle Politiche Sociali (Circolare n. 2 del 14/01/2002).A questo proposito, si richiama l'attenzione su una sentenza dellaCorte di Cassazione in cui si stabilisce che il datore di lavoroche impiega lavoratori stranieri che non rispettano il soggiorno ètenuto comunque a versare i contributi previdenziali (Corte diCassazione - sentenza del 26 marzo 2010, n. 7380). Questa sentenzaè importante non solo perché cade dopo la sanzionedell'immigrazione clandestina come reato, ma è rilevantesoprattutto per la sua motivazione. Secondo la Suprema Corte, ilversamento dei contributi è una conseguenza dell'obbligo di pagareciò che esiste, cioè della retribuzione, il quale sussiste anchequanto lo straniero impiegato è irregolarmente presente sulterritorio nazionale. Ciò discende dalla lettura congiuntadell'articolo 2126 del Codice Civile e dell'articolo 22 del TestoUnico sull'immigrazione. Inoltre, occorre rimarcare che l’obbligosi estende anche all’assicurazione contro gli infortuni,invalidità e malattie professionali. Dunque, lo status dilavoratore rende l'immigrato irregolare titolare dei diritticonnessi a questo status, conferendogli una particolarecollocazione nel welfare italiano. I diritti derivanti da questainclusione, sono associati alla sua funzione economica nellasocietà di accoglienza. In altre parole, l’inserimento lavorativoattribuisce agli immigrati irregolari una posizione economica, acui sono associati uno status e un ruolo, ancorché meramenteeconomico, che legittimano la loro presenza. Questa però è unaposizione particolarmente vulnerabile per l’immigrato perché essanon rappresenta ancora il riconoscimento giuridico. Fino a pochianni addietro infatti non c’era garanzia rispetto all’espulsione,anche in caso di vittoria dinnanzi al giudice del lavoro. Questocontribuisce a spiegare il basso numero dei ricorsi al giudice daparte dei lavoratori immigrati.

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L’inclusione degli immigrati irregolari nel welfare italianoraggiunta tramite l’inserimento lavorativo dunque risulta, inprimo luogo, dal conseguimento di un significativo vantaggioeconomico da parte del paese ospitante. Allo stesso tempo però,conferisce agli stessi immigrati la dignità del lavoro e di essereun lavoratore. In estrema sintesi, la legittimazione sociale dellaloro presenza. Il lancio e l'attuazione dei programmi di regolarizzazione per gliimmigrati irregolari si è basato esplicitamente su questeconsiderazioni. È stata proprio la diffusa percezione di un numerocrescente di stranieri occupati irregolarmente che ha spinto perla promulgazione del primo provvedimento di regolarizzazionesignificativo, attuato in conformità con le disposizioni contenutenel primo testo legislativo sull'ingresso, il soggiorno el'occupazione di immigrati (legge 943 del 1986 e successiveproroghe)2. In seguito sono state promossi e realizzati altriprovvedimenti di regolarizzazione (Bonifazi, Heins, Strozza,Vitiello 2009 p. 24).L'obiettivo principale di tutti questi programmi è stato laregolarizzazione degli stranieri impiegati irregolarmente, anchequando il provvedimento ha avuto in animo di rivelare il numeroeffettivo di stranieri presenti in Italia senza permesso disoggiorno, come quella del 1990, il numero preponderante diregolarizzati è stato quello dei lavoratori. La regolarizzazione associata con la Legge n. 189 del 2002 è statala misura più ampia per l’emersione dei lavoratori stranieriirregolari mai realizzata in un paese europeo. Il numero deiregolarizzati appare ancora più notevole, considerando i requisitidi ammissibilità molto più restrittivi rispetto alle misureprecedenti. La regolarizzazione può essere considerato ilprincipale meccanismo per l'inclusione degli immigrati irregolarinel sistema di welfare italiano, attraverso la concessione delpermesso di soggiorno. Infine, anche il sistema delle quote per laselezione degli ingressi, in quanto succedaneo dellaregolarizzazione, può essere considerato come un meccanismo diinclusione degli immigrati irregolari nel welfare italiano.

2 In realtà, il primo provvedimento che ha consentito ai lavoratori irregolaridi regolarizzare la propria situazione è stato realizzato nel 1982 dal Ministerodel Lavoro, (Circolari del 2 marzo e del 9 settembre 1982). Gli effetti,tuttavia, sono stati molto limitati (poche migliaia di regolarizzazioni), acausa di una campagna di informazione poco diffusiva e della mancanza dicoinvolgimento fattivo delle organizzazioni sindacali e associative da partedelle autorità competenti.

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Il sistema delle quote come meccanismo di ingresso in Italia dinuovi lavoratori stranieri è stato istituito stabilita dalla Leggen. 943 del 1986 (articolo 9, paragrafo 3). Questo meccanismo si èrilevato molto presto troppo restrittivo per gestire efficacementei flussi migratori. La successiva legge n. 39 del 1990, haintrodotto un nuovo procedimento di programmazione dei flussibasato sui decreti ministeriali, ma fino al 1995 non è statostabilito alcun tipo di contingente per i nuovi ingressi. Nel 1995sono state definite delle quote prestabilite, che hanno coinvoltoda circa 20.000 a 25.000 ingressi nel periodo 1995 – 1997; 58.000nel biennio 1998 - 1999 biennio e circa 80.000 nei successivicinque anni. Questo sistema ha avuto il suo culmine nei duedecreti di regolazione dei flussi migratori emessi nel 2006 chehanno consentito l’immigrazione regolare per motivi di lavoro percirca 600.000 domande. Fin dall'inizio, datori di lavoro,organizzazioni sindacali, associazionismo e lavoratori stranierihanno inteso il meccanismo delle quote anche come un'opportunitàper la regolarizzazione di immigrati irregolari. Infatti, lamaggioranza dei lavoratori inclusi in tali quote non venivanodall'estero, ma erano già presenti in Italia. Inoltre, alcunericerche fatte in merito al sistema delle quote d’ingressorilevano che il più delle volte sono gli stessi imprenditori autilizzare questo sistema per regolarizzare la posizione deilavoratori stranieri già impiegati (Carchedi et al. 2005). Quindi,anche se la programmazione annuale dei flussi mediante quotedefinite da appositi decreti è stata progetta per l'ingresso dinuovi arrivi, queste disposizioni hanno funzionato sostanzialmentecome delle regolarizzazioni. Ciò significa che una parte degliimmigrati irregolari ha regolarizzato il loro status giuridicoattraverso il sistema delle quote. Da questo punto di vista,sembra che finora in Italia si sia configurata una situazionesimile a quella dei paesi nord europei all’epoca fordista dellemigrazioni, in cui la domanda del mercato del lavoro era così altache una parte abbastanza considerevole di lavoratori stranieri cheentravano al di fuori dei canali regolari, veniva successivamenteregolarizzata (Lemaitre 2003). In realtà, le politiche diimmigrazione italiane determinano un sistema in cui la possibilitàdi soggiorno regolare è strettamente legata alla disponibilità diun impiego anziché che all’esistenza di canali per l'ingressoregolare. In questo sistema di ammissione all’ingressocaratterizzato da insufficienti e incerte modalità per latransizione allo stato "regolare", la condizione di "irregolarità"e / o "illegalità" - che è pur sempre uno stato transitorio -

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rischia di protrarsi indefinitamente nel tempo, generando unaprogressiva precarietà esistenziale per gli immigrati entrati inmaniera irregolare.

5. Dalla mimetizzazione all’emancipazione attraverso il lavoro. Ilriconoscimento dell’immigrato irregolare La presenza irregolare si presenta come un fenomeno strutturalenel panorama dell'immigrazione in Italia. Questo essenzialmenteper quattro ragioni: la forte domanda di manodopera nonqualificata straniera, il peso del settore economico informale,l'insufficienza dei canali di ingresso regolare e, infine, ledifficoltà nel monitoraggio dei flussi e degli stock di immigratipresenti irregolarmente. Tuttavia, negli ultimi anni, l'incidenzadi questo fenomeno è in diminuzione. Inoltre, esso appare come unfenomeno intrecciato con la presenza straniera regolare, fino aritenere che lo stato di irregolare rappresenta solo uno stato dipassaggio verso lo status giuridico di pieno riconoscimento deidiritti sociali e civili, con la sola esclusione dei dirittipolitici, status giuridico assimilabile a quello del semicittadino(denizen) che rappresenta la figura sociale degli immigrati piùdiffusa in Italia. Per quanto riguarda i processi di inserimento nel welfare stateitaliano, è possibile individuare tre meccanismi per l'inclusionedegli immigrati irregolari. In primo luogo, a essi è garantitol'accesso ai servizi sociali essenziali, come l'assistenzasanitaria e la scuola dell’obbligo. L'accesso al welfare italianoin questo caso si fonda sul riconoscimento dei loro dirittifondamentali. Questo meccanismo di inclusione può essere definitocome umanitario. La concessione del permesso di soggiorno permotivi di protezione sociale, tramite le modalità previstedall’articolo 18, può essere assimilato al meccanismo precedente.In secondo luogo, gli immigrati irregolari - se occupati - hannoaccesso alle prestazioni previdenziali cioè, oltre che allaretribuzione, ai contributi previdenziali, alla indennità didisoccupazione e all’assicurazione contro gli infortuni. Questosecondo meccanismo è legato all'inserimento lavorativo, ai dirittidei lavoratori e alla capacità di dimostrare lo status dilavoratore da parte degli immigrati. L'irregolarità dello status di immigrato senza documenti nonpermette ulteriori progressi nel processo di inserimento nelwelfare italiano. Questo è dovuto al complesso intreccio tra lapolitica d'immigrazione e le politiche sociali italiane che, nei

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fatti, filtra l’accesso ai servizi sociali attraverso una rigidagraduatoria dello status giuridico degli immigrati al cui fondo sisituano i irregolari. Pertanto, l'azione congiunta di questi duemeccanismi di inclusione nel welfare state italiano confinal’accesso degli immigrati irregolari alle prestazioni sociali dibase. Inoltre, tra questi, il secondo meccanismo funziona, inpratica, solo ex post, cioè i diritti previdenziali e retributivivengono garantiti solo quando gli immigrati irregolari sono ingrado di liberarsi dallo condizione di subordinazione legato allanatura particolare del loro status giuridico. A questil’emancipazione è consentita solamente dalla possibilità diregolarizzare il proprio status giuridico. La regolarizzazione rappresenta il terzo meccanismo di inserimentonel welfare italiano per gli immigrati irregolari. Il possesso diun permesso di soggiorno consente agli immigrati, non piùirregolari, di andare avanti nella stratificazione civicacostruita dalle politiche di immigrazione. Da questo punto divista, il sistema di ingresso per quote può essere consideratocome un surrogato del programma di regolarizzazione e, in ultimaanalisi, come un meccanismo per l'inserimento degli immigratiirregolari nel welfare state italiano. Questi ultimi meccanismivengono attivati solo se l'immigrato irregolare è un lavoratore. Ognuno di essi parte dal riconoscimento e dalla valutazione delloro inserimento lavorativo. Se l'immigrato irregolare conserva laqualità di lavoratore in maniera continuativa e verificabile perun lasso di tempo, gli viene attribuita la possibilità diestendere i propri diritti mediante la concessione di un permessodi soggiorno. In breve, agli immigrati irregolari che hannolavorato per un certo periodo e sono socialmente inquadrati inquanto lavoratori, è consentito richiedere il permesso disoggiorno e avanzare nel processo di integrazione nella societàitaliana. A questo punto, è possibile teorizzare un ipotesi di percorsodell’immigrato irregolare verso la piena inclusione nel sistemadei diritti di cittadinanza in cui il riconoscimentodell’inserimento lavorativo rappresenta un vero e proprio turningpoint, cioè uno snodo che imprime una diversa direzione al corso divita degli immigrati irregolari. Il passaggio allo status dilavoratore riconosciuto genera un cambiamento di ruolo, diaspettative e di definizioni della situazione che concorre alriconoscimento dell’immigrato irregolare. In questa fase ilriconoscimento è inteso come stima sociale, cioè «riconoscimentodi prestazioni individuali, il cui valore si commisura al grado in

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cui esse sono percepite come significative da una società(Honneth, 2002, p. 136)». Da ciò discende l’autostima, cioè lostimarsi reciprocamente che vuol dire riconoscere negli altridelle capacità ritenute preziose per la vita collettiva. La cornice istituzionale entro la quale si concretizza il processodi riconoscimento sociale dell’immigrato irregolare, propone unavisione dell’immigrato come una persona «la cui unica ragione diessere è il lavoro e la cui presenza non è regolare, autorizzata,legittima se non subordinata al lavoro (Sayad 1999: 82)». Leistituzioni italiane si aprono al riconoscimento giuridico degliimmigrati irregolari sulla base di una valutazione delle carenze edelle domande (economiche, demografiche e sociali) che riescono asoddisfare. In questo senso, gli immigrati irregolariregolarizzati hanno rappresentato, e continuano a rappresentare,le risposte più efficaci, efficienti e praticabili alle carenzelasciate dai cambiamenti nella struttura demografica, sociale edeconomica italiana. Alla dimensione sociale del riconoscimento siaggiunge, dunque, una dimensione giuridica. Nello specifico, ilriconoscimento giuridico è - seguendo sempre Axel Honneth - unarelazione in cui gli interlocutori «si rispettano vicendevolmentecome soggetti giuridici perché entrambi possiedono una comuneconoscenza delle norme sociali in base alle quali nella lorocomunità i diritti e i doveri sono legittimamente ripartiti(Honneth 2002: 133)». Inoltre, il sentirsi riconosciuto legalmente«porta il soggetto ad agire liberamente perché sa che le sueazioni sono riconosciute giuridicamente e rispettate dagli altrimembri: in un siffatto ambiente il soggetto matura il rispetto disé (Honneth, 2002, p. 144)». Il riconoscimento giuridico conferendo pari dignità, costituiscela fase propedeutica al processo di emancipazione dell’immigratoirregolare. Dalla cui parte, il riconoscimento procede indirezione dell’apprendimento e dell’assunzione dei comportamenti“normali” degli italiani per conseguire la loro accettazione.Pertanto, in questa fase la strategia di riconoscimento èdefinibile come una mimetizzazione perseguita in modo da vivere lafase di irregolarità/irregolarità senza essere percepito cometale. Con la mimetizzazione gli immigrati si confondono con gliitaliani, adottandone comportamenti, stili di vita e pratichesociali. Come nel racconto di Edgar Allan Poe La lettera rubata, ilmodo migliore per nascondere un oggetto è metterlo in bella vista,così la mimetizzazione è il modo migliore per passare inosservati.La mimetizzazione dunque funziona come apprendistato, cioè inquesta fase insieme alla socializzazione dell’immigrato alla

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società italiana, si realizza il riconoscimento dell’immigratoirregolare da parte della società italiana.Ora può accadere che il riconoscimento giuridico dell’immigratoirregolare più che come mezzo di inclusione sociale degliimmigrati, sia usato come un meccanismo di controllo con il qualelo Stato può gestire meglio chi entra e chi è incluso all'internodel suo territorio. In questo caso più che riconoscimentogiuridico, abbiamo una giuridificazione del rapporto tra statoitaliano e immigrato irregolare. Questa giuridificazione qui èintesa come un inquadramento giuridico dell’immigrato irregolaretramite una proliferazione di norme - si pensi al cosiddettopacchetto sicurezza - repressive e di controllo. Dunque, essarappresenta la negazione del riconoscimento giuridicodell’immigrato irregolare. Il mancato riconoscimento, o misconoscimento giuridico, finisceper avere ripercussioni negative sull’autostima degli immigratiirregolari maturata nel processo positivo di riconoscimentosociale. In quanto non riconosciuti appartenenti alla comunitàsecondo la legge, gli immigrati irregolari intuiscono di avereun’alta possibilità di perdere la stima sociale e introiettano unsentimento di inferiorità. La segregazione di questi immigrati nella condizione di uno statusgiuridico privo di certezza di diritti, comporta anche la perditadella dignità di lavoratore, anzi la segregazione lavorativa inmansioni degradate e degradanti concorre alla perditadell’autostima e all’isolamento sociale. Nei casi estremi dellavoro gravemente sfruttato, questo processo di inferiorizzazione degliimmigrati irregolari innescato dal misconoscimento, può condurlifino alla reificazione intesa come oblio del riconoscimento (Honneth2007: 55). Secondo Honneth, la reificazione è il processoattraverso il quale nel nostro sapere di altre persone e nellaloro conoscenza perdiamo la consapevolezza di quanto l’uno el’altra siano debitori a una precedente disposizione allapartecipazione e al riconoscimento (Honneth 2007: 55). Il nucleodi ogni reificazione consiste dunque in un oblio delriconoscimento, e le sue cause sociali vanno ricercate in praticheo meccanismi che rendono possibile o rafforzano sistematicamentequesto oblio. Si può assumere una disposizione reificante neiconfronti di altri individui sostanzialmente per due motivi: operché vincolati in una prassi sociale nella quale l’osservazionedegli altri è talmente fine a sé stessa che conduce alla rimozionedi una qualsiasi consapevolezza di una relazione socialeprecedente, oppure quando le persone nel loro agire sia lasciano

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guidare da un sistema di convinzioni tali che li induce a negareil riconoscimento originario. Risulta evidente dunque che il riconoscimento giuridicodell’immigrato irregolare tramite la regolarizzazione della suostatus giuridico rappresenta lo strumento principale sia per lasua inclusione nell’accesso ai diritti di cittadinanza sia perinvertire i processi di inferiorizzazione di cui può esserevittima.

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