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1 CAPITOLO I IL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO 1.Il diritto internazionale privato : terminologia Con l’espressione “diritto internazionale privato” ci si riferisce in senso lato all’insieme delle norme che cia- scuno Stato si dà per disciplinare situazioni e rapporti che, in ogni settore del proprio ordinamento, non sono to- talmente interni all’ordinamento medesimo, nel senso che presentano qualche carattere di estraneità all’ordina- mento statale in questione ovvero presentano connotati di internazionalità o transnazionalità. Le norme di d.i.pr. fanno dunque parte dell’ordinamento giuridico del singolo Stato e attengono ai vari rami del diritto, tra cui naturalmente il diritto privato; così si parla di diritto internazionale privato con riferimento ai pro- fili sia processuali che sostanziali dei rapporti privatistici, ed è a questi ultimi che l’espressione si riferisce nella sua accezione più propria a ristretta. Il problema centrale della materia è la coesistenza di distinti e diversi sistemi normativi che aspirano o tacita- mente si candidano a regolare ciascuno a modo suo un medesimo rapporto o situazione giuridica. Per designare le norma destinate a guidare il giudice nella individuazione del diritto applicabile si parla di norme di scelta, di norma di conflitto o di collisione; la norma di conflitto richiama un ordinamento nel suo complesso e la individuazione, all’interno dell’ordinamento richiamato, della norma di legge in concreto applicabile non è di- rettamente operata dalla norma di conflitto ma ha luogo sulla base delle norme dello stesso ordinamento richia- mato che definiscono la gerarchia delle fonti normative, i canoni ermeneutica e le regole circa la successione del- le norme nel tempo. Art. 1 Legge 218/1995 Oggetto della legge: “ La presente legge determina l'ambito della giurisdizione italia - na, pone i criteri per l'individuazione del diritto applicabile e disciplina l'efficacia delle sentenze e degli atti stranieri Quindi l’espressione d.i.pr. allude a un complesso di norme giuridiche statali; tuttavia la consapevolezza dell’op- portunità che situazioni non totalmente interne ai singoli stati vengano disciplinate in maniera uniforme, ho in- dotto gli stessi stati a dotarsi di regole uniformi attraverso la stipulazione di un crescente numero di trattati inter- nazionali: alcune pongono norme di diritto materiale uniforme rivolte a sostituire una parte del diritto materiale di cui ciascuno stato contraente si era unilateralmente dotato ovvero ad affiancare al diritto materiale degli stati contraenti norme materiali uniformi da applicare alle sole fattispecie che presentano elemen - ti di internazionalità altri pongono norme uniformi di d.i.pr sia processuale che privato 1. stabiliscono quale fra gli stati contraenti abbia il compito, attraverso decisioni rese dai pro - pri giudici, di regolare determinati rapporti giuridici o di risolvere determinate controver - sie 2. pongono norme di conflitto uniformi 3. regolano le procedura da seguire e determinano le condizioni in presenza delle quali le sen - tenze rese dai giudici di uno stato contraente sono suscettibili di essere riconosciute e di pro - durre effetti negli altri stati contraenti Strettamente correlato è il fenomeno della produzione di norme di d.i.pr. ad opera delle organizzazioni interna- zionali che affiancano gli stati: Conferenza della Aja di diritto internazionale privato, Istituti per l’unificazione del diritto privato (UNIDROIT), La Comunità Europea che, dopo la modifica del trattato di Amsterdam, può adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, che includono tra l’altro il migliora- mento e la semplificazione del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni on materia civile e commerciale e la promozione delle compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competen- za giurisdizionale; tutto ciò attraverso lo strumento del regolamento ( 2201/2003 – 44/2001).
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Internazionale privato odt

Apr 25, 2023

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Page 1: Internazionale privato odt

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CAPITOLO I

IL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

1.Il diritto internazionale privato : terminologia

Con l’espressione “diritto internazionale privato” ci si riferisce in senso lato all’insieme delle norme che cia-

scuno Stato si dà per disciplinare situazioni e rapporti che, in ogni settore del proprio ordinamento, non sono to-

talmente interni all’ordinamento medesimo, nel senso che presentano qualche carattere di estraneità all’ordina-

mento statale in questione ovvero presentano connotati di internazionalità o transnazionalità.

Le norme di d.i.pr. fanno dunque parte dell’ordinamento giuridico del singolo Stato e attengono ai vari rami del

diritto, tra cui naturalmente il diritto privato; così si parla di diritto internazionale privato con riferimento ai pro-

fili sia processuali che sostanziali dei rapporti privatistici, ed è a questi ultimi che l’espressione si riferisce nella

sua accezione più propria a ristretta.

Il problema centrale della materia è la coesistenza di distinti e diversi sistemi normativi che aspirano o tacita-

mente si candidano a regolare ciascuno a modo suo un medesimo rapporto o situazione giuridica.

Per designare le norma destinate a guidare il giudice nella individuazione del diritto applicabile si parla di norme

di scelta, di norma di conflitto o di collisione; la norma di conflitto richiama un ordinamento nel suo complesso e

la individuazione, all’interno dell’ordinamento richiamato, della norma di legge in concreto applicabile non è di-

rettamente operata dalla norma di conflitto ma ha luogo sulla base delle norme dello stesso ordinamento richia-

mato che definiscono la gerarchia delle fonti normative, i canoni ermeneutica e le regole circa la successione del-

le norme nel tempo.

Art. 1 Legge 218/1995 Oggetto della legge: “ La presente legge determina l'ambito della giurisdizione italia - na, pone i criteri per l'individuazione del diritto applicabile e disciplina l'efficacia delle sentenze e degli atti

stranieri ”

Quindi l’espressione d.i.pr. allude a un complesso di norme giuridiche statali; tuttavia la consapevolezza dell’op-

portunità che situazioni non totalmente interne ai singoli stati vengano disciplinate in maniera uniforme, ho in-

dotto gli stessi stati a dotarsi di regole uniformi attraverso la stipulazione di un crescente numero di trattati inter-

nazionali:

• alcune pongono norme di diritto materiale uniforme rivolte a sostituire una parte del diritto materiale di cui ciascuno stato contraente si era unilateralmente dotato ovvero ad affiancare al diritto materiale degli stati contraenti norme materiali uniformi da applicare alle sole fattispecie che presentano elemen-ti di internazionalità

• altri pongono norme uniformi di d.i.pr sia processuale che privato 1. stabiliscono quale fra gli stati contraenti abbia il compito, attraverso decisioni rese dai pro -

pri giudici, di regolare determinati rapporti giuridici o di risolvere determinate controver-sie

2. pongono norme di conflitto uniformi 3. regolano le procedura da seguire e determinano le condizioni in presenza delle quali le sen -

tenze rese dai giudici di uno stato contraente sono suscettibili di essere riconosciute e di pro-durre effetti negli altri stati contraenti

Strettamente correlato è il fenomeno della produzione di norme di d.i.pr. ad opera delle organizzazioni interna-

zionali che affiancano gli stati: Conferenza della Aja di diritto internazionale privato, Istituti per l’unificazione

del diritto privato (UNIDROIT), La Comunità Europea che, dopo la modifica del trattato di Amsterdam, può

adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, che includono tra l’altro il migliora-

mento e la semplificazione del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni on materia civile e commerciale

e la promozione delle compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competen-

za giurisdizionale; tutto ciò attraverso lo strumento del regolamento ( 2201/2003 – 44/2001).

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Art. 2 Legge 218/1995 Convenzioni internazionali: “ Le disposizioni della presente legge non pregiudicano l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia.

Nell'interpretazione di tali convenzioni si terrà conto del loro carattere internazionale e dell'esigenza della loro applicazione uniforme ” La disposizione ricorda al giudice che, per prima cosa, deve accertare se esistano disposizioni convenzionali ap-

plicabili nel caso di specie.

2.Adattamento del diritto italiano alle convenzioni internazionali e al diritto comunitario

La stipulazione di trattati che importano modificazioni di legge deve essere autorizzata dalle Camere, con legge;

quanto all’adattamento per le norme convenzionali il procedimento regolarmente seguito e un procedimento spe-

ciale, che si realizza mediante un ordine de esecuzione relativo ad ogni singolo trattato (c.d. ordine di esecuzio-

ne).

Questo procedimento speciale può però essere seguito solo quando le norme del trattato sono formulate in ma-

niera tale da essere direttamente applicabili dagli operatori giuridici interni o quando, pur avendo bisogno di in-

tegrazione e completamento, all’interno del nostro ordinamento gia esistono norme idonee a svolgere tale fun-

zione.

Altrimenti il legislatore deve intervenire con il procedimento normativo ordinario per produrre norme corrispon-

denti a determinate norme convenzionali, o suscettibili di completarle.

Il giudice dovrà quindi di volta in volta controllare l’entrata in vigore dei trattati

Quanto alle norme di d.i.pr. contenute in atti comunitari, occorre distinguere:

• i regolamenti : sono direttamente applicabili nell’ordinamento statale e le loro norme prevalgono sia

su quelle poste mediante convenzionali internazionali sia su quelle della legge 218/1995

• le direttive : necessitano di provvedimenti statali di attuazione sicché le norme di d.i.pr. da esse pre-

viste saranno applicabili da parte dei nostri giudici solo in virtù del relativo provvedimento di attua-

zione

3.Prevalenza delle convezioni internazionali e del diritto comunitario sul diritto nazionale

Il rango della norma che contiene l’ordine di esecuzione è il rango della legge ordinaria, ma il procedimento del-

l’ordine di esecuzione attribuisce carattere speciale alle norme del trattato, escludendo che possano essere modi-

ficate da successive norme di legge e giustificando cosi la prevalenza rispetto al diritto nazionale, essenzialmente

rappresentato dalla legge 218/1995.

Prevalenza rispetto al diritto nazionale deve essere data anche al diritto comunitario

4.Interpretazione delle convezioni internazionali e del diritto comunitario

Lo scopo dei trattati è quello di consentire, attraverso l’applicazione di norme di conflitto o di diritto processuale

civile uniformi, il superamento delle posizioni particolaristiche e il raggiungimento della armonia e uniformità

delle soluzioni. Si registra però una divaricazione dei processi interpretativi a causa della tendenza dei giudici

nazionali ad utilizzare le categorie giuridiche più familiari, della diversità delle versioni linguistiche, delle tecni-

che di trasposizione delle convenzioni negli ordinamenti nazionali.

Per quanto riguarda la Convenzione di Bruxelles e quella di Roma, gli Stati contraenti che sono membri della

UE si sono assoggettati all’interpretazione delle Corte di Giustizia; rispetto alle altre convenzioni di d.i.pr. il giu-

dice italiano deve farsi guidare dai canoni ermeneutica che si rinvengono nell’ordinamento internazionale con ri-

ferimento ai trattati (da quelli codificati nella Convenzione di Vienna 1969 la quale sancisce fra l’altro che “i ter-

mini giuridici e le espressioni di un trattato abbiano lo stesso significato nei vari testi autentici”)

Per quanto riguarda il diritto comunitario, è affidata alla Corte di Giustizia la competenza a pronunciarsi in via

pregiudiziale.

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CAPITOLO II

LA GIURISDIZIONE INTERNAZIONALE

1.Giurisdizione e competenza

L’autorità giudiziaria italiana può esercitare il proprio compito di ius dicere solo in ordine ad una serie di situa-

zioni che presentino un significativo attacco con il nostro ordinamento, attacco che si configura come titolo di

giurisdizione, facendo sì che il giudice italiano abbia il potere di giudicare.

Con l’espressione autorità giudiziaria italiana si ci riferisce a tutti quanti gli organi che hanno il compito di am-

ministrare la giustizia in materia civile sul territorio del nostro stato; questo compito è ripartito tra una pluralità

di giudici, la cui competenza è determinata in ragione della materia e del territorio.

I regolamento comunitari non si limitano ad individuare le rispettive sfere di giurisdizione degli Stati contraenti,

bensì talvolta determinano anche il singolo giudice nazionale competente.

Sezione I

Il regolamento comunitario n. 44/2001 sulle decisioni in materia civile e commerciale

1.Genesi del regolamento n. 44/2001

Questo regolamento disciplina in maniera uniforme rispetto a tutti gli Stati membri dell’UE (tranne la Danimar-

ca) la determinazione della giurisdizione e il reciproco riconoscimento delle sentenze.

Ambito di Articolo 1 applicazione 1. Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendente mente

dalla natura dell'organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia

fiscale, doganale ed amministrativa. 2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:

a) lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i te-stamenti,e,le,successioni;

b)i,fallimenti,i,concordati,e,le,procedure,affini; c)la,sicurezza,sociale;

d) l'arbitrato. 3. Nel presente regolamento per "Stato membro" si intendono tutti gli Stati membri ad

eccezione della Danimarca.

2.Ambito di applicazione ratione materiae e ratione personae del regolamento n. 44/2001

La corte di giustizia ha esplicitamente negato che per interpretare la nozione di materia civile e commerciale si

debba avere riguardo al diritto dell’uno o dell’altro degli Stati interessati.

Si devono quindi ricondurre al campo di applicazione del regolamento tutte le controversie e le sentenze aventi

ad oggetto obbligazioni contrattuali o extracontrattuali che non riguardino le materie esplicitamente escluse (l’e-

sclusione però non vale quando le materie sono sottoposte al giudice in via incidentale).

Quindi l’articolo 1 delimita l’ambito di applicazione ratione materiae di tutte quante le disposizioni del regola-

mento stesso; ma per il primo gruppo di disposizioni che dettano norme in tema di esercizio della competenza

giurisdizionale, è stabilita una ulteriore e importantissima limitazione ratione personae: le norme del Capo II si

applicano sempre e soltanto quando il convenuto abbia il proprio domicilio in uno degli stati membri (l’art. 2 di-

chiara irrilevante il rapporto di cittadinanza).

Per le persone che hanno domicilio in territorio comunitario è lo stesso regolamento a ripartire la competenza

giurisdizionale fra gli Stati comunitari, individuando i contatti,i collegamenti con l’uno e con l’altro di detti Stati

che appaiono idonei a giustificare l’esercizio della giurisdizione.

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3.Titoli di giurisdizione: il foro generale del domicilio del convenuto

Le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro.

Articolo-21. Salve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determi-nato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato,membro.2. Alle persone che non sono in possesso della cittadinanza dello Stato membro nel quale esse sono do-miciliate si applicano le norme sulla competenza vigenti per i cittadini.

Per quanti viceversa non hanno domicilio nel territorio comunitario restano applicabili le norme sulla competen-

za giurisdizionale dei singoli Stato membri, ma con due importanti eccezioni (art 22 e 23).

Articolo-41. Se il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro, la competenza è disciplinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge di tale Stato, salva l'applicazione degli articoli 22 e 23.2. Chiunque sia domiciliato nel territorio di un determinato Stato membro può, indipendentemente dalla propria nazionalità ed al pari dei cittadini di questo Stato, addurre nei confronti di tale convenuto le nor-me sulla competenza in vigore nello Stato medesimo, in particolare quelle indicate nell'allegato I.

• ove l’art 22 attribuisca competenza esclusiva all’autorità giudiziaria di uno stato membro contraen - te, tale attribuzione produce effetto anche qualora il convenuto non sia domiciliato in territorio co-munitario

• la clausola con le quale le parti abbiano attribuito competenza al giudice di uno stato membro è pie - namente operante anche quando il solo attore abbia domicilio in territorio comunitario e produce alcuni effetti anche quando nessuna delle parti sia ivi domiciliata (art. 23).

Determinazione del domicilio

Persone fisiche e enti il regolamento rinuncia a una qualificazione autonoma e si richiama senza personalità giuridica al diritto degli Stati membri.

Articolo-591. Per determinare se una parte ha il domicilio nel territorio dello Stato

membro in cui è pendente il procedimento, il giudice applica la legge na-zionale.

2. Qualora una parte non sia domiciliata nello Stato membro i cui giudici sono aditi, il giudice, per stabilire se essa ha il domicilio in un altro Stato

membro, applica la legge di quest'ultimo Stato.

Persone giuridiche il regolamento provvede in via autonomaArticolo-601. Ai fini dell'applicazione del presente regolamento una società o altra persona giuridica,è,domiciliata,nel,luogo,in,cui,si,trova:

a)lasuasedestatutaria-ob)lasuaamministrazionecentrale-oppure

c) il suo centro d'attività principale

Nel caso in cui per una singola controversia si configurino più fori generali (ex più stato membri, ciascuno in

base al proprio diritto interno, ritiene quella persona domiciliata entro il rispettivo territorio), sarà l’attore a sce-

gliere in quale foro agire.

Infine, il momento in cui si deve verificare l’esistenza del domicilio del convenuto, è il momento in cui si instau-

ra la controversia, da determinare a sua volta sulla base della legge processuale dello Stato membro in questione.

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4.I fori speciali (eccezioni alla regola generale del foro del domicilio del convenuto)

Articolo 3: “ 1. Le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro possono essere convenute davanti ai giudici di un altro Stato membro solo in base alle norme enunciate nelle sezioni da 2 a 7 del pre-

sente-capo.2. Nei loro confronti non possono essere addotte le norme nazionali sulla competenza riportate

nell'allegato I ”

Il regolamento configura anche una serie di competenza giurisdizionali speciali, cioè dei fori alternativi rispetto

a quello generale del domicilio; la scelta tra il foro generale e quello speciale è una facoltà lasciata all’attore: per

questo le competenze speciali sono anche dette competenze facoltative.

5.Il foro in materia contrattale: il luogo di esecuzione

Articolo 5.1: “ La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:

a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita;

b) i fini dell'applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione del-l'obbligazione dedotta in giudizio è:

• nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto,

• nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto;

c) la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b) ”

Per quanto riguarda il concetto di materia contrattuale, la Corte di Giustizia ritiene che la nozione di materia

contrattuale non implica un rinvio alla qualificazione fornita dal diritto nazionale, ma deve essere considerata

come una nozione autonoma, riferendosi principalmente al sistema e agli scopi della Convezione (di Bruxelles)

stessa al fine di garantire l’applicazione uniforme in tutti gli Stato contraenti. In concreto la Corte ha escluso che

possano ricondursi alla nozione in esame fattispecie in cui non esista alcun obbligo liberamente assunto da una

parte nei confronti di un’altra.

Per determinare il foro speciale, deve aversi riguardo esclusivamente alla specifica obbligazione che si assume

inadempiuta e non una qualsiasi obbligazione pur relativa al rapporto contrattuale controverso; se poi l’attore fa

valere più obbligazioni derivanti dallo stesso contratto, il giudice adito deve decidere della propria competenza

sulla base della localizzazione dell’obbligazione principale tra quelle in causa (in base al principio per cui l’ac-

cessorio segue il principale).

La competenza del giudice adito dipende quindi dalla determinazione del luogo di esecuzione dell’obbligazio-

ne oggetto della controversia; riguardo al modo in cui tale determinazione debba essere operata, la Corte di Giu-

stizia dice che il giudice adito deve applicare il diritto materiale che disciplina l’obbligazione controversa secondo il diritto internazionale privato applicabile.

La Corte stabilisce anche che se la legge applicabile consente ai contraenti, senza requisiti formali, di designare

il luogo in cui l’obbligazione deve essere adempiuta, l’accordo circa il luogo di adempimento è sufficiente a ra-

dicare nello stesso luogo la competenza giurisdizionale, sempre che questo luogo presenti un collegamento effet-

tivo con la materia del contratto; altrimenti tale accordo avrebbe il valore di una determinazione di un foro com-

petente e rimarrebbe soggetto alla disciplina e ai requisiti formali dell’art. 23 in tema di proroga della competen-

za.

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La regola generale in materia contrattuale del luogo di esecuzione enunciata dall’art. 5.1 lettera a) ha però ca-

rattere residuale, in quanto essa si applica solo se non sono applicabili le due disposizioni della lettera b): infatti

il regolamento ha esso stesso direttamente indicato quello che si deve considerare luogo di esecuzione per due tipi di contratto :

• contratti di compravendita di beni : il luogo di esecuzione è il luogo, situato in uno Stato membro,

in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto

• contratti di prestazione di servizi : il luogo di esecuzione è il luogo, situato in uno Stato membro,

in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto.

Per questi due tipi contrattuali quindi si ha una concentrazione della competenza: il foro speciale non riguarda

solo la specifica obbligazione fatta valere in giudizio, ma ogni azione originata dalla difettosa o mancata esecu-

zione del contratto, anche le azioni volte all’accertamento della validità o invalidità del contratto medesimo. Per-

ché avvenga tale concentrazione devono sussistere due requisiti:

• la designazione del luogo (di consegna o di esecuzione) deve risultare dal contratto

• tale luogo deve trovarsi nel territorio comunitario In assenza di questi due requisiti si torna ad applicare la lettera a).

6.Il foro in materia di obbligazioni alimentari

Articolo 5.2: “ La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro in materia di obbligazioni alimentari, davanti al giudice del luogo in cui il creditore di alimenti

ha il domicilio o la residenza abituale o, qualora si tratti di una domanda accessoria ad un'azione relativa allo stato delle persone, davanti al giudice competente a conoscere quest'ultima secondo la legge nazionale,

salvo che tale competenza si fondi unicamente sulla cittadinanza di una delle parti ”

Alla parte che si presume più debole, cioè quella che vanta il credito alimentare, è consentito di agire:

• davanti al giudice del luogo in cui essa ha il proprio domicilio

• davanti al giudice del luogo in cui essa ha la propria residenza abituale

Questa norma stabilisce giurisdizione e anche competenza (per territorio); inoltre il giudice italiano adito per af-

fermare o negare la propria competenza, non potrà basarsi sulla definizione di domicilio o residenza del nostro

codice civile, ma dovrà ricostruire tali nozioni alla luce del diritto comunitario e della giurisprudenza della Corte

di Giustizia.

Se il credito alimentare viene fatto valere come domanda accessoria nell’ambito di una azione relativa allo stato

personale, è competente il giudice dell’azione principale (al fine di evitare decisioni contraddittorie).

7.Il foro in materia di illeciti civili

Articolo 5.3: “ La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso

è avvenuto o può avvenire ”

Questa norma ha carattere residuale: i fori alternativi da essa previsti sono utilizzabili per qualsiasi domanda che

miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla materia contrattuale, di cui al-

l’art. 5.1.

Luogo dell’evento dannoso = la Corte di Giustizia considera tale

• sia il luogo di compimento dell’azione

• sia il luogo in cui il danno si è prodotto (in esso non sono però

compresi i luoghi dove si verificano i danni indiretti o consequenzia-

li o i luoghi in cui la parte lesa sostiene di aver patito un pregiudizio

patrimoniale in conseguenza di un danno iniziale verificatosi e da

essa subito in un altro Stato contraente)

Si riconosce quindi all’attore un’ulteriore facoltà di scelta.

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Inoltre con le parole “può avvenire” il regolamento ammette la possibilità di ricondurre alla disposizione in esa-

me le domande fondate sul pericolo che l’evento dannoso si realizzi e in particolare quelle volte a ottenere un

provvedimento cautelare del giudice idoneo a prevenirne la realizzazione.

8.Gli altri fori

Art 5.4: si riconosce competenza speciale per l’azione di risarcimento dei danni o di restituzione, nascente da

reato, al giudice dell’azione penale al quale la propria legge consenta di conoscere anche dell’azione civile con-

seguente ai comportamenti penalmente rilevanti.

Ma la decisione emessa dal giudice penale nell’azione civile senza che la persona in causa abbia avuto la possi-

bilità di difendersi potrà non essere riconosciuta né eseguita negli altri Stati membri (art 61).

Art 5.5: nelle controversie concernenti l’esercizio di una succursale, di una agenzia o di qualsiasi altra sede di at-

tività viene attribuita competenza anche al giudice del luogo in cui è situata la succursale, l’agenzia o la sede di

attività in questione, in alternativa al foro del domicilio della casa madre.

Requisiti affinché si possa individuare la presenza in un certo luogo di un centro operativo:

• deve possedere un’organizzazione dotata di autonomia e idonea a trattare con i terzi per contro dell’impresa

• deve esserci subordinazione alla direzione e al sindacato della casa madre

• l’attività in ordine alla quale è sorta la controversia dedotta in giudizio deve riguardare l’e - sercizio del centro operativo

Art 5.6: nelle azioni promosse nei confronti di un soggetto interessato ad un trust, il soggetto in questione può

essere convenuto in giudizio anche nello Stato membro nel quale è localizzato il domicilio del trust.

Art 5.7: se si tratta di una controversia relativa al pagamento della somma richiesta per l’assistenza o il salvatag-

gio di una nave in mare, è competente il giudice del luogo nel quale si verifica il sequestro del carico o del nolo

9.La concentrazione di azioni in presenza di più fori competenti

Nozione di connessione = sono connesse le cause aventi tra di loro un legame così stretto da rendere op-portune una trattazione e decisione uniche per evitare soluzioni tra di loro in-compatibili ove le cause fossero trattate separatamente (art 28.3).

L’articolo 6 prevede quattro eventualità nelle quali una persona (fisica o giuridica) domiciliata in uno Stato

membro può essere convenuta in giudizio in uno Stato non configurabile né come foro generale né come foro

speciale:

La persona di cui all'articolo precedente può inoltre essere convenuta:

1) in caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato,

sempre che tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica ed una deci-

sione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompa-

tibili;

2) qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti al giudice presso il quale è stata

proposta la domanda principale, sempre che quest'ultima non sia stata proposta solo per distogliere colui

che è stato chiamato in causa dal suo giudice naturale;

3) qualora si tratti di una domanda riconvenzionale nascente dal contratto o dal fatto su cui si fonda la domanda

principale, davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale (cioè è consentito al

convenuto di agire nei confronti dell’attore di fronte allo stesso giudice davanti al quale è stato chiamato in

giudizio, per far valere una propria pretesa avente origine dal medesimo contratto o dal medesimo fatto posto

alla base dell’azione inizialmente promossa contro di lui)

4) in materia contrattuale, qualora l'azione (contrattuale) possa essere riunita con un'azione in materia di diritti

reali immobiliari proposta contro il medesimo convenuto, davanti al giudice dello Stato membro in cui l'immobile è situato.

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Quando la facoltà di sottoporre al medesimo giudice azioni tra loro connesse non sia stata utilizzata e quindi due

o più azioni connesse pendano davanti ai giudici di Stati membri differenti, il giudice successivamente adito può

sospendere il proprio giudizio in attesa che si concluda il procedimento che era stato iniziato per primo in un la-

tro Stato membro (art 28.1).

Solo se entrambi i procedimenti sono ancora in primo grado e solo se almeno uno dei due litiganti lo richiede, il

secondo giudice può dimettere il processo: il giudice successivamente adito può dichiarare la propria incompe-

tenza a condizione che il giudice precedentemente adito sia competente a conoscere delle domande proposte e la

sua legge consenta la riunione dei procedimenti (art 28.2).

Alla disciplina della competenza fin qui delineata il regolamento sottrae alcune controversie:

• controversie originate da contratti di assicurazione

• controversie originate da contratti conclusi da consumatori

• controversie originate da contratti individuali di lavoro

Il regolamento si propone di tutelare quella che è ritenuta la parte debole:

• viene ridotta drasticamente la possibilità che siano le stesse parti a designare il giudice compe - tente

• si aumenta il numero dei fori nei quali la parte debole può convenire il giudizio la controparte

• si riduce il numero dei fori nei quali la parte debole potrebbe a sua volta venire convenuta

10.I fori esclusivi e inderogabili dell’art. 22

L’art 22 determina una serie di competenze esclusive, cioè di titoli di giurisdizione che valgono indipendente-

mente dalla localizzazione del domicilio del convenuto; in relazione a queste criteri di competenza da un lato le

parti non hanno nessuna facoltà di deroga convenzionale, dall’altro qualsiasi giudice operante in uno stato mem-

bro che non sia quello individuato dall’articolo 22 dovrà se adito in via principale, dichiarare anche d’ufficio la

propria incompetenza.

1. In materia di diritti reali su beni immobili e di contratti d’affitto su beni immobili hanno competenza esclusiva i giudici dello Stato membro nel quale si trova l’immobile

La competenza esclusiva ingloba delle azioni che si riferiscono ai diritti reali immobiliari solo quelle che rien-

trano nel campo si applicazione del regolamento e tendono a determinare l’estensione, la consistenza, la pro-

prietà, il possesso di beni immobili o l’esistenza di altri diritti reali su tali beni e ad assicurare ai titolari di

questi diritti la protezione delle prerogative derivanti dal loro titolo.

Per quanto riguarda i contratti di locazione di beni immobili, la disposizione affianca come foro alternativo al

foro di situazione dell’immobile, quello del domicilio del convenuto: in materia di contratti d'affitto di immo-

bili ad uso privato temporaneo stipulati per un periodo massimo di sei mesi consecutivi, hanno competenza

anche i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato, purché l'affittuario sia una persona fisica

e il proprietario e l'affittuario siano domiciliati nel medesimo Stato membro.

2. in materia di validità, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche, aventi la sede nel terri - torio di uno Stato membro, o riguardo alla validità delle decisioni dei rispettivi organi, hanno compe-tenza esclusiva i giudici di detto Stato membro.

Per determinare la sede il giudice di ciascuno Stato membro applica le norme del proprio diritto internaziona-

le privato; c’è quindi il rischio che si pervenga alla identificazione di diversi giudici competenti: il conflitto

può essere risolto in base all’art. 29 che prescrive al giudice successivamente adito di rimettere la causa a

quello che per primo era stato investito della controversia.

3. in materia di validità delle trascrizioni ed iscrizioni nei pubblici registri hanno competenza esclusiva i giudici dello Stato membro nel cui territorio i registri sono tenuti;

4. in materia di registrazione o di validità di brevetti, marchi, disegni e modelli e di altri diritti analoghi

per i quali è prescritto il deposito ovvero la registrazione, hanno competenza esclusiva i giudici dello Stato membro nel cui territorio il deposito o la registrazione sono stati richiesti, sono stati effettuati o

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sono da considerarsi effettuati a norma di un atto normativo comunitario o di una convenzione inter-nazionale.

9

Salva la competenza dell'ufficio europeo dei brevetti in base alla convenzione sul rilascio di brevetti euro-pei, firmata a Monaco di Baviera il 5 ottobre 1973, i giudici di ciascuno Stato membro hanno competenza esclusiva, a prescindere dal domicilio, in materia di registrazione o di validità di un brevetto europeo rila-sciato per tale Stato; 5. in materia di esecuzione delle decisioni, i giudici dello Stato membro nel cui territorio ha luogo l'esecu -

zione.

11.Il foro designato dalle parti

Il regolamento consente che siano le stesse parti litiganti a scegliersi il giudice; si parla di proroga di competenza

alludendo al fatto che il potere dovere di decidere del giudice adito viene esteso a comprendere una controversia

rispetto alla quale in principio non avrebbe competenza giurisdizionale.

La scelta può essere espressa o tacita.

Articolo 231. Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato membro, abbiano attribuito la

competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o fu-ture, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta a questo giudice o ai giu-

dici di questo Stato membro. Detta competenza è esclusiva salvo diverso accordo tra le parti. La clausola attributiva di competenza deve essere conclusa:

a) per iscritto o oralmente con conferma scritta, o b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro, o

c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti

di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato.2. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione

durevole della clausola attributiva di competenza.3. Quando nessuna delle parti che stipulano tale clausola è domiciliata nel territorio di uno Stato membro, i

giudici degli altri Stati membri non possono conoscere della controversia fintantoché il giudice o i giudici la cui competenza è stata convenuta non abbiano declinato la competenza

4. Il giudice o i giudici di uno Stato membro ai quali l'atto costitutivo di un trust ha attribuito competenza a giudicare, hanno competenza esclusiva per le azioni contro un fondatore, un trustee o un beneficiario di

un trust, ove si tratti di relazioni tra tali persone o di loro diritti od obblighi nell'ambito del trust.

5. Le clausole attributive di competenza e le clausole simili di atti costitutivi di trust non sono valide se in

contrasto con le disposizioni degli articoli 13, 17 o 21 o se derogano alle norme sulla competenza esclusiva

attribuita-ai-giudici-ex-art-22. 22.

Nella scelta espressa il consenso delle parti in ordina alla identificazione del giudice cui rivolgersi è manifestato

mediante una “clausola compromissoria” o “accordo di proroga della competenza”; esso deve rispettare dei

requisiti formali.

Quello indicato diventa il solo foro al quale le parto possono poi rivolgersi, mettendo fuori gioco il foro generale

del domicilio e quelli speciali dell’art 5; l’accordo inoltre può anche prescindere da qualsiasi legame oggettivo

tra il rapporto giuridico controverso e il giudice designato.

Le parti tuttavia possono prevedere (necessariamente in modo espresso) che il loro accordo sia volto semplice-

mente a permettere che la controversia sia portata davanti a un giudice diverso da quello o da quelli che sarebbe-

ro competenti secondo il regolamento, ma non a privare di competenza questi ultimi: le parti conservano la fa-

coltà di adire al giudice o ai giudici che sarebbero competenti secondo il regolamento in alternativa a quello da

esse stesse designato.

Tutto ciò quando almeno una delle due parti è domiciliata in territorio comunitario; nell’ipotesi in cui nessuna

delle parti è domiciliata in uno Stato membro l’effetto dell’accordo di proroga è che il primo a pronunciarsi

deve essere il giudice dello Stato designato dalle parti: i giudici degli altri Stati membri, che sarebbero compe-

tenti in base alla legge nazionale, possono conoscere della controversia solo dopo che il giudice scelto dalle parti

abbia rifiutato di esercitare la sua competenza.

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10

L’art 23 non è applicabile alle controversie in materia di assicurazioni, di contratti conclusi da consumatori e di

contratti individuali di lavoro; e neanche quando la clausola deroga alle norme sulla competenza esclusiva.

Articolo 24“ Oltre che nei casi in cui la sua competenza risulta da altre disposizioni del presente regolamento, il giudice di uno Stato membro davanti al quale il convenuto è comparso è competente. Tale norma non è applicabile se la comparizione avviene per eccepire l'incompetenza o se esiste un altro giudice esclusivamente competente ai

sensi dell'articolo 22 ”

La proroga tacita si realizza quando la parte convenuta compera e si difende nel merito davanti al giudice di fronte al quale è stata chiamata in giudizio senza preventivamente contestarne la competenza. Questo

comportamento si configura come adesione alla scelta del foro operata dall’attore ed è idoneo a prevalere anche

rispetto a clausole compromissorie o accordi di proroga in precedenza raggiunti a favore di un giudice diverso.

Inoltre la Corte ha stabilito che, di fronte ad una eventuale azione riconvenzionale, l’attore non può poi a sua

volta eccepire il difetto di giurisdizione del giudice al quale egli stesso si era rivolto.

Spetta al diritto processuale nazionale del giudice adito la determinazione del momento e delle modalità della

comparizione in giudizio del convenuto, ossia del momento entro il quale il convenuto può utilmente far valere il

difetto di competenza.

12.Litispendenza e connessione

Articolo 25“ Il giudice di uno Stato membro, investito a titolo principale di una controversia per la quale l'articolo 22 sta - bilisce la competenza esclusiva di un giudice di un altro Stato membro, dichiara d'ufficio la propria incompe-

tenza ”

Articolo 26“ 1. Se il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato membro è citato davanti ad un giudice di un altro

Stato membro e non compare, il giudice, se non è competente in base al presente regolamento, dichiara d'uf-ficio la propria incompetenza.

2. Il giudice è tenuto a sospendere il processo fin quando non si sarà accertato che al convenuto è stata data la possibilità di ricevere la domanda giudiziale o un atto equivalente in tempo utile per poter presentare le

proprie difese, ovvero che è stato fatto tutto il possibile in tal senso ” (ci sono altri due commi).

Articolo 27“ 1. Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande

aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il proce-

dimento finché sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza.2. Se la competenza del giudice precedentemente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito di-

chiara la propria incompetenza a favore del primo ”

Questa norma deve essere oggetto di interpretazione ampia e quindi

• la norma deve operare indipendentemente dal fondamento della competenza del giudice successivamente adito, cioè la disposizione si deve applicare senza tener conto del domicilio delle parti nelle due cause.

• il giudice adito per secondo deve sospendere il procedimento anche se la sua competenza si basa su un accordo di proroga intercorso tra le parti

La nozione di litispendenza accolta dal regolamento è autonoma rispetto a quella accolta dai sistemi giuridici na-

zionali e comporta, sul piano oggettivo identità del titolo e di oggetto in senso ampio.

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Il regolamento provvede in via autonoma a definire anche il momento in cui una causa si considera pendente (art

30), stabilendo che un giudice deve considerarsi adito.

• quando la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso il giudice, purché suc - cessivamente l'attore non abbia omesso di prendere tutte le misure che era tenuto a prendere affinché fosse effettuata la notificazione o comunicazione al convenuto, o

• se l'atto deve essere notificato o comunicato prima di essere depositato presso il giudice, quando l'autorità competente per la notificazione o comunicazione lo riceve, purché successivamente l'attore non abbia omesso di prendere tutte le misure che era tenuto a prendere affinché l'atto fosse depositato presso il giudice

La priorità cronologica opera anche nel caso in cui siano promosse davanti a giudici di Stati comunitari diversi

cause fra loro connesse.

La priorità cronologica opera anche quando una medesima causa sia stata avviata davanti a giudici di Stati diver-

si a cui favore operano distinti titoli di giurisdizione esclusiva.

Articolo 29: “ Qualora la competenza esclusiva a conoscere delle domande spetti a più giudici, quello succes - sivamente adito deve rimettere la causa al giudice adito in precedenza ”

Invece se a favore del giudice adito per primo gioca un titolo non esclusivo di giurisdizione, spetta a lui declinare

la giurisdizione a favore del secondo giudice dotato di competenza esclusiva.

13.Provvedimenti cautelari

Per provvedimenti cautelari o provvisori devono intendersi i provvedimenti volti alla conservazione di una situazione di fatto o di diritto onde preservare diritti dei quali spetterà poi al giudice del merito accer-tarne l’esistenza .

Anche se il regolamento non lo precisa, il giudice al quale è affidata la competenza di decidere nel merito una

controversia è anche competente ad adottare quei provvedimenti che il suo diritto nazionale prevede possano ve-

nire adottai ove si presenti il pericolo che la decisione di merito, quando alla fine sarà emessa, risulti in pratica

inutile.

Il regolamento lascia però anche in vigore le normative dei singoli Stati comunitari, stabilendo che i provvedi-

menti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono venire richiesti all’autorità giudi-

ziaria di uno Stato membro anche se la competenza sulla giurisdizione di merito è affidata ai giudici di un altro

Stato membro (deve ovviamente esistere un effettivo nesso di collegamento fra l’oggetto del provvedimento ri-

chiesto e la competenza territoriale dello Stato membro del giudice dito).

Articolo 31 : “ I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere

richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato membro ”

Si rimette quindi in gioco la previsione dell’art. 10 legge 218/1995 secondo cui il giudice italiano è competente

ad adottare provvedimenti di natura cautelare quando:

• ha giurisdizione sul merito della controversia

• il provvedimento richiesto deve essere eseguito in Italia

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Sezione II

La legge italiana n. 218/1995

1.Titoli di giurisdizione

Art. 3: Ambito della giurisdizione1. La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappre -

sentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 Cod. Proc. Civ. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge.

2. La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle Sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della Conven - zione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commer-

ciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel terri-

torio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione del-la Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la

competenza per territorio.

Titoli generali di giurisdizione sono nell’ordine:

• Domicilio del convenuto

• Residenza in Italia del convenuto

• Il fatto che il convenuto abbia in Italia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio a norma del - l’art. 77 cod. proc. civ.

Quando il convenuto non è domiciliato in uno Stato comunitario, la giurisdizione italiana sussiste:

• in base ai criteri del Regolamento 44/2001 racchiusi nelle sezioni 2, 3, 4 del Capo II quando la controversia

riguarda la materia civile e commerciale

• in base ai criteri stabiliti dalla legge per la competenza per territorio, quando la controversia riguarda una ma-

teria che è esclusa dal campo di applicazione del regolamento.

Nel nostro sistema processuale operano come criteri di competenza per territorio il domicilio e la residenza: si

determina quindi una sovrapposizione parziale con l’art 3.1. Inoltre questa norma comporta l’utilizzo dell’art

18.2 cod. proc. civ. per cui nel caso in cui il convenuto non abbia né residenza né domicilio né dimora in Ita-

lia, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore.

2.Proroga o Deroga convenzionale della giurisdizione

Art. 4: Accettazione e deroga della giurisdizione1. Quando non vi sia giurisdizione in base all'art. 3, essa nondimeno sussiste se le parti l'abbiano convenzio -

nalmente accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo.

2. La giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga e provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili.

3. La deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri indicati declinano la giurisdizione o comunque non posso - no conoscere della causa.

L’accordo delle parti è idoneo sia ad attribuire all’autorità giudiziaria italiana il potere di conoscere una contro-

versia in principio non soggetta alla sua giurisdizione (accordo che può essere espresso o tacito), sia ad escludere

la giurisdizione italiana (accordo che può essere solo espresso, nel senso che l’accettazione tacita della giurisdi-

zione straniera non vale accordo di deroga)

Requisiti dell’accordo di proroga e dell’accordo di deroga:

• capacità della parti

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• prova scritta

• la causa deve riguardare diritti disponibili

13

3.Azioni reali relative ad immobili situati all'estero

Art. 5 : Azioni reali relative ad immobili siti all'esteroLa giurisdizione italiana non sussiste rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero .

In base a questo articolo tutti i titoli di giurisdizione fin ora esaminati (domicilio in Italia, proroga convenzionale

espressa o tacita) sono inoperanti rispetto alle azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all’estero.

Ratio: rilevante probabilità che il giudicato risulti ineseguibile.

4.Altre ipotesi di esclusione della giurisdizione: il trattamento degli Stati esteri

Art. 11: Rilevabilità del difetto di giurisdizioneIl difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. E' rilevato dal giudi-

ce d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto e contumace, se ricorre l'ipotesi di cui all'art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale .

Queste ipotesi riguardano particolari categorie di convenuti: Stati stranieri, i loro agenti diplomatici e altri loro

organi, le Organizzazioni internazionali. Ci sono infatti norme di diritto internazionale che sottraggono questi

enti e queste persone all’esercizio della giurisdizione civile da parte degli Stati.

La motivazione tradizionale dell’esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione consiste nell’affermare l’im-

munità in base al principio del rispetto della loro sovranità (par in rem non habet iurisdictionem); parte della dot-

trina e della giurisprudenza tende a ridurre la portata del principio distinguendo due tipi di atti dello Stato stra-

niero:

• Atti iure imperii : atti posti in essere nel compimento di una pubblica funzione, cioè nell’esercizio del potere

sovrano

• Atti iure gestionis : atti posti in essere nell’esercizio di attività privatistiche

L’immunità sussiste solo relativamente agli atti del primo tipo

Ma la giustificazione di questa prassi più che nel principio sopra enunciato, trova fondamento nel principio gene-

rale per cui i membri della Comunità internazionale non sono autorizzati ad intervenire, l’uno nei confronti del-

l’altro, in tutto ciò che riguarda la loro organizzazione interna; nell’ambito invece delle attività dello Stato estero

non attinenti alla propria organizzazione (compravendite, affitti) la giurisdizione sussiste.

5.L’immunità dalla giurisdizione delle organizzazioni internazionali

Quanto alle organizzazioni internazionali, la misura di esenzione della giurisdizione italiana di cui esse godono è

determinata da appositi accordi in materia, venuti a fare parte del nostro ordinamento a seguito dell’ordine di

esecuzione. Ove le Convenzioni non provvedano, vale il principio del limite della giurisdizione dei giudici in

connessione a ciò che riguarda l’organizzazione in rena degli enti, che in quanto forniti di personalità giuridica

internazionale, appaiono assimilabili agli Stati.

6.Il trattamento degli agenti diplomatici, dei Capi di Stato, ecc.

Gli agenti diplomatici non rispondono personalmente degli atti posti in essere nell’esercizio delle loro funzioni,

in quanto si tratta di atti del loro Stato; per gli altri atti essi sono esentati dalla giurisdizione civile e penale dello

Stato presso il quale sono accreditati (godono quindi di immunità).

Gli organo degli Stati esteri (Capo dello Stato, capi di Governo, ministri degli affari esteri) godono di immunità

dalla giurisdizione civile in modo analogo agli agenti diplomatici; mentre più limitate immunità sono concesse

agli agenti e funzionari di Organizzazioni internazionali.

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7.Connessione e pregiudizialità

Nel caso di connessione:

• se si tratta di una materia civile e commerciale si applicano gli art. 6 e 7 del regolamento 44/2001

• se si tratta di altre materie a fondare l’attrazione sotto la giurisdizione italiana è il ricorrere di un’ipotesi che

implica attrazione nella competenza per territorio di un giudice italiano di una domanda che in principio non

vi rientrerebbe

Art. 6: Questioni preliminariIl giudice italiano conosce, incidentalmente, le questioni che non rientrano nella giurisdizione italiana e la

cui soluzione è necessaria per decidere sulla domanda proposta .

Incidentalmente = le decisioni del giudice italiano non hanno valore di giudicato ma hanno effetto circoscritto

alla definizione della domanda principale

8.Litispendenza

Art. 7 : Pendenza di un processo straniero1. Quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda avente il me -

desimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano, se ritiene che il prov-

vedimento straniero possa produrre effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio. Se il giudice straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è riconosciuto nell'ordina-

mento italiano, il giudizio in Italia prosegue, previa riassunzione ad istanza della parte interessata.2. La pendenza della causa innanzi al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il

processo si svolge.3. Nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, il giudice italiano può sospendere il processo se ritiene

che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano.

Art. 8: Momento determinante della giurisdizionePer la determinazione della giurisdizione italiana si applica l'art. 5 Cod. Proc. Civ. Tuttavia la giurisdizione sussiste se i fatti e le norme che la determinano sopravvengono nel corso del processo.

Poiché l’impedimento alla procedibilità dell’azione in Italia deriva dal fatto che il giudice straniero è stato pre-

ventivamente adito, è determinante stabilire la prevenzione, cioè accertare il momento iniziale dei due processi:

• il giudice italiano dovrà attenersi al proprio diritto (art 8)

• la pendenza della causa innanzi al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il processo si svolge (art 7.2)

Quindi è con riferimento al momento nel quale la domanda è stata proposta che si devono valutare i dati di fatto

e quelli normativi idonei a fondare o escludere la giurisdizione italiana, mentre i mutamenti successivi sono, in

principio, privi di effetti (perpetuatio iurisdictionis). Questo significa che:

• il convenuto non può sottrarsi alla giurisdizione italiana nemmeno facendo venir meno l’attacco con l’ordinamento italiano assunto come titolo di giurisdizione (trasferendo all’estero la residenza)

• la pattuizione con cui la giurisdizione italiana viene derogata a favore del giudice straniero è produttiva di effetti solo se precede l’inizio del procedimento in Italia

Ma l’art. 8 precisa che si tenga conto di fatti e norme sopravvenuti nel corso del processo se e solo se idonei a

fondare la giurisdizione

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9.Giurisdizione in materia volontaria

Art. 9: Giurisdizione volontariaIn materia di giurisdizione volontaria, la giurisdizione sussiste, oltre che nei casi specificamente contemplati

dalla presente legge e in quelli in cui è prevista la competenza per territorio di un giudice italiano quando il provvedimento richiesto concerne un cittadino italiano o una persona residente in Italia o quando esso ri-

guarda situazioni o rapporti ai quali è applicabile la legge italiana.

Riguardo la giurisdizione nei procedimenti non contenziosi, cioè nei quali l’intervento del giudice è richiesto al

di fuori della dialettica processuale che contrappone attore e convenuto, essa sussiste:

• in base alle norme di competenza per territorio

• se la persona cui il provvedimento si riferisce è cittadina italiana o è residente in Italia

• se i provvedimenti riguardano situazioni o rapporti ai quali sia applicabile la legge italiana

10.Giurisdizione in materia cautelare e nei procedimenti esecutivi

Art. 10: Materia cautelareIn materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia

o quando il giudice italiano ha giurisdizione nel merito.

Nessuna disposizione invece è dettata riguardo ai procedimenti esecutivi, ma è ovvio che il potere di esecuzione

su di un bene presuppone la presenza del bene nell’ambito dell’ordinamento del giudice: quindi è possibile l’e-

sercizio da parte dell’autorità italiana del potere coercitivo in cui consiste l’esecuzione forzata solo sui beni che

sono situati all’interno del nostro ordinamento giuridico.

11.Rilevabilità del difetto di giurisdizione

Art. 11: Rilevabilità del difetto di giurisdizioneIl difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. E' rilevato dal giudi-

ce d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto e contumace, se ricorre l'ipotesi di cui all'art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale.

Nei casi in cui è ammessa la proroga della giurisdizione, il difetto di giurisdizione non è rilevabile d’ufficio e a

farlo valere deve essere il convenuto, benché ovviamente si sia costituito in giudizio e non abbia espressamente o

tacitamente (cioè difendendosi nel merito senza eccepire il difetto di giurisdizione) accettato di sottoporsi alla

giurisdizione italiana.

Solo in tre ipotesi spetta al giudice verificare d’ufficio la propria giurisdizione:

• contumacia del convenuto: egli in quanto assente dal processo è impossibilitato a eccepire il difetto di giurisdizione né può dirsi che con il proprio comportamento l’abbia tacitamente accettata

• azioni reali su beni immobili situati all’estero

• il difetto di giurisdizione dipende da una norma di diritto internazionale pubblico

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CAPITOLO III

LE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

1.Il coordinamento tra i vari ordinamenti giuridici

Le norme di diritto processuale civile internazionale hanno diverse funzioni:

• delimitare la giurisdizione

• definire i casi nei quali e le procedura secondo cui sentenze e atti stranieri sono suscettibili di produrre effetti nel nostro ordinamento

• porre i criteri per l’individuazione del diritto applicabile da parte del giudice italiano

Riguardo all’ultima funzione, ci possono essere due soluzione estreme:

• porre direttamente apposite norme di diritto materiale idonee a regolare le fattispecie con elementi di internazionalità in modo diverso dalle fattispecie esclusivamente interne

• ignorare la transnazionalità e prevedere che il giudice applichi sempre e soltanto il diritto materiale del foro

Ma queste due soluzioni estreme non sono integralmente seguite e vengono solo raramente utilizzate: di regola

gli ordinamenti statali fanno spazio a valori giuridici stranieri.

Per operare questa apertura e il necessario coordinamento con il proprio ordinamento, il legislatore impiega una

pluralità di metodi:

• localizzazione della fattispecie da regolare all’interno di un dato stato, in base a connessioni di tipo spaziale: questo metodo avviene per mezzo di norme che, con riguardo a date categorie di

situazioni giuridiche, di diritti soggettivi, di rapporti, di fatti o di atti si servono di un criterio di

collegamento per designare la legge applicabile, cioè si servono di una circostanza inerente alla

fattispecie da regolare idonea a dimostrare una connessione con l’ordinamento giuridico di un

dato stato, verso il quale il giudice italiano viene indirizzato perché ne desuma la norma idonea a

regolare il caso sottopostogli (vedi ad esempio l’art. 29.1 e l’art. 51.1)

• principio di prossimità : per arrivare a riferire all’ordinamento richiamato dalla norma di conflitto

la disciplina di situazioni giuridiche di carattere permanente, al fine di evitare la creazione di situa-

zioni giuridiche esistenti in un ordinamento e non invece in un altro, nel quale pure sono destinate

a svolgersi e localizzarsi (vedi art. 65 legge 218/1995)

• metodo delle considerazioni materiali : per la regolazione delle singole fattispecie si valutano gli

interessi in causa in vista di considerazioni e finalità di indole concreta, materiale appunto, in

modo che risulti applicabile quel diritto che assicura il risultato preferito dal legislatore (vedi nor-

me di applicazione necessaria e norme che usano più criteri di collegamento in concorso alternati-

vo tra loro)

2.Armonia internazionale ed interna delle soluzioni

La scelta del metodo e delle soluzioni specifiche ai fini del coordinamento risente non solo della prospettiva par-

ticolare del singolo ordinamento ma anche della particolare ottica, delle conoscenze, della formazione e delle

convinzioni scientifiche di chi opera modo legislatoris. Per contro è anche vero che l’elevato numero di conven-

zioni internazionali di d.i.pr., l’effetto trascinante che hanno sulle legislazioni nazionali e il fatto che la tendenza

all’uniformità internazionale delle soluzioni sia propugnata dalla dottrina finiscono per riflettersi nel modo di es-

sere delle singole legislazioni positive.

Ma anche se la ricerca dell’uniformità internazionale delle soluzioni è uno dei valori in gioco, non è corretta la

sua mitizzazione, l’assolutizzazione, fino a vedere in essa l’unico fine delle norme di d.i.pr. e quindi l’obbiettivo

del legislatore e del giudice nazionale; ci sono altri valori specifici di d.i.pr. che si collocano con almeno pari di-

gnità:

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• coerenza e armonia interna del proprio ordinamento : accanto a regole che tendono a realizzare

l’apertura dell’ordinamento verso l’esterno ve ne sono altre che dirette invece per ostacolare il

coordinamento e l’apertura verso l’esterno (eccezione di ordine pubblico)

• prevedibilità delle soluzioni e quindi certezza del diritto

• linearità e quindi semplicità delle soluzioni 17

3.Oggetto e funzione delle norme di conflitto

Ci sono diverse opinioni riguardo alla funzione delle norme di conflitto:

• funzione unilaterale introversa : la funzione delle norme di conflitto è solo quella di delimitare

l’ambito di applicazione della lex fori, cioè di indicare al giudice se può o non può applicare il di-

ritto materiale de foro, senza direttamente orientarlo verso l’applicazione dell’uno piuttosto che

dell’altro diritto straniero

• funzione unilaterale estroversa : la funzione delle norme di conflitto è solo quella di rendere ap-

plicabile il diritto straniero quando il collegamento assunto come rilevante dalla norma di conflitto

non conduce verso il nostro ordinamento

• funzione bilaterale : le norme di conflitto rendono applicabile di volta in volta il diritto materiale

italiano, cioè la lex fori, o il diritto straniero. Questa soluzione è quella preferibile anche perché

trova riscontro nella formulazione delle nostre norme di conflitto (non mancano comunque ecce-

zioni, cioè norme formulate in modo da disporre unicamente l’applicazione del diritto italiano)

Per quanto riguarda l’oggetto, le norme di conflitto intervengono solo in ordine a situazioni e rapporti che pre-

sentano connotati di internazionalità. Esse guidano il giudice nella scelta del diritto da applicare per decidere di

situazioni e rapporti che hanno contatti sia con il nostro ordinamento sia con uno o più ordinamenti stranieri,

cioè sono collegati con un ordinamenti straniero da almeno uno degli elementi assunti come criterio di collega-

mento da una qualsiasi delle nostre norme di conflitto.

4.Applicabilità d’ufficio delle norme di conflitto

Anche per le norme di conflitto vale il principio iura novit curia e le parti non possono sottrarsi alla loro appli-

cazione; in altri termini le norme di conflitto sono ricompresse nella scienza del giudice, il quale è tenuto a cono-

scerle a ad applicarle d’ufficio, senza che vi sia bisogno che le parti le invochino.

La facoltatività dell’applicazione vige solo se la legge stessa la prevede: esempio art. 62.1 e norme che conferi-

scono alle parti la facoltà di designare la legge destinata a regolare il negozio.

Questo principio deriva dall’art. 14.1 “ L'accertamento della legge straniera e compiuto d'ufficio dal giudice ” ; infatti non avrebbe senso stabilire che il giudice deve conoscere d’ufficio e comunque attivarsi per conoscere il

diritti straniero richiamato dalla norma e consentire poi che le parti tacitamente (omettendo di invocarla) preclu-

dano l’applicazione della norma che opera il richiamo.

Conseguenza logica è che il giudice, sempre d’ufficio, deve verificare i presupposti per l’applicazione delle nor-

me di conflitto, cioè deve verificare che il caso sottopostogli non sia totalmente interno all’ordinamento giuridico

italiano e la presenza in concreto di quella circostanza che la norma di conflitto assume come idonea a determi-

nare l’applicazione di un diritto straniero.

5.I criteri di collegamento e i titoli di giurisdizione

a)Cittadinanza, domicilio e residenza

Ciascuna norma di conflitto contempla una categoria più o meno ampia di fattispecie per la quale, per mezzo di

un criterio di collegamento, provvede a determinare il diritto che il giudice dovrà applicare. L’espressione crite-

rio di collegamento designa quella circostanza, quell’elemento che il legislatore considera idoneo a esprimere un

attacco, una connessione, un collegamento, appunto, di una data fattispecie con un dato ordinamento.

Alcuni di quegli stessi elementi operano anche come titoli di giurisdizione, cioè sono impiegati dal legislatore in

quelle norme che delimitano l’ambito di applicazione delle giurisdizione italiana: rivelano una connessione con

il nostro ordinamento e fanno si che il giudice italiano abbia il dovere-potere di giudicare.

Page 18: Internazionale privato odt

Tali elementi possono riguardare tanto i soggetti interessati (cittadinanza, domicilio, residenza) quanto la situa-

zione o la relazione in ordine alla quale viene chiesto l’intervento del giudice (luogo in cui si trova un bene, in

cui è stato celebrato il matrimonio, in cui è sorta o deve essere eseguita un’obbligazione)

Page 19: Internazionale privato odt

18

b)La volontà delle parti

La volontà privata non si esplica più soltanto col porre in essere il fatto obbiettivo dal quale necessariamente di-

scende l’applicazione al contratto di una certa legge, ma si esplica in maniera immediata dichiarando applicabile

al contratto una certa legge, qualunque sia o non sia il collegamento del contratto con l’ordinamento scelto dalle

parti.

In materia contrattuale gli spazi lasciati all’autonomia privata in relazione al medesimo tipo contrattuale sono di-

versi da ordinamento a ordinamento, poiché è variabile il numero di norme inderogabili; a dottrina e giurispru-

denza non è sfuggita la preoccupazione che non si abusasse dell’autonomia della volontà scegliendo di sottopor-

re il contratto a una data legge straniera al fine principale di sottrarlo a certe norme inderogabili.

Quindi in presenza di una clausola si scelta della legge (straniera) applicabile in un contratto tuttavia puramente interno, si è riconosciuto da un lato che possa intervenire il limite dell’ordine pubblico, dal-l’altro che la scelta di una legge regolatrice straniera non sottrae il contratto alla presa delle norme in-derogabili dell’ordinamento al quale unicamente si riferiscono tutti gli altri dati di fatto al momento in cui i contraenti hanno compiuto la loro scelta.

Il principio della volontà delle parti ha di recente trovato spazio rispetto a negozi diversi dai contratti, ma qui la

possibilità di optio legis è assai limitata: si riconosce alla volontà individuale il potere di scegliere fra due o al

massimo tra una rosa ristretta di leggi ad altro titolo gia di per se collegate al negozio o al rapporti giuridico in

questione (esempio art. 30, 46.2, 46.3, 56.2, 62.1).

Si parla di volontà delle parti come titolo di giurisdizione e criterio di collegamento in modo improprio: median-

te le norme che affidano ai privati interessati il potere di scegliere il foro e la legge applicabile, il legislatore non

determina la connessione idonea a funzionare come attributiva di giurisdizione e come criterio di individuazione

della legge applicabile, ma rinuncia a svolgere questo compito demandando ad una volontà diversa dalla sua, la

volontà dei privati interessati. Siamo quindi in presenza di atti negoziali con i quali la parti incidono sulla delimi-

tazione della giurisdizione ovvero scelgono il diritto che il giudice dovrà applicare.

Si pone quindi il problema dell’ordinamento secondo cui si dovranno valutare i requisiti di validità del negozio

con il quale viene prorogata o derogata la giurisdizione (electio fori) ovvero viene scelto il diritto applicabile

(optio legis o pactum del lege utenda)

• scelta della legge applicabile : in materia contrattuale la Convenzione di Roma estende al negozio di

scelta le soluzioni previste per il contratto; in materia non contrattuale le norme nazionali:

- l’art. 30.2 in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi dispone che l’accordo di questi sul diritto appli-

cabile è valido se considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l’accordo è stato stipula-

to

- l’art. 46.2 in materia di successioni mortis causa dà rilievo alla scelta a favore dello stato di residenza

operata dal de cuius in forma testamentaria

- l’art. 56.2 richiede che il donante effettua la sua scelta con dichiarazione espressa contestuale alla dona-

zione

- l’art. 62 colloca la richiesta del danneggiato direttamente entro la cornice del processo

• scelta del foro : in materia contrattuale per gli aspetti non direttamente regolati dagli art. 23 e 24 del reg.

44/2001 ci si deve rifare alla Convenzione di Roma; in materia non contrattuale, per gli aspetti non diret-

tamente regolati dall’art. 4 delle legge 218/1995 sembra ragionevole seguire la stessa soluzione

Si ha quindi la medesima soluzione per il negozio di scelta della legge applicabile e per la clausola

compromissoria

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19

c)La prevalente localizzazione della vita matrimoniale

Questo criterio è usato sempre come criterio sussidiario:

• dall’art. 29.2 a proposito dei rapporti personali fra coniugi

• dell’art. 31.1 a proposito della separazione personale e dello scioglimento del matrimonio

• dall’art. 38.1 a proposito dell’adozione

• dall’art. 39 a proposito dei rapporti tra adottato e famiglia adottiva

La prevalente localizzazione della vita matrimoniale o familiare configura una sintesi di criteri, una sommatoria

di indizi che deve essere operata e valutata dal giudice per arrivare alla individuazione della legge competente.

Tra i fattori di contatto di natura personale vengono ricompresi la residenza, la cittadinanza o le cittadinanze di

ciascuno dei soggetti interessati, il domicilio e la dimora di quanti compongono il nucleo familiare; mentre tra

quelli di natura territoriale vanno annoverati il luogo di celebrazione del matrimonio, quello di nascita dei figli,

quello in cui è stato assunto il provvedimento di adozione, la localizzazione dei beni di proprietà dei coniugi

quando siano in gioco in particolare i profili patrimoniali.

Non può comunque escludersi la rilevanza di fattori meno ovvi e meno immediati, ad esempio della lingua per

mezzo della quale i coniugi comunicano tra loro e con i figli.

Occorre non solo proceder ad una ricognizione numerica, meramente quantitativa, dei fattori di connessione che

connotano il caso di specie, ma anche una loro ponderazione, una valutazione qualitativa.

6.Criteri giuridici e criteri di fatto, soggettivi e oggettivi, costanti e variabili

Ciò che il legislatore prende in considerazione è sempre un contatto d’ordine materiale fra il rapporto o la situa-

zione giuridica da regolare, ovvero la controversia da decidere, e un dato Stato; per indicare tale attacco possono

essere usati:

• criteri di fatto : espressioni per accertare in cui significato e la cui portata nel caso di specie può

non essere necessario ricorrere ad operazioni interpretative (esempio luogo di situazione di una

cosa)

• criteri giuridici: nozioni giuridiche, come la cittadinanza, il domicilio o la residenza, circostanze

di ordine materiale dalle quali apposite norme fanno derivare la conseguenza che un soggetto ab-

bia il domicilio o la residenza in un certo luogo

Altra distinzione è quella fra:

• criteri soggettivi : l’attacco che i criteri di collegamento rivelano tra il rapporto o la situazione da

regola e un dato stato riguarda i soggetti interessati (cittadinanza, domicilio, residenza)

• criteri oggettivi : l’attacco che i criteri di collegamento rivelano tra il rapporto o la situazione da

regola e un dato riguarda altri elementi del rapporto (luogo di celebrazione del matrimonio, luogo

di situazione dei beni)

Ulteriore distinzione si ha tra criteri costanti e criteri variabili a seconda della possibilità che la circostanza in

cui il criterio di collegamento si concreta non sia suscettibile di modificarsi nel tempo, ovvero lo sia. Nella mag-

gior parte dei casi le norme che fanno uso dei criteri variabili provvedono ad ancorarli a un momento dato espli-

citamente o implicitamente (per i titoli di giurisdizione è il momento in cui ha avuto inizio il processo)

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7.Concorso alternativo e concorso successivo di criteri di collegamento

Quanto ai titoli di giurisdizione, nella legge 218/1995 accanto a quelli generali del domicilio e della residenza in

Italia del convenuto, vengono presi in considerazione in via sussidiaria altri attacchi con il nostro ordinamento

per fondare la giurisdizione italiana nei confronti del convenuto non domiciliato ne residente in Italia (matrimo-

nio celebrato all’estero); o anche per escludere la giurisdizione italiana quando sussisterebbe (la volontà deroga-

toria delle parti, la situazione all’estero del bene immobile).

Il regolamento 44/2001 utilizza un titolo di giurisdizione come principale e primario, titoli sussidiari idonei a

identificare fori speciali concorrenti, titoli alternativi idonei a identificare fori dotati di giurisdizione in via esclu-

siva e attribuisce rilevanza alla volontà delle parti riconosciuta idonea a derogare ovvero a prorogare la giurisdi-

zione.

Il regolamento 2201/2003 si limita a prevedere titoli di giurisdizione alternativi fra loro.

Quanto all’individuazione delle legge applicabile, la legge 218/1995 impiega assai spesso una pluralità di criteri

di collegamento che vengono a concorrere tra loro secondo due modalità diverse che identificano due tipi di con-

corso:

• concorso alternativo : la norma di conflitto considera vari aspetti della categoria di fattispecie da regolare,

suscettibili di collegare la fattispecie stessa simultaneamente con più ordinamenti giuridici; il legislatore ha

un fine ben preciso.

• concorso successivo : la norma di conflitto impiega in sequenza, a cascata, due o più criteri di collegamento

ciascuno dei quali è destinato a subentrare a quello (o quelli) che lo precede quando quest’ultimo non si rive-

li in grado di funzionare in relazione al caso singolo di cui è questione. Quando il collegamento usato al pri-

mo posto è in grado di funzionare, la legge a cui esso rimanda trova applicazione qualunque possa essere il ri-

sultato cui essa conduce nel caso di specie.

8.La qualificazione

Dopo aver accertato di avere giurisdizione il giudice deve innanzitutto decidere quale norma di conflitto (di ori-

gine nazionale, comunitaria o convenzionale) si adatti al caso sottopostogli, cioè deve decidere a quale norma di

conflitto sia riconducibile la fattispecie portata al suo esame e per fare questo compie un’operazione di qualifica-

zione

Tale operazione consiste nella determinazione del significato delle espressioni, delle for-mule giuridiche mediante le quali ciascuna norma di conflitto delimita il proprio ambito materiale di applicazione, definendo le categorie di fattispecie che intende regolare.

Si tratta quindi di un problema di interpretazione della norma di conflitto, che dovrà svolgersi alla luce del siste-

ma normativo cui la norma in questione appartiene, cioè secondo i canoni interpretativi proprio dell’ordinamento

nel quale la norma è inquadrata:

• le norme di conflitto poste in essere autonomamente dal nostro legislatore devono essere in - terpretate in base al diritto italiano, cioè sulla base della lex fori

• le norme di conflitto poste in essere da atti comunitari devono essere interpretate in base al diritto comunitario

• le norme di conflitto di origine convenzionale devono essere interpretate tenendo conto di loro tale natura

Precisazioni:

• al fine di delimitare l’ambito di applicazione delle norme di conflitto il giudice è chiamato a valutare i fatti non nella loro stretta materialità ma in relazione agli effetti che se ne vogliono trarre mediante la domanda giudiziale di cui egli è investito

• la qualificazione deve essere autonoma: si deve tenere conto della lex fori, ma bisogna anche dare alle espressioni giuridiche e ai termini impiegati un significato più ampio ed elastico di quello che essi hanno nei corrispondenti precetti di diritto materiale

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9.La qualificazione dei criteri di collegamento, ed in particolare della cittadinanza

Un problema di qualificazione non si pone solo in ordine alla determinazione dell’ambito di applicazione mate-

riale delle norme sulla giurisdizione e delle norme di conflitto, ma anche riguardo le connessioni assunte come

rilevanti dalle norme sulla giurisdizione (titoli di giurisdizione) e dalle norme di conflitto (criteri di collegamen-

to): valgono le soluzioni sopra esposte.

Il criterio di collegamento della cittadinanza però non è suscettibile di essere qualificato lege fori: la legge sulla

cittadinanza permette esclusivamente di stabilire se una persona possiede o no la cittadinanza italiana, ma non

può funzionare verso altri stati, nel senso che in base alla legge italiana non è possibile stabilire di quale stato, di-

verso dal nostro, un individuo sia cittadino. Quindi la cittadinanza di una persona rispetto a uno stato deve essere

determinata secondo il diritto del medesimo.

Ne deriva che il giudice italiano può trovarsi di fronte a individua che nessuna stato considera propri cittadini

(apolidi), individui che possiedono più cittadinanze, individui che hanno abbandonato il territorio del proprio sta-

ti perché perseguitati per ragioni politiche.

10.Pluricittadini, apolidi e rifugiati

Art. 19 : Apolidi, rifugiati e persone con più cittadinanze1. Nei casi in cui le disposizioni della presente legge richiamano la legge nazionale di una persona, se questa

è apolide o rifugiata si applica la legge dello Stato del domicilio, o in mancanza, la legge dello Stato di re-sidenza.

2. Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale

essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale .

11.Le questioni preliminari

La legge 218/1995 all’art. 6 fonda la giurisdizione del giudice italiano anche in ordine alle questioni preliminari

(questioni la cui soluzione è necessaria per decidere sulla domanda proposta), conferendogli il potere-dovere di

pronunciarsi su di esse anche se di per se non rientrerebbero nella sua giurisdizione, nulla dispone circa la legge

da applicare a dette questioni.

Dottrina e giurisprudenza propongono diverse soluzioni:

• soluzione disgiunta : sottoporre la questione preliminare alla legge richiamata dalla norma di con-

flitto del foro che la contempla specificatamente, come se la questione preliminare si ponesse in

via principale (soluzione preferibile per armonia interna)

• soluzione per assorbimento : sottoporre la questione preliminare alla stessa legge applicabile alla

questione principale

• soluzione congiunta : sottoporre la questione preliminare alla legge richiamata dalla specifica nor-

ma di conflitto dell’ordinamento richiamato dalla norma di conflitto del foro per la questione prin-

cipale

• sottoporre la questione preliminare al diritto materiale del foro

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CAPITOLO IV

IL DIRITTO APPLICABILE

1.Il problema del rinvio

Il problema del rinvio consiste nel domandarsi se il richiamo di un ordinamento straniero da parte delle norme di

conflitto si riferisca solo alle norme materiali di detto ordinamento, oppure includa le norme di d.i.pr. del mede-

simo, e quindi se queste ultime possano produrre un rinvio dall’ordinamento straniero individuato come applica-

bile dalla norma di conflitto del foro a quello di un altro stato:

• se è lo stato di partenza, cioè del foro si parla di rinvio indietro

• se è un terzo stato si parla di rinvio oltre o altrove

2.L’art. 13 legge 218/1995

Art. 13 Rinvio1. Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto

internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato:a) se il diritto di tale Stato accetta il rinvio;

b) se si tratta di rinvio alla legge italiana.2. L'applicazione del comma 1 è tuttavia esclusa:

a) nei casi in cui le disposizioni della presente legge rendono applicabile la legge straniera sulla base della scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate;

b) riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti;c) in relazione alle disposizioni del Capo XI del presente Titolo.

3. Nei casi di cui agli artt. 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione.

4. Quando la presente legge dichiara in ogni caso applicabile una convenzione internazionale si segue sem - pre, in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione.

Il I comma circoscrive le ipotesi del rinvio, evitando, pragmaticamente la inestricabile circolarità del rinvio in-

dietro; altre limitazioni sono introdotte dal II e III comma.

Risulta in definitiva che le materie nelle quali l’art. 13 prevede il ricorso al congegno del rinvio sono quelle che

attengono:

• alla capacità e ai diritti delle persone fisiche

• alle persone giuridiche

• ai rapporti di famiglia

• alle successioni per causa di morte

• ai diritti reali

3.Interferenze tra la disciplina del rinvio e la problematica della qualificazione

Interferenze con Art. 15-Interpretazione e applicazione della legge straniera: “ La legge straniera la qualificazione è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo ” . Il

diritto straniero non deve essere letto in maniera puramente formale ma deve tenersi

conto della qualificazione che della fattispecie verrebbe data nell’ordinamento stranie-

ro richiamato. Il giudice italiano dovrebbe applicare quella tra le norme di conflitto

dell’ordinamento richiamato nel cui ambito d’applicazione la fattispecie rientra secon-

do la qualificazione operata dal giudice alla luce dello stesso ordinamento richiamato.

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4.Conoscenza e applicazione del diritto straniero richiamato

Sul problema del trattamento processuale del diritto straniero ci sono due tesi contrastanti: la prima considera

come mero fatto il diritto straniero e conduce a far gravare sulle parti l’onere di provare al giudice il contenuto

del diritto straniero e esclude che si possa impugnare per cassazione la sentenza di un giudice di merito per far

valere la violazione o l’errore di interpretazione del diritto straniero; la seconda ritiene invece il richiamo ad di-

ritto straniero operato dalla nostra norma di conflitto idoneo a integrarlo con valenza giuridica nel nostro ordina-

mento e conduce quindi a soluzioni opposte.

Art. 14 Conoscenza della legge straniera applicabile1. L'accertamento della legge straniera e compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può avvalersi,

oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tra-mite del Ministero di grazia e giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate.

2. Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesi-

ma ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.

Per quanto riguarda il diritto straniero richiamato dalla norma di conflitto, è necessario stabilire se esso sia un

fatto (e quindi spetta alle parti provarlo) o un diritto (e quindi spetta al giudice conoscerlo). Viene scelta una via

di mezzo: collaborazione delle parti con il giudice e non onere di prova.

Al primo comma l’art 14 afferma il principio iura aliena novit curia e indica gli strumenti di aiuto al giudice

(il giudice non è solo abilitato, ma è tenuto ad utilizzare gli strumenti):

• Strumenti previsti dalle convezioni internazionali

• Acquisizione di informazioni tramite il Ministero dello Giustizia

• Consulenze tecniche

Nel secondo comma nell’ipotesi in cui gli strumenti siano risultati insufficienti, si nomina l’aiuto delle parti, che

è però uno strumento residuale ed eventuale.

Nel caso di inconoscibilità della legge straniera richiamata, si deve applicare la legge richiamata mediante altri

criteri di collegamento impiegati in successione dalla medesima norma di conflitto e solo come ultima ratio si

procede ad applicare, in deroga alle norme di conflitto, la legge italiana.

Quando però entra in gioco il meccanismo del rinvio, qualora il giudice italiano non sia in grado di accertare

quanto previsto dalla competente norma di conflitto dell’ordinamento straniero richiamato da una norma di con-

flitto italiana, egli deve ripiegare gradatamente sui criteri di collegamento successivi della propria norma di con-

flitto; se nessuno di questi conduce ad un risultato utile o se la norma di conflitto italiana impiega un solo criterio

di collegamento, egli deve applicare il diritto materiale straniero richiamato dal primo (o unico) criterio di colle-

gamento (si applica la legge italiana significa vuol dire in questo caso che si applica la norma di conflitto italia-

na).

5.Interpretazione del diritto straniero e controllo della sua legittimità costituzionale

Art. 15 Interpretazione e applicazione della legge straniera“ La legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo”

Il giudice per applicare la legge straniera richiamata deve individuare le regole che lo stesso ordinamento stranie-

ro richiamato ritiene specificamente idonee a disciplinare la fattispecie e deve accertare il significato che esse

hanno nel loro proprio contesto normativo.

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All’art. 15 ci si deve riferire anche per risolvere eventuali dubbi circa la conformità alla Costituzione dello stato

cui appartiene della norma straniera che risulta applicabile.

• Se nell’ordinamento straniero opera il controllo diffuso, per cui il sindacato di costituzionalità è opera - to direttamente da ciascun giudice, è consentito anche al giudice italiano, chiamato ad applicare una norma di quell’ordinamento, verificare la conformità ai precetti costituzionali cui è subordinata.

• Se nell’ordinamento straniero il controllo di costituzionalità è accentrato, cioè demandata ad un appo - sito organo, il giudice italiano dovrà tener conto delle decisioni gia adottate da tale organo ma non sarà in grado di attivarlo

• Se infine si tratta di un problema di compatibilità con la Costituzione italiana, si deve ricorrere al limite dell’ordine pubblico, cioè non si deve applicare la norma straniera se le conseguenze che dalla sua applicazione deriverebbero nel nostro ordinamento risultassero in conflitto con i principi sanciti dalla nostra Costituzione.

6.Richiamo di ordinamenti plurilegislativi

Il problema dei c.d. conflitti di leggi interne si pone quando una delle nostre norme di conflitto richiama il diritto

di uno Stato plurilegislativo, cioè di uno Stato in cui vigono più legislazioni civilistiche:

• conflitti interlocali : nello Stato richiamato vigono più legislazioni civilistiche su base territoriale, cioè

nelle varie zone in cui lo stato è suddiviso vigono normative differenti

• conflitti interpersonali : nello stato richiamato vigono più legislazioni su base personale, cioè nel terri-

torio dello Stato vigono contemporaneamente più legislazioni, ciascuna delle quali è applicabile soltanto

ad una determinata categoria di persone

Art. 18 Ordinamenti plurilegislativi1. Se nell'ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono più siste -

mi normativi a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati

da quell'ordinamento.

2. Se tali criteri non possono essere individuati, si applica il sistema normativo con il quale il caso di spe -

cie presenta il collegamento più stretto. (principio di effettività)

Ma l’art. 18 si applica in relazione a tutte le norme di conflitto oppure si può prescinderne in relazione a quelle

norme di conflitto che impiegano criteri di collegamento di per se idonei a localizzare le fattispecie contemplate

nell’ambito di un sotto-ordinamento a base territoriale??? O a quelle che conferiscono il potere di determinare la

legge applicabile ai diretti interessati o al giudice stesso (attraverso la ponderazione di una pluralità di fattori,

esempio prevalente localizzazione della vita matrimoniale)???

La risposta deve essere nel senso di una applicazione generalizzata considerando:

• la collocazione sistematica dell’art. 18 nel Capo I tra le “Disposizioni Generali”

• la correlazione con l’art. 15

• la formulazione testuale delle norme di conflitto che appaiono formulate in modo da ri - chiamare gli ordinamenti di altri soggetti di diritto internazionale (pubblico), ossia Sta-ti con la s maiuscola

Comunque , nell’eventualità del secondo comma, è ragionevole che il giudice valorizzi il collegamen-

to territoriale utilizzato dalla nostra norma di conflitto ed anche la scelta dei diretti interessati indiriz-

zata ad un dato sotto-ordinamento.

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7.L’ordine pubblico: funzione e natura

Art. 16 Ordine pubblico1. La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico. 2. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti

per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.

Anche il nostro come tutti gli ordinamenti, mentre si apre verso i valori giuridici esterni per mezzo delle norme

di d.i.pr, si munisce di strumenti idonei ad operare nella direzione opposta, a consentirgli cioè di rinchiudersi in

se stesso. Tra questi il principale è la clausola o eccezione di ordine pubblico.

Il suo fine principale è quello di preservare l’armonia interna dell’ordinamento, precludendo l’applicazione da

parte del giudice italiano di norme straniere suscettibili di produrre effetti inaccettabili, cioè non compatibili con

i principi etici, economici, politici e sociali che condizionano il modo di essere del nostro ordinamento giuridico.

Si distinguono:

• l’ordine pubblico interno : insieme delle norme inderogabili dai privati; esso comprende l’ordine

pubblico internazionale in quanto non tutte le norme inderogabili sanciscono principi fondamenta-

li.

• l’ordine pubblico internazionale : esso è l’insieme dei principi etici, economici, politici e sociali

che determinano i caratteri essenziali degli istituti del nostro ordinamento giuridico

Il limite dell’ordine pubblico è relativo nel tempo e nello spazio:

• la relatività nel tempo discende dalla possibilità che mutino i caratteri dell’ordinamento del foro

• la relatività nello spazio discende dai differenti valori che improntano i vari sistemi giuridici, al-

cuni dei quali impediscono l’apertura a soluzioni che sono invece del tutto corrette per altri

La giurisprudenza ha distinto due nozioni: quella di ordine pubblico interno, utilizzata rispetto a situazioni e rap-

porti che avevano connessioni molto significative con l’ordinamento italiano, e quella di ordine pubblico interna-

zionale (principi condivisi da più ordinamenti), utilizzata rispetto a situazioni e rapporti che presentavano lievi

connessioni con il nostro ordinamento.

Ma questo orientamento è sbagliato. Il giudice deve si tener conto delle regole e dei principi entrati nel nostro or-

dinamento in virtù del suo conformarsi ai precetti dei diritto internazionale, e del diritto comunitario, ma non

soltanto questi principi individuano valori protetti dall’eccezione di ordine pubblico (l’ordine pubblico italiano

può essere più ampio o meno ampio) e non si deve fare differenza a seconda del grado di connessione con l’ordi-

namento italiano (nel senso che i principi peculiari del nostro ordinamento sarebbero applicabili solo a fattispe-

cie particolarmente connesse con il nostro ordinamento)

8.Il ruolo del giudice

Per quanto riguarda il ruolo del giudice, il legislatore ha rinunciato a offrire criteri rivolti a consentire la deter-

minazione dei valori tutelati dall’eccezione di ordine pubblico, riconoscendo il ruolo decisivo e indispensabile

del giudice: come metro di valutazione egli deve adottare non una singola norma isolatamente presa, ma i prin-cipi di fondamentale importanza per il nostro ordinamento, considerandolo nella sua interezza e tenendo

presenti i connotati economici, sociali, morali e anche politici che lo caratterizzano (la singola norma potrà esse-

re invocata in quanto particolarmente espressiva di una valore che rientra nell’area protetta dal limite dell’ordine

pubblico).

Il giudice poi deve esprimere una valutazione concreta degli effetti che deriverebbero nel nostro ordinamento dall’applicazione della norma straniera (individuata dal giudice all’interno dell’ordinamento richiamato dalla

nostra norma di conflitto); tali effetti sono l’altro polo di raffronto.

Se il giudice reputa che detti effetti urtino contro uno dei principi cardine del nostro ordinamento non applica la

disposizione straniera (il limite dell’ordine pubblico è un limite successivo rispetto al funzionamento della norma

di conflitto)

Il giudice allora deve esplorare la possibilità di applicare in sequenza le leggi richiamate dagli altri criteri di collegamento in via subordinata eventualmente contemplati dalla competente norma di conflitto. In mancanza si applica la legge italiana.

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9.Le norme di applicazione necessaria dell’ordinamento italiano

Art. 17 Norme di applicazione necessariaE' fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.

Nel nostro ordinamento ci sono norme di applicazione necessaria propriamente dette che sono norme mate-

riali che, in ragione del loro oggetto e dello specifico fine cui tendono, si applicano, oltre che alle situazioni e ai

rapporti totalmente interni, anche a quelli che presentano qualche elemento di estraneità rispetto al foro e che, in

base alle nostre norme di conflitto, potrebbero essere sottoposti ad una legge straniera. Alcune di queste norme si

basano sui principi fondamentali del nostro ordinamento, altre rispondono a esigenze meno alte, di carattere pra-

tico od organizzativo. E’ compito del giudice riconoscerle.

Ci sono poi anche delle norme dette autolimitate o spazialmente condizionate che provvedono essere stesse,

in modo esplicito o diretto, a determinare il proprio ambito di applicazione; anche queste devono essere applicate

nonostante il richiamo alla legge straniera (ex art. 115 116 cod. civ.)

A differenze dell’ordine pubblico, che disattiva la norma di conflitto a posteriori, queste norme hanno la funzio-

ne di limite preventivo all’operare delle norme di conflitto: esigono di essere applicate dal giudice gia prima che

questi possa determinare quale diritto straniero sarebbe richiamato dalla norma di conflitto del foro.

In linea di massima può dirsi che le norme di applicazione necessaria esprimono l’esigenza che tutte le situazioni

e relazioni in qualche modo collegate con il nostro ordinamento giuridico siano assoggettate a una disciplina uni-

forme che sono le stesse norme e fornire.

10.Le norme di applicazione necessaria di altri ordinamenti

L’art. 17 si occupa soltanto delle norme di applicazione necessaria italiane e non delle norme di applicazione

necessaria che si trovano:

• nell’ordinamento straniero richiamato dalla nostra norme di conflitto : secondo la relazione

ministeriale la loro imperatività può venire agevolmente riconosciuta in base al principio secon-

do cui la legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione (art. 15)

• ovvero in un altro ordinamento straniero col quale pure la fattispecie da regolare presenti qualche connessione: la relazione ministeriale suggerisce ai giudici di riferirsi all’art. 7.1 della

Convezione di Roma che autorizza il giudice a dare efficacia alle norme di applicazione neces-

sarie (imperative) di un terzo Stato sulla base di concrete valutazioni attinenti al caso di specie.

11.Richiamo di norme straniere di diritto pubblico

Dal punto di vista qualitativo le norme straniere che disciplinano i rapporti tra privato e lo Stato e gli enti pubbli-

ci sono escluse dal richiamo internazionalprivatistico e ciò perché le norme di conflitto non si occupano di simili

rapporti; con la conseguenze che, la quantità di diritto pubblico straniero che viene applicato dai giudici italiani è

scarsa.

Il richiamo di un ordinamento straniero operato da una norma di conflitto è in buona sostanza indifferente alla

natura pubblicistica o privatistica delle norme di quell’ordinamento deputate a regolare la fattispecie; ciò signifi-

ca che:

• il fatto che nel nostro sistema giuridico nella disciplina di un particolare istituto giochino un ruolo norme di diritto pubblico non significa di per se che si debba escludere l’applicazione di un diritto straniero se l’istituto in questione è contemplato da una norma di conflitto

• il fatto che nell’ordinamento straniero richiamato, norme di diritto pubblico concorrano a disciplinare un dato istituto, non significa di per se che il richiamo operato dalla norma di conflitto a quell’ordinamento non possa operare

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CAPITOLO V

IL RICONOSCIMENTO E L’ESECUZIONEDELLE DECISIONI GIUDIZIARIE STRANIERE

Sezione I

Il regolamento comunitario n. 44/2001 sulle decisioni in materia civile e commerciale

1.Principio del riconoscimento automatico delle decisioni straniere

Il legislatore comunitario assume l’esistenza di una reciproca (piena) fiducia tra gli ordinamenti e i giudici dei

diversi stati membri e da tale assunto fa derivare l’impostazione e la soluzione dei problemi relativi alla circola-

zione delle sentenza. Nel preambolo del regolamento si legge:

(16) La reciproca fiducia nella giustizia in seno alla Comunità implica che le decisioni emesse in un altro Stato

membro siano riconosciute di pieno diritto, ossia senza che sia necessario esperire alcun procedimento, salvo che

vi siano contestazioni

(17) La reciproca fiducia implica altresì che il procedimento inteso a rendere esecutiva, in un determinato Stato

membro, una decisione emessa in un altro Stato membro si svolga in modo efficace e rapido. A tal fine la dichia-

razione di esecutività di una decisione dovrebbe essere rilasciata in modo pressoché automatico, a seguito di un

controllo meramente formale dei documenti prodotti e senza che il giudice possa rilevare d'ufficio i motivi di di-

niego dell'esecuzione indicati nel presente regolamento.

Articolo 331. Le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessa -

rio il ricorso ad alcun procedimento.2. In caso di contestazione, ogni parte interessata che chieda il riconoscimento in via principale può far con -

statare, secondo il procedimento di cui alle sezioni 2 e 3 del presente capo, che la decisione deve essere ri-conosciuta.

3. Se il riconoscimento è richiesto in via incidentale davanti ad un giudice di uno Stato membro, tale giudice è competente al riguardo.

A fruire del regime privilegiato, quasi automatico, di riconoscimento ed esecuzione sono tutte e soltanto le deci-

sioni rese da autorità giudiziarie degli Stato membri, incluse quindi le decisioni rese in procedimenti intentati a

persone non domiciliate nella Comunità in virtù di una competenza nazionale residua ai sensi dell’art. 4.1, cioè

sulla base di titoli di competenza giurisdizionale previsti non dal regolamento ma dalla legge del singolo stato.

Perché operi il regime privilegiato occorre naturalmente che si tratti di decisioni pertinenti a materie comprese

nel campo di applicazione del regolamento stesso; su tale pertinenza esiste un certo margine di controllo in capo

al giudice del riconoscimento.

Egli è competente anche a verificare che il provvedimento rientri nella nozione di decisione data dal regolamen-

to, all’art. 32: “ Ai sensi del presente regolamento, per decisione si intende, a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto, sentenza, or-

dinanza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere ” Questa comprende, oltre alle decisioni di merito che concludono un procedimento contenzioso con autorità di

giudicato, anche le decisioni prive di autorità di giudicato perché ancora soggette ad impugnazione ordinaria, le

decisioni interlocutorie (quella con cui il giudice straniero abbia affermato la propria competenza in caso di liti-

spendenza internazionale) e quelle rese nei procedimenti di volontaria giurisdizione; la Corte ha ritenuto poi che

vi rientrassero anche i provvedimenti cautelari, escludendo invece le transazioni anche se avvenute davanti ad un

giudice.

Il regime di circolazione delle decisioni giudiziarie configurato dal regolamento ha carattere assoluto: chi intende

chiedere il riconoscimento o l’esecuzione di una sentenza straniera non può scegliere se avvalersi della procedura

prevista dal diritto comune piuttosto che di quella del regolamento.

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L’intervento dell’autorità giudiziaria locale è escluso per il riconoscimento ed è previsto solo ai fini dell’esecu-

zione; qui i poteri di controllo, assai ridotti, possono essere esercitati solo dopo la dichiarazione di esecutività e

solo se il debitore si è opposto.

2.Effetti del riconoscimento

Il regolamento non fornisce modelli utili per l’identificazione di un modello teorico di riferimento; in materia e

esistono due modelli:

• assimilazione di effetti : si conferiscono alla decisione straniera gli stessi effetti di cui gode una decisione na-

zionale analoga

• estensione di effetti : la decisione straniera viene accettata con gli effetti di cui gode nello stato di origine

La Corte di giustizia si mostra favorevole alla estensione di effetti, ma comunque sul piano pratico non ci sono

differenza significative.

Infatti gli effetti che la decisione è idonea a produrre nello Stato d’origine non possono di fatto prodursi nell’ordinamento richiesto qualora siano ulteriori o addirittura sconosciuti rispetto a quelli che sono attri-buiti ai provvedimenti dei giudici locali: la decisione straniera non può avere in Italia effetti maggiori che nello

Stato d’origine, né effetti maggiori di una corrispondente pronuncia italiana.

L’autorità e l’efficacia delle sentenze straniere non sono limitate agli effetti conseguenti all’autorità di giudicato,

ma riguardano tutti gli effetti che l’ordinamento d’origine riconnette a tali sentenze e risalgono alla data in cui

hanno iniziato ad esplicarsi nello Stato di origine. Il regolamento specifica che soltanto in relazione alle sentenze

che siano esecutive nello Stato membro d’origine è possibile domandare che siano rese esecutive anche in un di-

verso Stato comunitario.

Comunque la nozione di res iudicata non è desumibile dal regolamento e va ricostruita sulla base del diritto dello

Stato richiesto: la nostra Corte di Cassazione ha precisato che è necessario che nello Stato d’origine la sentenza

sia esecutiva in via di principio, non essendo invece necessario che essa sia stata concretamente resa esecutiva e

neppure che essa sia passata in giudicato.

Nella nozione di riconoscimento è inclusa quindi anche la nozione di autorità di cosa giudicata, sia in positivo

che in negativo. In positivo l’autorità di cosa giudicata si traduce nella forza obbligatoria, negli effetti sostanzia-

li, nell’efficacia di quanto deciso all’estero; in negativo l’autorità di cosa giudicata rappresenta un ostacolo alla

riproposizione di una contestazione su cui il giudice si è gia pronunciato (la decisione straniera può essere messa

alla base dell’eccezione di cosa giudicata)

Poiché però risultano suscettibili di riconoscimento sentenza non passate in giudicato, potrebbe verificarsi il caso

che la sentenza straniera, gia riconosciuta, cessi di essere efficace nell’ordinamento d’origine a seguito dell’ema-

nazione di una successiva sentenza.

E’ da ritenere che essa cessi automaticamente di avere effetto anche nello Stato del riconoscimento, posto che

nello Stato richiesto gli effetti sono soltanto quelli attribuiti alla sentenza nell’ordinamento d’origine; la sentenza

straniera di riforma deve invece a sua volta essere riconosciuta allorché si voglia farle spiegare gli effetti.

Il riconoscimento può essere parziale, qualora la decisione straniera verta anche su pretese non rientranti nel-

l’ambito di applicazione del regolamento, ma anche nel caso in cui taluni suoi capi non rispondano i requisiti ne-

cessari per il riconoscimento

Il regolamento tace circa la forza probatoria e gli effetti di fatto delle sentenze straniere, poiché questi effetti esu-

lano dal campo di applicazione del regolamento e discendono invece dal diritto nazionale comune del singolo

Stato; una decisione potrà quindi servire a provare ciò che è stato constatato anche qualora non soddisfi i requisi-

ti previsti per la sua riconoscibilità.

Nel caso in cui il riconoscimento della decisione straniera venga negato (perché sussiste almeno uno dei motivi

di diniego previsti) e che in base alle norme sulla competenza giurisdizionale il caso non possa essere portato in

via diretta davanti al giudice dello Stato richiesto, né davanti a giudici di altri stati membri, la dottrina per evitare

un diniego di giustizia prospetta la possibilità che l’azione sia comunque proponibile al giudice dello Stato ri-

chiesto, cioè al giudice che ha negato la riconoscibilità.

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3.Riconoscimento in via principale e in via incidentale

Ex art. 33.1 il riconoscimento ha luogo automaticamente, senza necessità di alcun intervento dell’autorità giudi-

ziaria locale.

In caso di contestazione, cioè nel caso in cui in ordine al riconoscimento insorge una controversia, si deve distin-

guere:

• riconoscimento richiesto a titolo principale : si fa ricorso alla procedura che il regolamento disciplina primariamente ai fini dell’esecuzione negli artt. 38-58. Infatti il regolamento da alla parte che ha interesse

a che una decisione straniera venga dichiarata riconoscibile (o esecutiva), la possibilità di avvalersi di questo

procedimento semplificato; viceversa alla parte che contesta la riconoscibilità e ad altri soggetti eventualmen-

te interessati a un chiarimento della situazione resta soltanto la possibilità di utilizzare il procedimento ordi-

nario configurato dal diritto locale.

Il procedimento abbreviato inoltre non può essere utilizzato in via puramente preventiva, cioè dal parte del

creditore interessato, prima ancora che all’esecuzione, ad ottenere una certificazione immediata della situazio-

ne giuridica nello Stato locale; esso è praticabile soltanto in caso di contestazione.

L’azione di riconoscimento in via principale è prevista per qualsiasi sentenza, quali che siano gli effetti e

quindi tanto per le sentenza dichiarative quanto per quelle suscettibili di esecuzione; di regola comunque, si

ricorrerà a questa procedura proprio per le decisioni non suscettibili di esecuzione.

• riconoscimento richiesto in via incidentale : la parte che vuole avvalersi della sentano straniera può avere

interesse ad invocare semplicemente la sentenza in via incidentale, come eccezione di cosa giudicata nel cor-

so di un altro procedimento ovvero a fondamento di un rapporto pregiudiziale di cui giovarsi come elemento

costitutivo, impeditivi, modificativo o estintivo di un ulteriore e diverso rapporto nel cui ambito grava il dirit-

to che si intende far valere; in questo caso l’art. 33.3 ammette che la verifica della regolarità della senten-za straniera sia compiuta dal giudice cui è stata proposta la domanda sulla questione principale

Poiché la eventuale successiva richiesta di esecuzione può essere respinta solo per i motivi per i quali può es-

sere rifiutato il riconoscimento, la decisione del giudice competente per l’esecuzione non dovrebbe in princi-

pio discostarsi dalla decisione del giudice che ha controllato la regolarità internazionale della decisione in via

incidentale.

Il procedimento delineato dal regolamento ha natura meramente dichiarativa: se l’efficacia delle sentenza stra-

niera è in via di principio automatica, quando è chiamato a intervenire il giudice non può che constatare e dichia-

rare che la sentenza è efficace.

4.Il procedimento da seguire

a) in caso di contestazione circa la riconoscibilità della sentenza straniera

b) per ottenere la dichiarazione di esecutività

Il legislatore comunitario si è sforzato di rendere il più semplice e spedita possibili l’esecuzione, o meglio, l’at-

tribuzione alla sentenza straniera dell’idoneità a dare luogo ad esecuzione forzata.

Il regolamento disciplina infatti, anche nei dettagli in modo da renderla uniforme, la procedura volta a consentire

l’esecuzione forzata in ciascuna stato membro delle decisioni emesse negli altri Stati comunitari ed esecutive

nello Stato d’origine.

Tale procedura deve essere utilizzata da ogni parte interessata ad ottenere

• il riconoscimento , nel caso in cui la riconoscibilità formi oggetto di contestazione

• la dichiarazione di esecutività della sentenza straniera

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La parte che si rivolge al giudice per ottenere il riconoscimento o il rilascio della dichiarazione di esecutività del-

la decisione straniera deve presentare copia autentica della sentenza straniera nella lingua originale (art. 53)(la

presentazione della traduzione potrà eventualmente essere richiesta dal giudice).

Se l’istanza è volta ad ottenere la dichiarazione di esecutività, deve essere prodotto un attestato rilasciato dal giu-

dice che ha emesso la sentenza in base ad un formulario stabilito dal regolamento (art. 53), nel quale il giudice

deve dare atto che la decisione è esecutiva nello Stato membro in cui è stata pronunciata (il giudice può dispen-

sare l’istante dalla presentazione di questo attestato se reputa di essere informato a sufficienza).

L’istanza deve essere presentata al giudice indicato, Stato per Stato, dall’allegato II: per l’Italia si tratta della

Corte d’Appello; riguardo all’individuazione delle Corte d’Appello competente per territorio, essa è determinata

dal domicilio della parte cui viene richiesta l’esecuzione, oppure dal luogo di esecuzione. I due criteri non sono

posti in successione ma in concorso alternativo, quindi la parte richiedente può scegliere.

I fase: essa è costruita come unilaterale, nel senso che è esclusa la parte che subisce l’iniziativa.

Il giudice in questa fase può soltanto verificare l’espletamento delle formalità di cui all’art. 53, senza po-

ter controllare né la sussistenza dei motivi di diniego del riconoscimento dell’art. 34, né il rispetto delle

prescrizioni relative alle competenze esclusive e alle materie speciali delle assicurazioni e dei contratti

dei consumatori dell’art 35: la verifica attiene solo alla regolarità formale della documentazione relativa

alla decisione straniera.

Sempre però plausibile che il giudice possa comunque verificare se la decisione da riconoscere sia perti-

nente a materia comprese nel regolamento, senza essere in ciò vincolato dalle valutazioni operate dal

giudice a quo

II fase: essa deve svolgersi in contraddittorio; infatti il provvedimento del primo giudice può essere impugnato

(sempre davanti alla Corte d’Appello)

Termine per la presentazione dell’opposizione:

• se il ricorrente è la parte che contrasta la circolazione della decisione straniera, il ricorso deve

essere presentato entro un mese dalla notifica della decisione sulla riconoscibilità, ovvero entro due

mesi se la parte che si oppone è domiciliata in uno Stato membro diverso dallo Stato richiesto. Il ri-

corrente può far valere i motivi di diniego e il giudice non può rilevare d’ufficio motivi di diniego

che non siano fatti valere dalla parte interessata

• se il ricorrente è la parte interessata alla circolazione della decisione, nessun termine è previsto

per l’opposizione (alla decisione che ha negato la riconoscibilità o esecutività)

5.La sospensione del procedimento di riconoscimento

Articolo 371. Il giudice di uno Stato membro, davanti al quale è chiesto il riconoscimento di una decisione emessa in un

altro Stato membro, può sospendere il procedimento se la decisione in questione è stata impugnata.

Articolo 46 (in sede di opposizione alla dichiarazione di esecutività)1 . Il giudice davanti al quale è proposto un ricorso ai sensi dell'articolo 43 o dell'articolo 44 può, su istanza

della parte contro la quale è chiesta l'esecuzione, sospendere il procedimento se la decisione straniera è stata impugnata, nello Stato membro d'origine, con un mezzo ordinario o se il termine per proporre l'impugnazio-

ne non è scaduto; in quest'ultimo caso il giudice può fissare un termine per proporre tale impugnazione.

Poiché sono suscettibili di riconoscimento anche sentenza non passate in giudicato, al fine di evitare gli inconve-

nienti derivanti dalla precarietà di una tale sentenza (riconoscere una sentenza straniera quando ancora esiste la

possibilità che essa venga annullata o modificata nello Stato d’origine), è possibile sospendere il procedimento

finché la sentenza stessa sia passata in giudicato nello Stato d’origine; in altre parole si riserva al giudice dello

Stato richiesto la facoltà di sospendere il procedimento quando, nello Stato di origine, la sentenza è stata impu-

gnata o può esserlo entro un preciso termine.

Nel procedimenti di riconoscimento la sospensione è una mera facoltà, sulla quale il giudice dovrebbe decidere

d’ufficio; mente in sede di opposizione all’esecuzione, il giudice si pronuncia su istanza di parte.

Il procedimento di sospensione è regolato dal diritto processuale del foro: la sospensione cessa nel momento in

cui si pervenga all’estero alla pronuncia sull’impugnazione

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6.I motivi di rifiuto del riconoscimento

Articolo 34Le decisioni non sono riconosciute : 1) se il riconoscimento è manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto;

2) se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contu - mace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese eccetto qualora, pur avendone

avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione; 3) se sono in contrasto con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro richiesto;

4) se sono in contrasto con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in un altro Stato membro o in un paese terzo, in una controversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, allorché

tale decisione presenta le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro richiesto.

Articolo 351. Parimenti, le decisioni non sono riconosciute se le disposizioni delle sezioni 3, 4, e 6 del capo II sono state

violate, oltreché nel caso contemplato dall'articolo 72.2. Nell'accertamento delle competenze di cui al paragrafo 1, l'autorità richiesta è vincolata dalle constatazio -

ni di fatto sulle quali il giudice dello Stato membro d'origine ha fondato la propria competenza.3. Salva l'applicazione delle disposizioni del paragrafo 1, non si può procedere al controllo della competenza

dei giudici dello Stato membro d'origine. Le norme sulla competenza non riguardano l'ordine pubblico contemplato dall'articolo 34, punto 1.

I motivi per i quali il riconoscimento e l’esecuzione di una sentenza resa in un altro Stato comunitario possono

venire rifiutati sono stabiliti dagli articoli 34 e 35.

L’elencazione è tassativa ma ovviamente il riconoscimento va anche e in primis negato se la decisione esula dal-

l’ambito di applicazione del regolamento, per la materia trattata.

a) La contrarietà all’ordine pubblico dello Stato richiesto

Si tratta di una condizione di “regolarità internazionale” della decisione straniera; sicuramente in ambito co-

munitario il limite dell’ordine pubblico va interpretato restrittivamente e si può ricorrere ad esso soltanto in casi

eccezionali, dato che le sentenza suscettibili di usufruire del regime privilegiato di riconoscimento riguardano

rapporti di natura prevalentemente economica la cui disciplina si fonda in tutti gli Stati membri su medesimi

principi di diritto comunitario.

La nozione di ordina pubblico è una nozione prettamente nazionale, nel senso che è da ricercare nel singolo ordi-

namento statale, arricchito però dei principi che derivano dall’adattamento al diritto internazionale in generale e

al diritto comunitario.

In questo senso è utile l’apporto della Corte di Giustizia; essa ha infatti affermato la propria competenza ad

orientare i giudici nazionali al fine di prevenire il rischio di abusi: “sebbene non spetti alla Corte definire il con-

tenuto dell’ordine pubblico di uno Stato contraente, essa è però tenuta a controllare i limiti entro i quali il giudice

di uno Stato contraente può ricorrere a tale nozione per non riconoscere una decisione emanata da un giudice di

un altro Stato contraente”

Il limite dell’ordine pubblico non può essere invocato:

• per sanzionare la divergenza tra la legge straniera applicata all’estero e la legge locale

• per il fatto che la legge applicata dal giudice straniero per rendere la propria decisione si diversa da quella che

sarebbe stata applicata dal giudice dello stato richiesto, in base alle proprie norme di conflitto, se l’azione

fosse stata promossa davanti a lui

• per un errore del giudice dello Stato di origine nell’interpretare e applicare il suo proprio diritto nazionale o

anche il diritto comunitario; infatti in queste ipotesi secondo la Corte il sistema dei rimedi giurisdizionali isti-

tuito in ciascuno Stato membro, integrato dal meccanismo del rinvio pregiudiziale ex art. 234 del Trattato for-

nisce sufficienti garanzia.

Il limite dell’ordine pubblico può invece essere invocato per negare il riconoscimento della sentenza emanata

dal giudice straniero che, dopo aver adito in via pregiudicale la Corte di Giustizia, non si sia attenuto alla de-

cisione di quest’ultimo

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• per incompetenza del giudice straniero alla luce delle norme del regolamento; questa ipotesi è infatti

contemplata dall’art. 35

La nozione di ordine pubblico sembra ricomprendere anche il c.d. ordine pubblico processuale.

Sicuramente non si può ricorrere all’ordine pubblico processuale nelle ipotesi di decisioni straniere emesse in

contumacia, in quanto tale ipotesi è coperta dal punto 2 dell’articolo 34. Ma al di fuori di questa ipotesi, è possi-

bile invocare il limite dell’ordine pubblico processuale per bloccare il riconoscimento delle sentenza che siano

state emanate all’estero a seguito di un procedimento in cui non siano state rispettate alcune fondamentali garan-

zie relative allo svolgimento del procedimento stesso e che non presentino i contenuti che devono caratterizzare

le decisioni giudiziarie.

La Corte ha infatti affermato che: “il ricorso alla clausola dell’ordine pubblico deve essere considerato possibile

nei casi eccezionali in cui le garanzie previste dall’ordinamento dello Stato d’origine e del Regolamento stesso

non sono bastate a proteggere il convenuto da una violazione manifesta del suo diritto a difendersi dinanzi al giu-

dice d’origine, come sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani (del 1950)”. Si esige quindi un ampio

rispetto dei diritti della difesa, integrando la previsione del punto 2 dell’articolo 34; in particolare, i principi del

contraddittorio e dell’imparzialità del giudice, rientranti nel più generale principio dell’equo processo, dovrebbe-

ro essere sempre rispettati e alla decisione emessa a seguito di un procedimento non equo non potrebbe ricono-

scersi natura giurisdizionale.

La corte di Cassazione invece afferma che il limite dell’ordine pubblico non si riferisce solo al contenuto della

decisione, ma anche al suo procedimento formativo; infatti lart. 35.3 esclude che possano essere fatte rientrare

nell’ordine pubblico unicamente le norme sulla competenza, con la conseguenza che può rientrarvi ogni altro

aspetto della normativa processuale.

Bisogna per precisare che il limite dell’ordine pubblico processuale, anche se suscettibile di scattare in presenza

di vizi procedurali particolarmente gravi (tali da rendere il processo non equo), si disattiva se il convenuto, pur

potendolo fare, non si sia premurato di impugnare la sentenza nello Stato d’origine, contando sulla possibilità di

far valere eventualmente detti vizi in sede di contestazione del riconoscimento della sentenza in un altro Stato

comunitario.

In altre parole, se il debitore con la sua inerzia ha contribuito a rendere irrevocabile nell’ordinamento d’origine

una sentenza viziata dal punto di vista procedurale, è costretto a subirne tutte le conseguenze anche in tutti gli

Stati membri.

Nonostante il regolamento non precisi che la decisione straniera non deve essere il risultato di una frode, le no-

zioni di frode in senso lato e di dolo, della parte o del giudice, possono ritenersi comprese in quella di ordine

pubblico.

Qualora il riconoscimento sia negato per contrarietà all’ordine pubblico, il giudice dello Stato richiesto è compe-

tente a conoscere del merito della controversia, anche laddove non sussistano i titoli di giurisdizione previsti dal

regolamento, in modo da non lasciare il caso irrisolto.

b)La violazione dei diritti di difesa

La sentenza straniera non può essere riconosciuta se “ se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è

stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione ”

L’art. 34.2 riguarda quindi l’eventualità che la decisione straniera sia stata resa in contumacia; la Corte ha forni-

to un’interpretazione estensiva della norma, ritenendola applicabile anche nell’ipotesi in cui il procedimento da-

vanti al giudice d’origine si sia svolto apparentemente in contraddittorio: il convenuto che ignora il giudizio in-

staurato nei suoi confronti e per il quale compaia davanti al giudice d’origine un avvocato cui egli non ha confe-

rito mandato, si trova infatti nell’impossibilità assoluta di difendersi, e deve essere quindi considerato di fatto

contumace.

Ovviamente la norma non si applica in relazione alle decisioni che, ai sensi del diritto nazionale di uno Stato

membro, debbano essere rese inaudita altera parte ed eseguite a prescindere da qualsiasi comunicazione all’inte-

ressato (procedimenti di tipo monitorio).

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33

Nozione di domanda giudiziale: atto la cui notifica consente all’attore, secondo il diritto del giudice d’origine,

di ottenere, in caso di contumacia del convenuto, un provvedimento suscettibile di essere riconosciuto ed esegui-

to secondo il procedimento semplificato; la Corte ha precisato che deve considerarsi domanda giudiziale anche il

decreto ingiuntivo.

La norma non parla di “regolarità” della notifica o della comunicazione della domanda, a differenza della Con-

venzione di Bruxelles; l’eliminazione del controllo di regolarità è probabilmente dovuta al timore che tale con-

trollo potesse estendersi al modo in cui il giudice straniero ha condotto il processo e quindi potesse apparire

come potere di revisione. In base alla norma attuale il giudice deve svolgere una attività conoscitiva circa le modalità di notifica, modalità che devono essere tali da poter permettere al convenuto di difendersi.

Quindi non è più richiesta la verifica della regolarità della notifica o comunicazione, sul presupposto che il con-

venuto-debitore si dovrebbe attivare nello Stato d’origine della sentenza per eccepire una qualsivoglia irregolari-

tà; se il convenuto contumace è stato messo in grado di difendersi, l’eventuale violazione di regole procedurali

(formale o sostanziale) non ha rilevanza alcuna.

Cmq la sostituzione dell’avverbio regolarmente con l’espressione in modo tale non preclude il controllo sulla

sussistenza di vizi formali essenziali della notifica o comunicazione (vizi relativi a requisiti indispensabili per il

raggiungimento dello scopo dell’atto, ovvero vizi espressamente previsti dalla legge dello Stato d’origine come

causa di nullità).

Oltre alle modalità di notifica o comunicazione, il giudice dello Stato richiesto deve anche valutare la con-gruità del tempo lasciato al convenuto per provvedere ad una difesa adeguata.

Vige la presunzione che debitore abbia ricevuto la domanda e l’invito a comparire in tempo utile per una adegua-

ta difesa, ma tale presunzione è confutabile dal debitore, dimostrando il contrario.

La nozione di tempo utile è determinata nel singolo caso dal giudice dello Stato richiesto e la valutazione circa la

congruità del tempo deve essere operata dal giudice in concreto, con ampia discrezionalità ed autonomia di giu-

dizio rispetto alle determinazioni che risultano dal provvedimento straniero (in particolare non occorre riferirsi ai

termini di legge né dell’ordinamento dello Stato d’origine né di quello dello Stato richiesto). La Corte ha ritenuto

che il giudice dello Stato richiesto possa tenere conto di diversi fattori, includi anche fatti o circostanze eccezio-

nali intervenuti dopo la regolare notifica, tali da far ritenere insufficiente il termine decorrente delle notifica stes-

sa; i fattori da considerare sono:

• la distanza tra il domicilio del convenuto e il luogo del processo

• la facoltà di comparire personalmente

• l’attività svolta dal convenuto

• la frequenza dei rapporti con lo Stato del giudice adito

• la disponibilità di tecniche che facilitano i contatti tra le persone

Circa il momento da cui decorre il tempo utile ai fini della difesa, se la notifica è pervenuta e nota al convenuto,

il tempo decorre dal momento della notifica; quando il diritto dello stato d’origine considera la notifica all’estero

perfetta con il compimento di formalità interne, disinteressandosi invece dell’effettiva consegna dell’atto al de-

stinatario, la Corte sostiene che il giudice richiesto può in generale ritenere che, in presenza di una regolare noti-

fica, il convenuto possa cominciare a operare per la difesa dei propri interessi dal momento in cui l’atto è stato

notificato o comunicato al suo domicilio o altrove.

Se la sentenza straniera è stata impugnata nello Stato d’origine dal convenuto contumace, il giudice dello Stato

richiesto può sospendere il procedimento (art 37). Se invece il convenuto contumace non ha utilizzato la via for-

male per far valere il proprio diritto, cioè non ha presentato ricorso nello Stato d’origine, allo scopo di trarre van-

taggio dalla non riconoscibilità della decisione emanata in contumacia negli altri Stati membri, si sanziona que-

sto comportamento non rendendo applicabile l’art. 34.2

Ovviamente la sentenza emanata in contumacia deve essere stata comunicata regolarmente e in tempo utile affin-

ché il convenuto potesse presentare ricorso nello stato d’origine.

La Corte cmq sostiene l’applicabilità dell’art. 34.2 nell’ipotesi in cui la domanda introduttiva del giudizio non è

stata regolarmente notificata al convenuto contumace, anche se questi ha in seguito avuto cognizione della deci-

sione pronunciata e non ha esperito i rimedi giurisdizionali predisposti dal diritto dello Stato d’origine.

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34

c)Il contrasto tra sentenze

Il riconoscimento della decisione straniera viene infine negato quando essa è in contrasto:

• con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro richiesto L’esistenza in concreto della contraddizione tra le due sentenze è lasciata all’apprezzamento del giudice (in-

fatti non necessariamente due sentenze emanate tra le medesime parti sul medesimo oggetto sono in conflitto;

inoltre il regolamento non richiede che le sentenze in contrasto riguardino la medesima controversia, fondata

sulla medesima causa pretendi ); per stabilire se vi è inconciliabilità occorre ricercare se le decisioni, pur es-

sendo relative ad oggetti differenti, producano effetti giuridici che si escludono reciprocamente o si fondano

su opposte valutazioni relative all’esistenza o agli effetti di un determinato rapporto.

Non è richiesto che la sentenza nazionale abbia autorità di cosa giudicata; ma non sembra costituire ostacolo

al riconoscimento il contrasto con:

• una sentenza nazionale di primo grado sottoposta ad impugnazione e nemmeno munita di provvisoria esecuzione

• con una sentenza nazionale di mero rito

• con una transazione suscettibile di esecuzione conclusa dinanzi a un giudice dello Stato richie - sto con la funzione di definire una lite pendente

La norma non esige che il processo nazionale sia iniziato prima di quello straniero (la regola prior tempore

prior iure, fondamentale nella litispendenza, qui non opera): l’anteriorità di una decisione rispetto all’altra è

ininfluente e quindi il riconoscimento va negato tanto se la sentenza nazionale sia stata emanata prima di

quella straniera, quanto se sia stata emanata dopo.

Non è disciplinata l’ipotesi di conflitto tra una decisione straniera e una causa pendente nello Stato richiesto e

quindi in questo caso il riconoscimento può sempre avvenire, anche quando il giudice straniero ha violato le

regola sulla litispendenze e sulla connessione.

In questo modo si prevengono tecniche dilatoria miranti a ritardare il riconoscimento della sentenza straniera

(chi ha perso, instaura un procedimento nello Stato richiesto per paralizzare gli effetti della sentenza

straniera); la legge italiana a questo fine, pone come requisito per il riconoscimento di una sentenza straniera

la non pendenza di un processo davanti al giudice italiano per il medesimo oggetto tra le stesse parti che abbia

avuto inizio prima del processo straniero.

• con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in un altro Stato membro o in un pae - se terzo, in una controversia avente medesimo oggetto e il medesimo titolo, quando tale decisione pre-senta le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro richiestoLa portata di questa norma è più ristretta perché deve trattarsi della medesima controversia: occorre identità di

parti, di oggetto e di titolo.

Inoltre, poiché si tratta di contrasto tra decisioni entrambe estranee allo Stato richiesto, vale la regola prior

tempore prio iure: per costituire ostacolo al riconoscimento la decisione resa nell’altro Stato membro e nello

Stato terzo deve essere anteriore a quella di cui si chiede il riconoscimento (non si confrontano le date di ini-

zio, ma quelle delle due contrastanti sentenze)

Il giudice dello Stato richiesto dovrà valutare la riconoscibilità della sentenza precedentemente alla luce del

regolamento se essa proviene da uno Stato comunitario, se invece proviene da uno Stato che non fa parte del-

la comunità dovrà operare tale valutazione alla luce degli accordi in vigore con quello Stato o, in mancanza,

alla luce del proprio diritto nazionale.

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35

7.Il divieto di controllare la competenza del giudice d’origine

Articolo 351. Parimenti, le decisioni non sono riconosciute se le disposizioni delle sezioni 3, 4, e 6 del capo II sono state

violate, oltreché nel caso contemplato dall'articolo 72.

2. Nell'accertamento delle competenze di cui al paragrafo 1, l'autorità richiesta è vincolata dalle constatazio - ni di fatto sulle quali il giudice dello Stato membro d'origine ha fondato la propria competenza.

3. Salva l'applicazione delle disposizioni del paragrafo 1, non si può procedere al controllo della competenza dei giudici dello Stato membro d'origine. Le norme sulla competenza non riguardano l'ordine pubblico

contemplato dall'articolo 34, punto 1.

Poiché il regolamento da un lato è doppio (pone sia regola sul riconoscimento delle sentenze sia regole di com-

petenza diretta aventi carattere imperativo e soggette al controllo delle corti supreme nazionali) e dall’altro vieta

il riesame del merito, il mantenimento di un controllo della competenza risulta superfluo.

La fiducia circa il rispetto delle norme sulla competenza si giustifica ala luce degli obblighi che il regolamento

addossa al giudice d’origine, il quale deve:

• applicare d’ufficio il regolamento stesso

• dichiararsi d’ufficio incompetente nei casi di competenza esclusiva di un altro Stato mem - bro (art. 25)

• in caso di contumacia del convenuto domiciliato in un altro Stato membro, dichiararsi d’uf - ficio incompetente se la sua competenza non è fondata a norma del regolamento e sospende-re il processo fin quando non sia accertato che al convenuto è stata data la possibilità di ri-cevere la domanda in tempo utile per difendersi (art. 26)

• in caso di litispendenza, dichiarare anche d’ufficio la propria incompetenza a favore del giudice preventivamente adito (art. 27)

• in caso di litispendenza tra giurisdizioni competenti in via esclusiva, spogliarsi a favore del - la giurisdizione preventivamente adita (art. 29)

• seguire rigide regole in caso di connessione (art. 28) Ma la fiducia reciproca non riguarda solo il rispetto delle prescrizioni del regolamento in tema di giurisdizione;

essa è spinta fino a comprendere il divieto di controllo della competenza a che allorché il giudice straniero si sia

riconosciuto competente non già in base al regolamento, ma al diritto comune ovvero a una convenzione interna-

zionale.

Specificatamente all’ipotesi in cui il giudice si sia pronunciato nei confronti di un convenuto domiciliato fuori

dalla comunità, ritenendosi competente in base al proprio diritto nazionale, il divieto di controllo vale anche

quando si tratta di regole di competenza c.d. esorbitante (elencate nell’allegato I del regolamento e richiamate

dagli articoli 3.2 e 4.2 del regolamento stesso).

8.Le eccezioni al divieto di controllare la competenza del giudice d’origine

Quando al giudice di uno Stato membro sia richiesto di riconoscere una sentenza straniera resa nelle materie

contemplate dalle sezioni 3, 4 o 6 del regolamento (materia di assicurazioni, materia di contratti conclusi dai

consumatori, materia per la quali l’art. 22 stabilisce delle competenza esclusive), la competenza del giudice stra-

niero è suscettibile di controllo alla luce delle norme del regolamento; anche in questo caso comunque il giudice

dello Stato richiesto può pronunciarsi unicamente su espressa richiesta della parte e nella sola fase dell’opposi-

zione.

Tali sezioni del regolamento vanno rispettate anche in relazione al riconoscimento ed eseguibilità di sentenze

emesse in Stati che non fanno parte della comunità; pertanto l’art. 35.1 incide anche sul diritto nazionale comune

del singoli Stati membri.

In pratica il giudice italiano non potrà dichiarare riconoscibile ed eseguibile in forza dell’art. 64 della nostra leg-

ge una sentenza peruviana resa in una controversia rispetto alla quale, secondo le sezioni 3, 4, 6 del regolamento,

avrebbero avuto competenza esclusiva giudici di uno Stato membro.

E’ fatto salvo infine l’art 72, relativo ai trattati stipulati prima del 1° Marzo 2002 con cui gli Stati membri si sia-

no impegnati verso uno Stato non comunitario a riconoscere le sentenze emesse, sulla base di una competenza

esorbitante, contro un convenuto colà domiciliato o abitualmente residente.

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36

Se lo Stato richiesto ha concluso un trattato con uno Stato terzo, può rifiutarsi di riconoscere una sentenza di un

altro Stato membro se la competenza del giudice straniero sia fondata, in relazione al convenuto domiciliato nel-

lo Stato terzo, su una regola nazionale inclusa nell’elenco dell’Allegato I.

9.Vincolatività degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice d’origine

In occasione del controllo circa la competenza del giudice a quo, il giudice dello Stato richiesto dovrà attenersi

agli accertamenti di fatto compiuti all’estero e dovrà quindi limitarsi a verificare l’applicazione delle norme del

regolamento ai fatti accertati (dovrà verificare se la fattispecie rientri nelle nozioni comunitarie di assicurazione,

di contratto concluso da un consumatore ovvero nelle ipotesi di competenza esclusiva). Questo al fine di evitare

il rischio che i giudici dello Stato richiesto si spingano fino a riesaminare il merito, in violazione dell’art. 36.

Al contrario le considerazioni di diritto del giudice straniero non sono vincolanti.

10.Il divieto del riesame del merito

Articolo 36 : “ In nessun caso la decisione straniera può formare oggetto di un riesame del merito ”

Il giudice dello Stato richiesto non può valutare la fondatezza della sentenza estera e quindi sostituire la propria

volontà a quella del collega straniero, neppure ove ritenga che un elemento di fatto o di diritto sia stato mal giu-

dicato. In altre parole è vietato negare il riconoscimento a motivo di una divergenza qualunque, di diritto o di fat-

to, tra le valutazioni sul merito della controversia compiute dal giudice d’origine e le valutazioni che della mede-

sima fattispecie avrebbe compiuto il giudice dello Stato richiesto, nell’ipotesi in cui fosse spettato al lui decidere

il caso.

Irrilevante è anche la eventuale difformità tra le norme di conflitto dello Stato d’origine e quelle dello Stato ri-

chiesto e quindi che il giudice d’origine sia pervenuto alla propria decisione in base ad un diritto materiale diver-

so da quello che avrebbe applicato il giudice richiesti se la causa avesse potute essere davanti a lui.

Ciò non significa che sia puramente formale il controllo delle condizioni di regolarità della sentenza previste da-

gli art. 34 e 35; il giudice richiesto, limitatamente ai fini del controllo, ha un certo potere di riesame del merito:

in ordine all’applicabilità ratione materiae del regolamento e in ordine al controllo sulla competenza dove deve

verificare i criteri di competenza applicati e la qualificazione dell’oggetto della controversia.

Il divieto ovviamente non opera in ordina all’accoglimento di istanze relative a circostanze successive alla sen-

tenza straniera e di domande nuove, addizionali a quella di riconoscimento o esecuzione.

11.Gli atti pubblici stranieri

Anche gli atti pubblici e le transazioni giudiziarie sono ammessi a godere del medesimo sistema agevolato di cir-

colazione previsto per le decisioni giudiziarie.

Gli atti pubblici stranieri sono dichiarati esecutivi, su istanza di parte, secondo la procedura di esecuzione previ-

sta dagli artt. 38 ss., sempre che abbiano efficacia esecutiva nello Stato membro d’origine e presentino le condi-

zioni di autenticità in esso previste.

L’autenticità deve essere attestata da una autorità pubblica o da qualsia-si altra autorità a ciò autorizzata dallo Stato in cui si è formato l’atto; inoltre detto attestato attiene non solo alla autenticità della firma ma an-che alla effettiva consapevolezza delle parti circa il contenuto dell’atto, e alle altre circostanze in cui l’atto si è formato.

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La dichiarazione di esecutività può essere rifiutata o revocata solo se l’esecuzione dell’atto pubblico è manifesta-

mente contraria all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto; ovviamente anche qui è necessarie verificare

la regolarità e la completezza della documentazione allegata all’istanza e l’attinenza dell’oggetto dell’atto pub-

blico alla materia civile e commerciale.

Agli atti pubblici sono equiparate le convenzioni in materia di obbligazioni alimentari se conclude di fronte ad

autorità amministrative o da queste autenticate.

Alle condizioni appena illustrate sono dichiarate esecutive nello Stato richiesto anche le transazioni concluse da-

vanti ad un giudice straniero in corso di giudizio e d aventi efficacia esecutiva nello Stato d’origine.

12.Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati

Il regolamento 805/2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati fornisce al credito-

re una alternativa alla richiesta di esecuzione secondo il procedimento previsto dal reg. 44/2001, rappresentata

dalla presentazione della domanda per ottenere la certificazione della decisione come titolo esecutivo europeo,

operante in tutti gli Stati membri.

Articolo 1: Oggetto“ Il presente regolamento istituisce un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati al fine di consentire,

grazie alla definizione di norme minime, la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici in tutti gli Stati membri senza che siano necessari, nello Stato membro dell'e-

secuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l'esecuzione ”

Il regolamento riguarda la materia civile e commerciale, con le stesse esclusioni previste dal regolamento

44/2001

Articolo 2: Campo d'applicazione1. Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura del -

l'organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale o amministrativa

o la responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell'esercizio di pubblici poteri (acta jure imperii).2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:

a) lo stato o la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le succes - sioni;

b) i fallimenti, i concordati e le procedure affini; c) la sicurezza sociale;

d) l'arbitrato. La domanda va presentata dal creditore al giudice d’origine, il quale è tenuto a verificare la sussistenza di alcuni

requisiti (art 6)

• la decisione deve essere esecutiva nello Stato membro in cui è stata pronunciata

• la decisione non deve essere in contrasto con le norme del regolamento 44/2001 sulla compe - tenza giurisdizionale in materia di assicurazioni e sulle competenze esclusive

• devono essere rispettate alcune norme minime a garanzia dei diritti di difesa del debitore: in pratica il debitore deve essere stato in qualche modo posto in grado di conoscere la natura e la consistenza delle pretese del creditore, e dunque di difendersi

A questo procedimento si può ricorrere solo quando il credito non è contestato, cioè quando il debitore:

• lo ha espressamente riconosciuto con una dichiarazione o una transazione approvata dal giudi - ce o in una atto pubblico

• non lo ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario, in accordo con le procedure previste dalla normativa dello Stato d’origine

• non è comparso non si è fatto rappresentare nel corso di una udienza relativa a un determina - to credito che pure era stato inizialmente contestato

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Se è certificata come titolo esecutivo europeo nello Stato d’origine, la decisione è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento (art 5).

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Il procedimento di esecuzione è disciplinato dalle norme nazionali dello Stato membro dell’esecuzione; il credi-

tore deve fornire alle autorità competenti una copia della decisione e una copia del certificato di titolo esecutivo

europeo che presentino le condizioni di autenticità prescritte.

Opposizione all’esecuzione il debitore può opporsi all’esecuzione, la quale è rifiutata solo se la decisione straniera certificata come titolo esecutivo è incompatibile con una decisione anteriore pronunciata in uno Stato membro o in Paese terzo, a condizione che:

• il debitore non abbia potuto far valere l’incompatibilità nel procedimento svoltosi nello Stato d’origine

• la decisione anteriore riguardi lo stesso oggetto e le medesi - me parti e sia stata pronunciata nello Stato membro dell’ese-cuzione o soddisfi i requisiti previsti per il suo riconoscimen-to nello Stato stesso

Sono suscettibili di essere certificati come titolo esecutivo europeo anche le transazioni giudiziarie e gli atti pub-

blici aventi ad oggetto crediti non contestati.

Sezione II

La legge italiana n. 218/1995

1.riconoscimento ed esecuzione di sentenze ed atti stranieri

Distinte disposizioni della nostra legge riguardano le sentenza e i provvedimenti di volontaria giurisdizione stra-

nieri, nonché gli atti pubblici ricevuti all’estero

Provvedimenti stranieri = provvedimento che proviene da una autorità giudiziaria non italiana o da un organo

comune a due o più Stati stranieri, pronunciato fuori dal territorio della repubblica,

oppure nel territorio italiano se emanato da autorità straniere in materia loro riserva-

te o consentite dalle convenzioni o consuetudini internazionali (essenzialmente sono

quelli emanati da autorità consolari in materia di giurisdizione volontaria)

Sentenza = atto che ha deciso un processo, il quale, per il suo contenuto, se si fose svolto in Italia, si sarebbe

concluso appunto con una sentenza. Più in generale si considera sentenza il provvedimento stranie-

ro che ha per effetto l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un diritto

soggettivo, di una capacità o di una situazione personale.

Si devono inoltre assoggettare alle norme che disciplinano il riconoscimento e l’attuazione in Italia

delle sentenze straniere anche le decisioni amministrative o comunque rese da una pubblica autori-

tà, non identificabile con quella giudiziaria, in materie che in Italia sono trattate dal giudice e decise

con sentenza.

Sul modello della Convenzione di Bruxelles, è presente la distinzione tra riconoscimento ed esecuzione coattiva

delle sentenze straniere: solo per quest’ultima è sempre richiesto l’intervento dell’autorità giudiziaria italiana,

mentre ai fini del riconoscimento esso non è necessario se non in caso di contestazione.

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2.Condizioni del riconoscimento e dell’esecuzione

Art. 64: Riconoscimento di sentenze straniereLa sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quan-

do:a) il giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giuri -

sdizionale propri dell'ordinamento italiano;b) l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previ -

sto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della dife-sa;

c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contuma - cia è stata dichiarata in conformità a tale legge;

d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata; e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato;

f) non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero;

g) le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico.

La lettera a) si riferisce alle ipotesi di foro esorbitatane, cioè alle ipotesi in cui l’ordinamento italiano considera il

criterio di collegamento usato per affermare la competenza del giudice straniero blando, leggero, insufficiente e

quindi non riconosciuto dal nostro sistema (la sentenza non sarà quindi riconoscibile in questi casi).

Poiché la limitazione ai diritti disponibili per la deroga alla giurisdizione italiana (art 4.2) non è prevista per l’ac-

cettazione della stessa (art. 4.1), la circostanza che il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di

giurisdizione nel primo atto difensivo di per se e senza limitazione ai diritti disponibili fonda la giurisdizione del

giudice italiano e anche quella del giudice straniero, ai sensi del 64 lett a)

3.Il riconoscimento di sentenze ed atti stranieri sulla base delle norme di conflitto

Art. 65: Riconoscimento di provvedimenti stranieriHanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all'esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato

la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell'ordinamento di quello Sta-to, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all'ordine pubblico e siano stati

rispettati i diritti essenziali della difesa .

Questo articolo stabilisce che le sentenze in materia di capacità delle persone, di rapporti di famiglia e di diritti

della personalità sono riconosciute automaticamente, in virtù del richiamo operato dalle nostre norme di conflitto

all’ordinamento nel quale dette sentenze sono di per sé produttive di effetti:

• per essere state emanate dai giudici di quell’ordinamento o

• per essere ivi riconosciute ove emanate dai giudici di uno Stato terzo Il riconoscimento è subordinato a sole due condizioni: nel procedimento straniero devono essere stati rispettati i

diritti essenziali della difesa e dalla sentenza straniera non devono conseguire nel nostro ordinamento effetti con-

trastanti con i suoi principi fondamentali (limite dell’ordine pubblico)

La corte d’Appello di Milano ha erroneamente affermato che la disciplina prevista da questo articolo configura

una deroga ratione materiae rispetto a quella dell’articolo precedente; non si potrebbe quindi ricorrere all’articolo

64 nelle materia contemplate dall’art, 65. Di conseguenza, poiché l’operatività dell’art. 65 p circoscritta ai prov-

vedimento adottati nello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della legge 218/1995, si dovrebbe e esclude-

re la riconoscibilità dei divorzi esteri fra italiani.

In realtà l’art. 65 mira a configurare un percorso ulteriormente semplificato rispetto all’art 64 prevalentemente

con riferimento a situazioni quasi totalmente interne ad un ordinamento straniero (ex divorzio tra due cittadini

svizzeri pronunciato in Svizzera, anche se il loro matrimonio fosse stato celebrato in Italia)

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Art. 66: Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontariaI provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'art. 65, in quanto applicabili, quando

sono pronunziati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato ancorché emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono

pronunciati da un'autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamen-to italiano .

Lo stesso percorso ulteriormente semplificato opera nei confronti dei provvedimenti di volontaria giurisdizione

emanati dalle autorità della Stato il cui diritto è richiamato dalle nostre norme di conflitto o comunque produttivi

di effetti in tale Stato, nonché per i provvedimenti adottati dalle autorità di uno Stato che si attribuisca giurisdi-

zione sulla base di titoli corrispondenti a quelli utilizzati dal nostro ordinamento (cioè il giudice che ha adottato

il provvedimento di giurisdizione volontaria ha competenza internazionale)

4.Procedimento da seguire in caso di contestazione circa la riconoscibilità della sentenza straniera e per ottenere l’apposizione della “formula esecutiva”

Il riconoscimento di sentenza e provvedimenti di volontaria giurisdizione ha luogo senza che sia necessario il ri-

corso al alcun procedimento; solo per il caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento del-

la sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione l’art. 67 configura un’azione di

accertamento che può essere tanto positiva quanto negativa.

L’intervento della autorità giudiziaria è invece sempre necessario quando si tratta di procedere all’esecuzione

forzata della sentenza o del provvedimento di volontaria giurisdizione straniero

Art. 67: Attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del ri-conoscimento1. In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del prov -

vedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione for-

zata, chiunque vi abbia interesse può chiedere alla Corte d'Appello del luogo di attuazione l'accertamento dei requisiti del riconoscimento.

2. La sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente al provvedimen - to che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono titolo per l'attuazione e l'esecuzione forzata.

3. Se la contestazione ha luogo nel corso di un processo, il giudice adito pronuncia con efficacia limitata al giudizio.

Le modalità del procedimento che viene avviato con la domanda prevista dall’art. 67.1 non sono disciplinate e

quindi si ritiene che per essere ci si debba rifare al codice di procedura civile:

• alle norme che disciplinano il procedimento di cognizione se si tratta di una sentenza straniera

• alle norme che disciplinano i procedimenti speciali in materia di famiglia e di stato delle perso - ne se si tratta di un provvedimento di volontaria giurisdizione in questa materia

Quanto al rito, la giurisprudenza ritiene che debba essere seguito il rito ordinario

L’espressione chiunque vi abbia interesse comprende:

• la persona per la quale deriverebbero effetti favorevoli

• le persona per la quale deriverebbero effetti sfavorevoli

• i successori dei soggetti che hanno partecipato al giudizio estero

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5.Trascrizione,iscrizione od annotazione in pubblici registri di sentenze straniere

Se occorre dare seguito alla decisione straniera mediante trascrizione o iscrizione in pubblici uffici è necessario

o no utilizzare il meccanismo dell’art 67 e quindi ricorrere all’autorità giudiziaria?

Il provvedimento straniero viene direttamente presentato, per essere trascritto, iscritto o annotato nei registri, al-

l’ufficiale di stato civile il quale:

• se ritiene che sussistono i requisito degli art. 64, 65 e 66 provvede di conseguenza

• se ritiene che il provvedimento manca dei requisiti ai fini del riconoscimento ovvero nutre ra - gionevolmente dei dubbi in ordine alla sussistenza degli stessi, rimette la questione al Prefetto al quale compete la vigilanza sulla tenuta dei registri di stato civile

Il prefetto a sua volta:

• se ritiene che sussistono le condizioni invita l’ufficiale di stato civile a procedere alla trascrizio - ne, iscrizione o annotazione richiesta

• se ritiene che non sussistono i requisiti invita l’ufficiale di stato civile a comunicare al richie - dente che mancano i requisiti necessari ai fini del riconoscimento

Ed è a questo punto che il richiedente può e deve rivolgersi alla Corte d’Appello affinché sia l’autorità giudizia-

ria a pronunciarsi in ordine alla riconoscibilità

6.Contestazione in un giudizio pendente (art. 67.3)

Se la riconoscibilità di un provvedimento straniero è contestata in un processo nel quale quel provvedimento sia

fatto valere in vista delle conseguenza che ne derivano sulla questione oggetto della domanda principale, in dero-

ga all’art. 67.1 è competente il giudice davanti al quale è in corso il processo, al cui ambito tralaltro restano cir-

coscritte le conseguenze della decisione sulla contestazione.

Essendo il riconoscimento delle decisioni straniere in principio automatico, a sollevare la questione circa la rico-

noscibilità, ponendola come questione preliminare rispetto alla domanda principale, non potrà essere che ò aper-

te che tende a escludere la riconoscibilità stessa.

7.Atti pubblici stranieri

Art. 68: Attuazione ed esecuzione di atti pubblici ricevuti all'esteroLe norme di cui all'art. 67 si applicano anche rispetto all'attuazione e all'esecuzione forzata in Italia di atti pubblici ricevuti in uno Stato estero e ivi muniti di forza esecutiva.

Questo articolo disciplina l’attuazione e l’efficacia esecutiva in Italia degli atti pubblici ricevuti da pubblici uffi-

ciali di uno Stato estero.

La nozione di atto pubblica si qualifica in base alla lex fori, e quindi in generale è da considerarsi atto pubblico

l’atto che risponde ai requisiti previsti dall’art. 2699 cod. civ., ovvero il documento redatto, con le formalità ri-

chieste, da un notaio o d un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo in cui si è

formato.

Sarà invece sulla base della legge dello Stato in cui l’atto è ricevuto che si dovrà valutare la qualità di pubblico

ufficiale del soggetto che ha ricevuto detto atto.

Anche per questi atti la regola base è quella del riconoscimento automatico, mentre solo in caso di mancata ot-

temperanza o di contestazione la parte interessata deve seguire la procedura dell’art. 67, che è altresì necessaria

ai fini dell’esecuzione forzata.

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In questa sede dei requisiti previsti dall’art. 64 vale solo quello relativo al limite dell’ordine pubblico (ex non è

trascrivibile il matrimonio calibrato all’estero tra omosessuali, di cui uno italiano).