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5/28/2018 AGAMBEN, Giorgio - Altissima povert - Regole
monastiche e forma di vita
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D ELLO STESSO AUTORE:La potenza del pensiero
Saggi e conferenzeIl Regno e a GloriaPer una genealogia
teologicadell economia e delgovernoHomo sacer, I I 2
Giorgio gambenii
ltissima poverdtRegole monastiche e forma di vita
Homo sacer IV
NERI POZZA EDITORE
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5/28/2018 AGAMBEN, Giorgio - Altissima povert - Regole
monastiche e forma di vita
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20Il Ned Pozza i t o r ~ VicenzaISBN 978 88 545 0545
2www.neripozza.it
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3465
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IOI109
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177
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Iodice
PrefazioneI Regola e vitaI Nasci ta della regola2 Regola e
Iegge3 Fuga dal mondo e costituzioneoglia
II Liturgia e regola1 Regula vitae2 Oralita e scrittura3 La
regola come testo li turgicooglia
I I I Forma divitaI La scoperta della vita2 Rinunciarc al dirit
to3 Alrissima poverta e usooglia
Bibliografialndice dei nomi
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Vitaque mancipio nulli datur, omnibus usu.LucR., nr, 971
Prefazione
Oge:etto di questa ricerca e l tentativo - indae:acoTf'l'
'HiiG.t ol T , ~ t i J IU JiAMII / ; ll{f T ~ N T A . I J V J A I I
I I f k J
~ l , S ~ 2 " ' ~ ~ ~ . I I J - g a r e ~ ~ l . m ~ ' } ~ ~ h J
e . , s i m o - gj c o ~ m ~ t f ~ upaforma-di-vita, cioe una vita
che si lee:a cos1 strettamente~ t A H .. , , .. L r t : , f ti Arlt
A t . / F 4 ~ r/J't tT r J ~ . . - /'l.rtU..t' ( t f l t l.;;if (J
1'1 I " U l valla sua forma, da risultarne inseparabile .c. in
ouesta7t> 1FT F ~ I ' f . r t l4 f fw J.f t(H (( 5T Vl .11 lei I
N J E J C ' ~ A I J t D t f If tf t /) (If_ , . . . p r o s o e t t
i v a c h e Ia ricerca si confronta innanzitutro col
ft t7(J.t:
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8 ALTI SS MA POVERTA
ste e, insieme, i.lrrecciate, nella__cui recioroca
tensione&. T . 0 011Eit lriTEit-fWINt'{J IN 71(M wllftJ/ f1 i '
i i,("-'1 AT6.f r t " {[f i V qualcosa di inaudiro e di nuovo, doe
una torma-di-v1ta,.IO/'f(l JI /'1, F/101" ~ . , ., . , .. .. F / 1
~ [ 1 / { f V t f W f J IA1t l II f M N -U r. - , _&-fsi e
osrinatamen te avvicinato alia prooria realizzazionew l lf CII If 0
1;1 N A t i L ~ ( J , t f J J T ( Lt fl TO I /IE f tf.6 /Gfl /l. fA
L / l / l f i VNe l'ha, altrettanto osrinatamente, mancata. La
grandeAN ' '""'< / u J o f ~ t l / ~ f ' t l l l l l v ~ o o eJ
rtJVAT l . , t o t r TN CAf.ft1novita del monachesimo non e a
confusione di vita eN& ,., Jv(f{ I f f t / ~ MtJNAITfCI} /'t I
N T T/i ( ( ) N f l . l / r / QF L il t" Wo t>Mnorma ne una
nuova dedinazione del raooorto di fa tto{/O .V t.E ) IN 11 N E ...,
oc . J . tNit TI6N 01 ~ ~ h 4 1 2 7o Ftt t ri /nur.;'-te diritto,
bensl l'identificazione di un piano di consi-r lf iG(Jr n-1
IDif'lr/r;"lt/11/IJ,., l r A pi.../\Nt - ' r t oN I 1/7fVl.
1srenza, i ~ n a t o e forse _ancora ogi imoensabile, che L I N r ~
u G ( f . _ 4 M v8 c l lt H TfJ()) r l , vrVIp._IN/ltuhf . r111 r1
smtaQ:mt vtta vel "'; ula, regula et vtta, fOrma vwenai,rJJf. iY t
v f ) t'; I'IJ L.IFVI'COflt/JV Ol v(t ll..ut.G lfd. ' I 'E . i i V
I N f , t ' ~ / l M rorma vttae ce.c,cano attcosamente 1 nommare,
em cur
r = .-..1 1 LJV[f TbliY.. [1 )0 / ( r t / l ~ I E L Y To NIIMf '
\ N ~ lf'l/ W / lc'f/u .-c; tanto a regola che la vita perdono i
loro significa-& o ~ " t ~ , f ~ ~ l l l a r : p ~ r f a ( ~ e
' g ~ 6 i ~ ' d i r ; ~ ; ; f l ~ a d ~ ~ r z 6 : ~ ' h ' ~ ~ ;
f t6Ni f:Ut d t l)w r (:1\lt t= f f ; N ' Dlfl(fi(JN ot A t ~ t
t i > r1114r f F'tratta appunto d.l portare alia luce. p,,,?f
ttA e F tJ /'tf l.- tt r t' l.v "F ' t ~ l > / ' f f ' v ' 1o
7ni: liJJ (Nel corso della ricerca, tuttavia, do che eapparsoJ/V
r11F CoVftllJ 4F T l ( t f l lt /J {I. UJ t ' lWft '11 [/JAr J/I I
IN I/' A ? ~ A i f ifar ostacolo all'emerQ:enza e alla comprensione
di que-1 M l t OIIS1tH Hl Tfl 1/tl / t Y . I C I . Alrl f t; TJJC
laM I"/IS III:#Jib/V 6F 1/fl./sro terzo non e tanto I insistenza su
disoositivi che aiIf JI ./ I f l l ; i d f i i i < H l f L ' . .
_ _ . . . _ . _ . .r Dei (1947) po teva infatt i permettere 1
comoren erefq '-17 . ' CAN lrV FII renela e una stermmata
letteratura agrogra ca hannouf'.-GN > / I N 11
A6t:o4_ttlll/lr< L I 1 E / I . A I t 1 ~ t:xrE'V f ' EtJ run
,,..,, .ricooerto con la mascnera troppo umana ele ;a zzus e/lt:c
JVE/t 1 tl Wt l l( T i le V l ~ Y JV/11'1f'V ,1'4Af / t 4 f.' ,r l
_____. . ._del giul are o con quella, non DIU umana, dt un nuovo c
~ " u ?o r. 711._ .f'c'i il .'l Of: , ...,1111 TI /(J.ff , N J r o
f l ~ o{VMfVoo'_- , df". Af: l'h.-h,.- / ' fN. lCristo , e, dall
altra, un eseges1 _ ttenta DIU a1 attr c eo u111 1 ,. ""' ,t tQ('
T'"' ~ 7 J I L ' ( / li N . "{ x E rr :4 l ( - 1 > ;;;dlt J mfi
r saue loro 1mohcazwm teonche ha nnchtuso net con mv r . r t ~ : t
/.lkf-t< I ICII L t/"tl' ll ' r l' ' ' vG fiiENi vtvu=o. IN PI U
disciplinari elella storia del diritto e della Chtesa. In un~ l i V
E I .t ' f IF 1/tJ t0/1.' F /UCNT I' IYI7 o 1fHL
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IO ALTISSIMA POVERTA
alia oresa del diritto e un uso dei coroi e del mondo che( f l .
~ t T nE l/1/CE: af 1 1 ( / I . J ~ " T IINIJ W r i f f of f/1
ilovn :f I. ()f 71(E wOf2LDnon si sostanzi mai in
un'aporooriazione. Cioe ancora:TIIAI f IIC{ 11 11) ,fV8Jll me flv1
( (li" /tt'I_Aiflfl i11710f;1. , n/t.,f (J IH11,W ,pensare a vita
come c1o 1 cw non s1da rna. propnetaT& i/J f i< 1111 : tiFt'
IIJ 1/ /) f OF ~ / i r ; ; ~ tF ftT'-'rn a SOltanto Un USO
COll].Ull$>-- fi$flf w ,1 va-l f .{JIJ( ~ t " ' A Ct>Mi
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r. Nascita della regola
I Tra il rv e il v secolo dell era cristlana sl asslstealia
nasclta di una partlcolare letteratura che, almenaa prima vista non
sembra aver precedenti nel mondod assico: le regale monastiche.
Linsieme dei testi che latradizione classifica sotto questa rubrica
e, almena perquanta concerne Ia forma e la presentazione, cosl
eterogeneo, che l ncipit dei manoscritti non pu o che compendiarli
so tto i titoli pili diversi: vitae vita vel regula,regula, horoi
kata platos, peri tis askeseos ton makarionpateron, instituta
coenobiorum, praecepta, praecepta atqueinstituta, statuta patrum
ordo monasterii, historiae mo-nachorum, asketikai diataxeis... Ma
anche se ci si att ienea una concezione pili srrena del termine,
qual equellasott esa al Codex regularum, in cui Benedetto di
Anianeall inizio del secolo IX raccoglie circa venticinque regale
antiche, la diversita dei testi non porrebbe esserepili grande. E
non solo quanta alle d ime nsioni (dallequasi rrecento pagine della
Regula magistri ai pochi fo gli della regola di Agostino o della
seconda Regola deiPadri, rna quanta alla presentazione (domande e
rispo-ste - erotapokriseis - fra monad e maestro in
Basilio,collezione imp ersonale d i precetti in Pacomio,
processoverbale di una riunione i Padri nella Regola dei
quattroPadri e, soprattutto, al contenuto, che varia da questioni
riguardan ti l interpretazione delle Scritture o 1 edifi-
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T4 ALTISSIMA POVERTA
cazione spirituale dei monad, all enunciazione secca ominuziosa
di precetti e divieti. Non si tratta, almena aprima vis ta, di
opere giuridiche, sehbene pretendano di11tl f .;OU ;t{regolare,
spesso nei minimi dettagli e attraverso preciseOT llsanzioni, la
vita di un gruppo di individui; non sononarrazioni storiche,
sebbene a volte sembrino semplice-mente ~ r a ~ c r i v e r e il m
~ ~ o di vitae le c / W ~ ~ e l . ~ ~ < J f ~ deimembn di una
comunaa; non sono agiografie, sebbene d L ~ I Jst con10n ano a vo
lte a tal punta con Ia vita del santo
o dei Padri fondatori, da prese ntarsi come la sua registrazione
in forma di exemplum o forma vitae (in questa senso, Gregorio
Nazianzeno poteva affermare che lavita di Antonio scritta da
Aranasio era una legislazione nomothesia) della vita monacale in
forma narrativaen plasmati diegeseos -GREGORIO DI NAZIANZO p.
510 . ~ z R . . ~ h ~ l loro scopo ultimo sia senza dubbio
Iasalvezza dell anima seconda i precetti del Vangela e
Iacelebrazione dell ufficio divino, le regale non appartengono alia
letteratura e alla pratica ecdesiastica, da cuiprendono, senza
polemica rna fermamente, le distanze. Non sono, infine,
hypomneumata o eserdzi di etica,come quelli che Michel Foucault ha
analizzato alia finedel mondo antico: e, tuttavia, la lora
preoccupazioneYf 7 ( f l . / ' . . l - 1 . . 7 . $ 1 " ' )centrale
eproprio quella di governare la vitae i costumidegli uomini, ~ ~ ~
S ~ . . s i ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ n t e c ; ~ e c 9 t ~ ~ ~ ~ Y ~ I ? . e n
t eLa presence ricerca intende mostrare come, in que-sri testi,
insieme disparati e monotoni, la cui letturarisulta cosi disagevole
a l l ~ ~ ~ J . W . m ~ 4 e r n o , si compia, inmisura
probabilmente pili decisivi che nei testi giuridici, etid
ecclesiastici o storid della stessa epoca, unatrasformazione che
investe tanto l diritto che I etica ela politica e implica una
riformulazione radicale dellastessa concettualita che articolava
fino a quel momentala relazione fra lazione umana e la norma, Ia
vita >>
NASCITA D ELLA REGOLA I 5
e la regola , senza la quale Ia razionalita. politica
edetico-giuridica della modernita non sarebbe pensabile.In questa
sensa, i sintagmi vita vel regula, regula et vita,regula vitae non
sono una semplice endiadi, rna definiscono, nella presence ricerca,
un campo di tensionistoriche ed ermeneutiche, che esige un
ripensamento di, D i l ~ t . l ' t i . lentrambi i concerti. Che
cos euna regola, se essa sem-bra confondersi senza residui con la
vita? E che coseuna vita umana, se essa non puo pili essere
distinta dalla regola?
1.2. La comprensione perfetta di un fenomeno ela sua parodia.
Nel 1534, alla fine della Vie tres horrifi-que du grand Gargantua,
Rabelais racconta come Gargantua, per ricompensare l monaco con cui
ha condiviso le sue poco edifi.canti imprese, faccia costruireper
lui unabbazia che sara. chiamata Theleme. Dopaaver descritto nei
particolari la struttura architettonicadell edificio en figure
exagone, en telle faron que a ha-scun angle estoit bastie unegrosse
tour- RABELAIS, p. 41),la disposizione degli alloggi, Ia foggia del
vestito deiThelemiti e la lora era, Rabelais spiega comment esto
-ient reiglez leur maniere de vivre, in una forma che none, Secondo
ogni evidenza, che la parodia di una regolamonastica. Come in ogni
parodia, si assiste a uninversione puntuale del cursus monastico,
scrupolosamentescandito dal ritmo degli horologia e delle
ufficiature, inquella che, almena a prima vista, sembra essere un
assoluta mancanza di regale:
Et parce que es religions de ce monde, tout est compasse, limite
et reigle par heures, feut decrete que laneseroit horologe ny
quadrant aulcun, mais selon les occasions et opporrunitez seroiem
routes les oeuvres dispen-
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I 6 ALTISSIMA PO VERTA
sees; car (disoit Gargantua) Ia plus vraye perte du tempsqu il
sceust estoit de compter les heures - quel bien envient-il? - et la
plus grande resverie du monde cstoit soygouverner au son d une
cloche, et non au dicte de bonsens ct emcndcment ibid , p.
37).Toute leur vie es toit employee non par loix ou reigles,mais
selon leur vouloir et franc arbi.tre. Se levoient dulict quand bon
leur sembloit, beuvoient , mangeoient,travailloient, dorrnoient
quand le dcsir leur vcnoit; nulle esvcilloit, nul nc lcs
parforceoit ny aboire ny amanger ny a airc chose aultre qudconque.
Ainsi l avoit estably Gargantua. En leur reigle nesto it que ccste
clause:PAY CE QUE VOULDR S (ibid., p. 6o).E stato detto che Theleme
c Iantimonastero
(FEHVRE, p. r65); e, tuttavia, a ben guardare, non si tratta
scmplicementc di uninversione dell ordine in disordine e della
regola in anomia: anche se connatta in unaso la frase, una regola
esiste e ha un autore (ainsi l avoitestably Gargantua) e i l fine
che essa si propone e, malgrade la puntuale dimiss ione di ogni
obbligo e lincondizionata liberdt di ciascuno, perfettamente
omogeneoa quello delle regole monastiche: il cenobio (koinosbios,
la vita comune), Ia perfezione di una vita in tuttoe per tutto
comune (unianimes in domo cum iocunditatehabitare, secondo reci ta
una rcgola antica):
Par ccs te liberte n t n ~ r n t en louable emulation de
fairctollS ce que aun seul voyoient plaire. Si quelqu un
Ollquelcune disoit: beuvons , tous beuvo ient; si disoit:
jouons , tous jouoient; si disoit: \( Al lons a esbat cschamps ,
tous y alloient (RABELAIS, p. 61) .
NASCITA D ELL A REGOLA I 7
La formulazione abbreviata della regola non e, delresto , un
invenzione di Rabelais, ma risale all autore diuna delle prime rega
le monastiche, e, cioe, ad Agostino,che, nel commento aHa prima
epistola di Giovanni (PL,35, 2033), aveva compendiato il precetto
della vita cristiana nella da uso la genuinamente gargantuesca: di
ligeet quod vis foe, ama e fa quello che vuoi. Essa corrisponde,
inoltre, punrualmente al modo di vita di quei monad che, Secondo
una tradizione inaugurata da Cassiano,venivano denominati
spregiativamente sarabaiti e lacui sola regola era i l capriccio e
il desiderio (pro lege eisest desideriorum voluntas) . La parodia
rabelaisiana, inapparenza buffa, e, dunque, cosl seria, che si e
potutocomparare 1 episodio di Th eleme alla fondazione francescana
di un ordine di nuovo genere (GILSON, pp. 265-266) : Ia vita
comune, identificandosi senza residui conIa regola, la abolisce e
cancella.
1.3 Nel 1785, nella sua cella ne lla prigione della Bastiglia,
Donatien Alphonse de Sade scrive in soli ventigiorni , riempiendo
con una calligrafia microgrammatica un rorolo di carta lungo dodici
metri, quello chemo lti considerano il suo capolavoro: Les 12
journees deSodome. La cornice della narrazione e nota: i l 0
novembre di una data imprecisata alia fine del regno di LuigiXIV,
quattro po tenti e ricchi scellerati, i l duca di Blangis,il
vescovo suo fratello, i l presidente de Curval e il finan-ziere
Durcet, si chiudono con quaranradue vittime nelcastella di Silling
per celebrarvi unorgia senza limiti e,tuttavia, perfettamente e
ossessivamente regolata. An-che qui il modello e inequivocabilmente
la regola mo-nastica; rna mentre, in Rabelais, il paradigma
eevocatodi rettamence (Theleme eunabbazia) per essere puntualmence
negato o rovesciato (niente orologi, niente clivi-
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8 ALTISSIMA POVERTA
sione dei tempi, nessun comportamento obbligato), aSilling, che
e un Castello e non un'abbazia, il tempo escandito secondo una
meticolosa ritualita che ricordal'indefettibile ordo dell'ufficio
monastico. Subito dopoessersi chiusi (anzi murati) nel castello, i
quattro amiciscrivono e promulgano i reglements che dovranno
governare a oro nuova vita comune. Non sol tanto, come neiconventi,
ogni momen o del cenobio e prefissato, iritmi della veglia e del
sonno sanciti, pasti e le celebrazioni collettive rigidameme
programmati, rna persinoa defeca7.,ionc dei ragazzi e delle ragazze
eoggetto di una
regolazione minuziosa. On se levera tous les )ours adixheures du
matin, esordisce a regola, parodiando la scansione delle ore
canoniche, aonze heures les amis se ren-dront dans l appartement
des jeunejilles . . de deux a roisheures on servira les deux
premieres tables. . . en sortant dusouper; on passera dans le salon
d assemblee (e la synaxis otollecta o conventus fratrum della
terminologia monastica) pour fa celebmtion (lo stesso termine che
nelle regaledesigna gli uffici divini) de ce qu on appelle les
orgies. ..
Alia ctio delle sacrc Scritture (o, come nella Regu-la magistri,
dello stesso resto della regola) che nei conventi accompagna i
pasti e le occupazioni quotidianedei monad, corrisponde qui la
narrazione rituale che lequattro historiennes, la Duclos, la
Champville, laMarcaine e Ia Desgranges, fanno della loro vita
depravata.All'obbedienza senza limiti e fino alia morte dei
monadall'abbate e ai p r ~ p o s t (oboedientia praeceptum est
re-gulae usque ad mortem - Regula monachorum, PL, 87,III5 a),
corrisponde 1 assoluta docilid1 delle vittime aidesided dei padroni
fino all 'estremo supplizio (le moindrerire, ou le moindre manque d
attention ou respect ou desoumission dans sparties de dibauche sera
une des Jautesles plus graves et les plus cruellement punies; nello
stesso
NASCITA DELLA REGOLA I 9
sensa, le regole monastiche puniscono l riso durantele riunioni:
Si vero aliquis depraehensus fuerit in risu . . .iubemus .. omni
jlagello humilitatis coherceri- VoGUE r,I , pp . 202-203 . .
Anche qui, come a lheleme, l'ideale cenobitico e,dunque,
parodicamente mantenuto (anzi, esasperato);rna mentre,
nell'abbazia, la vita, facendo del piacere lapropria regola, finiva
con 1 abolirla, a Silling la Iegge,identificandosi in ogni punta
con Ia vita, non puo chedistruggerla. E mentre l cenobio monastico
e oncepitoper durare senza limiti, qui, dopo solo cinque
mesi,quattro scellerati, che hanno sacrificato Ia vita dei
lorooggetti di piacere, abbandonano frettolosamente l castello
ormai semivuoto per tornare a Parigi.
1.4. Che l' ideale monastico, nato come fuga individuate e
solitaria dal mondo, abbia dato origine a unmodello di vita
comunitaria integrale, puo appariresorprendcnte. Eppure, non appena
Pacomio metre risolutamente da parte l modello anacoretico, l
terminemonasterium equivale nell'uso a cenobio e l'etimologiache
rimanda alia vita solitaria ea tal punto rimossa, che,nella RegoLa
del maestro, monasteriale puo essere proposto come traduzione di
cenobita, ed eglossato militanssub regula vel abbate (VoGuE. 2, I,
p. 328). Gia la regoladi Basilio mette in guardia contro pericoli e
l'egoismodella vita solitaria, che contraddice apertamente la
Ieg-ge della carira (machomenon toi tes agapes nomoi) (BASI-uo
Regulae fusius tractatae, PG, 31, 930). Se separiamola vita
aggiunge Basilio non potremo ne gioire conchi eglorificato, ne
comparire con chi patisce, poiche dsara impossibile conoscere lo
stato del prossimo (ibid.).Nella comunira di vita (en tei tes zoes
koinoniai), invece,l dono di ciascuno diventa comune a quelli che
vivono
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2 ALTISSIMA l OVERTA
insieme con lui sympoliteuomenon) e lattivira energeia)della
Spirito santo in ciascuno si comunica a tutti glialtri ibid., 931).
Al contrario, chi vive da solo, anchese puo eventualmente avere un
carisma, lo rende inutileper v ia dell inoperosita. dia tes argias)
ed e come se loseppellisse dentro di se katoryxas en eautoi)
ibid.). Se,nella Regola dei quattro Padri, a sconsigliare la
solitudinesono invocati all inizio la dcsolazione dell eremo e
ilterrore dei moscri , subito dopa l cenobio e fondato,attraverso
rimandi scritturali, nella Ietizia e nell unanimi ta della vita
comune: volumus ergo fratres unianimesin domo cum iocunditate
habitare (VoGUE r, 1, p. r82). Lasospensionc temporanea dalla vi ta
comune excommurticatio ibid., p. 202) e a pena per eccellenza,
mentrel uscita dal monastero ex communione discedere) equivale,
nella Regula Macharii, a scegliere le tenebre infernaliin
exteriores ibunt tenebras - ibid , p. 386) . Ancora in
Teodoro Studica, il cenobio eparagonato a un paradisoparadeisos
tes koinobiakes zdes) e l uscira da esso equivale
al peccaro di Adamo. Figlio mio >> egli ammonisce unmonaco
che vuole ritirarsi a vita soli raria, in che modoSatana
arcimaligno ri ha scacdaco dal paradiso della vitacomune, proprio
come Adamo sedotto dal consiglio delserpente? (Ep. r, PG, 99,
938).Il tema della vita comu ne aveva l suo paradigmanegli Atti,
dove Ia vita degli apostoli e di colora che
perseveravano nel lora insegnamento )) e descritta intermini di
unanimit:l e di comunismo: Tutti i credenti erano nella scesso
(luogo) e avevano tutte le cos ein comune .. ogni giorno
perseverando unanimamen tehomothymadon) nel tempio, spezzavano l
pane in casa
e condividevano l cibo con gioia e semplicica.di cuoreAct., 2 ,
44-46); la moltitudine dei credenti aveva un
solo cuore e una sola anima; nessuno chiamava proprio
NASCITA DELLA REGOLA 2 I
cia che aveva, rna tutto era fra lora comune ibid., 4 ,32). E in
riferimenro a quesco ideale, che Agostino nellasua regola definisce
come prima scopo della vita mona-stica I abitare unanimi nella
stessa casa, con una solaanima e un solo cuore in Dio primum
propter quodin unum estis congregati, ut unanimes habitetis in
domoet sit vobis anima una et cor unum in Deo - AuG., Regu-la ad
servos dei, PL, 32, 1377). E Girolamo, che nel 404traduce da una
versione greca la regola di Pacomio, inun epistola si riferisce
espressamente al termine cop toche, nell originale, definiva coloro
che vivono in cornunita: coenobitae, quod illi sauses gentili
lingua vocant,nos in commune viventes possumus appellare (Ep.
22,14, PL, 22, 419).
Almena fino al rinnovamento monastico del secoloXI, che vede
riaccendersi con Romualdo e Pier Damiani la tensione fra cenobio e
eremo (C ALATI, p. 530),a primato della vita comunitaria su queHa
eremitica euna tendenza costanrc, che culmina nella decisione
delconcilio di Toledo (646), secondo la quale, con unevidente
inversione del processo storico che aveva portatodall anacoresi al
convento, nessuno puo essere ammesso alia vita eremitica, se prima
non epassato attraversoquella cenobiale. Il progetto cenobitico
edefinito allalettera dal koinos bios, dalla vita comune da cui
trae lnome, e senza di questa non puo essere in akun
modocompreso.
I :idea di una vita comune sembra avere un ovviosignificato poli
tico. Nella Politica Aristotele, che definisce Ia ci tta come una
comun ira perfe tta koinonia teleios- 1252b29) e si serve del
termine syzen, vivere insieme,per defini re Ia natura politica
degli uomini essi desidera-no vivere insieme - 1278 b 22), non
parla, pen), mai di un
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ALTISS IMA POVE RTAkoinos bios. La polis nasce, certo, in vista
del vivere tou zeneneka- 1252 b 30), rna la SUa ragion d essere e
Vivere bene to eu zen - ibid . Nellintroduzione alle lstituzioni
cenobi
tiche, Cassiana menziona come scapo del suo libra, accantoall
emendazionc dei castumi , anche la esposizione dellavita perfetta
(CASSIANO r, p. 30). Il monastero, come lapolis,euna camunita che
si propane di realizzare la (( perfezionedella v.ita cenob iale
perfectionem. .. coenobialis vitae- ibid.,p. 182). Nelle
Conlationes, C assiano distingue, pertanto, l.monastero dal cenobio
, perche monastero e solo l nomedi un luogo, cioe dellabitacola dei
man aci, ment re cenobiasignifica anche la qualidt e la disciplina
della stessa professione. Monasteria puo anche significare
labitazione di unsolo monaco, cena bio designa soltanto la
comunione unitadi molti che vivono insieme plurimorum cohabitantium
..unita communio) (CASSIANO 2, p. 22 ) . Il cenobio non nomi-na
soltan to un luogo, rna innanzitutto una forma di vita.
1. 5. a partire da questa tensione fra privata e comune, fr a
eremo e cenobio, che sembra essere stara elaborata Ia curiosa
articolazione tripartita o quadripartitadei genera monachorum, che
si trova in Girolamo (Ep.22) , in Cassiano (Conlationes, 18 , 4-8)
, nella lu nga di-gressione all inizio della Regola del maestro, in
Benedetto, e, in forme diverse, in Isidoro, Giovanni C lirnaco,Pier
Damiani e Abelardo fino ai testi dei canonisti. IIsensa di questa
articolazione, che, dopo aver distinto i
.cenobiti, in commune viventes, dagli anacoreti, qui
solihabitantperdesertum, oppone ad essi, come genere detestabile e
immondo , i sarabaiti (e, nella variance qua-dripartita, che diven
ta canonica a partire dalla Regola delmaestro e dalla regola
benedettina, i girovaghi), si chiarisce, turtavia, solo se si
cornprende che in questionenon e tanto lopposizione fra solitudine
e vita comune,
NASCITA D ELLA REG OLA 23
quanto quella, per cosl dire politica, fra ordine e disordine,
governo e anarchia, stabilita e nomadismo. Giain Girolamo e in
Cassiano l terzo genere (qualificatodi teterrimum, deterrimum ac
infidele) si definisce attraverso l fatto che essi vv no insieme in
due o tre, a Ioroarbitrio e comando suo arbitratu ac ditione) e
nonsopportano di esserc governati dalla cura e dal poteredell
abbate abbatis cura atque imperio gubernari) . PerIoro ribadisce la
Regola del maestro, 1 arbitrio de i desideri tiene luogo di Iegge
pro lege eis est desideriorumvoluntas-VoGuE 2, 1, p. 330); ess i
vivono Senza essere stati messi alia prova da alcuna regola nulltt
regu laadprobati - PRicoco, p. 134) .
In questa luogo comune dellomilet ica monastica >> (PENCO,
p. 506) che e a quadripa rtizione del generamonachorum, si tratt a,
cioe, di opporre ogni volta unacomunita ben governata allanomia, un
paradigma politico positivo a uno negativo. In questa senso, Ia
classificazione none affatto , com e stato suggeri to (CAPELLE,p.
309) priva di Iogica; piuttosto, com e evidente nellavariance
isidoriana, in cui i generi diventano sei, ognigruppo ha l suo
doppio o Ia sua ombra negativa, inmodo che essi si dispongono
puntualmente secondoun opposizione binaria tria optima reliqua vero
teterrima - IsmoRo , De ecclesiasticis officiis, 2, r6, PL,
83,794-799). In un illustrazione della Regola di Benedetto,
conservata nella biblioteca comunale di Mantova, lminiaturista
oppone icasticamente i due paradigmi: aicenobiti, esemplificati da
quattro monad che preganodevotamente insierne, e agli anacoreti,
rappresentati daun austero monaco solitario , corrispondono le
imma-gini deteriori dei sarabaiti , che camminano in direzion
iopposte voltandosi le spalle, e dei girovaghi , che ingur-gi tano
sem.a frtno cibi e hevand e. Una volta lasciata da
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2 4 ALTISSIMA POVERTA
parte 1 eccezione anacoretica, l problema del monachesimo sara
sempre pili quello di costituirsi e di affermarsicome una comunita
ordinata eben governata.
r. 6. L abitazione comune e l fondamenco necessaria del
monachesimo. Tuttavia neUe regale pitt an tiche,il termine
habitatio sembra indicare non tanto un sem-plice facto, quanta
piuttosto una virtu e una condizione spiricuale. Le virtt .t che
distinguono i fratelli, cioel abitazione e l obbedienza recita un
passo della Rego adei quattro Padri (Pmcoco, p. ro). Nello stesso
se nso, ilterminc habitare (frcquentativo di habeo) scmbra des
ignare non solo una situazione fattizia, rna un modo divita: la
Rego a de maestro puo, cosl, scabilire chc i chierici possono
dimorare anche a lungo come ospiti (hosp itessuscipiantur) nel
monastero, ma non possono abitarvi (in monasterio habitare), cioe
assunlere la condizionemonacale (VoGuE 2, n, pp . 342-346) .
nel contesto della vita monas tica, che il terminehabitus, che
signiflca in origine modo di essere o diag ire e, nella Stoa,
diventa sinonimo di vir tu (habitumapp ef amus animi aut corporis
constantem et abso utama iqua in re perfectionem -- Crc., lnv. ,
25, 36), tende sempre piu a des ignare il modo di vestire.
significativoche, quando ques ta accezione concreta del termine
comincia ad affermarsi in era postaugustea, non sia sempre facile
distinguerla dal senso piu generale, canto piliche 1 habitus era
spesso accostato alia veste, che era partein qualche modo
necessaria del modo di atteggiarsi .Se, quando leggiamo in Cicerone
virginai habitu atquevestitu ( t rr., 2 , 2, 87), Ia distinzione e,
insieme, la prossimi ta fra i due concerti sono perfertamence
chiare, nonealtrettanto sicuro che, nel passo di Q uintiliano in
cuihabitus sembra idencificarsi con veste (7heopompus La-
NASC ITA DELLA REGOLA 2 5
cedaemonis, cum p ermutato cum uxore habitu e custodiaut mulier
evasit .__ - QUINT., 2 , 17, 20) , il termine nonpossa riferirsi
piuttosto all aspetto e allatteggiamentofemminile nel suo
complesso.
Si ap ra ora i primo libro delle Istituz ioni cenobitichedi
Cassiano, l cui titolo recita: De habitu monachorum.Si tratta qui,
al di la di ogni possibile dubbio, di unadescrizione delle vesti
dei monad , che si presenta com eparte in tegrance della regola: Al
momenco di parlaredelle istituzioni e delle regole dei monas teri
(de institutisac regulis rnonas teriorurn) , quale inizio pili co
nvenienceche esordire dallo stesso abito monacale (ex ipso
habitumonachorum) ? CASSIANO r, p. 349) . Q ues ta uso deltermine
e, pero, reso poss ibile dal fa tto che le ves ti deimonaci, che
Cassiano enumera e descrive nei dettagli ,sono state sottoposte a
un processo di mora lizzazioneche fa di ciascuna di esse l simbolo
o lallegoria di unavirtu e di un modo di vita. Per questo,
descrivere Ia veste esreriore (exteriorem orna tum) equivarra a
esporre unmodo di essere inceriore (interio re cultum. _.
exponere-ibid.). L abito del monaco non concern e, infatt i, Ia
curadel corpo, rna e, piuttosto, morum fo rmula, esempiodi un modo
di vita (ibid., p. 4 2) . Cosl l piccolo cappuccio (cucu us) che i
monaci portano giorno e notre eun ammonimento a conservare in ogni
is tante l innocenza e la semplicita dei bambini (ibid.)_ Le
manichecorte della lora tunica di lino (colobion) significano
larinuncia a ogni at to e a ogni opera mondana (p. 44)(sappiamo da
Agos tino che le maniche lunghe - tunicaemanicatae - erano
ricercate come segno di eleganza). Lebretelle di lana che, passando
sotto le ascelle, mantengono le ves ti aderenti al corpo dei monad
, signi ficanoche essi sono pronti a ogni lavoro manuale (inpigri
adomnes opus exp icit p. 46). La mancellina (palliolus)
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6 ALTISSIMA POVERTA
o sopraveste (amictus) con cui si coprono il collo e lespalle
simboleggia l umilta . basto ne (baculus) ricorda loro che non
devono camminare inermi in mezzoalia moltitudine abbaiante dei vizi
(p. 48). I sandali(galticae) che mettono ai piedi significano che i
piedidellan ima devono essere sempre pron ti alia corsa spirituale
(p. 50).
Questa processo di moralizzazione dellabito raggiunge il suo
apice nella cintura di pelle (zona pellicia,cingulus che il monaco
deve sempre indossare: essa locosrituisce come soldato di Cristo ,
pronto a comb atcere in ogni circostanza il demonio (militem
Christi inprocinctu semper belli positum), e, nella stesso tempo,lo
i.scrive ii1 una gencalogia, gia attestata nella regola diBasilio,
che risale, amavcrso gli apostoli e Giovanni ilBattista, fino a
Elia e a Eliseo (p. 37) . Di piu: 'habituscinguli (che non puo
ovviameme significare
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8 ALTISSJMA POVERTA
gnificativo, se si pensa che do avviene in un momen-ta in cui il
clero non si distingue ancora atrraverso ilvestito dagli altri
membri della comunita . Possediamouna lettera di Celestino v del
428, in cui il ponteficeammonisce i chierici delle chiese
gallo-romane a non inrrodurre distinzioni nel vestiario, in
particolare att raver-so Ia cintura ( umbos praecincti, il che puo
far pensare aun' influenza monastica che il papa intende
contrastare).Non soltanto cio econtrario alla tradizione
ecclesiastica(contra ecclesiasticum moremfaciunt), mail papa
ricordache i vescovi devono distinguersi dal oro popolo
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3 ALT SSIM A PO VER.TA
In un altro scorcio, le vesti sacerdotali sono elenca-te,
secondo la metafora militare cara ai monad, comeuna panoplia di
armi nellalatta contrail male spirituale:
Primo, il sacerdote indossa i sandali come schinieri per-che
nessuna macchia lo comamini. Secondo, copre lcapo con l am ctus a
guisa di elmo. Terzo , 1 alba rivesretutto l suo corpo come una
corazza. Quarto, Ia cintura(cingulum) gli serve da area e l
subcinguium, che col-lega la stola alia cintura da farerra. Quinto,
la stola glicirconda il collo quasi scagliando una Iancia contro
lnemico. Sesto il manipolo gli serve da clava. Settimo, laplaneta
Ia copre come uno scudo, mentre la mano tieneun libro come una
spada ibid. , p. 179).Le prescrizioni delle regale sugli habitus
monacho-
rum, ~ e l l lora poverra e sobrieta, sono la staffetta
cheannuncia Ia codificazione gloriosa delle vesti liturgiche.Gli
uni e le altre sono accomunati dall essere segni e sa-cramento di
una realdt spirituale: Il sacerdoteabbia curadi non porrare mai un
segno senza significato o una vestesenza virtu, perche non diventi
simile a un sepolcro im-biancato di fuori, dentro pieno di ogni
sporcizia>>(ibid.).
1.8. Siamo abiruati ad associare la scansione cro-nometrica del
tempo umano alia modernita e alla divi-sione del lavoro nelle
fabbriche. Foucault ha mostratoche, alle soglie della rivoluzione
industriale, i dispositividisciplinari (le scuole, le caserme, i
collegi, le prime ma-nufacture reali) gia a partire dalla fine del
secolo XVIIavevano cominciato a dividere la durata in
segmenri,successivi o paralleli, per ottenere poi, attraverso la
com-binazione delle singole serie cronologiche, un
risu1tarocomple8sivo piu efficace. Benche Foucault menzioni l
NASCIT A DELLA R EGO LA 3 1
precedente convenruale, di rado e tato notato, tuttavia,che, qu
asi quindici secoli prima il monachesimo avevarealizzato nei suoi
cenobi, a fini esclusivamente morali ereligiosi, una scansione
temporale dell esistenza dei mo-nad, il cui rigo re non soltanto
non aveva precedenti netmondo dassico, rna, nella sua in
transigente assolutezza,non e tato forse uguagliato in alcuna
istituzione dellamodernita, nemmeno dalla fabbrica taylorista.
Hor ologium e l nome che, nella tradizione orienta-le, designa
significativamente illibro che con tiene lor-dine degli uffici
canonid secondo le ore del giorno e del-la notre. Nella sua forma
originaria, esso risale all ascesimonastica palestinese e siriaca
frail vn e l'vm secolo. Gliuffici della preghiera e della salmodia
vi sono ordinaticome un orologio , che segna l ritmo della
preghie-ra dell alba (orthros), del mattino (prima, terza, sesta
enona), del vespro ( ychnikon) e della mezzanotte (che, incerte
occasioni, durava tutta la notte: pannychi . Que-sta attenzione a
scandi re la vita secondo le ore.a costi -tuire 1 es istenza del
monaco come un horologium vitae,e anto piu sorprendente, se si
considera non soltanto laprimitivita degli strumenti di cui essi
disponevano , rnaanche il carattere approssimativo e variabile
della stessadivisione delle ore. Il giorno e la notte erano divisi
indodici parti (horae), dal tramonto del sole all alba. Leore non
avevano , pertanto, come oggi, una durata fissadi sessanta minuti,
rna, tranne agli equinozi variavanosecondo le stagioni, e quelle
diurne erano piu lunghe inestate (nel solstizio raggiungevano gli
ottanta minuti) epiu corte in inverno. La giornata di preghiera e
di lavo-ro era, dunque, in estate, l doppio di quella
invernale.lnoltre, gli orologi solari , che sono in quest'epoca la
re-gola, funzionano solo durante l giorno e con cielo sere-no, per
l resto del tempo l quadran te e cieco . Tanto
32 ALTISSIMA POVERTA
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piu l monaco dovra attenersi indefettibilmente all'esecuzione
del suo officio: Quando il tempo enuvolososi legge nella Regola del
maestro e l sole nasconde almondo i suoi raggi, tanto nel
monastero, che in viaggioo nei campi, i fratelli stimeranno il
rrascorrere del tempocalcolando mentalmente le ore perpensatione
horarum)e quale sia l'ora, compiranno illoro ufficio consueto,
eanche se sia in ritardo o in anticipo di un ora I opera diDio opus
Dei) non sara trascurata, dal momenta che,per l'assenza del sole,
l'orologio e ieco VoGUE 2, II, p.266). Cassiodoro (vi sec.) informa
i suoi monaci di averfatto istallare ncl cenobio un orologio ad
acqua, in mododa poter calcolarc lc ore anche durante la notte:
Nonabbiamo tollerato che voi ignoriate del tutto la misurazione
delle ore horttrum modulos), cos utile al genercumano. Per questa,
oltre all'orologio che funziona conla luce dd sole, nc abbiamo
voluto un altro idraulicoaquatile) , che misura Ia quandta delle
ore tanto di gior
no che di notre De institutione divinarum litterarum,PL, 70, n46
a-b). E quattro secoli piu tardi, Pier Da-miani invita i monaci a
trasformarsi in orologi viventi,misurando le ore colla durata delle
loro salmodie: IImonaco, se vuole calcolare le ore q uo tidiane ,
si abitu i amisurarle col suo can to, in modo che qu ando le nuvole
coprono l cielo, si costituisca u na specie d i orologioquoddam
horologium) con la d urata regolare delle sue
salmo die De perftctione monachorum, P L, 145 315 c-d).In ogni
caso, alia scansione del ritmo delle ore
provvedo no, so tto la responsabilita dell abb ate, degliappos
iti incaricati significatores horarum, li ch iama PierDami ani ; C
ass iano e la Regola del maestro semplicem en-te conpu lsores e
excitantes), Ia cui importanza non puoessere sopravvalu tata: II
segnaore deve sapere che nessuna d iment icanza nel mo nasterio
epiu grave della su a.
NASCITA D E LLA REGOLA 3 3
Se egli anticipa o ritarda 1 ora di una riunione, tutta
lasuccessione delle ore e urbata>> ibid.).
I due monad che , nella Regola del maestro, hannail compito di
svegliare i fratelli (e, innanzitutto, l ab-bate, tirandolo
leggermente per i piedi, mox pulsantespedes- VoGuE 2, II, p. 172)
svolgono una funzione coslessenziale, che, per onorarli, la regola
li chiama vigigalli )), galli sempre desti (cos grande e presso l
Signorela ricompensa di coloro che desrano i monaci
all'operadivina, che Ia regola per onorarli l chiama
vigigallos>>- ibid., p. 170). Essi dovevano disporre di
orologi ingrado di segnare le ore anche in assenza del sole, p
ercheIa regola ci in forma che era Ioro cura guardare I
orologiohorolegium, secondo l ctimologia medievale, quod ibi
horas legamus) di notte non meno che di giorno in nocteet in die
- ibid.).1.9. Quali che fossero gli strumenti per misurare
le ore, e cerro che tuna Ia vita del monaco emodellarasecondo un
'implacabile e incessante articolazione tem-porale. Assumendo Ia
direzione del monastero costantinopolitano dello Stoudion, Teodoro
Srudita descrivecon queste p arole l'inizio della giornata
conventuale:
Trascorsa la seconda custodi a della none o do po 1 orase3 ta al
m omento in cui sta per corninciare la settima,squilla l segnale
dell'o rologio ad acqua piptei tou ydrolo-giou to syssemon) e a
questa suono il risvegliante afipni-stes si alza e percorre le
celle co n la lucerna, destando ifratelli alla dossologia
mattutina. Istantanearnente r intoccan o i legni su e giu e mentre
al segnale tutti i fratellisi riuniscon o nel n artece e pregano in
silenzio, il sacerdo te con in mano il tu ribolo incensa l sacro
bema ..Descriptio constitutionis monasterii Studi, PG, 99, 1703)
.
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34 ALTISSlMA POVERTA
11 cenobio e, in questa sensa, innanzitutto unascansione oraria
in tegrale dell'esis tenza, in cui a ognimomenta corrisponde l suo
ufficio, cosl di preghierae di lettura che di lavoro manuale.
Cerro, gia Ia Chiesa primitiva aveva elaborato una liturgia delle
ore e, incondnuita con Ia tradizione della sinagoga, Ia
Didacheprescriveva ai fedeli di riunirsi per Ia preghiera tre
voiceal giorno. La Tradizione apostolica, attribuita a Ippolito(m
sec.), svolge e articola questa consuetudine legandole ore della
preghiera agli episodi della vita di Cristo.Alla preghiera della
terza ora( a quest'ora Cristo tatovi.sto appeso alia croce-
IPPOLITO, p. 90), della sestac della nona () che egli dedica alia p
reghiera, in cui Ia continuid.dell 'orazione definisce Ia stessa
condizione monacale:Tutto il fine del monaco e Ia perfezione del
suo cuoreconsiste nella continua e ininterrotta perseveranza
nellapreghiera iugem atque indisruptam orationisperseveran-tia)
(CASSIANO 2, p. 40), e Ia ((sublime disciplina delcenobio e quella
che < ci insegna a aderire a Dio senzainterruzione Deo iugiter
inhaerere) ibid, p. 83). Nella Regola del maestro, I'arte santa
>) che il monaco apprende deve essere esercitata notte e giorno
incessantemente die noctuque incessanter adinpleta - VoGOE2, I, p.
372) .
Non si potrebbe dire in modo pili chiaro che l'ideale monacale
equello di una mobilitazione imegrale dell ' esistenza attraverso l
tempo. Mentre la lirurgiaecclesiastica divide la celebrazione
dell'ufficio dal lavoro e dal riposo, la regola monastica, com'e
evidencenel passo citato delle lstituzioni di Cassiano, considera1
opera delle mani come parte indiscernibile dell'opusDei. Gia
Basilio interpreta la frase dell' apostolo (sia
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3 6 ALTISSIMA POVERT
che beviare, sia che mangiate, qualunque cosa facciate, farelo
per la gloria di Dio - Cor., 10, 31) comeimplicame una spiri
tualizzazione di tutta l attivita delmonaco. No n sohanto, in
questo modo , tu tta la vitadel cenobio si presenta come l
esecuzione di un operadivina , rna Basilio ha cura di moltiplicare
gli esempitratti da avoro manuale: come il fabbro, mentre barreil
metallo, ha in mente Ia volonta del commirrente, cosiil monaco
esegue con cura ogni sua azione, piccola ogrande pasan energeian
kai mikran ?ai meizona) , perche e consapevole in ogni istame di
fare la voloma diDio Regulae fosius tractatae, PG, 31, 921-923) .
Anche nelpasso della Regola del maestro in cui gli uffici divini
sonochiaramente distimi dai lavori manuali (opera corporalis- VoGU
2, II , p. 224), questi ultimi devono, pero, cssereeseguiti con la
stessa atrenzione con cui si eseguono iprimi: mcntre il fratello
esegue un lavoro manuale, devefissa re I attenzione nellopera e
occupare la mente dumoculis in laboris opere figit, inde sensum
occupat- ibid.,p. 222); non sorprende, quindi, che gli exercitia
actuum,che si alternano con l ufficio divino, siano definiti
pocopiu sotto un opera spirituale spiritale opus - p. 224) .La
spiritualizzazione dell opera delle mani che in questomodo si
realizza puo essere vista come un precursoresignificativo di quell
ascesi prorestante del lavoro, dicui il capitalismo, secondo Max
Weber, rappresenta lasecolarizzazione. E se Ia liturgia cristiana,
che culminanella creazione dellan no liturgico e del cursus
horarum,e stata efficacemente definita una santificazione deltempo
>>, in cu i ogni giorno e ogni ora viene costituitacome un
memoriale delle opere di Dio e dei misteddi Crisco RIGHETTI , p.
1), il progetto cenobitico puoessere invece pili precisamente
definito come una santificazione della v t ~ attraverso il temp
o.
NAS CITA DELL A REGOLA 3 7
La continuita della scansione temporale, imeriorizzata nella
forma di una perpensatio horarum, di un articolazione mentale dello
scorrere delle ore, divema quil elemem o che permette di agire
sulla vita dei singolie della comunira con un efficacia
incomparabilmentemaggiore di quella che poteva raggiungere la cura
di sedegli stoici e degli epicurei. E se noi siamo oggi
perfettamente abituati ad articolare Ia nostra esistenza
secondotempi e orari e a considerate anche la nostra vita interiore
come un decorso temporale lineare omogeneo enon com e un alternarsi
di un ita discrete ed eterogeneeda misurare secondo criteri etici e
riti di passaggio, nondobbiamo tuttavia dimenticare che enel lo
horofogiumvitae cenobitico che temp o e vita sono stati per Ia
primavolta intimamente sovrapposti fino quas i a coincidere.
1.10. Nella letteratura monastica, il termine tecnico per questa
mescolanza e quasi ibridazione fra lavoromanuale e preghiera, fra
vitae tempo, emeditatio. Baehrha dimostrato che questo termine non
significa medirazione nel senso moderno, bensl designa in origine
la recirazione a memoria (solitaria o comune) delle Scritture, in
quanto distinta dalla let tura lectio) . Nella vi ra diPacomio, l
abbate Palamon, a cui il futuro fondatore delcenobio si e rivolto
per essere in iziato al monachesimo,menziona, come dovere
fondamemale accam o al digiuno, la meditazione costante: Io
trascorro meta dellanotte in preghiera e in meditazione della
parola di DioBACHT, p. 250). Ne lle regale del successo re di
Pacomio,
Ho rsiesius, Ia medltazione e definita come una riccaprovvista
di tes ti memorizzati ibid., p. 249) e, se nonsi emedirato
suffidentemente durante la norte, si prescrive Ia meditazione di
almeno died Salmi ibid.) .E noto come a partite dal IV secolo si
diffonda la
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pratica della lettura silenziosa, che Agos tino osserva
constupore nel suo maestro Ambrogio. Mentre leggevascrive Agostino
Conf, 6, 31 Nella stesso sensa, leregole di Horsiesius precisano
che quando il monacolascia a collecta, deve meditare mentre cammina
finoalla sua abitazione, anche se sta facendo qualcosa che riguarda
il convento > e aggiunge che solo in questa modoverranno
osservati precetti vi ali>> ibid., p. 249).
La perpensatio horarum e la meditatio sono i duedispositivi
attraverso i quali, ben prima della scopertakantiana, il tempo
ediventato di fatto la forma del senso interno: alia minuziosa
regolazione cronologica diogni atto esteriore corrisponde un
altrettanto puntigliosa scansione temporale del discorso
interiore.
I I L espressione precetti vi ali , che si trova perla prima
volta nella traduzione di Girolamo della regola
NASCITA DELLA REGO LA 3 9
di Pacomio haec sunt praecepta vitalia nobis a maioribus tradita
- ibid , p. 83), acquista l suo sensa pregnante solo se si
comprende che essa si riferisce alla regolain quanta , attraverso
Ia pratica della medi tazione, deUascansione temporale e della
preghiera incessante, puocoincidere npn con I osservanza di singoli
precetti, rnacon l intera vita del monaco (in questa senso, essa
sioppone tacitamente ai praecepta legalia del giudaismo) .La
meditazione, che puo accompagnarsi a qualsiasi attivita, e in
questo senso, anche il dispositive che permetre la realizzazione
della pretesa totalitaria dell istituzione monacale.
Decisive e pero, che, in questa modo, Ia regola en-tri in una
zona di indecidibilita rispetto alia vita. Unanorma che non si
riferisce a singoli ani ed eventi, rnaall intera esistenza di un
individuo, alia sua forma vivendi, non epiu facilmente
riconoscibile come diritto,cosl come una vita che si istituisce
nella sua imegralita nella forma di una regola non epiu veramente
vita.Circa otto secoli dopo, Stefano di Tournay puo cosl riprendere
e in qualche modo parafrasare la formula pacomiana praecepta
vitalia scrivendo che, dal momentache l libretto libellus) che
contiene le costituzionidei Granmontani non echiamato da essi
regola, rnavita non regula appellatur ab eis sed vita), essi
dovrebbero allora, per differenziarsi da colora che, in
quantaosservano la regola, si dicono regolari , essere
chiamatipiuttosto vitali vitales) (Ep. 71, PL, 2n 368). Come
ipreceni, non piu separabili dalla vita del monaco, cessano di
essere legali >, cosl i monad stessi non sarannopiu regolari ,
rna vi tali .
Nella Scala claustra/is di Bernardo, la scala attraversola quale
i monad sono sollevati dalla terra in cielo compor-
4 ALTISSIMA POVERTA
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ta quattro gradini: la lertura lectio), che appres ta alia bocca
quasi un solido cibo Ia meditazione, che lo mastica erompe>>
masticatetfrangit) , Ia preghiera oratio), che senteil
sapore>>, Ia contemplazione, che e Ia stessa dolcezza
cheristora c rende gioiosi (PL, r84, 475).
Gunter Bader ha mostrato come, agli inizi del monachesimo, la
letcura si presenta come il rimedio per ecceJlenzacontro il
terribile male che affiigge monad e anacoreti: 'acedia. Con una
curiosa circolarita, questa sana di carastrofeantropologica che
minaccia a ogni istante gli homines religiosisi presenta, tuttavia,
anchc come cio che rende impossibile Ialcttura. Sc il monaco
accidioso recita il De octo spiritibusmalitiae di san Nilo (cap.
xrv) Iegge, s' interrompe inquietoe, un minuro dopo, scivola nd
sonno; si sfrcga Ia faccia con lemani, distcndc le di ta c, tolti
gli occhi dallibro, va avanti perqualche riga, ribalbettando la
fine di ogni parola che Iegge; e,in tanto, si riempie Ia testa con
calcoli oziosi, con ta il numcrodelle paginc c i fogli dci
quaderni; e gli vengono in odio lelerrere c Ie belle miniature che
ha davanti agli occhi finche, daultimo, richiude illibro e lo usa
come un cuscino per la suatesta, cadendo in un sonno breve c
profondo ..
Nell 'ancddoto di Antonio rifcrito da Evagrio, il superamento
dell'acedia si presenta come uno stadio in cui Ia natura stessa si
prescnta come un libra e la vita del monacocome una condizione di
assoluta e ininterrotta leggibilita:" Un saggio si reco a visitare
il giusto An ton io e gli disse: "Padre, come puoi fare a meno del
conforto dei libri ? "II miolibra" rispose Antonio "e Ia natura
delle case generate ed essoedisponibile ogni volta che voglio
leggere le parole di Oio" ,(BADER, pp. 14-15). a vita perfetta
coincide con Ia leggibil.iradel mondo, il peccato con
l'impossibilita di leggere (col suodiventare illeggibile).
2. Regola e Iegge
2 .1. Tanto piu urgente e, a questo punto, porre ilproblema
della natura giuridica o meno delle regolemonas tiche. Gia i
giuristi e i canonisti, che pure sembrano tener como neUe loro
raccolte dei precetti dellavita monastica, si erano chiesti, in
certi casi, se il dirittopotesse essere applicato a un fenomeno
cosl particolare.Cosl, nel suo Liber minoriticarum, Bartolo, a
proposirodei francescani, nello stesso gesro in cui riconosce chei
sacri canones si erano occupati di essi circa eos multasenserunt,
ma I edizione veneziana del 1575 ha sanxerunt,sancito, leg iferato
, afferma senza rise rve che coslgrandee la novita della loro vita
cuius vitae tanta est no-vitas), che il corpus iuris civilisnon
sembra poters i applicare ad essa quod de ea in corpore iuris
civilis non reperi-tur authoritas) (BARTOLo , p. r o v). Nello
stesso senso,la Summa aurea di Hostiensis evoca la difficolra per
ildiritto a includere nel proprio ambito di applicazionelo status
vitae dei monad non p osset defocili status vitaeipsorum a iure
comprehendi). Anche se le ragioni del disagio sono diverse nei due
casi - per Bartolo, il rifiutofrancescano di ogni diritto di
propriera, per Hostiensis,la molreplicira e Ia varieta delle regale
diversas habentistitutiones) - l'imbarazzo dei giuristi tradisce
una difficolra che concerne Ia peculiarira della vita
monasricanella sua vocazione a confondersi con la regola.
4 ALTI SS IM A PO VERTA REGOLA E LEGGE 4 3
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Yan Thomas ha mosrrato che, nella tradizione deldiritto romano,
Ia norma giuridica non si riferisce maiimmediatamente alla vita
come realdt biograficaplessiva, rna sempre alla personalita.
giuridica comecentro d imputazione astratto di singoli at ti o
eventi. e l l e i [la personali ta giuridica] sert a masquer i n d
ividualite concrete derriere une identite abstraite, deuxmodalites
du sujet dont les temps ne peuvent pas seconfondre, puisque la
premiere est biographique et laseconde est statutaire (THOMAS, p.
136). La f i o r i t u ~ra delle regale monastiche a partire dal v
secolo, conIa oro minuziosa regolamentazione di tutti i
dettaglidell'esistenza, che rende a una indecidibilita di
regulaevita, costituisce, secondo Thomas, un fenomeno s o s t a
nzialmente estraneo alia tradizione giuridica romana e aldiritto
tout court:
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la benedettina gli sia proibito di partecipare al pastocomune a
mensaeparticipationepriv tur) . .. all oratorionon intoni con gli
altri ne un salmo ne unantifona enon reciti la lettura fino all
espiazione. Prenda l cibo dasolo, dopo l pasco dei fratelli. ..
fino a quando ottenga lperdono con unadeguata penitenza (PRICOCO ,
p. 188 .A colpe piu gravi, corrisp.ondera I esclusione da
ognicontatto con i fratelli , che ignoreranno Ia sua presenza:
Nessuno lo benedica ne sia benedetto l cibo che gliviene data ..
Se un fratello osera avere con tatti o parlarecon un fratdlo
scomunicato o inviargli un messaggioscnza l autorizzazionc
dellabbatc subisca la stessa scomunica ibid, p. 191. Nel caso di
recidiva, si procedera allapplicazione di pene corporali e, nel
caso estremo,all cspulsionc dal monastero: Sc i fi-atelli
scomunicatisi mostrano orgoglios i e, perseverando nella
superbiadel cuore, non vorranno dare soddisfazione all abbate,al
tcrzo giorno, allora nona, saranno imprigionati e frusrari fino al
sangue c, sc I abhate lo giudichcra. opportu-ne , saranno espulsi
dal monastero (Vo E2 , 11, p. 47).ln alcuni monasteri, sembra
essere perfino previsto unlocale adibito a prigione career), in cui
venivano isolaticoloro che erano incorsi neUe colpe piu gravi: II
monaco che molesta i bambini o gli adolescenti recita laregola di
Fruttuoso, cosrretto con catene di ferro, sarapunito per sei mesi
nel carcere carcerali sex mensibusangustia maceretur) )) (OHM, p.
149).
E, tuttavia, non soltanto la pena non eprova sufficiente del
carattere giuridico di un precetto, rna le regolestesse, in unepoca
in cui le pene avevano un carattere essenzialmente affiittivo,
sembrano suggerire che lapunizione dei m onad ha un significato
essenzialmentemorale ed emendativo, paragonabile alla terapia
prescritta da un medico. Al momenta di stabilire la pena
della scomunica, la regola di san Benedetto precisa coslche 1
abbate deve avere una cura particolare dei fratelliscomunicati:
I.:abbate si prenda cura con ogni sollecitudine dei fratel li
colpevoli, perchc non sono i sani ad aver bisogno delmedico, rna
gli ammalati. E percio deve servirsi di ognimezzo come il medico
sapience e inviargli dei s e n p ~smi, cioe dei fratelli anziani e
saggi che quasi di nascostoconsolino il fratello esitante, lo incit
ino a espiare conumild c lo consolino perche non sia sommerso da
unatristezza eccessiva (PRicoc o , p. 193 .A questa metafora
medica, fa riscontro in Basilio
l iscrizione dell obbligo dellobbcdienza non nell brizzonte di
un sistema legale, ma in quello piu neutraledelle regole di unars o
di una tecnica. A colui checede all esercizio delle arti si lcgge
nel capitola 41 della sua regola, dedicato all autorita e all
obbedienza)>,non si deve permettere che apprenda quella che
vuolesecondo il suo arbi trio , rna guella per cui estato giudicato
piu adatto; l monaco che ha negato se sresso e sie spogliato di
ogni sua volonta non fa quel che vuole,ma quello che g li si
insegna a fa re .. Co lui che esercitaunar te con l app rovazione
della comunita non deve abbandonarla, poiche eprova d incostanza e
debolezza diproposito non tener con to dei compiti presenti; se
nonI esercita, non scelga da se, rna accetti quella che e
tatadecisa dagli anziani, in modo da osservare in ogni cosal
obbedienza R gul fosius tractatae, P G, 31, 10 22 .
Nella R gola del m stro , quella che in Bas ilio eraunanalogia
ri ferita soprattutto al lavoro manuale deimonad diventa la
metafora che definisce tu tta la vitae la disciplina mo nas tica,
concepita sorp rendentemen-
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te come 1 apprendimento e 1 esercizio di un ars sancta.Dopa aver
elencato tutti i preceni spirituaJi che l'abbate deve insegnare, Ia
regola conclude: Questa e1artesanta che dobbiamo mettere in opera
con gli strumentispirituali ecce haec est ars sancta, quam
ferramentis de-bemus spiritalibus operari) (VoGUE 2, 1, p. 372).
TuttaIa terminologia della regola e n ques ta registro t e c n i c
~che ricorda il vocabolario delle scuole e delle bottegheta
rdoantiche e medievali. II monastero edefinito officinadivinae
artis: ll mo nastcro c ['officina, in cui gli stru-menti del cuore
disposti nella clausura del corpo possono compiere l opera dell
'ane divin a ibid., p. 380).L'abbate c artifex di un'arte, l cui
ministero ecom-piuto non per se stcssi, rna per il Signore (p.
362). Lostesso termine magister, chc designa colui che parla
neltesta, va vcrisim ilmenre ri ferito al magistero di unars.Non si
porrebbe dire piu chiarameme che i precerti chel monaco deve
osservare assomigliano piuttosro aile re
gole di un'arte che a un dispos it ivo legale.Jl paradigma
dell'ar.r ha esercitato un ' influenza non tra
scurabile sui modo in cui i monaci conccpiscono no n soltant o
lc rcgolc, ass im ilate aile regale di unars, ma anche laoro stessa
attivita. Cassiano, nelle Conlationes, pa ragonacosl la professione
della vita monastica allapp rendimcnto diun'arte: Chiunque voglia
conseguire perizia in un 'arte egliscrive a proposito di coloro che
vogliono abbracciare Ia vitamonastica, Se non si dedica con ogn i
cura e vigilanza allostudio de lla d isciplina che desidera
conoscere e non osserva iprecetti e le regale dei maestr i perfetti
di quell'attivim, invano cerchera di uguagliare coloro Ia cui cura
e industria rifiutadi emulare (CASSIANO 2, p. 12) .
Abbiamo mostrato altrove che una analoga comparazione con il
madello de lle an i (tanto con le artes in effictu,
che si realizzana in un'opera, che con le artes actuosae, comela
danza e l teatro, che hanno in se stesse il laro fine) e
tataimportante in reologia p er determinare lo statuto
dell'azianeliturgica (cfr. AGAMBEN I , II, 8).
In questa senso, l monastcro e orse l primo luogo incui la vita
sressa - e non saltanto le tecniche ascetiche che Iaformano e
regolan esta ta p resentata come una rce . Que-sta analogia non
deve essere in tesa, tuttavia, nel sensa di unaestetizzazione de
ll'es istcnza, qu anto pi uttosta in quello, chesembra avere in men
te Michel Foucault negli ul timi scrit ti,di una definizione della
propria vita in relazione a una pratica incessante.
2.3. Il carattere del tutto part icolare dei prece tt imonasrici
e della lora trasgressione emerge con fo rza inun aneddoto della vi
ta di Pacomio, conten uto nel -ticanus Graecus 209I. Vogi.ie, che
ha attirato l'attenzionesu ques ta testa, lo fa risalire a una
versione piu anricadella biografia di Pacomio, testimonianza dei
primordi del cenobio orientale. l:aneddoto riferisce che, nelcorso
di un litigio, un fratello ha colpito un altro, cheha r isposto
alla violenza con un colpo uguale. Pacomioconvoca i du e mo nad
alia presenza di tutta Ia comunitae, dopa ave rli inte rrogati e
ottenuro la oro confess ione,scaccia colui che aveva colpito per
primo e scomunicaI' altro per una settimana. Ment re il pr ima
fratello veniva ~ o n o t t o fuori dal monastero recita I aneddoto
unvecchio venerabile di ottant'anni, di no me Gnositheo,che,
conformemente al suo nome, possedeva Ia scienzadi Dio, si fece avan
ti e grido ai fratelli: "A.nch' io sonoun peccarore e me ne vado
con lui. Se qualcuno e enzapeccato, resti pure qui". Tutti i
fratelli, unanimi, segui
. rono il vecchio dicendo: "Anche no i siamo peccarori eandiamo
con lui". Vedendoli uscire, l beato Pacomio
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corse davanti a loro, si getto a terra con il viso contrail
suolo, si cosparse il capo di polvere e chiese perdonoa tutti. Dopo
il ritorno di tutti i fratelli, compreso ilcolpevolc, Pacomio,
rientrato in se, pensa: Se gli assassini, gli adulteri e colora che
si sono resi colpevoli di unpeccato si rifugiano nel monastero per
trovarvi salvezza attraverso la penitenza, chi sono io, per
scacciare unfratello? (VoGuE 3, pp . 93-94). E non solranto un
episodio analogo eamibuiro negli Apophthegmata patrumallabbate
Bcssarionc PG, 65, I4I b), rna ancora la Regoladi lsidoro (cap. xv)
ribadi.sce che il monaco delinquentenon devc essere espulso dal
monastero, perche coluiche poteva emendarsi attravcrso unassidua
penitenza,una volta scacciato, non sia divorato dal demonio .
Canalogia, a prima vista plausibile, fra il giudiziodell abbate
e un proccsso penalc perde qui ogni credibHica.
2-4- Al problema della natura giurid.ica delle regolcmonastiche
ha dedicato una monografia Candido Mazon. La conclusione a cui egli
giunge dopo un ampiaJisamina del testo delle rcgole, tanto
orientali che occidentali, eche esse non erano vere leggi o
precetti nelsenso stretto del termine e che, tuttavia, nemmeno
fossero riducibili a mcri consigli, che lasciavano ai monadliberta
di seguirli o meno MAZON , p. r7r) . Si trattava,secondo Mazon, di
normc di carattere eminentementedirettivo , il cui scopo non era
tanto di imporre degliobblighi, quanta di dichiarare e mostrare ai
monacigli impegni che ess i avevano contratto, dato il genere
divira che avevano professato ibid.).
La soluzione e cosl poco soddisfacenre che I au ore, non
riuscendo a prendere partito fra coloro che sostengono la natura
giuridica delle regale e coloro che
le riducono a semplici consigH, finisce col considerarlecome una
sorta di ibrido, qualcosa che va al di la di unconsiglio, rna non
giunge a essere legge in sensa proprio)) ibid., p. 312).
Affermando questa tesi certamente non perspicua,l autore non fa
che cercare una soluzione di compromesso a una questione che aveva
diviso la scolastica frail XII e il XVI secolo. Non e qui il luogo
di ricostruirela storia di questa dibattito, che coinvolge, fra gli
altri,personalita come Bernardo di Chiaravalle, Umberto deRomanis,
Enrico di Gand, Tommaso d Aquino e Suarez,e in cui e n gioco il
problema del caranere obbHgatoriodelle regole. Ci soffermeremo su
tre momemi, in cui ilproblema emerge alia luce secondo tre diverse
modalitae trova ogni volta una soluzione che ne mette a fuoco
unaspetto significativo.
prima momenta e l commenro di Umberto deRomanis alia regola
agostiniana, e, in particolare, aliafrase haec igitur sunt quae ut
observetis praecipimus inmonasterio onst tu t , con cui Agostino
introduce le sueprescrizioni. Il problema, che Umberto espone all
inizio nella forma tradizionale di una quaestio, e se tuttocio che
e contenuto nella regola sia n praecepto > (sia,doe,
obbligatorio - ROMANIS , P ro). problema edoe, quello della
relazione fra regula e p r e eptum. Sequesta relazione e pensata
come coincidenza, alloratutto cio che e nella regola e precetto: e
Ia posizionedi coloro che, nelle parole di Um bert a , ritengono
che,nella fras e di Agostino, il pronome dimostrativo haec
indica tutto cio che enella regola )) demonstrat omniaquae sunt
in regula - ibid.). A questa tesi rigorista- chetrovera il suo
campione in Enrico d.i Gand ,_ Umbertocontrappone Ja posizione di
coloro che sostengono Janon coincidenza di regola e precetto , o
nel sensa che
50 ALTISSJMA POVERT REGO LA E LEGGE 5J
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I obbligatorieta si riferisce all osservanza della regola
ingenerale e non ai singoli precetti observantia regulae estin
praecepto, sed non singuia quae continentur in regula)ovvero - e
questa e a tesi che egli professa- che l intenzione del santo fos
se di obbligare a J'osservanza di queitre precetti essenziali che
sono l obbedienza, Ia castita el umilra e non a tutto io che
riguarda Ia perfezione delmonaco. Come, infatti, nel Vangelo si
deve distinguerefra prescrizioni che hanno sia Ia forma che l
intenzione del precetto modum et intentionem praecepti), comeil
comandamemo dell amore rcciproco, altrc che sonoprecctti nell
intenzione, rna non nella forma (come ilprecetto d i non rubare), e
altn\ infine, chc sono talineiJa furrna, rna non nell intenzione,
cosl di devc pensare che un uomo saggio come Agostin.o 1 il
preceno, dando in questa modo occasionedi dannazionc a coloro che
crano venuti alta regola pertrovare la salvezza (p. 13) . ln un
altro tesro, Umberto siriferisce ai tre prececti obbligarori
(obbcdicnza, castita,umilta) come ai tria substantialia e in questa
formulazione abbrcviata Ia sua tesi si impose aHa maggioranzadei
teologi e dei canonisti. Ncl suo commento allibroterzo delle
Dccretali, Hostiensis la enuncia in questomodo: La rcgola enel
prccctro, ma io che dice sull osservanza della regola, deve essere
inteso come riferitoindistimamente ai tre sostanziali. Tutre le
altre cose chesono con enure nella regola non riteniamo che siano
nelprecetto, altrimenti a stento un monaco su quattro porrebbe sa
lvarsi (MAZON, p. 198) .
2.5. Un alrro modo di porre il problema dell obbligatoriedt
della regola non riguarda la relazione fra regola e precetto , rna
la natu ra stessa dell obbligo, che puo
essere d culpam, nel senso che Ia rrasgressione produceun
peccaco mortale, o sol anto dpoenam, nel senso chela trasgressione
implica una pena, rna non un peccatomortale. E n questa contesto
che il problema assume laforma tecnica del carattere giuridico o
meno (piu esattamente: legale) delle regole.
Il prima a formulare tematicamente il problemadell esistenza di
leggi puramente penali e Enrico diGand. E lo fa nella forma
canonica di una quaestio chechiede se si possano trasgredire
precetti penali senzacommettere un peccato, purche si sconti la
pena stabilita per Ia loro rrasgressione ibid., p. 247). L
esempioevocato equello d i una regola monastica, che proibisca di
parlare dopo la compieta. La formulazione deldivieto puo avvenire
in due modi: o stabilendo primail divieto legale nulius loquatur
post Completorium), facendolo poi seguire da una sanzione penale si
aliquispost Completorium loquatur, dic tseptem Psalmos
poe-nitentiales); oppure formulando insieme losservanzae la pena
quicumque loquatur post Completorium di-cet septem Psalmos
poenitentiales). E solo nel secondocaso, e qualora si accerti che l
intenzione dellegislatorenon era di escludere ogni possibilita di
trasgressione,rna solo di fa r sl che la trasgressione non si
producasenza un motivo ragionevole, che si puo parlare di
unatrasgressione senza colpa e, conseguentemente, di unaIegge
meramente penale.Esignificative che soltanto nella scolastica piu
tar-da, a partire dal secolo XVI, il problema, appena evocato in
Enrico di Gand, si trasformi nel problema dellana tura legale delle
regole religiose. II campo si divideraallora fra colora che, come
Pedro de Arag6n, affermanoche, dal momenta che una Iegge deve
obbligare tanto dculpam che d poenam, le regole dei rel igiosi non
sono
52. AL I ISSIMA POVERTA REGOLA I LEGGE 53
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vere leggi, rna piuttosto ammonizioni o consigli proprieloquendo
non sunt leges sed potius quaedam decreta hominum prudentum,
habentia vim magis consilii quam legisibid., p. 269) e coloro che,
come Suarez, sostengono
che, poiche le leggi possono obbligare anche soltantoalia pena,
le regale non sono consigli, rna vcre e proprieleggi item qui sunt
actus iurisdictionis et superioris im-ponenti necessitatem aliquam
sic operandi, ergo exceduntm.tionem consilii - p. 282).
2.6. II problema del rapporto fra regale e dirittoecomplicaco da
l fatto chc, a partite da un certo me mento, la professione di vita
monastica si associa aliapromcssa di un voto. ll voto e un
istituto, che, comeil giuramenro, appartiene verisimilmente a
quella sferapitl arcaica, in cui c mpossibile distinguere fra
diritto ereligione, che Gerner chiamava impropriamente prediritto '
I suoi caratteri essenziali i sono noti attraversole tcstimonianzc
romanc, nel cui contesto esso apparecome una forma di consacrazione
agli dei sacratio), ilcu i prototipo e nella devotio attraverso cui
il consoleDecio Mure alia vigilia della banaglia decisiva
consacrala sua vita agl.i dei infernali per ottenere Ia vittoria.
Og-getto della consacrazione puo anche essere una
vittimasacrificale, che vicnc immolata a condizione di
ottenerel'esaudimenco di un desiderio.
II voro - scrive Benveniste - nella religione romana eoggetto di
una stretta regolamenrazione. Occorre innanzituno Ia nuncupatio, la
pronuncia solenne dei voti,affinche la devozione sia accettata dai
rappresentantidello Stato e della religione nelle forme solenni.
Occorrepoi formulare il voto, votum concipere, conformandosia un
certo modello. Questa formula, di competenza del
sacerdote, deve essere ripetura esattamente dal
votante.I.:autoridt puo a questa punto accertare il voto,
sanzionandolo con l' autorizzazione ufficiale: votum suscipere.Una
volta accettato il voto, veniva il momento in cuil'interessato, in
cambio di cia che chiedeva, doveva eseguire la sua promessa: votum
solvere. Infi.ne, come inogni operazione del genere, erano previste
sanzioni nelcaso in cui l'impegno non fosse mantenuto: colui chenon
aveva compiuto Ia promessa era voti reus perseguito come tale e
condannato: voti damnatus (BENVE-NISTE, p. 237) .Piu esattamente,
colui che pronuncia il veto, piu
che essere obb ligato o condannato all 'esecuzione, diventa,
almena nel caso estremo della devotio del console,un homo sacer la
cui vita, in quanta appartiene agli deiinferi, non epili veramente
tale, rna dimora nella sogliafra la vitae la morte e puo, percio,
essere impunementeuccisa da chiunque.
Inmilmente si cercherebbero un simile formalismoe una simile
radicalira nelle rega le m onastiche dei primi secoli. La
monografia che Catherine Capelle ha dedicate al voto nel 1959
mostra che proprio su l sensa, lanatura e la stessa esistenza di un
voto monastico regna,tanto nelle fonti piu antiche che negli autori
moderni,la piu grande confusione. lnnanzitutto terminologica,sia
per la molteplicita dei vocaboli {professio, votum,propositum,
sacramentum, homologia, syntheke) che perl' incostanza del oro
significate, che varia da condot-ta a dichiarazione solenne , da
preghiera e giuramento a dcsiderio CAPELLE, pp. 26-32). Ne Basilio,
ne Pacomio, ne Agostino sembrano voler legare Iacondizione
monastica a un atto formale di carattere inqualche modo giuridico.
Homologia significa; in Basi-
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lio, ora la proclamazione di fede, ora una sorta di prom essa,
un impegno o l adesione a un modo di vita . . Vie impegno, certo,
rna ind irettamente e soltanto perchevi e consacrazione. Siamo qui
sui piano cultuale, nonsu quello morale e ancor meno su quello
giuridico ibid, pp. 43-44). Quanta all'obbedienza, Ia sua fun
zione e innanzitutto ascetica; si tratta di riprodurre ilmodello
che fu Cristo .. essa no n e ne l'oggetto di unim pegno religioso,
ne la conseguenza di una situazionegiuridica determinata (p. 47).
Analogamente in Pacomio, anche se Ia necessita dell'obbedienza all'
abbate
enfarizzata, essa resta una virtu fra le altre. Sembrache in
questione sia qui solo I aspetto ascetico dell'ob bedienza, e non
una forma giuridica conseguente ai legame del voco. Se Ia tradu
zione latina pare suggerire, senon in Pacomio almeno nei suoi
successori, 1 esisrenzadi una professione .. il contesto mo stra
bene che nonsi tratta di un impegno giuridico, rna
semplicementedella risoluzione di servire O io attraverso la
perfezionedel proprio agire1> (p. 35) .
La lettura dei capitoli 1-10 dellibro rv delle Istituzioni di
Cassiano, dedicati all'ammissione del postulante nel monastero,
mostra che anche qui non vi e tracciadi vori o di impegni
giuridici. Colui che chiede di essereammesso nel monastero e
ottoposto per dieci giorni aumiliazioni e insulti per mettere alia
prova Ia seriera. eIa costanza del suo proposito: Gettatosi in
ginocchiodavanti a tutti i fratelli che passano, eda tutti
espressamente respinto e disprezzato, come se non volesse en trare
nel monastero per religione, rna per qualche necessica.pratica
(CASSIANO I , p. 124). Una volta che avra sopportato con pazienza e
umilta queste prove, panicolareattenzione e pasta sulla deposizione
delle vecchie vescie sull'assunzione dell'abito monacale; rna an
che questa
non basta ad ammetterlo a pieno titolo tra i fratelli e perun
intero anno deve dimorare presso 1 en trata del mo nastero sotto la
guida di un anziano. eammissione allacondizione di monaco dipende
dalla tenacia del novizioe dalla sua capacita di osservare la
regula oboedientiaeibid. , p. 132), e non dalla pronuncia di un
voto. voti
non esistono in Cassiano , perche egli trasmette allOccidente il
monachesimo egiziano, che li ignora: nessunimpegno puc obbligare
per tutta Ia vita, ne Iegare a undeterminate monastero (CAl ELLE,
p. 54).
Quanta ad Agostino, nessuno dei tre testi che citramandano Ia
sua regola (s iano essi o meno opera sua)f la minima allusione a
qualcosa come una cerimoniad ' iniziazione o Ia pronuncia di un
voro.
2.7. Si suole affermare che Ia situazione comincia acambiare con
la Regola del maestro e con Ia regola benedettina, che sembrano
supporre una vera e propria promessa giuridica da parte del
novizio. Si legga, tuttavia,il capito la 88 della Regola del
maestro, che porta il ti tolosignificativo Quomodo debeat frater
novus in monasteriosuum firmare introitum. Dopo un per iodo di
prova didue mesi, alia fine del quale il futuro monaco
promettegenericamente fermezza nell'osservanza della regala chegli
e tata etta piu volte rep romissa lectae regulaefirmitate - VOGUE
2, n, p. 370), si svolge fra l'abbate e il novizio una sorta di
dialogo cerimoniale, che e il novizio,tirandolo umilmente per un
capo della veste humiliteradpraehenso eius vestimento), a
sollecitare con questa formula singolare: Ho qualcosa da portare a
conoscenzaest quod suggeram) innanzitutto a Dio e a questa
santo
oratorio, e poi ate e alia comunith ibid. , p. 372). -chiesto di
dire di che si tratta, il novizio dichiara: Voglio sei:vire Dio
attraverso la disciplina della regola che
56 ALTfSSJMA POVERT REGOLA E LEGGE 57
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mi esrata lerra nel tuo monastero volo Deo servire
perdisciplinam regulae mihi lectae in monasterio tuo) . Equesto che
ti piace? chiede l abbate. voglio ser2 ire Dio .. ) econ ogni
evidenza unagenerica professione ascetica e non un impegno
legale.Un vero e proprio atto giuridico avviene subito dopo,ed e a
donazione irrevocabile (o, piuttosto, la sua conferma, perche la
donazione aveva gia avuto luogo, almomento della richiesta di
ammissione) dei beni delnovizio al monastero; rna, nella tradizione
monastica,questa donazione e costantemente in terpretata comela
prova della serieta del proposito ascetico del futuromonaco.
Diversa sembra essere la situazione nella regola benedettina.
Qui non soltanto il periodo di prova si l l ~ n
ga fino a died mesi, scandito da riperute letture della regola,
che eormai soltamo un documento scritto, rna, almomento della
professione, il novizio promette davanti a tutti e davanti a Dio e
ai suoi santi stabilita, forma divitae obbedienza coram
omnibuspromittat de stabilitatesua et conversatione morum suorum et
oboedientiam co-ram deo et sanctis eius) PRrcoco, p. 242). La
promessaeulteriormente rafforzata dalla stesura di un documento
detto petitio (autografo, se sa scrivere, rna comunqueda lui
sottoscritto), che il novizio colloca sull altare dequa promissione
fociat petitionem ad nomen sanctorum ...quam petitionem manu sua
scribat. . . et manu sua earnsuper a/tare ponat ibid., p. 244).
Secondo alcuni studiosi, la professione benedettinadeve essere
interpretata come un vera e proprio contratto, modellato sul
paradigma della stipulatio romanaZEIGER, p. r68). E poiche la
stipulatio, come contratto
orale, si svolgeva attraverso un formulario di domande e
risposte (del tipo: Spondesne? Spondeo), gli stessistudiosi hanno
privilegiato quei documenti (come unmanoscritto di AJbi del IX
secolo) in cui la promessa delnovizio ha appunto la forma di un
dialogo ( Promittisde stabilitate tua et conversatione morum tuorum
et obo -edientia coram Deo et sanctis eius? Juxta Dei auditiumet
meam intelligentiam et possibilitatem promitto ibid.,p. 169).
Documenti pili antichi mostrano, ruttavia, chela forma piu comune
della professione era quella di unadichiarazione unilaterale, e non
di un contratto. La sees-sa petitio si presenta, nei documenti
superstiti, comeuna semplice conferma roboratio) della promessa, il
cuicontenuto non concerne, come in una stipulatio, degliatti
spedfici, rna Ia stessa forma di vita del monaco.formulario di una
petitio monachorum di Flavigny (secc.vn-vm) recita infatt i:
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Domino venerabili in Christo patre illo abate de m onasterio
illo . . . Petivimus ergo beatitudinem caritatis, utnos in ordine
congregacionis vestrae digni sitis recipere,ur ibidem diebus vitae
nostrae sub regula beati Benedicti vivcre et conversare deberemus
.. Habrenunciamusergo omnes voluntates nostrae pravas, ut dei sola
voluntas fiat in nobis, et omnis rebus quae possidemus,
sicutevangclica et regularis tradicio edocit .. oboedientiamvobis,
in quantum vires nostrae subpetunt et Dominusadderit nob is
adiutorium, conservare promittimus ...Manu nostrac subscripcionis
ad honorem Domni et patronis nostri sancti hanc pericioncm volumus
roborare(CAPELLE, P 23)).II monaco non si obbliga qui tanto a dei
singoli
atti, quanto piuttosto a fr vivere in se Ia di Oio;inolcre,
lobbedienza epromessa nella misura delle proprie forzc c sotto
condizione dell aiuto di Dio.
commento d i Smaragdo alia regola benedectina(sec. rx)
suggcrisce forse in questa prospettiva le considerazioni piu
istruttive. Non solranco esso ci trasmette iltesro d i una petitio
che sembra mancare di ogni carattere giuridico, rna conciene una
definizione della proftssioche la situa nel suo contesto proprio:
Ista ergo regu arisproftssio, si usque ad ca cem vitae in
monasterio operibusimpeatur, recte servitium sanctus vacatur, quia
per istamsanctus effectus monachus, sancto Domino sociatur PL,102,
796). Il termine servitium, esatcamence come offi-cium, indica Ia
vitae l artivi ta p ropria del monaco o delsacerdote, in quanta si
modella sulla vitae sui servizioprestato da Cristo come sommo
sacerdote e eitourgosdel santuario e del vero tabernacolo (Heb., 8,
2). Siesprime qui con chiarezza quella cendenza a considerarela
vita del ffi:Onaco come un ufficio e una liturgia inin-
terrotta, che abbiamo gia menzionato e su cui avremooccasione di
cornare.
Come si deve intendere la petitio menzionata nella regola
benedettina? Nel diritto romano si parla di petitio nelprocesso
(actio de iure petendi) e per la candidatura a unacarica pubblica
{petitio facta pro candidato). Nel diritto religioso, essa indicava
una richiesta rivolta agli dei in forma dipreghiera. Quest ultimo
significaro, in cui si potrebbe scorge re un precursore del voto,
ecomune negli autori cristianidei primi secoli (cosl in
Tertulliano, Orat., I , 6: oration s ojfi-cia vel venerationem Dei
aut hominum petitionem). Possediamo pero dei documenti (come il
formulario sopracitato diFlavigny) che mostrano inequivocabilmente
che il senso deltermine nella pratica monastica benedettina non ene
quellodel diritco romano ne queUo di voto, rna era inteso come
unasemplice conferma scritta della richiesta di ammissione aliavita
monastica.
2.8. Nel corso del tempo, e, in particolare, a partiredall eta
carolingia, Ia regola benedettina, sosrenura daivescovi e dalla
curia romana, si impone progressivamente nei cenobi, fino a divem
are fra il IX e lx1 secolo Ia regola per eccellenza che i nuovi
ordini devono adottare oal cu i modello devono conformare Ia
propria organizzazione. Eprobabile, in questo sensa, che proprio la
giuridizzazione tendenziale della professione monas tica chevediamo
affacciarsi nella regola abbia contribuito al suoprimato e all a
sua diffusione in unepoca in cui la Ch ie-sa (e, con essa, l
imperatore) cercava di stabilire un discretO, rna fermo comrollo
sulle comunita monastiche.Una serie di decreti del serenissimus et
christianissimusimperator, che culminano nell editto Capitula
canonumet regula dell 8o2, prescrive cosl la regola benedettina,
di
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cui vengono espressamenre ricordati i capicoli sullo bbedienza e
sulla profess ione, a tut ti i monad .
Nelleta che segue la regola benedet tina e fino aliaformazione
de lle prime raccolte di canoni, tanto l termine votum che l verbo
voveo (o devoveo - se deo vovere, voventes) appaiono con frequenza
crescenre nellefonti. E, tuttavia, anche questa volta un a vera e
propriateoria del voco monas tico, come sara sviluppata
nellascolastica da To mm aso a Suarez, sembra mancare
neicanonisti.
Apriamo illibro vu del Decreta di lvo di C hart res,il cu i tema
si cnu ncia D e monachorum et monacharumsingularitate et quiete et
de revocatione et p oenitentia eorum qui continentitle propositum
tramgrediuntur, o la sezione De vita clericorum dei Panormia dcllo
stesso aurore. Benche il testo consista essenzialmente in un
collageeterogeneo di passi di Agostino, Ambrogio, Girolamo eda
esrratti dai canoni condliari o dalle lettere dei pontefici o da
costituzioni imperiali , l approccio del problema ha essemialmente
la forma di un a cas istica. Unservo non puo diventare monaco all
insaputa del suopadrone praeter scientiam domini sui - Decretum,
cap.43, P L, 161, 555); conseguentemente, il periodo di provaprima
dellaccettazione del novizio evis o nella prospettiva
dellaccertamento della sua condizione g iuridica diuomo Iibera o
servo, in modo da permettere al padronedi recuperare enrro ere anni
l servo fuggitivo ibid, cap.153, 582). Se le ragazze che hanno
.1.tto l voro d i castit non costrette dai parenri successivamenre
si sposano,sono colpevoli anche se non sono state ancora consacrate
(cap. 20 549); Ie vergini che si sposano dope la consacrazione sono
impure incestae- Panormia, ibid., II75);se un monaco do po la
professione lascia l mon astero,i suoi beni restano pro prieta del
monas tero; infatti, il
propositum del m on aco , liberamente assumo, non puoessere
abbandonato senza peccato (n73).
Lo stesso vale per G raziano. Se un bam bino ha ricevu to Ia
tonsura e l abito senza l suo consenso, la suaprofessione puo non
essere definitiva, e, eventualmente, puo essere annullata (qu.
2-3); se l monaco vuolepronunciare un voro, deve essere autor
izzato dall abbate(qu. 4). La questione se i voventes possano
contrarre matrimonio riceve, nello sresso senso, una mpia
trattazione. In ques tione, ogni volta, sono le puntuali imp
licazioni giur i.diche de lla p rofessione, non un a teoria
dellaprofessione in quan to normativam ente costitutiva dellavita
monastica come tale.
2.9. Le considerazioni fin qui svelte dovrebberorendere evidente
in che senso sia quas i impossibile porreil problema della natura
giuridica o non-giuridica delleregale monastiche senza cadere in
anacronismi. Ancheammesso che qualcosa come il nostro termine
giuridico sia sempre esistito il che equanto meno d ub bio),e erro,
in ogni caso, che esso significa una cosa nel diritto romano, un
altra nei primi secoli della cristiani ta,unalt ra ancora a partire
dallera carolingia e una ltra,infine, nell eta moderna, quando lo
Stato comi ncia adassum ere il mo nopolio del d iritto. Inolt re, i
dibat titi cheabb iamo analizzato sui caratt ere legale o
consiliaredelle regale, che sembrano avvicinarsi allenunciato
delnosrro problema, diventano intellegibili solo se no n sidimemica
che ess i si sovrappongono l problema teologico della relazione fra
le due diathekai, la Iegge mosaicae l N uevo Testamento.
In questa senso, il prob lema cessa di essere anacronistico solo
se lo si restituisce al suo contesto teologicoproprio, che equello
del rapporto fra evangelium e lex
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(cioe, innanzitutto , la Iegge ebraica). La teoria di questarap
porto e stata elaborata neUe lertere paoline e
culminanell'enunciazione che Cristo, i messia, e tefos nomou,fine e
compimento della Iegge Rom., ro, 4). Anche se,nella stessa lettera,
questa tesi messianica radicale - el opposizione che essa implica
fra pistis e nomos ecomplicata fino a dar vita a una serie di
aporie (come in 3,31: Rendiamo dunque inoperanre Ia Iegge
attraverso lafede? Non sial Anzi, la confermiamo >> , e
certo, pero,chela vita del cristiano non epili sotto la legge e
nonpuo essere in nessun caso concepita in termini giuridici.n
Cristiano, come Paolo, e morto alia Iegge)) nomoipeth non Gal., 2,
19) e vive nella liberra della spirito;
e anche quando l'Evangelo sara conrrapposto alia leggemosaica
come una lcgge della fede Rom., 3, 27), o,piu rardi, come una nova
lex alia vetus, res ta che ne lasua forma ne il suo contenuto sono
omogenei a quellidel nomos. La differenza fra Ia Iegge e i Vangelo
siIegge Nel Liber diffirentiarum di Isidore (cap. XXXI) equesta:
nella Iegge vi e a Jenera, nel Vangelo Ia grazia ..la prima estata
data per la trasgressione, la seconda perIa giustificazione; la
legge mostra il peccato a colui chenon lo conosceva, Ia grazia
aiura a evirarlo ... nella Ieggevengono osservati i comandamenti,
nella pienezza delVangelo si consumano le promesse >>.
in questo conresto teologico che si devono situare le regale
monastiche. Basilio e Pacomio, a cuisi devono per cosi dire gli
archetipi delle regale, sonoperfettamenre consapevoH dell'
irriducibilidt della formadi vita cristiana alia Iegge. Basilio,
nel suo trattato sulbattesimo, ribadisce esplicitamente il
principia paolinosecondo cui il cristiano muore alla Iegge
apothanein toinomoi) e, come abbiamo vista, i Praecepta atque
iudiciadi Pacomio si aprona con 1 affermazione che 1amore e
il compimento della legge plenitudo legis caritas) . La regola,
il cui modello e l Vangelo, non puo quindi avereIa forma della
Iegge ed eprobabile che la scelta stessadeltermine regula
implicasse una contrapposizione alia sfera del comandamento legale.
n questa sensa che unpasso di Tertulliano sembra opporre il termine
regola alla forma della Iegge mosaica: > De pudicitia, xu . La
nova lexnon puo avere la forma della legge, rna, come regula
siavvicina alla stessa forma della vita, che guida e orien taregula
dicta quod recte ducit, recita una etimologia di
Isidore- VI, r6).Il problema della natura giuridica delle regale
mo
nasriche trova qui tanto il suo contesto specifico che isuoi
limiti propri. Certamente la Chiesa andra progressivamenre
costruendo un sistema di norme che culminera. nel xn secolo nel
sistema del diritto canonico, cheGraziano compendia nel suo
Decretum; rna, se la vitadel cristiano puo incontrare senza dubbio
pumualmente la sfera del diritto, e altrettanto certo che la
stessaforma vivendi cristiana - che e quanta la regola ha invista-
non puo esaurirsi nell'osservanza di un precetto,non puo avere
natura legale.
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3 Fuga dal mondo e costituzione
3.1 Vie tuttavia, un aspetto delle regale secondo ilquale
possono essere considerate come atti giuridici, rnaesso non
riguarda il diritto civile n quello penale, benslil diritto
pubblico. possibile, cioe, guardare alle regale come atri
costituenti, che portano aJia formazione diquclle comunita
politiche : anche se in un senso particolare - che sono indubb
iamente i ce nobi e i convenri.Alia base di ques ta natura
giuspubblicistica delle regalesta b domina, elaborata da Fi lone c
raccolta e sviluppata da Ambrogio, della foga saeculi come processo
percos) dire costituente della comunita dei credenti.
Sia il De jitga et inventione di Filone. Qui innanzitutto . la
fuga di Giacobbe e motivata dal fatto cheLabano ha abbandonato ogni
sollecitudine per la Iegge, in modo che le potenze ascetiche che
spingonoGiacobbe a fuggire agiscono per rivendicare un eredidtche e
tata loro colta ingiustarnenre. E i luoghi di rifugio o di esilio
phygadeuteria; phyge, in greco, significainnanzitutto esilio