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Atlante del Barocco nel Lazio - Province di Frosinone

May 17, 2023

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Page 1: Atlante del Barocco nel Lazio - Province di Frosinone
Page 2: Atlante del Barocco nel Lazio - Province di Frosinone

CENTRO DI STUDI SULLA CULTURA E L’IMMAGINE DI ROMA

SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMADipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura

LAZIO | 2Province di Frosinone, Latina, Rieti, Viterbo

a cura diBartolomeo Azzaro, Giancarlo Coccioli, Daniela Gallavotti Cavallero, Augusto Roca De Amicis

con un saggio introduttivo diAugusto Roca De Amicis

DE LUCA EDITORI D’ARTE

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CENTRO DI STUDI SULLA CULTURA E L’IMMAGINE DI ROMA

SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMADIPARTIMENTO DI STORIA, DISEGNO E RESTAURO DELL’ARCHITETTURA

col patrocinio diREGIONE LAZIO

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMOSOPRINTENDENZA PER I BENI STORICI, ARTISTICI ED ETNOANTROPOLOGICI DEL LAZIO

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PAESAGGISTICI PER LE PROVINCE DI ROMA,FROSINONE, LATINA, RIETI E VITERBO

I gruppi di ricerca sono stati coordinatida Bartolomeo Azzaro, Giancarlo Coccioli,Daniela Gallavotti Cavallero, Augusto RocaDe Amicis. La schedatura della Provincia diRieti è stata avviata da una équipe dischedatori sotto la direzione di DanielaDel Pesco, a cui si sono poi aggiunti altrischedatori sotto la direzione di Augusto RocaDe Amicis e Giancarlo Coccioli.Al lavoro di messa a punto e redazione delleschede hanno inoltre contribuito MarioBevilacqua, Maria Celeste Cola, Giada Lepri,Michela Peretti.

La ricerca è stata finanziata dal Ministerodell’Istruzione dell’Università e della Ricerca,Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale:– PRIN 2002, Lo sconosciuto patrimonio delBarocco italiano: l’architettura del XVII e XVIIIsecolo nel Lazio e nell’Umbria, coordinatorenazionale Sandro Benedetti;– PRIN 2004, Atlante tematico del barocco inItalia. 4. Residenze nobiliari e trasformazioniurbane, coordinatore nazionale MarcelloFagiolo.Il volume accoglie inoltre alcuni risultatidella Ricerca della Facoltà di Architetturadella Sapienza Università di Roma, 2002,Le residenze della nobiltà e dei ceti emergentiin età barocca nelle province di Roma e Viterbo,diretta da Marcello Fagiolo.

In copertina:Amatrice, S. Maria del Suffragio, altaremaggiore (foto di Gianluigi Simone).

Si ringraziano per la collaborazionee per la concessione di documenti e materialiiconografici le seguenti istituzioni.

I Direttori e i funzionari dell’Istituto Centraleper il Catalogo e la Documentazione, dellaSoprintendenza per i Beni Storici, Artisticied Etnoantropologici del Lazio, dellaSoprintendenza per i Beni Architettonicie Paesaggistici per le province di Roma,Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo.

I Direttori e i funzionari degli Archivi di:Acquapendente (Archivio della CuriaVescovile), Anagni (Archivio Vescovile),Arpino (Archivio Parrocchiale di S. Mariadi Civita), Atina (Archivio della Cattedrale),Caprarola (Archivio del Convento di SantaTeresa), Casamari (Archivio dell’Abbazia),Casperia (Archivio Storico Comunale), Cittàdel Vaticano (Archivio Segreto Vaticano),Civita Castellana (Archivio Vescovile),L’Aquila (Archivio di Stato), Latera (ArchivioComunale), Montecassino (Archiviodell’Abbazia), Montefiascone (Archivio dellaCuria vescovile), Napoli (Archivio di Stato),Nepi (Archivio dei Padri Domenicani diS. Teodoro), Orte (Archivio della Curiavescovile), Parma (Archivio di Stato), Rieti(Archivio Diocesano, Archivio di Stato,Archivio Storico Comunale), Rivodutri(Archivio Parrocchiale), Roma (archividell’Accademia Nazionale di San Luca,Caetani, Centrale dello Stato, del CollegioGermanico e Ungarico, Doria Pamphili,Lante, Massimo, Archivio di Stato, StoricoCapitolino), Sora (Archivio Diocesano),Subiaco (Archivio Colonna), Tuscania(Archivio Capitolare), Valentano (ArchivioStorico Comunale), Vallerano (ArchivioStorico), Viterbo (Archivio di Stato), Viticuso(Archivio Parrocchiale).

I Direttori e i funzionari delle Biblioteche diOrte (Biblioteca Comunale), Rieti (BibliotecaComunale), Roma (Angelica, dell’AccademiaNazionale dei Lincei e Corsiniana, ApostolicaVaticana, di Archeologia e Storia dell’Arte, diArchitettura e progetto e di Storia, disegnoe restauro dell’Architettura della SapienzaUniversità di Roma, della Fondazione Besso,Bibliotheca Hertziana, Vallicelliana), Viterbo(Biblioteca Comunale).

Si ringraziano inoltre i funzionari delleAmministrazioni comunali e delle Istituzionireligiose nonché i parroci che in vari modihanno agevolato la ricerca.

Le piante del Catasto sono state fornite dalConsiglio Nazionale Geometri e GeometriLaureati. Si ringraziono per la collaborazioneil Presidente Fausto Savoldi, Adriano Angelini,Marco D’Alesio. L’elaborazione grafica dellepiante del Catasto è a cura di Anna MircaSchembari.

Le fotografie sono state in gran parte fornitedagli autori o provengono dall’Archiviofotografico del Centro di Studi sulla Cultura el’Immagine di Roma. Alcune fotografie sonostate fornite dall’Istituto Centrale per ilCatalogo e la Documentazione del Ministerodei Beni e delle Attività Culturali e delTurismo, dalla Soprintendenza per i BeniArchitettonici e Paesaggistici per le provincedi Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo,dall’Archivio di Max Hutzel (Courtesy of theGetty’s Open Content Program, Paul GettyTrust, Malibu).

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Augusto Roca De Amicis Per una geografia dell’architettura barocca nel Lazio:diffusioni, scambi, autonomie

SCHEDATURA DEI CENTRI URBANI E DEL TERRITORIO

PROVINCIA DI FROSINONE a cura di Augusto Roca De Amicis21 Frosinone 22 Acquafondata 23 Acuto 23 Alatri 26 Alvito30 Amaseno 32 Anagni 37 Arce 38 Arnara 38 Arpino 42 Atina44 Ausonia 45 Boville Ernica 46 Campoli Appennino 47 Casalattico47 Casalvieri 48 Cassino 51 Castelliri 51 Castelnuovo Parano51 Castro dei Volsci 51 Castrocielo 52 Ceccano 53 Ceprano53 Cervaro 53 Colle San Magno 54 Collepardo 57 Coreno Ausonio58 Esperia 60 Ferentino 61 Filettino 62 Fiuggi 64 Fontana Liri65 Fontechiari 65 Fumone 66 Gallinaro 67 Giuliano di Roma68 Guarcino 69 Isola del Liri 70 Monte San Giovanni Campano71 Morolo 72 Paliano 74 Pastena 75 Patrica 76 Picinisco 77 Pico78 Piglio 79 Pofi 80 Posta Fibreno 81 Ripi 82 Rocca d’Arce82 Roccasecca 83 San Donato Val di Comino 85 San Giovanni Incarico86 Sant’Ambrogio sul Garigliano 86 Sant’Elia Fiumerapido 88 Santopadre88 Settefrati 89 Sgurgola 90 Sora 93 Strangolagalli 94 Supino95 Torrice 96 Trevi nel Lazio 97 Vallecorsa 99 Vallerotonda 100 Veroli104 Vicalvi 105 Vico nel Lazio 105 Villa Latina 106 Villa Santo Stefano107 Viticuso

PROVINCIA DI LATINA a cura di Bartolomeo Azzaro109 Latina 110 Castelforte 110 Cori 112 Fondi 113 Formia117 Gaeta 119 Itri 121 Lenola 123 Minturno 124 Monte San Biagio125 Ponza 125 Priverno 127 Prossedi 128 Roccagorga131 Roccasecca dei Volsci 132 Sabaudia 134 San Felice Circeo135 Sermoneta 137 Sezze 141 Sonnino 142 Sperlonga142 Santi Costa e Damiano 142 Terracina 146 Ventotene

PROVINCIA DI RIETI a cura di Giancarlo Coccioli147 Rieti 155 Accumoli 155 Amatrice 158 Antrodoco 159 Ascrea160 Belmonte in Sabina 160 Borbona 161 Borgorose 161 Borgo Velino162 Cantalice 163 Cantalupo in Sabina 165 Casperia 166 Castel Di Tora167 Castel Sant’Angelo 167 Castelnuovo di Farfa 168 Cittaducale172 Cittareale 172 Collalto Sabino 173 Colle di Tora 173 Collevecchio174 Concerviano 175 Configni 175 Contigliano 177 Cottanello178 Fara in Sabina 179 Fiamignano 180 Forano 180 Greccio 182 Labro182 Leonessa 186 Longone Sabino 187 Magliano Sabina 188 Marcetelli189 Mompeo 189 Montasola 190 Montebuono 190 Monteleone Sabino190 Montenero Sabino 191 Morro Reatino 191 Orvinio 192 Petrella Salto193 Poggio Bustone 194 Poggio Mirteto 196 Poggio San Lorenzo

Sommario

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196 Posta 198 Pozzaglia Sabina 198 Rivodutri 199 Roccantica200 Salisano 200 Scandriglia 201 Selci in Sabina 201 Stimigliano202 Tarano 202 Toffia 202 Torricella in Sabina 203 Turania203 Vacone 204 Varco Sabino

PROVINCIA DI VITERBO a cura di Daniela Gallavotti Cavallero205 Viterbo 224 Acquapendente 225 Arlena di Castro 225 Bagnoregio226 Barbarano Romano 227 Bassano in Teverina 227 Bassano Romano231 Blera 231 Bolsena 234 Bomarzo 235 Calcata 235 Canepina237 Canino 239 Capodimonte 240 Capranica 242 Caprarola246 Carbognano 246 Castel Sant’Elia 248 Castiglione in Teverina248 Celleno 249 Cellere 249 Civita Castellana 252 Fabrica di Roma253 Farnese 254 Gallese 255 Gradoli 256 Grotte di Castro258 Ischia di Castro 260 Latera 262 Lubriano 262 Marta263 Montalto di Castro 266 Montefiascone 269 Monte Romano270 Monterosi 271 Nepi 273 Oriolo Romano 275 Orte 279 Piansano280 Ronciglione 287 San Lorenzo Nuovo 288 Soriano nel Cimino292 Sutri 295 Tarquinia 299 Tessennano 299 Tuscania 302 Valentano304 Vallerano 307 Vasanello 308 Vejano 308 Vetralla 312 Vignanello315 Villa San Giovanni in Tuscia 315 Vitorchiano

Bibliografia

Indice dei nomi a cura di Michela Peretti

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SCHEDATURA DEI CENTRI URBANIE DEL TERRITORIO

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De Luca Editori d’Arte

Cura editorialeFederica Piantoni

ImpaginazioneLaura Lanari

Coordinamento tecnicoMario Ara

L’editore si dichiara pienamente disponibile a soddisfare eventuali oneri derivanti da dirittidi riproduzione per le immagini di cui non sia stato possibile reperire gli aventi diritto.È vietata la riproduzione, con qualsiasi procedimento, della presente opera o parti di essa.

© 2014 De Luca Editori d’Arte s.r.l.00199 Roma - Via di Novella, 22tel. 06 32650712 - fax 06 [email protected]

ISBN 978-88-6557-048-7

Finito di stamparenel mese di ottobre 2014

Stampato in Italia - Printed in Italy

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della certosa di Trisulti, affinché i monaci potesse-ro sfruttarlo per esigenze di approvvigionamentoalimentare. I Certosini lo trasformano in grancia,disponendo una serie di edifici, costruiti sulle pen-dici del colle. L’insieme attuale corrisponde alla si-stemazione avvenuta nella seconda metà del Sette-cento, costituita da un suggestivo complesso a piùcorpi edilizi, disposti a gradoni. Ad esso si accede,tramite una corte principale che immette alle di-verse funzioni: abitative, produttive, di allevamen-to e di conservazione delle derrate; vi è compresainoltre anche una piccola chiesa dedicata a S. Bar-tolomeo Apostolo.

Maurizio Caperna

ALVITO

L’insediamento è articolato in tre distinti nucleiurbani dislocati lungo il fianco meridionale delmonte Morrone. Il primo rurale a carattere spar-so, databile al 1096, si trovava a monte, a mezzacosta e a valle, in corrispondenza delle tre prin-cipali dorsali urbane dell’attuale centro. Esso siera costituito dopo il declino del centro di S. Ur-bano, situato sul colle Civita a est. L’oppidum diS. Urbano è menzionato un’ultima volta nel 1095,quando già sono consolidati gli insediamenti sulmonte Albeto. Nel 1157 è attestato un castrum Al-beti di cui Landolfo d’Aquino si titola dominus,mentre nel 1293 è documentata una fortezza (for-tilitium), residenza baronale. Il borgo, gravemen-te danneggiato da un sisma nel 1349, è ricostrui-to da Restaino Cantelmo, divenutone barone nel1350, cui è attribuita la cinta muraria che dal ca-stello scendeva a includere il borgo di mezza co-sta del Peschio e l’abitato di valle. La poderosastruttura difensiva eretta attorno al maniero ba-ronale, con torri ai vertici di un circuito quadri-latero e un rivellino acuto, risale al XV secolo. Sideve forse alla ricostruzione di Cantelmo l’im-pianto del borgo, strutturato lungo tre dorsali via-rie che da altrettanti slarghi convergono verso ilpolo della chiesa a valle – S. Maria del Castello(1308-10) –, posta in diretta connessione con lachiesa a monte di S. Maria Porta Coeli.Se l’insediato del Peschio rimane ancorato alle ori-gini medievali, il centro di valle conosce un note-vole sviluppo urbano: entro il 1546, il tesorierecamerale di Paolo III, l’alvitano Bernardino Elvi-no, costruisce nel rione Ospedale il proprio pa-lazzo, i cui caratteri architettonici rinviano a mo-delli romani vicini ad Antonio da Sangallo il gio-vane. Successivamente i Gallio, originari di Co-mo, divenuti feudatari di Alvito nel 1595, avvia-no una politica edilizia volta a rinnovare l’assettourbano del borgo di valle, con l’apertura nel 1666di un nuovo rettifilo, via Gallia, che sancisce lospostamento definitivo del baricentro di Alvito dalcastello a valle, con la ristrutturazione e l’amplia-mento della residenza baronale dei d’Aquino con-dotta a più riprese tra il 1600 e il 1685, principa-le caposaldo di un impianto urbano barocco. An-che altre famiglie gentilizie partecipano alla tra-sformazione monumentale della città bassa di Al-vito, capoluogo di uno stato baronale esteso adaltri borghi della val di Comino, raffigurati nei bas-sorilievi del casino “La Pesca” sul lago Fibreno.Spiccano le moli dei palazzi Ferrante (1752) e Ro-sati (1758), le cui facciate monumentalizzano ilfronte stradale dell’antica via Maggiore, ricom-paginando il frammentario tessuto edilizio neifronti secondari. Anche gli edifici sacri sono og-getto di un analogo processo di rinnovamento, co-me la chiesa di S. Giovanni, riedificata diretta-mente dai duchi (1682) o quella di S. Simeone,radicalmente rimodernata prima del 1774. I Gal-lio edificano anche il monastero e chiesa di S. Te-resa (dal 1707), su cui interverrà, nel 1756, l’ar-chitetto regio Martino Bonocore, cui è riferibileanche l’ideazione del nuovo complesso conven-

tuale di S. Nicola (1752), posto fuori della città,la cui ricca veste architettonica testimonia la rile-vanza assunta da Alvito nella geografia della Ter-ra di Lavoro.

BIBL.: G. Prudentio 1574, in D. Santoro 1908; Re-latione familiare 1595, in Il ducato di Alvito 1997;G.P.M. Castrucci 1633; F. Pistilli 1798; B. Santo-ro 1888; D. Santoro 1908; F. Strazzullo 1982; A.P.Recchia 1983; V. Iacobone 1984; G.P. Castrucci,L. Santoro 1994; V. Iacobone 1996; Il ducato diAlvito 1997; D. Antonelli 1999; L. Santoro 2002;G. Quaranta 2003.

1. COLLEGIATA DI S. SIMEONE PROFETA.Originariamente intitolata a S. Lorenzo, se ne hanotizia dall’XI secolo, quando sorgeva nell’inse-diamento di valle, appena fuori dalle mura. Il ti-tolo deriva presumibilmente dalla cappella an-nessa a uno xenodochio, del quale si ha notiziadal 1101. La chiesa è datata al 1308-1310, dal 1347ne è attestata la dignità arcipretale e nel 1476 èsede di una comunità monastica. Nel 1574, per leprecarie condizioni di stabilità, se ne decide il tra-sferimento in un nuovo complesso costruito perl’occasione entro le mura dell’abitato, poco di-stante dalla Porta Gallio, eretta nel 1666. L’attualeaspetto dell’edificio si deve probabilmente a unradicale rimodernamento settecentesco, prece-dente al 1774, data di una nuova consacrazioneattestata da epigrafe.L’interno è ad aula rettangolare con tre cappelleper lato, soffitto ligneo, crociera a cupola ellitti-ca su pennacchi sferici e presbiterio rettangolarecon volta a botte lunettata. Sulla sinistra della cro-ciera s’innesta il vano quadrangolare del coro, co-perto da una calotta ribassata. Il soffitto ligneo del-l’aula, riccamente intarsiato, è adornato al centroda una Presentazione al Tempio, inquadrata da cor-nice mistilinea centinata. L’edicola dell’altar mag-giore è inquadrata da due coppie di colonne co-rinzie a doppia orientazione diagonale, poste su

piedistalli sostenuti da mensoloni. Sopra il corni-cione a profilo concavo-convesso è un fastigio instucco raccordato da volute laterali. La pala d’al-tare raffigurante S. Simeone che riceve Gesù Bam-bino al Tempio ha cornice riccamente ornata damotivi vegetali in stucco.La facciata, coronata da un timpano centinato dalprofilo concavo-convesso, è una disadorna pare-te intonacata, inquadrata da un ordine abbrevia-to di pseudo-paraste, le cui testate sono assorbi-te entro la semplice trabeazione. L’ingresso, in-quadrato da un portale in pietra con mensolettecentinate sotto la mostra orizzontale, è sormon-tato da un timpano triangolare. In alto si trovanodue finestrelle laterali con cornici piane in stuccoa profilo mistilineo centinato e un finestrone cen-trale rettangolare parimente cieco, inquadrato dacornici piane. Il campanile è ricavato nelle strut-ture della cinta muraria, mentre la foggia attualedella cupola risale ai primi del Novecento.

2. CHIESA DELL’ANNUNZIATA (del Croce-fisso). Situata a valle della via Maggiore è attesta-ta sin dal 1632. Le murature relitte incorporatenell’edificio, considerate da alcuni prova di unadatazione tardo medievale della chiesa, testimo-niano solo la presenza di una primitiva costru-zione.L’impianto è ad aula rettangolare, preceduta dauna cantoria lignea, con edicola dell’altare mag-giore, frutto di un rimodernamento tardo seicen-tesco, addossata alla parete di fondo. L’edicola èinquadrata da due colonne d’ordine composito,ribattute all’esterno da semiparaste del medesimoordine. La trabeazione, che risalta in corrispon-denza degli aggetti delle ordinanze, si raccordacon un profilo concavo a un piano retrostante, po-sto all’altezza della trabeazione delle semiparaste.La cornice della trabeazione s’inflette secondo unprofilo convesso; al centro una decorazione instucco a foglie di lauro e volute a cartiglio è so-prammessa al fregio al cui interno è affrescata una

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Pianta di Alvito (Catasto unitario).

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Crocefissione. Sopra il cornicione dell’edicola s’im-posta un fastigio, con coronamento analogo allatrabeazione, raccordato da volute su cui siedonodue angeli. Al suo interno in un tondo a foglie dilauro è raffigurato lo Spirito Santo, contornato danastri, putti, foglie d’acanto e volute.La facciata, anch’essa oggetto di un probabile ri-modernamento tardo seicentesco, è una disador-na lastra intonacata, coronata da un cornicionecentinato mistilineo, in cui si collocano assial-mente il portale d’ingresso e la soprastante fine-stra, inquadrati da mostre architravate in pietra.

3. ORATORIO DI S. EMIDIO (chiesa della Pie-tà). Edificato nel 1746 come sede della Confra-ternita dell’Orazione e Morte, definisce con l’an-tistante chiesa di S. Giovanni, uno slargo urbanoposto a cerniera tra corso Gallio e la propagginedi costa dell’abitato di Alvito, delimitata inferior-mente dall’ospedale e dal palazzo di BernardinoElvino. La piccola chiesa venne in seguito adibi-ta a cappella ducale. L’interno è un’aula voltata abotte, con transetto emergente. La facciata, inte-ressante palinsesto architettonico e stilistico, con-trariamente alla tendenza riscontrabile ad Alvitodi adesione a modelli campani, richiama tipi d’am-biente romano, declinando un ultimo baroccod’ispirazione classicheggiante. Essa è articolata intre campate da due paraste corinzie accostate, po-ste su elevati piedistalli, inquadranti la campatacentrale, leggermente più ampia delle laterali (se-condo un ritmo A-B-A), al centro della quale siapre il portale d’ingresso coronato da timpano se-micircolare. La trabeazione, piuttosto convenzio-nale, è sormontata da un timpano triangolare; lespecchiature tra le paraste sono ornate da una mo-stra con profilo centinato.

4. S. GIOVANNI EVANGELISTA. L’iscrizionedel 1304 sulla campana maggiore di questa chie-sa ne testimonia l’esistenza dagli inizi del XIV se-colo, sebbene le prime notizie documentali risal-gano al 1563. Nel 1634 la chiesa è gravemente dan-neggiata da un sisma, cui seguì, nel 1682, la rie-dificazione a opera del duca Tolomeo II Gallio(1657-1685). Una piazza antistante la facciata col-lega la chiesa al sottostante corso Gallio.L’interno, ad aula unica, con pilastri addossati al-

le pareti, si articola in tre campate, con volte abotte lunettate e sottarchi in corrispondenza deipilastri. Nelle pareti laterali si aprono nicchie in-quadrate da arconi, al cui interno sono collocatigli altari. Il presbiterio, absidato, è preceduto daun arcone su colonne, addossate a spalle murarie.Alcuni dettagli stilistici, come la forma abbrevia-ta dei capitelli e l’edicola dell’altare maggiore, sug-geriscono interventi successivi ai lavori promossidal duca Tolomeo. Gli altari a edicola delle dueprime campate sul lato destro, caratterizzati dauna raffinata decorazione plastica, ricca di inser-ti in stucco raffiguranti angeli, putti, cartigli e tral-ci di fogliame, mostrano un registro decorativocompatibile con l’epoca di ricostruzione. Spicca-no le volute del fastigio a coronamento della tra-beazione della prima delle due edicole, coronateda due semitimpani spezzati a profilo semicirco-lare, tra cui si collocano un putto alato e un me-daglione con tralci d’acanto, al cui interno è raf-figurato lo Spirito Santo.La facciata intonacata è coronata da una pseudo-trabeazione, inflessa al centro secondo un profi-lo centinato, inquadrante un finestrone rettango-lare a cornici piane. Sopra il cornicione s’impostaun attico, ornato da fastigio a profilo centinato.La parete è scandita in tre parti da due sproni mu-rari, inquadranti il portale d’ingresso in pietra concornici piane, mensole centinate agli estremi del-la mostra architravata e timpano triangolare.

5. S. MARIA ASSUNTA. La prima menzione conla denominazione di S. Maria del Castello risaleal 1308-1310 tra le chiese soggette ai tributi del-la Camera Apostolica. Fin dall’origine, la chiesaoccupava il fulcro edilizio dell’impianto urbanodel Castello.L’originario impianto ad aula coperta a tetto ven-ne radicalmente rimodernato tra il 1750 e il 1766,probabilmente ad opera del capomastro lombar-do Cristofaro Bozzolino, a quel tempo operantead Alvito nei cantieri di S. Simeone e di S. Tere-sa. L’interno è a tre navate, con pseudo transettoe vano presbiterale di crociera, con altar maggio-re addossato alla parete di fondo. La navata cen-trale è fiancheggiata da tre arcate su pilastri, ador-nati da paraste corinzie sormontate da una tra-beazione. La volta a botte, lunettata e unghiata, è

scandita da arconi impostati sulle paraste, ornateda cornici saldate alle fasce in stucco delle lunet-te. La crociera è coperta da una cupola su pen-nacchi con costoloni in stucco. Le navate lateralisi traducono in una successione di pseudo-cap-pelle separate da arconi, coperte da calotte a se-sto ribassato. Gli altari parietali sono ornati da nic-chie con mostre orecchiate, coronamenti centina-ti e motivi vegetali in stucco. L’ingresso è prece-duto da un vestibolo con profilo centinato, orna-to da pseudo-paraste e voltato a vela, con sopra-stante cantoria. Sotto il vano della sacrestia è unacappella rettangolare, forse dedicata a S. Rocco,il cui attuale aspetto è riconducibile a lavori di ri-modernamento tardo-settecenteschi.La facciata si caratterizza per il profilo centinatodel cornicione impostato sulla parete intonacata,articolata in altezza in tre ordini, da due fasce inlieve risalto, situate poco al di sopra del portale eall’altezza dell’imposta del cornicione, con cuiforma una sorta di pseudo timpano. Sulla corni-ce inferiore poggiano due finestre laterali, inqua-drate da mostre piane in pietra, mentre sulla cor-nice alta s’impostano due pseudo-paraste in cor-rispondenza dei flessi del cornicione, al cui inter-no si prolungano risaltandone il profilo. Al fine-strone della navata centrale, inquadrato da corni-ci in pietra orecchiate, corrisponde, in basso, ilportale d’ingresso in pietra; i suoi stipiti si arti-colano con pseudo-capitelli a mensole, ribattitu-re orecchiate, trabeazione abbreviata e pseudo-se-mitimpani profilati a voluta.

6. S. MARIA PORTA COELI. La chiesa, situataall’interno delle mura del rione Castello, è men-zionata per la prima volta in una visita pastoraledel dicembre 1703, poco dopo la sua costruzio-ne, pur in forme diverse dalle attuali. L’originedella chiesa è legata a un evento miracoloso ri-salente al 1676, connesso all’immagine della Ma-donna col Bambino su Porta Martina, dove si tro-va ancora oggi. Il culto e la venerazione popola-re dettero luogo prima all’erezione di una cap-pella, poi, data la consistenza dei fondi raccolti,all’edificazione di una vera e propria chiesa, unprimo edificio, diverso dall’attuale, menzionatonella visita pastorale del 1703, che si completò,specie per la decorazione e la facciata, negli an-

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Alvito. Collegiata di S. Simeone Profeta, interno. Alvito. S. Maria Porta Coeli, interno.

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ni successivi. Nel 1737 si registrano pagamenti afavore di “mastro Gabriele (e) Martinetti […]compagni stuccatori lombardi”, cui vennero pre-sumibilmente affidati lavori di decorazione e for-se di completamento dell’interno, insieme a quel-li della singolare facciata.L’impianto della chiesa è ad aula rettangolare contransetto ripartito in un vano centrale presbitera-le voltato a botte e cappelle laterali cupolate supennacchi sferici, con stucchi dell’edicola dell’al-tare maggiore coordinati a quelli delle pareti la-terali. Tali decorazioni, pur manomesse da im-propri restauri, denotano l’opera di artefici di noncomune abilità: l’edicola dell’altare maggiore pre-senta una trabeazione centinata con ricco fastigioin stucco a motivi vegetali, sostenuta da pseudo-colonne a profilo concavo, con volute dei capitellia dorso di delfino. Al centro è l’effigie dello Spi-rito Santo tra nubi, putti alati e ghirlande di lau-ro ricadenti al lati della cornice che ospita l’im-magine mariana. Sulle pareti laterali si aprono duenicchie inquadrate da cornici orecchiate, corona-te da un timpano spezzato, con putti, ghirlande evalve di conchiglia in stucco, che invadono i pro-fili delle membrature architettoniche.La facciata si presenta come una lastra rettango-lare, coronata da una cornice orizzontale, con di-sposizione dei mattoni a dente di sega su succes-sivi aggetti, i cui margini sono incardinati in unaaddentellatura di bugnato liscio. La quinta si ar-ticola in cinque specchiature – oltre il piano ba-samentale – scandite da disadorne cornici oriz-zontali, con spaziature irregolari, a partire dal-l’architrave d’ingresso archivoltato. All’interno sinotano motivi decorativi con alternanza di ovati,rombi, e geometrie mistilinee, che connotano lafacciata come elemento decorativo di definizioneurbana dell’antistante piazza.

7. CHIESA E CONVENTO DI S. NICOLA. Lafondazione del convento è datata dagli Annales diWadding al 1516, anche se le prime fonti docu-

mentarie risalgono al 1334-35, quando è menzio-nato un locus francescano in Alvito. Secondo An-tonelli la chiesa aggregata al convento francesca-no, deve essere identificata con quella intitolataal santo vescovo di Bari, oggetto di una donazio-ne all’archicenobio cassinese nel 1055. Il 1516, in-dicato dal Wadding come anno di fondazione delconvento, si riferirebbe all’incorporazione di unsecondo insediamento francescano, la chiesa di S.Maria del Campo, affidata ai frati Minori da Si-sto IV nel 1476. Nel 1595 la chiesa viene descrit-ta come “grande, et bella, et ne la prima cappel-la a man dritta […] vi è un bel quadro […] fattoda Raffaele d’Urbino […]. Vi sono molte cappel-le, e l’altar privilegiato per li Morti” (Il Ducato diAlvito, 1997, II p. 23).Dall’Archivio di Casa Ferrante deriva la notizia,riferita dall’abate Angelo Panicoli, del trasferi-mento della nobile casata, nel 1752, nella nuovaabitazione “architettata di propria idea” dal me-desimo religioso, costruita in sei anni, contempo-raneamente all’edificazione della chiesa di S. Ni-cola. La nota documentale attesta un esteso in-tervento di rimodernamento del precedente im-pianto –resosi necessario forse a seguito dei dan-ni riportati da un sisma –, cui deve farsi risalirel’attuale chiesa con complesso conventuale. Inparticolare, la forbita architettura della facciata,costituisce un notevole episodio di architetturasettecentesca di matrice romana-napoletana, di cuifinora è rimasto ignoto l’autore, anche se il coin-volgimento dell’ingegnere regio Martino Bono-core nella progettazione della vicina chiesa di S.Teresa (1761), induce a caute ipotesi di attribu-zione, considerando che Panicoli era direttamen-te coinvolto nei lavori del monastero teresiano.L’aula, preceduta da una cantoria voltata a padi-glione, presenta una volta a botte lunettata, concrociera cupolata, bracci laterali e presbiterio in-cassati nelle murature, raccordati con un profilocurvo alle pareti contigue. L’aula rettangolare,

con cappelle laterali, è articolata ai fianchi da va-ni aperti nello spessore murario, alternati secon-do il ritmo A-BB-A; le campate estreme, di am-piezza ridotta, corrispondono ai cori che serranoi due vani centrali delle cappelle. La cupola, tra-forata da quattro finestroni, insiste su un bassotamburo, con ovati in stucco, impostato su pen-nacchi sferici. Le pareti delle cappelle, della cro-ciera e del presbiterio sono adornate da edicolein stucco con coronamento centinato, mostre orec-chiate e raffinati decori floreali. Le superfici so-no impreziosite da raffinati intagli, secondo stile-mi di ambiente napoletano.La facciata è dominata dai due robusti ordini so-vrapposti di paraste (tuscaniche in basso, compo-site in alto) poggianti su piedistallo; la partituracentrale si prolunga in un’edicola di coronamen-to a profilo curvo che, saldandosi ai sottostanti pi-lastri, si configura come un ordine nano. Allaquinta centrale si collegano le partiture laterali, condoppio ordine sovrapposto di paraste singole, rac-cordate all’edicola da una voluta. Si tratta di unastudiata geometria compositiva, che, pur con ri-mandi al tardo barocco romano, è da ascrivere alpieno settecento napoletano, in particolare per gliinserti del portale d’ingresso e del finestrone delsecondo ordine, per i profili delle cornici, per lericche decorazioni degli stucchi nonché per l’in-sistito impiego di cornici centinate cieche.

8. CHIESA E CONVENTO DI S. TERESA. Lacostruzione si deve ad Alfonsa Diez Pimienta, mo-glie del duca di Alvito Francesco II Gallio (1685-1721), devota di santa Teresa d’Avila. La duches-sa ne aveva indicato le modalità di compimentoin un legato del suo testamento che destinava 515scudi alla fabbrica. Il cantiere del nuovo mona-stero, iniziato nel 1707, procedette tuttavia mol-to lentamente; nel 1751 non era ancora conclusoe solo un decennio più tardi si iniziò a edificareanche la chiesa, come attesta un rogito del 29 giu-gno 1761 del notaio Giustiniano Zampani, che in-

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Alvito. S. Teresa.Alvito. Chiesa e convento di S. Nicola.

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dica come progettista l’ingegnere regio MartinoBonocore e come esecutori i mastri muratori mi-lanesi Cristofaro e Francesco Bozzolino. La chie-sa venne completata solo all’interno, rimanendoall’esterno allo stato di rustico. Il monastero, sep-pure incompleto, si configurava come un edificiodi notevoli dimensioni, utilizzato dai Gallio a sco-po di rendita fin dal 1782.Del complesso monastico non è facile ricostruireil progetto originario, di cui è traccia l’architet-tura ad arcate inquadrate da paraste tuscanichedel piano terreno del chiostro, aperto su un giar-dino pensile prospiciente il corso principale di Al-vito. La chiesa mostra aspetti d’indubbio interes-se nel contesto dell’architettura del Settecentonapoletano. L’interno è a pianta ovale, con cap-pelle raccordate alla muratura da profili curvili-nei e presbiterio semicircolare. La parete dell’au-la è scandita da paraste composite su piedistalli.Sulla trabeazione continua si imposta la cupola,rialzata su un attico, disegnata da fasce in stucco;la calotta è inoltre traforata, in corrispondenza de-gli assi principali, da finestre ovate aperte nelleunghie delle lunette. All’ovale dell’aula all’inter-no, corrisponde il volume ottagonale dell’esterno,con lati rispondenti alla partizione interna dellecampate scandite da paraste. La parete d’ingres-so si articola in due registri sovrapposti: la partebassa è caratterizzata da un’edicola ad ordini ab-breviati e timpano triangolare, inquadrata da pa-raste tuscaniche ribattute ai lati, disposte in sen-so diagonale; la parte alta, dopo la cesura dellatrabeazione, è connotata da paraste diagonali ri-solte come deboli fasce murarie su piedistallo, co-ronate da un timpano triangolare, i cui estremi pie-gano nella stessa direzione delle paraste.

9. PALAZZO FERRANTE. L’archivio storico dicasa Ferrante documenta come la famiglia, nel1752, si fosse trasferita “dal Peschio alla casa no-va fabbricata, e architettata di propria idea di D.Angelo Abbate in sei anni”, notizia quest’ultimada assumere con le più ampie cautele. Se infatti èuna certezza l’intervento di Bonocore nel vicinocantiere di S. Teresa, la chiesa di S. Nicola o ilcontiguo palazzo Rosati, farebbero pensare allapresenza ad Alvito di progettisti e di artigiani diun certo rango, come lo stesso Bonocore o il ma-stro lombardo Cristofaro Bozzolino.L’edificio è uno dei molti palazzi gentilizi che de-finiscono la dorsale urbana di corso Castrucci, si-tuato in parallelo e a monte di corso Gallio. Lafacciata dell’edificio si struttura lungo una poli-gonale preceduta a valle da due rientranze del cor-po di fabbrica, il cui blocco è articolato in tre pia-ni per tutta la sua estensione. Il piano terra è co-stituito da un basamento con una sottile trama abugnato liscio, lungo il quale si aprono alternati-vamente accessi architravati con soprafinestre e fi-nestrelle quadrotte, oltre al portale principale ele-gantemente lavorato in pietra da taglio, con ar-chivolto strombato ornato da un cartiglio sul con-cio in chiave. I due piani delle residenze sono scan-diti da marcadavanzali in stucco appena rilevati.I tratti di parete compresi tra gli snodi degli alli-neamenti stradali sono scanditi da lesene piatte,con capitello assorbito all’interno del cornicione.Le finestre sono inquadrate, al primo piano, damostre in stucco dal delicato plasticismo, conorecchiature laterali e, sull’architrave, volute con-trapposte. Al piano superiore la sequenza di bu-cature evidenzia una maggiore ricercatezza nel di-segno degli inserti orecchiati degli stipiti e nellafusione con gli ovati in stucco corrispondenti alsottotetto. Si tratta di un tema di architettura ascala urbana, con un elegante telaio architettoni-co, flessibile agli adeguamenti del tracciato stra-dale. Il carattere decorativo delle finestre si im-pronta a una modesta plasticità, opera di mae-stranze attive nel Settecento campano.

10. PALAZZO GALLIO. L’attuale consistenzadel palazzo è l’esito di una complessa vicenda edi-

lizia, che si fa risalire a un primitivo edificio rea-lizzato dal conte Restaino Cantelmo, cui si devela ricostruzione del castello di Alvito e delle mu-ra dopo il terremoto del 1349. È probabile l’esi-stenza, prima dei lavori di ammodernamento av-viati dai Gallio nel 1595, di una struttura situata“sulle falde del monte”, nel cosiddetto rione Val-le, nota come “il Palazzo […] dove suol habitaril Signore quando dimora in Alvito, qual hora Vo-stra Signoria Illustrissima va migliorando et am-plificando”. Ciò, secondo la Relatione Famigliarede lo Stato di Alvito, compilata nel 1595 per il car-dinale Tolomeo Gallio, consente di antedatare al1574 l’esistenza di una fabbrica a uso di palazzo.È stata avanzata l’ipotesi di un primitivo palazzocomitale, frutto della rifusione di strutture d’etàmedievale operata dal conte Antonio De Cardo-na, adibito a residenza signorile del feudatario delrione Valle (dal 1574 al 1592), poi acquisito daiGallio, che ne avviarono l’ampliamento dal 1595.Una conferma indiretta di quanto sostenuto è for-nita nella Descrizione del Ducato di Alvito di Ca-strucci (1633), che definisce il palazzo ducale“molto antico”, “cominciato a ridurre alla mo-derna [dal] Cardinal Gallio […] in sito, dove era-no le case di uno della famiglia Leva Spagnuolo”.Notazione che conferma l’esistenza del palazzo indata precedente al rimodernamento dei Gallio, sulsito occupato da abitazioni della famiglia spa-

gnola De Leyva, in stretti rapporti con i De Car-dona (cfr. G. Quaranta, 2003, p. 30).Ciò consentirebbe di riferire una possibile primi-tiva residenza comitale ad Antonio De Cardona,tra il 1574 e il 1587. Entrambe le ristrutturazioni –dei De Cardona e dei Gallio – avrebbero in ognicaso riguardato strutture murarie appartenenti auna spina di caseggiati di origine medievale.La portata dei lavori di rimodernamento avviatidal cardinale Tolomeo nel blocco di testata occi-dentale dell’attuale edificio va limitata a una faseiniziale, solo successivamente completata “nellaforma, e bellezza che oggi si vede” dal pronipotedi Tolomeo, Francesco I (cfr. G.P.M. Castrucci,1633, p. 23) entro il 1633. Lavori successivi, sem-pre ad opera di Francesco I, dovettero consiste-re nella riparazione di danni causati dalla rivoltadi Masaniello. Fonti dell’archivio Gallio testimo-niano una spesa complessiva di 8.000 ducati. Al-la morte del duca, nel 1657, il complesso dovevaoccupare il sito attuale, a meno dei successivi in-terventi realizzati tra il 1657 e il 1669 dal duca To-lomeo II, cui si deve la definizione dell’attuale ar-chitettura del fronte lungo il corso, con la co-struzione del portico e della soprastante galleriae dello scalone d’onore. Nell’edizione napoletanadel Castrucci del 1686, viene aggiunta una notasu questi ultimi lavori, che chiudono la fase sei-centesca; seguirà l’appendice settecentesca del

ALVITO 29

Alvito. S. Teresa, cupola.

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Gabinetto Ducale, situato sopra l’ex cappella diS. Michele, delimitante il fabbricato sul lato orien-tale, in direzione dell’Arco Gallio, riferito da al-cuni come inizio di un ambizioso progetto di am-pliamento avviato da Francesco II, figlio di Tolo-meo II, ma subito interrotto alla sua morte nel1702 (cfr. G. Quaranta 2003, p. 48 n. 73). L’at-tuale consistenza della fabbrica si deve anche aulteriori interventi di adeguamento e di ristruttu-razione condotti tra il 1839 – quando venne adi-bita a sede comunale – e i primi decenni del No-vecento.L’articolata stratificazione che caratterizza il pa-lazzo è percepibile dallo slittamento dei blocchiedilizi che compongono la facciata principale sulcorso. Tuttavia l’intera sequenza parietale è de-notata da una relativa omogeneità, assicurata daun fondo intonacato con cornici marcadavanzalee marcapiano in pietra delle finestrature e dellearcate del portico al piano terreno. Omogeneitàrimarcata dall’impostazione alla medesima altez-za delle bucature del primo piano, pur contras-segnate da significative variazioni nelle mostre.Nel prospetto s’individuano almeno tre campateprincipali: il blocco aggettante del presunto pa-lazzo comitale a valle, che si articola in quattro as-si finestrati; il blocco seguente, dominato dal par-tito centrale del portico a cinque assi di arcate eda altrettante finestrature al piano soprastante, in-quadrato da due ali inclinate verso l’esterno; in-fine, il cosiddetto gabinetto ducale, riconducibi-le ai lavori di rimodernamento settecenteschi av-viati e subito interrotti dal duca Francesco II. Que-st’ultima appendice, a un unico asse finestrato lun-go la testata del palazzo, mostra un’evidente di-

stonia con il resto della quinta, come attesta il ric-co tenore plastico delle cornici delle finestre, sor-montate da ovati dal profilo mistilineo centinato.All’interno lo scalone d’onore è ricavato in un am-biente a doppia altezza, coperto da una volte apadiglione specchiata, ornata da cornici e cartigliin stucco, cui si accede da una rampa voltata acrociera.

11. PALAZZO ROSATI. L’origine rinvia al-l’espansione edilizia del ducato di Alvito avviatadai Gallio agli inizi del XVII secolo. Il fronte prin-cipale si affaccia lungo il tracciato medievale del-la via Maggiore, matrice dello sviluppo edilizio sei-centesco. Gli articolati corpi di fabbrica sono an-corati allo sperone che separa, con un notevoledislivello, la via Maggiore a monte, dal corso Ca-strucci a valle. Ai primi del Novecento, per con-sentire la realizzazione di quest’ultimo, si dovet-tero demolire alcune appendici del palazzo.Il fronte d’ingresso si articola su due piani coro-nati da un cornicione, sopra cui s’imposta un at-tico, con un’altana centrale su due livelli, loggiatasui quattro lati. La data del 1630, cui è riferita l’ori-gine dell’edificio, è suscettibile di ulteriori pun-tualizzazioni, come suggerisce la flessione stilisti-ca degli stucchi delle finestre, dei portali e dei par-titi architettonici. La data 1758 (1759?) su una ban-deruola in metallo sopra l’altana confermerebbeuna datazione dei partiti stilistici al terzo quartodel Settecento. Non meno importante è l’assegna-zione dei lavori di costruzione al capomastro Cri-stofaro Buzzolino che, con il fratello Francesco,edificherà S. Teresa.Il palinsesto architettonico delle facciate dei vo-lumi del corpo di fabbrica è caratterizzato da untelaio orizzontale continuo di cornici marcapianoe marcadavanzale appena rilevate, intersecato a le-sene poste ai margini delle quinte, con pseudo-capitello assorbito all’interno del profilo a gola delcornicione. Ogni lesena è adornata al sommosca-po da un raffinato decoro a cartiglio con campa-nelle floreali. Le bucature mostrano una varietàdi disegno degli apparati decorativi in stucco, dalmodellato plastico appena rilevato, impreziositodalle mostre orecchiate, dal profilo mistilineo cen-tinato dei timpani di alcune bucature e dal ricer-cato disegno delle ringhiere in ferro dei balcon-cini. L’ingresso lungo via Maggiore è evidenziatoda un vistoso coronamento in stucco dal profilomistilineo, da cui scendono due pseudo-triglifi al-lungati, inquadranti il portale in pietra con ar-chivolto impostato su pilastrini allusivi a uno pseu-do-ordine architettonico. La complessità dell’im-pianto tipologico il disegno unitario delle quinte,

nonché il repertorio stilistico dei fraseggi decora-tivi, depongono per l’attribuzione a un autore dirango non comune.

12. CONTRADA OSPEDALE. È la testata a val-le della dorsale edilizia su cui si trova la cinque-centesca residenza di Bernardino Elvino. Prendeil nome dal senodochio, o ospedale, di San Si-meone il cui edificio struttura una piazza su cuiaffaccia anche la frontistante quinta di una chie-setta nota con il titolo di S. Maria a piè delle ca-se e successivamente S. Vincenzo Ferreri, la cuiesistenza è documentata sin dal dicembre 1703.L’istituzione dell’ospedale di Alvito risaliva al 1101mentre la prima notizia certa dell’esistenza del-l’edificio nell’attuale sito risale al 1593 (cfr. D. An-tonelli 1999, p. 300, n. 28). Le quinte dei due edi-fici si fronteggiano delimitando l’invaso spazialeche apre l’accesso a sud di Alvito, in corrispon-denza di Porta Madonna. La facciata dell’ospe-dale, che sembra risalire al 1761 come recitaun’iscrizione, è articolata su due piani intelaiatida un ordine a fasce appena rilevate dal piano pa-rete che inquadrano, al piano superiore, due cam-pate in una delle quali si apre il vano di un’edi-cola incorniciata. Anche la quinta della chiesa pro-spiciente – di foggia settecentesca – è disegnataallo scopo di definire architettonicamente lo spa-zio antistante mediante una lastra incardinata ailati da paraste di ordine abbreviato coronata dafregio liscio, cornicione modanato e gocciolatoiosporgenti. L’interno è ad aula rettangolare volta-ta a botte con linea d’imposta segnata da una cor-nice e vano del presbiterio di fondo inquadratoda un arcone impostato su pilastri.

Dintorni:13. CASINO FERRANTE. Un’epigrafe posta infacciata informa che sul medesimo sito esistevauna abitazione di campagna già al 1004 abitata al1656 dai Panicoli. L’abate Angelo della medesimafamiglia sovrintese alla sua riedificazione dallefondamenta, compiuta entro il 1760.Il volume parallelepipedo a due piani più mezza-nino, è coperto a padiglione ed è coronato daun’altana. La facciata principale presenta cinqueassi di bucature al piano terreno e tre ai piani su-periori incorniciati da mostre in pietra a telaio ea ovati al mezzanino. L’ingresso al centro è mar-cato da un motivo plastico in pietra che incolon-na in basso un arco in conci impostato su stipitiribattuto su di un telaio retrostante e superior-mente un’edicola finestrata adornata da motivi avoluta. L’impianto interno è strutturato da due spi-ne murarie che inquadrano al centro una galleriavoltata e ai lati gli spazi della residenza. All’inter-no è la cappella ad aula quadrata voltata a padi-glione.

Dimitri Ticconi

AMASENO

Il centro è situato nell’alta valle del fiume omo-nimo, su una collina alle pendici del monte Civi-tella, area famosa fin dall’antichità per le nume-rose sorgenti d’acqua. La sua origine è collocataintorno all’VIII-IX secolo d.C., ma la prima no-tizia documentaria di un centro col nome di San-ctum Laurentium risale al 1125. Nel secolo XIIera già feudo dei conti di Ceccano e rimase lega-to per lungo tempo alle alterne vicende della fa-miglia nelle lotte per il controllo della zona. Da-ta la posizione strategica al confine col regno diNapoli, nel 1419 il castrum Sancti Laurentii de Val-le venne occupato dalla regina Giovanna II d’Ara-gona e concesso successivamente ai Colonna, invirtù del sostegno di Martino V (1417-1431) con-tro gli Angioini. Nel 1431 la regina lo attribuì aiCaetani. I Colonna rientrarono in possesso di SanLorenzo nel 1494 grazie a Carlo VIII, ma si aprìun lungo contenzioso. Dopo alterne vicende per

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Alvito. Casino Ferrante.

Alvito. Palazzo Gallio, particolare. Alvito. Palazzo Rosati, balcone.

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76 PROVINCIA DI FROSINONE

re grottesche, e da un architrave al centro del qua-le è scolpito un rosone raffigurante la rosa dei ven-ti. Altre due paraste simili, ma di altezza inferio-re, dividono a metà i campi murari conclusi convolute, nei quali si aprono delle nicchie definiteda cornici modanate. Al di sopra delle paraste edell’architrave sono posti acroteri a vaso di formabizzarra. Il portale dà accesso al corridoio pro-spettico del giardino pensile creato nel terzo quar-to dell’Ottocento.

3. PALAZZO COMUNALE, piazza VittorioEmanuele II. Un edificio esisteva già nel 1582,quando la Comunità stipulò un contratto con“mastro Jacomo Clerichi” di Ferentino per lavo-ri in “una Corti et logia in piazza”. Negli anni im-mediatamente successivi, iniziò l’edificazione delpalazzo nelle dimensioni attuali. Nel 1599, all’at-to della presa di possesso di Patrica da parte deiSantacroce, il palazzo “non est finitum fabricare,et est discupertum” mentre, in atti del 1611-12,si citano attività svolte al suo interno. Nel 1732-38 si eseguirono alcuni lavori tra cui la costruzio-ne di uno degli speroni sulla piazza e la sistema-zione dell’orologio. La Comunità utilizzava unasola sala al piano terra, il resto era occupato dalvice marchese rappresentante dei Colonna, checontribuirono nel 1783 alla sistemazione del pia-no superiore, utilizzato come granaio. Nel 1788,l’architetto Domenico Schiera stilò una perizia conallegata pianta, che attestava il pessimo stato del-l’edificio che minacciava “imminente ruina”. Inecessari lavori furono eseguiti da mastro Gio-vanni Giammaria ma non erano ancora terminatinel 1791 in occasione di un’altra perizia, e nel 1796si decise un ulteriore “riattamento della Casa Co-munitativa”, che non fu però realizzato.Il palazzo era utilizzato esclusivamente dal vicemar-chese, segno di una decisa invadenza del governobaronale nella proprietà della Comunità. Nel 1798,durante l’occupazione francese, il palazzo subì unsaccheggio e furono bruciate tutte le scritture con-servate nella segreteria. Riottenuta la piena pro-prietà nel 1825, la Comunità promosse ulteriori la-vori che furono però portati a termine solo nel1853, definendo l’attuale volumetria e facendoscomparire le tracce degli interventi precedenti.

Dintorni:4. PALAZZO COLONNA ALLA TOMACEL-LA. Sorge su una balza tufacea in contrada To-

macella, localizzata sulla sponda destra del fiumeSacco, nella fascia centro meridionale della “Val-le Latina”. Fin da epoca antica la zona era pun-to strategico per l’attraversamento di genti pro-venienti dalle aree ernico-volsche che si spinge-vano verso la pianura Pontina e il mare. Nel tem-po furono realizzati un ponte, inizialmente in le-gno, e un baluardo di difesa già esistente nel Tre-cento, denominato “La Torre del Piano”, a pro-tezione di un’osteria e di un mulino azionato dal-le cascatelle formate dal fiume. Quando nel 1625Filippo Colonna acquistò Patrica, la torre era giàstata parzialmente trasformata in palazzo. Esi-stevano già il cortile con un pozzo, il piano terrae il primo piano sul fronte principale. Sotto la gui-da prima di Marcantonio Andreucci, architettodella famiglia, e poi di Vincenzo della Greca fu-rono aggiunti il corpo posteriore con una serie diambienti in successione: la galleria a doppia al-tezza, la torretta innalzata sulla torre preesisten-te e il secondo piano. In onore della moglie Lu-crezia Tomacelli, morta nel 1622, Filippo chiamòil palazzo Tomacella.Il severo prospetto è caratterizzato da apertureuguali con semplici cornici in peperino. Poche ledecorazioni, per lo più costituite da elementi instucco e dalla presenza sporadica dell’ordine ar-chitettonico, come nella torre che svetta al di so-pra del palazzo con lesene binate che inquadranodei campi murari con archi realizzati in leggerosottosquadro. Intorno, su tre lati, esiste un fossa-to scavalcato da un ponte in pietra in corrispon-denza del quale è ubicato l’ingresso principale. Ilfornice è incorniciato da due lesene sovrastate daslanciati modiglioni che sorreggono una cornicesporgente. La ghiera e i pennacchi sono bugnati.Il prospetto sul cortile è occupato da un loggiatoa doppio ordine dietro a cui si trova una scala adoppia rampa simmetrica che permette l’accessoal primo piano. Le due porte sui lati presentanocornici molto simili a quelle delle porte nell’atriodel piano nobile di palazzo Pamphilj a Roma, ope-ra di Girolamo Rainaldi (1646-1649). Nel vano al-la base della torre fu ricavata un ambiente la cap-pella palatina, in cui fu concesso di celebrare mes-sa dal vescovo di Ferentino nel 1628.Alcuni interventi di manutenzione furono eseguitiall’epoca del cardinale Girolamo I, figlio di Fi-lippo, sotto la direzione di Antonio Del Grande,architetto di fiducia del cardinale, per il quale rea-lizzò molti lavori nei palazzi ai SS. Apostoli di Ro-

ma e a Genazzano. Durante il Settecento altri la-vori furono diretti dall’architetto DomenicoSchiera, mentre nel 1889 alcuni interventi ven-nero seguiti dall’ingegnere romano OdoardoQuojanni. Il palazzo era utilizzato inizialmentecome residenza rurale e come punto di partenzaper battute di caccia. Successivamente si trasfor-mò in fulcro della vasta azienda signorile. Finoagli anni 80 del Novecento era ancora di proprietàdei Colonna.Vicino al palazzo si trova la diruta chiesa di S. An-na, già dedicata a S. Cataldo, eretta dopo la de-cadenza del medievale santuario dedicato S. Ca-taldo nella zona delle Piagge ai confini tra Patri-ca e Supino. Di questa chiesina rimangono i ru-deri con metà del campanile. La nuova chiesa diS. Cataldo fu consacrata nel 1671 dal vescovo Ot-tavio Roncioni. Si tratta di un edificio a capannacon grande portale e due finestre con inferriate.

Michela Lucci

PICINISCO

Le fonti menzionano la località di Picinisco sullacatena del Meta, a chiusura del versante orienta-le della val di Comino, indicandola già al 994 trai possessi dell’abbazia di Montecassino. Tuttaviaè nel 1017 che è provata l’esistenza del toponimodi Picinisco come privilegio spettante all’abbaziacassinese, mentre allusioni all’esistenza delle strut-ture di un castello risalirebbero al 1054. Accantoal maniero dovette sorgere e svilupparsi il borgocinto da mura, il cui assetto urbano era definitoal momento dell’annessione di Picinisco al duca-to di Alvito (1348-49). Una comunità rurale do-veva in ogni caso esservisi stabilita già dall’XI se-colo, se la più antica chiesa del luogo, S. Maria, èdatabile prima del 1110, quando è menzionata inuna bolla di Pasquale II. Le politiche urbane av-viate dai Gallio nel centro capoluogo di Alvito,ebbero conseguenze anche a Picinisco, senza tut-tavia indurre significative trasformazioni del tes-suto edilizio medievale. Il rinnovamento proce-dette mediante il rimodernamento di singoli edi-fici, civili e religiosi, che comportarono un gene-rale miglioramento del decoro architettonico dimolte residenze gentilizie private. Una significa-tiva trasformazione interessò anche la fortezza amonte, trasformata in parte in castello-palazzo nelXVII secolo. Il tessuto urbano rimase in sostan-za inalterato, potendosi ravvisare ancora oggi legiaciture delle primitive dorsali edilizie. La cittàmoderna si impiantò nel Settecento immediata-mente all’esterno del borgo murato, in corri-spondenza dell’accesso monumentale all’abitato.L’innesto tra borgo medievale e nuove espansio-ni è tradotto dalle strutture edilizie del palazzogentilizio ex Capocci (ora sede municipale), che,come una propaggine del circuito murario, si pro-tende verso l’esterno della cinta a formare la piaz-za quadrilatera, dialogando con la contigua fac-ciata della chiesa di S. Rocco secondo una spa-zialità aperta. L’invaso urbano si traduce, pertan-to, in una focalità scenografica, su cui convergo-no le dorsali stradali costituenti le principali ma-trici di espansione edilizia di Picinisco sino a tut-to il XIX secolo.

BIBL.: F. Pistilli 1798; A. Lauri 1914; V. Arcari1959; T. Vizzaccaro 1982; D. Antonelli 1993 e1997; G. Quaranta 2003.

1. S. LORENZO. L’esistenza della chiesa, una mo-desta cappella alle dipendenze della chiesa matricedi S. Maria, è attestata sin dal 1305. Entro il 1639dovevano esserne compiuti i lavori di rimoderna-mento e ampliamento, a seguito dei quali l’origi-nario edificio era stato trasformato in un impian-to a tre navate con presbiterio absidato, analogo

Patrica. Palazzo Spezza, ingresso al giardino.

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PATRICA - PICO 77

per forma e dimensioni all’attuale, come risultada una visita del 1639 (D. Antonelli 1993, p. 6).È presumibile che la consacrazione dell’edificiodel 1730, seguì estesi lavori di restauro che die-dero alla chiesa la veste decorativa attuale, perlo-meno negli altari marmorei del presbiterio e del-la cappella del S. Cuore (adiacente a quest’ultimonella navata laterale di destra), nonché nella vol-ta a botte lunettata della navata centrale e nellecupolette ellittiche a sesto ribassato delle tre cam-pate delle navate laterali. Un’eco della veste set-tecentesca sembra ravvisarsi nel profilo centinatodella cantoria d’ingresso, ornata da edicole fine-strate in stucco. L’impaginato a paraste binate co-rinzie che inquadrano le arcate murarie di colle-gamento tra la navata centrale e le laterali, concornicione a modiglioni e la facciata, inquadratada lesene tuscaniche su piedistallo con tre porta-li, potrebbero costituire gli elementi superstitidella sistemazione tardo-barocca del 1730.

2. CAPPELLA DI S. NICOLA. Originata comecappella annessa al palazzo gentilizio dei Manci-ni, fu successivamente donata alla famiglia Ca-pocci. L’iscrizione sul fregio del portale d’ingres-so reca la data del 1712, come possibile anno dicostruzione. Si distingue dall’aggregato ediliziomedievale, per l’impostazione tipicamente urba-na della sua facciata, che introduce un senso diordine e compostezza con la sua lastra rettango-

lare incardinata da due lesene in pietra, con uncornicione di coronamento. Il semplice e tuttaviaperentorio palinsesto architettonico di tale quin-ta è amplificato nel suo asse centrale dall’inco-lonnamento del portale d’ingresso e dell’oculo del-l’aula interna, ornato da una cornice piana bor-data da un listello esterno. Il portale merita unaspeciale menzione giacché recherebbe i segni diuna persistenza, in epoca tarda, di fraseggi stili-stici ascendenti tardo-manieristici di ambiente ro-mano. Si tratta di una composizione di tipo bi-nario che integra un portale inquadrato da mo-stre piane in pietra orecchiate, con il fregio recantela menzionata iscrizione, risaltato ai lati in corri-spondenza dei semitimpani spezzati semicircola-ri di coronamento, posti a inquadrare un’edico-letta quadrata, composta da una mostra modana-ta coronata da una cornice, raccordata al portaleda due volute laterali.

3. S. ROCCO. L’edificio è il principale caposaldodella piazza situata appena all’esterno del borgomurato. Nota sin dal primo quarto del XVI se-colo come S. Maria delle Grazie, l’attuale chiesasembra rinviare a un impianto del primo quartodel Settecento, come testimoniano due altari a pa-rete nelle cappelle adiacenti al presbiterio, datati1700 e 1722.L’interno è ad aula unica, voltata a botte lunetta-ta e costolonata, con presbiterio absidato di fon-

do. Le pareti sono articolate da nicchie separateda profondi pilastri, ornati da paraste corinzie suplinto, disposte anche sulla parete curva. L’altaredella parete di sinistra presenta stilemi analoghial portale-edicola d’ingresso della cappella di S.Nicola. Ad una cifra stilistica diversa appartienel’edicola d’altare della parete di destra, che si sin-tonizza alla cultura artigianale dei mastri decora-tori lombardi attivi in territorio alvitano. All’im-palcato rigido e bloccato dell’edicola di sinistra,corrisponde la tensione spaziale introdotta dalleorientazioni diagonali degli ordini dei pilastri an-golari. Il profilo di raccordo centinato della tra-beazione introduce all’elegante decorazione instucco del fastigio superiore che si risolve in duevolute riccamente adorne, chiuse in alto da unacornice, dal nervoso profilo mistilineo centinato.Ancora a una fase settecentesca sembra riferirsi lafacciata, denotata da una parete intonacata conportale e finestrone incolonnati, entrambi coro-nati da timpani centinati, il cui profilo è replica-to con una maggiore amplificazione formale e sti-listica nel coronamento dell’intera quinta, che rin-via a una ben consolidata cifra stilistica rinveni-bile in altri centri della val di Comino.

4. PALAZZO CAPOCCI (oggi Palazzo Comuna-le). Edificato forse entro il 1725 nell’ambito di unaprofonda ristrutturazione dell’abitato interno allacinta medievale, è emblematico del rinnovamentourbano che interessò anche il centro di Picinisco,sulla scorta delle politiche di sviluppo edilizio del-lo stato dei Gallio ad Alvito. La facciata del pa-lazzo – successivamente deturpata per la costru-zione dell’attuale ingresso monumentale al borgovecchio – è congegnata per dialogare con l’attiguachiesa di S. Rocco, allo scopo di strutturare spa-zialmente la nuova piazza, intesa come fulcro del-la nuova espansione. La facciata si presenta comeuna lastra con quattro assi finestrati, articolata inun piano basamentale a bugnato liscio e nei pianidelle residenze, diversificati in altezza e in ordined’importanza, con finestrature e balconcini a pro-filo centinato e cornicione di coronamento a pro-fili modanati. Il chiaro ordine geometrico dellaquinta urbana è sottilmente commentato dal ri-cercato fraseggio del profilo delle finestre del pia-no nobile, che introducono un motivo di origina-lità nel contesto delle realizzazioni contemporaneedei centri dell’alvitano, mentre, per converso, i tim-pani a profilo rettilineo-convesso rappresentanouna cifra stilistica peculiare del Settecento in Ter-ra di Lavoro.

Dimitri Ticconi

PICO

Le origini del comune che domina la valle del Li-ri, posto sulla dorsale settentrionale dei monti Au-runci, sono certamente attribuibili agli abitantidell’antico centro detto del Pons Curvus (attualePontecorvo). Come gran parte del territorio cio-ciaro, anche Pico ha origini preromane. Lo con-ferma il suo nome assimilabile a una divinità pa-gana autoctona, protettrice dei boschi. Si parlaesplicitamente e per la prima volta di Pico in undocumento del 1049, conservato nell’archivio diMontecassino, dove si conferma la donazione diun “tenimento” di Pontecorvo all’abbazia. Per se-coli le sue sorti, nei passaggi tra famiglie domi-nanti, sono simili a quelle di tutti i comuni delbasso Lazio, nell’area più estrema della valle delLiri. Per la sua eccellente posizione strategica dicontrollo della valle sottostante, Pico diventa neltempo un’importante roccaforte di difesa e il suocastello cresce con il crescere d’importanza stra-tegica nelle guerre tra il XIII e il XIV secolo.Con l’ascesa al potere dei Farnese nel Cinquecentoe il consolidarsi della loro potenza – prima conl’unione tra Pierluigi Farnese e Giovannella Cae-Picinisco. S. Lorenzo, interno.

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80 PROVINCIA DI FROSINONE

Posta Fibreno. S. Maria della Pietà.

la volta, a botte con ampie finestre lunettate. Al-l’incrocio del bracci, su paraste ribattute, si stagliala cupola intradossata. Gli altari delle cappelle, inmuratura e stucco, sviluppano variamente il temadell’edicola a colonne, e sono tutti arricchiti daun’esuberante decorazione a ghirlande, orifiamme,cartocci, putti e stemmi.

2. CHIESA E CONVENTODI S. PIETRO. Nel-l’ultimo decennio del Seicento Giovan Battista DeCarolis, ottiene in giuspatronato la vecchia chie-sa di S. Pietro, fuori porta dell’Ulivo, ormai ri-dotta allo stato di abbandono, allo scopo di re-staurarla e di costruirvi accanto un convento peri Francescani. Nel maggio del 1700 i primi fratipresero possesso della nuova struttura. La co-struzione fu seguita da Livio De Carolis, figlio diGiovan Battista, con l’ausilio di maestranze loca-li. I lavori non si limitarono alla parte conventua-le, ma si restaurò anche la chiesa, abbassando ilpavimento per livellarlo con l’area esterna e do-tandolo di cinque altari.Nel 1704 la chiesa viene consacrata alla presenzadei principi Albani. L’impianto è a navata unicacon quattro cappelle sul lato sinistro. Di pregiatafattura è l’altare maggiore, su alti piedistalli di mar-mo policromo, a colonne binate che sorreggono ilfastigio con lo stemma dell’ordine francescano. Lafacciata, con telaio di fasciature doppie ai lati il cuiaggetto si propaga al frontespizio triangolare, po-trebbe associarsi alla presenza, citata dalle fonti,di un “Cavalier Fontana” forse da identificarsi inFrancesco, che aveva sperimentato tale soluzionenella chiesa romana di S. Maria delle Nevi.

3. PALAZZO DE CAROLIS. Meglio conosciutocome Palazzo Pesci, fu costruito nel primo de-cennio del Settecento dal marchese Giovan Bat-tista De Carolis. Posto proprio sull’ingresso del-la rocca, si presenta come un parallelepipedo com-patto, su tre livelli separati da marcapiani e fine-stre con profilature lineari in pietra arnarese, nelsecondo e terzo livello, e con mensole dalle re-minescenze manieriste al primo. Il portale, conpiedritti sempre in calcare arnarese, è poco ag-gettante dal paramento murario.

Natalia Rea

POSTA FIBRENO

Pur ricadendo nella valle del Liri, la storia di que-sto insediamento è strettamente connessa conquella dei centri della val di Comino, in primo luo-go Vicalvi e Alvito. I Gallio vi costruirono il pro-prio casino di pesca, noto per contenere una com-pleta raffigurazione iconografica dei castelli e del-le terre dello Stato di Alvito. L’insediamento, po-sto su una delle alture di roccia a ovest del mon-te Morrone, è articolato in un nucleo antico me-dievale, dotato in origine di un circuito murato,sul quale si attestano, a oriente, le espansioni ot-to-novecentesche. Menzionato sino al 954 comeCastel Petrona, il centro di Posta entrò dapprimasotto l’influenza diretta dell’abbazia di Montecas-sino (1017), per essere poi ceduto ad Adenolfo VIId’Aquino (1067), cui si devono l’incastellamentodel borgo e la costruzione del maniero, più volteoggetto di ampliamenti e oggi non più esistente.Il borgo vecchio non subì particolari trasforma-zioni nel tessuto edilizio e la stessa scenograficapiazza a monte, rinvia a un assetto di origine me-dievale, che vede la formazione di un asse princi-pale trasversalizzato, delimitato da un lato dallefacciate di testata delle dorsali edilizie medievali,dall’altro dalle strutture del castello successiva-mente trasformate nel tempo. Tra la fine del Sei-cento e il Settecento, tuttavia, si registrano due epi-sodi edilizi che introducono elementi architetto-nici diretti a qualificare lo spazio urbano con unaccorto disegno delle quinte edilizie: l’erezionedella chiesa di S. Maria della Pietà (1696-1707) e

di un palazzetto privato (1787). Le facciate di que-sti due edifici si trovano esattamente alle estremi-tà opposte del fronte edilizio che delimita la piaz-za a occidente, rappresentandone un elemento diidentità urbana di ascendenza moderna.

BIBL.: F. Pistilli 1798; G. P.M. Castrucci 1633; A.Carbone 1965; A. Coccia 1969; I. Belli Barsali1976-1977; A. Viscogliosi 1988; D. Cedrone 1997;B. Bartolomucci 2002; G. Quaranta 2003.

1. S. MARIA DELLA PIETÀ. La piccola chiesasi configura come testata a monte di una delle spi-ne edilizie che strutturano il borgo medievale, po-sta lungo uno dei margini della piazza principale.Iniziata nel 1696, per iniziativa dei sacerdoti diPosta Fibreno Giovanni Angelo e Fulvio Lecce,esattamente cinque anni dopo vi fu celebrata laprima messa. L’iscrizione del 1706 scolpita su unadelle paraste di facciata, potrebbe suggerire uncompletamento dei lavori relativi a quest’ultima.L’impianto è ad aula rettangolare voltata a botte,con due lunettoni unghiati sull’asse mediano, neiquali si aprono finestre. L’interno, improntato aessenzialità, è cinturato da un cornicione, mentreun telaio di due semplici paraste per lato artico-la lo spazio in tre campate, di cui l’ultima di fon-do, separata da una raffinata balaustra lignea, èadibita a presbiterio. Sulla parete di quest’ultimoè addossato un sontuoso altare a edicola, che, conle scultore in stucco su mensole definisce la com-ponente plastico-decorativa dell’ambiente. La pa-la d’altare, contornata da una cornice in stucco,ornata da cascami di foglie di lauro, è inquadra-ta da un’edicola incardinata da una triplice ordi-nanza corinzia per lato, articolata da una semipa-rasta addossata alla parete e da due colonne af-fiancate in aggetto.La facciata, che sembra discendere da modelli diprovenienza romana, si articola in due ordini so-vrapposti di pseudo lesene in basso e di un ordi-ne a fasce in alto, privo di alcuna aggettivazionedecorativa. Le quattro membrature appena rile-vate dal piano parete, situate alle estremità e alcentro, inquadrano il portale d’ingresso con cor-nice piana in pietra, coronata da un semitimpanospezzato, e il finestrone soprastante.

2. CASA PRIVATA. Si tratta di un’abitazione bor-ghese databile, stando all’iscrizione nel portaled’ingresso, al 1783. Situata al margine nord-occi-

I Caetani, signori di Anagni, fanno di Pofi, tra ilXII e il XIII secolo, la loro roccaforte nella bas-sa Campagna. Le migliorate condizioni socio-eco-nomiche permettono lo sviluppo del borgo intor-no alla rocca e l’edificazione di due nuove chieseextra moenia, S. Pietro e S. Andrea. Con Pietro IICaetani, che acquista i diritti condominiali di Po-fi, proprio mentre si avviava ad essere libera co-munità, si costruisce il castello fortificato con latorre civica e l’annessa cappella dedicata a S. Ma-ria Assunta, le torri di avvistamento e gli accessialla città, Porta dell’Ulivo e Porta del Melangolo.Sempre in questi anni la città assume l’improntache ancora oggi la caratterizza, ovvero una strut-tura a “fuso” con un unico asse viario mediano insenso nord-sud. La strada principale convergeverso piazza della Collegiata di S. Maria Assunta,cioè l’area del castello.Nella prima metà del Cinquecento, con la mortedi papa Alessandro VI (1503), la famiglia Colon-na occupa la Campagna e la Marittima. Nel 1569,sotto papa Pio V, Pofi è annessa al principato diPaliano di Marcantonio Colonna, divenendo “li-bera città” con un proprio statuto. Nel 1639 Fi-lippo I Colonna divide i possedimenti in due di-stinti stati: a nord Paliano, a sud Pofi, fino al 1758,quando la sede dell’Uditore generale è trasferitaa Ceccano. È proprio con Filippo Colonna chePofi vive il periodo di massimo splendore conl’edificazione del palazzo baronale, e l’inizio di unrinnovamento che prosegue per tutta la prima me-tà del Settecento con la costruzione della nuovachiesa di S. Maria Assunta, del convento di S. Pie-tro Apostolo e di palazzo De Carolis.

BIBL.: F. Campoli 1982; F. Frisoni 1995.

A. CINTA MURARIA MEDIEVALE.

A1. CASTELLO. In posizione dominante al cen-tro della città, il castello era costituito da tre di-stinti nuclei. l’antica coorte, il palazzo baronale ela torre quadra. Fatto costruire dai Caetani nelXIII secolo, è Filippo I Colonna che lo smembratra il 1640 e il 1650, facendo costruire il palazzoBaronale, sede dell’Uditore Generale, e trasfor-mando la torre civica in torre campanaria.

1. S. MARIA MAGGIORE. La chiesa arcipreta-le è l’edificio più antico della terra di Pofi. Se nehanno notizie già dal 1108, quando papa PasqualeII la nomina in una Bolla. Fino al 1569, data distesura dello Statuto di Pofi, non si hanno noti-zie certe sulla chiesa. Nell’ultimo decennio delXVII secolo, si fa più volte esplicita menzione del-la chiesa nelle visite pastorali: il vescovo Dome-nico De Zaulis, durante la visita del 1699, la ri-tiene insufficiente per capienza e indecorosa e lostesso anno viene abbattuta per permetterne la ri-costruzione a fundamentis.Nel 1709, durante la visita pastorale del vescovoLudovico Gualtieri, si ha notizia dell’avanzato sta-to dei lavori, che dureranno un trentennio. Infat-ti, è nel 1735 che la chiesa viene consacrata e re-stituita al popolo. Il progetto è dell’architetto G.Giovannini, che per la realizzazione si servì di mae-stranze non locali, forse lombarde. La facciata adue ordini collegati da volute laterali, poggianti suuna bassa scalea, è tripartita nell’ordine inferiore,con un lieve aggetto nel settore centrale, e presentauna cornice fortemente sporgente che inquadra treportali di pietra arnarese con timpani ricurvi. Latripartizione preannuncia l’impianto interno, cheè una commistione tra lo schema planimetrico acroce greca e l’asse longitudinale che sottolinea lanavata principale con una profonda abside. Dalleporte laterali si accede a pseudonavatelle che so-no in realtà cappelle comunicanti, due prima deibracci della croce e una dopo, presso il presbite-rio. L’interno presenta una scansione ritmata di pa-raste triplici su cui poggiano una trabeazione, conla cornice fortemente sporgente, e gli arconi del-

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POFI - RIPI 81

volmente, a un artista della sua scuola e databilitra il 1633 e il 1669 (A. Viscogliosi 1988; D. Ce-drone 1997). Ai lavori, compiuti presumibilmen-te entro il 1632, come indicherebbe un’iscrizionemutila sul portale di accesso, sovrintese il ducaFrancesco I che, stando alle fonti documentali, im-piegò 5.000 ducati. La scenografica sistemazioneintegra al paesaggio circostante, secondo un cal-colato coordinamento prospettico, i fuochi del ca-sino e del portale al corso d’acqua del Fibreno nelmedium di una quintupla galleria di arbori d’ol-mi, e connessi orti, arboreti e giardini, secondouna tendenza ben radicata in ambiente romano eche vede come principale riferimento villa Mon-talto Peretti all’Esquilino.Il casino della Pesca si configura come un bloccoa tre piani coperto a padiglione, incardinato daparaste angolari e cinturato da una cornice mar-cadavanzale tra piano terra e primo piano. Le fac-ciate sono articolate in tre assi di bucature, posteal centro e ai margini esterni. Le finestre sono in-corniciate da mostre orecchiate e gli accessi al pia-no terreno da ghiere d’arco su stipiti. Il fronte prin-cipale, in asse con il portale d’ingresso alla tenu-ta, è contrassegnato da una doppia rampa di sca-le contrapposte con una nicchia sul fondo ador-no di bugne lisce e rustiche, appartenente presu-mibilmente alla prima fase del casino. L’ingressoprincipale al piano primo è amplificato da un’edi-cola incorniciata da una telaio in pietra con pila-strelli piani ribattuti all’esterno su triglifi allunga-ti, secondo un disegno tipicamente tardomanieri-sta. L’ignota figura di architetto che dovette so-vrintendere per conto del duca Francesco al di-segno dell’intera villa andrebbe ricercato nellacerchia delle maestranze nell’orbita dei Gallio. Cir-costanza, quest’ultima, confermata dalla complessae ragionata architettura del portale d’ingresso in-telaiata da un ordine tuscanico abbreviato a fascein pietra, intervallato a specchiature piane secon-do un ritmo A-B-C-B-A, che struttura una com-posizione piramidale su tre ordini sovrapposti de-crescenti verso l’alto. Al centro il portale ad arcocinto da bugne lisce e coronato da una targa conpseudo triglifi di estremità, integra i primi due or-dini raccordati da flessuose volute. L’ordine di co-ronamento è amplificato da una fitta sequenza dipinnacoli a forma di obelisco con sfera.

Dimitri Ticconi

RIPI

La cittadina sorge su un colle a est di Frosinone,probabilmente lungo un percorso che dai monti Er-nici e da Veroli discendeva verso la valle del Sacco.Derivante da un castrum medievale, l’impianto ur-bano è articolato da una sinuosa strada centrale, al-la quale si accede da due opposte porte ad arco. Lafondazione, annessa alla diocesi di Veroli, risale al-l’alto medioevo; ma meglio si conoscono le vicen-de relative al borgo nel corso del XII secolo, quan-do vi governavano oligarchie locali soggette alla San-ta Sede. A causa della sua posizione lungo la via La-tina, subì devastazione nel 1129, a seguito del ten-tativo di Onorio II di affermare il potere papale inCampagna. Nel 1165 fu saccheggiato dai Norman-ni di Guglielmo I re di Sicilia. Appartenne ai Cae-tani nel XIV secolo, sino al 1410, quando passò aiColonna. Tornato di nuovo ai Caetani nel 1460, fuquasi definitivamente sotto i Colonna dal XVI se-colo (questi ne ebbero dominio ininterrotto dal 1562fino alla scomparsa dei feudi nel 1816).La popolazione del paese crebbe alquanto traXVII e XVIII secolo: agli inizi del Seicento vi di-moravano poche centinaia di abitanti, mentre nel-la prima metà dell’Ottocento se ne contavano cir-ca quattromila.

BIBL.: M. Cocco 1985; Il Lazio paese per paese, III,1992, pp. 274-276; G. Sperduti, III, 1997, pp. 134-135; M. Stirpe 1997, p. 32, e 2001, pp. 192-193.

1. SS. SALVATORE (chiesa della Trasfigurazione).Sotto il vescovo di Veroli Ludovico Gualtieri, nel1710 si predispone la ricostruzione della chiesa ar-cipretale del borgo, intrapresa poi dalle fonda-menta dal successore Lorenzo Tartagni nel 1736.Nel 1739 la fabbrica è in fase avanzata, essendo incostruzione la copertura a volta. L’edificio vienecompletato entro il 1747, pur se in facciata l’iscri-zione nel fregio indica la data 1743. L’impianto, diconsistenti proporzioni, è a unica, ampia navata,voltata a botte lunettata, con quattro cappelle perlato, scandita da un ordine corinzio su paraste. Gliangoli dell’aula, verso il presbiterio, sono risolti dasuperfici concave, che in alto proseguono comeraccordo fra la volta e l’arcata d’ingresso al pre-sbiterio. Questo è rettangolare, con terminazionead abside semicircolare. I frontespizi degli altarilaterali sono arricchiti da stucchi. La facciata è adoppio ordine, rimaneggiata di recente.

Posta Fibreno. Casino di pesca dei Gallio. Posta Fibreno. Portale d’ingresso al casino di pesca deiGallio.

dentale della grande piazza, aperta a monte delborgo medievale, ne costituisce il secondo polo.L’edificio si compone di un piano più mezzaninosul lato della piazza e di due sul lato retrostante.La tipologia a U rovescia con i bracci divaricativerso l’esterno, presenta verso il lato pubblico laquinta di rappresentanza e dietro, nei due braccidivaricati, gli spazi a destinazione privata, gravi-tanti sul patio interno. La facciata rettangolare èimpaginata da un ordine a fasce impostato su unpiedistallo, cinturato da un cornicione a gola egocciolatoio sporgenti. Gli inserti del portale d’in-gresso e delle bucature organizzano la parete se-condo una partitura ternaria, accentrando sull’assecentrale l’arco in pietra, sostenuto da pilastri pseu-do-tuscanici. L’intento di comporre la facciata co-me tema di valore urbano, si desume dalla simu-lazione di un secondo piano, cui alludono le fi-nestre in stucco, così come in stucco è la finestra,con corrispondente ovato, posta alla sinistra delportale. L’attuale quinta è priva del motivo sim-metrico sul lato destro, a causa dei successivi ri-maneggiamenti dell’edificio.

Dintorni:3. CASINO DI PESCA DEI GALLIO. Situatosulle rive del Fibreno il casino è parte di un piùampio complesso che i Gallio adornarono in for-ma di villa delle delizie, successivamente all’ac-quisto della contea di Alvito nel 1595. Sul sito del-l’odierno edificio si trovava un precedente casa-mento che il Castrucci descrive nel 1633 come“Albergo informe e senza ornamento alcuno deipoveri pescatorelli”. La costruzione di questo pri-mo impianto si deve a Giulio Lecce – notaio diPosta e curatore degli interessi della Camera co-mitale di Alvito – che vi provvide entro il 1588.Nelle intenzioni la costruzione doveva servireprincipalmente come stazione di riscossione del-la tassa per la pesca nel Fibreno. Con i Gallio, ilcasino venne radicalmente ristrutturato e inseritoin una monumentale sistemazione paesaggistica,divenendo sfondo prospettico di un percorso ret-tilineo fiancheggiato da una triplice piantagionedi olmi che aveva all’estremo opposto il portalemonumentale di accesso alla tenuta. La sistema-zione descritta dalle fonti storico-letterarie trovauna puntuale conferma nella raffigurazione dellavilla in un bassorilievo in stucco all’interno del ca-sino, assieme ad una serie di altri stucchi ripro-ducenti le proprietà più cospicue dei Gallio, for-se dovuti a Martino Ferrabosco o, più ragione-

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RIPI - SAN DONATO VAL DI COMINO 83

ca con la coeva chiesa di S. Francesco fa ipotiz-zare che la soluzione adottata in essa abbia costi-tuito un modello per la chiesa francescana. Si-milmente l’interno è a navata unica, voltata, connicchie arcuate laterali per gli altari minori e pre-sbiterio rettangolare. Gli angoli smussati nell’au-la sono tuttavia qui più ampi e scavati da absi-diole semicircolari, dalle quali superiormente ag-gettano coretti a balcone. Anche in questo casolo spazio è scandito da paraste corinzie. Al-l’esterno, inoltre, la chiesa rivela un simile slan-cio, con breve arretramento del volume superio-re a causa delle nicchie laterali, percorso da con-trafforti in corrispondenza dei loro setti. La par-te inferiore, in ogni caso, appartiene alla fase piùantica. La facciata pressoché priva di intelaiaturaè sottolineata soltanto, nel tratto superiore, da fa-sce appena pronunciate, e si conclude con un tim-pano triangolare. Il portale è abbellito da una lu-netta affrescata con una Madonna col Bambino(XV secolo) definita da una cornice semicircola-re. Il fianco sinistro è decorato con un S. Cristo-foro datato 1625.

Maurizio Caperna

SAN DONATO VAL DI COMINO

L’origine del toponimo si deve alla chiesa di S. Do-nato inclusa tra i beni che nel 778 il duca di Spo-leto Ildebrando devolve in donazione all’abbaziadi S. Vincenzo al Volturno. L’abbazia benedetti-na procurò di consolidare il borgo rurale ancheallo scopo di provvedere alla cura del patrimoniofondiario detenuto nella zona. Entro il 1257 uncastrum Sancti Donati è menzionato assieme ad al-tri castelli della valle come appartenente alla ba-ronia di Alvito e pertanto nell’orbita politica deid’Aquino. Tra l’ultimo quarto del XIII secolo e iprimi del XIV il castello vide il possesso dappri-ma degli Angioini e nuovamente dei d’Aquino perpoi essere assorbito nella contea alvitana dei Can-telmo (metà del XIV secolo). Tra i centri della valdi Comino, San Donato si distingue per il note-vole incremento urbano del suo abitato medieva-le originario, innescato dalle politiche di svilup-po avviato dai Gallio per il ducato di Alvito.Sulla cintura muraria orientale del borgo medie-vale si attesta una prima addizione edilizia docu-mentata già al XIV secolo e che tra Seicento e Set-tecento si consolida ancorandosi, mediante undenso e stretto canale edilizio rettilineo, ai fuochispaziali di una piazza a monte dominata dallaquinta di facciata del duomo di S. Marcello, fian-cheggiato a est dalla gran mole dell’ottocentescopalazzo Quadrari e a valle da uno slargo disegna-to dai fronti di un palazzetto borghese del tardoSettecento. Questo primo nucleo di espansione siconsolida strutturandosi per dorsali edilizie chedisegnano un sub-tridente di strade disteso sul ver-sante orientale del borgo medievale arricchendo-si di episodi edilizi di non comune valore, comepalazzo Tempesta che mostra nelle due facciateopposte i volti di un tardobarocco e di un algidoclassicismo ottocentesco. L’espansione urbana suc-cessiva – tra tardo Settecento e primo Novecen-to – s’innesta a piede della prima, strutturandosiper le dorsali viarie dei percorsi che collegano SanDonato al sistema insediativo della valle.

BIBL.: G.P.M. Castrucci 1633; B. Santoro 1888; A.Lauri 1912; B. Tempesta 1939; G. Venturini 1957;D. Cedrone 1982; D. Antonelli 1986; D. Cedro-ne 1990; A. Antonellis 1994; R. Tempesta 1997;D. Antonelli 1999; G. Quaranta 2003.

1. S. MARCELLO. Intitolata originariamente a S.Maria e a S. Marcello, se ne hanno notizie sin dal1308-10 quando già doveva essere sede arcipretale.La relazione sullo stato del ducato di Alvito redat-ta nel 1595 a beneficio dei Gallio la indica officia-

Roccasecca. S. Francesco. Roccasecca. S. Margherita.

Roccasecca. S. Maria delle Grazie a Caprile, interno.

sidenza ducale, nel 1753 venne donato da Gaeta-no Boncompagni Ludovisi al vescovo di AquinoFrancesco Spadea e successivamente destinato asede vescovile e a seminario. Nel 1796 venne as-segnato al demanio. Passò nel 1872 all’ammini-strazione comunale, che un anno dopo lo rinno-vò quale sede del municipio.

5. PALAZZETTO, via Roma 102. L’edificio è aquattro livelli con facciata ornata da rilievi in stuc-co, scandita da lesene concluse da volute. Soprail piano terra, a botteghe, vi è un mezzanino confinestre rettangolari a ricchi ornati, collegato dauna scala esterna aggiunta in facciata; su questofigura il piano nobile con quattro finestre culmi-nanti con timpani triangolari incurvati e infine unmezzanino sommitale, caratterizzato da finestreovali.

Dintorni:6. S. MARIA DELLE GRAZIE A CAPRILE. Leorigini della chiesa risalgono probabilmente alXIV secolo; l’impianto fu però del tutto rinnova-to dal 1750 al 1759. La stretta analogia tipologi-

circolare. Le navate sono divise da tre arcate supilastri, articolati da paraste corinzie. Quella cen-trale è coperta con volta a botte lunettata, impo-stata su un attico; mentre le laterali sono scandi-te in tre campate quadrate da archi trasversali ecoperte da volte a scodella su pennacchi; le cor-rispondenti cappelle hanno pianta rettangolare epresentano volte a botte; all’interno di esse figu-rano pregevoli altari in stucco. Ancora più ricchiappaiono gli altari (anch’essi in stucco) posti nel-le testate del transetto e realizzati per le due con-fraternite presenti nella chiesa. La crociera è co-perta da una cupola su pennacchi sferici, forataalla base da quattro finestre ovali; gli affreschi chela decorano sono del 1991. La facciata, tripartita,mostra la parte centrale emergente rispetto alle alilaterali, in cui si aprono portali minori; caratte-rizzata da una schiacciata concavità, essa aggettatramite alte paraste ribattute, innalzate su piedi-stalli, disposte obliquamente, concludendosi conun timpano curvo.

4. PALAZZO BONCOMPAGNI. Costruito nelprimo Settecento dai Boncompagni come loro re-

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ta da diversi presbiteri, come confermato successi-vamente dal Castrucci al 1632, data alla quale puòriferirsi l’attuale edificio, a meno degli interventi trail 1694 e il 1785, ai quali si devono l’attuale faccia-ta e le partiture decorative all’interno. L’impianto èa tre navate con presbiterio rettangolare di fondo ecappella di testata in corrispondenza della navatadi destra. La navata centrale coperta a botte lunet-tata è articolata è scandita in tre campate da pilonimurari articolati da un ordine binato di paraste com-posite e si raccordano lungo la curvatura della vol-ta per mezzo di arconi. Le navate laterali sono ar-ticolate in pseudo cappelle con nicchie scavate nel-lo spessore murario e sono voltate da cupole a se-sto ribassato. La generale flessione decorativa chesi ravvisa negli stucchi che adornano le linee di dor-sale della volta arricchita da ovati e festoni floreali,o che s’insinuano nelle specchiature delle arcate, èamplificata dal ricercato disegno di alcuni altari aparete, mentre di eloquente accento rococò è il com-plesso delle decorazioni in stucco del presbiterio vol-tato a botte lunettata, la cui superficie è riccamen-te ornata da un ovato centrale dalla complessa pro-filatura mistilinea replicata nel disegno delle fine-stre d’ambito.La facciata all’esterno è articolata in due ordinisovrapposti, tuscanico in basso e pseudo-compo-sito in alto separati da una classicheggiante tra-beazione a fregio dorico e raccordati da disador-ne volute. In basso le tre campate corrisponden-ti alle navate interne sono inquadrate ai marginida pilastri e al centro da semicolonne ribattute ailati. In alto le semicolonne pseudo-composite di-segnano un forte motivo plastico mediante unadoppia ribattitura interna ed esterna, e inquadra-no il motivo di un finestrone centrale dove si rav-visa un ultimo impulso di cultura decorativa set-tecentesca, nel profilo centinato del vano e del tim-pano di coronamento.

2. SANTUARIO DI S. DONATO. È l’erede del-l’antica chiesa che nel 778 il duca di Spoleto Ilde-brando, dona assieme ad altri beni all’abbazia di S.Vincenzo al Volturno, intorno alla quale si costituìil primo nucleo abitato di San Donato. Descritta al1595 come di modeste dimensioni e poco illumi-nata venne interessata da alcuni lavori di ristruttu-razione nel 1613. Seguirono altri lavori di ripara-zione e decorazione tra il 1766 e il 1774, anno incui si realizzò “la custodia del baldacchino dal sig.Giovanni Stols tedesco e indorata dal sig. MattiaNoletti di Alvito”. Nel 1781 si decorò in stucco ilpresbiterio ad opera di maestranze lombarde men-tre poco dopo, a partire dal 1783 si avviò un radi-cale rimodernamento che conferì alla chiesa l’at-tuale aspetto della facciata nonché la vestizione al-l’interno, con partiti decorativi tra i meglio riusci-ti in tutta la val di Comino e sempre per mano dellombardo Giacomo Cristoforo Bozzolini.L’impianto è a croce con navata, transetto, pre-sbiterio – tutti voltati a botte – vano di crocieracupolato e navate laterali a forma di pseudo cap-pelle coperte a vela, con nicchie ricavate nellospessore murario. La navata principale è artico-lata in tre arcate per lato inquadrate da pilastricon paraste ioniche ribattute ai lati denotate daun originale capitello che assorbe nel tipo tradi-zionale dell’ordine un festone floreale. La tra-beazione, risaltata in corrispondenza delle para-ste, presenta la non comune invenzione dell’ar-chitrave a fasce scanalate, che s’inflette lungo lacurvatura delle arcate. Sul vano di capocroces’imposta la calotta emisferica della cupola im-postata su una fascia d’attico continua articolatada pilastrelli alternati a ovati ciechi e finestrati;soluzione che richiama la calotta della crocieradella chiesa di S. Stefano a Settefrati. La notevo-le invenzione decorativa che fluisce su tutte le su-perfici, trova un’eco amplificata nel complemen-ti dell’edicole d’altare, situate sia sulle nicchie del-le navate laterali, che sulle testate dei transetti e,specialmente, nel vano presbiterale. Quest’ultimo

è dominato da un’edicola coerente con l’impo-stazione delle partiture parietali, specie nell’in-venzione dell’architrave inflesso. L’apparato de-corativo si rivela nell’insieme opera di assolutamaturità e compiutezza.La facciata è risolta in un’unica lastra articolatain due ordini da un telaio a paraste in pietra d’or-dine abbreviato tuscanico con echino profilato agola rovescia da un cornicione modanato. Le spec-chiature intonacate sono riquadrate da cornicicon angoli centinati convessi e, in basso è il por-tale d’ingresso, anch’esso in pietra, e con vistoseorecchie sugli stipiti verticali. Il secondo ordine,anch’esso finestrato con mostre orecchiate, è fles-suosamente coronato da un cornicione centinatoad andamento concavo-convesso-concavo.

3. CHIESA DELL’EX CONVENTO DI S.FRANCESCO. La chiesa era parte del conventofatto edificare su patrocinio della famiglia Ricci,la cui esistenza è attestata già al 1630. L’impiantodel chiostro quadrangolare con bracci voltati a cro-ciera e la chiesa attigua ad aula con presbiterio difondo, risponde a un canone ampiamente in usopresso l’Ordine. La chiesa, per quanto successi-vamente oggetto di un intervento di decorazionesettecentesco, presenta ancora l’impostazione sei-centesca, con un’aula rettangolare voltata a botte,

tre nicchie scavate a parete per lato e pilastri diseparazione collegati lungo la curvatura della bot-te da ghiere d’arco in pietra. Il presbiterio di fon-do voltato a crociera, è inquadrato da un arconesostenuto da robuste spalle murarie. Sottolineal’essenziale palinsesto murario un sistema di lese-ne poste appena in risalto dal piano parete colle-gate da una cornice risaltata su cui s’impostano lecoperture voltate. Forse a un intervento settecen-tesco, si devono la realizzazione della cantoriad’ingresso, denotata dal profilo centinato conca-vo-convesso e degli altari all’interno delle nicchie.Tra questi si distinguono le edicole d’altare delledue nicchie mediane, riccamente decorate secon-do motivi arabescati e floreali inquadrati da fles-suosi semitimpani a volute che rinviano, presu-mibilmente, all’opera di mastri decoratori lom-bardi assai attivi nella valle e sicuramente docu-mentati nella vicina chiesa di S. Donato.

4. PALAZZETTO. L’edificio si situa a cavalieredella dorsale che struttura la spina edilizia prin-cipale della prima espansione a est della cinta mu-rata del borgo. Il blocco concorre a disegnare lamorfologia dello slargo su cui prospetta la facciataprincipale ed è trasversato, per mezzo di un’ar-cata, dal rettifilo che punta verso la piazza su cuiprospetta la facciata del duomo di S. Marcello.

San Donato Val di Comino. Santuario di S. Donato, crociera.

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SAN DONATO VAL DI COMINO - SAN GIOVANNI INCARICO 85

Sembrerebbero riferirsi a un rimodernamento tar-dosettecentesco le raffinate decorazioni in stuccoche adornano le primitive mostre con inserti, vo-lute e cornici centinate.

Dimitri Ticconi

SAN GIOVANNI INCARICO

Le origini di Fabreteria Nova (124 a.C.), l’anticaSan Giovanni Incarico – paese della bassa Cio-ciaria posto nella valle Incarico tra il colle S. Mau-rizio e il monte Cervaro – sono certamente ri-conducibili al primo secolo a.C. Strabone nel suosoggiorno campano descrive un “vico” costruitodopo la distruzione della colonia latina di Fregel-lae, riconducibile per le caratteristiche proprio aSan Giovanni. Si sa, inoltre, che nel III secolo d.C.qui fu martirizzato san Magno vescovo di Fondi.Nel 587 i Longobardi distruggono l’area dell’Insu-la Pontisalarati, per ordine del duca di Benevento,che così porta i suoi confini sul fiume Liri. A se-guito di questa distruzione l’edificato viene sposta-to dalla valle verso il punto più alto del colle Cer-varo, munito di torri di avvistamento e mura di cin-ta. Il dominio dei Longobardi dura fino al 774,quandoCarloMagno, sconfiggendoDesiderio a Pa-via, innalza il ducato di Benevento a principato, raf-forzando il potere sulle terre del basso Lazio. Ter-ra di conquista, nel 1138, durante il pontificato dipapa Innocenzo II, il castello è assediato, saccheg-giato e distrutto. Con papa Gregorio IX, nel 1228,San Giovanni è occupato dalle truppe papali, chearrivano fino a Cassino, per mediare la pace di S.Germano del 1230 con l’imperatore Federico II.

San Donato Val di Comino. S. Marcello. San Donato Val di Comino. S. Francesco, altare laterale.

San Giovanni Incarico. Fontana borbonica.

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dalla trabeazione che si inflette in avanti ai lati esi inarca al centro, in plastica esplorazione di-mensionale. Pregevole è la facciata esterna a dueordini sovrapposti, dal consolidato impianto neo-cinquecentesco: il livello inferiore è articolato intre sezioni dalle paraste; il livello superiore è rac-cordato da volute e coronato da frontespizio trian-golare.

Andrea Ursano

SANTOPADRE

L’antico nucleo del paese, dotato di una cinta mu-raria quasi intatta con torri e porte, sorge sui ri-lievi montuosi fra il Liri a ovest e il Melfa a est.Citato in un documento del 1018 col nome di ca-strum Foruli, appartenne all’abbazia di Monte-cassino e, successivamente (XIII secolo) ai d’Aqui-no. Dal 1583 sino al 1796 fu feudo Boncompagni(nella quarta giurisdizione, con Roccasecca, Pa-lazzolo cioè Castrocielo, e Colle SanMagno). Suc-cessivamente fu reintegrato nel demanio regio.L’abitato, sino alla fine del XVIII secolo, si ritro-vò in posizione centrale rispetto ai collegamentifra l’aquinate e la media valle del Liri, assumen-do importanza sul piano del traffico delle mercie riguardo ai percorsi religiosi diretti ai santuari.Il nome del paese deriva, peraltro, dalla venera-zione per san Folco, che vi visse. L’impianto ur-bano è costituito da un ovoide; a nord-est sonopresenti torri cilindriche, mentre a nord, verso Ar-pino, sorge il mastio.

BIBL.: B. Scalfi 1871; M. Contucci 1989; Il Laziopaese per paese, IV, 1993, pp. 92-93; G. Sperduti,III, 1997, p. 168.

1. S. FOLCO. La chiesa venne realizzata nel XVsecolo, sostituendo un più antico luogo di culto.Nella prima metà del Settecento fu rimaneggiatae nel 1742 riconsacrata. L’edificio confina nellaparte anteriore con una casa, ed è quindi privo diprospetto; cosicché l’accesso, evidenziato da unafacciatina, è collocato sul fianco sinistro. L’inter-no, che si presenta molto decorato da stucchi, èa tre navate, divise da pilastri e arcate a tutto se-sto, nel numero di cinque per lato. La nave cen-trale è scandita da paraste corinzie e coperta dauna volta a botte lunettata; le navatelle sono in-vece coperte da volte a crociera, tranne nell’ulti-ma campata ai lati del presbiterio, e in linea conesso, ove sono presenti volte a padiglione. Alle na-vi laterali si addossano, per ciascun lato, due pre-gevoli altari in stucco, fra loro diversi, con figurea tutto tondo ed elaborate decorazioni. Sul fian-co sinistro, i fastigi superiori degli altari incorni-ciano finestre circolari. Gli eleganti rilievi, realiz-zati nel rifacimento settecentesco, sono opera del-lo stuccatore milanese Carlo di Cesare. La nava-ta laterale destra comunica anteriormente conun’ampia cappella coperta a crociera, in cui si con-serva l’antico altar maggiore, sostituito nel 1919,con un paliotto a commesso marmoreo. Notevo-li sono l’imponente cantoria e il grande organo.

Maurizio Caperna

SETTEFRATI

L’origine come castellum risale almeno al secon-do quarto del X secolo (D. Antonelli 1994, p. 70),quando il territorio della valle di Comino, con al-terne vicende, fu proprietà dei ducati di Spoleto(964) e di Capua. Il toponimo origina dalla coe-va chiesa intitolata ai SS. Sette Fratelli martiri, po-sta poco fuori il borgo murato e tutt’oggi esistente,per quanto ampiamente manomessa.Nel 1012 Settefrati risulta investito del titolo di

gastaldato come risulta dalla donazione della pre-positura di San Paolo effettuata da Oderisio I, con-te dei Marsi, in favore di Atenolfo abate di Mon-tecassino. Dalla seconda metà del XII secolo en-tra nell’orbita feudale dei d’Aquino andando a for-mare la baronia di Alvito assieme ai centri di Cam-poli e San Donato successivamente divenuta con-tea alla metà del XIV secolo. In tale epoca l’im-pianto del borgo murato doveva essere struttura-to secondo un tridente di percorsi sub-regolari si-tuati a convergere in salita verso il castello e la vi-cina chiesa arcipretale di S. Stefano protomartirela cui esistenza si suppone risalga almeno alla me-tà del XIV secolo.Effetti del rinnovamento politico ed economicoindotto dalla nuova feudalità dei Gallio si fecerosentire anche sull’impianto urbano che tra il XVIIe il XVIII secolo vede la trasformazione di abita-zioni gentilizie come i palazzi Cardelli (risalenteal XV secolo) e Venturini di nuova fondazione.La quinta di facciata di quest’ultima configura latestata di uno dei tre tridenti edilizi che conflui-scono sulla piazza principale dialogando a stret-to contatto con la chiesa di S. Stefano, la cui quin-ta venne rimodernata entro il 1745 e inserita inuna teatrale sistemazione urbana dove spicca lascenografica scalinata che s’incunea verso lo spa-zio della piazza.

BIBL.: G.P.M. Castrucci 1633; D. Antonelli 1969,1986 e 1994; A.P. Recchia 1983; D. Cedrone 1997;M.A. Cedrone 1997; G. Quaranta 2003.

1. S. STEFANO. Per quanto citata a partire dalterzo quarto del XVI secolo, la chiesa doveva giàesistere nel 1347. Le fasi edilizie certamente do-cumentate risalgono al tardo Cinquecento, comeattestato da reperti epigrafici datati al 1577 e1578, ma l’aspetto della chiesa risale a estesi la-vori di restauro e rimodernamento condotti entroil 1745, come attestato da un’iscrizione sul por-tale d’ingresso. Le altre arcate in pietra nelle na-vate laterali testimoniano la presenza in loco diuna chiesa romanica ancora nel terzo quarto delXVI secolo. I lavori settecenteschi comportaronol’erezione della monumentale facciata, il rinnovodell’interno con l’impiego delle strutture murarieantiche, la ristrutturazione dell’area presbiteralecon l’aggiunta della crociera cupolata e del pre-sbiterio, il parziale rimaneggiamento della navatasinistra, cui si affiancano i locali di servizio e lasacrestia. Le profonde cappelle sul lato destrosembrano esser state aggiunte nell’ultimo quartodel XIX secolo, quando pure si costruì in aderenzal’attuale residenza municipale.All’interno le paraste binate d’ordine corinzio, cheinquadrano le tre arcate di separazione tra le na-vate, assumono una scansione variata in tutte e trele partiture; il sistema appare disorganico in cor-

rispondenza dell’ultima campata, in cui le para-ste binate si riducono a un’unica membratura.L’arcone del vano di crociera viene così a impo-starsi sul capitello di una pseudo-parasta, che ri-sponde ai capitelli dei pilastri della navata cen-trale, su cui insistono le arcate di separazione. Lasistemazione al di sopra del coronamento e il sof-fitto piano implicano incertezze sull’assetto origi-nario che non è stato possibile ricostruire, anchese è ragionevole supporre che la chiesa romanicafosse coperta da strutture lignee a capriate. La cu-pola s’imposta su un attico aperto da ovati fine-strati, inquadrati da mostre piane, su cui sono col-locati cartigli in stucco legati da un nastro sno-dato lungo la curvatura dell’invaso. Analogamen-te il tamburo, impostato sui pennacchi sferici, èadorno di cartigli poggiati sulle chiavi delle arca-te sottostanti. Particolarmente ricchi appaiono glialtari a edicola appoggiati sulle pareti, tra i qualispicca il secondo della navata sinistra. Qui l’edi-cola è ricavata entro l’alveo di una parete intro-flessa, inquadrata da due colonne libere su piedi-stallo, abbinate a un sistema di paraste inquadrantiuna cornice orecchiata centinata; la trabeazione sisvolge lungo l’invaso introflesso della parete, ailati della quale si ergono due semitimpani a dop-pia voluta, con raffigurazioni scultoree di putti ala-ti, che inquadrano un fastigio centrale riccamen-te ornato da motivi plastici.La facciata segue l’articolazione interna delle na-vate, intelaiata da una sottile fasciatura a pseudolesene. Essa è articolata in due ordini di altezzada un cornicione che, in corrispondenza delle na-vate laterali, s’inflette in un profilo convesso alcentro, sotteso da un oculo cieco, con pseudo tri-glifi a tre campanelle sotto i tratti rettilinei, se-condo un motivo ricorrente anche nella partituracentrale. Al centro spicca il monumentale porta-le in pietra che nel coronamento a semitimpanicon doppia voluta e fastigio centrale riproduce unacifra stilistica diffusamente impiegata nell’operadi rimodernamento settecentesco.

2. S. FELICITA. La chiesa è strettamente legata al-l’antico culto dei santi Sette fratelli, figli di santaFelicita, ai quali sembra riferirsi anche il toponimodel borgo. L’esistenza dell’edificio è documentatadal 1704, anche se appare nei bassorilievi dello Sta-to di Alvito dipinti nella villa Gallio sulle rive delFibreno, datati tra 1685 e 1704, al tempo del du-ca Francesco II. Tale cronologia potrebbe esseremessa in rapporto con l’impianto murario dellachiesa più che con la partitura decorative interne,che riflette flessioni stilistiche ricorrenti nella vallenel secondo quarto del Settecento. Gli sproni mu-rari sui fianchi lunghi della chiesa devono infattiesser stati realizzati nel corso dell’ultimo interven-to di rimodernamento dell’interno, a sostegno del-la nuova campata voltata a botte realizzata nel-l’edificio. Tali rinforzi non sono raffigurati neglistucchi di villa Gallio, delineanti con grande pre-cisione, perfino nei particolari delle bucature, in for-me corrispondenti al suo aspetto attuale.L’aula unica rettangolare è articolata in tre cam-pate, scandite da un ordine abbreviato di parastesemiribattute ai lati; l’assetto decorativo è ispira-to a un disegno organico, attraverso una cornicedi coronamento continua su cui si impostano levolte, terminante, ai lati dell’altar maggiore, condue emitimpani a voluta, ornati di angeli in stuc-co. La campata d’ingresso, più corta delle altre, ècoperta da una volta a botte lunettata, mentre lamediana, sulle cui pareti si addossano eleganti al-tari in stucco, è coronata da una volta a botte. Ilvano del presbiterio è evidenziato da una calottadi matrice ellittica, disposta trasversalmente ri-spetto all’asse principale, impostata su pennacchisferici con stucchi figurati, inquadranti lunettonisulle pareti laterali. Sul fondo si colloca l’edicolad’altare, intesa come una flessione plastica dellesuperfici parietali, i cui accenti stilistici, specie nel-la cornice a profilo mistilineo centinato e nel di-Settefrati. S. Stefano, altare della navata sinistra.

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SANT’ELIA FIUMERAPIDO - SGURGOLA 89

segno dei pseudo triglifi, richiama alcuni fraseg-gi della facciata della chiesa di S. Stefano, rimo-dernata entro il 1745 (cfr. scheda).

3. S. MARIA DELLE GRAZIE. Situata all’ester-no del borgo murato, la prima notizia certa del-l’esistenza di questa chiesa risale al 1579, quandogià presentava l’attuale impianto a tre navate, se-parate da quattro arconi a pieno sesto, sostenutida pilastri murari, con soffitto a cassettoni lignei,portico d’accesso a tre arcate e antistante scali-nata. Di ascendenza tardo barocca, invece, sono

le tre edicole d’altare situate a saturare la paretepresbiterale di fondo e le pareti delle navate late-rali, in corrispondenza della terz’ultima arcatadella navata. L’edicola dell’altare maggiore è da-tabile al 1732, come attesta un’iscrizione alla ba-se della nicchia centrale. Al medesimo periodo de-vono riferirsi anche gli altari laterali e le corniciin stucco con i bassorilievi di putti e ghirlande cheinquadrano tele dipinte situate tra le arcate dellanavata centrale, nonché la flessuosa cantoria lignead’ingresso. Al secondo quarto del Settecento do-vrebbero risalire anche le vistose decorazioni a in-

tarsi lignei dei cassettoni dei soffitti delle navate.Di notevole impegno stilistico è l’edicola dell’al-tare maggiore, a struttura ternaria, con basamen-to d’altare, ordini colonnari e fastigio di corona-mento. La decorazione con putti e motivi florea-li si estende alle pareti laterali, in cui si apronodue porte, una per lato, riquadrate da mostre pia-ne e coronate da una cornice centinata, con unafitta decorazione in stucco di cartigli, ovati e ghir-lande. Gli altari laterali, seppure di minore tonostilistico, mostrano una medesima tensione for-male nella insistita ricerca di tensioni plastiche espaziali diagonali, con pilastri ionici semi-ribattutiai lati, coronati da semi-timpani dal profilo con-cavo-convesso, inquadranti un ovato finestrato,cartigli, volute, putti e ghirlande.

4. SS. SETTEFRATELLI. L’edificio originario nonè più riconoscibile, rimanendone solo gli impiantimurari e il portale d’ingresso, entrambi seicente-schi. Il titolo della chiesa, che ricorda i sette fra-telli, figli di santa Felicita, martirizzati nel 164 d.C.,è all’origine del toponimo del castrum di Settefratied è quindi presumibile collocarne l’erezione tra il986 e il 996, all’epoca dell’abate di MontecassinoMansone. Le fonti documentali testimoniano unaricostruzione a fundamentis all’inizio dell’episco-pato del vescovo di Sora Girolamo Giovannelli(1609-32); tuttavia, a causa di problemi alle fonda-zioni, fu abbandonata già nel 1618, con il trasferi-mento dei sacramenti nella chiesa di S. Stefano.Restaurata nel 1639, la chiesa risultava essere do-tata di tre altari, uno presbiterale e due laterali.Tuttavia, il precario stato delle fondazioni la reseinaffidabile, tanto da deciderne l’abbandono e lacostruzione di un nuovo edificio, sempre esternoalle mura, dedicato alla madre dei martiri S. Feli-cita, databile tra il secondo e l’ultimo quarto delXVII secolo. Le murature relitte della chiesa sei-centesca, risalenti al restauro compiuto entro il1639, indicano un impianto ad aula con due am-pie cappelle laterali in posizione mediana e un va-no presbiterale di fondo, secondo una tipologia diimpianto longitudinale trasversalizzato, di ascen-denza tardo-manierista. Attualmente, nell’interno,sono riconoscibili i pilastri delle fiancate. Nella fac-ciata rimane il portale in pietra, di matrice tardo-manierista. Il fregio riporta il peculiare motivo pla-stico del putto alato. Anche il coronamento consemitimpano a spioventi spezzati, che presumi-bilmente inquadravano un’edicoletta poi perduta,come suggerisce una finestrella centrale, costitui-sce una testimonianza risalente alla ricostruzionedella chiesa all’inizio del Seicento o al suo restau-ro compiuto nel 1639.

Dimitri Ticconi

SGURGOLA

Il toponimo si ricollega verosimilmente alla pre-senza nel territorio di numerose sorgenti; è statatuttavia avanzata anche l’ipotesi che l’origine deltermine derivi da una parola longobarda, sculcul,indicante il nido d’aquila. Ricordata per la primavolta in un documento papale del 1088, Sgurgolaappartenne successivamente ai conti di Supino, dacui fu donata nel dicembre del 1299 a Pietro Cae-tani. Il borgo rimase infeudato alla famiglia fino al1484, quando passò alla famiglia Colonna che laresse, tra alterne vicende, per diversi secoli.

BIBL.: G. Sperduti 1997, II, pp. 191-192.

1. S. MARIA ASSUNTA (Madonna dell’Aringo).La chiesa, la cui facciata è stata integralmente ri-fatta nel XX secolo, presenta un interno a una na-vata, coperta da volta a botte lunettata, con quat-tro cappelle per lato. Degni di menzione sono l’al-taremaggiore a edicola, con colonne composite, tim-pano curvilineo spezzato e raccordi concavi; la ter-

Settefrati. S. Stefano, cupola.

Settefrati. S. Maria delle Grazie, interno.

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chiglie e volute, si erge un esile e alto lanternino,coperto da cupoletta. La mensa rettangolare, conpaliotto in commesso marmoreo, presenta sul latodestro l’iscrizione: “CLEMENS XI. PON. MA. ANNOMDCCXI”. L’opera è abbellita da una preziosa poli-cromia: marmi brecciati rossi e gialli sono ravviva-ti dall’impiego del marmo nero e bianco delle co-lonne, così come degli specchi dei piedistalli e deltamburo. Catene metalliche, decorate da fogliamidorati, legano la struttura sulle quattro facce al-l’imposta degli archi. In base alla descrizione e aldisegno di Fontana, è possibile conoscere quali mo-difiche siano state apportate con la ricostruzione.La vecchia struttura sostanzialmente uguale al-l’attuale era arricchita da angeli svolazzanti, rea-lizzati in marmo da Domenico Guidi, i quali si er-gevano al di sopra di settori di timpano curvili-neo, che concludevano i tratti di trabeazione so-pra le colonne angolari della struttura. Nella ri-costruzione dell’altare, gli angeli vennero omessie si risolse di sostituirli con gli emblemi araldicidel pontefice, posti direttamente sopra i corona-menti di trabeazione. Anche il lanternino sulla cu-pola dell’attuale altare costituì un’aggiunta, tro-vandosi al suo posto nel vecchio ciborio del Rai-naldi una grande corona di legno dorato (L. Fi-nocchi Ghersi 1990, pp. 84-85, 199-200, 208; Id.,1991, p. 336; Ch. M.S. Johns 1993, p. 16).

15. S. MARIA ASSUNTA (S. Francesca). Una pri-ma chiesa, dedicata a Francesca, santa canonizzatanel 1608, fu realizzata a partire dal 1632, per volontàdel vescovo oratoriano Vincenzo Lanteri. Tuttavial’edificio, inadeguato ad accogliere la popolazione,venne ricostruito dal vescovo Domenico Zauli en-tro l’anno giubilare 1700, come indicato nell’iscri-zione sull’architrave della porta principale. L’orga-nismo è a tre navate, divise da pilastri, con volta abotte lunettata nella navata e archi trasversali nelle

BIBL.: F. Pistilli 1798; A. Broccoli 1902-1903; A.Carbone 1965; E. De Minicis 1976-1977; A. Coc-cia 1979; A.P. Recchia 1983; I. Biddittu, M. Riz-zello 1987; A. Ianni 2002; G. Quaranta 2003.

1. SS. GIOVANNI BATTISTA ED EVANGELI-STA. Già esistente nel 1580, ancora con un im-pianto a nave unica, nel 1626 venne ristrutturatain stile “neo-romanico” con l’aggiunta delle na-vate laterali sfruttando a destra lo spazio dispo-nibile sino allo sperone, particolare che ne deter-mina le pianta di forma trapezoidale. L’attuale si-stemazione interna è frutto dei lavori di decora-zione condotti da mastro Cristofaro Bozzolino(1779-1781). La chiesa, cui si accede attraverso lacantoria d’ingresso, presenta tre navate, di cui lacentrale voltata a botte lunettata e le laterali arti-colate in quattro campate coperte da volte a cro-ciera. Una cintura d’arco in corrispondenza dellaseconda lastratura suddivide la nave principale intre campi, connotati da una cornice centinata instucco integrata ai profili in stucco delle lunette,rinviando all’analoga decorazione della cappelladell’Apparizione nella vicina chiesa di S. France-sco. Sul fondo si attesta il vano presbiterale ret-tangolare voltato a botte. L’opera di decorazionedi Buzzolino venne completata con gli altari pa-rietali delle navate laterali e la cornice in stuccodella pala dell’altar maggiore, realizzata diretta-mente sulla parete. Il vano della tela è ritagliatoattorno al profilo centinato della cornice, coronatada un fastigio con volute e motivi floreali inqua-dranti un cartiglio centrale che ricorda i lavori direstauro. Tra gli altari delle navate laterali, deno-tati da una raffinata decorazione plastica, spicca-no alcune edicole situate nelle campate della na-vata destra, dove agli ordini orientati secondo di-rettrici diagonali corrispondono fastigi sovrappo-sti ai cornicioni, in cui si concentrano le maggio-ri invenzioni plastico-decorative.All’esterno la chiesa affaccia su uno slargo deli-mitato a ovest dallo sperone roccioso, a est dalladorsale stradale che s’inerpica verso il borgo me-dievale e dinanzi dal palazzo comunale. Anche lafacciata risente delle diverse fasi costruttive: sa-gomata come le navate interne, con partitura cen-trale più alta coperta a tetto e laterale destra conunico spiovente, è formalmente squilibrata sul la-to sinistro, sul cui filo esterno si attesta il campa-nile (già esistente nel 1626 e restaurato nel 1914).Al centro della parete, impaginata da un disadornoordine a fasce di lesene, si apre l’unico portale in-quadrato da mostre in pietra e coronato da un tim-pano triangolare, sormontato da un oculo strom-bato cieco contornato da una cornice in stucco.In alto, sotto il doppio spiovente di copertura, ècollocata una finestra quadrata incorniciata da mo-stre piane.

2. CAPPELLA DEL PALAZZO BARONALE.Dedicata all’Immacolata risale al XVI-XVII secoloanche se le decorazioni in stucco documentate alsuo interno farebbero propendere per uno deimolti interventi condotti tra il secondo e il terzoquarto del Settecento dai mastri decoratori dellavalle. È situata all’interno della residenza ex Ba-ronale e ora palazzo Celli.

Dintorni:3. CHIESA E CONVENTODI S. FRANCESCO.L’origine del convento è legata, secondo la tradi-zione, al luogo in cui il santo di Assisi, ospitatonel 1222 nell’abbazia di Montecassino, di ritornodal pellegrinaggio al santuario di S. Michele Ar-cangelo, fece sgorgare acqua da una roccia. Le fon-ti testimoniano l’esistenza, prima di tale data, diuna cappella annessa ad alcune celle costituenti ilnucleo di un primitivo convento eremitico, che sindall’origine si trovava nel sito a valle, fuori dal ca-stello in altura. La cappella doveva appartenereall’abbazia cassinese, che entro il 1017 prese pos-sesso del castello di Vicalvi. Il 19 agosto 1229 fuconsacrata la chiesa annessa al convento, ma non

navatelle. La tribuna è coperta da una cupoletta el-littica e il presbiterio è a terminazione piana.

Colleberardi (frazione di Veroli)1. MADONNA ADDOLORATA (S. Maria dellaConsolazione). Fatta costruire dal vescovo Lo-renzo Tartagni nel 1729, la chiesa è a navata uni-ca, con terminazione piana, e fronti interne tri-partite da arcate su paraste doriche che incorni-ciano nicchie poco profonde; mentre al centro, os-sia sull’asse mediano trasversale, s’innestano cap-pelle laterali, a pianta rettangolare.

Maurizio Caperna

VICALVI

Il centro vanta origini preromane e si dispone sudi un altura tra le valli del Liri e di Comino. Indiretta connessione con il monte Morrone, è sto-ricamente accertato che il nucleo di Sant’Urbano,da cui prese origine Alvito, venne fondato da gen-ti di Vicalvi. Fonti documentali ne indicano l’esi-stenza al 834, mentre le strutture del castello so-no accertate al 937. Tra il 1017 ed 1248 fu pro-prietà dell’abbazia di Montecassino e successiva-mente privilegio feudale di Adenolfo d’Aquino,riconosciuto da Federico II. La fortezza a montedoveva essere munita, sin dall’antico, di un dop-pio recinto murario, collegato a est con i primitessuti edilizi medievali costituenti il primo inse-diamento. L’espansione avvenne lungo la dorsaleche dal castello scende a valle, tuttavia non co-nobbe l’impulso indotto dall’avvento dei Gallio,rimanendo un centro piuttosto marginale nel con-testo socio-economico della valle.

Veroli. Abbazia di Casamari, ciborio.

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VEROLI - VILLA LATINA 105

si è tramandata alcuna notizia precedente la suatrasformazione seicentesca. Presumibilmente ri-parati dopo il terremoto che, nel 1349, interessòi centri della val di Comino, il convento e la chie-sa furono ricostruiti a fundamentis a seguito delnuovo sisma del 1654, su iniziativa di FrancescoGallio, duca di Alvito, che dette l’impulso inizia-le al rinnovamento dell’intero complesso. Tali pro-getti furono portati a compimento dal figlio To-lomeo entro il 1683, anno cui si deve riferire l’at-tuale convento con l’annessa chiesa, ampliata condue nuove cappelle. Fu inoltre restaurata la co-siddetta cappella dell’Apparizione, rimodernatanel 1757, come attestato da un’iscrizione; a taleanno risale la sua attuale veste decorativa, im-prontata a un raffinato repertorio plastico-deco-rativo, opera di maestranze lombarde, alvitane edella Terra di Lavoro, attive nei centri della val-le. Il campanile, posto accanto alla facciata dellachiesa, venne compiuto entro il 1757; esso pre-senta un alto basamento su cui s’imposta la cellacampanaria, denotata da un passaggio angolare aprofilo convesso, inquadrato da lesene abbrevia-te con capitello innestato nell’architrave.Il convento è strutturato secondo la tipologia tra-dizionale degli eremi francescani, con chiostro ret-tangolare ad archi su pilastri murari poggianti sumuretti continui; al piano terra si trovano i loca-li d’interesse collettivo, mentre, al piano superio-re, si situano le celle e la biblioteca, in entrambii casi collegati da un corridoio voltato con una suc-cessione di crociere. La chiesa è assai modesta al-l’esterno, presentandosi come una parete intona-cata con due ovati a cornici piane e un corona-mento a spioventi centinati convessi, antistante ilportico d’ingresso. È riconoscibile un impiantooriginario a due navate, con tre campate voltatea crociera, trasformato entro il 1757, in un’unica

navata con due cappelle sul lato destro (corri-spondenti ai resti di due campate della secondanavata originaria) e la propaggine della cappelladell’Apparizione, estesa, dai lavori dei Gallio, fi-no alla prima campata della seconda navata ori-ginaria. Di particolare pregio è la seconda cappellaa destra, in cui le pareti partecipano di una de-corazione a stucco unitaria che interessa la pare-te di fondo, in cui si apre una nicchia inquadratada lesene abbreviate, coronate da due emitimpa-ni a volute serranti il timpano.Merita un approfondimento la cappella dell’Ap-parizione, situata a sinistra dell’ingresso. Si trattadi una vano stretto e lungo, coperto a botte, ric-camente ornato da specchiature decorate con pit-ture murali, inquadrate da una cornice modana-ta da una raffinata centinatura con cartigli in stuc-co. Sul fondo è il piccolo vano presbiterale volta-to a vela, dominato dal fraseggio delle cornici cen-tinate che inquadrano la decorazione murale. Sulfondo spicca l’edicola dell’altare incorniciata dapilastri corinzi, dominati dall’esorbitante fastigiocoronato da un cornicione centinato, invaso daimotivi plastico-scultorei di putti, volute, motivi ve-getali oltre a un cartiglio sovrapposto alle linee ar-chitettoniche dell’edicola.

Dimitri Ticconi

VICO NEL LAZIO

Centro segnalato sin dal IX secolo in un sito ric-co di reperti archeologici romani, situato sui mon-ti Ernici alla confluenza tra la valle alatrina e laconca di Fiuggi. Vico, nel medioevo, fu comuneautonomo con signori condomini direttamentedipendenti dall’autorità papale; in questo perio-do acquisì l’organica conformazione urbana, con

un perimetro approssimativamente circolare cin-to da mura. Dal 1427 fino al 1816 appartenne aiColonna.

BIBL.: N. Tomei 1980, 1986, 1998, 1999 e 2002;D. Lattanzi 2012.

A. MURA MEDIEVALI. Cinta muraria ben con-servata, realizzata tra XI e XIII secolo, dotata diventicinque torrioni a pianta quadrata e tre porte.

1. S. MICHELE ARCANGELO. Impianto medie-vale soggetto a successivi rinnovamenti; al 1581, co-me mostra l’iscrizione sul portale d’ingresso, risaleun primo intervento, mentre l’aspetto dell’internoè dovuto a consistenti lavori settecenteschi, con ul-time aggiunte nel 1855. L’aula è articolata da para-ste binate che all’innesto con la crociera si scaglio-nano in un triplice aggetto; la volta a botte, scandi-ta da cinghiature in rispondenza delle paraste, è aper-ta da finestre e scavata da lunette e unghie. Dopola crociera cupolata, il coro a terminazione piana pre-senta un pala d’altare la cui incorniciatura terminacon un elevato sistema di frontespizi e volute chetoccano la sommità della volta.

Giancarlo Coccioli

VILLA LATINA

Il centro di Agnone ha assunto l’attuale nome diVilla Latina nel 1862, a segnalare i cospicui restidi una villa e di terme romane. È segnalato comecastrum nell’XI secolo e risulta nel secolo succes-sivo di proprietà dei monaci cassinesi. Passata nelTrecento ai D’Aquino, venne danneggiata dal ter-remoto del 1349. Dopo la signoria dei Cantelmo,passò ai principi di Squillace nel 1497 e ai Gallio,

Vicalvi. SS. Giovanni Battista ed Evangelista, interno.Vicalvi. SS. Giovanni Battista ed Evangelista.

Vicalvi. S. Francesco, volta della navata.