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Sommario
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco”
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 1
Introduzione.
L’energia elettrica è versatile, facilmente trasportabile e convertibile in altre forme, presenta però
problemi di stoccaggio che rendono indispensabile un adeguamento praticamente istantaneo tra offerta
e domanda energetica; l’accumulo di grandi quantitativi di energia è perlopiù possibile attraverso una
conversione in forme energetiche più stabili, processo che presenta inevitabilmente delle perdite.
In passato, l’accumulo energetico di grande taglia è stato impiegato per migliorare flessibilità ed
efficienza della generazione elettrica effettuata in modo centralizzato mediante impianti termoelettrici
e nucleari, caratterizzati da lenta e difficile regolazione.
La crescente penetrazione delle fonti energetiche rinnovabili, spesso non programmabili, sta dettando
nuove esigenze di accumulo e sta fortemente modificando l’andamento del mercato elettrico, aprendo
la strada a forme di stoccaggio che in passato non sarebbero risultate competitive; al contempo, una
inadeguatezza dei sistemi di accumulo può rappresentare un fattore limitante alla fruibilità e alla
convenienza della generazione rinnovabile, ostacolandone la penetrazione. Per questo, lo sviluppo e la
diffusione di nuove tecnologie di stoccaggio energetico sono ritenuti obiettivi strategici dall’IEA per la
riduzione delle emissioni di gas serra.1
Attualmente, per l’accumulo di grandi quantitativi di energia elettrica, si fa essenzialmente ricorso a
sistemi idroelettrici a pompaggio, tecnologia matura, affidabile e dotata di un rendimento
soddisfacente, la cui fattibilità d’impiego risulta però condizionata alle caratteristiche idrologiche e
geomorfologiche del territorio. Un'altra tecnologia, relativamente matura, è rappresentata
dall’accumulo sottoforma di aria compressa (CAES), in serbatoi e tubature, o, come avviene
generalmente per ragioni di costo, nel sottosuolo, che deve presentare specifiche caratteristiche
geologiche. Ancora limitato, perlopiù per problemi di costo, è invece l’accumulo stazionario di grande
taglia in forma elettrochimica.
Negli ultimi decenni sono state studiate o ipotizzate numerose altre tecnologie come possibile
alternativa a quelle citate; tra queste, l’accumulo sotto forma termica, che può aver luogo con diverse
modalità e temperature di stoccaggio: una possibile soluzione è quella dell’accumulo mediante pompe
di calore, a temperatura bassa o medio-bassa, per soddisfare fabbisogni termici, in particolare per la
climatizzazione.2 Se l’accumulo ha invece la finalità di restituire energia in forma elettrica, la
temperatura di stoccaggio deve risultare più elevata, così da consentire un rendimento accettabile
dell’impianto termoelettrico di conversione; trai sistemi di accumulo commercializzati, la temperatura
più alta è raggiunta in quello della Lloyd Energy: 750°C, con rendimento elettrico del ciclo carica-scarica
(round-trip efficiency) che sfiora il 29%.3 Nell’articolo di review di H.Ibrahim et al. “Energy storage
systems – Characteristics and comparisons” (Renewable and Sustainable Energy reviews - 12 - 2008 -
p.1221-1250), è giudicata promettente anche una recente ipotesi di stoccaggio dell’energia elettrica in
forma termica a 1400°C, per effetto Joule, in un materiale refrattario; in questo caso il recupero
1 www.iea-eces.org
2 K Kaygusuz “The viability of thermal energy storage” - Energy Sources, Volume 21, Issue 8, 1999
N.J. Hewitt “Heat pumps and energy storage; the challenges of implementation” Applied Energy 89 (2012) 37–44
M.C. Kintner-Meyer, J. C. Molburg, K. Subbarao, et al. “The Role of Energy Storage in Commercial Buildings - A
Preliminary Report” - Pacific Northwest National Laboratory, for the U.S. Department of Energy, September 2010. 3 M. A. Hessami e D. R. Bowly Economic feasibility and optimization of an energy storage system for Portland Wind
S. Hollis “A new thermal energy storage system” 82nd Annual EESA Conference and Trade Exhibition Electricity
2006 – At the Flick of a Switch
Introduzione
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energetico potrebbe aver luogo mediante un ciclo combinato.
L’accumulo di energia elettrica sottoforma termica appare poco attraente da un punto di vista
termodinamico; coloro che hanno analizzato questa opzione ne evidenziano tuttavia il modesto costo
d’investimento4 e non è possibile escludere a priori un interesse di tipo economico, almeno in particolari
circostanze; d’altra parte, in alcuni mercati energetici caratterizzati da elevata penetrazione eolica, si
presentano sempre più spesso prezzi borsistici dell’energia elettrica inferiori a quelli del gas naturale
durante le ore notturne e le festività.5
Rispetto all’accumulo tramite sistemi di pompaggio o mediante aria compressa, il sistema termico ad
altissima temperatura non richiederebbe inoltre una particolare conformazione idrografica del suolo o
geologica del sottosuolo e consentirebbe, almeno teoricamente, di sfruttare il calore refluo del processo
di conversione dell’energia per finalità cogenerative.
Questa tesi si propone l’obiettivo di verificare le stime relative alle prestazioni e ai costi di un sistema di
accumulo di energia elettrica sotto forma termica ad altissima temperatura presenti in letteratura ed
analizzare i principali problemi d’ingegnerizzazione connessi all’impiego di tale tecnologia, che appaiono
trascurati negli studi precedenti. Si cercherà anche di comprendere se le prestazioni di un accumulo ad
altissima temperatura possano risultare quantomeno migliorative rispetto a quelle del sistema
commercializzato dalla Lloyd Energy.
Si individueranno inoltre le tecnologie più promettenti in relazione all’accumulo termico ad altissima
temperatura, con riferimento sia all’applicazione in esame, sia ad altre eventuali applicazioni nel settore
industriale. A tal fine il sistema di accumulo sarà analizzato componente per componente, facendo
ricorso a ricerche bibliografiche, ad informazioni fornite dai produttori industriali e a semplici modelli
matematici per stima di costi e prestazioni. Particolare attenzione sarà dedicata al sistema di
conversione dell’energia elettrica in calore, al materiale di stoccaggio ad altissima temperatura, al
sistema di contenimento e coibentazione del materiale di stoccaggio e al sistema di scambio termico tra
materiale di stoccaggio e sistemi di conversione energetica.
Poiché l’impiego di soluzioni tradizionali risulterà poco promettente, sarà sviluppata una soluzione
innovativa, che permetterà di integrare i quattro componenti citati in un unico sistema, nel quale il
materiale di stoccaggio, un refrattario granulare, presenterà anche funzioni di resistore elettrico, e lo
scambio termico in fase di recupero energetico avrà luogo mediante il passaggio del fluido operativo
pressurizzato all’interno delle porosità del materiale di stoccaggio. La particolare configurazione del
sistema consentirà inoltre di minimizzare il ricorso alla coibentazione e di impiegare un vessel in acciaio
a temperatura relativamente bassa per la struttura di contenimento. Questa soluzione sarà analizzata in
modo approfondito mediante modelli matematici abbastanza complessi, al fine di valutarne la fattibilità
teorica.
Non sarà possibile procedere ad una progettazione dettagliata e all’ottimizzazione del sistema di
accumulo termico ad altissima temperatura, tuttavia il lavoro presentato in questa tesi cercherà di
fornire elementi utili ad indirizzare chi, eventualmente, voglia sviluppare questa tecnologia.
4 - B. Multon, H. Ben Ahmed «Le stockage stationnaire d’énergie électrique: pourquoi et comment?» Revue 3E.I,
n°48, mars 2007, pp. 18-29
- B. Multon «Le stockage d’énergie pour la production de l’électricité de demain» Ecole Normale Supérieure de
Cachan Laboratoire SATIE - CNRS
- B. Multon and J. Ruer «Stocker l'énergie: oui, c'est indispensable et c'est possible! Pourquoi? Où Comment»
Publication du club ECRIN, http://www.ecrin.asso.fr 5 Si veda il paragrafo 1.2 di questa tesi.
Premessa
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Premessa.
Questa tesi nasce nell’ambito di una borsa di studio offerta dalla sezione italiana dell’Associazione per lo
Studio del Picco del Petrolio (ASPO Italia), con la finalità di analizzare la fattibilità dell’accumulo di
energia elettrica sotto forma termica ad altissima temperatura.
Le informazioni presenti in letteratura scientifica su tale tecnologia sono assai limitate e coloro che la
prendono in esame esprimo la necessità di un suo approfondimento. Ad esempio, il lavoro di review di
H.Ibrahim et al. “Energy storage systems – Characteristics and comparisons” (Renewable and
Sustainable Energy reviews – 12 - 2008 - p.1221-1250) cita la possibilità di accumulare calore in un
materiale refrattario scaldato mediante resistenze elettriche a 1400°C e di iniettare l’aria riscaldata a
contatto con tale materiale nella turbina a gas di un ciclo combinato, raggiungendo efficienze prossime
al 60%. L’articolo evidenzia anche come i costi d’investimento previsti per un tale sistema di accumulo
risultino molto bassi, ma sfortunatamente non vi siano ancora applicazioni di questo concetto, che
meriterebbe di essere sviluppato meglio.
Figura p.1- Schema di un sistema di accumulo di energia elettrica ad altissima temperatura con recupero
energetico mediante ciclo combinato.1
In alcuni articoli e seminari2, B. Multon, H. Ben Ahmed e J. Ruer affrontano più dettagliatamente la
questione, quantificando la densità di energia del sistema a 200 kWh/m3, il costo per unità di potenza
del sistema di conversione tra 350 e 1000 €/kW e quello per unità di energia accumulata in 50 €/kWh:
caratteristiche certamente interessanti se confrontate con quelli di altri sistemi di accumulo (si veda in
proposito la tabella i.1). Anche in questi casi il rendimento del sistema viene considerato pari al 60%,
una stima che appare eccessivamente ottimistica considerando che solo pochi cicli combinati, in certe
condizioni di esercizio, riescono a raggiungere di fatto tali prestazioni: nel sistema di accumulo in esame
si dovrebbe peraltro considerare l’effetto negativo sul rendimento prodotto dalle inevitabili perdite di
1 Immagine tratta da B. Multon and J. Ruer «Stocker l'énergie: oui, c'est indispensable et c'est possible! Pourquoi?
Où Comment» Publication du club ECRIN, http://www.ecrin.asso.fr 2 - B. Multon, H. Ben Ahmed «Le stockage stationnaire d’énergie électrique: pourquoi et comment?» Revue 3E.I,
n°48, mars 2007, pp. 18-29
- B. Multon «Le stockage d’énergie pour la production de l’électricité de demain» Ecole Normale Supérieure de
Cachan Laboratoire SATIE - CNRS
- B. Multon and J. Ruer «Stocker l'énergie: oui, c'est indispensable et c'est possible! Pourquoi? Où Comment»
Publication du club ECRIN, http://www.ecrin.asso.fr
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carico che hanno luogo durante lo scambio termico tra materiale di accumulo e aria diretta in turbina, le
perdite energetiche in fase di ricarica e le perdite termiche in fase di stoccaggio, che nel complesso
potrebbero risultare tutt’altro che trascurabili. Le modalità di scambio termico per il recupero
energetico e quelle di riscaldamento per effetto Joule del sistema di accumulo, certamente non banali
per temperature di accumulo superiori a 1400°C (necessarie per ottenere i rendimenti elettrici indicati),
appaiono pure trattate con una certa leggerezza.
Tabella p.1- Caratteristiche di alcune tecnologie per l’accumulo energetico, a confronto.3
Rispetto all’accumulo tramite sistemi di pompaggio o aria compressa, il sistema termico ad alta
temperatura non richiederebbe una particolare conformazione idrografica del suolo o geologica del
sottosuolo; grazie a questa caratteristica, tale sistema potrebbe essere realizzato in prossimità delle
utenze energetiche finali, consentendo una riduzione delle perdite energetiche lungo la rete ed una
migliore gestione della stessa, nonché la possibilità di sfruttare il calore refluo del processo di
conversione dell’energia dalla forma termica a quella elettrica per finalità cogenerative.
L’esigenza di un approfondimento e di una verifica in relazione all’accumulo energetico ad altissima
temperatura fu sollecitato nel Gennaio 2011 nella mailing list “Nuove Tecnologie Energetiche” facente
capo all’Associazione ASPO Italia, dall’Ing. Massimo Ippolito, presidente della KiteGen Research,
interessato a tale opzione per l’accumulo dell’energia prodotta dall’eolico aereo. La tecnologia Kite Gen,
attualmente in fase di test attraverso un prototipo preindustriale da 3 MW, è caratterizzata da una
availability nettamente più alta rispetto a quella dell’eolico tradizionale in forza dello sfruttamento dei
venti d’alta quota, che risultano più regolari di quelli a terra e maggiormente indipendenti
dall’orografia;4 poiché le correnti d’alta quota tendono periodicamente a spostarsi, la presenza di
impianti interconnessi tra loro e posti ad una distanza nell’ordine del migliaio di km, consentirebbe di
migliorare ulteriormente l’availability complessiva del siffatto sistema di generazione elettrica, benché
possa risultare comunque necessario un sovradimensionamento della potenza installata e/o una forma
di accumulo, al fine d’impiegare questa fonte energetica per la copertura del carico elettrico di base;5
3 Tabella tratta da : H. Ben Ahmed, B. Multon, et al. «Le stockage de l’énergie dans les applications stationnaires»
TECHNOLOGIE 136 , MARS 2005 pp. 60-66 4 S. M. Ragusa “Valutazioni energetiche dell’eolico d’alta quota: Kite Gen” I Facoltà di Ingegneria del Politecnico di
Torino Dicembre 2007 5 Energies 2009, 2(2), 307-319 "Global Assessment of High-Altitude Wind Power" C. L. Archer, K. Caldeira
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inoltre, benché sia possibile effettuare una regolazione rapida dell’energia immessa in rete dal sistema
“Kite Gen”, può risultare conveniente produrre energia anche nelle ore caratterizzate da bassa
domanda elettrica (come conseguenza del prezzo nullo della fonte energetica), a patto che tale energia
venga in qualche modo valorizzata, riducendo così i tempi di ritorno dell’investimento del generatore.
Il costo dell’energia prodotta mediante la tecnologia “Kite Gen” è stimata cautelativa a 55 $/MWh (circa
41 €/MWh), con prospettive di riduzione dei costi, grazie alle economie di scala, sotto ai 30-35 $/MWh.6
Per un confronto, il prezzo medio del metano nella borsa italiana del gas è risultato nel biennio 2010-
2011 pari a circa 28 €/MWht7, prezzo al quale risulterebbe necessario addizionare i costi esterni legati
alle emissioni inquinanti. Anche in assenza di politiche di incentivazione, l’energia prodotta dall’eolico
d’alta quota in eccedenza rispetto alla domanda, accumulata nelle ore di basso carico, potrebbe quindi
risultare economicamente competitiva per alimentare impianti termoelettrici e cogenerativi in
sostituzione del gas naturale.
Figura p.2 – Prototipo pre-industriale del sistema “Kite Gen” in fase di test.8
Un corretto confronto tra tecnologie di accumulo diverse dovrebbe far riferimento alle prestazioni di
queste in relazione ad applicazioni pratiche ben definite, in quanto le esigenze dettate dal contesto
applicativo possono rendere appetibile una tecnologia apparentemente caratterizzata da costi superiori
o rendimenti inferiori rispetto ad un’altra. Poiché per effettuare un confronto di questo tipo sono
necessari dati tecnici precisi sulle tecnologie da confrontare, essendo il sistema di accumulo ad altissima
temperatura un’idea da sviluppare, non risulta possibile un’analisi sotto tale profilo. Tuttavia uno studio
condotto da M. A. Hessami e D. R. Bowly 9 confronta le prestazioni in termini economici di un sistema di
accumulo termico di energia elettrica (con stoccaggio a 750°C e recupero energetico mediante ciclo a
vapore) prodotto dalla “Lloyd Energy” con un sistema di accumulo idroelettrico a pompaggio di acqua
marina e con un sistema CAES (Compressed Air Energy Storage); il confronto viene fatto sulla base di
6 PhD. L. Fagiano “Control of Tethered Airfoils for High–Altitude Wind Energy Generation - Advanced control
methods as key technologies for a breakthrough in renewable energy generation” POLITECNICO DI TORINO
DOCTORATE SCHOOL - Course in Information and System Engineering – XXI Cycle, 2009 – ENI Award 2010. 7 Relazione Annuale 2012 sullo Stato dei Servizi e sull’Attività Svolta dell’Autorità dell’Energia
http://www.autorita.energia.it 8 Fotografia tratta da: www.kitegen.com .
9 M. A. Hessami e D. R. Bowly Economic feasibility and optimisation of an energy storage system for Portland Wind
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dati relativi al mercato elettrico dello stato di Victoria (Australia) e al parco eolico di Portland; le migliori
prestazioni in termini economici sono quelle del sistema CAES, mentre quelle del sistema di accumulo
termico sono indubbiamente le peggiori. Tuttavia il tasso di ritorno sull’investimento del sistema a
pompaggio e di quello ad accumulo termico risultano abbastanza simili (differiscono per meno di un
quinto), grazie al minor costo d’investimento del secondo, nonostante il rendimento energetico
complessivo del sistema della Lloyd Energy sia solo del 28,7% e non sia prevista cogenerazione. Appare
dunque interessante comprendere se un sistema di accumulo ad altissima temperatura possa garantire
prestazioni migliori rispetto a quello a 750°C, pur contenendo i costi d’investimento, presentando
dunque un interesse anche nelle attuali condizioni del mercato energetico.
Figura p.3 – Schema semplificato di funzionamento del sistema di accumulo termico 750°C, con recupero
mediante impianto a vapore, commercializzato dalla Llyod Energy. 10
10
Figura tratta da: M. A. Hessami e D. R. Bowly Economic feasibility and optimisation of an energy storage system
for Portland Wind Farm (Victoria, Australia)” Applied Energy, Volume 88, Issue 8, August 2011, Pages 2755-2763.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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CAPITOLO 1:
Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione
dell’energia termica in forma elettrica.
L’obiettivo di questo capitolo è comprendere quali siano le esigenze a cui deve rispondere un sistema di
accumulo termico ad altissima temperatura (VHT-TES, ovvero Very High Temperature Thermal Energy
Storage), che sarà analizzato nel dettaglio nei successivi capitoli.
Sarà dapprima effettuata un’analisi delle caratteristiche principali dei sistemi di accumulo per energia
elettrica attualmente esistenti, al fine di inquadrare il problema in un contesto più generale.
Si cercherà quindi di comprendere se il sistema VHT-TES possa risultare economicamente promettente,
aldilà della fattibilità tecnica e considerando anche la possibilità di un recupero termico cogenerativo,
alla luce del valore commerciale dell’energia elettrica e termica.
Saranno inoltre studiate brevemente le caratteristiche del sistema di conversione dell’energia termica in
calore per il quale è debito far riferimento alle tecnologie correntemente in uso in ambito
termoelettrico: si cercherà anche di individuare tra le tecnologie esistenti quelle più adatte al
particolare impiego in analisi e di individuare le specifiche che l’adozione di tali sistemi di conversione
detta all’accumulo termico vero e proprio e al sistema di scambio termico con esso.
1.1 - Caratteristiche e requisiti generali dell’accumulo energetico di energia elettrica.
La progettazione o la scelta di un sistema di accumulo dipende da esigenze talvolta molto diverse, che
possono manifestarsi in diversi contesti. Di seguito si cercherà di comprendere quali siano queste
esigenze e quali siano i parametri che meglio consentono di descrivere un sistema di accumulo e di
compararlo ad altri. Si cercheranno inoltre di individuare i legami tra questi parametri.
Ci si concentrerà solo sull’accumulo energetico di tipo permanente (non portatile) per l’accumulo di
grossi quantitativi di energia, al fine di evitare una trattazione eccessivamente dispersiva.
1.1.a – Le finalità dell’accumulo di energia elettrica.
I sistemi di accumulo giocano un importante ruolo nell’industria dell’energia elettrica. In passato la loro
funzione era principalmente quella di accumulare l’energia elettrica prodotta da grandi impianti
termoelettrici di lenta e difficile regolazione e ancor più da centrali nucleari, consentendo:
- agli impianti di operare in condizioni di massimo rendimento (limitata regolazione)
- di modulare l’offerta di energia distribuita nella rete elettrica sulla base della domanda,
accumulando ad esempio energia nelle ore notturne, caratterizzate da bassi consumi, per
rilasciarla in quelle caratterizzate dal picco dei carichi (generalmente la mattina dei giorni
lavorativi e la sera).
- di accrescere la flessibilità di risposta alle variazioni dei consumi elettrici.
A causa della repentina crescita, verificatasi negli ultimi anni in alcuni paesi, della produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili non programmabili (in particolare eolico e solare fotovoltaico) la necessità
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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di accumulare energia acquisisce ulteriori motivazioni:
1. fronteggiare l’intermittenza dell’immissione; a differenza delle fonte programmabili, quelle non
programmabili presentano infatti, in varia misura, una imprevedibilità del quantitativo di
energia che queste possono immettere in rete.1 Il problema è particolarmente evidente per
l’eolico tradizionale, soggetto all’aleatorietà dei venti di bassa quota; attualmente la previsione
eolica con anticipo di 24 ore può essere effettuata, anche in accordo con i migliori benchmark
internazionali, con una accuratezza media nell’ordine del 20% dell’immesso.2 Tale variabilità di
potenza non programmabile immessa in rete va dunque ad aggiungersi alla variabilità della
domanda elettrica, rendendo più difficile la gestione della rete elettrica.
2. fronteggiare le rampe di carico elevate, prodotte ad esempio da brusche variazioni della velocità
dei venti, nel caso dell’eolico, o al tramonto del sole (che peraltro coincide spesso con una
crescita della domanda elettrica per l’illuminazione) nel caso del fotovoltaico; tali rampe di
carico possono difficilmente essere compensate dalla regolazione di impianti termoelettrici già
attivi (“riserva rotante”) in quanto ciò obbligherebbe la conduzione di molte centrali a carico
parziale, situazione che influisce negativamente sulla loro efficienza e sulle loro emissioni
inquinanti.3 D’altra parte, l’avvio di un impianto termoelettrico, soprattutto se di grandi
dimensioni, non è certo istantaneo e il ciclico processo di accensione-spegnimento presenta
costi superiori per kWh prodotto rispetto al mantenimento del medesimo impianto a regime.
3. consentire il mantenimento di una sufficiente riserva primaria e terziaria; all’aumentare
dell’energia elettrica da fonte rinnovabile non programmabile immessa in rete, risulta infatti
necessario diminuire la quantità di impianti termoelettrici attivi; ciò tuttavia risulta
parzialmente incompatibile con la necessità di mantenimento di una capacità di potenza di
riserva, che dipende attualmente in buona parte proprio dal numero di impianti termoelettrici
attivi a carico parziale oltre che da quelli turbogas di riserva.
4. valorizzare l’energia prodotta con costi molto bassi nelle ore di bassa domanda energetica, al
fine di velocizzare il ritorno economico sull’investimento per l’impianto di generazione elettrica;
questa esigenza, in parte comune alle centrali nucleari, risulta accentuata dal costo nullo della
fonte energetica rinnovabile.
5. risolvere congestioni di rete, che producono un aumento delle perdite per effetto Joule nelle
linee elettriche e nei trasformatori, ed evitare la limitazione della produzione rinnovabile; le reti
elettriche sono state progettate per una generazione centralizzata dell’energia e l’adattamento
alle nuove esigenze dettate dalla generazione distribuita (o comunque da una diversa
localizzazione della generazione) richiede tempo ed investimenti. In particolare la creazione di
smart grid ed una maggiore interconnessione di segmenti di reti elettriche tra loro distanti, può
ridurre la necessità di accumulo, ma richiede pianificazione, coordinamento e lungimiranza
politica, toccasana purtroppo rari, come dimostra il caso italiano di Terna, gestore della rete
elettrica, che ha dovuto seriamente considerare la possibilità di ricorrere all’accumulo
termochimico in attesa di un adeguamento delle linee elettriche, rallentato peraltro da mancate
1 Anche le fonti programmabili presentano in realtà un’intermittenza legata alla non perpetua disponibilità degli
impianti di generazione, che possono subire guasti o essere oggetto di manutenzione programmata; l’availability
delle centrali elettriche tradizionali è tuttavia generalmente superiore al 90%; la manutenzione programmata,
inoltre, come attesta l’espressione stessa, risulta prevedibile. 2 TERNA “Documento integrativo relativo a sistemi di accumulo diffuso di energia elettrica” Piano di Sviluppo 2011.
3 Si veda in proposito: F. S. Barnes, J. G. Levine, et al. "Large Energy Storage Systems Handbook" CRC Press Book.
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concessioni di autorizzazioni, al fine di garantire sicurezza della continuità del servizio di
distribuzione.4 In tal senso risulta utile che il sistema di accumulo possa essere realizzato con
una certa velocità.
D’altra parte, reti elettriche di piccole dimensioni, situate in aree isolate o caratterizzate da bassa
densità di popolazione, difficili da interconnettere a reti maggiori, possono presentare una ancor più
acuta necessità di accumulo, a causa delle fluttuazioni superiori che si potrebbero registrare sia a livello
di domanda elettrica, sia a livello di offerta, qualora parte dell’energia venisse prodotta mediante fonti
energetiche non programmabili.5
Ecco dunque i motivi per cui quella dell’accumulo energetico risulta una questione cardine per
consentire un accrescimento della produzione rinnovabile in reti elettriche dove la penetrazione delle
fonti non programmabili, nonché del nucleare, è già abbastanza elevata (ad esempio in Europa), così
come nelle reti poco sviluppate e poco interconnesse di alcuni paesi in via di industrializzazione o di
quelli caratterizzati da grandi territori scarsamente popolati.
1.1.b - Capacità di stoccaggio e potenza disponibile.
Queste due grandezze risultano fondamentali per caratterizzare un sistema di accumulo, determinando
le applicazioni alle quali meglio si presta.
La capacità di stoccaggio (Cacc) rappresenta la quantità di energia disponibile nell’accumulo dopo la
ricarica e può dunque essere espressa in kWh; il recupero di energia è spesso incompleto, ossia non
tutta l’energia teoricamente disponibile nell’accumulo viene effettivamente sfruttata, sia perché può
non manifestarsene la necessità, sia per limiti intrinsechi dello stoccaggio e del sistema di recupero.
L’energia effettivamente recuperata (Erec) in un ciclo risulta quindi pari a:
DOD = CE accrec ⋅ eq. 1.1.1
dove DOD (Depth Of Discharge) è la profondità di scarica, esprimibile in percentuale sull’energia
accumulata.
La capacità di accumulo dipende chiaramente dalla dimensione dello stoccaggio dell’energia (vacc) e
dalla densità di energia (ρen) che lo caratterizza:
= vC enaccacc ρ⋅ eq. 1.1.2
Un elevato valore della densità di accumulo è certamente richiesto in applicazioni di accumulo
“portatili”, tuttavia può risultare comunque utile anche in applicazioni permanenti al fine di limitare le
dimensioni dell’accumulo, per ragioni strutturali e di occupazione di suolo.
La potenza disponibile dipende invece dalle caratteristiche del sistema di conversione energetico, che
può essere integrato nel sistema di accumulo (come nel caso delle batterie termochimiche) oppure
separato da esso (come nel caso dei sistemi di accumulo idraulico a pompaggio). I sistemi di conversione
energetica possono peraltro essere due: uno per la trasformazione dell’energia in ingresso nello
stoccaggio ed uno per la riconversione di quella in uscita (come nel caso in analisi del VHT-TES), ed i due
sistemi possono avere potenza tra loro diversa.
4 TERNA “Documento integrativo relativo a sistemi di accumulo diffuso di energia elettrica” Piano di Sviluppo 2011.
5 La legge dei grandi numeri fornisce una prima spiegazione del motivo per cui domanda ed offerta risultano più
regolari al crescere del numero di attori del mercato energetico.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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Detta Pconv la potenza del generico sistema di conversione (dell’energia in entrata o in uscita) può essere
individuata la seguente relazione che la lega alla capacità di accumulo:
t DOD = P C convconvacc ∆⋅⋅ eq. 1.1.3
dove Δtconv è il tempo richiesto per la conversione energetica (anche definito “autonomia” dell’accumulo
nel caso l’equazione 1.1.3 sia riferita alla fase di scarica) . La potenza di conversione deve essere quindi
commisurata alla capacità di accumulo, ma anche alle tempistiche delle fasi di ricarica e scarica, che
devono risultare adeguate alle finalità del sistema.
L’accumulo sottoforma termica, almeno in teoria, presenta una certa libertà sia nella scelta della
potenza del sistema di conversione energetica, sia nel dimensionamento del sistema di stoccaggio e
quindi di Cacc; si vedrà tuttavia che esiste una capacità minima del sistema sotto la quale non è possibile
scendere per ragioni di perdite energetiche in fase di stoccaggio (si veda capitolo 3), così come non
risulta possibile reperire sistemi di conversione dell’energia in uscita dotati di buon rendimento, al di
sotto di una certa taglia (paragrafo 1.3).
Figura 1.1.1- Potenza e capacità caratteristica di alcuni sistemi di accumulo.6
6 Immagine tratta da : H.Ibrahim et al. “Energy storage systems – Characteristics and comparisons” (Renewable
and Sustainable Energy reviews -12 2008 - p.1221-1250).
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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1.1.c - Efficienza e perdite.
L’efficienza elettrica dell’accumulo è definita come rapporto tra l’energia elettrica utile recuperata in
fase di scarica (Eel,out ), e quella immessa in fase di ricarica (Eel,in ):
el,in
el,outel
E
E = η eq. 1.1.4
Questa grandezza può risultare molto variabile, anche nel medesimo sistema di accumulo, a seconda
delle tempistiche delle diverse fasi dell’accumulo, della profondità di scarica e talvolta anche dell’età
dell’accumulo. Si parla pertanto generalmente di efficienza media complessiva dell’intero ciclo di
ricarica e scarica.
Il digramma di figura 1.1.2 schematizza in modo semplificato i flussi di energia durante un ciclo di
ricarica e scarica di un accumulo termico di energia elettrica, ma anche per un generico sistema di
accumulo lo schema dei flussi energetici può essere rappresentato in maniera analoga.
Figura 1.1.2 - Diagramma delle perdite energetiche in un sistema VHT-TES (in assenza di recupero del
calore refluo).
Le perdite P1, P2, P3, illustrate in figura possono essere calcolate sulla base del rendimento delle
diverse fasi dell’accumulo:
( ) el,in1 E 1−P1= ⋅η eq. 1.1.5
( ) el,in21 E 1− P2= ⋅η⋅η eq. 1.1.6
( ) el,in3el21 E 1− P3= ⋅η⋅η⋅η eq. 1.1.7
dove Eel,in è l’energia elettrica assorbita dalla rete elettrica, η1 è il rendimento energetico del sistema di
conversione impiegato in fase di ricarica, η2 è il rendimento energetico durante la fase di stoccaggio
dell’energia accumulata, η3el è il rendimento energetico del sistema di conversione dell’energia in fase di
scarica. L’entità delle perdite deve ovviamente essere minimizzata, ossia, equivalentemente, deve
essere massimizzato il rendimento complessivo del sistema, in quanto:
− P3 − P1 − P2 = EE el,inel,out eq. 1.1.8
L’energia elettrica in uscita Eel,out, potrà esser quindi ricavata come segue:
term,outel,inel,in3el21el,out − P3 − E − P1− P2 = E E = E ⋅η⋅η⋅η eq. 1.1.9
ossia:
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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3el21el = η⋅η⋅ηη eq. 1.1.10
Le perdite P1 dovrebbero risultare contenute nel caso del VHT-TES visto che la conversione dell’energie
elettrica in calore è un processo, almeno in teoria, ad alta efficienza.
Le perdite P2, come si vedrà nel paragrafo 1.1.e, dipendono dalla durata della fase di stoccaggio, e
possono essere calcolate anche conoscendo la curva di auto-scarica (o self-discharge) dell’accumulo.
Una parte della perdite, nel caso di un sistema di accumulo termico, potranno essere eventualmente
recuperate per finalità cogenerative o trigenerative, ed in particolare possono prestarsi a questo scopo
le perdite P3; in tal caso si potrà scrivere:
el,in3term3el21 E ) − (1 − P3= ⋅ηη⋅η⋅η eq. 1.1.11
dove η3term è il rendimento termico utile nella fase di recupero termico.
Si noti che il costo per unità di energia delle perdite P2, che hanno luogo durante la fase di permanenza
dell’energia nell’accumulo, non risulta uguale al prezzo dell’energia venduta immessa in rete,
tantomeno al costo dell’energia elettrica prelevata dalla rete (che però costituisce una componente del
prezzo di P2). L’energia persa P2 ha infatti subito una conversione dalla forma elettrica alla forma
termica e tale processo ha un costo, legato a quello d’investimento e di manutenzione del sistema di
conversione, dimensionato sulla base di tutta l’energia trasformata, perdite incluse.
Anche il costo d’investimento, manutenzione, smaltimento del sistema di stoccaggio termico può essere
considerato nel costo complessivo di P2, poiché la frazione di energia persa per un certo periodo di
tempo, occupa “capacità” all’interno dell’accumulo, richiedendone un sovradimensionamento rispetto
al caso di assenza di perdite. Riportando le medesime considerazioni anche per le perdite P1 e P2, si può
concludere che risulta preferibile un elevato valore di P1 ed un basso valore di P3, rispetto al caso
opposto; purtroppo però la conversione di energia termica in energia elettrica è soggetto ad un
rendimento certamente inferiore a quello del processo inverso.
In figura 1.1.3 è riportata l’efficienza media complessiva nel ciclo di ricarica e scarica, di alcune
tecnologie di accumulo; per la tecnologia TES il rendimento indicato è particolarmente alto perché il
grafico fa riferimento ad un accumulo integrato in un impianto solare termodinamico: in tal caso, il
rendimento del processo di conversione da energia termica ad elettrica non viene considerato, poiché
tale conversione sarebbe comunque effettuata.
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Figura 1.1.3 - Rendimento medio complessivo nel ciclo di ricarica e scarica, di alcune tecnologie di
accumulo; per CAES si intende Compressed Air Energy Storage, per TES si intende Thermal Energy
Storage e per SMES (o SEMS) Superconducting Magnetic Energy Storage.7
Ad oggi il sistema di accumulo più utilizzato (per grandi quantità di energia) è il sistema idroelettrico a
pompaggio; si è dunque effettuata una semplice verifica delle prestazioni di questa tecnologia sulla base
delle statistiche sul sistema elettrico Italiano fornite da Terna; i risultati sono riportati in tabella 1.1.1.
Statistiche sulla rete elettrica italiana relativi ad energia destinata ai pompaggi ed energia idroelettrica prodotta da sistemi a pompaggio tra 2007 e 2011
Ein Eout lorda8 Eout netta
9 ηel
2007 7654 5666 5601 0,732
2008 7618 5603 5539 0,727
2009 5798 4305 4256 0,734
2010 4454 3290 3252 0,730
2011 2539 1934 1912 0,753
Tabella 1.1.1.10
7 Grafico tratto da : F. S. Barnes, J. G. Levine, et al. "Large Energy Storage Systems Handbook" CRC Press Book
8 L’energia lorda prodotta è misurata ai morsetti del generatore, e non comprende dunque le perdite di ausiliari
trasformatori della centrale elettrica. 9 L’energia netta rappresenta l’energia effettivamente immessa nella rete elettrica, ed è stata calcolata
moltiplicando l’energia lorda prodotta per il fattore 0,98855, pari alla media negli anni 2008-2011del rapporto tra
energia netta prodotta da fonte idrica in Italia ed energia lorda prodotta dalla medesima fonte energetica.
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La differenza di rendimento elettrico che si osserva tra un anno e l’altro è ascrivibile, almeno
parzialmente, al contributo all’energia prodotta fornito dagli apporti naturali di acqua che alimentano il
serbatoio superiore: si consideri che il 18-25% (a seconda dell’anno) dell’energia Eout è stata prodotta da
impianti a pompaggio “misti” dove più del 5% del volume d’acqua mediamente turbinata in un anno
proviene da apporti naturali. Per impianti di pompaggio privi di apporti naturali il rendimento dovrebbe
dunque risultare inferiore a quello riportato in tabella 1.1.1. I valori di rendimento indicati in figura 1.3,
pari al 78% per questa tecnologia, appaiono quindi un po’ sovrastimati.
Alle perdite interne al sistema di accumulo, sarebbe inoltre corretto aggiungere le perdite di rete che
certamente dipendono dalla localizzazione del sistema di accumulo stesso rispetto al luogo di
produzione e a quello di consumo dell’energia. In Italia le perdite di rete e distribuzione ammontano
mediamente al 6,2% dell’energia totale richiesta (data dalla somma algebrica di quella prodotta e degli
scambi con l’estero) un dato abbastanza in linea con quello degli altri paesi europei.11
Le perdite si concentrano sulle linee di bassa e media tensione, come evidenziato in tabella 1.1.2, e
certamente nelle ore di carico maggiore, in quanto esse dipendono essenzialmente da:
- perdite per effetto Joule nei cavi di trasmissione (perdite nel rame delle linee),
- perdite per effetto Joule nei trasformatori di tensione (perdite nel rame dei trasformatori)
- in parte minore da perdite nel ferro dei trasformatori (che dipendono dal modello del
trasformatore e sono responsabili della dissipazione di una potenza costante se la tensione e la
frequenza sono costanti).
I primi due contributi dipendono dal quadrato del carico applicato alla rete, come si vedrà nel paragrafo
4.1, ossia:
R V
P R = = I P trasm2
diss ⋅⋅ eq. 1.1.12
dove Pdiss è la potenza dissipata per effetto Joule, R la resistenza elettrica della linea (e/o degli
avvolgimento del trasformatore) e I il valore efficace dell’intensità della corrente elettrica che attraversa
la linea, data da rapporto tra il carico applicato (ossia la potenza trasmessa Ptrasm) e la tensione di linea
V.
Qualora l’energia da accumulare venga prodotta durante le ore di bassa domanda (ad esempio di notte)
ed utilizzata durante le ore di picco dei consumi, può risultare conveniente posizionare l’accumulo
presso l’utenza finale. In questo modo non solo si riducono le perdite legate alla trasmissione
dell’energia accumulata, ma anche quelle relative alla restante energia trasmessa, in quanto la relazione
tra perdite ed energia trasmessa è quadratica (eq. 1.1.12).
Ciò produce un vantaggio in termini di rendimento per le tecnologie di accumulo posizionabili ad
esempio presso i punti terminali della linea di media tensione, mentre produce un leggero svantaggio
per tecnologie quale quella idroelettrica a pompaggio o CAES, che in certi casi possono essere
localizzate solo a distanza dai luoghi di generazione e consumo dell’energia.
10
Rielaborazione personale su statistiche fornite da Terna:
I dati in tabella fanno riferimento, nell’ordine di presentazione, ai seguenti modelli e produttori:
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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Si è infine ipotizzato che la domanda di calore sia presente nel che la domanda di calore sia presente nel
70% delle ore annuali. Si sono così costruiti i grafici di figura 1.2.11 e 1.2.12, ricalcolando il COP delle
pompe di calore per la temperatura all’evaporatore ipotizzata (20° C o 5°C) attraverso l’equazione 1.2.5:
ex10id );T(TCOP = COP η⋅ eq. 1.2.5
dove COPid (T0;T1) è il COP ideale calcolato in funzione delle temperature all’evaporatore come mostrato
nell’equazione 4.4.3 (nel capitolo 4) e ηex è il rapporto tra COP effettivo e COP teorico.
Stima del prezzo dell'energia termica necessaria a scaldare acqua (o vapore) da
una temperatura di 20°C fino a T1
10
20
30
40
50
60
70
20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220 240
T1 [°C]
p_
term
[€
/Mw
h]
Pompe di caloreCaldaieGeneratori di vaporePompa di calore e MVR in seriePompe di calore +/- 20% c_elCaldaie +/- 20% c_GNGeneratori di vapore +/- 20% c_GNPompa di calore e MVR +/- 20% c_elPompe di calore +/- 20% c_el
Figura 1.2.11 – La stima del prezzo è effettuata sia nelle ipotesi di costo dell’energia elettrica e del gas
naturale descritte in questo paragrafo, sia nel caso in cui tali costi risultino del 20% inferiori o superiori.
La sigla MVR in legenda indica le pompe a ricompressione meccanica di vapore (si veda paragrafo 4.4).
Stima del prezzo dell'energia termica necessaria a scaldare acqua (o vapore) da
una temperatura di 5°C fino a T1
10
20
30
40
50
60
70
20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220 240
T1 [°C]
p_
term
[€
/Mw
h]
Pompe di caloreCaldaieGeneratori di vaporePompa di calore e MVR in seriePompe di calore +/- 20% c_elCaldaie +/- 20% c_GNGeneratori di vapore +/- 20% c_GNPompa di calore e MVR +/- 20% c_elPompe di calore +/- 20% c_el
Figura 1.2.12 – La riduzione di temperatura della sorgente termica a cui la pompa di calore attinge,
produce una traslazione a sinistra della curva che descrive il prezzo dell’energia.
- REX 1400 F, ICI caldaie;
- STELT DUAL 640, ICI caldaie;
- SF 25, Sioux;
- WNS4 1.25 Q, Zhangjiagang Future Boiler Manufacture.
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Risulta doveroso ribadire che qualora risulti necessario produrre un aumento limitato di temperatura
l’impiego delle pompe di calore potrà risultare molto più conveniente anche operando a temperature
superiori a 100°C. Quando invece l’obiettivo è innalzare la temperatura di un fluido in un intervallo più
ampio, la soluzione più economica può essere rappresentata da un sistema a combustione. Oltre i 180-
200°C, come si vedrà, il ricorso alla combustione può rappresentare in ogni caso una scelta obbligata.
Si è anche effettuata un’analisi di sensibilità relativa la parametro ηex delle pompe di calore; poiché
l’efficienza dipende almeno in parte dall’adozione di soluzioni tecniche più costose (quando possibile) si
è scelto di analizzare la variazione del prezzo dell’energia termica al variare di un fattore x, per il quale si
è moltiplicato sia il costo d’investimento I0, sia ηex. I risultati riportati in tabella 1.2.4 dimostrano che gli
effetti del miglioramento del rendimento (associati al rincaro della macchina) produrrebbero solo
modeste riduzioni del prezzo dell’energia prodotta.
Analisi di sensibilità del prezzo dell’energia termica prodotta mediante le pompe di calore al variare del moltiplicatore x.
x=0,75 x=1,25 x=1,50
Pompa di calore aria-acqua 250 kW +18% -8% -12%
Pompa di calore acqua-acqua 280 kW +11% -3% -3%
Pompa di calore aria-acqua 230 kW +8% -1% 3%
Pompa di calore acqua-acqua a CO2 +14% -5% -5%
VARIAZIONE DI PREZZO MEDIA +13% -4% -4%
Tabella 1.2.4
Si potrebbe certamente ipotizzare di impiegare le pompe di calore durante le ore di basso carico
elettrico al fine di ridurre i costi del calore prodotto mediante di esse. Tuttavia il vantaggio in termini
economici non sarebbe estremamente elevato (come si può dedurre osservando l’effetto della
riduzione del prezzo dell’energia elettrica dei grafici 1.2.11 e 1.2.12) ed inoltre risulterebbe necessario
creare un accumulo termico e aumentare la potenza della pompa di calore, per consentire di soddisfare
la domanda di calore in un arco di tempo inferiore (le ore caratterizzate da bassi costi dell’energia):
poiché mediamente più del 30% del costo dell’energia termica prodotta è destinato a ripagare i costi
d’investimento, tale soluzione potrebbe risultare controproducente, considerando anche che le spese
sostenute andrebbero a spalmarsi su un minor numero di ore di funzionamento (si veda equazione
1.2.1).
1.2.d - Considerazioni preliminari sulla ragionevolezza economica di un sistema VHT -TES con recupero
cogenerativo.
Isolando nell’equazione 1.1.13 il termine tra parentesi, corrispondente alle entrate economiche relative
ad al flusso unitario di energia accumulata, e ponendolo pari ad una funzione F, si può scrivere:
( )eltermtermelel − cost + p pF = η⋅η⋅ eq. 1.2.6.
Sostituendo ai simboli, valori plausibili per il costo di mercato di energia elettrica e calore (con
riferimento alle ipotesi descritte nel paragrafo 1.2.d e alle condizioni del mercato elettrico italiano del
2011) nonché del rendimento elettrico per alcune soluzioni di accumulo energetico si è costruita la
tabella 1.2.5.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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La stima di pterm alle diverse temperatura di recupero termico Trec risulta cautelativa, poiché non è noto
a priori l’impiego del calore generato. Le prestazioni del sistema di accumulo VHT-TES risultano pure
cautelative, poiché affette da notevole incertezza. Il rendimento complessivo del sistema VHT-TES, dato
da ηel + ηterm è stato posto pari a 0,9, un valore certamente elevato, ma realistico considerando i bassi
rendimenti elettrici stimati e la possibilità di ottenere basse temperature al camino, venendo meno i
problemi legati alla dispersione degli inquinanti prodotti dalla combustione (che può appunto essere
evitata).
Nel paragrafo 1.3.g le stime dei rendimenti elettrici e termici qui effettuate saranno riviste sulla base di
un’analisi più accurata.
Valutazione delle entrate economiche relative al flusso unitario di energia accumulata per diversi sistemi di accumulo e diverse condizioni del mercato elettrico.
costel pel ηel Trec pterm ηterm F
€/MWh €/MWh °C €/MWh €/MWh
Idroelettrico a pompaggio 30 50 0,73 0 6,5
Idroelettrico a pompaggio 65 80 0,73 0 -6,6
VHT-TES 1 30 50 0,5 50 15 0,4 1
VHT-TES 2 30 50 0,45 100 30 0,45 6
VHT-TES 3 30 50 0,4 200 40 0,5 10
VHT-TES 1 65 80 0,5 50 35 0,4 -11
VHT-TES 2 65 80 0,45 100 40 0,4 -13
VHT-TES 3 65 80 0,4 200 40 0,4 -17
Tabella 1.2.5
Si osserva innanzitutto che in un mercato elettrico quale quello italiano attuale, l’accumulo risulta in
generale poco conveniente: questo spiega il trend di riduzione del ricorso all’accumulo idroelettrico a
pompaggio in Italia, illustrato in tabella 1.1.1 (nel paragrafo 1.1.c). I prezzi riportati in tabella sono
tuttavia valori medi relativi alle ore di massimo e minimo costo dell’elettricità: i valori reali risulteranno
certamente più irregolari, rendendo l’accumulo più conveniente, come mostrato in tabella 1.2.6.
Valutazione delle entrate economiche relative al flusso unitario di energia accumulata per diversi sistemi di accumulo, ipotizzando fluttuazioni del prezzo medio dell’energia elettrica che ne consentano l’acquisto ad un valore di costel del 20% inferiore e la vendita ad un pel
del 20% superiore rispetto a quanto ipotizzato in tabella 1.2.5.
costel pel ηel Trec pterm ηterm F
€/MWh €/MWh °C €/MWh €/MWh
Idroelettrico a pompaggio 24 60 0,73 19,8
Idroelettrico a pompaggio 52 96 0,73 18,08
VHT-TES 1 24 60 0,5 50 15 0,4 12
VHT-TES 2 24 60 0,45 100 30 0,45 16,5
VHT-TES 3 24 60 0,4 200 40 0,5 20
VHT-TES 1 52 96 0,5 50 35 0,4 10
VHT-TES 2 52 96 0,45 100 40 0,45 7,2
VHT-TES 3 52 96 0,4 200 40 0,5 2,4
Tabella 1.2.6
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Come si è visto nell’equazione 1.2.13, il flusso di cassa dipende ovviamente anche dal numero di cicli di
carica e scarica, più numerosi per un sistema in grado di produrre utili anche con differenza tra prezzo di
acquisto e vendita dell’energia elettrica più contenuto; in tal senso il sistema di accumulo idroelettrico a
pompaggio e quello VHT-TES possono risultare complementari: il primo più redditizio nell’accumulo di
lungo periodo, il secondo più redditizio per un impiego più regolare con differenze di prezzo dell’energia
elettrica più piccole (si osserva infatti che il sistema VHT-TES perde competitività con l’idroelettrico a
pompaggio nella situazione descritta in tabella 1.2.6, rispetto a quella ipotizzata in tabella 1.2.5).
I tre sistemi di accumulo VHT-TES analizzati, differiscono tra loro per temperatura di recupero termico,
variabile che influisce sul rendimento di conversione elettrica: si osserva che la soluzione
economicamente più conveniente sembra essere quella con maggiore temperatura di recupero termico,
grazie al maggior valore economico del calore ad alta temperatura; il valore del rendimento elettrico
associato a questa soluzione, pari a 0,40 potrebbe essere ottenuto, almeno in teoria, con un semplice
ciclo Brayton, che come si vedrà nei prossimi paragrafi.
Poiché nella soluzione VHT-TES 3 la vendita del calore gioca un ruolo di fondamentale importanza nel
determinare i flussi di cassa, appare evidente che dovrà essere posta particolare attenzione alla sua
effettiva valorizzazione, evitando di dover ricorrere alla dissipazione.
Così come per la realizzazione di un sistema a pompaggio a bacino risulta necessario reperire una
località con una particolare morfologia e caratteristiche del territorio, così il sistema VHT-TES con
recupero cogenerativo può dunque presentare la necessità di un’utenza termica capace di valorizzare il
calore prodotto. Potrebbe dunque risultare conveniente limitare la potenza del sistema di conversione
dell’energia in uscita dall’accumulo, al fine di rendere più facile il reperimento di utenze interessate al
suo acquisto.
1.3 – Il sistema di conversione dell’energia termica accumulata in energia elettrica.
Il problema della conversione dell’energia termica in calore è un problema analizzato già ampliamente
in tutte le sue sfaccettature nella letteratura scientifica e nella prassi progettuale. In particolare tale
questione è affrontata in relazione alla conversione dell’energia prodotta dalla combustione, dove le
tipologie di impianto più frequenti, utilizzabili anche nel caso del VHT-TES sono:
- Ciclo Brayton reale, aperto
- Ciclo a vapore (Hirn/Ranking)
- Ciclo combinato (nel quale il calore refluo del ciclo Brayton alimenta i cicli Hirn/Brayton
sottoposti)
L’accumulo di calore ad altissima temperatura può inoltre consentire anche varianti progettuali poco
convenienti nei più frequenti sistemi a combustione, quali un ciclo Brayton chiuso, che devono essere
prese in analisi.
Trai questi sistemi di conversione energetica, è necessario individuare quelli più compatibili con le
esigenze dettate dall’accumulo energetico, dalle sue tempistiche operative e dall’eventuale ricorso alla
cogenerazione.
Nel caso in cui si desideri affiancare il sistema di accumulo ad un impianto pre-esistente a combustione,
caso analizzato nel paragrafo 1.3.g, risulterà d’altra parte necessario adattare l’accumulo alle esigenze
dettate dall’impianto.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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I principali parametri da analizzare, per i diversi cicli, sono:
- la potenza, che deve essere commisurata alla taglia dello stoccaggio (si veda paragrafo 1.1.2) e
all’entità della domanda termica, in caso di recupero cogenerativo;
- il rendimento elettrico in condizioni operative;
- la temperatura del calore refluo, di cui si è discusso nei paragrafi 1.2.2, 1.2.3, 1.2.4;
- il costo d’investimento per unità di potenza ed i costi di manutenzione.
Un altro parametro che caratterizza i cicli in analisi è il lavoro specifico (in kJ/kg) che esprime la quantità
di energia che è possibile estrarre da ogni unità di massa di fluido operativo elaborata nel ciclo in analisi:
un maggior lavoro specifico può tradursi, a parità di potenza, in minori dimensioni del sistema di
conversione termica e quindi in minori costi d’investimento.
Per quanto riguarda la taglia, si osserva che l’80% della potenza degli impianti di cogenerazione operanti
in Italia nel 2006 risultava inferiore ai 20 MW ed il 30% inferiore ad 1 MW.60 Tra gli impianti di grandi
dimensioni, abbinati perlopiù all’industria siderurgica, chimica-petrolchimica e di raffinazione del
petrolio, risultavano prevalente l’impiego di cicli combinati, caratterizzati da un’efficienza superiore
rispetto agli altri in analisi; per potenze inferiore a 10 MW si riscontrava invece una netta prevalenza dei
cicli a vapore, a turbina a gas a ciclo semplice, nonché dei motori a combustione interna, che però non
saranno presi in considerazione per l’abbinamento a VHT-TES.
Tabella 1.3.1 – Applicazioni caratteristiche delle diverse tipologie di cicli, in assetto cogenerativo, nel
settore civile ed industriale; TG (1) sta ad indicare le turbine a gas con utilizzazione diretta dei prodotti
dei gas in uscita dalla turbina.61
1.3.a – Recupero energetico tramite ciclo Brayton aperto.
Nel ciclo Brayton aperto, il fluido operativo in forma gassosa è costituito da aria, che viene compressa,
riscaldata lungo un’isobara reale (solitamente attraverso la combustione di gas), quindi fatta espandere
in turbina e successivamente liberata in atmosfera. Questa configurazione di base (detta “ciclo
semplice”) può prevedere diverse varianti.
60
M. Bianchi , P. R. Spina , G. Tomassetti, D. Forni , E. Ferrero “Le tecnologie innovative ed efficienti nei sistemi di
generazione in assetto co-trigenerativo e nei sistemi integrati con unità a pompa di calore nelle applicazioni
industriali e del terziario” MSE-ENEA, Aprile 2009. 61
Tabella tratta da: R. Lensi “Impianti per la cogenerazione” Università degli Studi di Pisa.
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I parametri che definiscono le prestazioni del ciclo sono la temperatura d’ingresso in turbina TIT e il
rapporto di compressione β, dato dal rapporto tra pressione a valle e a monte del compressore, come
illustrato in figura 1.3.1. Anche le condizioni ambientali, in primo luogo la temperatura d’ingresso al
compressore, possono influenzare le prestazioni: elevate temperature ambientali e alti tassi d’umidità
producono una riduzione del rendimento rispetto a quello nominale. Le perdite di pressione che hanno
luogo tra compressore e turbina, così come quelle che si verificano a valle della turbina possono pure
inficiare sulle prestazioni del ciclo, come si vedrà nel paragrafo 1.3.e.
Figura 1.3.1 – Andamento del lavoro specifico e del rendimento in funzione del rapporto di compressione
β e della temperatura d’ingresso in turbina.62
La taglia delle turbine a gas in commercio varia da oltre 200 MW a poche decine di kW (microturbine);
per le macchine di dimensioni maggiori si adottano soluzioni progettuali anche molto diverse da quelle
usate nelle taglie più limitate. Per questo, benché le turbine di grande taglia arrivino a rendimenti
superiori al 50%, per quelle nel range tra 10 e 1 MW (piccola taglia) i rendimenti variano tra il 20% e il
40%. Le microturbine, di taglia inferiore, hanno rendimenti massimi intorno al 30%. In particolare a
limitare le prestazioni delle macchine di dimensioni inferiori è la temperatura di ingresso in turbina, che
può essere incrementata solo facendo ricorso a soluzioni tecnologiche avanzate (raffreddamento delle
pale ad aria e in alcuni casi a vapore), non competitive per macchine di piccole dimensioni; inoltre anche
il rendimento politropico delle macchine di dimensioni inferiori risulta più basso, come evidenziato in
tabella 1.3.2.
62
Immagine tratta da: M. Bianchi , P. R. Spina , G. Tomassetti, D. Forni , E. Ferrero “Le tecnologie innovative ed
efficienti nei sistemi di generazione in assetto co-trigenerativo e nei sistemi integrati con unità a pompa di calore
nelle applicazioni industriali e del terziario” MSE-ENEA, Aprile 2009.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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Tabella 1.3.2 63
La mappa di prestazioni di figura 1.3.2 mostra come sia possibile aumentare il rendimento o il lavoro
specifico, attraverso alcune modifiche al ciclo. La rigenerazione (Recuperated Cycle), attuata mediante
nell’inserimento di uno scambiatore di calore tra gas uscenti dalla turbina e gas uscenti dal
compressore, è adottata in particolar modo nelle microturbine, poiché consente di raggiungere
rendimenti soddisfacenti anche per bassi valori di TIT e β. L’interrefrigerazione (Intercooled Cycle) e la
post-combustione (Reheat Cycle) sono invece interventi che richiedono la divisione del compressore e
della turbina in più stadi, e che generalmente è conveniente attuare solo in macchine di dimensione
medio grande. Come si vedrà nei capitolo 3 e 5, sia nel caso in cui si effettui lo scambio termico diretto
tra materiale di accumulo e fluido di lavoro diretto in turbina, sia nel caso in cui la trasmissione di calore
abbia luogo mediante uno scambiatore, può risultare problematico raggiungere elevati valori di β a
causa dell’eccessiva sollecitazione meccanica che questo comporterebbe per lo scambiatore ad
altissima temperatura o per le pareti del vessel e potranno risultare convenienti soluzioni che
consentono elevati rendimenti anche per rapporti di compressione limitati, quali quella rigenerativa.
La temperatura di uscita dalla turbina, TOT, a parità degli altri parametri tende ad aumentare con TIT e a
diminuire al crescere del rapporto di compressione. Nei cicli semplici TOT corrisponde alla temperatura
massima del calore sfruttabile con finalità cogenerative, nel ciclo rigenerato tende inevitabilmente ad
essere minore, poiché i gas in uscita dalla turbine sono convogliati in uno scambiatore di calore per
riscaldare l’aria in uscita dal compressore. La TOT può raggiungere i 600°C per in turbine di piccola e
media taglia pensate per la cogenerazione e per turbine heavy duty di grande taglia pensate per
l’impiego in ciclo combinato, e scende sotto i 400 per macchine di piccola taglia rigenerate (ad esempio
la Mercury 50 della Solar Turbines ha una TOT nominale di 377°C). Per le microturbine (rigenerate) la
TOT è generalmente compresa tra 300 e 250 °C, comunque utilizzabile in molti processi industriali o per
esigenze civili.
63
Tabella tratta da: J. Kesseli ,T. Wolf, J. Nash, S.Freedman “MICRO, INDUSTRIAL, AND ADVANCED GAS TURBINES
EMPLOYING RECUPERATORS” Proceedings of ASME Turbo Expo 2003 Power for Land, Sea, and Air June 16–19,
2003, Atlanta.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 40
Figura 1.3.2 – Andamento del lavoro specifico e del rendimento, per diverse configurazioni del ciclo a
gas, per una TIT di 1482°C (raggiungibile solo dalle ultime turbine di grandi dimensioni immesse sul
mercato), in funzione del rapporto di compressione β.64
La TIT, in un ciclo Brayton abbinato ad un sistema di accumulo termico (si veda figura 1.3.3) può essere
soggetta a variazioni durante la fase di recupero termico, come discusso nei capitoli 2, 5, 6; in generale
la TIT tenderà a diminuire, specialmente per un accumulo di calore sensibile, con l’avanzare della fase di
scarica. Ciò comporterà, specialmente se la turbina opera a numero di giri costanti (come avviene in
generale nelle turbine per la generazione elettrica, con l’eccezione delle microturbine) una riduzione del
rendimento e della potenza, in modo analogo a quanto avviene durante la regolazione di tipo MFR
(Mass Fuel Regulation ) nei cicli gas tradizionali. Al fine di mantenere il più stabile possibile la
temperatura in ingresso turbina, si potrebbe innalzare la temperatura di stoccaggio e prevedere
l’iniezione di aria o vapore all’ingresso della turbina per abbassare la TIT durante la fase iniziale del
prelievo di calore dall’accumulo: la quantità di aria o vapore potrebbe diminuire al diminuire della
temperatura dell’aria in uscita dell’accumulo65; poiché non risulta possibile misurare direttamente la
TIT, questa dovrà essere eventualmente calcolata a partire dalla pressione in uscita dal compressore e
dalle perdite di pressione previste prima dell’ingresso del fluido in turbina, dalla temperatura in uscita
dalla turbina, dalle caratteristiche operative della turbina, dalla produzione di energia da parte del
sistema e da modelli relativi al sistema di scambio termico. L’incertezza legati a modelli previsionali e
misurazioni sulle grandezze in gioco potrebbe rendere necessario operare ad un temperatura TIT
inferiore a quella nominale della turbina, con una inevitabile perdita sulle prestazioni; tale perdita sarà
quantificata nel capitolo 5, insieme a quella relativa alle perdite di pressione nel sistema di scambio
termico.
64
F. Kreith, D. Y. Goswami “CRC Handbook of Mechanical Engineering” - CRC Press , 2004. 65
Sebbene non sia possibile misurare direttamente la TIT, questa può essere calcolata a partire dalla pressione in
uscita dal compressore, dalla temperatura in uscita dalla turbina, dalle caratteristiche operative della turbina, dalla
produzione di energia da parte del sistema.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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Figura 1.3.3 – Schema generale di una turbina a gas abbinata ad un sistema di scambio termico, diviso
in due blocchi (media temperatura e alta temperatura); l’eventuale camera di combustione può essere
bypassata durante la fase di recupero del calore accumulato. Lo scambiatore di media temperatura può
prelevare calore dall’accumulo termico, oppure dai gas in uscita dalla turbina (ciclo rigenerato).
Il costo delle turbine a gas, per unità di potenza, tende a diminuire all’aumentare della taglia delle
stesse, come si evince dalla tabella 1.3.3; a parità di taglia, soluzioni caratterizzate da un maggior
rendimento presentano generalmente un maggior costo. Il costo dell’impianto di cogenerazione risulta
ovviamente superiore a quello della singola turbina; in particolare i costi impiantistici, progettuali e
d’installazione possono essere ipotizzati indicativamente pari al costo della turbina per installazioni di
circa 5-10 MW, mentre sono superiori per taglie inferiori e inferiori per taglie superiori. 66 Turbine più
costose producono in proporzione un rapporto di prezzo impianto/turbina inferiore: ad esempio
l’impianto di cogenerazione del San Diego Veterans Hospital, dotato di una turbina rigenerata Mercury
50, realizzato tra 2004 e 2005, aveva un costo di circa 1575 $/kWe (esclusi gruppi frigoriferi ad
assorbimento per la trigenerazione) attualizzabile in circa 1700€/kWe (da confrontarsi con quello della
turbina indicato in tabella 1.3.3).67 Inoltre i costi impiantistici sono fortemente legati al particolare
impiego del calore refluo.
Dati indicativi relativi ad alcune tipologie di turbine a gas.
Tipologia Potenza TIT TOT β η Costo d'investimento
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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basa sull’ossidazione dell’azoto molecolare secondo le tre reazioni principali:87
NO + N O + N 2 ↔ eq. 1.3.7
NO + O N + O 2↔ eq. 1.3.8
NO + H N + OH ↔ eq. 1.3.9
La terza reazione può essere trascurata in assenza di reazioni di combustione ed elevate concentrazioni
di acqua nei gas sottoposti al riscaldamento.
Ipotizzando che la concentrazione di N e di O sia stazionaria (ipotesi riscontrata in tutte le trattazioni del
fenomeno analizzate), la variazione della concentrazione di NO è descritta dalla seguente equazione il
cui risultato è espresso in mol/(s·m3) :
] [O k
[NO] k1 +
] [O] [N K
[NO]1 −
] [N [O] k = 2 t
[NO]
22,f
1,b
222
e,NO
2
21,f
⋅
⋅
⋅⋅⋅⋅⋅⋅
∂
∂ eq. 1.3.10
Il valore delle costanti di reazione, espressi in m3·mol-1·s-1 (e con T in °K), sono:88
( ) e 10 = 7,6 k T
− 380007
1,f ⋅⋅ eq. 1.3.11
71,b 10= 1,6 k ⋅ eq. 1.3.12
( ) e T 10 = 6,4 k T
− 31503
2,f ⋅⋅⋅ eq. 1.3.12
Il valore della costante di equilibrio (adimensionale), può essere così calcolato:
( ) e = 20,27 K T
− 21650
e,NO ⋅ eq. 1.3.13
La concentrazione di O2 ed N2 può essere ricavata conoscendo la composizione molare dell’aria e quindi
ricavando la pressione parziale di N2 e O2, rispettivamente pari al 78% e al 21% della pressione totale
dell’aria. Facendo uso dell’equazione di stato dei gas perfetti (che può essere considerata valida visto le
temperature in gioco) si può ricavare la concentrazione molare a partire dalla pressione parziale:
TR
P =
V
n ii
⋅ eq. 1.3.14
dove il pedice i indica le proprietà della specie i, T è la temperatura in °K e R è la costante universale dei
gas che vale 8,206·10-5 m3·atm·°K-1·mol-1.
La concentrazione di O dipende essenzialmente dalla dissociazione termica delle molecole di O2 ed
ipotizzando che la reazione sia all’equilibrio, si ha:
( )0,5
0,52e,O
TR
] [O K[O] =
⋅
⋅ eq. 1.3.15
87
M. G. De Flora, E. Giacomazzi, F. R. Picchia, C. Bruno “Analisi a posteriori della concentrazione di NOx in campi
fluidodinamici con simulazione numerica LES” ENEA, Unità Tecnico Scientifica Fonti Rinnovabili e Cicli Energetici
Innovativi, 15/05/2004. 88
Peter Mullinger e Barrie Jenkins “Industrial and Process Furnaces Principles, Design and Operation“ Ed.
Butterworth-Einemann.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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dove
( ) e 10 = 3,6 K T
− 310903
e,O ⋅⋅ eq. 1.3.16
(l’unità di misura di Ke,O è atm0,5).
Discretizzando l’equazione eq. 1.3.10 in intervalli di 0,01 s è stato possibile ottenere i risultati illustrati
nel grafico di figura 1.3.11; come riferimento si possono considerare la concentrazione di NO in aree
non inquinate, pari a 0,004 ppm, ed i valori di 1-2 ppm che invece si raggiungono talvolta nell’aria delle
città. 89
Il livello critico annuale fissato per gli NOX dalla Direttiva 21 maggio 2008, n. 2008/50/Ce per la
protezione della vegetazione e degli ecosistemi naturali è infatti di circa 0,02 ppm; Il limite alla presenza
di NO2 in ambiente è fissato dalla normativa nell’ordine di 0,01 ppm per esposizioni di lungo periodo e
nell’ordine di 0,2 ppm per quella di breve periodo.
Concentrazione di NO a varia temperature e pressioni, in funzione del
tempo di reazione
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
t [s]
co
ncen
trazio
ne [
pp
m]
1400°C 6 atm
1400°C 12 atm
1300°C 6 atm
1300°C 12 atm
1200°C 6 atm
1200°C 12 atm
Figura 1.3.11 - Stima della concentrazione di ossido di azoto nei gas di scarico del ciclo Brayton aperto in
assenza di combustione, in dipendenza della massima temperatura raggiunta dall’aria, dal tempo che
l’aria permane a tale temperatura e dalla pressione.
Ipotizzando che i gas da riscaldare prima dell’invio in turbina mantengano una temperatura superiore a
1300 °C almeno per alcuni secondi, si può certamente escludere, sulla base dei risultati illustrati in figura
1.3.11, l’immissione diretta dei gas di scarico per il riscaldamento di ambienti con presenza di persone,
animali, piante. Per temperature massime dell’aria inferiori a 1200 °C sarà invece necessario effettuare
analisi più approfondite. Le concentrazioni di NOX previste risultano comunque inferiori di almeno un
ordine grandezza rispetto a quelle di una turbina con combustione di gas naturale tradizionale, ed una
temperatura al camino più bassa (come precedentemente ipotizzato) non dovrebbe comportare grossi
problemi (considerando anche l’assenza di altri inquinanti tipici della combustione).
89
F. Zonta, P. Masotti “Inquinamento atmosferico e cicli ambientali” UNI Service, 2003.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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1.3.g – Affiancamento del sistema di accumulo termico a impianti termoelettrici tradizionali.
L’accumulo di energia in forma termica ad alta temperatura si presta all’inserimento in impianti
termoelettrici tradizionali, anche pre-esistenti. Aldilà delle considerazioni del paragrafo 1.2.3 e 1.2.4,
appare evidente che qualora il prezzo dell’energia elettrica risultasse in alcune ore della giornata
inferiore a quello del gas naturale (a parità di contenuto energetico) potrebbe risultare conveniente
l’accumulo di tale energia elettrica sottoforma termica per alimentare le centrali a gas naturale
(cogenerative o non) nelle ore della giornata in cui ne è richiesta l’attivazione. Il calore accumulato
potrebbe sostituire in parte o totalmente quello prodotto mediante il gas naturale, ossia l’impianto
potrebbe essere alimentato per alcune ore delle giornata tramite lo stoccaggio termico e per altre
attraverso il combustibile; d’altra parte il calore accumulato potrebbe essere impiegato per innalzare la
temperatura di fonti energetiche a temperatura inferiore (energia solare a concentrazione),
aumentando così l’efficienza elettrica di conversione, oppure, viceversa potrebbe aver luogo dapprima il
recupero dell’energia termica accumulata a temperatura medio alta, e quindi l’innalzamento della
temperatura attraverso la combustione di gas.
Ciascuna di queste soluzioni potrebbe risultare valida in particolari circostanze, e risulta difficile
individuare a priori una soluzione più promettente delle altre, specialmente senza aver prima analizzato
le peculiarità dello stoccaggio termico ad altissima temperatura, i suoi costi, le caratteristiche del
sistema di scambio termico e di ricarica dell’accumulo.
Qualora l’impianto dovesse poter funzionare sia mediante combustione che mediante scambio termico
con l’accumulo, sarebbero ovviamente necessarie soluzioni impiantistiche un po’ più complesse, che
richiederebbero l’impiego di valvole per le altissime temperature; come si vedrà nel capitolo 5.4.c tali
componenti presentano un costo assai elevato; il ricorso obbligato ad esse potrebbe rendere più
attraente l’impiego di scambiatori rigenerativi della tipologia descritta nel paragrafo 5.4, che pure
necessitano di dette valvole per il loro funzionamento.
I rapporti di compressione o la TIT di cicli preesistenti possono comunque risultare incompatibili con le
tecnologie che saranno analizzate nei prossimi capitoli per l’accumulo energetico, pertanto la
realizzazione di un impianto ibrido (così come la conversione di un impianto preesistente per il recupero
del calore accumulato) non può essere dato in ogni caso come scontato.
1.3.h - Revisione delle stime effettuate nel paragrafo 1.2.d.
Alla luce delle osservazioni effettuate fin qui, risulta possibile rivedere le tabelle riportate nel paragrafo
1.2.d, calcolando rendimento elettrico, temperatura di recupero termico e rendimento termico sulla
base dei dati relativi ad alcuni casi reali. Si è ipotizzato che il rendimento complessivo delle fasi
precedenti a quella di recupero termico fosse del 95%, ipotesi che risulterà leggermente cautelativa per
quanto evidenziato nei successivi capitoli. Il calcolo del rendimento elettrico e della temperatura
massima di recupero termico per i cicli a gas, fa riferimento all’analisi condotta nel paragrafo 1.3.e: si è
ipotizzato di impiegare rapporti di compressione di 6-10 e gradi di rigenerazione poco superiori al 50%.
Per il ciclo combinato invece i dati sono stati ripresi da quelli riportato nel paragrafo 1.3.d per la centrale
a di cogenerazione di Moncalieri (anche in questo caso il rendimento elettrico è stato moltiplicato per
0,95 per tener conto delle perdite energetiche nella fase di accumulo e stoccaggio).
Il calcolo del rendimento termico è stato effettuato ipotizzando che il recupero termico avesse luogo
fino ad una temperatura minima di circa 100°C; per il ciclo combinato si è preso come riferimento il dato
della centrale di Moncalieri moltiplicato per 0,95; il prezzo dell’energia termico è stato calcolato
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 57
ipotizzando in costo di 40 €/MW per il calore recuperato a T>125°C, di 35 €/MW per 100°C<T<125°C, di
30 €/MW per 75°C<T<100°C, di 25 €/MW per 50°C<T<75°C (questi ultimi due dati sono stati impiegato
solo per il calcolo del prezzo dell’energia della centrale a ciclo combinato, per la quale si è ipotizzato che
il recupero termico avesse luogo nel range di temperatura tra 50 e 150 °C).
Valutazione delle entrate economiche relative al flusso unitario di energia accumulata per diversi sistemi di accumulo e diverse condizioni del mercato elettrico.
Valutazione delle entrate economiche relative al flusso unitario di energia accumulata per diversi sistemi di accumulo, ipotizzando fluttuazioni del prezzo medio dell’energia elettrica che ne consentano l’acquisto ad un valore di costel del 20% inferiore e la vendita ad un pel
del 20% superiore rispetto a quanto ipotizzato in tabella 1.2.5.
Capitolo 1 Analisi complessiva della tecnologia VHT-TES e del sistema di conversione dell’energia
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I risultati dell’analisi effettuata considerando le ipotesi sul prezzo dell’energia già indicate nel paragrafo
1.2.e, riportati in tabella 1.3.5 e 1.3.6, mostrano un valore di F abbastanza simile per le diverse ipotesi
progettuali analizzate, nel caso di impiego nel futuro scenario europeo; nell’attuale scenario italiano la
variabilità dei risultati è invece maggiore, anche se l’accumulo termico risulta comunque non
conveniente o non competitivo. Si osserva che attraverso il ricorso alle soluzioni evidenziate nel
paragrafo 1.3.f e ad un recupero termico più spinto, F delle soluzioni con ciclo gas aumenterebbe,
sebbene in modo moderato. La possibilità di competere con un sistema a pompaggio sembrerebbe
riconfermata da questa analisi.
Risulta comunque necessario osservare che, se la domanda termica non coincide con le ore di massimo
prezzo dell’energia elettrica, il flusso di cassa del sistema di accumulo può risultare anche fortemente
ridimensionato.
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 59
CAPITOLO 2:
Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima
temperatura.
L’accumulo di calore è un processo che richiede la variazione di energia interna di un sostanza tramite
aggiunta o sottrazione di calore. Vi sono essenzialmente tre forme di accumulo termico:
- accumulo sottoforma di calore sensibile, connesso alla variazione di temperatura di una
sostanza;
- accumulo sottoforma di calore latente, connesso ad un cambiamento di stato fisico di una
sostanza;
- accumulo termochimico o accumulo sottoforma di calore di reazione, assorbito o rilasciato
durante una trasformazione chimica.
Nell’accumulo termochimico l’energia viene accumulata sfruttando reazioni chimiche reversibili. Il
calore fornito in fase di accumulo produce un inalzamento della temperatura delle sostanze chimiche
che favorisce una reazione endotermica e fornisce l’energia necessaria perché essa abbia luogo; nella
fase di recupero termico la reazione inversa (esotermica) produce la liberazione dell’energia
precedentemente immagazzinata. La separazione e lo stoccaggio in contenitori diversi dei prodotti della
reazione esotermica consente di evitare che la reazione inversa abbia luogo quando non desiderata,
consentendo uno stoccaggio anche a lungo termine senza il rischio che l’energia chimica si disperda;
affinchè questo sia possibile i prodotti della reazioni dovrebbero presentarsi in stati fisici diversi (ad
esempio solido e gassoso) alla temperatura di reazione, così da consentire una facile separazione. La
possibilità di separare anche di reagenti dai prodotti della reazione consente una maggiore efficienza e
velocità della reazione (che dipende oltre che dalla temperatura, anche dalle concentrazioni delle
sostanze chimiche), mantenedo l’equilibrio chimico a favore della reazione desiderata senza necessità di
ricorrere a forti regolazioni della temperatura.
La densità di energia immagazzinabile tramite l’accumulo termochimico è generalmente elevata e a
lungo termine tale tecnologia può risultare molto interessante; attualmente però può essere
considerata ai primi stadi di sviluppo e non sarà ulteriormente approfondita in questa tesi, richiedendo
una trattazione a parte.
Le altre tipologie di accumulo termico saranno invece analizzate nei paragrafi 2.1, 2.2, 2.3, 2.4.
Il sistema di accumulo termico, quello di recupero recupero del calore e quello di alimentazione in fase
di carica sono fortemente interdipendenti, e le soluzioni tecniche relative a ciascuno di questi sistemi si
ripercuotono inevitabilmente sulle specifiche tecniche degli altri. Per non appesantire troppo la
trattazione, si è preferito tuttavia analizzare gli aspetti relativi allo scambio termico nel capitolo 5, e di
seguito saranno forniti soltanto alcuni elementi utili alla comprensione dell’interdipendenza inanzi
citata.
D’altra parte lo studio e la progettazione di un sistema di accumulo termico, specialmente alle altissime
temperature, non può prescindere da opportune considerazioni relative al suo isolamento termico;
forma e dimensione dell’accumulo possono pure influire sulle dispersioni di calore verso l’esterno.
Questi aspetti, insieme a quelli relativi alla struttura di contenimento del sistema di accumulo, saranno
però trattati nel capitolo 3.
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 60
Si vedrà peraltro, nel capitolo 6, come l’impiego di un sistema passivo basato su un materiale di
accumulo poroso possa consentiredi per sè una riduzione delle perdite di calore.
2.1 - L’accumulo sensibile in relazione al sistema di scambio termico.
Per l’accumulo termico in forma sensibile si usa fare una distinzione tra sistemi passivi e attivi.
Nei sistemi passivi vi è una netta distinzione tra materiale di accumulo e fluido termovettore.
Nei sistemi attivi, invece, la sostanza in cui viene immagazzinato il calore funge anche da fluido
termovettore per il trasporto dell’energia termica dall’accumulo stesso fino ad un eventuale sistema di
conversione del calore o ad uno scambiatore (in fase di carica e di scarica o anche solo in una di esse).
La sostanza di immagazzinamento del calore, in questo caso, è generalmente allo stato liquido, ma
potrebbe essere anche allo stato gassoso. Tuttavia i gas sono caratterizzati da una densità di energia
immagazzinabile molto inferiore a quella di solidi e liquidi, specialmente alle altissime temperature in
presenza di pressioni tecnicamente ed economicamente accettabili. I sistemi di accumulo che
prevedeno l’impiego di gas alle alte temperature utilizzano perciò questi fluidi perlopiù come vettore
termico, e l’accumulo vero e proprio avviene in materiali solidi.
Una soluzione ibrida tra sistemi attivi e passivi è rappresentata dalla fluidificazione o il trasporto
meccanico di particelle solide.1 La movimentazione meccanica alle altissime temperature è tuttavia
qualcosa di alquanto complesso e costoso, perciò tra le due soluzioni risulta più attraente la prima
(fluidificazione).
2.1.a - Accumulo sensibile in materiali liquidi alle altissime temperature.
Non sono state reperite informazioni di esperienze relative all’impiego di liquidi per l’accumulo termico
sensibile a temperature superiori a 1000°C. A temperature inferiori, ma comunque alte, presenta invece
una buona maturità tecnica l’accumulo in sali fusi o in olii.
L’accumulo di calore nei liquidi presenta il vantaggio di consentire la realizzazione di sistemi attivi,
tuttavia per la conversione del calore in energia elettrica, risulta comunque necessario l’impiego di uno
scambiatore per fornire calore alla macchina termica: quindi il vantaggio datto dalla possibilità di
movimentare il materiale di accumulo non risulterebbe particolarmente accattivante; ciò è ancor più
vero considerando le difficoltà relative alla movimentazione di un liquido ad altissima temperatura. A
questo va aggiunta la necessità di reperire un materiale che :
- risulti liquido in tutto l’intervallo di temperature di esercizio,
- sia compatibile con il materiale delle strutture di contenimento e scambio termico,
1 Sull’argomento sono state reperite le seguenti fonti:
- Tesi di Matthew Charles Golob “CONVECTIVE HEAT TRANSFER PERFORMANCE OF SAND FOR THERMAL ENERGY STORAGE” Master of Science in the School of Mechanical Engineering Georgia Institute of Technology August 2011; - S. Warerkar, S. Schmitz et al. “Air-Sand Heat Exchanger for High-Temperature Storage” Journal of Solar Energy Engineering, MAY 2011, Vol. 133; - Dr. Joachim Göttsche “Sand storage – Examination of a new storage concept for solar tower power stations” EUROSOLAR and the World Council for Renewable Energy (WCRE), October, 30th - 31st, 2006, Gelsenkirchen/Germany.
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 61
- non si degradi nel tempo,
- presenti una bassa pressione di vapore,
- non abbia problemi di solidificazione indesiderata,
- non produca elevate sollecitazioni meccaniche nelle strutture di contenimento e scambio
termico in caso di raffreddamento del sistema,
- presenti un basso costo,
- non sia pericoloso per l’uomo e l’ambiente,
- abbia una viscosità sufficientemente bassa da consentire la movimentazione,
Per le difficoltà di reperire un materiale che risponda a tali requisisti, la possibilità di accumulo sensibile
in materiali liquidi è sembrata poco promettente e non sarà oggetto di approfondimento in questa tesi.
2.1.b - L’accumulo sensibile passivo in materiali solidi.
Una moltiplicità di solidi possono essere impiegati per l’accumulo termico sensibile: materiali naturali
(rocce, ciottoli, terra, sabbie) o di recupero, minerali e metalli grezzi o lavorati, calcestruzzo, blocchi in
grafite, mattoni refrattari… In particolare, un’applicazione frequente a temperature sopra a 1000°C, è
quella dell’accumulo momentaneo di calore in scambiatori rigenerativi (si veda capitolo 5).
Qualora si scelga di impiegare un sistema di accumulo “passivo”, possono essere individuate tre possibili
soluzioni progettuali, che differiscono tra loro fondamentalmente in base al sistema di recupero
termico:
A. impiego di un letto di materiale poroso all’interno del quale, in fase di scarica, viene fatto
passare direttamente il fluido termovettore (preferibilmente un gas, per quanto detto
prima) diretto in turbina o ad uno scambiatore di calore.
B. utilizzo di un materiale non poroso nel quale sono stati direttamente plasmati o scavati i
canali per il passaggio del fluido termovettore.
C. utilizzo di un materiale poroso o non poroso nel quale sono inserite tubature per lo scambio
termico (scambiatore di calore integrato nel materiale di accumulo).
In tutti e tre i casi la “ricarica” dell’accumulo può aver luogo o analogamente a quella di scarica
(attraverso un fluido termovettore), o per effetto Joule, tramite resistenze elettriche inserite nel
materiale di accumulo oppure mediante il passaggio di corrente elettrica nel materiale impiegato per
l’accumulo (in tal caso il materiale dovrà essere dotato di opportune proprietà elettriche) , o ancora
tramite altri effetti dissipativi (es. induzione elettromagnetica…).
Nel caso A si evita il ricorso ad uno scambiatore e ad un sistema di scambio termico di calore se il fluido
termovettore è diretto in turbina, ma risulta necessario pressurizzare il contenitore del materiale di
accumulo termico.
Anche nel caso B si potrebbe evitare il ricorso a costosi sistemi di scambio termico, ma il materiale di
accumulo dovrebbe presentare caratteristiche meccaniche tali resistere alla pressione del fluido
termovettore diretto in turbina, dovrebbe presentare caratteristiche di impermeabilità al fluido
termovettore (oppure l’interno dei canali dovrebbe essere impermeabilizzato), ma soprattutto
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 62
dovrebbe resistere alle tensioni meccaniche di origine termica prodotte nei transitori e in regime
termico stazionario (si veda paragrafo 5.3.b).
Nel caso C, occorre prestare particolare attenzione al contatto tra tubature e materiale di accumulo (in
assenza del quale la trasmissione del calore al fluido può risultare rallentata, specialmente se
quest’ultimo non è poroso.2
Se, come già detto, sopra i 1000 °C è ricorrente l’uso del sistema A per la realizzazione di scambiatori di
tipo rigenerativo, il ricorso ai sistemi B e C è descritto in letteratura scientifica perlopiù a temperature
più basse in particolare i materiali più studiati per tali applicazioni sono il calcestruzzo e i calcestruzzi
refrattari (questi ultimi, definiti in inglese “refractory castables” sono utilizzabili anche a temperature
superiori a 1000 °C) dotati di bassi costi e buone caratteristiche termiche3; come si vedrà nel paragrafo
5.3 si fa comunque generalmente ricorso alla soluzione progettuale C.
2.1.c - L’effectivenes dell’accumulo e la sua capacità effettiva.
Nella scelta del sistema di accumulo e del sistema di scambio termico, un parametro da tenere in
considerazione è rappresentato dall’”effectiveness”4 globale del sistema, o efficienza dello scambio
termico globale (da non confondere con il concetto di rendimento termodinamico), che vale:
−TT
−TTeff=
inacc
inout eq.2.1.1
dove Tout rappresenta la temperatura dei gas diretti in turbine in uscita dal sistema di scambio termico
con l’accumulo di calore, Tin la loro temperatura di ingresso nel sistema di scambio termico, e Tacc la
temperatura dell’accumulo termico (si è ipotizzato che il materiale di accumulo presenti capacità
termica superiore rispetto al gas). A parità di Tout e Tin in un sistema dotato di maggiore effectiveness si
potrà mantenere più bassa la temperatura di accumulo, che a sua volta influisce sul dimensionamento
del sistema di isolamento termico e sulla scelta dei materiali.
Se inoltre Tout risulta più bassa di quella potenzialmente raggiungibile in ingresso turbina, l’effectivenes
influirà anche sull’efficienza exergetica ed energetica del sistema di accumulo, come discusso nel
capitolo 1.
L’effectiveness è inoltre correlata alla potenza termica che può essere calcolata:
) −T (T m cp= effq inoutg ⋅⋅⋅& eq.2.1.2
dove cpg è il calore specifico del gas diretto in turbina e m la sua portata di massa.
Ovviamente è desiderabile un valore di eff prossimo a 1.
2 Nel caso sia poroso, se le porosità hanno dimensioni sufficientemente ampie, la temperatura è molto elevata ed
il materiale è caratterizzato da elevata emissività, l’irraggiamento può produrre risultati superiori alla conduzione per contatto diretto, come illustrato nel paragrafo A2.3 dell’appendice A2. 3 A. Gil, M. Medrano, et al. “State of art on high temperature thermal energy storage for power generation Part 1-
Cocepts, materials and modellization” renewable and sustainable energy reviews 14 (2010). 4 l’effectivenes è un concetto generalmente impiegato nel campo degli scambiatori di calore; in questa tesi tale
concetto è applicato anche ai sistemi di accumulo termico, che, se ben coibentati, possono essere assimilati a scambiatori di calore rigenerativi.
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
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L’effectiveness aumenta con l’aumentare della superficie di scambio termico (tra materiale di accumulo
e fluido termovettore) e diminuisce con l’aumentare della resistenza termica5 del materiale compreso
tra un qualsiasi punto del materiale di accumulo a temperatura Tacc e il fluido termovettore.
Per questo l’impiego di un sistema con scambio termico diretto tra un materiale di accumulo poroso e il
gas diretto in turbina, è la soluzione dotata delle migliori prestazioni in termini di effectiveness,
specialmente se il materiale poroso è sottoforma granulare. In tal caso infatti si ha una grande
superficie di scambio termico e al contempo un piccolo spessore del materiale compreso tra un qualsiasi
punto del materiale di accumulo ed il gas che lo circonda.
Considerazioni analoghe a quelle relative a effectiveness e potenza nella fase di scarica, valgono per la
fase di ricarica dell’accumulo, se il calore viene trasmesso allo stoccaggio da un fluido termovettore.
Un altro fattore da tenere presente, correlabile all’effectiveness, è la progressiva variazione della
temperatura subita dal materiale di accumulo all’avanzare della fase di carica e di scarica. Come
rappresentato in figura 2.1.1, il comportamento ideale dell’accumulo in fase di scarica dovrebbe
consentire il prelievo di calore attraverso la variazione di uno spessore infinitesimo di materiale di
accumulo tra la massima e la minima temperatura operativa.
Questo comportamento viene approssimato bene qualora l’accumulo abbia luogo in un fluido o in un
materiale fluidizzabile (o trasportabile) e realizzato mediante due serbatoi, di cui uno contenente il
fluido caldo che viene prelevato, fatto passare in uno scambiatore di calore (raffreddandolo) e inviato al
secondo serbatoio contenente il fluido “freddo”. Se invece il prelievo di calore avviene attraverso
tubature presenti all’interno del materiale di accumulo, il profilo termico in fase di scarica assomiglia più
a quello rappresentato nel “caso reale” della figura 2.1.1. In questo caso la temperatura massima del
materiale dell’accumulo si ridurrà durante la fase di scarica e di conseguenza, se si ipotizza che il calore
prelevato serva ad innalzare la temperatura di un fluido (come per l’aplicazione in studio in questa tesi),
da un certo momento in poi la temperatura raggiungibile da tale fluido andrà diminuendo e con essa
l’effectiveness.
Figura 2.1.1 - L’andamento termico lungo una generica dimensione spaziale x, rappresentato nei grafici
sopra, può riferirsi al sistema di accumulo nel suo complesso così come alle parti elementari di cui esso è
costituito.
Per evitare una forte riduzione di “eff”, si potrà optare per arrestare il recupero di calore quando Tout
scende sotto una certa soglia, ma in tal caso non tutta l’energia termica immagazzinata nell’accumulo
5 la nozione di resistenza termica è spiegata nel capitolo 3.2.
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potrà essere effettivamente sfruttata. Al fine di calcolare l’effettiva capacità di accumulo termico di un
sistema, si dovrà quindi considerare il particolare profilo termico assunto all’inizio e alla fine della fase di
scarica, così come quello che si presenterà all’inizio e alla fine della fase di ricarica.
Se l’accumulo termico, anche solido, viene frazionato in molte unità tra loro separate (così che non
scambino calore tra loro), dalle quali il calore viene prelevato in successive fasi, si potrà ottenere un
comportamento dell’accumulo che nella sua totalità tende ad approssimare quello ideale; poche unità
di accumulo dovrebbero tuttavia essere capaci, da sole, di soddisfare la domanda di potenza termica:
una tale soluzione può certamente produrre un aumento dei costi di un eventuale sistema di scambio
termico integrato nel materiale di accumulo. Realizzare questa soluzione è invece più semplice se lo
scambio termico ha luogo in un letto di materiale poroso, nel quale la superificie di scambio termico, e
quindi la potenza termica cedibile al fluido termovettore, può essere facilmente incrementata
riducendo le dimensioni degli elementi solidi.
Come si vedrà nel capitolo 6, pur impiegando materiali solidi dotati di una buona conduttività termica, il
materiale poroso può presentare globalmente una bassa condutività, consentendo di ridurre la
trasmissione di calore tra zone diverse dell’accumulo e quindi consentendo di realizzare condizioni
prossime a quelle ideali anche senza dividere fisicamente il materiale di accumulo in molti contenitori:
questo ovviamente risulta possibile solo se la tempistica delle operazioni di recupero del calore è
sufficientemente veloce da impedire che la temperatura all’interno del materiale poroso vada
comunque a livellarsi con il raggiungimento dell’equilibrio termico.
La figura 2.1.2 mostra i digrammi relativi ad alcuni possibili accoppiamenti tra due flussi di materia che
scambiano calore tra loro (il flusso rosso-arancione cede calore a quello azzurro); in tutti i diagrammi
l’accoppiamento è effettuato cercando di massimizzare la temperatura finale del flusso freddo (si
ipotizza che ΔT min sia la minima differenza di temperatura ottenibile tra ingresso del flusso caldo e
uscita del flusso freddo da un ipotetico sistema di scambio termico di effectiveness fissata). I flussi di
materia illustrati possono rappresentare due fluidi termovettori, ma uno di essi può anche essere visto
come la frazione di materiale solido che scambia calore con un fluido più freddo nell’ambito di un
accumulo poroso.
Figura 2.1.2 – Rappresentazione nel diagramma temperatura-entalpia di tre coppie di flussi di materia
che scambiano calore tra loro.
Nel “caso 1” il flusso caldo viene raffreddato fino alla temperatura T2, benché sia in teoria possibile
raffreddarlo fino alla temperatura T1: ciò significa che viene sfruttata solo una parte del calore
potenzialmente utilizzabile immagazzinato nel flusso di materia calda. Con opportuni accorgimenti (ad
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esempio riducendo la portata del flusso di materia calda, rispetto a quella fredda) risulta possibile
ottenere l’accoppiamento raffigurato nel “caso 2”.
Nel “caso 3” infine la diversa curvatura dei grafici relativi alla variazione di entalpia del due flussi di
materia rende irrecuperabile una parte dell’energia contenuta nel flusso caldo di materia, anche
ricorrendo ad accorgimenti di regolazione della portata: questo non significa ovviamente che
dell’energia vada sprecata, ma semplicemente che se il flusso caldo rappresenta un flusso di materia
utilizzata per l’accumulo termico, sarà necessario dimensionare quest’ultimo tenendo conto che
l’energia recuperabile non è quella immagazzinata a temperatura compresa tra T1 e Tacc, bensì quella
compresa tra T2 e Tacc (inoltre se la temperatura dell’accumulo si manterrà maggiore anche dopo la fase
di scarica, le perdite termiche pure tenderanno ad aumentare).
Alle altissime temperature le curve dell’entalpia dei materiali utilizzabili per l’accumulo termico e dei
fluidi impiegabili per il recupero e la conversione di energia sono abbastanza lineari, come illustrato
nell’esempio del grafico di figura 2.1.1 Si può quindi ipotizzare che lo scambio termico durante il
recupero di energia possa aver luogo similmente a quanto visto nel caso 2.
Variazione di entalpia specifica di alcuni materiali tra 600°C e
Sfere di allumina grado A8 almeno 1500 1089 3670 2202 1,11 0,67 982 3,25 6,1
SiC 99,5% in grani (1 mm) 1600 in aria 1029 3160 1896 0,90 0,54 1650 5,77 8 – 30
Sfere in SiC 97% 1450? (NSiC) 829 3100 1860 0,71 0,43 1511 6,56 5 – 11
*per la grafite, la variazione di entalpia specifica è stata calcolata tra 800 e 1600°C, benché la massima temperatura raggiungibile in atmosfera inerte sia di 2200 °C;
la densità di stoccaggio e il costo per unità di energia accumulata sono stati calcolati sulla base di tale variazione entalpica.
Tabella 2.2.1 11
10
La conduttività riportata per sabbia e sfere è quella relativa al materiale solido, e non quella di un letto poroso nel suo complesso, che a causa dei vuoti tra le particelle solide presenta una minore conduttività termica, come spiegato in appendice A2. 11
I dati riportati in tabella provengono da varie fonti. La variazione di entalpia specifica è stata stimata per l’allumina secondo la formula riportata da Pertti Auerkari in “Mechanical and phisical poperties of engineering alumina ceramics” VTT 1996, per la magnesite e per la silice secondo i dati riportati nel grafico di figura 24.11 del Manuale dell’Ingegnere Meccanico - Hoepli II Edizione. La variazione di entalpia specifica dei mattoni delle diverse tipologie è stato calcolato attraverso la media pesata della variazione di entalpia dei loro componenti chimici principali sulle rispettive percentuali in massa (reperite in Peter Mullinger e Barrie Jenkins “Industrial and Process Furnaces Principles, Design and Operation “ Ed.Butterworth-Einemann). La variazione di entalpia specifica di Sabbia di silice e di olivina sono state calcolate secondo i dati riportati per il calore specifico nel paragrafo A3.4.e (nell’appendice A3) quella della bauxite calcinata è stata considerata pari a quella dei mattoni di allumina al 70%, che hanno circa la medesima composizione. La variazione di entalpia specifica del carburo di silicio è stata stimata sulla base dei dati relativi al calore specifico riportati dal sito dell’Advanced Energy Technology Group dell’Università della California di San Diego (http://aries.ucsd.edu/) ripresi da Y. S. Touloukian ed., "Thermophysical properties of high temperature solid materials", vol. 5, part 1, pp 123-129, MacMillan Co., New York, 1967. Per la grafite, la variazione di entalpia specifica è stata calcolata sulla base dei calori specifici riportati in “GRAPHITE DESIGN
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2.3 - Materiali a cambiamento di fase (PCM) per le altissime temperature.
L’accumulo di energia sottoforma di calore latente di fusione consente di poter cedere e sottrarre
energia a temperatura costante, quindi di ridurre al minimo il salto di temperatura compiuto dallo
stoccaggio. Tale soluzione è dunque favorevole in termini di effectivenes (equazione 2.1.1), poiché è
possibile Tacc risulta circa costante durante tutta la fase recupero termico, ed in termini di di capacità
termica effettiva, poiché senza ripercussioni sull’effectiveness è potenzialmente possibile recuperare
tutto il calore accumulato (si veda paragrafo 2.1.c per delucidare queste affermazioni).
Poiché alcune sostanze presentano un’elevata entalpia di fusione, sfruttare questa loro caratteristica
permette di ottenere densità elevate di accumo dell’energia. D’altra parte l’impiego di sostanze liquide
ad alta o altissima temperatura risulta in generale più problematico dell’impiego di solidi (maggiore
reattività chimica, necessità di un contenitore stagno che deve restire anche alla pressione di vapore…),
come si è già visto nel paragrafo 1.1.a.
Se esiste una vasta letteratura relativa all’accumulo di calore nei PCM a bassa, media ed alta
temperatura, sono invece limitati quelli relativi all’accumulo a temperature superiori a 1000 °C; non
esistono infatti applicazioni commerciali che prevedono l’impiego di PCM alle altissime temperature.
Come si vedrà di seguito, sebbene l’accumulo in PCM ad altissima temperature risulti teoricamente
possibile, vi sono numerose ricerche da approfondite e alcuni problemi da affrontare prima di poter
ricorrere al loro impiego per applicazioni su vasta scala.
Prima di passare in rassegna alcune possibili sostanze impiegabili alle altissime temperature è
necessario osservare che non tutte quelle con temperatura di fusione nel range di interesse
(indicativamente 1100- 1650 °C) possono effettivamente essere utilizzate per l’accumulo termico. Un
PCM dovrebbe presentare i seguenti requisiti :
- stabilità e non deteriorabilità nel tempo e con il susseguirsi dei cicli di solidificazione-fusione;
- sicurezza di impiego (caratteristiche di non infiammabilità, non esplosività, non tossicità) e
impatto ambientale ridotto nel ciclo vita;
- elevati calore latente di fusione, calore specifico e densità, al fine di minimizzare il volume di
accumulo;
- compatibilità con gli altri materiali dell’accumulo termico;
- piccola variazione di volume durante la fusione (al fine di semplificare la struttura del sistema di
accumulo);
- bassa pressione di vapore (al fine di evitare il ricorso a contenitori presurizzati);
- elevata conduttività termica sia in fase solida che liquida (per favorire lo scambio termico in fase
di carica e scarica dell’accumulo);
- trascurabilità del fenomeno del sottoraffreddamento12 (o facile addotabilità di accorgimenti atti a
limitare il problema);
HANDBOOK” General Atomic, Settembre 1988 - DOE-HTGR-88111. I costi, sono stati stimati con la procedura indicata nell’appendice A4, per i mattoni refrattari, la grafite, la bauxite, le sfere di allumina, e i prodotti in SiC, a partire dalle offerte di alcuni produttori cinesi sul sito alibaba.com e tenendo conto delle spese di importazione. La scelta di impiegare i costi dei prodotti cinesi è legata a questioni di praticità, ed è doveroso osservare che l’effettiva scelta di realizzazione di un sistema di accumulo in Italia con questi materiali può risultare negativa dal punto di vista dell’impatto ambientale durante il ciclo vita. I prodotti refrattari cinesi (in particolare mattoni),
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- reperibilità ed economicità ed eventuale possibilità di recupero a fine esercizio.
Sono stati individuati e saranno di seguito presentati alcuni sali, ossidi e metalli, puri o miscelati, che
presentano una temperatura di fusione nell’intervallo di temperatura d’interesse e che potrebbero
essere usati come PCM. Nel caso essi siano miscelati, per evitare la segregazione delle fasi del composto
è necessario che esse fondano e solidifichino contemporaneamente: risulta dunque necessario che la
concentrazione delle fasi sia calibrata in modo tale da ottenere una miscela “eutetica”, a meno che le
fasi non siano “completamente miscibili” tra loro (caso che sarà illustrato in questo paragrafo, con un
esempio).
L’impiego di composti eutetici consente una maggiore libertà di scelta sia della temperatura di
solidificazione, che delle altre proprietà fisiche, rispetto all’impiego di sostanze pure, e ciò acquista
importanza considerando che quelle che fondono ad altissima temperatura e che presentano un costo
accettabile non sono molto numerose. In un sistema binario (composto da due sole fasi) la temperatura
eutetica è fissata, tuttavia, due sali o due metalli possono produrre delle fasi intermedie: in questo caso
si può avere una miscela eutettica sia per composizioni intermedie tra fase pura e fase intermedia, sia
tra le diverse fasi intermedie; ad ogni diversa miscela eutettica potrà corrispondere una diversa
temperatura di fusione. L’impiego di composti ternari o costituiti da un maggior numero di fasi
moltiplica in generale il numero dei composti eutettici, aumentando ulteriormente le possibilità di
scelta.
Si osserva che i composti eutettici presentano perlopiù una temperatura di fusione inferiore a quella
delle fasi pure, o almeno ad una di essa: si può in tal modo utilizzare sostanze con ottime proprietà di
accumulo termico, ma con temperatura di fusione della fase pura troppo elevata per l’applicazione in
esame.
Per chiarire questo concetto, nell’immagine 2.3.1 è riportato il diagramma di fase del sistema binario
SiO2-Al2O3. La silice pura ha una temperatura di fusione di circa 1726 °C; l’allumina pura ha una
temperatura di fusione di circa 2054 °C. La mulite (3Al2O3-2SiO2) è una fase intermedia tra allumina e
silice, corrispondente a circa il 72% in peso di Al2O3, ed ha una temperatura di fusione di circa 1855 °C.
La temperatura di fusione della miscela eutettica con composizione intermedia tra silice e mulite è di
presentano, secondo gli stessi venditori, prestazioni generalmente inferiori a quelli di alcuni prodotti del mercato europeo, tuttavia la particolare applicazione in esame non richiede prestazioni necessariamente elevate; la rottura dei mattoni, ad esempio, innescata anche da microfratturazioni createsi durante il trasporto del materiale, risulta molto meno problematica che nel caso in cui i mattoni fossero adibiti a funzioni strutturali. Inoltre si può certamente ipotizzare che mattoni non cotti, prodotti in Italia, abbiano costi inferiori a quelli tabulati. Per quanto riguarda le sfere di allumina e di carburo di silicio, sono stati scelti prezzi relativi a prodotti di qualità elevata, e ci si può aspettare che i prezzi sul mercato italiano non siano superiori. Per le sabbie di silice e di olivina si è invece fatto riferimento al costo sul mercato italiano, anche perché l’eventuale importazione dalla Cina risulterebbe economicamente sconveniente a causa del basso costo per tonnellata di questi prodotti. Il prezzo del SiC in grani è stato ripreso dal capitolo 4. I dati relativi alla densità fanno riferimento alle schede tecniche dei prodotti sul mercato relativi a quelli di cui è stato riportato il costo. I dati relativi alle conduttività sono invece stati ripresi da Peter Mullinger e Barrie Jenkins “Industrial and Process Furnaces Principles, Design and Operation “ Ed.Butterworth-Einemann., A. Bejan, A. D. Kraus “HEAT TRANSFER HANDBOOK” John Wiley & Sons, INC.- 2003 Manuale dell’Ingegnere Meccanico - Hoepli II Edizione, J. F. Shackelford “Scienza e ingegneria dei materiali” settima edizione – Pearson Prentice Hall e dalle schede tecniche fornite dai produttori dei materiali. 12
Il sottoraffreddamento è un fenomeno di raffreddamento di un liquido al di sotto della temperatura di fusione senza passaggio di stato, e quindi in condizioni di metastabilità. Uno dei possibili problemi è quello di una riduzione del calore accumulato, a causa, appunto, del mancato cambiamento di stato a cui è associato l’assorbimento o il rislascio del calore latente.
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circa 1597 °C, mentre quella della miscela eutettica con composizione intermedia tra mulite e allumina
fonde a circa 1843 °C.
Miscelando Al2O3 ,SiO2,MgO si può ottenere un composto eutettico ternario con temperatura di fusione
ancora più bassa, pari a 1355 °C, mentre con una miscela eutettica di CaO Al2O3 ,SiO2 si può raggiungere
la temperatura di fusione di 1170 °C. Gli ossidi di sodio e di potassio vengono poi impiegati in diverse
applicazioni industriali per ridurre al disotto dei 1000 °C la temperatura di fusione dei silicati.
Figura 2.3.1 - Diagramma binario di fase per una miscela di Allumina e Silice.13
Il calore latente di fusione degli ossidi è generalmente elevato, come si può osservare nella tabella 2.4.1.
In particolare si osserva che l’allumina presenta un calore specifico di ben 1092 kJ/kg, l’ossido di calcio,
di 928 kJ/kg. La silice presenta l’entalpia di fusione più bassa tra ossidi elencati in tabella (160 kJ/kg), ma
tuttavia comparabile con quella di alcuni PCM presenti sul mercato per le basse e medie temperature (a
fini orientativi, il calore di fusione dell’acqua è di 334 kJ/kg). Le miscele eutettiche ed i composti delle
sostanze elementari hanno un calore latente di fusione correlato a quello fasi pure, e quindi in generale
altrettanto elevato (nel caso più semplice di una miscela eutettica formata dalla soluzione di due
elementi puri, l’entalpia di fusione può essere stimata effettuando una media dei calori latenti dei due
13
Tale diagramma presenta un elevato interesse dal punto di vista della composizione dei refrattari: i mattoni composti da percentuali di allumina superiori al 62% possono essere impiegati a temperature superiori rispetto a quelli con maggior contenuto di silice, che fondo ad una temperatura notevolmente inferiore. Nel diagramma si osserva che che diversi studi sperimentali hanno prodotto risultati simili, ma leggermente diversi tra loro, che possono essere stati prodotti da errori di misurazione alle alte temperature, dalla presenza di impurità… Immagine tratta da: G. Routschka “Refractory materials- pocket manual - design- properties- testing” 2008 Vulkan-Verlag GmbH.
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composti pesata sulle frazioni molari degli stessi, ed aggiungendo una funzione dell’attività chimica delle
fasi per tener conto dello scostamento dal comportamento di una soluzione ideale14).
Tabella 2.3.1 – temperature ed entalpia di fusione per alcuni ossidi15
Il costo degli ossidi puri è elevato, tuttavia è possibile, almeno teoricamente, miscelare tra loro minerali
e materie prime impure, costituite da ossidi e silicati, al fine di ottenere le miscele eutettiche o i
composti desiderati. Inoltre numerose applicazioni industriali prevedono una sostituzione periodica del
rivestimento refrattario, e quindi anche i materiali di scarto prodotti da questa operazione potrebbero
essere impiegati come materia prima a basso costo per la produzione di PCM. Il costo di sabbia silicea di
elevata purezza è orientativamente di circa 80 €/ton, come riportato nella tabella 2.2.1; quello della
14
C. E. Birchenall, S. I. Guyeri et all. “Heat Storage in Alloy Transformations” Final Report March 1981 DOE/NASA/3184-2 – Appendice A. 15
Marcelle Gaune-Escard “Molten Salts: From Fundamentals to Applications” -Kluwer Academic Publisher 2001.
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bauxite con contenuto di allumina pari all’88% si aggira sui 400-600 €/ton e diminuisce per percentuali
inferiori di Al2O3, mentre il costo della polvere di cordierite per la produzione di ceramici, con una
composizione di Al2O3 ,SiO2,MgO prossima a quella eutettica con fusione a 1355 °C, è non molto
inferiore a quello della bauxite. È quindi lecito ipotizzare che il costo di un materiale utilizzabile come
PCM costituito da una miscela di ossidi potrebbe risultare inferiore a 600 €/ton.
Nonostante gli ossidi ceramici possiedano ottime proprietà di accumulo termico, siano facilmente
reperibili e non presentino problemi dal punto di vista della sicurezza, risulta difficilmente pensabile un
loro impiego come PCM. Infatti i silicati fusi tendono a formare vetri e solidi amorfi quando il loro
raffreddamento ha luogo in modo relativamente veloce. Poiché l’entalpia di fusione è associata alla
formazioni di cristalli solidi, se questo processo viene meno, anche il calore latente di fusione si annulla,
come illustrato nella figura 2.3.2. Non si può però escludere che alcune miscele (o composti) di ossidi
vadano a costituire quantomeno una struttura microcristallina dispersa in una matrice vetrosa in un
arco di tempo compatibile con quello dell’accumulo termico e con una capacità termica accettabile per
un range di temperature di alcune centinaia di gradi; è importante peraltro notare che al calore latente
di formazione dei microcristalli si aggiungerebbe anche il loro calore specifico e quello del liquido
vetroso sottoraffreddato, generalmente superiore a quello della forma cristallina.
Figura 2.3.2 – Entalpia in funzione della temperature in un materiale non soggetto a sotto-
raffreddamento, in un vetro velocemente raffreddato e in un vetro lentamente raffreddato. 16
Per quanto riguarda l’accumulo di calore nei sali ad altissima temperatura, in tabella 2.4.2 sono
presentati i fluoridi e solfati con temperatura di fusione superiore a 1200 °C (non sono stati reperiti altri
sali con temperatura di fusione così elevata, anche perché molti composti, se ancora solidi, tendono a
dissociarsi a temperature così elevate ). Una ricerca sulle informazioni reperibili in letteratura
sull’accumulo termico nei sali a temperature molto alte è stata effettuata nel 2010 da Murat. M.
Kenisarin17. Le misurazioni relative alla variazione di volume dei PCM alle alte temperature, sono assi
16
Jozsef Garai “Physical model for the latent heat of fusion” Chemical Physics Letters 398 (2004) 98–101 17
Murat. M. Kenisarin “high-temperature phase change materials for thermal energy storage – renewable and sustainable Energy Reviews 14 (2010).
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limitate e i pochi dati disponibili relativi ai fluoridi mostrano variazioni volume notevoli (del 45% per LiF,
del 28% per NaF, di circa il 30% per la miscela 27LiF-15NaF-55KF-6MgF2) che potrebbero ostacolarne
l’utilizzo per l’accumulo di energia. L’impiego dei solfati potrebbe invece non essere possibile a causa
della loro scarsa stabilità chimica già a temperature superiori ai 700°C.18
Dal punto di vista dell’energia accumulabile per unità di volume e del costo per unità di energia
accumulabile, spiccano le performance di MgF2 e CaF2; buone anche le caratteristiche del CaSO4 e del
BaSO4. Per il solfato di stronzio non è stato possibile reperire informazioni attendibili relative al costo:
quello del minerale grezzo celestite, da cui il solfato può essere estratto, risulta comunque abbastanza
basso.
Poiché il calore specifico dei sali in esame alle altissime temperature non è noto, al fine di stimare la
varizione di entalpia tra 900 e 1550 °C riportata in tabella, si è fatto uso del modello di Debye
(sostanzialmente valido per solidi non conduttori elettrici) secondo il quale il calore specifico molare a
volume costante (cmv) è circa pari a 3∙R (con R costante universale dei gas perfetti) per una temperatura
superiore a quella di Debye per il materiale in esame. Il calore specifico a pressione costante risulta,
d’altra parte, per i solidi, di poco superiore a quello a volume costante, e la temperatura di Debye (TD) è
generalmente inferiore a 900°C, sebbene tenda ad aumentare all’aumentare della temperatura di
fusione. Si può dunque scrivere:
≥⋅
≅
⋅
T per T
MM
R3 c
T per T<MM
R3 < c
Dp
Dp eq. 2.3.1
dove MM è la massa molare in g/mole, che può essere facilmente calcolata come somma della massa
atomica dei componenti di una molecola della sostanza.
Per superare i limiti che caratterizzano molti sali (elevata variazione di volume alla fusione, scarsa
conduttività termica, corrosività, instabilità, elevato sottoraffreddamento…) è stato proposto in alcuni
studi l’impiego di metali come materiale di accumulo a cambiamento di fase per le alte ed altissime
temperature; anche in questo caso l’attenzione dei ricercatori sia è concentrata verso leghe con
temperature di fusione inferiori a 1000° C, tuttavia vi sono metalli comuni e poco costosi come il silicio
ed il ferro, che hanno una temperatura di fusione superiore a 1400° C. Il grafico di figura 2.3.3 mostra la
temperatura e l’entropia di fusione di alcuni metalli; si osserva che che il calore latente di fusione
(ricavabile moltiplicando l’entropia per la temperatura di fusione) è massimo per il silicio, le cui leghe
risultano pertanto le più studiate per la produzione di PCM metallici.
In tabella 2.3.2 sono riportate la densità di stoccaggio energetico di alcuni metalli e leghe metalliche
promettenti per l’impiego ad altissime temperature, ed il loro costo per unità di energia accumulabile;
l’elevata densità di ferro e nichel rispetto al silicio fa sì che il loro calore latente per unità di volume sia
circa la metà di quello di questo elemento, nonostante le migliori prestazioni del silicio in termini di
calore latente per unità di massa; inoltre il loro calore specifico per unità di volume alle altissime
temperature risulta notevole e se la differenza di temperatura tra fase di carica e di scarica è elevata
questi possono presentare una densità di stoccaggio energetico superiore a quella del Silicio. L’impiego
del nichel è tuttavia da escludere o limitare per via del suo elevato costo (considerazioni analoghe
potranno essere fatte per altri metalli minori, quali il cobalto). L’acciaio al carbonio ed il silicio
presentano invece un costo comporabile per unità di energia accumulabile: se la differenza termica che
18
Judith C. Gomez “High Temperature Phase Change Materials (PCM) Candidates for Thermal Energy Storage (TES) Applications” NREL 2011.
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si ha in fase di esercizio tra fase solida e liquida è piccola, l’impiego del silicio risulta più vantaggioso,
mentre l’acciaio presenta migliori prestazioni se la differenza di temperatura è di alcune centinaia di
gradi. Qualora fosse possibile impiegare rottami di ferro per l’accumulo di calore, si potrebbe ridurre
ulteriormente i costi.
Il germanio (non riportato in tabella) presenta una densità di stoccaggio energetico intermedia tra
quella del silicio e dell’acciaio, ma un costo per unità di massa di circa un ordine di grandezza superiore
al silicio (ed una notevole volatilità del prezzo), che ne scoraggia l’impiego. Tuttavia la similarità della
sua struttura cristallina con quella del silicio ne consente la totale miscibilità con quest’ultimo: nelle
soluzioni di silicio e germanio il passaggio dalla fase liquida a quella solida avviene all’interno di un range
di temperatura (di massimo un centinaio di gradi) dipendente dalla percentuale dei due elementi e
compresa circa tra 1411 e 934 °C (rispettivamente la temperatura di fusione di Si e Ge); una piccola
percentuale di germanio può dunque consentire di apportare correzioni alla temperatura di fusione del
silicio. Il germanio presenta inoltre alcune caratteristiche desiderabili (compatibilità con la grafite che
può essere impiegata come materiale di contenimento) che lo hanno reso oggetto di studio come PCM.
Figura 2.3.3 – Entropia e temperatura di fusione per alcuni metalli19
Sono state prese in esame anche le possibili leghe di ferro e silicio: in tabella sono riportati i dati relativi
al Ferrosilicio al 75% di Si, facilmente reperibile sul mercato (e di cui è stato possibile trovare il costo); le
possibili leghe eutettiche di ferro e silicio presentano temperature di fusione prossime ai 1200°C,
mentre una fase intermedia ha una temperatura di fusione prossima a quella del silicio metallico, come
evidenziato nel diagramma di fase binario di figura 2.3.4. I costi per unità di energia accumulabile
risultano più bassi di quelli del solo silicio, mentre la densità di energia è leggermente superiore.
19
R. J. Lauf and C. Hamby, Jr. “METALLIC PHASE-CHANGE MATERIALS FOR SOLAR DYNAMIC ENERGY STORAGE SYSTEMS” (NASA Order No. C-30003-J) OAK RIDGE NATIONAL LABORATORY, December 1990.
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 78
Figura 2.3.4 – Diagramma binario di fase per un composto di Silicio e Ferro.20
Il confronto tra i sali più promettenti come possibili PCM per le altissime temperature ed i metalli
utilizzabili per il medesimo fine emergono prestazioni leggermente migliori per i metalli dal punto di
vista della densità di accumulo, mentre le caratteristiche sono simili dal punto di vista dei costi per unità
di energia accumulata. Bisogna comunque considerare che le stime sia dei costi, che del calore specifico
dei sali non sono molto accurate. La conduttività dei sali ad altissima temperatura non è nota, benché in
alcuni studi venga lamentata una bassa conduttività dei sali impiegabili come PCM alle alte
temperature, tra cui anche i fluoridi21; i valori della conduttività per i metalli analizzati sono comunque
elevati anche intorno ai 1400-1500 °C.
Nel valutare i costi si dovrebbe anche tenere conto del valore che mantiene il materiale di accumulo a
fine vita dell’impianto.
20
Fe–Si (Iron–Silicon) T.B. Massalski, D.E. Peterson, C. Bale, A.D. Pelton, V.P. Itkin, C.B. Alcock (Eds.) et al., Binary alloy phase diagrams, ASM International, Materials Park, OH (1996). 21
C. E. Birchenall, S. I. Guyeri et all. “Heat Storage in Alloy Transformations” Final Report March 1981 DOE/NASA/3184-2 e appendici.
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 79
Proprietà indicative di alcuni materiali a cambiamento di stato ad altissima temperatura
*per il solfato di stronzio la variazione di entalpia anziché tra 900 e 1550° C è stata calcolata tra 900 e 1625 °C al fine di consentire il cambiamento di stato. La
densità di stoccaggio ed il costo per unità di energia, sono stati calcolati impiegando questo dato. Inoltre il costo riportato in tabella è riferito a quello del
minerale grezzo celestite, composto da SrSO4 per l’85-90%; il costo effettivo del materiale di purezza sufficiente per l’accumulo termico è dunque certamente
superiore a quello indicato.
Tabella 2.3.2
22
Le densità qui indicate sono quelle relative ai materiali a temperature ambiente, che risultano superiori a quelle dei materiali al punto di fusione (dove ad esempio quella del ferro vale circa 6980 kg/m
3. La densità di accumulo risulta pertanto sovrastimata ed il costo per unità di energia accumulata, sottostimata.
23 La metodologia utilizzata per la stima del costo è illustrata nell’appendice A4.
24 Per il costo si fa riferimento all’acciaio dolce S 185 (a basso contenuto di carbonio). Se la percentuale di carbonio è sufficientemente bassa, la solidificazione avviene
velocemente, ed il materiale viene mantenuto ad alta temperatura (consentendo la diffusione degli atomi di carbonio) non si dovrebbero verificare grossi problemi di segregazione sebbene la miscibilità di carbonio e ferro non sia totale. La variazione di entalpia specifica di fusione dipende dalla percentuale di carbonio; per il ferro puro vale circa 209 kJ/kg. Per il calcolo della densità di accumulo si è fatto riferimento ad un valore medio.
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 80
2.4 - Contenimento dei PCM alle altissime temperature.
Una questione di notevole rilevanza per l’accumulo termico nei PCM ad altissima temperatura è quello
del loro contenimento.
Risulta non banale realizzare contenitori economici di materiali compatibili con i PCM ad alta
temperatura e spesso il costo delle strutture all’interno delle quali sono alloggiati i materiali di accumulo
è, se non superiore, quantomeno paragonabile a quello di questi ultimi; ciò fa capire l’importanza
dell’impiego di PCM ad elevata densità di stoccaggio.
Trovare una soluzione non costosa diviene ancora più annoso in presenza di liquidi a temperature
superiori a 1000°C, alle quali solo pochi materiali strutturali possono resistere: come sarà spiegato più
dettagliatamente nel capitolo 5, a temperature di accumulo superiori a 1150° C la scelta ricade in modo
praticamente obbligato su materiali ceramici (ossidi o carburi) o sulla grafite (che però può essere
impiegata ad alta temperatura solo in atmosfere non ossidanti). Oltre a presentare buone
caratteristiche meccaniche alle alte temperature, il materiale di contenimento deve resistere all’attacco
del PCM, ossia vi deve essere una limitata solubilità reciproca tra PCM e contenitore, quest’ultimo deve
resistere all’infiltrazione del liquido (a meno che essa non abbia effetti positivi sulla resistenza), e non
presentare reazioni chimiche con il PCM oppure presentare una reazione lenta che produce un layer
protettivo stabile.
Le modalità di contenimento sono fondamentalmente tre:
1 Impiego di un recipiente eventualmente rivestito di materiale refrattario ed isolante,
contenente il PCM e tubature per realizzare lo scambio termico.
2 Integrazione del PCM in una matrice solida, attraversato da canali per lo scambio termico; il
PCM può essere totalmente confinato nella matrice o aderire ad essa grazie a forze di adesione
superficiali (capillarità). Qualora la conduttività del PCM sia scarsa, l’impiego di una matrice a
conduttività superiore consente peraltro di migliorare lo scambio termico (materiali conduttivi
porosi quali la grafite possono essere inseriti anche all’interno di altre tipologie di contenimento
con questa stessa finalità).
3 Impiego di capsule riempite di PCM (in genere parzialmente, per consentire le variazioni di
volume); in questo caso le capsule possono essere più agevolmente riposte in un contenitore
resistente alle alte temperature e si può avere uno scambio termico diretto tra le capsule ed il
fluido da riscaldare.
Ciascuna di queste soluzioni progettuali è stata sperimentata solo per temperature inferiori a quella in
esame, tuttavia vi sono esperienze di contenimento di materiali ad altissima temperatura sviluppate in
diversi ambiti industriali (metallurgia, chimica…) e di ricerca.
Vi sono inoltre studi sulla possibilità di realizzare una soluzione progettuale ibrida tra quelle dei punti 2
e 3, ossia la realizzazione di pellets o mattoncini costituiti da un composito solido/PCM; in particolare
tale soluzione è stata analizzata per un composito di sali/ceramica, con i sali immobilizzati nella matrice
ceramica microporosa grazie al fenomeno della capillarità.25
Poiché il silicio fuso tende a bagnare materiali grafitici e carburo di silicio (tanto che uno dei processi
attraverso i quali viene prodotto il carburo di silicio consiste nell’infiltrazione per capillarità del silicio
25
Olszewski, M. Advanced latent heat storage media for high-temperature industrial applications IEA Workshop on Latent Heat Stores, Stuttgart, F.R. Germany, 5 Mar. 1984.
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 81
nella grafite) e poiché è possibile ottenere grafite con vari gradi di porosità e diverse dimensioni dei
pori, una possibilità che potrebbe essere presa in analisi e quella dell’accumulo in un composito Si-SiC
modificato sulla base delle esigenze di accumulo (il Si-SiC in commercio presenta una ridotta
percentuale di silicio metallico infiltrato), di cui andrebbe verificata la capacità di effettiva ritenzione del
silicio fuso.
Per quanto riguarda la soluzione progettuale 1 si osservano alcuni problemi relativi alle tubazioni per lo
scambio termico. Anche ipotizzando di trascurare l’aggressività chimica dei PCM, le tubature
risulterebbero notevolmente sollecitate dal punto di vista meccanico, soprattutto al transitorio termico
e quindi in fase di avvio del recupero di calore, come sarà spiegato anche nel capitolo 5. Un sistema per
l’accumulo di energia elettrica richiede una certa velocità di avvio per soddisfare i picchi di domanda,
quindi un avvio lento per ridurre le tensioni al transitorio è certamente indesiderabile. Le tensioni
termiche nei tubi aumentano inoltre all’aumentare della differenza di temperatura tra accumulo
termico e fluido adibito al recupero di calore, però più la differenza termica tra interfaccia interna ed
esterna delle tubature è piccola, maggiore sarà la superficie di scambio termico, e quindi il costo delle
tubature per ottenere la medesima cessione di calore. Inoltre, per ridurre la differenza di temperatura,
ci può essere la necessità di preriscaldare il fluido impiegato nel recupero termico attraverso un altro
sistema di accumulo, con possibili complicazioni impiantistiche.
Anche la presenza di tensioni prodotte nei tubi dalle variazioni di volume del PCM deve essere presa in
opportuna considerazione; durante la fase di immagazzinamento dell’energia, questa dovrebbe essere
fornita necessariamente partire dalla parte superiore dell’accumulo, così che l’espansione del materiale
durante la fase di fusione possa trovare sfogo in uno spazio vuoto. Anche ricorrendo a questo
accorgimento, è tuttavia possibile che le tensioni prodotte dalla variazione di volume del PCM in fase
solida possano danneggiare i tubi, se la temperatura del materiale di accumulo venisse fatta scendere
sufficientemente al disotto di quella di fusione dello stesso.
Infine, realizzando i tubi in materiale ceramico o grafite, sarebbe necessario tener conto della loro
natura fragile che comporta una progettazione probabilistica e dunque considerare la necessità di
sostituzione periodica di eventuali tubi rotti, operazione non banale considerando le temperature alle
quali si sarebbe costretti ad operare per assicurare la liquidità del PCM.
Anche la possibilità di accumulo in un materiale composito solido-liquido attraversato da canali o tubi
presenta inconvenienti legati alle tensioni meccaniche di origine termica che si originerebbero nel
materiale.
Appare invece più promettente la possibilità di accumulo in un materiale “discontinuo”, quindi in
capsule piene di PCM oppure in mattoncini o pellets in composito PCM/solido: l’elevata superficie di
scambio termico consentita da queste soluzioni permetterebbe di limitare notevolmente la differenza di
temperatura tra fluido per il recupero termico e materiale di accumulo termico, che potrebbe peraltro
variare il proprio volume con maggiore libertà e quindi minimizzando le tensioni meccaniche del
materiale. L’eventuale rottura di qualche capsula, o ancor più dei mattoncini in composito, non
produrrebbe inoltre grossi problemi.
L’incapsulamento di metalli impiegabili come PCM è stato oggetto di diversi studi. È stata ad esempio
analizzato l’impiego di leghe di silicio e magnesio e di silicio e zinco all’interno di capsule in grafite; la
grafite risulta facile da produrre nella forma voluta e poco costosa, tuttavia è stato osservata
l’interazione chimica tra la lega di silicio e la sfera (che in alcuni casi conduce alla distruzione della
capsula) e la presenza di forti discrepanze tra la variazione di volume della lega e la capsula,
Capitolo 2 Materiali e tecnologie per lo stoccaggio di energia termica ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco 82
specialmente a basse temperature, producendo la rottura di queste ultime durante la discesa della
temperatura verso condizioni ambiente (processo che potrebbe aver luogo durante fasi di
manutenzione dell’accumulo termico).26 Inoltre è evidente che capsule di grafite non possono essere
impiegate ad alta temperatura in presenza di aria atmosferica.
Problemi di interazione chimica tra la grafite e il silicio, grafite e ferro, o leghe di tali metalli sono
inevitabili, a meno di ricorrere al rivestimento interno della capsula in grafite, operazione
probabilmente produrrebbe un aumento dei costi di quest’ultima, e su cui non sono stati reperiti studi.
In un altro studio27 è stata osservata una buona compatibilità tra leghe metalliche (anche contenenti
silicio) e carburo di silicio; la resistenza del carburo di silicio all’attacco dei metalli è probabilmente da
ricercare nel layer di SiO2 naturalmente presente sulla sua superficie e potrebbe venir meno in caso di
danneggiamento o rimozione di tale strato protettivo.
Un’originale ipotesi presa in esame per l’accumulo di calore in metalli consiste nella produzione di un
eutettico auto-incapsulante: partendo da una miscela ricca di silicio ed facendo ricorso ad un
raffreddamento controllato di pellets costituiti da tale miscela, è stato possibile realizzare un solido di
silicio praticamente puro nella zona esterna lasciando all’interno un eutettico con temperatura di
fusione inferiore, per l’accumulo di energia con cambiamento di fase.28
2.5 - Risultati dello studio effettuato in questo capitolo.
Sia l’accumulo di calore sensibile in materiali solidi, sia l’accumulo di calore sensibile in PCM, presenta
alle un certo interesse nell’ambito dell’applicazione oggetto di questa tesi. All’attuale stadio
tecnologico, tuttavia, la seconda soluzione non risulta immediatamente percorribile. La differenza in
termini di densità di energia accumulata tra materiali solidi e PCM non è inoltre particolarmente
elevata, se si fa riferimento alla variazione entalpica corrispondente ad una variazione termica di alcune
centinaia di gradi centigradi e se si considera che le soluzioni più promettenti nell’ambito dei PCM ad
altissima temperatura prevedono l’incapsulamento dello stesso all’interno di un solido di volume
rilevante in rapporto a quello occupato dal materiale a cambiamento di fase: fa eccezione solo la
soluzione dell’autoincapsulamento del silicio, che tuttavia non consentirebbe di raggiungere
temperature di accumulo elevate come quelle raggiungibili con materiali solidi.
Infine il costo dei PCM, una volta incapsulati mediante un processo industriale, difficilmente sarebbe
paragonabile a quello dei materiali solidi impiegabili tali e quali per l’accumulo sensibile; d’altra parte,
come si vedrà nei successivi capitoli, se si fa uso dei solidi riportati in tabella 2.2.1, il costo del materiale
di accumulo risulta praticamente irrilevante rispetto agli altri costi del sistema; perciò l’impiego di PCM,
anche se costosi di per sé, potrebbe risultare competitivo alla luce del costo complessivo dell’accumulo.
Tra le soluzioni per l’accumulo di calore sensibile, al fine di aumentare l’effectiveness, sembrano
particolarmente promettenti quelle che fanno uso di materiale granulare o poroso.
26
R. J. Lauf and C. Hamby, Jr. “METALLIC PHASE-CHANGE MATERIALS FOR SOLAR DYNAMIC ENERGY STORAGE SYSTEMS” (NASA Order No. C-30003-J) OAK RIDGE NATIONAL LABORATORY, December 1990. 27
C. E. Birchenall, S. I. Guyeri et all. “Heat Storage in Alloy Transformations” Final Report March 1981 DOE/NASA/3184-2 e appendici. 28
Olszewski, M. Advanced latent heat storage media for high-temperature industrial applications IEA Workshop on Latent Heat Stores, Stuttgart, F.R. Germany, 5 Mar. 1984.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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CAPITOLO 3:
Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico.
Il serbatoio di stoccaggio della sostanza adibita all’accumulo termico presenta fondamentalmente due
funzioni: quella di alloggiare la sostanza di accumulo evitandone le dispersioni e quella di evitare le
perdite di calore verso l’esterno, attraverso ad un opportuno isolamento termico. In alcune soluzioni
progettuali, i serbatoi devono inoltre resistere alla pressione dell’eventuale fluido termovettore che
attraversa l’accumulo termico, evitandone la dispersione nell’ambiente esterno.
Poiché il materiale contenuto nel serbatoio può avere una pericolosità intrinseca, o comportare rischi
legati alla sua elevata temperatura, la struttura di contenimento dovrebbe essere progettata
considerando con attenzione le problematiche della sicurezza, anche in relazione ad eventi eccezionali.
In questo capitolo saranno dapprima riportate alcune considerazione relative alla geometria e al
dimensionamento del sistema di accumulo termico.
Saranno poi analizzate le caratteristiche di alcuni materiali disponibili per l’isolamento termico e sarà
calcolata, in prima approssimazione, l’entità delle perdite di calore per accumoli termici di varie
dimensioni coibentati con tali materiali.
Infine sarà posta l’attenzione sulle tecniche costruttive potenzialmente impigabili per la realizzazione di
un serbatoio di stoccaggio ad altissima temperatura. Sarà considerata anche la possibilità di impiego di
un vessel metallico al fine di realizzare un accumulo pressurizzabile per il recupero termico diretto
(tecnologia oggetto del capitolo 6).
3.1 - Geometria e dimensioni del sistema di accumulo.
Nello stabilire forma e dimensioni dell’involucro del sistema di accumulo, sarà necessario considerare
soprattutto i seguenti fattori:
1. esigenza di minimizzare le perdite di calore qloss verso l’esterno (e quindi il costo dell’energia
persa COSTloss);
2. esigenza di massimizzare l’energia accumulata Eacc;
3. esigenza di limitare i costi (per i materiali di isolamento COSTisol, per quelli di accumulo Cacc, per i
costi di costruzione del sistema COSTcostr e manutenzione COSTman);
4. vincoli legati ad esigenze strutturali;
5. vincoli di compatibilità con il sistema di recupero dell’energia e con le caratteristiche della
domanda energetica termica ed elettrica.
Le perdite di calore verso l’esterno possono essere valutate mediante l’equazione di Fourier
opportunamente integrata nel dominio di interesse
r
T k = − S qloss
∂
∂⋅⋅ eq. 3.1.1
dove S è la superficie attraverso la quale si trasmette il calore, k la conduttività termica, T la
temperatura e r una dimensione spaziale.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 84
L’energia accumulata è invece calcolabile mediante l’equazione 3.1.2:
dove hacc;MAX e hacc;MIN sono la massima e la minima entalpia specifica del materiale di accumulo, che
possono essere fatte corrispondere rispettivamente all’entalpia del materiale all’inizio e alla fine della
fase di recupero energetico.
Dalle equazioni 3.1.1 e 3.1.2 è deducibile che per minimizzare Qloss e massimizzare Eacc può risultare
conveniente massimizzare il rapporto volume/superficie esterna del sistema di accumulo. La forma
geometrica per cui tale rapporto è più elevato è la sfera, per la quale esso risulta pari a r/3.
Tenendo conto dei vincoli strutturali e della semplicità di realizzazione e manutenzione del sistema, può
essere tuttavia necessario individuare una forma di tipo diverso; in ogni caso, la forma dovrà avere un
elevato rapporto V/S e quindi approssimare per quanto possibile la sfera. Ad esempio per le cisterne di
accumulo termico dei sistemi solari termodinamici si impiegano generalmente serbatoi cilindrici, che
risultano più economici di quelli sferici: l’impiego di questi ultimi è relegato a particolari applicazioni
(pressione interne elevate o necessità di interramento). Se installati in superficie, i serbatoi cilindrici
permettono inoltre di occupare, a parità di altezza e volume, meno superficie di quelli sferici.
Nel cilindro il rapporto V/S è massimo quando l’altezza è pari al diametro, ed in tal caso vale 2r/3.
Una seconda considerazione che può essere fatta è relativa alle dimensioni dell’accumulo: si noti che il
rapporto V/S viene massimizzato quando il raggio tende ad infinito, sia nel caso della sfera che in quello
del cilindro con rapporto fisso tra altezza e raggio; lo stesso risulta vero più in generale all’aumentare
delle dimensioni di un solido convesso generico, purché la forma rimanga inalterata; infatti, in tal caso,
si potrà scrivere il rapporto tra volume ed area nella seguente forma:
x
x = c
S
V2
3
⋅ eq. 3.1.3
dove c è una costante e x è la dimensione spaziale in funzione della quale sono state riportate le diverse
lunghezze che caratterizzano il solido.
Maggiori saranno le dimensioni del sistema e minore sarà quindi la dispersione di energia in rapporto a
quella accumulata (a parità di resistenza termica dell’involucro con funzioni di isolamento).
Si evidenzia che questo non significa che le perdite si riducono in valore assoluto all’aumentare del
raggio: avviene difatti il contrario, come si può constatare dall’Equazione di Fourier applicata alla sfera:
⋅⋅⋅π⋅ acc
iso
2acc
ambaccisoloss + rs
r ) − T (T k = − 4 q eq. 3.1.4
dove siso rappresenta lo spessore dell’isolamento termico posto a contatto con il materiale di accumulo
di raggio racc.
La seguente equazione, permette di calcolare, sempre per la sfera (ma le conclusioni possono essere
estese anche al caso di una forma geometrica che approssima la sfera), il valore del rapporto tra
potenza dispersa ed energia contenuta nell’accumulo:
⋅⋅
⋅ρ
⋅⋅
r s
+ rs
) − h (h
) − T (T k− 3 =
E
q2
acciso
acciso
acc;MAXacc;MAXacc
ambaccisoloss eq. 3.1.5
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 85
Il rapporto diminuisce all’aumentare del raggio dell’accumulo e all’aumentare dello spessore
dell’isolamento termico, la cui influenza si fa sentire di più al crescere del rapporto tra racc/siso. Per
piccoli valori di racc/siso può risultare più conveniente puntare ad una riduzione delle perdite usando
materiali coibentanti di costo maggiore, dotati di kiso inferiore, piuttosto che aumentare ulteriormente
lo spessore dell’isolamento. Peraltro in una sfera il rapporto tra il volume di accumulo e quello di uno
strato isolante che circonda l’accumulo vale:
3acc
3iso
2acc
2iso
acc
iso
acc
iso
r
s +
r
s3 +
r
s3 =
V
V ⋅⋅ eq. 3.1.6
e quindi fissato lo spessore del materiale isolante, il suo costo (che è proporzionale al volume) rispetto
al costo del materiale di accumulo (anch’esso proporzionale al volume) tenderà a diminuire con
l’aumentare del raggio dell’accumulo termico, e tale aumento sarà più forte se racc non sarà molto più
grande di siso.
In realtà, nel dimensionamento del sistema, piuttosto che fissare siso , si fisseranno racc ed il valore
massimo per le perdite di calore, entrambi parametri per i quali è possibile individuare a priori un range
di accettabilità. Quindi, per quanto visto in precedenza, a parità del rapporto qloss/Eacc, all’aumentare di
racc si potrà ridurre lo spessore dell’isolamento, e quindi il suo costo, riducendo ulteriormente il
rapporto tra costo del materiale di isolamento e costo del materiale di accumulo.
Un’ulteriore motivazione alla realizzazione di un sistema di accumulo di dimensioni elevate è legata al
rendimento di conversione elettrica in fase di recupero energetico: gli impianti termoelettrici di piccola
taglia presentano, a parità di costo per unità di potenza, un rendimento inferiore a quelli di grande
taglia; chiaramente, fissata la durata media delle operazioni di recupero termico di ogni ciclo di
stoccaggio (trecupero), la taglia dell’impianto di conversione energetica dipenderà dal volume di accumulo
dell’energia mediante la relazione:
accaccel
recuperoelacc
h
tP = V
ρ⋅∆⋅η
⋅ eq. 3.1.7
dove ηel è il rendimento elettrico del sistema di conversione, Pel la sua potenza elettrica, Δhacc la
differenza di entalpia del materiale di accumulo tra inizio fase di recupero e fine della fase di recupero, e
ρacc la densità del materiale di accumulo.
Se il sistema sarà pensato per la cogenerazione, le dimensioni del sistema di accumulo dovranno
tuttavia essere compatibili con la finitezza della domanda di energia termica, sulla base della quale si
potrà scegliere di effettuare il dimensionamento del sistema: data una domanda media di potenza
termica Pterm il volume dell’accumulo dovrà rispettare l’equazione 3.18, se non si vuole dissipare calore
potenzialmente utilizzabile:
accaccterm
recuperotermacc
h
tP V
ρ⋅∆⋅η
⋅≤ eq. 3.1.8
dove ηterm è il rendimento termico complessivo del sistema. Si potrà certamente aumentare la domanda
di potenza termica attraverso l’accumulo di calore refluo, così da poterne usufruire anche durante le
fasi nelle quali non si ha recupero di energia dall’accumulo ad alta temperatura.
Un altro limite alle dimensioni dell’accumulo è costituito dalla finitezza della domanda elettrica, tuttavia
la domanda termica risulta assai più stringente, visto che l’elettricità generata può essere conferita alla
rete elettrica e avrà quindi, in generale, un più ampio bacino di utenza rispetto all’energia termica, più
difficilmente distribuibile.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 86
Al fine di realizzare un sistema di accumulo di grandi dimensioni limitando la capacità dello stesso si
potrebbe ipotizzare l’utilizzo di un materiale di accumulo a bassa densità, oppure un materiale di
accumulo soggetto a piccole variazioni di entalpia specifica, il che può voler dire:
1) scegliere una sostanza con basso calore specifico;
2) limitare la differenza di temperatura che subisce l’accumulo nel ciclo carica-scarica.
Una soluzione del primo tipo potrebbe produrre dei risparmi conseguenti all’adozione di materiali di
accumulo meno costosi, ma l’aumento della superficie dell’accumulo a parità di energia accumulata
produce chiaramente un aumento del rapporto qloss/E. Inoltre, mantenendo siso inalterato,
l’accrescimento del volume del materiale di accumulo produrrebbe un aumento anche di Viso e quindi
anche del costo complessivo del materiale di isolamento. Se il rapporto racc/siso è piccolo può risultare
tuttavia conveniente aumentare racc mantenendo la quantità di energia accumulata costante, a costo di
una riduzione di ρacc.
Una soluzione del secondo tipo permetterebbe invece di diminuire la massima temperatura di accumulo
e quindi le dispersioni termiche; d’altra parte si deve osservare che ,se l’energia è accumulata
sottoforma di calore sensibile, la riduzione della differenza ΔT=(Tacc-Tamb) produce anche una riduzione
della differenza Δh=(hacc;MAX - hacc;MIN).
Detta ΔT’ e Δh’ rispettivamente la differenza di temperatura e quella di entalpia specifica dell’accumulo
in seguito alla riduzione di Tacc, e presi due valori i e j inferiori ad uno si potrà scrivere:
ΔT’= ΔT ∙i eq. 3.1.9
Δh’= Δh∙j eq. 3.1.10
e si avrà i > j , poichè hacc;MAX = cpTmax ∙Tacc;max e hacc;MIN = cpTmin ∙Tacc;min , dove Tacc;max è la massima
temperatura di accumulo e Tacc;min, la minima temperatura di accumulo, che deve essere superiore a Tamb
per consentire il recupero termico e la conversione del calore in energia elettrica. Inoltre cpTmax>cpTmin,
poiché il calore specifico aumenta con la temperatura.
Facendo riferimento all’equazione 3.1.5, e sostituendo Δh e ΔT rispettivamente con Δh’ e ΔT’, si ottiene
quindi:
j
i
r s
+ rs
h
T k− 3 =
E
q2
acciso
acciso
acc
isoloss ⋅
⋅⋅
∆⋅ρ
∆⋅⋅ eq. 3.1.11
dove il rapporto i/j è, per quanto detto, maggiore di uno: una riduzione di Tacc produce in conclusione un
aumento del rapporto qloss/E.
Il vantaggio derivante da una riduzione di Tacc può semmai essere quello di consentire l’impiego di
materiali e componenti non utilizzabili a temperature superiori; inoltre, dal punto di vista della
coibentazione, i materiali isolanti presentano una conduttività che aumenta con l’aumentare dalla
temperatura, e quindi il rapporto qloss/E potrebbe in alcuni casi diminuire alla riduzione della differenza
(Tacc-Tamb).
All’aumentare delle dimensioni del sistema, aumentano inoltre i costi di costruzione, in cui possono
essere incluse anche manodopera, opere e materiali edili, movimentazione terra, acquisto del terreno
edificabile…
Un sistema di accumulo di dimensioni molto elevate può richiedere soluzioni ingegneristiche complesse
dal punto di vista strutturale, producendo una lievitazione dei costi sotto questo punto di vista.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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Dimensioni minori possono facilitare la manutenzione e, in alcune soluzione progettuali, il recupero
dell’energia accumulata. D’altra parte anche la scelta di un sistema compatto caratterizzato da elevata
densità dei materiali o l’impiego di materiali a cambiamento di fase con elevata capacità di accumulo
termico potrebbero far aumentare i costi strutturali.
In conclusione sarà quindi necessario individuare un compromesso tra opposte esigenze, impossibile da
stabilire a priori. Come per la maggioranza delle opere tecniche, le scelte progettuali dovranno inoltre
adattarsi a specifiche esigenze che possono variare tra una applicazione e l’altra .
3.2 – Nozioni generali sull’isolamento termico.
Nel caso di accumulo termico ad alta o altissima temperatura la necessità di un isolamento termico
risulta particolarmente rilevante per l’elevato gradiente termico presente tra l’ambiente esterno ed il
materiale di accumulo.
Numerosi sono i materiali disponibili sul mercato per l’isolamento termico, tuttavia solo alcuni di essi
sono capaci di resistere a temperature molto elevate.
I coibentanti plastici più comuni, ad esempio, possono essere utilizzati fino a temperature massime di
80-150°C.
Una proprietà fondamentale per caratterizzare un materiale per l’isolamento termico è la sua
conduttività k, già introdotta nell’equazione 3.1.1, da cui dipende la potenza termica trasmessa.
In alcuni casi anziché di conduttività, si parlerà di “isolamento termico” del materiale, espresso in
m2°K/W, pari a:
eq.3.2.1
dove con ΔTiso è stata indicata la differenza di temperatura tra interno ed esterno dello spessore
coibentante, mentre con S, la superficie attraverso la quale ha luogo la trasmissione del calore. Per una
parete piana costituita da n strati di materiali diversi, l’isolamento termico può essere calcolato come
segue:
∑Ιn
i=1
i
iiso
k
s
1 =
eq. 3.2.2
dove si è lo spessore dello strato i-esimo di materiale con conduttività pari a ki.
L’isolamento termico non deve essere confuso con la resistenza termica1 (espressa in°K/W), che dipende
anche dalla dimensioni della superficie del coibentante ed è definita come segue:
eq. 3.2.3
Oltre a conduttività termica e massima temperatura di esercizio, altre caratteristiche importanti per un
materiale coibentante sono:
- il costo,
1 Alcuni cataloghi e libri chiamano resistenza termica la grandezza qui definita “isolamento termico”. In alcuni casi
la resistenza termica viene nominata “resistenza termica assoluta”. In questa tesi sono state utilizzate definizioni coerenti con il S.I. (sistema internazionale per le unità di misura).
loss
isoiso
q
S T =
⋅∆Ι
loss
isoiso
q
T = R
∆
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- la pericolosità per l’uomo e per l’ambiente e l’infiammabilità,
- la capacità termica,
- la densità e le caratteristiche meccaniche,
- la durabilità e l’aumento di conduttività nel tempo.
La capacità termica risulta rilevante nei transitori termici, poiché da essa dipende la quantità di energia
che viene immagazzinata nel materiale isolante e quindi la sua inerzia termica: se tale energia non può
essere recuperata, allora risulta conveniente minimizzarla, e quindi è richiesto un materiale a bassa
capacità termica. L’inerzia termica può tuttavia essere sfruttata in alcuni casi per ridurre i gradienti
termici nel transitorio e quindi la trasmissione di calore attraverso il materiale isolante.
La capacità termica dipende dal calore specifico e dalla densità del materiale; quest’ultima grandezza,
insieme alle caratteristiche meccaniche, consente di valutare se lo strato di materiale coibentante sia
capace di resistere al proprio peso nonché di dimensionare le strutture di contenimento dell’accumulo
in modo adeguato.
Molti materiali coibentanti vengono definiti, nei cataloghi, sulla base della densità: oltre ad influire sulla
capacità termica e sulle caratteristiche meccaniche (a parità di materiale, uno più denso presenta
generalmente una minore porosità e quindi una maggiore resistenza alle tensioni), essa è correlata
anche alla conduttività, come sarà spiegato tra poco.
La durabilità dipende sia dalle caratteristiche intrinseche del materiale, sia dall’ambiente in cui esso è
utilizzato. Alcuni coibentanti ceramici sono ad esempio particolarmente sensibili alla presenza di
determinati metalli fusi o sottoforma di vapori, che possono abbassare la temperatura di fusione del
coibentante producendone la corrosione. Anche la resistenza agli shock termici è una caratteristica
importante per evitare una rapida degradazione in ambiente caratterizzato da repentini sbalzi di
temperatura.
D’altra parte la conduttività di un materiale può aumentare, per i motivi che saranno illustrati tra poco,
se la sua porosità si riduce nel tempo a causa, per esempio, di fenomeni di creep che possono risultare
rilevanti alle alte ed altissime temperature.
Specialmente a temperature prossime a quelle ambiente acquista particolare importanza anche la
permeabilità al vapore e l’aumento della conduttività prodotta da condense di umidità.
Il grafico di figura 3.2.1 mostra la conduttività termica di alcuni materiali resistenti alle alte temperature.
La conduzione del calore nei solidi ha luogo fondamentalmente tramite tre meccanismi: il trasporto di
energia fononico, quello fotonico e quello elettronico. Al trasporto di energia attraverso gli elettroni è
imputabile buona parte della conduttività termica dei materiali conduttori elettrici (in particolare a
temperatura ambiente).
Nei solidi isolanti elettrici, invece il meccanismo principali di trasporto dell’energia a basse temperature
è quello fononico, che si realizza mediante la trasmissione di vibrazioni attraverso il reticolo cristallino.
L’irregolarità del reticolo cristallino e la distanza tra gli atomi e le molecole, proprietà che tendono ad
aumentare al crescere della temperatura, possono ostacolare questo meccanismo di trasmissione
termica; la presenza di porosità risulta pure efficace nell’impedire la conduzione termica fononica, che
ovviamente non può aver luogo nel vuoto e che risulta comunque minore in eventuali gas che
riempiono le porosità del materiale coibentante, piuttosto che nel materiale solido. Con l’aumentare
della temperatura e della porosità diviene significativo anche il contributo della radiazione termica, e
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quindi del meccanismo di trasmissione dell’energia attraverso i fotoni, che possono attraversare i vuoti
così come i materiali che presentano una trasmissività alla frequenza dell’onda elettromagnetica
relativa ai fotoni in questione.
Figura 3.2.1 - Conduttività termica di alcuni materiali refrattari al variare della temperatura.2
Ricordando che la potenza irraggiata aumenta con la quarta potenza della temperatura (legge di Stefan-
Boltzmann), appare evidente che a causa del meccanismo di scambio termico fotonico la conduttività
dei materiali coibentanti resistenti alle alte ed altissime temperature tende ad aumentare con il
crescere della temperatura, soprattutto se essi presentano una elevato porosità, o comunque tende ad
aumentare superata una certa soglia di temperatura.
Il grafico di figura 3.2.2 mostra come queste conclusioni possano essere impiegate per descrivere il
comportamento di alcuni calcestruzzi refrattari con funzioni coibentanti: quelli a densità minore, che
presentano una maggiore porosità e una minor percentuale di allumina sono caratterizzati da un
2 Immagine tratta da: James F. Shackelford “Scienza ed ingegneria dei materiali”- Pearson Paravia Bruno
Mondadori 2009
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aumento della conduttività con la temperatura. Quelli a densità maggiore e con maggiore percentuale
di Al2O3 , presentano invece per temperature medio-alte un decremento della conduttività termica con
il crescere di T, legato alla riduzione della conduttività fononica dell’allumina. Oltre un certo valore di T,
anche la conduttività di quest’ultimo tipo di calcestruzzo refrattario tende tuttavia ad aumentare.
Figura 3.2.2- Conduttività termica al variare della temperature, per calcestruzzi refrattari di diverse
composizioni e densità. 3
L’esempio appena fatto nel precedente paragrafo, permette di osservare come alcuni materiali
utilizzabili per finalità strutturali possano presentare anche una bassa conduttività termica: nel
paragrafo 3.5 si vedrà come soprattutto in passato i mattoni refrattari venissero impiegati nella
realizzazione di fornaci, coniugando finalità strutturali e di isolamento termico.
Sebbene non si possa del tutto trascurare le conduttività delle strutture portanti nel calcolo della
resistenza termica complessiva della struttura di contenimento, oggi esistono però materiali coibentanti
specifici per le alte ed altissime temperature, che presentano un minor costo a parità di isolamento
termico (si veda tabella 3.3.2).
Il costo per unità di isolamento termico è un parametro utile per valutare l’economicità di un materiale
coibentante; per una parete piana è uguale al rapporto tra il costo per unità di volume ed il reciproco di
kiso. Sempre nel caso piano, se lo spessore dello strato del materiale isolante non è sottoposto a vincoli
progettuali rilevanti, può risultare conveniente utilizzare uno strato più spesso costituito da un
materiale poco costoso, ma con maggior k, piuttosto che uno spessore inferiore di materiale
maggiormente isolante, ma dal costo superiore. Nelle tabelle 3.3.1 e 3.3.2 sono indicati costi,
conduttività e costi per unità di isolamento termico (per parete piana) di numerosi materiali
coibentanti, che saranno descritti tra poco.
Nel caso di parete curva, il costo per unità di isolamento termico calcolato per parete piana può essere
comunque valido almeno in prima approssimazione, se il raggio di curvatura è grande rispetto allo
spessore del coibentante; altrimenti l’approssimazione al caso piano non è più valida e risulta
necessario utilizzare formule relative alla specifica geometria in esame.
3 Immagine tratta da: Charles A. Schacht “Refractories Handbook” Marcel Dekker, Inc - 2004
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Se nel caso piano, infatti, il volume (e quindi il costo del coibentante) è direttamente proporzionale a kiso
una volta fissato il valore di Riso, nel caso di un cilindro coibentato il rapporto di proporzionalità diviene
(considerando solo le dispersioni attraverso la parete verticale esterna):
− 1 e V iso kc
iso⋅∝ eq. 3.2.4
dove c è una costante maggiore o uguale a zero. In questo caso il costo aumenta quindi
esponenzialmente con l’aumentare di k.
La figura 3.2.3 mostra il costo di alcune soluzioni progettuali relative all’isolamento termico di una
tubatura cilindrica. La lana minerale presenta un basso costo per unità di isolamento termico (si veda
tabella 3.3.2) tuttavia la particolare geometria in esame e la resistenza termica richiesta, fanno sì che lo
spessore della lana minerale sia notevolmente superiore al diametro del tubo da isolare. Oltre a quanto
detto, si considerino le seguenti equazioni, dove con rtubo è stato indicato il raggio del tubo, con ltubo la
sua lunghezza e con ΔTiso la differenza di temperatura tra superficie interna ed esterna del materiale
isolante:
( ) + s r s 2 l = V 2isotuboisotuboiso ⋅⋅⋅⋅π se siso << rtubo → r s 2 l V tuboisotuboiso ⋅⋅⋅⋅π≅ eq. 3.2.5
⋅∆⋅⋅⋅π⋅
tubo
isoisoisotubodiss
r
s1 + ln
1 T k l = 2 q
se siso << rtubo → iso
tuboisoisotubodiss
s
r T k l 2 q ⋅∆⋅⋅⋅π⋅≅ eq. 3.2.6
Si nota che se lo spessore dell’isolante risulta piccolo rispetto al diametro della tubatura, il termine al
quadrato dentro la parentesi della prima equazione risulta meno rilevante rispetto al doppio prodotto, e
quindi il volume aumenta meno velocemente all’aumentare di siso (se al contrario siso>> rtubatura, allora il
termine tra parentesi tende ad aumentare al quadrato); d’altra parte il termine logaritmico della
seconda equazione tende siso/rtubo se lo spessore dell’isolante è minore di rtubo, altrimenti assume valori
inferiori di siso/rtubo e presenta un andamento tipicamente logaritmico che richiede crescenti incrementi
di siso per produrre significativi decrementi di qdiss. 4
Infine il valore di ΔTiso all’equilibrio dipende dal flusso di calore disperso dalla superficie esterna
dell’isolante, e aumenta all’aumentare della superficie esterna (la dipendenza varia a seconda del
meccanismo di scambio termico).
Può risultare allora conveniente l’impiego di un materiale coibentante caratterizzato da un minor valore
di kiso, al fine di mantenere piccolo il valore di siso rispetto al raggio della tubatura, a parità di dispersioni
termiche. Questo può essere fatto ad esempio impiegando come coibentante un materiale composito
costituito da aerogel di silice rinforzata con fibre ceramiche o di vetro, commercializzato con il nome di
Pyrogel. Tale materiale presenta un costo per unità di resistenza termica decisamente superiore a
quello della lana minerale, tuttavia considerando anche il costo di uno strato di rivestimento esterno di
alluminio, il costo complessivo dei materiali della soluzione progettuale con isolamento con Pyrogel
risulta di poco superiore a quella che impiega come coibentante la lana di roccia.
4 per siso/rtubo= 0,5 la differenza tra la prima e la seconda espressione di qdiss è inferiore al 20%. Si noti che la
seconda espressione della seconda equazione corrisponde a quella della conduzione per una parete piana di area 2π∙rtubo∙ltubo. D’altra parte la seconda espressione nella prima equazione corrisponde al volume di una parete piana di isolante con area 2π∙rtubo∙ltubo.
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La soluzione più conveniente risulta quella ibrida, data dall’impiego di uno strato interno di Pyrogel,
rivestito da uno strato di lana di roccia; la combinazione inversa risulterebbe al contrario molto
sconveniente.
Figura 3.2.3 - Costo di varie soluzioni progettuali (con medesime perdite di calore) per la coibentazione di
un tubo a 550°C. 5
Un’altra nozione da tenere presente nella progettazione di un sistema si isolamento termico è quella di
“raggio critico di isolamento” .
Detti r1 e r2 rispettivamente il raggio di un corpo cilindrico da isolare termicamente (di temperatura T1) e
il raggio alla superficie esterna dell’isolante, le perdite di calore verso l’ambiente esterno (a temperatura
Tamb) possono essere scritte:
H r 2
1 +
H 2 k
1
r
rln
−TT = q
2estiso1
2
amb1loss
⋅⋅π⋅⋅λ⋅π⋅⋅⋅
eq. 3.2.7
dove λconv è il coefficiente di convezione naturale alla superficie esterna del materiale isolante, kiso la
conduttività termica dell’isolante e H l’altezza del cilindro. L’andamento di qloss al variare di r2 è
rappresentato in figura 3.2.4: si nota che all’aumentare dello spessore del materiale isolante, si ha
inizialmente un aumento del calore disperso. Ponendo la derivata di qloss rispetto a r2 pari a zero, si
ottiene il valore del raggio critico di isolamento rcr, pari a:
est
isocr
k = r
λ eq. 3.2.8
5 “Flexible Aerogel Insulation for Power-Generation Applications”- Aspen Aerogels - August 2009
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Figura 3.2.4 -Perdite di calore all’aumentare del raggio dell’isolamento termico in un cilindro(h
corrisponde al coefficiente di convezione, indicato con λconv in questa tesi). 6
Nell’ambito del dimensionamento del l’isolamento del serbatoio di accumulo risulta possibile trascurare
l’esistenza del raggio critico e dunque ipotizzare che il calore disperso si riduca all’aumentare dello
spessore del materiale isolante, poiché il coefficiente di convezione naturale λconv presenta
generalmente valori compresi tra 1 e 20 W/m2°K (questo risulta vero anche nel caso del serbatoio di
accumulo che sarà analizzato nel dettaglio nel capitolo 6), mentre kiso risulta compreso tra 0,01 e 0,5
W/m°K (si veda tabella 3.3.1) .
Nel caso in cui λconv = 1 W/m2°K e kiso = 0,5 W/m°K, il raggio critico risulterà pari a 0,5 m, negli altri casi
sempre inferiore: come si vedrà più avanti, non risulterà conveniente realizzar un serbatoio con raggio
inferiore a 0,5 m, quindi r1 è sempre superiore al raggio critico.
3.3 - Caratterizzazione dei principali materiali per l’isolamento termico.
I materiali isolanti presi in considerazione in questa tesi possono essere indicativamente divisi in 5
- materiali granulari densi (sabbie, sfere di allumina…),
- materiali sotto-forma di lastre o mattoni,
- calcestruzzi leggeri, e altri materiali modellabili in loco con proprietà coibentanti.
Sia le fibre che i materiali granulari porosi possono essere reperiti sul mercato in forma sciolta
(utilizzabili per il riempimento di intercapedini o per la produzione di altri materiali isolanti) o sotto
forma di materassini o lastre; i materassini possono essere realizzati attraverso tecniche di “tessitura”
delle fibre, ma possono anche risultare rinforzati da componenti rigidi. Le lastre sono realizzate a partire
dai materiali granulari porosi generalmente mediante un agente cementante o un collante. I materiali
6 Yunus A. Çengel “Heat transfer: a practical approach” McGraw-Hill, 2003
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granulari porosi sono utilizzati anche per la produzione di materiali strutturali a bassa conduttività
termica, ed in particolare calcestruzzi e calcestruzzi refrattari isolanti.
Tra le fibre si possono annoverare quelle naturali, quelle ceramiche, quelle di vetro e quelle di roccia (le
ultime due tipologie possono essere chiamate lane minerali).
Le fibre di amianto (naturali) sono state per decenni largamente impiegate come materiale refrattario
alle altissime temperature, ma sono state poi bandite a causa della loro comprovata cancerogenicità.
Le fibre ceramiche si sono fortemente imposte sul mercato negli ultimi decenni, anche per sostituire
quelle d’amianto. Sono caratterizzate da estrema leggerezza, basso coefficiente di conducibilità termica,
basso assorbimento di calore, l'assoluta insensibilità allo sbalzo termico. Alcune tipologie di fibre
ceramiche possono sopportare temperature di esercizio oltre i 1450 °C. La loro flessibilità le rende
adatte a realizzare guarnizioni per le altissime temperature e vengono usate anche come materiale di
imbottitura interposto tra i mattoni refrattari, al fine di accomodarne l’espansione termica.
Presentano generalmente maggiore reattività chimica rispetto ad altri refrattari più “classici” e bassa
resistenza allo sfregamento e al fine di evitare una rapida degradazione, non devono essere poste a
contatto diretto con fiamme, con materiali fusi e vapori corrosivi.
Le fibre ceramiche refrattarie possono esercire la loro funzione a temperature più alte delle altre
tipologie di fibre, che a causa della minore purezza tendono a fondere e sinterizzare a temperature
inferiori. La loro conduttività è inferiore a quella di materiali più tradizionali, quali i mattoni refrattari
isolanti, ed è fortemente dipendente dalla particolare forma di impiego delle fibre e dalla densità del
prodotto isolante, ossia dal livello di compattazione delle fibre (nei materassini ceramici, ad esempio, la
conduttività è inferiore nei modelli a maggiore densità, poiché le porosità in essi hanno dimensioni
inferiori).
Purtroppo le fibre ceramiche possono produrre irritazioni degli occhi, della pelle e delle vie respiratorie
e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro le ha classificate come possibile agente cancerogeno
per l’uomo; risultano pericolose da questo punto di vista le fibre respirabili, ossia quelle con lunghezza
inferiore a 3 - 3,5 micrometri;7 sono inoltre cancerogene alcune polveri costituite dalle fasi cristalline
prodotte dalla degradazione delle fibre ad alta temperatura.8 In alcuni paesi l’impiego di certe tipologie
di fibre ceramiche è stato vietato, e negli altri sono comunque necessarie particolare cautele
nell’istallazione, la manutenzione, la rimozione. Eventuali gas che vengano a contatto con dette fibre e
ne subiscano contaminazione dovrebbero essere opportunamente trattati prima di essere immessi
nell’ambiente.
Sono state sviluppate recentemente fibre meno pericolose per la salute umana, ma che presentano una
minor resistenza alle alte temperature e all’umidità;9 esempi in tal senso sono rappresentati dal
materiale commercializzato dalla multinazionale ThermalCeramics sotto il nome di Superwool 607 e
Superwool 607 HT, composti da fibre biosolubili a base di silicato di calce, ed i cui dati sono riportati in
tabella 3.3.1; tali fibre sono considerate esenti da rischi di cancerogeneità e non sono soggette a limiti di
impiego; il costo non molto superiore rispetto a fibre ritenute pericolose è compensato a livello
economico da minor costi di installazione e dismissione.
7 J. Ventura, D.M. Wood “Refractory Ceramic Fiber” -70th Conference on Glass Problems: Ceramic Engineering and
Science Proceedings, 2010 8 Gruppo Interregionale Fibre http://www.ausl.re.it/gif/FrontEnd/Home/Default.aspx
9 “Ceramic Fiber and the Development of Insulating Technology” Nippon Steel Technical report N. 98 July 2008
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Figura 3.3.1- Esempio di range operativo per un materassino in fibre refrattarie (Superwool 607)
10
Il grafico di figura 3.3.1 evidenzia come la temperatura di classificazione di un materiale refrattario, in
questo caso un materassino di Superwool 607, non corrisponda a quella consigliata per l’esercizio in
continuo, che dipende peraltro dalla composizione dei gas con cui il materiale viene a contatto, dalle
tensioni meccaniche, dalle variazioni termiche… In aria, generalmente la massima temperatura che i
produttori suggeriscono di raggiungere in esercizio continuo è di circa 150°C inferiore a quella nominale,
sebbene alcuni materiali possano lavorare anche a temperature di 100-50°C inferiori a quella nominale:
tale regola vale non solo per fibre ceramiche, ma anche per mattoni e calcestruzzi refrattari. 11
Un’altra tipologie di fibre considerate sicure per la salute sono quelle a base di Allumina, note sotto il
nome commerciale di Saffil. Queste fibre possono sopportare temperature di 1600°C 12e la massima
temperatura di esercizio in continuo è di 1550°C; i prodotti per l’isolamento da esse derivati mostrano
basse conduttività termiche fino a tali altissime temperature: i materassini di Saffil da 96 kg/m3
mostrano una conduttività termica di 0,48 W/m°K ad una temperatura di circa 1600°C. Il prezzo di
questo materiale è elevato, ma comunque confrontabile o inferiore, a parità di isolamento termico, con
quello di altri materiali utilizzabili nel medesimo range di temperatura (si veda tabella 3.3.2).
Le lane minerali sono composte da fibre prodotte mediante la fusione di minerali e rocce. Quando la
composizione è simile a quella del vetro commerciale si parla di lana di vetro. La massima temperatura
operativa varia con la composizione mineralogica, e risulta tipicamente inferiore a 1000°C (massima
temperatura operativa continua di 820°C per le fibre di basalto, generalmente intorno a 500°C per
quelle vetro)13; l’eventuale presenza di leganti che fondono a bassa temperatura, per tenere insieme le
fibre, può ovviamente abbassare la temperatura operativa. La produzione risulta in ogni caso più
semplice ed economica se le temperature raggiunte nel processo di fusione della materia prima sono
10 Grafico tratto da “Scheda tecnica Superwool 607” Lithos Plus – tecnici e tecnologie per l’edilizia
http://www.lithosplus.it 11
Questa affermazione coincide con quanto riferito telefonicamente da un tecnico della “Nuova isotermica” e tramite posta elettronica da un rappresentante della “Nanjing Cera Material Technology” 12
Tale valore della conduttività è riferito a quella misurata perpendicolarmente alla superficie del materassino non addoppiato; il materassino addoppiato presenta alla stessa temperatura una conduttività di 0,84 W/m°K 13
G. Cercignani, V. Cozzani et all. “Innovative passive protection system for hydrogen production plant” I.C.H.S. September 2005, Pisa
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inferiori, e, di conseguenza, se risulta inferiore anche la temperatura operativa. Al pari degli isolanti a
base di fibre ceramiche, le prestazioni si mantengono elevate nel tempo se l’ambiente in cui sono
situate non è particolarmente ostile.
Nel 2001 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha rimosso la valutazione di “potenzialmente
cancerogene” dalle fibre minerali, sulla base di studi statistici piuttosto ampi14; tuttavia l’esposizione ad
eventuali fibre disperse in aria, ad esempio durante il posizionamento dello strato coibentante, può
produrre irritazione alle vie respiratorie e agli occhi.
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3.4 – Stima del costi per i materiali di coibentazione in alcune soluzioni progettuali.
Nel capitolo 2 si è osservato che nella scelta del materiale di accumulo è importante tener conto anche
del costo della coibentazione termica, che per le altissime temperature può presentare costi
paragonabili a quelli dell’accumulo stesso.
Al fine di approcciarsi in modo più consapevole alla progettazione di massima del sistema di accumulo,
si è effettuato un calcolo di massima dello spessore e del costo del materiale coibentante necessario per
alcune soluzioni progettuali.
Il costo della coibentazione dipende ovviamente dalle perdite di calore ritenute accettabili, valore che a
sua volta è legato al tempo che mediamente intercorre tra le operazioni di stoccaggio e quelle di
recupero dell’energia; questo concetto è stato già affrontato nel capitolo 1.
Il sistema di accumulo è stato ipotizzato di forma cilindrica, con il materiale di accumulo disposto al
centro e con altezza pari al diametro, come indicato nel paragrafo 3.1 per minimizzare la superficie
esterna.
È stato quindi calcolato il costo dei materiali coibentanti e di accumulo termico per tutte le
combinazioni delle seguenti ipotesi progettuali (individuate alla luce di questo capitolo e del
precedente):
A) accumulo in mattoni di magnesia-spinello a 1500 (con porosità del 20%), coibentato da
mattoni isolanti JM 30 fino a 1350°C, materassini in Cerachrome fino a 1150 °C, materassini
Superwool 607 HT fino a 1000°C, pannelli in silicato di calcio fino a 600°C, lana minerale fino
alla superficie esterna a 30°C.19
B) accumulo in mattoni di allumina a 1450°C (con porosità del 20%), coibentato come nel caso A
C) accumulo in sabbia di silice a 1400°C (porosità del 40%), coibentato come nel caso A
D) accumulo in SiC granulare a 1500°C (porosità 40%) coibentato come nel caso A
E) accumulo in SiC granulare a 1500°C (porosità 40%), rivestito da mattoni isolanti fino a 1350°C,
sabbia di silice (0,5 mm diametro grani) fino a 900°C, vermiculite espansa fino a 600°C, lana
minerale fino alla superficie esterna a 30°C. 20
1) energia accumulata (tra Tmax e 800°C) pari 20 MWh
2) energia accumulata (tra Tmax e 800°C) pari 50 MWh
3) energia accumulata (tra Tmax e 800°C) pari 100 MWh
4) energia accumulata (tra Tmax e 800°C) pari 200 MWh
5) energia accumulata (tra Tmax e 800°C) pari 500 MWh
6) energia accumulata (tra Tmax e 800°C) pari 1000 MWh
19 I dati relativi ai materiali isolanti sono stati presi dalla tabella 3.3.1. Il costo di Ceracrome è stato considerato
pari a 2/3 di quello riportato in tabella per tener conto del minor prezzo sul mercato europeo (si ricordi che per questo materiale il costo riportato nella suddetta tabella è quello relativo al mercato statunitense). La conduttività dei mattoni JM30 a temperature superiori a 1200°C è stata calcolata facendo cautelativamente riferimento a quella dei mattoni JM32. 20
La conduttività della sabbia silicea ad alta temperatura è stimata come indicato nell’appendice A2.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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I) perdite giornaliere attraverso le pareti laterali pari al 2% dell’energia accumulata
II) perdite giornaliere attraverso le pareti laterali pari al 1% dell’energia accumulata
III) perdite giornaliere attraverso le pareti laterali pari al 0,5% dell’energia accumulata
IV) perdite giornaliere attraverso le pareti laterali pari al 0,1% dell’energia accumulata
La scelta del materiale dei diversi strati coibentanti è stata effettuata sulla base della loro massima
temperatura operativa e cercando di minimizzare i costi per unità di isolamento termico attraverso le i
dati di tabella 3.3.2 e le indicazioni del paragrafo 3.2.
Per quanto riguarda la soluzione E, sebbene la sabbia di silice possa avere contemporaneamente
funzioni coibentanti e di accumulo, al fine del calcolo delle perdite percentuali si è considerata la sola
energia accumulata nel SiC granulare.
Per il calcolo dello spessore di ciascuno strato coibentante si è fatto uso dell’equazione di Fourier
applicata ad un cilindro cavo, nella forma:
( ) n−1) / q−T (T H k 2
n r − 1 e = s dissnn−1n ⋅⋅⋅⋅π eq. 3.4.1
dove sn è lo spessore dello strato ennessimo di coibentante, kn la sua conduttività media nell’intervallo
di temperature a cui è sottoposto, (Tn-1 - Tn) la differenza di temperatura tra la sua superficie interna ed
esterna, rn-1 il raggio massimo dello strato di isolante posto immediatamente più all’interno di quello
ennessimo; qloss rappresenta il calore perso, che in condizioni di equilibrio termico, equivale al calore
che fluisce attraverso ciascuno strato dell’isolamento termico. Infine H è l’altezza dell’accumulo, che si
ricorda è stata presa pari al diametro del cilindro interno costituito dal materiale di accumulo.
Nei casi in cui la variazione di conduttività risultava particolarmente marcata tra Tn-1 e Tn, il problema è
stato ricondotto a due o più strati di materiali coibentanti diversi. I risultati di seguito riportati devono
tuttavia essere considerati come approssimativi.
Vista l’entità esigua delle perdite, si è considerata costante la temperatura interna dell’accumulo.
I parametro che consente un più agevole confronto tra le diverse soluzioni progettuali è il costo
complessivo (del materiale di accumulo e di quello coibentante) per unità di energia accumulata
(COSTtot/E); inoltre si è posta particolare attenzione al rapporto tra costo del materiale coibentante e
quello del materiale di accumulo (COSTiso/COSTacc).
La tabella 3.4.1 mostra i risultati relativi a questi parametri per le soluzioni progettuali A, B, e C per
perdite attraverso le pareti laterali comprese tra 2 e 0,5%. Le altre soluzioni saranno confrontate più
avanti.
In tabella sono anche riportati il raggio occupato dal materiale di accumulo (racc) e quello complessivo
del sistema, ovvero quello più esterno del materiale coibentante (riso).
Si nota innanzitutto, all’aumentare della capacità del sistema, una riduzione dei costi per unità di
energia dell’accumulo, riduzione che risulta più vistosa con il diminuire delle perdite energetiche
percentuali. Questo trend è associato ad una analoga riduzione del rapporto COSTiso/COSTacc, e le cause
sono state già spiegate nel paragrafo 3.1.
La soluzione A risulta più economica delle altre per basse capacità di accumulo e basse perdite, ossia
finché il rapporto COSTiso/COSTacc risulta superiore approssimativamente a 1: nonostante la maggiore
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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temperatura raggiunta nel la soluzione A, questa consente di minimizzare le dimensioni complessive del
sistema di accumulo grazie al minore racc.
La soluzione C risulta invece maggiormente conveniente nel caso di elevate capacità di accumulo e
perdite maggiori, grazie al minor costo del materiale di accumulo che in tali condizioni gioca un ruolo
importante sul costo complessivo dei materiali; si noti come le soluzioni progettuali A e B presentino,
per elevate capacità e perdite del 1-2 %, un costo dei materiali di isolamento marginale, se non
trascurabile, rispetto a quello del materiale di accumulo.
Costo complessivo dei materiali per unità di energia accumulata, rapporto tra costi del materiale coibentante e
del materiale di accumulo, raggio interno ed esterno dell’involucro coibentante per alcune soluzioni progettuali
Per una capacità di 200-1000 MWh, la differenza di costo tra una soluzione progettuali con perdite al
2% ed una analoga con perdite dello 0,5%, è abbastanza limitata; può quindi risultare più conveniente
optare per una soluzione con perdite energetiche inferiori.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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A tal proposito, è interessante osservare che, considerando le perdite energetiche di un accumulo
giornaliero nell’ordine dell’1% (al giorno), si può cautelativamente ipotizzare un costo di circa 1-0,5 €
per ogni MWh dell’accumulo, per ciascuna giornata21. Per 200 MWh di capacità, se la differenza di costo
tra la coibentazione con perdite del 2% e perdite dell’1% è di circa 250 €/MWh, allora sarà possibile
scegliere la soluzione con perdite dell’1% recuperando il costo supplementare d’investimento in
massimo 250-500 giorni.22
Una importante considerazione è che il costo per MWh legato ai materiali, qui esaminato, risulta
notevolmente inferiore al costo per MW delle apparecchiature di scambio termico e di quelle di
conversione energetica (si vedano capitoli 1 e 4) che complessivamente avranno un costo compreso tra
le centinaia e le migliaia di euro per kW di potenza. Ovviamente bisogna anche considerare che ai costi
dei materiali di isolamento e di accumulo devono essere aggiunte le voci relative alle strutture portanti,
alla manodopera e ai macchinari, all’isolamento del tetto e della base, che visti i bassi costi dei materiali
risulteranno certamente rilevanti. L’impiego di alcuni materiali coibentanti pericolosi per la salute
(alcune tipologie di materassini ceramici) richiedono particolari attenzioni nella messa in opera, e quindi
operai altamente specializzati e costi superiori. L’impiego di materiali granulari di riempimento può
invece presentare costi inferiori.
Qualora l’accumulo sia giornaliero (caso che legittima le perdite in analisi comprese tra 2 e 0,5%
dell’energia accumulata) risulta evidente che la capacità di accumulo espressa in MWh sarà massimo di
un ordine di grandezza superiore alla potenza di carica-scarica espressa in MW, altrimenti carica e
scarica non avrebbero tempo per compiersi.23 Quindi vi saranno 1-2 ordini di grandezza di differenza tra
costo complessivo del sistema di accumulo giornaliero e costo legato a materiali di accumulo ed
isolamento termico. Ciò rende praticamente trascurabili le differenze di costo tra soluzione A, B e C che
si osservano in numerosi casi, per i quali sarebbe probabilmente più importante calcolare i costi
complessivi di costruzione e valutare altri tipologie di vantaggi e svantaggi, favorendo ad esempio le
soluzioni che consentono una riduzione dei costi di scambio termico e di conversione dell’energia.
D’altra parte, protendere per materiali di accumulo e di isolamento meno pericolosi per la salute umana
e per l’ambiente dovrebbe comportare un aggravio di costi sopportabile.
Dal punto di vista delle dimensioni complessive del sistema di accumulo, si osserva un aumento del
raggio esterno in seguito all’aumento della capacità di accumulo, se le perdite accettate sono alte (2%)
mentre il raggio esterno dapprima si riduce e poi torna ad aumentare se le perdite sono minori (0,5%),
come si osserva nel grafico di figura 3.4.1. All’aumentare della capacità di accumulo, infatti, oltre che ad
una riduzione del rapporto tra superficie e volume, si assiste anche ad un aumento delle perdite
consentite, in valore assoluto, e quindi ad una forte riduzione dello spessore del materiale coibentante.
Curioso è osservare che l’accumulo di 20 MWh con perdite dello 0,5%, presenta dimensioni fortemente
superiori a quello con analoghe perdite percentuali e capacità di 1000 MWh.
Si nota anche che il minor costo per unità di energia accumulabile della soluzione C è controbilanciato
da un maggior volume dell’accumulo e di conseguenza, probabilmente da maggiori costi strutturali.
21 Ciò equivale ad ipotizzare un valore dell’energia accumulata pari a 0,05-0,1 €/kWh, pari cioè al costo di acquisto
dell’energia in fascia bassa: come spiegato nel capitolo1, questa scelta è chiaramente cautelativa. 22
Tale stima si basa meramente su considerazioni di tipo economico: considerazioni di carattere finanziario allungherebbero ovviamente il tempo di ritorno dell’investimento. 23
Per chiarire il concetto, si consideri che un accumulo di 24 MWht può alimentare un sistema di conversione dell’energia da 1MWht per 24 ore.
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Nel complesso si osserva che le dimensioni del sistema di accumulo risultano accettabili da un punto di
vista strutturale, specialmente per perdite del 1-2 % e capacità fino a 200 MW, in quanto simili a quelle
di grandi silos, strutture industriali e civili.
Spessore dei diversi strati di materiali con perdite energetiche pari allo 0,5%
(varie soluzioni progettuali)
0
2
4
6
8
10
12
14
16
A 20 MWh B 20 MWh C 20 MWh A 100 MWh B 100 MWh C 100
MWh
A 1000
MWh
B 1000
MWh
C 1000
MWh
r [
m]
Lana minerale
Silicato di calcio
Mat. Superwool 607 HT
Materassino Cerachrom
Mattoni isolanti JM 30
Accumulo
Figura 3.4.1
Costo dei diversi strati di materiali con perdite energetiche pari allo 0,5%
(varie soluzioni progettuali)
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
A 20 MWh B 20 MWh C 20 MWh A 100 MWh B 100 MWh C 100 MWh A 1000 MWh B 1000 MWh C 1000 MWh
Co
st
[€]
Lana minerale
Silicato di calcio
Mat. Superwool 607 HT
Materassino Cerachrom
Mattoni isolanti JM 30
Accumulo
Figura 3.4.2
Il grafico di figura 3.4.2 riporta invece il costo dei diversi strati di materiale il cui spessore è stato
illustrato nel grafico 3.4.1. Si osserva che gli strati coibentanti più costosi sono quelli più interni, tuttavia,
al diminuire della capacità dell’accumulo e con l’aumentare del volume degli strati coibentanti più
esterni rispetto a quelli interni, il costo dell’isolamento termico risulta più uniformemente distribuito tra
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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i diversi strati coibentanti. Questa costatazione risulta vera anche nelle ipotesi progettuali caratterizzate
da perdite superiori.
Occorre osservare che l’impiego di materassini in fibre ceramiche (o di fibre ceramiche in altre forme)
può non risultare adatto a realizzare strati di grande spessore e/o notevole altezza; inoltre nel caso di
accumulo realizzato in materiale granulare, i materassini possono non sopportare la pressione
esercitata dal materiale di accumulo sulle pareti. Si è quindi sperimentata la sostituzione dei materiali
fibrosi, alle alte temperature, con materiali non fibrosi; alle basse temperature invece i problemi
osservati possono essere risolti prevedendo intelaiature di sostegno in altri materiali.
Spessore dei diversi strati di materiali con perdite energetiche pari allo 0,5%
(varie soluzioni progettuali - MATERIALI DIVERSI DA QUELLI DELLE IPOTESI INIZIALI)
0
2
4
6
8
10
12
14
A 20 MWh B 20 MWh C 20 MWh A 100 MWh B 100 MWh C 100 MWh A 1000
MWh
B 1000
MWh
C 1000
MWh
r [
m]
Lana minerale
Silicato di calcio
Mattoni isolanti JM 23
Mattoni isolanti JM 30
Accumulo
Figura 3.4.3
In figura 3.4.3 e 3.4.4 sono riportati rispettivamente i grafici relativi allo spessore degli strati coibentanti
e al loro costo nel caso in cui si scelga di non impiegare materiali fibrosi alle alte temperature. Sia nel
caso in cui le perdite siano poste pari allo 0,5% (raffigurato nei grafici) sia negli altri casi esaminati, i
risultati sono sostanzialmente molto simili a quelli calcolati nel caso d’impiego di materiali fibrosi, con
un costo complessivo che varia tra 94% e 120% (valore medio del 99%) di quello riportato in tabella
3.4.1: una differenza irrisoria se messa a confronto con l’incertezza sui dati e le semplificazioni adottate.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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Costo dei diversi strati di materiali con perdite energetiche pari allo 0,5%
(varie soluzioni progettuali - MATERIALI DIVERSI DA QUELLI DELLE IPOTESI INIZIALI)
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
A 20 MWh B 20 MWh C 20 MWh A 100 MWh B 100 MWh C 100 MWh A 1000
MWh
B 1000
MWh
C 1000
MWh
Co
st
[€]
Lana minerale
Silicato di calcio
Mattoni isolanti JM 23
Mattoni isolanti JM 30
Accumulo
Figura 3.4.4
Ipotizzando che le perdite siano invece pari allo 0,1% dell’energia accumulata (valore sicuramente
compatibile con uno stoccaggio energetico della durata di qualche settimana), il costo necessario per la
coibentazione delle soluzioni progettuali di bassa capacità energetica diventa esoso. Ancora per 100
MWh di capacità, i costi per il materiale dell’isolamento termico risultano di due ordini di grandezza
superiori a quelli del costo dei materiali di accumulo.
Solo per capacità di 500-1000 MWh i costi del materiale coibentante iniziano a diventare comparabili
con quelli precedentemente analizzati per soluzioni progettuali con perdite di accumulo del 2-0,5%.
Costo complessivo materiali per unità di energia accumulata e rapporto
tra costi del materiale coibentante e del materiale di accumulo, per
soluzioni progettuali con perdite pari allo 0,1%
A B C
3 COSTtot/E [€/MWh] 316.840 375.103 710.208
(100 MWh) COSTiso/COStacc 135,57 197,47 1774,52
4 COSTtot/E [€/MWh] 51.105 15.331 21.104
(200 MWh) COSTiso/COStacc 21,03 7,11 51,76
5 COSTtot/E [€/MWh] 13.573 8.139 9.841
(500 MWh) COSTiso/COStacc 4,85 3,31 23,60
6 COSTtot/E [€/MWh] 7.509 8.139 9.841
(1000 MWh) COSTiso/COStacc 2,24 3,31 23,60
5000 MWh COSTtot/E [€/MWh] 3.624 3.478 2.768
COSTiso/COStacc 0,56 0,84 5,92
Tabella 3.4.2
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Spessore dei diversi strati di materiali con perdite energetiche pari allo 0,1%
(varie soluzioni progettuali)
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
26
28
A 500 MWh B 500 MWh C 500 MWh A 1000 MWh B 1000 MWh C 1000 MWh A 5000 MWh B 5000 MWh C 5000 MWh
r [
m]
Lana mineraleSilicato di calcioMat. Superwool 607 HTMaterassino CerachromMattoni isolanti JM 30Accumulo
Figura 3.4.5
In tabella 3.4.2, oltre ai dati che sostengono queste affermazioni, è riportato anche il costo per unità di
energia accumulata per una capacità di 5000 MWh.
Le dimensioni delle soluzioni progettuali con capacità compresa tra 1000 e 5000 MWh risultano simili
(con raggio esterno prossimo a 16 m), ed inferiori a quelle ottenibili per capacità inferiori, come
mostrato nel grafico di figura 3.4.5. Poiché nel migliore dei casi il diametro e l’altezza della struttura di
contenimento dovrebbero essere pari a circa 32 m, risulterebbe particolarmente importante porre
attenzione alla fattibilità dell’accumulo a livello strutturale.
La tabella 3.4.3 riporta i dati riferiti alle soluzioni progettuali D ed E: Etot è l’energia totale
immagazzinabile, considerando sia quella immagazzinabile tra 800 e 1500 °C nel SiC, sia quella
immagazzinabile nella sabbia silicea, tra la temperatura che essa raggiunge e 800°C;24 Tmedia acc è la
temperatura media dell’accumulo, calcolata come media pesata della temperatura di accumulo di SiC e
sabbia silicea rispetto alla loro capacità di accumulo25: essa corrisponde grossomodo alla massima
temperatura alla quale può essere effettuato un recupero energetico completo nel caso ideale. Il
maggior costo del materiale di accumulo della soluzione D la rende un più costosa della A, B e C, ma
l’aumento di costo è comunque assai limitato rispetto ai costi complessivi dell’impianto. La soluzione E
risulta sempre più economica della D grazie all’impiego di materiali mediamente più economici sia per la
coibentazione, sia per l’accumulo, che avviene in parte nella sabbia di silice. La densità di energia dello
strato di sabbia silicea è tuttavia mediamente bassa (anche a causa della temperatura di accumulo
24 Lo strato di sabbia silicea è stato considerato nei calcoli costituito da due strati cilindrici concentrici, di cui uno
compreso tra 1350 e 1200 °C, l’altro tra 1200 e 900 °C: per semplicità la densità di energia è stata calcolata facendo riferimento alla temperatura media in questi due intervalli. Ciò produce una sovrastima di Etot poiché essendo gli strati dei cilindri cavi, la temperatura media nel volume dovrebbe essere calcolata facendo ricorso ad un integrale. Se lo spessore di ciascuno dei due strati di sabbia è piccolo rispetto al proprio raggio interno, l’approssimazione è tuttavia accettabile. 25
Così come per il calcolo di Etot nel calcolo si è fatto riferimento alla temperatura media dei diversi strati calcolata per semplicità come media aritmetica tra massima e minima di ogni strato. Per questo nella tabella 3.4.3 , nei casi in cui la stima era considerata poco affidabile, è stata indicata solo la stima approssimativa (valore massimo) di Tmedia acc.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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relativamente bassa26), mentre la sua conduttività termica più alta dei materiali coibentanti classici,
perciò in gran parte dei casi analizzati il risparmio non è probabilmente tale da giustificare l’aumento di
dimensioni legate all’impiego della sabbia (si ricordi che i costi indicati in tabella tengono conto dei soli
costi dei materiali).
Costo complessivo dei materiali per unità di energia accumulata, rapporto tra costi del materiale coibentante e
del materiale di accumulo, temperatura media di accumulo e raggio esterno per alcune soluzioni progettuali
soluzione progettuale
I (perdite 2%) II (perdite 1%) III (perdite 0,5%) IV (perdite 0,1%)
prezzi ricavati dalla correlazione sono stati moltiplicati per il Davis Langdon Index dei prodotti meccanici al fine di correggerli considerando la variazione dei prezzi nel periodo 2004-2012. Si è costato che per diametri inferiori a 2 m la correlazione di Coulson & Richardson tende a sovrastimare nettamente il costo dei vessel e si può quindi ipotizzare che anche per diametri superiori la stima fornita risulti cautelativa.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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Richardson può essere impiegata anche per il calcolo di vessel sottoposti a pressioni superiori ad 11 bar
e quindi con spessori che per recipienti resistenti ad una pressione di 50-60 bar superano ampiamente i
50 mm: in tal caso è previsto un raddoppio del prezzo del vessel pur in presenza di quintuplicazione
dello spessore.
Costo per unità di volume interno di vessel verticali per aria compressa a 11 bar, con
rapporto H/r di circa 4, in acciaio al carbonio, al variare del diametro
-
500,0000
1.000,0000
1.500,0000
0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500
D [mm]
CO
ST
/ V
[€
/m3
] prezzi di mercato in Italia
prezzi stimati metodo Coulson&Richardson
Figura 3.5.5 – Nota: i costi non sono comprensivi delle le spese di trasporto.
Si può quindi ipotizzare cautelativamente che per diametri del vessel compresi tra 3 e 7 m, per
pressioni massime di 11 bar (quindi spessori nell’ordine dei 50 mm secondo una stima di massima
effettuata mediante l’equazione di Lamè), i costi per unità di volume risultino nell’ordine dei 1000 € per
m3 di capacità del vessel.
Esistono in Italia alcune realtà industriali che realizzano serbatoi in pressione di grande diametro, tra cui
La Toscana Impianti e la Nuova Pignone, che però non hanno voluto fornire preventivi o indicazioni
relative al costo dei loro prodotti. Un progettista di serbatoi in pressione ha assicurato che per piccoli
spessori i costi si riducono con l’aumentare delle dimensioni, fino al limite di circa 2,6 m di diametro,
oltre i quali i costi aumentano a causa del trasporto, che sopra a tale taglia viene ritenuto “eccezionale”
(possono risultare necessari mezzi di trasporto particolari, scorta sopra i 3 m di diametro, permessi e
tariffe speciali per la circolazione…).
Se le tariffe al km per il trasporto su camion sono mediamente pari a 1 - 1,5 €/km, per un trasporto
eccezionale questi risultano superiori di un ordine di grandezza.34
Ipotizzando un diametro del vessel di 5-7 m, corrispondente a quello necessario per contenere ad
esempio i sistemi di accumulo A, B, C e D con capacità compresa tra 20 e 100 MWh e perdite giornaliere
del 2% analizzati nel paragrafo 3.5.4, ed ipotizzando che questo debba percorrere 500 km su strada, si
può ipotizzare un costo di trasporto complessivo nell’ordine della decina di migliaia di euro, imputabile
in buona parte ai permessi, alle tariffe per la circolazione e alla scorta.
Un vessel con diametro di 5-7 m e rapporto tra altezza e raggio di circa 4, ha un volume interno
nell’ordine delle centinaia di metri cubi e pertanto risulta che il costo di trasporto influisce massimo per
qualche centinaia di € per ogni m3 di volume del serbatoio.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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Per quanto riguarda l’impiego di acciai o leghe metalliche resistenti alle altissime temperature, una
prima indicazione relativa ai costi è data dalla già citata correlazione di Coulson & Richardson, che
individua un costo doppio a quello indicato nel grafico di fig. 3.5.5 per vessel di acciaio inossidabile
progettato per temperature fino a 300 °C.
Figura 3.5.6- Trasporto di un vessel pressurizzato di diametro nominale di circa 5 m in acciaio
austenitico. 35
Per temperature fino a 650-700 °C si può far ricorso ad acciai inox austenitici quali SS 347 o SS 316 che
presentano un costo doppio o triplo a quello di acciai inossidabili martensitici adatti a temperature più
basse (si veda paragrafo 5.1). Il raggiungimento di temperature elevate influenza le caratteristiche
meccaniche del materiale nonché i criteri indicati dalla normativa per il corretto dimensionamento. Per
quanto detto, certamente il costo di un vessel resistente a 650-700 °C in atmosfera di aria risulta
superiore a quello di uno resistente fino a 300 °C: cautelativamente si può ipotizzare che sia 5 volte
superiore a quello di un analogo recipiente in acciaio al carbonio.
Per temperature sopra ai 700 °C si potrebbe almeno in teoria far uso di superleghe, che però possono
presentare problemi di saldabilità e lavorabilità: la produzione di vessel con questi materiali
richiederebbe il ricorso a tecnologie di produzione specifiche , e risulta impossibile stimarne a priori il
costo.
La scelta della temperatura alla quale il vessel deve resistere dipende da considerazioni relative alla
disposizione della coibentazione, che può essere inserita sia internamente che esternamente al vessel
stesso. Qualora sia posta al suo interno, si dovrà prestare attenzione ad evitare che l’aria calda
pressurizzata presente nella parte più interna vada a riscaldare il vessel e gli strati di materiale
coibentante progettati per resistere a temperature inferiori: tale accorgimento può risultare
35 Immagine tratta da un brochure di “La Toscana Impianti”.
Capitolo 3 Struttura di contenimento e coibentazione dello stoccaggio termico
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difficilmente applicabile e ne sarà pertanto approfondita la fattibilità tecnica nel capitolo 6, in
riferimento ad una particolare soluzione per l’accumulo termico.
A parità di temperatura di accumulo, disporre la coibentazione esternamente al vessel può risultare
vantaggioso per ridurre le dimensioni del vessel e quindi il suo volume interno, ma ciò produce d’altra
parte un aumento della temperatura per la quale il vessel sarà progettato e quindi maggiori costi per
unità di volume interno. Risulterà dunque necessario individuare un compromesso tra le diverse
esigenze in fase di progettazione.
Al fine di individuare l’ordine di grandezza del costo del vessel e di effettuare una prima stima della
fattibilità economica del ricorso a tale soluzione di contenimento, si farà riferimento ancora una volta ai
sistemi di accumulo A, B, C, D con capacità compresa tra 20 e 100 MWh e perdite giornaliere del 2%
individuati nel paragrafo 3.4.
A tal fine si definisce la densità effettiva di energia Dee come segue:
+VV
E = D
acciso
accee
eq. 3.5.4
dove Eestr è l’energia utile estraibile dall’accumulo durante la fase di scarica, Vacc il volume del materiale
di accumulo e Viso il volume del materiale di coibentazione dell’accumulo.
Ipotizzando cautelativamente di realizzare due calotte semisferiche riempite di materiale coibentante
alle due estremità del cilindro descritto dalle soluzioni progettuali in questione, si ricavano valori di Dee
compresi tra 0,26 e 0,05.
Il costo del vessel per unità di energia accumulabile al suo interno (COSTvess/Eacc) si ricava quindi come
segue:
D
1
V
COST +
V
COST =
E
COST
eeint
trasp
int
vess
acc
vess ⋅
eq. 3.5.5
dove COSTvess/Vint e COSTtrasp/Vint sono rispettivamente il costo del vessel per unità di volume di capacità
e quello del suo trasporto per unità di volume di capacità, precedentemente stimati di poco superiori a
1000 €/m3 per vessel in acciaio al carbonio resistenti a circa 1 MPa.
Si ha quindi, per le soluzioni progettuali in analisi, un costo del vessel per unità di capacità di accumulo
termico compreso tra 4000 e 21000 €/MWh , ottenuto disponendo l’intera coibentazione all’interno del
vessel.
Disponendo invece la coibentazione in parte internamente ed in parte esternamente al vessel, così che
la sua temperatura risulta pari a circa 650 °C, si ottiene invece un stima del costo per unità di capacità di
acculo termico compresa tra 17000 e 79000 €/MWh (si ricorda che i calcoli si basano su ipotesi
cautelative e dunque il prezzo reale potrebbe risultare inferiore).
I costi calcolati risultano modesti rispetto a quelli delle apparecchiature per la conversione energetica
(almeno nel caso di accumulo giornaliero), analogamente a quanto già osservato nel paragrafo 3.4 per il
materiale coibentante. Si osserva inoltre che i costi del vessel risultano probabilmente superiori a quelli
del materiale coibentante e di quello di accumulo, perciò può risultare conveniente scegliere questi
ultimi in funzione della riduzione dei costi del vessel. La soluzione di contenimento del materiale di
accumulo all’interno di un vessel metallico pressurizzato sembra dunque percorribile, e ciò apre la
strada alla soluzione progettuale che sarà illustrata nel capitolo 6.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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CAPITOLO 4:
Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura.
L’obiettivo di questo capitolo è analizzare i possibili sistema di conversione dell’energia elettrica in
energia termica ad altissima temperatura, individuandone uno che possa risultare efficiente ed
economico.
A livello industriale la conversione di energia elettrica in energia termica, in processi ad altissima
temperatura avviene perlopiù sfruttando fenomeni dissipativi elettromagnetici di varia tipologia,
illustrati nel paragrafo 4.1. Tuttavia tali processi non consentono un’efficienza superiore all’unità, e
nella pratica, anzi, l’efficienza può essere anche molto più bassa di quella teorica, specialmente se sono
previste molteplici trasformazioni di energia da una forma all’altra. D’altra parte resistori, elettrodi, ed
altri materiali impiegati per la dissipazione elettrica possono andare incontro, alle temperature in gioco,
ad una rapida degradazione, determinando una vita utile corta ed elevati costi di manutenzione.
Un’efficienza superiore all’unità potrebbe essere raggiunta attraverso l’impiego di pompe di calore;
tuttavia non esistono sul mercato pompe di calore capaci di operare alle altissime temperature come
sarà spiegato nel paragrafo 4.4; interessanti sono semmai impianti progettati per operare a
temperature inferiori che sfruttano cicli Brayton inversi e diretti rispettivamente per la ricarica
dell’accumulo e per il recupero energetico.
Nel paragrafo 4.3 è descritta una soluzioni innovativa al problema del riscaldamento elettrico ad
altissima temperatura, che cerca di rispondere ai problemi dei resistori in SiC (di cui si parla nel
paragrafo 4.2); tale soluzione appare promettente sotto diversi aspetti e richiederebbe un ulteriore
approfondimento in quanto potenzialmente applicabile anche in contesti diversi da quello analizzato in
questa tesi.
4.1 - Principali meccanismi di riscaldamento elettrico impiegabili alle altissime temperature.
I principali meccanismi di riscaldamento mediante energia elettrica, sfruttati a livello industriale per le
alte temperature, sono di seguito elencati:
1) riscaldamento tramite resistore elettrico, per effetto Joule
2) riscaldamento mediante arco voltaico
3) riscaldamento per induzione elettromagnetica
4) riscaldamento dielettrico mediante micro onde
Questi meccanismi sono di seguito brevemente analizzati, prestando attenzione alla loro efficienza e ai
loro costi, al fine di individuare il sistema più promettente per l’applicazione in esame.
Il primo meccanismo risulta il più semplice dal punto di vista tecnologico, in quanto può essere
realizzato semplicemente applicando una differenza di potenziale elettrico V alle estremità di un
conduttore dotato di resistenza elettrica R. In tal modo si produce il passaggio di una corrente I,
secondo la legge di Ohm:
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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R
VI = eq. 4.1.1
Tale formula(così come le seguenti) è valida per la corrente continua, ma lè facilmente estendibile al
caso di corrente alternata. Il calore prodotto corrisponde all’energia elettrica dissipata dall’elemento
riscaldante (il resistore) per effetto Joule; la potenza dissipata vale:
R
V R = I = I
R
VP =
22 ⋅⋅ eq. 4.1.2
Poiché tutti i conduttori sono caratterizzati da un certo valore di R, quindi anche le linee che
trasportano l’energia elettrica fino al resistore, risulta necessario che la potenza dispersa lungo la linea
di resistenza elettrica Rl risulti notevolmente inferiore a quella dispersa dall’elemento riscaldante con
resistenza Rer; poiché la resistenza della linea elettrica e quella dell’elemento riscaldante sono in serie,
l’intensità di corrente che le attraversa è la medesima e si potrà scrivere:
) + R ( R = I P erl2
tot ⋅ eq. 4.1.3
La resistenza Rer dovrà quindi essere notevolmente superiore a quella Rl per minimizzare le perdite sulle
linee elettriche; d’altra parte Rer non potrà essere troppo grande per non limitare eccessivamente la
potenza dissipata nell’elemento riscaldante: fissata la tensione V della distribuzione elettrica, I dipende
infatti da R secondo l’equazione 4.1.4. Attraverso l’impiego di trasformatori di tensione interposti tra le
due resistenze, risulta comunque possibile applicare a queste tensioni diverse e di conseguenze saranno
diverse anche le intensità di corrente che le attraversano.
La resistenza può essere calcolata in base alla forma e alle dimensioni del resistore, nonché alla
resistività elettrica ρel del materiale che la costituisce, nelle condizioni di esercizio: quest’ultima
proprietà del materiale risulta infatti dipendente dalla temperatura (e dalla frequenza della corrente
elettrica). La resistenza può essere calcolata conoscendo la lunghezza l del conduttore in direzione
parallela al flusso di energia elettrica e la superficie della sezione S ad esso normale, secondo
l’equazione:
S
l R = el ⋅ρ eq. 4.1.5
Se la resistenza elettrica viene opportunamente progettata per poter funzionare alla tensione fornita
dalla linea elettrica, risulta evidente che non vi saranno perdite significative di energia durante la
conversione, fatta eccezione per le perdite di linea, che comunque hanno luogo in tutti i meccanismi di
riscaldamento tramite energia elettrica: l’efficienza del sistema sarà quindi prossima al 100%. Il ricorso
ad apparecchiature elettroniche di potenza per la regolazione ed il corretto avvio delle resistenze e
l’impiego di eventuali sistemi di raffreddamento applicati alle estremità della resistenza elettrica può
tuttavia ridurre l’efficienza, ed al contempo aumentare i costi.
Il riscaldamento mediante arco voltaico si realizza sottoponendo degli elettrodi ad un’elevata differenze
di potenziale, e producendo una scarica elettrica attraverso i gas interposti, che, raggiungendo
temperature nell’ordine dei 4000°C, si ionizzano. In alcuni casi gli elettrodi possono essere immersi,
anziché in un gas, direttamente nel materiale da riscaldare, che assume in questo caso la funzione di
resistenza elettrica; il meccanismo di funzionamento risulta quindi simile a quello già descritto per la
prima soluzione.
Il principale limite del sistema ad arco voltaico, in riferimento all’applicazione di accumulo energetico, è
legato al consumo del materiale degli elettrodi (solitamente in grafite) che essendo esposti a
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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temperature notevolmente elevate tende a sublimare o subire trasformazioni chimiche: nei forni ad
arco impiegati nelle fonderie il costo per la periodica sostituzione degli elettrodi risulta confrontabile
con quello quello dell’energia elettrica consumata dai forni stessi;1 impiegando corrente continua
anziché alternata e facendo impiego di moderne tecnologie elettroniche di potenza si può ridurre il
consumo degli elettrodi, ma il costo legato al loro consumo può comunque essere stimato pari a circa
un ordine di grandezza inferiore a quello della corrente elettrica.
Risulta inoltre praticamente obbligato il ricorso a trasformatori (in particolare qualora si impieghi un
sistema a corrente continua per ridurre il consumo degli elettrodi), ad apparecchiature elettroniche di
potenza e sistemi elettrici per la regolazione e per evitare o ridurre i disturbi indotti da questo sistema
riscaldante sulla rete di alimentazione elettrica: questi ausiliari ovviamente comportano indesiderate
dissipazioni energetiche.
Il riscaldamento per induzione elettromagnetica sfrutta il principio secondo il quale un corpo
conduttore immerso nel campo magnetico creato da una corrente elettrica alternata è attraversato da
correnti indotte generate dal campo magnetico stesso; queste correnti vengono quindi dissipate per
effetto Joule.
Questo principio viene impiegato, in ambito metallurgico, nelle fornaci ad induzione ed il campo
magnetico è creato mediante una bobina di spire metalliche (induttore); esistono due principali
configurazioni di fornaci ad induzione: a “canale” e a “crogiuolo”. Nella prima, la bobina induttrice è
posta all’interno del materiale da scaldare (cha va ad occupare un canale intorno alla bobina) e separata
da essa da materiale refrattario. Nella seconda la bobina è avvolta intorno al crogiuolo contenente il
materiale da riscaldare. In una fornace a canale per la fusione di metalli il rapporto tra l’energia
assorbita dalla carica (materiale da scaldare) e quella introdotta può raggiungere il 95-98%, contro il 70-
80% del tipo a crogiuolo.
Configurare l’accumulo energetico in modo simile alla fornace a canale consentirebbe di ottenere una
buona efficienza, ma richiederebbe un sistema di raffreddamento della bobina induttiva, a meno che
essa non fosse realizzata con un materiale capace di resistere alla temperatura presente all’interno
dell’accumulo; un eventuale sistema di raffreddamento produrrebbe perdite di energia accumulata. Si
potrebbe ovviare parzialmente al problema rimuovendo la bobina dall’interno del sistema di accumulo
quando non ha luogo la fase di carica.
La potenza termica trasferita al materiale da riscaldare risulta proporzionale alla radice della sua
conduttività elettrica ρel e della sua permeabilità magnetica μm secondo la formula seguente:
f H p v P = c mel2
mf ⋅µ⋅ρ⋅⋅⋅⋅ eq. 4.1.6
dove c è una costante, v il volume nel quale la potenza P viene dissipata, pf un parametro dipendente
dalla forma e dalla dimensione del volume in cui ha luogo la dissipazione, Hm l’intensità del campo
magnetico e f la frequenza della corrente che circola nella bobina.2
Qualora il campo magnetico si concateni con altri materiali dotati di permeabilità magnetica e
conduttività elettrica confrontabile o superiore a quella del materiale da scaldare, si possono originare
nel primo dissipazioni energetiche tutt’altro che trascurabili.
1 Francesco Mazzoleni “Lezioni di fonderia” Liguori, 1978.
Prof. Enrico Evangelista “Appunti di metallurgia- Forni elettrici” Università Politecnica delle Marche, Ancona. 2 Manuale dell’ingegnere meccanico, seconda edizione - Hoepli, 2010.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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Per quanto detto, il riscaldamento ad induzione è generalmente indicato se il materiale di accumulo da
riscaldare è costituito da metalli e se non vi è la concatenazione del campo magnetico con altri parti
metalliche dell’accumulo (es. vessel in acciaio).
Al fine di valutare l’utilizzo del sistema ad induzione per il riscaldamento di un ceramico impiegato per
lo stoccaggio, occorre fare alcune considerazioni sulle sue proprietà magnetiche ed elettriche; i
materiali ceramici, SiC compreso, presentano una conduttività elettrica a basse frequenza (frequenza di
rete elettrica) di minimo 4 ordini di grandezza inferiore a quella dei metalli (questo rapporto è valido ad
alta temperatura, mente a temperatura ambiente è solitamente superiore); la loro permeabilità
magnetica a temperatura ambiente risulta circa 2 ordini di grandezza inferiore a quella dei materiali
ferromagnetici quali acciaio e nichel (utilizzabili per la realizzazione del vessel),3 ma con il
riscaldamento, raggiungendo della temperatura di Curie (intorno a 750°C per l’acciaio al carbonio e a
360°C per il nichel), la differenza di permeabilità magnetica diviene trascurabile.4 Come si vedrà più
avanti la conduttività del SiC aumenta con l’aumentare della frequenza (almeno fino alle frequenze
caratteristiche delle microonde), rimanendo comunque inferiore a quella dei metalli.
In conclusione risulta intuitivo che l’efficienza di un sistema ad induzione per il riscaldamento del
carburo di silicio avrà un’efficienza minore di quella di un analogo impianto per la fusione di metalli (la
situazione sarà ancora peggiore nel caso si vogliano riscaldare altri materiali ceramici).
Al fine di facilitare la generazione di correnti parassite nel materiale da scaldare, questo dovrebbe
inoltre presentare una continuità spaziale lungo la circonferenza che avvolge le linee del campo
magnetico (poiché è in tale percorso che circolano le correnti indotte).
Nel complesso questa soluzione progettuale presenta quindi una scarsa attrattiva se l’accumulo è
effettuato mediante materiale ceramico in forma solida discontinua.
Il riscaldamento dielettrico mediante micro onde è un processo è un fenomeno legato all’assorbimento
di onde elettromagnetiche da parte del materiale, descrivibile mediante le equazioni di Maxwell. Le
microonde sono radiazioni elettromagnetiche con frequenza da 0.3 a 300 GHz (Figura 3.6). Per uso
industriale, scientifico e medico, tuttavia, solo alcune frequenze possono essere utilizzate liberamente.
Quando le microonde penetrano e si propagano attraverso un materiale dielettrico i campi elettrici che
si generano nel volume interessato inducono moti traslazionali di cariche libere o meno (come elettroni
o ioni) e producano la rotazione di complessi carichi come i dipoli. La resistenza a questi moti indotti
dovuta a forze inerziali, elastiche e di attrito, spesso fra loro dipendenti, provoca perdite energetiche ed
attenua il campo elettromagnetico. Come conseguenza di queste perdite si osserva un riscaldamento
interno del materiale.
Da un punto di vista macroscopico si descrive la tendenza di un materiale a “polarizzarsi” (mediante i
moti e le rotazioni anzidette) mediante la permettività elettrica ε, che è funzione della frequenza.5 La
3 La conduttività elettrica dei ceramici isolanti aumenta di diversi ordini di grandezza all’aumentare della
temperatura, quella del SiC (semiconduttore) rimane tuttavia superiore a quella di magnesia, allumina e silice,
almeno fino a quando questi non iniziano a fondere (dando luogo al trasporto ionico della corrente elettrica); per
quanto riguarda la permeabilità magnetica, si è ipotizzato che essa rimanga abbastanza costante con l’aumento
della temperatura, poiché la loro suscettibilità magnetica ha segno negativo (si veda “MAGNETIC SUSCEPTIBILITY
OF THE ELEMENTS AND INORGANIC COMPOUNDS” nel sito web del Fermi National Accelerator Laboratory:
http://www-d0.fnal.gov/hardware/cal/lvps_info/engineering/elementmagn.pdf). 4 Grace Carrasco Guffanti “Calcoli per la verifica del codice Vim sviluppato per la modellazione dei sistemi di
riscaldamento ad induzione” Tesi di laurea in Ingegneria Elettronica, Università degli Studi di Padova 2009-2010. 5 Il campo elettrico nel materiale polarizzato è D= ε·E, dove E è il campo elettrico esterno a cui è sottoposto.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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dissipazioni delle onde elettromagnetiche in un mezzo, ad una determinata frequenza, dipende dal
valore della componente immaginaria di ε, come esplicitato nella seguente equazione:
∫ ⋅ε⋅⋅π⋅ dv E) Im( f 2 = q 2fff eq. 4.1.7
dove qf è il calore dissipato nel volume di calcolo dalle onde elettromagnetiche di frequenza f, Ef
l’intensità del campo magnetico alla frequenza f e Im(εf), la componente immaginaria della permettività
elettrica alla frequenza f (di fatto si dovrebbe integrare a sua volta qf nell’intervallo di frequenze del
campo elettromagnetico) .
Materiali con caratteristiche polari, come ad esempio l’acqua, si prestano bene ad essere riscaldate
tramite microonde; tuttavia anche alcuni materiali ceramici come la zirconia, che a bassa temperatura
sono praticamente trasparenti alle microonde, alle alte temperature tendono ad assorbirle. Lo stesso fa
il carburo di silicio, che risulta un buon suscettore (assorbitore di onde elettromagnetiche) anche a
temperatura ambiente grazie alle sue caratteristiche di semiconduttore (se l’intensità del campo
elettrico è bassa, i semiconduttori tendono tuttavia a riflettere la radiazione come i metalli, anziché ad
assorbirla).
Figura 4.1.1- Parte immaginaria della permettività elettrica di alcuni materiali ceramici. 6
Esistono diversi tipi di generatori di microonde; il più economico ed adatto ad applicazioni di grande
potenza è il “Magneton”.7 L’efficienza di questo sistema di generazione è generalmente prossima al
90% per magnetron operanti alla frequenza di 900 MHz e superiore al 70% per quelli funzionanti a 2450
MHz.8
Difficilmente un solo magnetron, anche se di potenza elevata, è in grado di soddisfare le esigenze di un
grande impianto per il trattamento termico dei materiali. Nasce quindi l'esigenza di posizionare due o
6J. Lasri, P.D. Ramesh, L. Schachter “Energy conversion during Microwave sintering of a multiphase ceramic
surrounded by a susceptor”- J. Am. Ceram. Soc. 83 [6] pp. 1465-1468 (2000). 7 SFR-UFI Buzzanca Giovanni “IL RISCALDAMENTO DIELETTRICO NEI PROCESSI INDUSTRIALI” CESI - Ricerca di
sistema, 30/06/2000. 8 Metaxas A.C., Meredith R.J., “Industrial microwave heating”, Peter Peregrinus Ltd, London, 1993.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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più sorgenti affacciate sul medesimo applicatore, con rischio di interferenza distruttiva o addirittura di
danneggiamento reciproco dei magnetron, se non opportunamente protetti. 9
Il costo d’investimento per un sistema industriale per la generazione di microonde (facente uso di
magneton) è nell’ordine degli 800.000 €/MW; un generatore di microonde, se usato correttamente, ha
una vita utile significativamente superiore a 5000 ore operative. 10
Nel complesso questa soluzione progettuale non risulta particolarmente attraente a causa del
rendimento più basso rispetto alle altre soluzioni progettuali, un costo elevato, paragonabile o
superiore al più semplice sistema a resistori in carburo di silicio (si veda paragrafo 4.2). D’altra parte
l’impiego di microonde potrebbe consentire di riscaldare preferenzialmente determinate zone
dell’accumulo (es. il nucleo) realizzando queste con materiali più o meno opachi alle onde
elettromagnetiche della frequenza scelta.
Dalle considerazioni fatte fin qui, il riscaldamento tramite resistore elettrico sembra essere il più
promettente per un sistema di accumulo, in relazione a costi di gestione, semplicità ed efficienza del
sistema. In questa tesi si è perciò scelto di approfondire tale soluzione progettuale.
4.2 Resistori elettrici per le alte ed altissime temperature.
Gli eventuali resistori elettrici rappresentano la parte del sistema di accumulo soggetta alle
temperature più elevate, poiché deve risultare possibile la trasmissione di calore da esse al materiale di
accumulo.
Esistono sul mercato diverse tipologie di elementi riscaldanti per forni elettrici alle altissime
temperature. Gli elementi riscaldanti in grafite o metalli refrattari (tungsteno, molibdeno, tantalio) non
sono compatibili con ambienti contenenti ossigeno alle altissime temperature a causa della tendenza
alla rapida ossidazione. Possono invece essere usati in particolari atmosfere inerti, sebbene, fatta
eccezione per la grafite, il loro costo risulti molto elevato (ad esempio il tungsteno può resistere fino a
2300°C in atmosfera di N2 e fino a 2500°C nel vuoto, ma il costo del materiale è nell’ordine di 77-135
€/kg).11
Nell’intervallo di temperature compreso tra 1000 e 1800°C le resistenze più utilizzate in ambito
industriale sono quelle in superleghe metalliche, carburo di silicio e disiliciuro di molibdeno. La
massima temperatura raggiungibile dai materiali di cui sono composte è crescente nell’ordine di
elencazione, così come il costo.
9 Veronesi P., Siligardi C., Leonelli C., "Applicazioni del riscaldamento a microonde in campo ceramicoIII -
Resistività elettrica in funzione del campo elettrico per alcuni campioni di SiC granulare
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
1,00E+03
1,00E+04
1,00E+05
1,00E+06
1,00E+07
1 10 100 1000 10000
E [V/cm]
ρe
l [Ω
∙cm
]
Jessie 46 (dp=0,4 mm)
Jessie 60 (dp=0,2 mm)
Norton 60 E179 (dp=2mm)
Lonza 60 (dp=0,2mm)
Comportamento in seguito ad
una forte scarica elettrica
zona in cui Vapplicata = Vresidua
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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Altre aziende hanno pure fornito preventivi per alfa-SiC in grani, con prezzi superiori o inferiori di circa il
20% a quello prima riportato (in dipendenza del grado di purezza).
Per quanto riguarda il beta-SiC, l’unico preventivo fornito è relativo ad una polvere di purezza superiore
al 99% : il costo è di circa 45$/kg; il costo più elevato dell’alfa-SiC ne scoraggia l’impiego (si ricordi
peraltro che in presenza di temperature elevate il beta-SiC tende a trasformarsi in alfa-SiC).
Sulla base di quanto riportato nel paragrafo 4.3.a è possibile effettuare una stima approssimativa della
resistività del materiale nelle condizioni di esercizio, all’interno del sistema di accumulo in studio.
Risulta conveniente a tal fine prendere come riferimento la conduttività riportata nel grafico di figura
4.3.6 per il carburo di silicio in grani da 0,4 mm prodotto dalla Henan Sicheng Co. (Jessie 46). Detta
ρJessie46 (E) la resistività di tale materiale in funzione del campo elettrico, e ρel la resistività di un generico
riempimento in carburo di silicio in grani si potrà scrivere:
f f f f f(E) = fTDptipP Jessie46el ⋅⋅⋅⋅⋅ρρ eq. 4.3.5
dove fP è un fattore moltiplicativo dipendente dalla pressione applicata al materiale, ftip è un fattore
dipendente dalla tipologia di materiale (ed in particolare dalle impurità presenti), fDp è un fattore
dipendente dal diametro dei grani, fT è un fattore dipendente dalla temperatura e ff è un fattore
dipendente dalla frequenza.
I diversi fattori dell’equazione 4.3.5 sono influenzati dal campo elettrico, ed inoltre ciascuna delle
variabili che determina i diversi fattori può influire anche sugli altri: il modello qui presentato è quindi
da intendere come una estrema semplificazione utile solo per una valutazione di massima.
Per quanto riguarda il calcolo del fattore fP, si può ipotizzare, in prima battuta, che il letto di SiC con
funzioni di resistore sia sottoposto solo alla pressione prodotta dal peso proprio del materiale e da
eventuali forze legate alla sua espansione termica. Poiché le particelle di SiC presenteranno una forma
irregolare, si può supporre una proporzionalità inversa tra P e ρel (in accordo con quanto evidenziato nel
paragrafo 4.3.a)
L’andamento delle pressioni in un materiale granulare è descritto nell’appendice A1. Nel grafico di
figura A1.3 è rappresentato l’andamento della pressione in funzione della profondità mediante la legge
di Janssen, sia nell’ipotesi che il contenitore del SiC abbia pareti lisce (basso coefficiente di attrito tra
pareti e SiC granulare), che nel caso di pareti scabre, per raggio del contenitore pari a 1 o 2 m, in
assenza di differenza di espansione termica tra il materiale granulare e le pareti. In tal caso il valore
della pressione risulta orientativamente compreso tra 0 e 10 kPa nei primi 0,5 m, mentre è compreso
tra 10 kPa e 100 kPa per profondità superiori. Risulterebbe interessante sfruttare l’andamento
asintotico delle pressioni al fine di ottenere, all’interno di recipienti di piccole dimensioni, una pressione
costante.
Nel grafico di figura A1.4 è invece riportato l’andamento delle pressioni stimato con la legge del pistone
in caso di diversa espansione termica di materiale granulare e pareti del contenitore. In questo caso
l’andamento delle pressioni nei primi 0,5 m è simile a quello precedentemente osservato, ma per
profondità superiori la pressione può risultare superiore anche fino ad un ordine di grandezza a quella
precedentemente stimata. Si osserva inoltre che l’andamento delle pressioni tende a crescere di più nel
caso di contenitori di piccolo diametro con superfici scabre, laddove nel caso precedente tendeva ad un
asintoto orizzontale.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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Quanto detto è valido per la componente verticale della pressione; la componente orizzontale della
pressione (per quanto riportato nell’appendice A1) risulterà inferiore alla metà di quella verticale.
Al fine di sfruttare al meglio il volume del materiale granulare per la dissipazione di energia elettrica
sotto forma di calore, risulta necessario avere un valore della resistività il più omogeneo possibile nel
materiale. A tal fine risulta necessario ricorrere ad una delle seguenti soluzioni:
1) uniformare le pressioni nel materiale sfruttando la legge di Jansen
2) uniformare la conduttività sovrapponendo strati di materiali e/o granulometria diverse
3) produrre una trasmissione dell’energia elettrica in orizzontale attraverso piani paralleli di SiC
granulare interposti a strati di materiale isolante elettrico.
Di seguito sarà analizzata la prima soluzione, che appare più complessa da un punto di vista
ingegneristico e che quindi necessita di un ulteriore approfondimento.
Al fine di uniformare le pressioni sfruttando la legge di Jansen senza incorrere in aumento delle
pressioni legate all’espansione del materiale (“legge del pistone”), risulta necessario che durante la fase
di riscaldamento del SiC granulare il recipiente di quest’ultimo sia soggetto ad una espansione pari o
superiore. Senza addentrarsi, per il momento, nello studio dei transitori termici che caratterizzano il
materiale ed il recipiente, la soluzione appare fattibile considerando che l’allumina o l’ossido di
magnesio (nonché i mattoni refrattari costituiti da questi materiali) presentano un coefficiente di
espansione termica doppio o superiore a quello del SiC.44
Figura 4.3.7 - La soluzione progettuale qui illustrata (non in scala) è pensata per ottenere una pressione
omogenea nel letto di SiC granulare e rispondere ad problematiche che saranno illustrate nel capitolo 6.
44
Per il coefficiente di espansione termica dei materiali refrattari si veda l’appendice A1. Per il coefficiente di
espansione termica medio dei mattoni si veda: P. Mullinger, B. Jenkins “Industrial and process furnace. Principles,
design and operation” Butterworth-Helnemann 2008.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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Il SiC granulare potrebbe dunque essere contenuto all’interno di tubature ceramiche, oppure, soluzione
che appare più promettente, in un cilindro costituito da mattoni ceramici, concentrico ad un vessel
riempito da un materiale che esercita sulla faccia esterna dei mattoni una pressione p’ superiore alla
pressione p esercitata dal SiC granulare posto al suo interno (si veda lo schema riportato nella figura
4.3.7); in tal modo i mattoni refrattari sono sottoposti a compressione e rimangono al loro posto
sfruttando il principio costruttivo dell’arco. In modo da ridurre il limite asintotico di p nel SiC può essere
utile l’impiego di mattoni refrattari con la superficie interna rugosa o inclinata come mostrato in figura
4.3.7 al fine di aumentare l’attrito tra materiale granulare e parete; inoltre si può disporre all’interno
del contenitore cilindrico realizzato con i mattoni refrattari ad alto Δlt (ossia ad elevata espansione
termica) un altro contenitore concentrico, o un pilastro centrale, con basso Δlt (i mattoni in silimanite,
un composto di Silice e Allumina caratterizzato da una refrattarietà fino a 1620 °C, presentano ad
esempio un coefficiente di espansione termica lineare paragonabile a quello del SiC); in tal caso è logico
supporre che il limite asintotico della pressione risulterà superiore a quello che si avrebbe in un cilindro
con diametro pari alla larghezza della cavità anulare, ma certamente inferiore a quello che sia avrebbe
in assenza del contenitore o pilastro interno. Come spiegato in appendice, infatti, il limite asintotico
dipende dalla formazione di archi di forze tra i granelli, forze che si scaricano sulle pareti verticali grazie
all’attrito dei granelli con esse: la riduzione della lunghezza media degli archi di forza produce una
riduzione della pressione asintodica. Se il materiale di riempimento esterno è pure granulare, la legge di
pressione a cui sarà sottoposto, in seguito all’espansione dei mattoni di contenimento del SiC, tenderà a
seguire la legge del pistone. Al fine di contenere il valore di p’ pur mantenendolo superiore a quello di
p, sarà possibile agire sulla dimensione del recipiente metallico esterno, sulla densità del materiale, sul
suo coefficiente di attrito interno, sulla scabrezza delle parete tra le quali è contenuto.
Sfruttando la soluzione progettuale individuata e considerando l’esigenza di realizzare un sistema di
contenimento di pochi metri di diametro e di qualche metro di altezza (esigenza legata ad un
compromesso tra diverse esigenze emerse nei diversi capitoli di questa tesi), la pressione potrà essere
considerata nell’ordine di 104 Pa in tutto il letto di SiC (al fine di raggiungere sin dall’estremità superiore
il valore asintotico della pressione sarà sufficiente esercitare una sufficiente pressione sul letto). Poiché
si ipotizza l’impiego di granelli di SiC di forma irregolare, la resistività del letto di SiC può dunque essere
ipotizzata inferiore due ordini di grandezza a quella del materiale di riferimento per effetto della minor
pressione applicata, ossia fP sarà nell’ordine di 102.
Passando ad analizzare la tipologia di SiC, si osserva che parametro ftip, presenta per i materiali riportati
nel grafico di figura 4.3.6 con granulometria di 0,2 mm, una variabilità di almeno 2 ordini di grandezza.
Si può quindi supporre che il valore di ftip sia compreso tra 10-1 e 101.
Per quanto riguarda l’effetto di un raddoppio del diametro dei grani, sempre dal grafico di figura 4.3.6 si
può dedurre che esso comporti una riduzione della conduttività di circa un ordine di grandezza, e si può
quindi supporre che impiegando grani con diametro di circa 1 mm si possa avere una riduzione di un
ulteriore ordine di grandezza. Il fattore fDp avrà dunque un valore compreso tra 10-1 e 100 impiegando
grani con diametro compreso tra 0,5 e 1 mm (granulometrie inferiori possono produrre perdite di carico
elevate in fase di recupero termico, come si vedrà nel capitolo 6).
Per il fattore fT si può ipotizzare, sulla base delle relazioni conduttività-temperature osservate per
resistori in SiC e SiC ad elevate frequenze, che il raggiungimento di temperature superiori a 1400°C
produca una variazione della resistività che risulta nel range 100-10-1.
Per quanto riguarda la frequenza, si può supporre in prima analisi che il letto di SiC da impiegare nel
sistema di accumulo lavori a frequenza di rete, così da ridurre costi e perdite. Le misurazioni impiegate
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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per costruire il grafico di figura di figura 4.3.6 sono effettuate a corrente continua, o più correttamente
misurando il valore dell’intensità di corrente al crescere, e successivamente al decrescere, del valore
della tensione applicata, come da prassi per la misura della curva caratteristica dei materiali dei
varistori. Sottoponendo il materiale a frequenza di rete, per quanto visto nel paragrafo 4.3.a, si può
ipotizzare che ff risulti pari a circa 10-1; sarebbe invece pari ad 1 qualora si decidesse di far operare il
sistema in corrente continua. Operando a frequenza superiore si potrebbe ridurre ulteriormente il
valore di ff., che potrebbe così raggiungere valori di 10-2 o superiori (discostarsi molto dalle frequenze di
misurazione potrebbe però avere conseguenze notevoli anche sugli altri parametri in gioco, e si
prenderà perciò, per questa valutazione preliminare, 10-2 come minimo valore di ff).
I fattori moltiplicativi fin qui individuati presentano una variabilità che è legata in alcuni casi ad
incertezza dei dati (come nel caso di fT) ed in altri a scelte progettuali (ftip, fDp, ff). Chiamando fprog il
prodotto dei fattori legati a scelte progettuali (ftip, ff, fDp), e finc il prodotto del fattore fT e del fattore falt
legato ad altri fattori d’incertezza e ipotizzato compreso tra 101 e 10-1 si ottiene:
−4prog
1−2inc
1progincpJessie46 el 10 f 0 e con 1 10 f 10 con f f f(E) = ≥≥≥≥⋅⋅⋅ρρ eq. 4.3.6
Detto infine ftot il prodotto di fP , finc e fprog , e facendo in modo che i fattori finc e fprog si compensino tra
loro al fine di ridurre l’incertezza sulla stima della resistività (individuando un intervallo di valori
certamente ottenibili mediante opportune scelte progettuali), si ha:
−1tot
1totJessie46 el 10 f 10 con f(E) = ≥≥⋅ρρ eq. 4.3.7
Qualora si adotti corrente alternata in frequenza di rete (ff =10-1), ftot potrà essere preso pari a 1.
Si deve poi ricordare che un’altra variabile è costituita dal fattore “sinterizzazione” che può produrre
una riduzione della resistività e che interagisce con l’ulteriore incognita dell’ossidazione del materiale.
Sulla base del risultato ottenuto per il valore di ρel si valuterà di seguito se l’impiego di un letto di
granelli di SiC possa risultare una valida alternativa ai resistori commerciali per alcune possibili soluzioni
progettuali.
Le soluzioni progettuali che si è stabilito di prendere in analisi corrispondono alle seguenti ipotesi:
• il SiC granulare è contenuto in una intercapedine a sezione anulare realizzata con lo schema
mostrato in figura 4.3.7;
• l’intercapedine ha uno spessore (sintercapedine) di massimo 1,5 m al fine di sfruttare al meglio la
legge di Jansen per ottenere una pressione uniforme nel letto;
• il raggio interno dell’intercapedine si ipotizza compreso tra 0,5 e 1,5 m (al fine di limitare il
diametro complessivo dell’accumulo, e al contempo limitare le perdite di carico durante la fase
di recupero45);
• l’accumulo termico ha una capacità di 25, 50, o 100 MWh, accumulati interamente nel SiC
granulare (questa è una semplificazione in quanto risulterà possibile accumulare una parte
dell’energia nel materiale circostante al SiC);
• l’accumulo è di tipo giornaliero ed ha luogo in un tempo compreso tra 10 ore e 1 ora.
45
Come sarà illustrato nel capitolo 6 il recupero termico potrà aver luogo attraverso un flusso di gas in direzione
verticale o radiale all’intercapedine riempita di SiC; al fine di una riduzione delle perdite di carico risulta
conveniente il passaggio in direzione radiale, purché rint non sia eccessivamente piccolo.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 151
Si può scrivere (a partire dalle equazioni 4.1.1 e 4.1.4):
H
S V = P
el
sez2
ricarica⋅ρ
⋅∆ eq. 4.3.8
dove Pricarica è la potenza elettrica richiesta in fase di ricarica, Ssez è l’area della sezione anulare
dell’intercapedine riempita di SiC granulare, H l’altezza del letto di SiC che funge da resistore, ρel la sua
resistività elettrica.
Sostituendo nell’equazione 4.3.8 a Pricarica la sua espressione (data dal rapporto tra la capacità di
accumulo del sistema ed il tempo di ricarica), e riportando al primo membro dell’uguaglianza le
incognite, si ha:
ricarica
2EN
el
2
t
H =
V ⋅ρ
ρ
∆ eq. 4.3.9
dove ρEN è la densità di energia del materiale di stoccaggio.
In conseguenza delle ipotesi fatte, il valore di H è imposto dalla densità di energia del SiC granulare, da
Ssez e dalla capacità di accumulo; la sezione Ssez è stata calcolata imponendo i valori riportati in tabella
4.3.1 alle diverse soluzioni progettuali, valori scelti in modo da evitare eccessivi valori di H.
Sfruttando infine l’equazione 4.3.2 si ha:
ricarica
EN
el
2
t
=
E ρ
ρ eq. 4.3.10
Il rapporto a sinistra del segno uguale dell’equazione 4.3.10 può essere scritto come funzione di E a
partire dai dati riportati nel grafico di figura 4.3.6; in figura 4.3.8 è diagrammata tale funzione per ftot=1.
Ricavando graficamente E si può calcolare la differenza di potenziale ΔV da applicare alle due estremità
del materiale granulare; tale valore è riportato in tabella 4.3.1.
Differenza di potenziale da applicare alle estremità di alcuni letti di SiC granulare, di diversa capacità energetica, per effettuare una ricarica completa nel tempo dato.
Figura 4.4.2 – valore teorico e reale (ipotizzato pari al 65% di quello teorico) 57 di una pompa di calore
operante tra temperatura ambiente (25°C) e un sistema a temperatura T1.
Qualora si volesse far operare una pompa di calore tra temperatura ambiente (25°C) e una temperatura
di 1500°C, ammesso che fosse tecnicamente possibile, il COP ideale risulterebbe pari a 1,2 e l’efficienza
effettiva del sistema nella sua globalità, risulterebbe molto probabilmente inferiore a quella dei sistemi
di riscaldamento elettrico precedentemente analizzati, come sarà spiegato tra poco.
Le pompe di calore alimentate ad energia elettrica impiegate a livello industriale sono essenzialmente
quelle a compressione, che possono operare a ciclo chiuso o aperto.58
In quelle a ciclo chiuso, un fluido scelto sulla base delle sue proprietà termodinamiche opera attraverso
il ciclo limite59 rappresentato in figura 4.4.3; tale configurazione di base del ciclo presenta numerose
varianti che consento un miglioramento delle sua prestazioni, quali, ad esempio, la sostituzione della
valvola di laminazione con una turbina per il recupero di energia durante la fase di espansione. Il
corrispondente ciclo reale è inoltre soggetto a dissipazioni che non consentono, ad esempio, di operare
una compressione adiabatica e che tendono a ridurre ulteriormente il rendimento rispetto a quello
ideale di Carnot.
57
Le pompe a calore che operano in ciclo chiuso a temperature medie-basse in piccoli intervalli di temperatura
presentano valori tipici del COP inferiori o prossimi al 65% del valore reale; in tal caso, l’effectiveness inferiore ad
uno degli scambiatori abbinati al ciclo chiuso può risultare determinante nell’abbassare il COP. In caso di ciclo
aperto o di elevati differenziali termici tra T1 e T0, il COP reale potrebbe risultare superiore (se il ciclo è a
compressione, d’altra parte, elevati differenziali termici sono abbinati a elevati rapporti di compressione, che
possono ridurre dell’efficienza del compressore e quindi portare ad una riduzione del COP reale) . 58
Altre tipologie di pompe di calore alimentate ad energia elettrica sono quella termoelettrica a effetto Peltier,
che però risulta costosa e poco efficiente, e il Vortex o tubo di Ranque-Hilsch (alimentabile da un fluido
pressurizzato, quindi indirettamente alimentabile elettricamente) che ha il vantaggio di un’estrema semplicità
costruttiva, ma che presenta un’efficienza molto bassa. 59
Il ciclo limite è un ciclo termodinamico teorico con fluido reale e macchina ideale.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 168
Figura 4.4.3- Ciclo limite di pompa di calore a compressione (soluzione base). 60
Si trovano sul mercato pompe di calore a compressione, a ciclo chiuso, capaci di operare fino a
temperature di 120°C al condensatore,61 mentre sono ancora in fase di sviluppo macchine capaci di
operare fino a 140°C;62 per temperature al condensatore sopra 70°C si impiegano solitamente cicli a CO2
nel quale lo scambio termico a temperatura superione avviene attraverso il raffreddamento di vapore
supercritico e non attraverso una condensazione vera e propria (si veda figura 4.4.4): ciò penalizza
fortemente l’efficienza di queste pompe qualora le si vogliano impiegare per la produzione di vapore, in
quanto la cessione di calore deve in tal caso aver luogo a temperatura costante e quindi sarà
necessario raggiungere temperature massime del ciclo a CO2 alquanto superiori a quelle del vapore
acqueo.
Per il riscaldamento di vapore a temperature superiori anche superiori a 120 °C possono essere
impiegati i sistemi a compressione meccanica di vapore (che saranno descritti poco più avanti).
I valori effettivi del COP sono tipicamente pari al 50%-65% di quelli teorici, per sistemi industriali a
doppio stadio di compressione,63 e si raggiungano valori anche del 70% del COP teorico, per macchine
particolarmente grandi ed efficienti; per macchine più piccole destinate al riscaldamento di ambienti
residenziali o commerciali sono invece caratteristici valori del 30%-50% del COP teorico.64
In ogni caso, l’efficienza risulta dipendente dal salto termico presente tra fluido operante nel ciclo
chiuso e fluido a cui viene sottratto o ceduto calore; se quest’ultimo è un gas l’efficienza risulta
generalmente più bassa rispetto al caso in cui sia un liquido, per ragioni di carattere economico:
scambiare calore tra liquidi consente di ottenere maggiori effectiveness a parità di dimensioni dello
scambiatore e quindi di costi. D’altra parte macchine a ciclo chiuso rendono poco conveniente se non
impossibile, a causa del salto termico agli scambiatori, operare a differenze termiche molto piccole.
60
Immagine tratta da: Chesi, A.,2001, Sistemi innovativi per la microcogenerazione: analisi termodinamica e
prospettive industriali, Tesi di Laurea di Ingegneria Meccanica, Dipartimento di Energetica” S. Stecco”, Università
degli Studi di Firenze. 61
http://www.heatpumpcentre.org 62
Grafico tratto da: J-L Peureux, E. Sapora, D. Bobelin “Very high temperature heat pumps applied to energy
efficiency in industry" EDF R&D - Application of industrial heat pumps -Frankfurt, June 21th 2012. 63
S. Doty, W. C. Turner "Energy Management Handbook- 7° Ed." The Fairmont Press, Inc. 64
I. Dincer, M. Kanoglu "Refrigeration Systems and Applications" John Wiley & Sons 2011.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 169
Figura 4.4.4 – Ciclo reale di una pompa a ciclo chiuso a CO2.
65
Un’altra tipologia di pompe di calore impiegate nell’industria sono quelle a ricompressione meccanica di
vapore (o MVR), che possono essere impiegati a ciclo chiuso, a ciclo aperto o semi-aperto. I sistemi a
ciclo chiuso funzionano in modo analogo alle pompe di calore tradizionali, con l’unica differenza che il
fluido operativo è costituito da vapore acqueo. Nei sistemi aperti, il vapore proveniente da processi
industriali viene compresso ad alta pressione, così da riscaldarlo, e viene quindi utilizzato nel processo,
all’interno del quale condensa. La possibilità di evitare l’impiego degli scambiatori di calore, e quindi il
salto termico legato all’effectiveness dello scambiatore, consente un aumento notevole delle
prestazioni specialmente per piccole differenze di temperatura, come illustrato in figura 4.4.5;
chiaramente solo alcuni processi industriali sono adatti all’impiego di macchine di questo tipo.
Figura 4.4.5 - COP di due pompe di calore MVR a ciclo aperto (direct) e a ciclo chiuso (indirect). 66
65
Immagine tratta dal brochure “ High-Temperature Large Scale Heat Pumps for Industrial Use” Thermae –
Enegiesysteme.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 170
Una variante del sistema è costituita dai cicli semi-aperti, dove è presente un solo scambiatore. Le
temperature al “condensatore” per i sistemi a ricompressione di vapore sono generalmente comprese
nel range 70-80° C, ma possono arrivare fino a 140°C e le temperature di massime del vapore prodotto
fino a 200°C.
Risulta inoltre possibile realizzare una pompa di calore attraverso un ciclo Brayton inverso e quindi
ricorrendo ad un compressore ed una turbina operanti con aria: la possibilità di ricaricare un accumulo
termico con tale sistema è illustrato nell’articolo di T. Desrues, J. Ruer et all. “A thermal energy storage
process for large scale electric applications” (Applied Thermal Engineering 30 (2010) pp. 425–432).
Figura 4.4.6 – Ciclo Brayton inverso ipotizzato da T. Desrues, J. Ruer et all. per la ricarica di un accumulo
termico ad alta temperatura (con η è indicato il rendimento politropico).67
La temperatura di cessione del calore in un ciclo Brayton non risulta costante, come visto per altre
tipologie di pompe, ma varia in un range che può essere anche molto ampio; lo stesso avviene per la
temperatura di “assorbimento” del calore (si veda figura 4.4.6). Pertanto questa tipologia di pompa si
presta semmai ad accumulare energia elettrica sotto forma di calore attraverso un ciclo Brayton inverso
(ricarica)-Brayton diretto (scarica).
I limiti di temperatura massima operativa di un tale sistema corrispondono perlopiù ai limiti operativi
del compressore: se sono stati fatti enormi investimenti per immettere sul mercato turbine con stadi
raffreddati capaci di sopportare temperature anche 1500°C (motivati dalla necessità di aumentare il
rendimento dei cicli a gas) lo stesso non si può dire per i compressori, le cui temperature massime di
uscita dei gas risultano solitamente inferiori a 500 °C;68 qualora si vogliano ottenere elevati rapporti di
compressione conviene infatti, in termini di efficienza energetica e costi, ricorrere all’interrefrigerazione
tra i diversi stadi di compressione. Nelle turbine aereonautiche, dove solitamente l’interrefrigerazione
non viene utilizzata, il massimo rapporto di compressione è quello raggiunto oggi dalla nuova turbina
66
Immagine tratta da: http://www.epcon.org 67
Imagine tratta da T. Desrues, J. Ruer et all. “A thermal energy storage process for large scale electric
applications” Applied Thermal Engineering 30 (2010) pp. 425–432. 68
Meherwan P. Boyce – “Gas Turbine Engineering Handbook” Butterworth-Heinemann 2012.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 171
della Rolls Royce Trent 1000, che raggiunge il valore di 52 nelle condizioni operative di alta quota69 di
cui si può calcolare la temperatura in uscita che risulta certamente inferiore a 650°C.70
Un’altra tecnologia che sfrutta il processo di compressione per immagazzinare calore con il quale
successivamente scaldare un flusso d’aria diretto in turbina è quella denominata Advanced Adiabatic
Compressed Air Energy Storage (AA-CAES, si veda figura 4.4.6), ancora in fase sperimentale, che
prevede il raggiungimento di temperature di 650°C in uscita dall’ultimo stadio di compressione; si nota
che per tale tecnologia il componente critico da sviluppare è risultato essere proprio il compressore ad
alta temperatura.71
Ad oggi appare dunque impossibile realizzare una pompa di calore economica ed adatta a grandi
potenze capace di operare oltre i 650°C.
Figura 4.4.7 - Schema di un impianto AA-CAES.72
Attualmente gli studi relativi alla tecnologia di accumulo tramite Ciclo Brayton inverso sono portati vanti
da J. Ruer presso la Sapem S.p.a. (ENI) ed è stato progettato un impianto sperimentale, i cui dettagli
sono però riservati.
69
http://www.rolls-royce.com ; fino a qualche anno fa il record apparteneva invece alle General Motor che con la
turbina GE90 raggiungeva un rapporto di compressione di 40. 70
Per effettuare il calcolo si è ipotizzata, cautelativamente, una temperatura di -10°C e una pressione di 0,1 MPa
per l’aria in ingresso in turbina ed una efficienza isentropica di compressione dell’80%. Il calcolo è stata quindi
possibile utilizzando il software ESS e le sue banche dati delle proprietà dell’aria. 71
M. Finkenrath, S. Pazzi, M. D’Ercole et all. “Status and Technical Challenges of Advanced Compressed Air Energy
Storage (CAES) Technology” 2009 International Workshop on Environment and Alternative Energy; Munich,
Germany. 72
Immagine tratta da : F. S. Barnes, J. G. Levine, et al. "Large Energy Storage Systems Handbook" CRC Press Book.
Capitolo 4 Il sistema di riscaldamento elettrico ad altissima temperatura
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Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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CAPITOLO 5:
Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo.
Lo scambio termico tra materiale di stoccaggio e fluido di lavoro del sistema di conversione dell’energia
in uscita, può aver modo in maniera diretta, o indiretta. Lo scambio termico diretto si ha quando il
materiale di accumulo (o l’eventuale scambiatore in esso integrato) è lambito direttamente dal fluido di
lavoro diretto in turbina, quello indiretto quando vi è uno scambiatore interposto tra fluido di lavoro del
ciclo termodinamico e fluido termovettore che scambia direttamente calore con il materiale di
stoccaggio.
In figura 5.1 sono riassunti graficamente i 4 possibili approcci impiegabili per lo scambio termico diretto
con il materiale di accumulo, già brevemente analizzati nel capitolo 2: ovviamente il fluido caldo che ha
subito lo scambio termico diretto in un “circuito primario” può essere immesso in uno scambiatore al
fine di realizzare lo scambio termico indiretto.
Figura 5.1 - Diverse modalità di recupero del calore dal materiale di stoccaggio:
CASO A) canali di scambio termico realizzati direttamente nel materiale di accumulo
CASO B1/B2) tubature inserite all’interno del materiale di accumulo (sia esso poroso o compatto)
CASO C) passaggio del fluido da scaldare tra gli interstizi del materiale di accumulo poroso
CASO D) materiale di accumulo liquido o fluidificato utilizzabile come vettore termico.
Come si è visto nel paragrafo 1, il ciclo termodinamico per il recupero termico più promettente è quello
Brayton (con eventualmente ciclo a vapore sottoposto, al fine di ottenere un ciclo combinato) che rende
necessario lo scambio termico con un gas pressurizzato, perlopiù aria ad una pressione compresa tra
0,6 e 2 MPa; il materiale di accumulo potrebbe risultare non compatibile con l’aria, o soprattutto
potrebbe risultare tecnicamente difficile o costoso pressurizzare l’accumulo o inserire canali
pressurizzati al suo interno: in tal caso una soluzione potrebbe essere quella di ricorrere allo scambio
termico indiretto. In particolare la soluzione rappresentata nel caso C di figura 5.1, promettente per i
motivi evidenziati nel capitolo 2, non risulta compatibile con lo scambio termico diretto con il fluido del
ciclo Brayton nel caso di dimensioni elevate dell’accumulo e per elevati rapporti di compressione: nel
paragrafo 3.5.d è spiegato perché in tali circostanze risulterebbe necessario ricorrere ad un vessel di
spessore molto elevato, il cui costo può risultare proibitivo.
D’altra parte lo scambio termico indiretto può essere caratterizzato da un’effectiveness complessiva di
recupero termico più bassa di quella di un sistema a scambio termico diretto, producendo una minor
temperatura massima del ciclo di recupero energetico, con conseguente riduzione del rendimento
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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elettrico, oppure rendendo necessario il ricorso ad un accumulo termico a temperatura più alta, con
problematiche legate alla temperatura limite raggiungibile dai materiali di stoccaggio termico, di
coibentazione e dalle apparecchiature di scambio termico e di riscaldamento elettrico dell’accumulo.
Risulta inoltre necessario provvedere alla movimentazione del fluido termovettore del “circuito
primario”. Qualora il fluido del circuito primario sia aria a pressione atmosferica, il ricorso alla
convezione naturale è certamente da escludere (si veda paragrafo 6.6) ed è dunque necessario far uso
di un ventilatore posto all’uscita dell’aria dallo scambiatore, così da far operare lo stesso alla più bassa
temperatura possibile (chiaramente l’impiego del ventilatore pone un limite alla massima temperatura
di uscita dei gas dallo scambiatore e quindi, di conseguenza, all’eventuale rigenerazione della turbina a
gas per il recupero energetico).
Di seguito saranno prese in considerazione tre modalità di scambio termico:
- mediante scambiatore a superficie (indiretto);
- mediante scambiatore rigenerativo (indiretto);
- mediante scambiatore integrato nel materiale di accumulo (diretto).
Per ciascuna di queste tecnologie saranno analizzati lo stato dell’arte relativo ad applicazioni simili a
quella in esame, la maturità tecnologica, le prestazioni ed i costi.
L’analisi dello scambio termico diretto con materiale poroso, che risulta promettente specialmente per
piccole taglie d’impianto, richiede una trattazione a parte che sarà effettuata nel capitolo 6.
Sempre in questo capitolo saranno brevemente analizzate le tecniche impiegabili per trasporto di fluidi
ad altissima temperatura .
5.1 - Scambio termico indiretto mediante scambiatori a superficie.
Gli scambiatori a superficie presentano il vantaggio di consentire elevate potenze di scambio termico in
spazzi ristretti ed un’effectiveness costante, in condizioni di regime. I principali problemi, sono invece
legati, come si vedrà di seguito, al costo elevato e alla dubbia affidabilità in caso si vogliano raggiungere
temperature particolarmente elevate.
Sono possibili diverse configurazioni progettuali, tra le quali la scelta dipende da esigenze tecnologiche
(facilità di realizzazione, assembramento, sollecitazioni massime sopportabili…) e dalla priorità
assegnata a ciascuno dei seguenti fattori (che presentano relazioni reciproche):
- effectiveness,
- compattezza,
- costo,
- temperatura raggiunta dal materiale,
- perdite di carico.
Ad esempio uno scambiatore controcorrente presenta una effectiveness più limitata di uno
equicorrente, ma consente di mantenere la temperatura del materiale con cui è realizzato ad un livello
intermedio tra quella dei due fluidi. Per approfondire questi aspetti si rimanda a testi specialistici
sull’argomento.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 175
Qualora si faccia uso di una turbina a gas per la conversione dell’energia accumulata in forma termica, la
pressione che dovrà sopportare lo scambiatore potrà variare nel range 0,6-20 MPa e la temperatura
d’ingresso in turbina (quindi quella di uscita dell’aria da scaldare) tra 1400 e 1000 °C; la temperatura
d’ingresso nello scambiatore dell’aria da scaldare dipenderà dal rapporto di compressione (e
dall’eventuale presenza di interrefrigerazione) e potrà essere compresa orientativamente tra 100 e
350°C.
Chiaramente lo scambio termico potrà aver luogo in diversi scambiatori posti in serie, ciascuno della
caratteristiche più adatte a rispondere alle temperature in gioco (gli scambiatori potranno essere
peraltro alimentati dal calore proveniente dall’accumulo o da quello contenuto nei gas di scarico della
turbina, qualora si voglia ricorrere ad un ciclo rigenerato).
A seconda della soluzione utilizzata per la conversione dell’energia in uscita dall’accumulo, la
temperatura da far raggiungere al fluido potrà variare tra 1500 e 1000 °C.
5.1.a – Materiali metallici per scambiatori ad alta ed altissima temperatura.
Ai materiali per la realizzazione di scambiatori a superficie ad alta ed altissima temperatura sono
richieste proprietà molto selettive. Essi infatti devono presentare:
1) caratteristiche meccaniche atte a sopportare le tensioni prodotte dal differenziale di pressione
tra i fluidi che scambiano calore e dai gradienti termici, nonché la fatica ad alta temperatura
prodotta dai cicli di raffreddamento-riscaldamento e pressurizzazione-depressurizzazione;
2) una deformazione viscosa alle temperature di esercizio che non pregiudichi la vita utile dello
scambiatore;
3) un’elevata conducibilità termica, sia per minimizzare la superficie di scambio termico che per
limitare le tensioni di origine termica che nascono nel materiale in presenza di gradienti termici;
4) resistenza alla corrosione chimica e all’erosione meccanica prodotta dai fluidi di lavoro alle
temperatura di esercizio (che può accelerare la cinetica delle reazione chimiche);
5) un ridotto valore del prodotto E∙β (modulo di elasticità moltiplicato per il coefficiente di
espansione termica) da cui dipende, insieme al gradiente termico e alla geometria, il valore
delle tensioni termiche (che come sarà mostrato nel paragrafo 5.3, possono risultare molto
rilevanti);
6) lavorabilità nelle forme di interesse e semplicità di assembramento;
7) costo contenuto.
Ad alte temperature, fino a 650°-700° C in presenza di ambienti non particolarmente aggressivi (gas di
scarico di turbine a gas per esempio), si fa generalmente ricorso a acciai INOX austenitici, quali il SS 347.
L’elevata presenza di cromo che caratterizza questi materiali (18% nel SS 347) produce un sottile film
superficiale, molto aderente, di Cr2O3, che inibisce la corrosione bloccando il passaggio dell’ossigeno agli
strati di materiale sottostanti. Tale capacità protettiva tende a venire meno a temperature superiori.1
Per temperature più alte, fino a 750°C, considerazioni legate ai costi e a problematiche di creep e
corrosione, fanno ricadere la scelta, sempre in presenza di fluidi poco aggressivi, su leghe ad elevato
1 D. Acquaro, M. Pieve “Hight temperaturen heat exchanger for power plants: Performence of advanced metallic
recuperaturs” - Applied Thermal Engineering 27 (2007) p. 389-400
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 176
contenuto di nichel e cromo, come l’Alloy 803 e la lega HR 120; temperature ancora superiori rendono
necessario il ricorso a superleghe basate sul nichel, impiegabili fino a 800-850°C, sempre nelle condizioni
caratteristiche degli scambiatori recuperativi delle turbine a gas. L’Alloy 625, in particolare, è stata
ampiamente sperimentata in queste condizioni, presentando un ottimo rapporto costo-prestazioni. La
lavorazione dell’Alloy 625 risulta più difficile e più lenta rispetto a quella del SS 347 e la conduttività
termica risulta inferiore: questo, insieme al prezzo più alto del materiale, rende più costosi gli
scambiatori di calore pensati per operare sopra a 650-700°C (almeno il doppio di quelli realizzati in SS
347).2
Gli unici materiali metallici resistenti oltre 1000°C (se si escludono leghe basate su materiali
estremamente costosi quali il Tungsteno) sono le superleghe di Ferro, Cromo e Alluminio rinforzate con
dispersione di ossidi (ODS) di Ittrio o Titanio, utilizzabili fino a 1150°C; la loro particolare microstruttura
le rende estremamente resistenti al creep, ma rende difficoltosa la lavorazione e la produzione di
lamiere sottili e ancor più l’unione di pezzi (non è possibile impiegare normali tecniche di saldatura o
brasatura). Il meccanismo che protegge questi materiali dalla corrosione è la formazione di un sottile
strato superficiale di Al2O3: l’ODS 2000, in particolare, ha dimostrato resistenza in ambiente corrosivo
fino a 1250° C.3 Attualmente l’impiego degli ODS per la realizzazione di scambiatori di calore è molto
limitato, e si riduce perlopiù ad impianti sperimentali.
Come illustrato in figura 5.1.1, all’aumentare della temperatura di esercizio aumenta anche il costo dei
materiali, come sarà meglio analizzato alla luce dell’attuale situazione di mercato nel paragrafo 5.1.d.
Figura 5.1.1 - Range di utilizzo di alcuni materiali impiegabili per la realizzazione di scambiatori di calore
e stima indicativa del loro costo in confronto a quello dell’acciaio al carbonio. Ovviamente è possibile,
seppur generalmente non conveniente, utilizzare i materiali anche a temperature inferiori.4
2 J. Kesseli ,T. Wolf, J. Nash, S.Freedman “MICRO, INDUSTRIAL, AND ADVANCED GAS TURBINES EMPLOYING
RECUPERATORS” Proceedings of ASME Turbo Expo 2003 Power for Land, Sea, and Air June 16–19, 2003, Atlanta 3 Kussmaul, K., Maile, K. and Hein, K. R. G. “Development of Heat Exchangers Operating in the Very High
Temperature Regime” Composite and Energy Proc. ACM, 8-10 May, 1995 ODS 2000 composizione 74.5% Fe, 5.5% Cr, 0.5% Ti, 0.5% Y2O3 4 I costi indicati nel grafico sono ripresi dal paragrafo 5.1.d.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Risulta doveroso precisare la temperatura massima alla quale i materiali metallici analizzati possono
resistere è fortemente dipendente dalla composizione chimica dei fluidi che scambiano calore.
L’impiego di aria in luogo di gas combusti (come nell’applicazione in esame) può certamente ridurre
fenomeni ossidativi e corrosivi, consentendo il raggiungimento di temperature più alte o di una vita
operativa del componente più lunga.
5.1.b – Materiali ceramici per scambiatori ad alta ed altissima temperatura.
A temperature superiori ai 1150°C risulta necessario utilizzare scambiatori in metalli refrattari
(impiegati solo in applicazioni di nicchia a causa del costo elevato) oppure far ricorso a scambiatori
ceramici.
I materiali ceramici impiegati per la produzione di scambiatori possono essere divisi in due tipologie:
quelli di tipo monolitico e quelli di tipo composito.
I materiali ceramici monolitici possiedono buone proprietà meccaniche ed una buona resistenza ai
fenomeni erosivi, corrosivi ed ossidativi, ma hanno lo svantaggio di avere un comportamento a rottura
di tipo fragile che può produrre anche improvvise rotture a catena di componenti. I materiali ceramici
compositi (CMC) esibiscono miglior duttilità, maggior resistenza a shock termici e ad impatti, affidabilità,
un peso ridotto e elevata resistenza specifica mentre i principali problemi inerenti alla loro utilizzazione
in questo settore sono relativi ai costi dei materiali e in alcuni casi alla permeabilità ai gas.
È possibile dividere i materiali ceramici in 5 categorie:5
- Ceramici ingegneristici (per applicazioni strutturali o funzionali); sono tipicamente formati da
composti puri o quasi puri quali l’ossido di alluminio (Al2O3), il carburo di silicio (SiC) e il nitruro
di silicio (Si3N4).
Questi ultimi materiali necessitano di processi produttivi molto più accurati rispetto alle altre tipologie
di ceramici e pertanto sono di norma molto più costosi; chiaramente i ceramici impiegati per gli
scambiatori appartengono a questa tipologia.
I ceramici ossidi (quali Al2O3, Zirconia, SiO2) presentano un costo relativamente basso e una notevole
resistenza in ambienti ossidanti e corrosivi, ma sono caratterizzati da bassa conducibilità termica (in
particolare la Zirconia) e bassa resistenza al creep e agli shock termici (in particolare l’allumina).
Pertanto, per la produzione di scambiatori di calore appare più promettente l’impiego di ceramici non
ossidi, ed in particolare del SiC. Questo materiale può essere prodotto con elevata conducibilità termica,
paragonabile a quella di un metallo, è caratterizzato da un basso coefficiente di espansione termica, che
gli conferisce buona resistenza agli shock termici, e presenta inoltre resistenza a creep, e ai fenomeni di
ossidazione, erosione e corrosione. Diversi tipi di materiali a base di SiC, come il SiC sinterizzato, il
5 Questa classificazione è ripresa da: M. Povolo “Pistoni per motori endotermici in materiale ceramico” Università
degli Studi di Padova, facoltà di ingegneria - tesi di laurea in ingegneria meccanica a.a. 2010 – 2011
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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reaction bonded SiC (RBSiC), il SiC siliconizzato (Si-SiC) o vari materiali compositi a matrice SiC, sono stati
proposti e testati per la produzione di tubi scambiatori.6
In presenza di vapore acqueo, alle altissime temperature, il layer naturale di SiO2 che protegge la
superficie del SiC può degradarsi, accorciando la vita dello scambiatore: per questo in presenza di gas
combusti (specialmente se questi contengono anche altre sostanze corrosive) può risultare necessario
proteggere il SiC con un rivestimento protettivo al fine di ottenere una vita utile dello stesso di almeno
qualche migliaio di ore. Nel caso di impiego per il recupero di calore accumulato, la pressione parziale
del vapore acqueo, che controlla la cinetica della reazione di volatilizzazione dello strato di silica
superficiale, risulterà tuttavia limitata, almeno di non ricorrere all’iniezione di vapore.7
Tabella 5.1.1 - Proprietà caratteristiche dei materiali strutturali ceramici di uso comune.8
Le applicazioni tecnologiche dei ceramici strutturali sono sempre più numerose ed i loro processi
produttivi sono oggetto di forte innovazione tecnologica e di ricerca coperta da segreto industriale;
questo rende difficile ricostruire un quadro chiaro dello stato della tecnologia per la produzione di
scambiatori ceramici ad altissima temperatura; inoltre alle temperature d’interesse, un ruolo rilevante è
giocato, oltre che dal particolare tipo di materiale e dal processo produttivo, anche dalla degradazione
chimica legata all’ambiente in cui il materiale opera e dagli stress termici a cui questo è sottoposto, che
possono interagire tra loro e ridurre affidabilità e vita utile degli scambiatori in modo assai diverso tra
6 D. Robba, F. Cernuschi “Analisi dello sviluppo dei materiali ceramici innovativi per l’impiego in scambiatori
ceramici per cicli a combustione esterna ad alta temperatura” Rapporto CESI generazione A4524652, 30/12/2004. 7 Ovviamente rimane comunque possibile l’iniezione di vapore all’uscita dallo scambiatore, per il controllo della
TIT, come ipotizzato nel paragrafo 1.3. 8 Tabella tratta dal capitolo 16 (“Progettazione con materiali ceramici”) delle dispense del corso di “Meccanica dei
Materiali Compositi e Ceramici” del Prof. B. Zuccarello dell’Università degli Studi di Palermo A.A. 2009-2010
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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un’applicazione e l’altra; nella letteratura scientifica degli ultimi 20 anni si ritrovano pertanto sia studi
nei quali gli scambiatori ceramici per le altissime temperature sono ormai considerati una tecnologia
consolidata, ad altri in cui invece l’accento è posto sulle problematiche tecniche ancora aperte legate
all’adozione di questi componenti, ed in particolare:9 10 11
- difficoltà ad effettuare giunzioni e saldature, nonché perdite di pressione rilevanti alle
guarnizioni per differenze di pressione elevate (superiori a 1 MPa).
- difficoltà a produrre pezzi di elevate dimensioni (ad esempio tubi lunghi) dotati di proprietà
meccaniche uniformi (chiaramente le fratture vanno a originarsi nel punto più debole);
- costi di produzione elevati; l’applicazione di EBC (Environmental Barrier Coating) necessaria per
evitare la degradazione chimica in alcune condizioni ambientali produce un ulteriore aggravio
dei costi rendendo il processo non impiegabile per applicazioni industriali;
- difficoltà nell’effettuare manutenzione preventiva a causa del comportamento probabilistico
della rottura, che può rendere necessari frequenti interventi di manutenzione per la
sostituzione di componenti danneggiati;
- i coefficienti di espansione termica possono variare nel tempo a causa delle reazioni con alcune
specie chimiche presenti nei gas che scambiano calore, producendo tensioni meccaniche
impreviste e la conseguente rottura dei pezzi.
Al fine di valorizzare le migliori caratteristiche di resistenza a compressione piuttosto che a trazione, dei
materiali ceramici, è stata proposta la possibilità di far fluire il fluido pressurizzato da riscaldare
all’interno di un vessel metallico contenente le tubature ceramiche attraversate dal fluido da
raffreddare (a pressione inferiore), invertendo ciò la disposizione dei due flussi rispetto ai tradizionali
scambiatori metallici a fascio tubiero. 12 La soluzione è brevemente analizzata dal punto di vista
tensionale nel paragrafo 5.3.b; l’idea appare certamente promettente, sebbene le sollecitazioni più
gravose possano risultare quelle termiche piuttosto che quelle legate alla pressurizzazione.
I materiali ceramici a matrice composita (CMC) sono costituiti da una fase ceramica rinforzante (whisker
o fibre continue), che fornisce maggiore duttilità e resistenza a trazione, e da una matrice anch’essa
ceramica, che può essere costituita dello stesso materiale della fase rinforzante o da un materiale
diverso.
I CMC rinforzati con whisker (dette anche fibre discontinue) presentano caratteristiche superiori a
quelle dei ceramici tradizionali, tuttavia la loro applicazione è limitata sia nella forma, che nelle
dimensioni dei componenti realizzabili, e la loro tenacità è comunque inferiore a quella dei CMC a fibra
continua. Le uniche fibre di rinforzo attualmente disponibili sul mercato capaci di resistere a lungo a
temperature superiori a 1000°C senza protezione dall’ossidazione sono quelle a base di SiC, che sono
attualmente anche le più utilizzate nonostante il loro costo molto elevato; per la matrice dei CMC per le
9 B. Sunden “High Temperature Heat Exchange (HTHE)” Proceedings of Fifth International Conference on
Enhanced, Compact and Ultra Compact Heat Exchangers: Science Engeeneriung and technology. Hoboken, NJ, USA, September 2005. 10
A. Sommers, Q. Wang, et al. “Ceramics and ceramic matrix composites for heat exchangers in advanced thermal systems – A review” Applied thermal Engineeering xxx (2010) 1-15 11
J.Schulte-Fischedick et al. “An innovative ceramic high temperature plate-fin heat exchanger for EFCC Processes” Applied thermal Engineeering 27 (2007) 1285 – 1294 12
A. Sommers, Q. Wang, et al. “Ceramics and ceramic matrix composites for heat exchangers in advanced thermal systems – A review” Applied thermal Engineeering xxx (2010) 1-15
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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più alte temperature si fa pure uso, sempre più spesso, di SiC: in questo modo viene soddisfatta anche
l’esigenza di avere un coefficiente di espansione termica il più possibile simile tra fibre e matrice; inoltre
il SiC presenta ottime caratteristiche meccaniche ed elevata conduttività termica.13
Ad oggi è possibile realizzare componenti in CMC SiC/SiC anche di grandi dimensioni (2-3 m) e questo
materiale risulta il più promettente per la realizzazione di scambiatori per cicli combinati a combustione
esterna operanti ad altissima temperatura. L’ostacolo principale alla sua diffusione è rappresentato
dall’elevato costo delle fibre; una nuova tecnologia produttiva promette una riduzione notevole del
prezzo delle fibre di SiC (da 2000 fino anche a 300 $/lb) e si prevede in futuro la possibilità di realizzare
tubi per scambiatori capaci di operare fino a 1400° C a costi compatibili con le applicazioni industriali.14
Un ulteriore problema dei CMC è la necessità di mantenere una certa porosità della matrice al fine di
evitare la propagazione di cricche tra matrice e fase rinforzante: questa porosità impedisce di ottenere
componenti impermeabili alle alte pressioni, almeno di non garantire la presenza di una barriera
superficiale EBC integra.
L’integrità della barriera superficiale permetterebbe d’altronde anche di far uso di ceramici C/SIC
rinforzati da fibre in carbonio, molto più economiche di quelle in SiC e dotate di proprietà altrettanto
promettenti, ma soggette ad ossidazione alle altissime temperature in ambienti ossidanti.
5.1.c - Scambiatori a superficie per le altissime temperature reperibili sul mercato ed esperienze di
applicazioni.
Sono state individuate 3 tipologie di impianti in cui l’adozione di scambiatori di calore a superficie per le
altissime temperature è fase di applicazione, sperimentazione o ricerca:
1) cicli combinati o con turbina a gas, a combustione esterna
2) centrali nucleari di VI generazione
3) industria chimica, metallurgica, del vetro…
Vi sono poi alcune applicazioni di nicchia (es. sistemi spaziali e militari) dove è accettabile l’impiego di
tecnologie con costi che risulterebbero proibitivi per il settore della generazione elettrica.
I primi impianti dell’elenco sono concepiti generalmente per l’impiego di combustibili solidi, carbone e
biomasse, caratterizzati da un valore commerciale inferiore a quello dei combustibili gassosi. L’impiego
nei cicli a combustione esterna non solo richiede allo scambiatore di sopportare elevate temperature,
ma anche la corrosione degli agenti chimici presenti nei fumi (almeno al lato fumi).
Per quanto riguarda l’applicazione nucleare, è in fase di studio l’impiego di reattori abbinati a cicli a gas,
mediante l’impiego di uno scambiatore coolant primario-gas tra circuito primario e secondario
(generalmente nel circuito primario è previsto l’impiego di elio o di sali fusi). Resistenza alla corrosione
dei fluidi impiegati nel circuito primario e secondario (incluse eventuali impurità), altissima affidabilità e
resistenza alle radiazioni sono le caratteristiche peculiari richieste a questi scambiatori. La massima
temperatura prevista in questi impianti è di poco superiore ai 1000°C per il reattore VHTR (Very High
Temperature Reactor), per l’esigenza del contenimento, in sicurezza, del nocciolo. Tuttavia ricerca e
sperimentazione si concentrano per il momento su reattori operanti a temperature inferiori.
13
D. Robba, F. Cernuschi “Analisi dello sviluppo dei materiali ceramici innovativi per l’impiego in scambiatori ceramici per cicli a combustione esterna ad alta temperatura” Rapporto CESI generazione A4524652, 30/12/2004. 14
Richard D. Nixdorf C”ommercial Process for Silicon Carbide Fibrils” 22ndAnnual Conference on Fossil Energy Materials - July 10, 2008
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Appare evidente che le condizioni che si presentano nelle applicazioni citate, perlopiù allo stadio
sperimentale o di ricerca, possono risultare più severe, sotto diversi aspetti, rispetto al caso di impiego
per lo scambio termico aria/aria nel sistema di accumulo energetico in esame.
Anche le condizioni a cui sono soggetti gli scambiatori impiegati nell’industria risultano diverse e
sebbene la differenza di pressione che si presenta tra i due fluidi che scambiano calore sia generalmente
modesta, risultano anche in questo caso più severe le condizioni ambientali dal punto di vista
dell’attacco chimico.
Sin dagli anni ‘70 sono in commercio sotto il nome di CerHx degli scambiatori ceramici a fascio tubiero
per le altissime temperature, prodotti da Hague International, inizialmente concepiti per l’industria dei
metalli ed il recupero di calore dai gas reflui delle fornaci. Sembra che questi scambiatori siano capaci di
operare fino a pressioni di 20 bar e con temperature massime di ingresso dei gas caldi di 1500°C; è stata
verificata una vita utile di 20 anni per un totale di oltre 100000 ore operative ad una temperatura di
ingresso dei gas caldi ben superiore a 1100°C. Le unità possono operare per 6 anni o più senza bisogno
di manutenzione. Queste informazioni sono tratte dal sito internet della società e risalgono al 1999,
quando è stato effettuato l’ultimo aggiornamento del sito. La Hague International non ha risposto alle
richieste di ulteriori ragguagli.
Figura 5.1.2 - Scambiatore ceramico a fascio tubiero CerHx.15
Uno studio del 1985 riporta la descrizione di un’applicazione del CerHx per il recupero di calore dai gas
reflui di una fornace per la fusione dell’alluminio, con una temperatura di ingresso dei gas reflui pari a
1371°C ed una temperatura dell’aria riscaldata dallo scambiatore a più di 815°C. Lo scambiatore di
calore consisteva in 8 file di 24 tubi in SiC trattenuti alle estremità in speciali adattatori sempre in SiC.
Parte dello scambiatore è realizzato in acciaio isolato con materiale ceramico. I diversi componenti sono
15
Immagine tratta da: http://www.hague.com
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tenuti insieme mediante la forza prodotta da molle raffreddate dall’aria in ingresso: questa
configurazione facilita la manutenzione, ma pone problemi di perdite dell’aria in pressione. 16
Un’altra applicazione, questa volta ad un impianto per la forgiatura dell’acciaio, prevede una
temperatura dei gas in ingresso di 1540°C ed una temperatura dell’aria riscaldata pari a 980°C. Per una
differenza di pressione di 0,07 bar (prodotta da un ventilatore a stadio singolo) tra gas reflui e aria in
ingresso le dispersioni di aria sono inferiori al 2%. Le perdite di pressione sono invece pari, per la
medesima configurazione a 0,008 bar al lato aria, e di 0,0007 bar al lato gas reflui.17
Figura 5.1.3. – Schema costruttivo dello scambiatore CerHx.18
Lo scambiatore CerHx è stato anche sperimentato nell’ambito di cicli combinati con combustione
esterna, con esiti incerti. Una applicazione era prevista nell’ambito di un programma di ricerca sugli
EFCC del DOE (Department of Energy) statunitense, avviato alla fine degli anni ‘80 ed interrotto tra 1995
e 1997 a causa di problemi legati allo scambiatore di calore. 19
Gli atti di un congresso del 1995 illustra il progetto mai realizzato di un impianto dimostrativo EFCC
alimentato a polverino di carbone e con la presenza di un filtro interposto tra camera di combustione e
CerHx, funzionante con una pressione massima di 13,6 bar, assai più elevata di quella a cui era stato
sopposto generalmente lo scambiatore in impianti industriali. La temperatura dei gas combusti in
ingresso allo scambiatore è di circa 1480°C e quella dell’aria compressa è di 363°C in ingresso e di
16
Sujit Das, T. Randall Curlee, R. A. Whitaker “CERAMIC HEAT EXCHANGERS: COST ESTIMATES USINGA PROCESS-COST APPROACH” for the U.S. DEPARTKENT OF ENERGY under Contract No. DE-AC05-840R21400 - August 1988 17
S. B. Young, J. W. Bjerklie, W. A. York HIGH TEMPERATURE HEAT RECOVERY SYSTEMS USING CERAMIC RECUPERATORS Proceedings from the Second Industrial Energy Technology Conference Houston, TX, April 13-16, 1980 18
Immagine tratta da: Pankaj Agarwal and H. Christopher Frey “Performance Model of the Externally-Fired Combined Cycle (EFCC) System” Proceedings of the 88th Annual Meeting (held June 18-23 in San Antonio, TX), Air and Waste Management Association, Pittsburgh, Pennsylvania, June 1995 19
Barry Leonard “Clean Coal Technology Demonstration Program: Program Update 1996-97” US Department Of Energy Ottobre 1997
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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1195°C in uscita. La perdita di pressione al lato aria, in tali condizioni, sono stimate pari al 2% e le
dispersioni di aria sono stimate tra lo 0,5 e 1,5 % grazie a all’impiego di componenti pensati per tale
applicazione. Le perdite di calore dallo scambiatore per irraggiamento vengono valutate nell’ordine del
1%. I dati disponibili permettono di stimare l’effectiveness dello scambiatore pari a circa il 60%. In meno
di un’ora è possibile, grazie all’elevata resistenza agli shock termici esibita dai tubi CerHx, portare lo
scambiatore alla temperatura di funzionamento. Il medesimo articolo esprime incertezza sull’effettiva
resistenza dello scambiatore CerHx ad un ambiente ostile come quello creato dalle condizioni operative
appena esposte. 20
Un'altra azienda produttrice di scambiatori di calore per le alte temperature è la Heat Transfer
International (HTI), che ha inglobato la C&H Combustion, società che già negli anni ’80 produceva
scambiatori ceramici per le altissime temperature rivolti ad applicazioni industriali. La HTI produce
scambiatori a fascio tubiero e mantello adatti a fluidi con differenze di pressione basse, medie ed alte
(fino a 13,8 bar); tutti questi apparecchi possono operare con temperature dei gas reflui che
raggiungono i 1425°C e temperature di uscita dei gas riscaldati fino a 1200°C.
Dagli schemi presenti nel sito si può dedurre che la configurazione di questi scambiatori è grossomodo
equi-corrente: ciò spiegherebbe il motivo per cui la ditta non produce scambiatori con elevata
effectiveness, dato che questa soluzione progettuale rende inevitabile un elevato differenziale termico
tra i gas reflui in ingresso e l’aria calda in uscita. D’altra parte con questo tipo di configurazione si riesce
a contenere la massima temperatura raggiunta dal materiale delle tubazioni (circa intermedia tra quella
dell’aria e quella dei fumi).
Le fuoriuscite di aria compressa sono molto limitate, secondo quanto riportato nei brochure
dell’azienda e i tubi sono pressoché impermeabili all’aria. La manutenzione risulta non complessa: per
sostituire un tubo ceramico, una volta rimosso il pannello di rivestimento, sono sufficienti 15 minuti.
Figura 5.1.4 - Scambiatore ceramico a fascio tubiero della HTI. 21
Anche AiResearch e Solar Turbines avevano sviluppato scambiatori ceramici per le altissime
temperature basati su fasci tubieri in carburo di silicio.22 Quelli della prima ditta erano progettati per
20
Pankaj Agarwal and H. Christopher Frey “Performance Model of the Externally-Fired Combined Cycle (EFCC) System” Proceedings of the 88th Annual Meeting (held June 18-23 in San Antonio, TX), Air and Waste Management Association, Pittsburgh, Pennsylvania, June 1995 21
Immagine tratta da: http://www.heatxfer.com
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operare ad una temperatura massima di 1371°C dei gas reflui ed erano capaci di portare l’aria da
riscaldare fino a 1093°C. I risultati reperiti in letteratura scientifica in relazione alla sperimentazione del
componente risultano non brillanti, con rotture multiple della parti ceramiche dopo 2500 ore di
funzionamento, legate probabilmente alla trasformazione di parte del SiC in SiO2 durante il ciclaggio
termico.23
Un’altra configurazione dello scambiatore che ha visto alcune applicazioni e quella “a baionetta” nella
quale viene fatto uso di due tubi concentrici di diverso diametro, di cui il più esterno è chiuso ad una
delle estremità, mentre il più interno è aperto ad entrambe, così da consentire al fluido da riscaldare di
percorrere prima il tubo interno e quindi quello esterno, così come illustrato in figura 5.1.5. Il tubo più
esterno è immerso nella corrente del fluido caldo che cede il calore al fluido circolante all’interno dei
tubi. I tubi esterni sono fissati ad una piastra tubiera inferiore, quelli interni coassiali ai primi, alla piastra
tubiera superiore. Poiché i tubi sono fissati solo ad una estremità possono espandersi liberamente sotto
l’effetto delle variazioni di temperatura.
Figura 5.1.5 - Schema di uno scambiatore ceramico a baionetta.24
Alcune ricerche, condotte a partire dagli anni ’80, hanno mostrato che la configurazione a baionetta può
risultare vantaggiosa per gli scambiatori ad altissima temperatura.
22
S. Das, T. R. Curiee, R.A.Whitaker "Ceramic heat exchangers: cost estimates using a process-cost approach" - OAK Ridge National Laboratory -Martin Marietta Energy System for U.S. Department o Energy - August 1988 23
F. W. Childs and M. S. Sohal “THE DEVELOPMENT AND FIELD TESTING OF A HIGH TEMPERATURE CERAMIC RECUPERATOR” Proceedings from the Eighth Annual Industrial Energy Technology Conference, Houston, TX, June 17-19, 1986 24
Immagine tratta da: Yan, J. (1998): Externally fired Gas Turbines. The State-of-the-Art of Research and Engineering Development. Technical Report, Stockholm, Dep. of Chemical Engineering and Technology, Royal Institute of Technology, 1998, Stockholm
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Questa tipologia di scambiatore è stata oggetto di diversi programmi di ricerca europei finalizzati a
realizzare un ciclo combinato a combustione esterna. Il progetto più recente in tal senso è stato portato
avanti in Italia da CESI nell’ambito della Ricerca di Sistema, con la realizzazione di un circuito di prova
presso la centrale elettrica di Marzocco (Livorno), nel 2003; precedentemente Enel aveva progettato un
altro circuito sperimentale a S. Gilla (Cagliari) nell’ambito del progetto europeo BAYHEX.
Lo scambiatore dell’impianto di Marzocco (da 5 MWt) è costituito da 4 moduli a diversa temperatura (si
veda figura 5.1.6), costituito ciascuno da 24 tubi a baionetta; i primi due moduli sono realizzati con tubi
ceramici, il terzo con un tubo esterno ceramico ed un tubo interno metallico (ODS), ed il quarto con tubi
metallici (ODS) sia interni che esterni. La scelta di impiegare un sistema ibrido ceramico-ODS deriva
dall’esigenza di “ridurre al minimo il numero dei tubi ceramici (molto costosi) e verificare le prestazioni
dei nuovi tubi metallici ad alte prestazioni” come indicato nella documentazione progettuale
dell’impianto. 25
I tubi ceramici sono costituiti da una matrice sinterizzata bifase composta di silicio metallico e carburo di
silicio prodotta dalla SCHUNK resistente alle alte temperature; questo particolare materiale, le cui
caratteristiche sono riportate in tabella 5.1.2, risulta certamente più economico da produrre e presenta
una notevole permeabilità, poiché le porosità sono riempite dal silicio metallico; tuttavia il silicio fonde
a 1380°C e le sue prestazioni meccaniche tendono a peggiorare già sopra i 1200°C; per questo lo
scambiatore è stato progettato in modo che la massima temperatura raggiunta dai tubi sia di poco
superiore a 1200° C. I tubi metallici (ODS) sono invece costituiti da una miscela di metalli altofondenti
(Mo, W, Ta, Nb, Cr) e ossidi metallici (La, Y, Ce, Zr) prodotti dalla PLANSEE (GE) resistenti ad alte
temperature (>1100°C).
Alcune proprietà del CarSIK G
Densità (g/cm 3 ) 3,09
Porosità aperta (vol.%) 0
Resistenza a flessione (MPa) 280
Resistenza a compressione (MPa) 1000
Conducibilità termica (W/m°K)
100 ° C 160
1200 ° C 24
Temperatura massima (°C) 1380
Composizione chimica (% in peso)
SiC 88
Si metallico 11
Tabella 5.1.2.26
Le piastre tubiere nelle quali sono inseriti i tubi scambiatori sono realizzate in materiale metallico e sono
isolate in superficie e raffreddate mediante un flusso di aria a temperatura di circa 300°C. I tubi si
affacciano sul condotto dei fumi provenienti dalla fornace, coibentato con materiale refrattario. 27
La pressione lato aria in condizioni nominali è di 7 bar e le perdite di pressione previste sono pari a circa
il 2%. Le perdite lato fumi sono invece pari a circa lo 0,4% della pressione degli stessi (circa atmosferica).
25
F. Donatini, M. Pieve “Analisi modellistica e sperimentale dei componenti critici del circuito EFCC” CESI - Diagnostica per la Generazione, 31/12/2005 26
http://www.schunk-sik.com 27
L. Bella “Assemblaggio dei principali componenti del circuito di prova EFCC” CESI Generazione - 31/12/2003
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Il medesimo impianto è anche dotato di uno scambiatore metallico a fascio tubiero per preriscaldare
l’aria in ingresso nello scambiatore di altissima temperatura fino a circa 773°C, dotato di effectiveness
del 57% e caratterizzato da perdite di carico lato aria pari a circa 0,126 bar e perdite lato fumi analoghe
a quelle dello scambiatore di altissima temperatura. Nel complesso le perdite di carico negli scambiatori
lato aria ammontano a circa il 4% e quelle lato fumi all’1%.
Figura 5.1.6 - Schema dello scambiatore ad altissima temperatura dell’impianto di Marzocco.28
Tabella 5.1.3 - Dati relativi al funzionamento in condizioni nominali dello scambiatore di calore
dell’impianto di Marzocco; con l’espressione “efficienza del processo” è indicata l’effectiveness dello
scambiatore. I fumi entrano nel modulo 1 a circa 1400°C, mentre l’aria entra nel modulo 4 a circa 766°C.
La portata dei fumi è di 2 kg/s e quella dell’aria di 1,6 kg/s. 29
28
Immagine tratta da: F. Donatini, M. Pieve “Analisi modellistica e sperimentale dei componenti critici del circuito EFCC” CESI - Diagnostica per la Generazione, 31/12/2005 29
Tabella tratta da: F. Donatini, M. Pieve “Analisi modellistica e sperimentale dei componenti critici del circuito EFCC” CESI - Diagnostica per la Generazione, 31/12/2005
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Appare particolarmente interessante anche la tecnica adotta per l’adduzione e l’abduzione dell’aria
pressurizzata ad altissima temperatura passante nei tubi ceramici: come illustrato in figura 5.1.6 si è
fatto uso di piastre metalliche raffreddate dall’aria in uscita dal compressore, che attraversando le
piastre subisce un primo riscaldamento (da 250 a 300°C).
Le prime prove sperimentali effettuate sullo scambiatore hanno mostrato la criticità del componente e
la necessità di ulteriori studi e prove sperimentali per perfezionarlo: durante le prove preliminari di
pressurizzazione uno dei tubi a baionetta si è rotto, evidenziando i rischi legati all’impiego di materiali
ceramici fragili. Le prestazioni dello scambiatore in termini di efficienza risultano inoltre inferiori a
quelle attese: una delle cause, ma non la sola, è la probabile presenza di un trafilamento dell’aria
dovuta ad una riparazione non perfetta dell’elemento scambiante che aveva subito il guasto. 30
Certamente in letteratura scientifica sono reperibili ulteriori esperienze di applicazione sia della
tecnologia a baionetta che di quella a fascio tubiero; tuttavia l’articolo di J.Schulte-Fischedick et al. “An
innovative ceramic high temperature plate-fin heat exchanger for EFCC Processes” Applied thermal
Engineeering 27 (2007) 1285 – 1294, evidenzia che l’introduzione sul mercato di queste tipologie di
scambiatore per le altissime temperature è sostanzialmente fallita, per ragioni sconosciute, nonostante
risultati sperimentali molto incoraggianti ottenuti. Per quanto visto fin qui, si può ipotizzare che tale
fallimento sia attribuibile all’affidabilità relativamente bassa degli scambiatori, che specialmente in
contesti industriali e per piccoli impianti può risultare fondamentale, a valori di effectiveness limitati e a
perdite di carico e trafilamenti non trascurabili, e al costo elevato, che possono aver fatto protendere
per scambiatori di tipo rigenerativo.
Negli ultimi anni sono stati effettuati studi su scambiatori di nuova concezione, compatti, in SiC
composito; si tratta di tecnologie comunque in fase di sviluppo, perciò non risulta possibile effettuare
stime affidabili delle loro prestazioni e del loro costo; i risultati preliminari risultano tuttavia molto
promettenti in entrambi i sensi.31 32 33
5.1.d - Stima costi degli scambiatore a superficie per alte e altissime temperature.
Una delle caratteristiche critiche degli scambiatori a superficie ad altissima temperatura è rappresentata
dal loro elevato costo; si è ritenuto perciò fondamentale valutarlo, al fine di effettuare un più completo
confronto con soluzioni alternative utilizzabili per lo scambio termico. Lo scambiatore per il recupero
termico potrà consistere ovviamente in più sezioni, alcune realizzate facendo uso di materiali metallici
ed altre in materiali ceramici.
Per quanto riguarda il costo dello scambiatore metallico realizzato in SS 347 o in Alloy 625, una prima
stima indicativa (riportata in tabella 5.1.4) è stata possibile attraverso l’impiego di dati ricavati da uno
30
F. Donatini, M. Pieve “Analisi modellistica e sperimentale dei componenti critici del circuito EFCC” Rapporto tecnico ENELP/RIC/PI/RT-2005/000 31/12/2005 31
J. Schmidt “Potential Applications for Liquid Silicon Melt Infiltrated (LSI) Composites to the High-Temperature Sulfur-Iodine (S-I) Process” Report UCBTH-06-004 - October - December 2006 32
J.Schulte-Fischedick et al. “An innovative ceramic high temperature plate-fin heat exchanger for EFCC Processes” Applied thermal Engineeering 27 (2007) 1285 – 1294 33
P.F. Peterson, H. Zhao, F. Niu et al. “Devolopment of C-SiC ceramic compact plate heat exchangers for high temperature heath transfer applications” UNLV High Temperature Heat Exchanger Project , 2010.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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studio di J.Kesseli et al. risalente al 2003,34 che riporta il costo del core di alcuni scambiatori a piastre
alettate per la rigenerazione di cicli a gas; il costo era stato calcolato sulla base di dati del 2002, e non
include la coibentazione termica, il piping, il sistema di serraggio delle piastre, le guarnizioni, l’involucro,
che possono essere assunti pari al 25-50% del costo del core. Per rivalutare al 2012 il valore del core è
stato fatto riferimento all’indice Davis Langdon per i componenti meccanici35 (la conversione €/$ è stata
effettuata con il tasso del 2002).
Stima del costo per kg/s di aria riscaldata di scambiatori a piastre alettate per diversi valori di effectiveness, in SS 347 o in Alloy 625, secondo J.Kesseli et al. (2003)
eff 85% eff 90%
SS 347 Alloy 625 SS 347 Alloy 625
Costo del core (2002) [$/(kg/s)] 6000 11000 9000 16000
Costo del core rivalutato 2012 [€/(kg/s)] 9600 17600 14400 25600
Poichè in letteratura scientifica sono stati reperiti dati contrastanti relativi al prezzo delle leghe
metalliche ad altissima temperature, è stata effettuata un’analisi del prezzo di queste ultime nell’ultimo
decennio. In tal modo è anche possibile verificare se la stima attualizzata del costo del core dello
scambiatore, riportata in tabella 5.1.4, risulti valida. In tabella 5.1.5 è riportato il costo relativo di alcune
leghe metalliche in riferimento a quello dell’acciaio SS 347.
Tabella 5.1.5 - Costo relativo di alcune leghe metalliche in riferimento a quello dell’acciaio inox SS 347. 36
L ’articolo dal quale è stata tratta la tabella 5.1.5 è stato scritto nel 2005; il prezzo di queste leghe
metalliche risulta fortemente dipendente da quello del Nickel, altamente instabile nell’ultimo decennio.
La tabella 5.1.6 Illustra le percentuali dei diversi elementi chimici presenti in alcune leghe per le alte
temperature; sulla base dei dati ivi riportati, è stato stimato che nel 2005 il costo delle materie prime
contenute nel SS 347 fosse legato per circa il 38% al Nichel, per una metà al Ferro, per il 6% al Cromo e
per la restante parte agli altri elementi chimici presenti nel materiale.
34
J. Kesseli ,T. Wolf, J. Nash, S.Freedman “MICRO, INDUSTRIAL, AND ADVANCED GAS TURBINES EMPLOYING RECUPERATORS” Proceedings of ASME Turbo Expo 2003 Power for Land, Sea, and Air June 16–19, 2003, Atlanta 35
Si veda appendice A4. 36
Tabella tratta da: D. Acquaro, M. Pieve “Hight temperaturen heat exchanger for power plants: Performence of advanced metallic recuperaturs” - Applied Thermal Engineering 27 (2007) p. 389-400
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Tabella 5.1.6 - Composizione di alcune leghe metalliche. 37
Il grafico di figura 5.1.7 mostra l’evoluzione del prezzo del nichel, e spiega come mai i rapporti di prezzo
tra le diverse leghe metalliche della tabella 5.1.5 hanno subito una notevole evoluzione nel tempo.
Figura 5.1.7 - Evoluzione del prezzo del Nichel sul mercato delle materie prime.38
Il prezzo di mercato di Cobalto, Niobio e Molibdeno sono circa dello stesso ordine di grandezza, ad oggi
orientativamente pari a 20000-30000 €/ton. Anche il loro prezzo ha subito tuttavia notevoli oscillazioni,
con impennate a cavallo tra 2004 e 2009 (ciascuna in periodi diversi) che possono aver prodotto
conseguenze, ad esempio, sul costo della lega 625.
Non è stato possibile reperire il prezzo attuale delle superleghe, tuttavia è realistico supporre che
nell’ultimo decennio i loro prezzi siano circa raddoppiati e che i rapporti trai diversi prezzi siano
abbastanza simili a quelli individuati nel 2005. Il raddoppio di prezzo ha peraltro caratterizzato anche le
altre tipologie di acciai, compresi quelli al carbonio.
37
Tabella tratta da: D. Acquaro, M. Pieve “Hight temperaturen heat exchanger for power plants: Performence of advanced metallic recuperaturs” - Applied Thermal Engineering 27 (2007) p. 389-400 38
Grafico tratto da: www.infomine.com
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Figura 5.1.8 - Andamento del prezzo dell’acciaio su diversi mercati mondiali nel periodo 2001-2012.39
La seguente tabella mostra il costo attuale di mercato di alcuni acciai ed il rapporto tra essi; il prezzo del
SS 316 dovrebbe risultare paragonabile a quello del SS 347 in quanto la loro composizione chimica è
simile (le due leghe differiscono perlopiù per la diversa percentuale di Cobalto, Niobio e Molibdeno,
sebbene il contenuto complessivo di questi elementi sia similare).
Prezzo di mercato coils di acciaio laminato a freddo (Nov-2011)
Nel complesso si può ritenere che le stime del costo degli scambiatori riportate in tabella 5.1.4 risultino
orientativamente valide tutt’ora, sebbene l’aggravio del costo delle materie prime sia potuto risultare
più determinante in termini relativi in confronto al prezzo si scambiatori operanti a temperature
superiori.
Per quanto riguarda la stima del costo degli scambiatori ceramici, preventivi o informazioni orientative
sono stati richiesti ad alcune aziende che operano nel settore dei materiali ceramici e che sono citate
nella letteratura scientifica relativa alle ricerche sugli scambiatori di calore ceramici ad alta ed altissima
temperatura (Starfire Systems, Balcke-Dürr, Cerametec , ESK…). Una stima indicativa dei costi è stata
inoltre richiesta ad alcuni autori degli articoli relativi a tale materia. Purtroppo però nessuno ha risposto,
a parte Starfire System, che ha confermato di portare avanti un programma di ricerca e sviluppo relativo
39
Il grafico è stato costruito con dati ripresi da www.steelorbis.it 40
La tabella è stata costruita con dati relativi al prezzo medio delle compravendite sul mercato europeo riportati da MEPS Stainless Steel Review e MEPS International Steel Review di Novembre 2011.
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ad uno scambiatore ceramico a piastre in C-SiC realizzato mediante il processo “Polymer Infiltration and
Pyrolization”; tale prodotto non risulta però in commercio e non è stato possibile avere una stima
dell’eventuale futuro prezzo di mercato.
Si può comunque ipotizzare che il costo di uno scambiatore di calore per le altissime temperature risulti
superiore a quello di un analogo scambiatore realizzato in ODS (che pure non è stato possibile stimare),
e certamente superiore a quello di uno scambiatore in Alloy 625, almeno a parità di vita utile, come
dimostra il fatto che in progetti ed impianti presenti in letteratura scientifica si faccia uso di materiali
metallici per le sezioni degli scambiatori soggette temperature compatibili con il loro impiego, limitando
l’impiego di scambiatori ceramici alle sezioni a temperature più elevata.
Alcune stime di costo, di dubbia validità allo stato tecnologico attuale, sono state rinvenute in
letteratura scientifica. Ad esempio secondo un articolo di F. Czieslaa et al. del 2006,41 il costo
complessivo di uno scambiatore di alta-altissima temperatura per un ciclo combinato a combustione
esterna alimentato a carbone, diviso in due sezioni, di cui la prima in materiale metallico e la seconda in
materiale ceramico (si veda tabella 5.1.8), risulta paria a circa 34194 €/(kg/s) di aria trattata; rivalutando
il costo secondo l’indice Davis Langdon per i componenti meccanici42 si ottiene un costo di
40500€/(kg/s). L’articolo spiega che il costo ipotizzato si basa su stime dell’autore effettuate sulla base
di dati riportati in letteratura scientifica; appare tuttavia poco realistico che lo scambiatore presenti una
vita utile di 20 anni nelle condizioni ipotizzate.
Dati salienti scambiatore di calore dell’articolo di F. Czieslaa et al.
Scambiatore ceramico
Scambiatore metallico
T ingresso aria 800°C 394°C
T uscita aria 1350°C 800°C
T ingresso fumi 2000°C 1224°C
T uscita fumi 1224°C 655°C
Eff 0,5 0,6
β 15
∆p 0,300 bar (2%) 0,305 bar (2%)
COSTO COMPLESSIVO
34194 €/(kg/s di aria)
Vita utile stimata 20 anni
Tabella 5.1.8
Uno studio di M. Ciani et al. del 200143 riporta una stima dei costi dello scambiatore ceramico per unità
di superficie di scambio termico, pari a 1200 $/m2 secondo una stima del 1996;44 sulla base di tale stima
viene calcolato il costo di uno scambiatore con le caratteristiche riportate in tabella 5.1.9 ,da abbinare
ad un impianto a ciclo combinato a combustione esterna alimentato a carbone; il costo rivalutato
41
F. Czieslaa, G. Tsatsaronisa, Z. Gao “Avoidable thermodynamic inefficiencies and costs in an externally fired combined cycle power plant” - Energy 31 (2006) 1472–1489, 135. 42
Si veda appendice A4. 43
M. Ciani, A. Ficarella, D. Laforgia “Confronto exergoeconomico tra cicli cogenerativi a combustione interna ed esterna” 56° Congressi ATI - Napoli 2001 44
S. Consonni, E. Macchi, Externally Fired Combined Cycle (EFCC). Part B: Alternative Configurations and Cost Projections, ASME Paper 96-GT-93, 1996.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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secondo l’indice Davis Langdon per i componenti meccanici è pari a 512000 €/(kg/s)45. Lo studio
evidenzia che la soluzione analizzata non risulta ottimizzata da un punto di vista economico e, visto
l’elevato costo dello scambiatore ceramico, risulta conveniente ridurre le dimensioni e quindi
l’effectiveness dello scambiatore.
Dati salienti scambiatore di calore dello studio di M.Ciani et al.
T ingresso aria 577°C
T uscita aria 1247°C
T ingresso fumi 1365°C
T uscita fumi 729°C
Eff 0,85
β 12
∆p 0,347 (3%) COSTO 288000 $/(kg/s di aria)
Tabella 5.1.9.
In un rapporto del CESI del 200446 è riferito che il costo di uno scambiatore di SiC massivo risulta,
“sebbene più elevato di quello di uno scambiatore metallico convenzionale”, “Inferiore di circa il 30-50%
rispetto a quello di un analogo scambiatore in tantalio”. Il costo di uno scambiatore al tantalio non è
noto, tuttavia il tantalio presentava nel periodo 2002-2004 un costo di circa 40$/lb,47 pari a circa 5-7
volte quello del Nichel e questo rinforza l’ipotesi che il costo di uno scambiatore ceramico risulti
quantomeno superiore a quello di uno in superlega metallica.
Il costo dei ceramici compositi risulta pure certamente elevato: si stimano costi anche di alcune migliaia
di euro al kg per componenti in CMC rinforzati in fibra continua più innovativi, mentre il costo di dei
componenti in fibra discontinua era stimato nel 2004 tra 20 e 150 €/kg.48
I dati forniti fin qui, sebbene non consentano di tracciare un quadro chiaro dei costi, potranno
comunque essere usati per alcune considerazioni (si veda paragrafo 5.4).
5.2 - Scambio termico mediante scambiatore rigenerativo.
Una possibile alternativa all’impiego di scambiatori a superficie, è rappresentata dall’utilizzo di
scambiatori rigenerativi, che presentano un funzionamento discontinuo: durante la “fase di carica”, il
calore di un fluido viene immagazzinato nel materiale dello scambiatore, quindi in una successiva “fase
di scarica”, il calore viene ceduto al fluido da riscaldare. Per poter da vita ad un processo di scambio
termico continuo risulta quindi necessaria la presenza di più unità rigenerative, alcune in fase di carica
ed altre, contemporaneamente, in fase di scarica.
Questi scambiatori presentano in generale tre problemi: la presenza di una massa non trascurabile di
materiale per l’accumulo momentaneo del calore (che rende il sistema poco compatto e talvolta
45
La conversione da $ a € è stata effettuata con il tasso di cambio medio del 2001. 46
D. Robba, F. Cernuschi “Analisi dello sviluppo dei materiali ceramici innovativi per l’impiego in scambiatori ceramici per cicli a combustione esterna ad alta temperatura” Rapporto CESI generazione A4524652, 30/12/2004. 47
http://www.resourceinvestor.com/ 48
D. Robba, F. Cernuschi “Analisi dello sviluppo dei materiali ceramici innovativi per l’impiego in scambiatori ceramici per cicli a combustione esterna ad alta temperatura” Rapporto CESI generazione A4524652, 30/12/2004.
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costoso), la possibile contaminazione tra i due fluidi cha scambiano calore, e la necessità di valvole di
“switcing” o di altri meccanismi che assicurino l’alternanza tra fasi di carica e scarica.
5.2.a - Stato dell’arte dello scambio termico rigenerativo tramite Pebble Heater.
Fino a pochi decenni fa gli scambiatori rigenerativi rappresentavano l’unica possibilità per il recupero di
calore da fluidi ad altissima temperatura e sono tutt’ora comunemente usati in fornaci e altoforni.
La soluzione tecnica più promettente per l’applicazione in esame ad oggi sembra tuttavia essere quella
del “pebble hetaer” brevettato dall’Ing. Dragan Stevanovic e sviluppato in Germania da ATZ-EVUS,49
che presenta prestazioni migliori, ed un costo sensibilmente inferiore, rispetto ad un riscaldatore
rigenerativo tradizionale comparabile, e consente inoltre di operare in pressione.
Il “pebble heater” è costituito essenzialmente da un contenitore metallico (orientativamente cilindrico)
riempito da un letto di sfere ceramiche; i primi studi relativi a questa tecnologia sembrano risalire agli
anni ‘50-‘60, quando fu impiegata, ad esempio, per riscaldare ad altissime temperature il flusso di aria
delle gallerie del vento. Il sistema presentava un flusso dei gas di tipo assiale e questo rendeva
necessario l’impiego di uno spesso strato di materiale refrattario isolante tra il letto e il contenitore
metallico esterno per limitare le perdite di calore e per evitare che il metallo del contenitore esterno
fosse soggetto a temperature troppo elevate. 50
Il “pebble heater” studiato da D. Stevanovic invece prevede un flusso radiale dei gas, come illustrato in
figura 5.2.1.
Durante la fase di carica, i gas caldi entrano nella zona più interna del “pebble heater”, dove è presente
una cavità cilindrica le cui pareti sono costituite da mattoni ceramici a nido d’ape. Attraversata questa
parete porosa (definita “hot grid”), i gas fluiscono radialmente nel letto costituito da sfere di allumina di
diametro pari a 4,5 mm, cedendo calore, e raggiungono infine una griglia metallica (definita “cold grid”)
che si affaccia direttamente sulle pareti interne del contenitore di acciaio cilindrico. I gas raffreddati
quindi escono dal pebble heater scorrendo nell’intercapedine interposta tra griglia metallica e parete
del contenitore cilindrico.
Durante la fase di carica, i gas seguono il percorso opposto, fluendo dall’esterno verso l’interno.
L’elevata superficie di scambio termico prodotta dalla ridotta granulometria delle sfere di allumina
permette di realizzare gradienti termici di circa 1500-2000°C/m. Ciò consente di realizzare letti di sfere
di spessore ridotto, minimizzando le perdite di carico.
Il sistema è particolarmente indicato in presenza di aria da scaldare a temperatura di poco superiore a
quella ambiente, poiché in tal modo le pareti esterne del contenitore metallico possono essere
realizzate in normale acciaio al carbonio e non necessitano di coibentazione (il materiale refrattario
coibentante è posto esclusivamente a protezione delle calotte metalliche alle estremità del cilindro).
49
Dragan Stevanovic, Karl Brotzmann “Pebble-Heater Technology in Metallurgy” Metalurgija- Journal of Metallurgy 50
R. P. Shreeve, J.K. Richmond “Design and Operation of the BSRL Pebble Bed Heater-Windtunnel Facility” Boeing Scientific Reasearch Laboratories, October 1966 O. F. Trout “Design, operation, and testing capabilities of the Langley 11-inch ceramic-heated tunnel” NASA Technical note, Febbrary 1963.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Figura 5.2.1 – Schema di funzionamento di un Pebble Heater in fase di ricarica e di scarica.
Figura 5.2.2 – Profilo termico in un Pebble Heater all’inizio, alla fine e durante il recupero termico.51
51
Grafico tratto da: D. Stevanovic, K. Brotzmann “Pebble-Heater technology in metallurgy” - MJoM Metalurgiya – Journal of Metallurgy- UDC:669.046:416=20 Scientific paper.
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La differenza di temperatura tra i gas caldi in ingresso e quelli e quelli da scaldare in uscita è
mediamente di 20°C, sebbene essa vari durante la fase di scarica, aumentando mentre questa si avvia al
termine (come illustrato in figura 5.2.2) Il sistema è stato sperimentato con temperature massime di
1500°C, ma migliorando la qualità del materiale della “hot grid”, Stevanovic ritiene sia possibile
raggiungere temperature fino a 1700°C. L’effectiveness del recupero termico raggiunge mediamente il
95% (chiaramente risulta superiore nella prima fase del recupero termico e tende a diminuire via via che
la temperatura di uscita dei gas va riducendosi).
Nelle tabelle seguenti sono riassunte le caratteristiche tecniche del sistema e le dimensioni (a finalità
orientative) di un Pebble Heater.
Caratteristiche generali Pebble Heater ATZ-Evus
Effectiveness media 95%
Temperatura alla "hot grid" Max 1500°C (testata) - 1700°C (ipotizzata)
Temperatura alla "cold grid" possibilmente inferiore a 250°C
Durata del ciclo di carica e scarica 30-50 minuti negli impianti realizzati
Perdite di pressione in fase di scarica 1,33% per aria a 4,5 bar (o 1,95% con aria a circa 1 bar)
Perdite di pressione in fase di carica 1,95-1,8% con gas a circa 1 bar
Materiale di riempimento Sfere di allumina (D= 4,5 mm)
Densità del riempimento 2200 Kg/m3
Porosità del riempimento 40%
Superficie di scambio termico 800 m2/m3
Coefficiente di scambio termico 1,5 W/m2°K
Tabella 5.2.152
Dimensioni di un Pebble Heater ottimizzato per riscaldare a
1200°C un flusso di 0,66 kg/s di aria a 273,15°C e 1 atm.
Diametro interno hot grid 300 mm
Diametro esterno hot grid 400 mm
Diametro cold grid 754 mm
Spessore del letto di sfere 177 mm
Altezza della cold grid 1015 mm
Altezza del vessel 1200 mm
Tabella 5.2.2
Il Pebble Heater qui descritto è stato concepito negli anni ’90 per il settore metallurgico, ma
successivamente è stato impiegato anche per la generazione elettrica mediante una turbina a gas a
combustione esterna.
Le applicazioni industriali hanno dimostrato ottimi risultati: nell’altoforno sperimentale di MEFOS
(Lulea, Svezia) sono state superate senza problemi 20000 ore di funzionamento a 1300°C.
52
Dati tratti da: Mirjana Stamenic et al. “Numerical simulation in design and optimization of elements of experimental installation of regenerative burners for tundish preheating in steel plant us Stell-Sardit Smeredevo” - AME Serbia and Montenegro.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Dalla letteratura scientifica risulta un unico esempio di applicazione dei pebble heater alla generazione
elettrica: trattasi della centrale elettrica a biomasse costruita da ATZ-Evus e Siemens a Sulzbach-
Rosenberg, della potenza di 2 MWe, il cui funzionamento è illustrato in figura 5.2.3.
Nell’impianto, l’aria compressa dalla turbina (a 4,5 bar) viene raffreddata da 205°C a 90°C attraverso
uno scambiatore finalizzato al recupero di calore per utenze termiche. Lo scambiatore può anche
essere sostituito da un sistema di iniezione di acqua che consente di realizzare un ciclo a gas “umido”.
L’aria compressa viene quindi riscaldata dai pebble heter fino a 830°C ed è quindi inviata in turbina. I
gas di scarico della turbina possono essere utilizzati, almeno parzialmente, per la produzione di calore,
oppure impiegati come comburente in una fornace a biomasse. I fumi, ripuliti dalle ceneri mediante un
filtro a ciclone, vengono inviati ad una temperatura di 870°C ai pebble heater in fase di carica, da dove
escono raffreddati a 97°C ed inviati al camino. L’impianto presenta un rendimento cogenerativo che
sfiora il 72%, ed un rendimento elettrico del 32%, ben superiore a quello di turbine a gas della
medesima taglia. Questo risultato è possibile grazie all’elevata efficienza di rigenerazione dei pebble
heater, superiore a quella ottenibile con gli scambiatori rigenerativi a superficie comunemente
impiegati nelle microturbine.
Figura 5.2.3 – Schema dell’impianto sperimentale di Sulzbach-Rosenberg. 53
53
immagine tratta da: D. Stevanović, M. Mocker et al. “Decentralized Biomass Power Plant Based On Pebble- Heater Technology And Hot Air Turbine” Tagungsband der 12th European Conference and Technology Exhibition on Biomass for Energy, Industryand Climate Protection, Amsterdam, 17-21 Juni 2002
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Questo layout impiantistico è stato recente rivisto nel brevetto WO2011020768 con la sostituzione alla
fornace di un sistema di gassificazione delle biomasse, al fine di ridurre lo sporcamento dei Pebble
Hetter con i residui della combustione, residui che nella fase di “scarica” possono essere trascinati in
turbina dal flusso d’aria compressa, danneggiandola.
Figura 5.2.4 – Fotografia di un Pebble Heater dell’impianto sperimentale di Sulzbach-Rosenberg.54
Non sono state reperite in letteratura informazioni relative alla massima pressione dei gas che il Pebble
Heater può sopportare. Le massime pressioni raggiunte, documentate in letteratura, sono quelle
dell’impianto pilota di Sulzbach-Rosenberg, progettato per funzionare a 4,5 bar. Eventuali problemi
prodotti dal raggiungimento di elevate pressioni potrebbero essere legati al corretto funzionamento
della copertura fluttuante del Pebble Heater, progettata per accomodare l’espansione termica del letto
di sfere. D’altra parte la presenza di una copertura fluttuante non è citata negli articoli più recenti
relativi al Pebble Heater, né è raffigurata negli schemi, e non risulta neanche visibile nelle fotografie: è
quindi probabile che sia stata individuata una soluzione alternativa già per realizzare un sistema
funzionante alla pressione di 4,5 bar al fine di evitare trafilamenti di aria.
Un aumento della pressione operativa potrebbe rendere d’altra parte necessario aumentare lo spessore
del vessel, ed eventualmente una rivisitazione delle saldature. Per una pressione di 9 bar si può stimare
circa un raddoppio dello spessore del vessel rispetto ad una pressione di 4,5 bar.
Dato il raggio contenuto vessel e quindi lo spessore in ogni caso ridotto dello stesso, e considerato che
esso è realizzato con un economico acciaio al carbonio, l’incidenza di queste modifiche sul prezzo
complessivo del sistema risulterebbe trascurabile (per i costi del vessel si veda paragrafo 3.5.d).
54
Immagine tratta da: Siemens Industrial Services “SiPeb – New Innovative Approach to Biomass Power Plants” IEA Working Group Meeting Task 32 Biomass Combustion and Cofiring. Amsterdam, June 17-21, 2002
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5.2.b -Valvole di switching e piping alle altissime tempearature.
Un componente critico del sistema è rappresentato dalle valvole per lo switcing. Per garantire
funzionamento in continuo del sistema sono richieste infatti 2 valvole a due vie per ciascun Pebble
Heater o gruppo di Pebble Heater che opera in una fase diversa del ciclo carica/scarica. Aumentando il
numero di Pebble Heater che si presentano in fasi diverse del ciclo è possibile migliorare la stabilità della
temperatura e della pressione all’ingresso della turbina. Nell’impianto pilota di Sulzbach-Rosenberg, il
cui schema è riportato in figura 5.2.5, furono impiegati 3 Pebble Heater per un totale di 12 valvole a due
vie per le operazioni di switching più un’ulteriore valvola di by-pass (contrassegnata dal numero 18 nello
schema); di queste, 6 valvole erano progettate per operare in condizioni di elevate temperature. Per le
temperature raggiunte nell’impianto in questione, risultò tuttavia possibile ricorrere a valvole di acciaio
inossidabile relativamente economiche. Un nuovo impianto attualmente in progetto prevede la
presenza di quattro pebble heater pur presentando la stessa taglia (2 MW), molto probabilmente al fine
di migliorare la stabilità delle condizioni operative della turbina, e quindi la presenza di 8 valvole per i
gas caldi.
Figura 5.2.5 – Layout impiantistico di un sistema con 3 Pebble Heater e con le valvole necessarie.55
Qualora si intenda far operare i pebble heater ad altissime temperature è necessario ricorrere a costose
valvole dotate di sistema di raffreddamento ed eventuale rivestimento in materiali refrattari (quelle
della Zimmermann&Jansen Technologies GmbH ad esempio possono resistere fino a 1650°C e a 6 bar).56
55
Immagine tratta da: Dragan Stevanovic “INNOVATIVE BIOMASS POWER PLANT BASED ON PEBBLE-HEATER TECHNOLOGY AND HOT AIR TURBINE” ATZ-EVUS 56
http://www.zjtechnologies.de
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Per piccole potenze (inferiori a 10000 Sm3) tali valvole rappresentano la voce più significativa trai costi
d’investimento di un impianto rigenerativo industriale basato sui pebble heater. Le frequenti operazioni
di switching tendono peraltro ad accorciare la vita utile di questi componenti.
Al fine di evitare il ricorso a valvole meccaniche per le alte temperature, la ATZ-Evus ha sviluppato una
valvola fluidodinamica in ceramica refrattaria a quattro vie, senza parti in movimento, adatta ad operare
in applicazioni metallurgiche ed industriali nei quali i gas riscaldati dai pebble heater e quelli reflui da
raffreddare presentano un modesto differenziale di pressione (non oltre 0,1 bar). La presenza di una
valvola meccanica a 4 vie per i gas freddi permette di produrre una variazione dei campi di pressione e
velocità all’interno della valvola ad alta temperatura e determinando un opportuno indirizzamento dei
due flussi.
Una ipotetica valvola fluidodinamica capace di operare con differenziali di pressione di alcuni bar
richiederebbe in prima analisi una elevata accelerazione dei gas compressi a spese della pressione
statica (per evitare la penetrazione del fluido ad alta pressione all’interno dei condotti a bassa
pressione), ed una successiva decelerazione con un recupero di pressione statica, processo
inevitabilmente soggetto a dissipazioni e quindi a rilevanti perdite di pressione.
Figura 5.2.6 – Impianto di due Pebble Heater dotato di valvola fluidodinamica.57
Un’altra possibile alternativa alle valvole metalliche raffreddate, nel campo delle altissime temperature,
è costituito dalle valvole ceramiche: su internet ne sono stati reperiti due fornitori. Quelle a saracinesca
prodotte dalla HTI possono sono concepite per un differenziale di pressione non superiore a 0,24 bar e
temperature fino a 1315°C, quelle a farfalla della AGC Ceramics Co. possono operare con gas fino a
1300°C e pressioni di 5 bar. Ai rispettivi produttori è stata inoltrata una richiesta di preventivo che non
ha però ricevuto risposta; è comunque plausibile che il loro costo sia paragonabile a quello delle valvole
metalliche raffreddate, e la loro vita utile plausibilmente più corta (anche perché realizzate in materiale
ceramico monolitici, quindi caratterizzati da un comportamento fragile).
57
Immagine tratta da: Stevanović, D., Fischer, W. “Pebble-Heater Twins With Fluid Dynamic Valve. An efficient possibility for high combustion air preheating” 6th European Conference on Industrial Furnaces And Boilers: Volume II, Lisbon 2002
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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L’adozione di Pebble Heater può richiedere inoltre un sistema di tubature più articolato e costoso di
quello necessario nel caso si adotti lo scambio termico diretto o uno scambiatore di calore a superficie:
in particolare al crescere del numero di pebble heater, risulta chiaramente necessario aumentare la
lunghezza del condotto che alimenta la turbina, che deve resistere alla pressurizzazione e a temperature
molto elevate, e far confluire diversi condotti all’ingresso della turbina.
Si può far ricorso a tubature e camere metalliche incamiciate, ossia dotate di intercapedine nella quale
fluisce aria o acqua di raffreddamento, in modo analogo a quanto visto per le piastre dello scambiatore
dell’impianto sperimentale di Marzocco (analizzato nel paragrafo 5.1.c). Nel caso si vogliano raggiungere
temperature particolarmente elevate si può far ulteriormente ricorso ad un rivestimento interno
ceramico, che riduce la conduzione attraverso le pareti e consente al contempo di ridurre la
temperatura a cui il metallo rivestito deve resistere.
La temperatura delle pareti interne delle tubature può essere ovviamente calcolata imponendo
l’uguaglianza tra il calore scambiato al alto interno e quello scambiato al lato esterno. L’impiego di un
fluido di raffreddamento a bassa temperatura ed uno scambio termico efficiente lato esterno può
consentire il ricorso a tubature di acciaio convenzionale (purché compatibile con le problematiche di
corrosione ed erosione) anche per trasportare gas a temperatura superiore a 1000°C. 58
L’impiego di un sistema con tubazione incamiciata presenta come svantaggio la dissipazione di potenza
termica dal fluido interno caldo a quello refrigerante dell’intercapedine; a secondo delle soluzioni
impiantistiche tale calore può essere o no recuperato per finalità utili (es. preriscaldo di aria
proveniente dal compressore); si ha in ogni caso un raffreddamento più o meno lieve, a secondo delle
dimensioni della tubatura e dell’entità del coefficiente di scambio termico, del fluido caldo.
La tecnologia delle tubazioni incamiciate non è ancora molto diffusa a causa delle difficoltà di carattere
costruttivo connesse alla loro realizzazione, perciò sono poche le aziende in grado di produrre questi
sistemi. Il loro costo risulta certamente superiore a quello di tubature tradizionali, ma non dovrebbe
comunque risultare eccessivamente elevato.
Per quanto riguarda il trasporto dei fluidi caldi a pressione ambiente (es. nell’eventuale circuito
primario), si può invece far ricorso anche a tubature ceramiche coibentate, a canali in muratura
realizzati facendo uso di materiali refrattari e alle numerose soluzioni impiegate nel settore industriale
delle altissime temperature (fornaci, altoforni…).
5.2.c - Costi del sistema rigenerativo.
Il letteratura scientifica è riportato il costo d’investimento dell’impianto sperimentale a biomasse
cogenerativo realizzato da ATZ-Evus e Siemens, pari a circa 2500 €/kWe (dati riferiti al 2003); era
prevista inoltre una riduzione dei costi a 1700 €/kWe con l’aumentare delle installazioni e la
realizzazione di componenti standard. Si tratta di un costo al kWe grossomodo comparabile con quello
di un impianto cogenerativo con microturbina a gas, della medesima taglia, come si può verificare nel
grafico di figura 5.2.7 (si tenga comunque conto che il grafico è stato costruito con dati relativi al
periodo 2006-2008).
Risulta deducibile che il costo dei Pebble Heater non può risultare particolarmente rilevante
considerando anche le numerose voci di costo presenti in una centrale a biomasse e che invece non
58
F. Donatini, M. Pieve “Analisi modellistica e sperimentale dei componenti critici del circuito EFCC” CESI - Diagnostica per la Generazione, 31/12/2005
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 201
sono presenti in un normale impianto cogenerativo a gas (maggiore occupazione di territorio e più
ampie opere edili, serbatoi per le biomasse, sistema di alimentazione della fornace, fornace, ciclone e
sistema di rimozione delle ceneri…). D’altra parte deve essere tenuto presente che la presenza dei
pebble heater garantisce una eccellente rigenerazione del ciclo a gas, producendo un aumento del
rendimento elettrico rispetto ad una microturbina tradizionale, di conseguenza una maggiore
produzione elettrica e minori costi per kWe.
Figura 5.2.7– Confronto fra costo della singola turbina a gas e costo dell’impianto cogenerativo.59
Figura 5.2.8 – Disegno 3D delle strutture e delle attrezzature impiantistiche dell’impianto a biomasse con
Pebble Heater di Sulzbach-Rosenberg.60
59
M. Bianchi , P. R. Spina , G. Tomassetti, D. Forni , E. Ferrero “Le tecnologie innovative ed efficienti nei sistemi di generazione in assetto cotrigenerativo e nei sistemi integrati con unità a pompa di calore nelle applicazioni industriali e del terziario” MSE-ENEA, Aprile 2009
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 202
Informazioni più dettagliate sui costi della tecnologia sono state richieste all’Ing. D. Stevanovic, che ha
spiegato che il costo dei pebble heater è circa raddoppiato nel corso dell’ultimo decennio, seguendo
una dinamica che ha caratterizzato la maggior parte dei componenti degli impianti per la produzione di
energia. Ha inoltre fornito il costo preventivato per 4 pebble heater di un impianto attualmente in
progetto, pari a circa 700000 € per un impianto di 2 MWe (350 €/kW). Stevanovic non ha potuto fornire
dettagli sul progetto che tuttavia fa riferimento al brevetto WO2011020768, di cui si è brevemente
parlato nel paragrafo 4.4.a; alla luce di questo, si può ipotizzare che il rendimento del nuovo impianto
non sia molto maggiore di quello previsto per la centrale di Sulzbach-Rosenberg ( 32,3%), di cui è nota
anche la portata di aria riscaldata dai Pebble Heater (16,14 kg/s). Risulta quindi possibile stimare il
costo di questi scambiatori rigenerativi per unità di massa di gas trattato: esso risulta pari a poco più di
43371 €/(kg/s). Purtroppo non è dato di sapere cosa comprenda nel dettaglio tale cifra; è tuttavia
probabile che essa includa anche alcuni costi impiantistici o di installazione, in quanto Stevanovic ha
parlato di “sistema di 4 pebble heater” nell’esplicitare il costo, e non semplicemente di “pebble
heater”. All’aumentare della taglia dell’impianto, peraltro ci si può aspettare una seppur debole
riduzione dei costi, legata all’adozione di pebble heater di dimensioni superiori (soprattutto in altezza).
I costi di manutenzione dei pebble heater, sono praticamente nulli, in quanto essi non presentano parti
in movimento.
I costi delle valvole ad alta temperatura (e della loro manutenzione) rappresentano invece un’incognita
che può gravare in modo non trascurabile sui costi di un impianto operante ad altissime temperature,
specialmente se piccolo, come rilevato nel paragrafo 5.2.b.
Qualora un numero limitato di valvole ad alta temperatura possa essere considerato sufficiente per
mantenere condizioni di stabilità all’ingresso della turbina, si può presumere che all’aumentare delle
dimensioni dell’impianto, e quindi del numero di pebble heater collegati in parallelo alle medesime
valvole, il costo di queste ultime risulti meno rilevante rispetto a quello complessivo del sistema.
Per comprendere meglio quanto il costo delle valvole possa influire sul costo di questa soluzione
progettuale è stata richiesto un preventivo ad una delle principali aziende del settore. Il costo FOB
(valvola imbarcata su mercantile in porto del mare del nord) risulta pari a circa 100.000 € per una
valvola con diametro nominale di 500 mm raffreddata ad acqua, azionata ad aria compressa, resistente
ad un differenziale di pressione di 5 bar e con una temperatura operativa massima di 1450 °C. La
movimentazione della valvola può essere svolta in presenza di un differenziale massimo di pressione di
0,2 bar, e ciò rende necessaria la pressurizzazione e depressurizzazione tramite l’apertura delle valvole
al lato freddo, prima di quelle al lato caldo: ciò non dovrebbe tuttavia comportare particolari problemi.
Considerando una velocità media dell’aria di 120 m/s nel passaggio attraverso la valvola, si ha un costo
di circa 4100 €/(kg/s) per la valvola adibita alla tubatura diretta dal pebble heater alla turbina (P=5 bar,
T=1400°C) e di circa 20500 €/(kg/s) per la valvola adibita alla tubatura diretta dalla fonte di calore al
pebble heater (P=1 bar, T=1400°C), che deve essere circa 5 volte più grande a causa del maggior volume
specifico del fluido che l’attraversa.
Considerando che lo scambio termico richiede almeno 2 pebble hetaer di cui uno in fase di scarica ed
uno in fase di carica, si ottiene un costo complessivo di poco superiore a quello dei pebble heater. Si
può quindi ipotizzare che il costo di uno scambiatore rigenerativo per le altissime temperature completo
60
immagine tratta da: D. Stevanović, M. Mocker et al. “Decentralized Biomass Power Plant Based On Pebble- Heater Technology And Hot Air Turbine” Tagungsband der 12th European Conference and Technology Exhibition on Biomass for Energy, Industryand Climate Protection, Amsterdam, 17-21 Juni 2002
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 203
di valvole, basato sulla tecnologia del pebble heater, sia di poco inferiore a 100.000 €/(kg/s), legato per
più del 40% al costo delle valvole delle tubature dirette dalla fonte di calore al pebble heater.
5.3 – Scambio termico diretto attraverso scambiatore integrato nel sistema di accumulo.
Come già spiegato nel capitolo 2, vi sono due possibili modalità di integrazione di uno scambiatore
all’interno del materiale di accumulo: impiegando tubature inserite nel materiale di stoccaggio, oppure
plasmando tale materiale in modo da ricavare dei canali al suo interno. Il ricorso a queste soluzioni è
stato già parzialmente escluso nel capitolo 2, anche grazie ai risultati dell’analisi di seguito riassunta.
I vantaggi di uno scambiatore integrato potrebbero essere rappresentati dalla possibilità di realizzare
uno scambio termico diretto anche in sistemi di accumulo di dimensioni elevate, nei quali risulta
impossibile la pressurizzazione dell’intero accumulo attraverso la realizzazione di un vessel esterno,
evitando il ricorso ad un ulteriore passaggio di scambio termico con perdita di effectiveness e le
problematiche relative alla movimentazione del fluido del circuito primario.
Un ulteriore vantaggio ipotizzato nel caso di canali plasmati direttamente nel materiale di accumulo,
sarebbe potuto consistere nella riduzione delle tensioni all’interno dello stesso, legate alla pressione del
fluido che scorre nei canali: come illustrato nel paragrafo 5.3.b, la massima tensione di trazione si riduce
infatti all’aumentare dello spessore del tubo. Si vedrà tuttavia che tale conclusione può risultare errata,
poiché non tiene conto delle tensioni termiche, che aumentano invece all’aumentare dello spessore.
I problemi sono invece numerosi e la soluzione sembra perciò non meritare un ulteriore
approfondimento.
5.3.a – Soluzioni simili sperimentate a temperature inferiori e problemi emersi.
Una ricerca in letteratura scientifica effettuata tramite internet non ha fornito risultati in relazione
all’impiego delle due tipologie di scambio termico in questione alle altissime temperature. A
temperature più basse, entrambi i sistemi sono invece stati sperimentati per l’accumulo ed il recupero
di energia termica prodotta mediante il solare a concentrazione. Gli studi relativi a questi sistemi
evidenziano problematiche che possono manifestarsi anche per l’applicazione in esame in questa tesi.
Per l’accumulo tra circa 300 e 500 °C è stato sperimentato in diversi impianti l’accumulo in blocchi di
calcestruzzo resistente alle alte temperature o calcestruzzo refrattario a base di ossidi ceramici.61
Generalmente il fluido di recupero termico fluisce non a diretto contatto con il materiale, bensì
all’interno di tubature in acciaio inossidabile.
Un problema la cui rilevanza aumenta all’aumentare della temperatura di accumulo e alla differenza di
temperatura registrata durante il ciclo di carica-scarica, è quello dell’aderenza tra tubature e materiale
di accumulo (necessaria per favorire una trasmissione termica efficiente ed omogenea), che possono
chiaramente presentare coefficienti di espansione termica tra loro diversi; durante il ciclaggio termico le
tubature possono inoltre produrre la frammentazione dei blocchi di calcestruzzo.
Un altro problema che può verificarsi è la rottura di una tubazione, impossibile da sostituire. Nel caso di
tubature di acciaio a basse temperature, il fenomeno ha scarse probabilità di aver luogo per un tempo
61
M. Medrano, A. Gil, et al. “State of art on high–temperature thermal energy storage for power generation.” “Part 1 – Concepts, materials, and modellization” e “Part 2 – Case studies” - Renewable and Suistainable Energy Reviews 14 (2010) 31-72.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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di vita accettabile dell’impianto, ma potrebbe risultare estremamente gravoso per un impianto
operante ad altissime temperature con tubature ceramiche; la gravità della perdita dipende ovviamente
dalla tipologia di fluido che rischia di disperdersi nel materiale di accumulo, dalla porosità di questo,
dalla reattività tra fluido e materiale di accumulo.
Poiché le tubature producono un aumento dei costi del sistema, i ricercatori hanno provato ad ovviare
al problema evitando le tubature attraverso l’impiego di calcestruzzo precompresso (tale soluzione
permette peraltro di evitare problemi di fratturazione del calcestruzzo legati al maggior coefficiente di
espansione termica dell’acciaio rispetto a quello del calcestruzzo): i risultati non sembrano tuttavia
soddisfacenti, principalmente a causa della permeabilità del materiale e della difficoltà nel raccordare i
canali presenti nel calcestruzzo con il resto dell’impianto del fluido termovettore. I risultati degli
esperimenti condotti nell’ambito del DOE CSP Program62e del progetto Europeo WANDA63 concordano
nell’affermare che la porosità del calcestruzzo può produrre la dispersione del fluido termovettore
(negli esperimenti erano impiegati olio a 370 °C o sali fusi a circa 500°C). In particolare nell’ambito del
secondo progetto di ricerca, è stato evidenziato che anche l’impiego di calcestruzzo precompresso non
permetteva di raggiungere un livello di permeabilità sufficiente ad evitare la perdita dell’olio usato
come vettore termico. Dai documenti disponibili non è possibile comprendere se sia stata posta
attenzione alla possibilità di modificare la composizione del calcestruzzo globalmente o localmente,
aggiungendo ad esempio degli aditivi per aumentare la sua impermeabilità.
Questo problemi dovrebbero certamente essere affrontati anche in caso di adozione di soluzioni simili
alle altissime temperature. I calcestruzzi refrattari, papabili per la tipologia d’impiego in analisi,
presentano una porosità variabile con la composizione e la procedura di cottura: durante la cottura
vengono infatti sprigionati gas (in particolare vapore acqueo) che devono poter filtrare dall’interno del
materiale verso la superficie esterna, pena altrimenti la fatturazione del calcestruzzo; più il processo di
cottura è lento e controllato, e minore potrà risultare la permeabilità. Per calcestruzzi di tipo “super
duty- low cement” la permeabilità risulta molto bassa, tanto che può risultare necessario l’inserimento
di fibre organiche nel materiale per consentire la fuoriuscita del vapore acqueo in tempi accettabili.
Oltre una certa temperatura (600-800°C) la porosità del materiale va in ogni caso aumentando. 64
La grafite, altro materiale potenzialmente modellabile in loco (si veda appendice A3) presenta invece
una porosità molto elevata, soprattutto qualora non risulti possibile realizzare un adeguato processo di
precompressione del materiale carbonioso precursore della grafite: al fine di ridurre la porosità,
specialmente in prossimità o coincidenze della superficie dei canali plasmati nel materiale, potrebbe
essere fatto ricorso al passaggio nei canali, di materiale organico liquido (che penetrerebbe così nella
porosità della grafite) e alla successiva carbonizzazione o grafitizzazione del materiale attraverso
cottura. Questo processo potrebbe essere ripetuto più volte. Si potrebbe infine produrre la silicizzazione
del materiale superficiale (trasformazione in SiC) immettendo nei canali silicio liquido o ossido di silicio
gassoso (SiO), riducendo così fortemente la porosità e migliorando anche le proprietà meccaniche del
materiale.65 La fattibilità tecnica del processo andrebbe in ogni caso verificata per accumuli di grandi
62
Panneer Selvam & Micah Hale “Development and performance evaluation of high temperature concrete for thermal energy storage for solar power generation.” US DOE CSP Program Review May 17-19, 2011 63
D. Laing, W.D. Steinmann, et al. “Solid Media Thermal Storage Development and Analysis of Modular Storage Operation Concepts for Parabolic Trough Power Plants” - Sol. Energy Eng. , February 2008 Volume 130, Issue 1 64
Charles A. Schacht “Refractories Handbook” Marcel Dekker, Inc - 2004 65
Informazioni particolarmente interessanti sul processo di silicizzazione sono state reperite in: A. Favrea, H. Fuzellierb, J. Suptilb "An original way to investigate the siliconizing of carbon materials" - Ceramics International 29 (2003) 235–243
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 205
dimensioni, e la soluzione appare comunque più complessa e costosa rispetto ad altre soluzioni
individuate.
Un altro problema incontrato durante gli esperimenti di eliminazione delle tubature dall’accumulo in
calcestruzzo precompresso, è la difficoltà di raccordare, in modo economico, i canali all’interno del
calcestruzzo con le tubature di adduzione e abduzione del fluido termovettore. Si tratta chiaramente di
un problema presente anche ad altissima temperatura, aggravato dalla difficoltà a reperire tubature di
adduzione e abduzione adatte allo scopo.
A causa delle difficoltà illustrate, i progetti di ricerca relativi all’accumulo in calcestruzzo, si sono
orientati verso altre soluzioni per ridurre la lunghezza complessiva delle tubature, intervenendo sul
miglioramento dello scambio termico attraverso variazioni della geometria dei tubi (applicazione di
alette) e della composizione del calcestruzzo (così come per i ceramici calcinabili possono essere infatti
aggiunti alla sua miscela degli ingredienti che migliorano scambio termico e capacità termica). Un’altra
soluzione sperimentata è stato l’impiego di piccoli blocchi di calcestruzzo o refrattari immersi nel fluido
termovettore, all’interno di un contenitore di acciaio inossidabile pressurizzato: il sovra-costo legato
all’impiego del contenitore ha indotto però i ricercatori a scartare l’idea.
Questa ultima costatazione ha creato almeno inizialmente perplessità sull’effettiva convenienza del
ricorso a tale soluzione nel caso di altissime temperature, analizzata nel capitolo 6.
5.3.b – Analisi delle sollecitazioni tensionali di scambiatori integrati (e non) nel sistema di accumulo.
Considerati i problemi di fragilità dei materiali impiegabili alle altissime temperature ed i limiti che
questi creano alla realizzazione di un sistema di scambio termico, risulta molto utile un breve
approfondimento sullo stato tensionale delle tubature o dei canali presenti nell’accumulo termico, al
fine di comprendere se talune soluzioni consentano di sfruttare meglio di altre le proprietà meccaniche
del materiale.
Figura 5.3.1 – Ipotesi di Mohr per stato tensionale biassiale.
Conviene innanzitutto ricordare che i materiali fragili sono caratterizzati da una resistenza a
compressione anche notevolmente superiore rispetto a quella a trazione. In fase di progettazione di
massima, per i materiali fragili, viene spesso utilizzato il criterio dello sforzo massimo assiale,
nonostante questo tenda a sovrastimare la resistenza del materiale soggetto ad una tensione non
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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monoassiale (non tiene conto dell’azione combinata degli sforzi principali). Considerando che il
materiale delle pareti dei condotti per lo scambio termico sarà soggetto ad uno stato tensionale multi-
assiale, e considerando la sua natura fragile, il criterio di resistenza il più adatto ad essere impiegato, tra
quelli classici, è però certamente quello di Mohr. Una rappresentazione grafica di tale criterio è
rappresentata in figura 5.3.1.
Perché tale criterio sia verificato si deve avere:
ammt ,1σσ ≤
e ammt ,2σσ ≤
se 01
>σ e 02
>σ eq. 5.3.1
ammc,1σσ −≥
e ammc,2σσ −≥
se 01
<σ e 02
<σ eq. 5.3.2
1
,
2
,
1 ≤+ammcammt
σ
σ
σ
σ
se 01
>σ e 02
<σ eq. 5.3.3
dove σ1 e σ2 indicano la tensione lungo gli assi 1 e 2 tra loro perpendicolari, mentre σt,amm e σc,amm
indicano rispettivamente la tensione ammissibile di trazione e di compressione.
Alcuni studi condotti sui materiali fragili dimostrano che in realtà anche la teoria di Mohr tende a
sovrastimare la resistenza dei materiali fragili soggetti ad uno stato tensionale triassiale: la tensione
intermedia, che viene trascurata dalla teoria di Mohr, può infatti influenzare la resistenza del
materiale.66 Gli esperimenti condotti in tal senso danno risultati discordanti: ad esempio uno studio
effettuato su provini cilindrici di allumina da L. J. Broutman, R. H. Cornish67 mostra che la resistenza a
trazione del materiale aumenta (fino al 50%) quando è presente anche una tensione di pressione assiale
normale a quella di trazione. Un altro studio, condotto su cilindri di allumina e grafite da L. J. Broutman,
S. M. Krishnakumar, P. K. Mallick68 mostra invece che la resistenza a trazione diminuisce quando viene
applicata una compressione in direzione ortogonale. Più in generale, esperimenti condotti su materiali
fragili mostrano come all’aumentare della tensione intermedia di pressione, la resistenza del materiale
tenda dapprima ad aumentare e quindi a diminuire. Inoltre, la resistenza risulta inferiore a quella
teorica prevista dalla teoria di Mohr in presenza di una tensione di trazione biassiale.
In condizioni operative le pareti dei condotti sono soggette alle seguenti tensioni:
1) tensioni indotte dalla pressione interna;
2) tensioni indotte dal gradiente di temperatura in condizioni di equilibrio termico;
3) tensioni indotte dalle variazione di temperatura nel tempo (durante i transitori termici);
4) tensioni prodotte dai carichi strutturali;
5) tensioni indotte dall’accoppiamento di materiali a diverso coefficiente di dilatazione termica,
tensioni termiche indotte dall’anisotropia del materiale, eventuali tensioni residue del
materiale.
Di seguito è illustrato come calcolare le tensioni ai primi tre punti, ipotizzando che i condotti siano a
sezione circolare ed abbiano raggio interno ri e raggio esterno re.
66
Mao-hong Yu “Advances in strength theories for materials under complex stress state in the 20th Century” 67
L. J. Broutman, R. H. Cornish “Effect of Polyaxial Stress States on Failure Strength of Alumina Ceramics” Journal of the American Ceramic Society Volume 48, Issue 10, pages 519–524, October 1965 68
L. J. Broutman, S. M. Krishnakumar, P. K. Mallick “Effects of Combined Stresses on Fracture of Alumina and Graphite” Journal of the American Ceramic Society Volume 53, Issue 12, pages 649–654, December 1970
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Per quantificare le pressioni indotte al raggio r dalla pressione interna pi si può far uso delle formule di
Lamè, che possono essere considerate valide, almeno in prima approssimazione, anche per materiali
ceramici leggermente anisotropi e con proprietà meccaniche moderatamente variabili in funzione del
raggio (in presenza di un gradiente termico lungo lo spessore del materiale dei condotti, le proprietà
meccaniche del materiale non risultano infatti costanti).
σcirc = p i · 1 + re
2
r2
· r i
2
re2
– r i2
eq. 5.3.4
σrad = – p i · 1 – re
2
r2
· r i
2
re2
– r i2
eq. 5.3.5
dove σcirc e σrad indicano rispettivamente la tensione in senso circonferenziale e radiale. Qualora i
condotti siano realizzati mediante tubi chiusi ad una estremità o mediante tubi a U, risulterà importante
considerare anche la presenza della componente di trazione longitudinale:
σ long = p i · r i
2
re2
– r i2
eq. 5.3.6
Nel grafico di figura 5.3,3 è riportato l’andamento delle tensioni prodotte dalla pressione interna, a
partire dal raggio interno, fino al raggio esterno (posto pari al doppio di quello interno). Le tensioni sono
state adimensionalizzate dividendole per il modulo di pi.
Si può osservare che le condizioni più critiche, in presenza di questa unica tensione, si verificano al
raggio interno.
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
2
1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2
Sig
ma
ad
ime
nsi
on
ali
zza
ta
r/r_i
Tensioni prodotte dalla pressione interna
sigma_long
sigma_circ
sigma_rad
Figura 5.3.3 – Per realizzare il grafico si è fissato per ipotesi r_e = 2· r_i .
Il grafico di figura 5.3.4 è stato ottenuto facendo variare il rapporto tra raggio interno e raggio esterno e
adimensionalizzando la tensione massima (sigma circonferenziale, al raggio interno) dividendola per il
modulo di pi . Risulta evidente che per minimizzare la tensione legata alla pressione interna conviene
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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aumentare lo spessore. Il raggio interno, per un dato rapporto re/ri , non influisce invece sul valore delle
tensioni.
Figura 5.3.4 – Tensione circonferenziale di trazione al raggio interno (adimensionalizzata).
Per quanto riguarda le tensioni indotte dal gradiente di temperatura in condizioni di equilibrio termico,
ipotizzando che la temperatura di parete esterna Te e quella di parete interna Ti non varino nel tempo,
che il flusso termico sia solo radiale, e che le proprietà meccaniche del materiale siano isotrope e
costanti lungo la sezione dei condotti, si ha: 69
σrad;term = β · E · ( Ti – Te )
2 · ( 1 – ν ) · lnre
r i
· – lnre
r – ln
re
r i
· r i
2
re2
– r i2
· 1 – re
2
r2
eq. 5.3.7
σcirc;term = β · E · ( T i – Te )
2 · ( 1 – ν ) · lnre
r i
· 1 – lnre
r – ln
re
r i
· r i
2
re2
– r i2
· 1 + re
2
r2
eq. 5.3.8
σ long;term = β · E · ( T i – Te )
2 · ( 1 – ν ) · lnre
r i
· 1 – 2 · lnre
r – 2 · ln
re
r i
· r i
2
re2
– r i2
eq. 5.3.9
dove β rappresenta il coefficiente di espansione termica, E il modulo di Young e ν il coefficiente di
Poisson.
Nel grafico di figura 5.3.5 è riportato l’andamento delle tensioni termiche (in condizioni stazionarie) a
partire dal raggio interno, fino al raggio esterno (posto pari al doppio di quello interno). Il valore delle
tensioni risulta adimensionalizzato secondo il fattore (poiché Ti-Te risulta negativo, l’espressione è resa
positiva mediante il segno meno apposto ad essa):
K term = – ( β · E · ( T i – Te ) )
2 · ( 1 – ν ) eq. 5.3.10
69
Le formule sono tratte dal Manuale dell’Ingegnere Meccanico - Hoepli II Edizione.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Si può osservare che le condizioni più critiche si verificano anche in questo caso al raggio interno.
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2
Sig
ma
ad
ime
nsi
on
ali
zza
ta
r/r_i
Tensioni termiche a regime stazionario
sigma_long
sigma_circ
sigma_rad
Figura 5.3.5 – Per realizzare il grafico si è fissato per ipotesi r_e = 2· r_i .
Il grafico di figura 5.3.6 mette in relazione il rapporto tra raggio esterno e raggio interno con
l’andamento della tensione massima (al raggio interno) adimensionalizzata secondo il fattore kterm.
Appare evidente che all’aumentare dello spessore del cilindro, aumenta anche la massima tensione
termica in condizioni stazionarie, sebbene moderatamente nell’intervallo di valori considerato. Il raggio
interno, per un dato rapporto re/ri , non influisce invece sul valore delle tensioni.
0
0,5
1
1,5
2
1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6
Te
nsi
on
e m
ass
ima
ad
ime
nsi
on
ali
zza
ta
r_e/r_i
Tensioni termiche a regime stazionario
in funzione della geometria
Figura 5.3.6 – Tensione circonferenziale di trazione al raggio interno (adimensionalizzata)
Qualora invece il raffreddamento abbia luogo a dalla superficie esterna dei tubi la massima tensione
termica di trazione si avrà al raggio esterno e tenderà a diminuire con l’aumentare dello spessore come
illustrato in figura 5.3.7.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Figura 5.3.6 – Tensione circonferenziale di trazione al raggio esterno
(adimensionalizzata) qualora si abbia Ti>Te.
In presenza di un raffreddamento o di un riscaldamento della superficie dei condotti, con una variazione
nel tempo pari a hr [°K/s], si generano delle tensioni legate al particolare andamento che assume la
temperatura all’interno delle pareti del condotto. Il valore massimo delle tensioni si registra in ogni caso
in corrispondenza del raggio interno; di seguito sono riportate le formule valide per r=ri sia in caso di
riscaldamento che di raffreddamento della superficie interna. 70
σcirc;trans;MAX = β · E · hr
8 · α · ( 1 – ν ) · 3 · r i
2 – re
2 – 4 ·
r i4
re2
– r i2
· lnre
r i
eq. 5.3.11
σ long;trans;MAX = σcirc;trans;MAX eq. 5.3.12
Il simbolo α della formula rappresenta il valore del coefficiente di diffusività termica.
Si può osservare che in caso di raffreddamento hr sarà negativo e la tensione risulterà essere positiva
(trazione). In caso di riscaldamento della parete interna si origineranno invece delle tensioni di
compressione. La tensione radiale al raggio interno è ovviamente nulla.
Se i canali saranno inseriti nel materiale di accumulo il fluido di recupero termico tenderà a raffreddarne
le pareti e quindi hr risulterà negativo (di conseguenza la tensione circonferenziale, di trazione).
Il grafico 5.3.7 è stato ottenuto facendo variare il rapporto tra raggio interno e raggio esterno e
adimensionalizzando la tensione massima secondo un fattore Ktrans:
K trans = – r i
2 · β · E · hr
8 · α · ( 1 – ν ) eq. 5.3.13
In questo caso appare evidente che la tensione circonferenziale aumenta con il quadrato del raggio
interno, ma la tensione adimensionalizzata, per come è stata definita, è indipendente dal valore di ri. Al
70
R.W. Swindeman “Thermal Stresses in hollow cylinders of beryllium oxide” Oak Ridge National Laboratory, Jan 1962
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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fine di ridurre il valore delle tensioni termiche al transitorio conviene quindi adottare valori piccoli per il
raggio interno e lo spessore.
Figura 5.3.7 - Tensione circonferenziale di trazione legata al transitorio termico al raggio interno
(adimensionalizzata)
In tabella 5.3.1 è riportata una stima dei fattori impiegati per l’adimensionalizzazione (p, Kterm, Ktrans)
delle tensioni, per carburo di silicio e grafite estrusa a 1300°C, per due diversi valori del raggio interno.
La maggior parte dei materiali refrattari presenta valori di E compresi nell’intervallo tra quelli dei due
analizzati;71 si deve in realtà osservare che a secondo della modalità produttiva dei componenti in SiC, e
soprattutto di quelli in grafite, le proprietà possono variare.
Si è ipotizzata una differenza di temperatura indicativa di 10°C tra la parete interna e quella esterna del
tubo ceramico ed una variazione nel tempo della temperatura della parete interna pari a 300°C in
un’ora.
Stima dei fattori di adimensionalizzazione per due materiali refrattari a 1300°C
J. F. Shackelford,W. Alexander et al. “CRC Materials Science and Engineering Handbook, 3° Ed.” CRC Press, 2001 72
Le proprietà della grafite sono riprese da Charles A. Schacht “Refractories Handbook” Marcel Dekker, Inc. – 2004 e H.O. Pierson “Handbook of Carbon, Graphite, Diamond end Fullerene - Properties, Processing and Applications” –Noyes Pubblication, 1993. Le proprietà del carburo di silicio sono invece riprese dall’appendice A3.
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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I dati riportati in tabella evidenziano come per ceramici ingegneristici quali il SiC le tensioni termiche a
regime possano risultare superiori a quelle legate alla pressurizzazione; ecco perché l’impiego di uno
scambiatore con passaggio del fluido caldo all’interno delle tubature ceramiche e del fluido freddo
pressurizzato al suo esterno potrebbe non risolvere completamente il problema della fragilità dei
ceramici, che risulteranno in ogni caso sottoposti a tensioni termiche di trazione. Considerando che le
tensioni legate alla pressione in un recipiente soggetto a pressione esterna sono tutte di compressione,
per piccoli valori della differenza Ti-Te e di hr, potrebbe essere conseguiti comunque vantaggi mediante
tale configurazione.
L’eventuale realizzazione di canali direttamente nel materiale di stoccaggio non appare particolarmente
promettente neanche dal punto di vista tensionale, poiché il sistema potrebbe essere assimilato in
prima approssimazione ad un insieme di tubature di grande spessore addossate le une alle altre: in tal
caso risulterebbe difficile ottenere piccoli valori di Ti-Te e anche per materiali caratterizzati da modulo di
Young relativamente piccolo, le tensioni termiche risulterebbero elevate, limitando i vantaggi derivanti
da minor tensioni legate all’applicazione delle pressione interna (che diminuisce all’aumentare dello
spessore della tubatura).
5.4 – Risultati dell’analisi condotta in questo capitolo.
L’analisi condotta nei precedenti paragrafi ha evidenziato numerosi problemi connessi alle soluzioni di
scambio termico analizzato. La possibilità di far uso di uno scambiatore integrato nell’accumulo termico
è stata scartata, mentre quella di far uso di scambio termico indiretto tramite scambiatore ceramico
deve essere oggetto di ulteriori verifiche sia in termini di reperimento dei componenti necessari, sia in
termini di costo, sia, ancora, in termini di affidabilità.
La possibilità di impiegare uno scambio termico indiretto mediante scambiatore rigenerativo, per la
precisione un Pebble Heater, risulta in prima analisi la più attraente tra quelle qui analizzate; il problema
principale legato a questa soluzione appare rappresentato dalla necessità di impiegare valvole per le
altissime temperature, il cui costo risulta dello stesso ordine di grandezza del Pebble Heater, di cui non
sono note affidabilità e vita utile, e il cui impiego limita la pressione massima raggiungibile ad ingresso
turbina a circa 5-6 bar. L’ottimizzazione impiantistica, la ricerca di valvole di altra tipologia rispetto a
quelle a saracinesca prese in esame, e lo sviluppo di componenti più adatti all’applicazione VHT-TES,
potrebbe consentire a questa soluzione di aumentare la propria attrattività. L’impiego di valvole ad
altissima temperatura permetterebbe peraltro di affiancare il sistema di accumulo termico a sistemi di
generazione termo-elettrica di tipo tradizionale (si veda paragrafo 1.3).
Il Pepple Heater non presenta peraltro problemi legati a tensioni meccaniche nei transitori, e consente
dunque, una volta carico, un avvio del sistema di generazione praticamente immediato.
Nel grafico di figura 5.4.1 è rappresentata una stima del costo per unità di potenza scambiata di alcuni
scambiatori di calore dotati di effectiveness pari all’85%; per gli scambiatori in SS 347 ed Alloy 625 la
stima è stata effettuata dividendo il valore medio del costo complessivo riportato in tabella 5.1.4 per la
potenza scambiata per unità di portata di aria, calcolata nelle stesse ipotesi per le quali è stato calcolato
il costo dello scambiatore, ossia in riferimento alla rigenerazione di turbine a gas di diversa taglia e
diverso rapporto di compressione. 73 Il costo degli altri tre scambiatori è stato invece calcolato
73
Il calcolo della potenza scambiata è stato effettuato con il modello riportato in appendice A5, sulla base delle ipotesi indicate in: J. Kesseli ,T. Wolf, J. Nash, S.Freedman “MICRO, INDUSTRIAL, AND ADVANCED GAS TURBINES
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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considerando di scaldare dell’aria da 300°C fino a circa 1250 °C facendo uso dello scambiatore ceramico
i cui dati sono riportati in tabella 5.1.9 (facendo riferimento al costo rivalutato al 2012, come descritto
nel paragrafo 5.1.d), di un sistema di Pebble Heaters completi di valvole (si veda paragrafo 5.2.c) e di
uno scambiatore ceramico analogo a quello i cui dati sono riportati in tabella 5.1.9, posto in serie (a
valle) ad uno scambiatore in Alloy 625 (che si suppone riesca a scaldare l’aria fino 800°C). Il Pebble
heater presenta in realtà un’effectiveness media di circa il 94% operando nelle condizioni date, tuttavia
l’effectiveness è circa dell’85% considerando la minima temperatura raggiunta alla fine della fase di
scarica (ipotizzando di fissare la temperatura minima in ingresso alla turbina pari a quella minima
raggiunta durante la scarica, si avrebbe di fatto un’effectiveness dell’85%).
Stima di massima del costo per unità di potenza termica scambiata per
alcuni scambiatori con effectiveness dell'85%.
0
100
200
300
400
500
Scambiatore in
SS 347
Scambiatore in
Alloy 625
Scambiatore
ceramico
Ceramico+Alloy
625
Pebble heater +
valvole
€/k
W
Figura 5.4.1–Stima di massima del costo per unità di potenza termica di alcuni scambiatori.
I dati illustrati in fig. 5.4.1 sono puramente indicativi, e specialmente quelli relativi allo scambiatore
ceramico sono affetti da estrema incertezza. Ogni soluzione dovrebbe essere inoltre ottimizzata per
consentire un valido confronto; in particolare si è già osservato che per lo scambiatore ceramico risulta
conveniente adottare effectiveness più basse; d’altra parte è vero che effectiveness più basse,
costringerebbero ad aumentare la temperatura di accumulo con i problemi che ne conseguono
soprattutto in fase di ricarica: per un’effectivenss dell’85%, nelle ipotesi considerate, la temperatura del
fluido caldo in ingresso nello scambiatore dovrebbe risultare pari a circa 1415°C, di conseguenza, la
temperatura dell’accumulo, superiore a tale valore (considerando che anche lo scambio termico
all’interno dell’accumulo non potrà certamente raggiungere un’effectiveness del 100%).
Si osserva, al di là dell’incertezza sui dati, che il costo di un eventuale sistema di scambio termico
indiretto risulta quantomeno confrontabile con quelli dei sistemi di conversione dell’energia in uscita
dall’accumulo (si veda paragrafo 1.3): per effettuare il confronto è sufficiente dividere il costo per unità
di potenza termica scambiata per il rendimento elettrico di conversione (il costo delle turbine e dei cicli
combinati riportato nel paragrafo 1.3 è riportato in €/kWe).
EMPLOYING RECUPERATORS” Proceedings of ASME Turbo Expo 2003 Power for Land, Sea, and Air June 16–19, 2003, Atlanta
Capitolo 5 Scambio termico indiretto o tramite scambiatori integrati nell’accumulo
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Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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CAPITOLO 6:
Accumulo termico con scambio termico diretto.
Come si è visto nel capitolo 2, lo scambio termico diretto tra il fluido da elaborare il turbina e materiale
di accumulo comporta una serie di vantaggi, almeno teorici, quali la possibilità di un maggior recupero
termico a parità di temperatura di accumulo; inoltre evita i costi elevati, le complicazioni impiantistiche,
e le problematiche di affidabilità legate all’impiego di scambiatori ad altissima temperatura, o di sistemi
sostitutivi quali il Pebble Heater della ATZ-Evus (tecnologie analizzate nel capitolo 5).
In questo capitolo sarà effettuata un’analisi di massima di alcune possibili soluzioni progettuali per la
realizzazione di uno scambio termico diretto. L’obiettivo di individuare una soluzione progettuale
definitiva risulta eccessivamente ambizioso per questa tesi, in quanto gli elementi da tenere in
considerazione per individuarla sono molteplici, complessi e non tutti noti. Ci si concentrerà perciò
nell’analisi di alcune soluzioni apparentemente più promettenti (alla luce del contenuto dei capitoli
precedenti) e sulla formulazione di un modello capace di descrivere i fenomeni fisici più importanti che
hanno luogo all’interno dello stoccaggio, in particolare quelli relativi allo scambio termico. Si cercherà
quindi di trarre delle conclusioni utili a chi in futuro si vorrà cimentare in una progettazione più
dettagliata.
Tra le soluzioni almeno apparentemente promettenti, ci si è concentrati su un sistema di accumulo
termico ispirato alla tecnologia del Pebble Heater: sfruttando opportunamente i transitori termici e
realizzando una circolazione del fluido di recupero termico dall’esterno verso l’interno del sistema di
accumulo, potrebbe risultare possibile ridurre le perdite di calore e la necessità di coibentazione,
nonché evitare l’impiego di materiali resistenti ad elevate temperature per le strutture di contenimento.
L’analisi del meccanismo di conduzione di calore nei materiali porosi e granulari utilizzabili per
l’accumulo di calore è rimandata all’appendice 2, poiché ha richiesto un particolare approfondimento e
si configura come un contenuto autonomo.
6.1 - Possibili configurazioni per il sistema di scambio termico diretto.
La soluzione più immediata per realizzare un sistema di scambio termico diretto è quella descritta da R.
Shinnar nel brevetto WO 2009/082713, ossia il riempimento di tubature in pressione con materiale
granulare; tuttavia tale tecnologia presenta alcune controindicazioni per le applicazione alle altissime
temperature: non potendo far uso di tubazioni in metallo a diretto contatto con il materiale di accumulo
sarebbe necessario utilizzare tubature metalliche coibentate internamente oppure ricorrere a tubature
ceramiche.
Nel primo caso, si può facilmente dedurre da quanto presentato nel paragrafo 3.4 che per ottenere
perdite di calore accettabili sarebbe necessaria una coibentazione interna spessa almeno alcuni metri1 ;
si dovrebbe dunque parlare eventualmente non di tubature, ma di vessel.
1 si può ad esempio costatare che per limitare al 2% le perdite di energia da un cilindro con un diametro
nell’ordine del metro riempito di sferette di allumina a 1500°C sarebbe necessario uno spessore coibentante di materassini in Saffil nell’ordine della decina di metri interno al tubo metallico, per mantenere la temperatura di questo a circa 650°C, ed uno spessore coibentante ancor più elevato al suo esterno. Si rileva inoltre che i
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Nel secondo caso invece, ossia nell’ipotesi di impiego di tubature ceramiche, subentrano problemi di
costi e di affidabilità, analizzati nel capitolo 5.
Unica soluzione per lo scambio termico diretto sembra dunque essere, in assenza di movimentazione
del materiale di accumulo (possibilità brevemente descritta nel capitolo 2), il ricorso a vessel metallici
contenenti il materiale di accumulo; tra materiale di accumulo e vessel metallico è chiaramente
necessario interporre uno strato di materiale coibentante, oppure uno strato di materiale che rallenti la
diffusione del calore dall’interno dell’accumulo verso il vessel, consentendone il recupero in fase di
recupero termico, appunto; questo secondo concetto è spiegato meglio di seguito.
Lo scambio termico diretto in assenza di movimentazione del materiale di accumulo, vista la necessità di
limitare il diametro del vessel (si veda paragrafo 3.5), risulta adatto soprattutto ad un accumulo di breve
periodo (non certo stagionale) per limitare le perdite di calore (che possono essere più facilmente
ridotte all’aumentare delle dimensioni dell’accumulo, come spiegato accuratamente nel capitolo 3 o
impiegando forme di accumulo energetiche più stabili). Nel caso in cui l’accumulo energetico sia di tipo
giornaliero o comunque di breve periodo, il tempo che intercorre tra fasi di carica e scarica può risultare
sufficientemente corto da far sì che il calore subisca solo una modesta diffusione dagli strati più interni
(che potrebbero essere scaldati con un sistema quale quello visto nel capitolo 4.3) agli strati più esterni.
Il calore trasmesso agli strati esterni può successivamente essere recuperato attraverso un fluido che si
muove dall’esterno verso l’interno del sistema di accumulo (si veda figura 6.1.1) durante la fase di
recupero termico, mantenendo così bassa la temperatura alla parete esterna, e minimizzando le perdite
di calore.
Figura 6.1.1 – Diagramma esemplificativo dello schema di circolazione del fluido di recupero termico
diretto in turbina, in un sistema di accumulo con recupero del calore diffuso attraverso gli strati esterni.
Tra le configurazione progettuali capaci di sfruttare questo principio la più immediata e forse di più
semplice realizzazione è quella rappresentata in figura 6.1, con sezione anulare, parzialmente ispirata
alla tecnologia del Pebble Heater della ATZ-Evus. Alle due estremità del cilindro cavo possono essere
ovviamente previste delle calotte semisferiche con flusso radiale del fluido di recupero termico. Tra la
superficie di ingresso del fluido freddo ed il vessel di contenimento dovrebbe essere inoltre inserita
un’intercapedine vuota o un altro sistema tale da garantire stesse perdite di pressione per il fluido che
attraversa radialmente l’accumulo a diverse altezze.
materassini di Saffil non potrebbero quasi certamente sopportare le forze meccaniche prodotte dal peso del materiale di riempimento.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Sono ovviamente pensabili soluzioni più complesse, quali quella schematizzata in figura 6.2: tra
l’intercapedine rappresentata in figura e il core a flusso assiale potrebbe essere interposto anche uno
strato coibentante non direttamente attraversato da fluido di recupero termico.
In ogni caso appare conveniente che il vessel di contenimento abbia una forma perlopiù cilindrica per
evidenti questioni di fattibilità costruttiva e per minimizzare il rapporto superficie/volume, questioni già
affrontate nel capitolo 3. Semmai, è qui opportuno precisare che risulta utile minimizzare la quantità di
calore diffuso verso l’esterno, e quindi il rapporto tra superficie esterna e volume, non solo per ridurre
le perdite di calore: nel caso in cui queste ultime vengano evitate attraverso il tempestivo recupero di
calore dagli strati esterni è comunque importante ridurre al minimo il calore trasmesso agli strati più
esterni per evitare una riduzione di temperatura degli strati più interni e di conseguenza una riduzione
dell’exergia accumulata e della percentuale di energia accumulata sfruttabile ad ogni ciclo. Questi
concetti saranno meglio palesati nei successivi paragrafi.
Figura 6.1.2 – Configurazione progettuale a flusso radiale/assiale con strato esterno adibito a
coibentazione-trattenimento del calore e core adibito all’accumulo vero e proprio; tra core e strato
esterno è interposta un’intercapedine e le pareti laterali del core risultano impermeabili al fluido di
recupero termico.
Per comprendere la fattibilità e la validità di un sistema di accumulo a scambio termico diretto che
sfrutta i transitori termici, risulta necessaria una modellazione abbastanza raffinata, in quanto alla non
banalità di risoluzione di problemi di transitorio termico va affiancata una dipendenza marcata dalla
temperatura delle proprietà dei materiali di accumulo (soprattutto per quanto riguarda la conduttività
termica); inoltre può essere utile sfruttare le proprietà di più materiali diversi all’interno dell’accumulo.
6.2 - Calcolo del transitorio termico di un accumulo cilindrico.
Nei problemi di conduzione termica nel transitorio, la soluzione analitica è possibile solo in casi
caratterizzati da geometrie e condizioni iniziali ed al contorno semplici, nonché proprietà fisiche
indipendenti dalla temperatura; altrimenti è necessario far ricorso a soluzioni numeriche.
Il sistema di accumulo poroso può essere schematizzato con un cilindro, caratterizzato da simmetria
cilindrica e condizioni omogenee lungo l’asse: l’equazione della conduzione termica si riduce quindi ad
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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una equazione differenziale del secondo ordine nelle variabili t ed r. Ipotizzando l’assenza di fonti di
calore si ha quindi :
∂
∂⋅
∂
∂⋅
α
∂
∂
r
T r
r
r =
t
T eq. 6.2.1
dove α è la diffusività termica pari a:
c
k = tot
⋅ρα eq. 6.2.2
(con ρ densità, c il calore specifico del materiale poroso e ktot la conduttività termica effettiva del
materiale, calcolata per i letti porosi come descritto nell’appendice A2).
La risoluzione di tale equazione risulta semplice facendo uso del metodo numerico alle differenze finite,
ed introducendo quindi una mesh di N nodi lungo il raggio r del cilindro ed una mesh di nodi Δt per
discretizzare la variabile temporale.
6.2.a –Elaborazione di un modello numerico alle differenze finite.
Ipotizzando di usare una mesh spaziale di lunghezza costante Δr, approssimando la derivata seconda
spaziale come una differenza centrata e la derivata temporale come una differenza in avanti (o forward)
si ottiene:
r r
r
− TT r
r
− TT r
t
− TT
i
ji−1
ji
i−1/2
ji
ji+1
i+1/2ji
j+1i
∆⋅
∆⋅
∆⋅
⋅α=∆
eq. 6.2.3
dove l’indice di T si riferisce alla mesh temporale ed il pedice alla mesh spaziale; ri rappresenta il raggio
a cui è posto il nodo spaziale iesimo, mentre ri+1/2 e ri+1/2 sono di seguito definiti :
ri+1/2 = ri + Δr/2 eq. 6.2.4
ri-1/2 = ri - Δr/2 eq. 6.2.5
La precedente equazione permette di ricavare la temperatura assunta dal nodo i al tempo j+1 in
funzione della temperatura del nodo i, del nodo i-1 e del nodo i+1 al tempo j :
( ) ( ) r
− TT r − TT r + T T
i
ji−1
jii−1/2
ji
ji+1i+1/2j
ij+1i
⋅⋅⋅τ= eq. 6.2.6
dove τ rappresenta il numero adimensionale di mesh di Fourier, pari a:
2r
t =
∆
∆⋅ατ eq. 6.2.7
Il metodo numerico qui esposto è un metodo esplicito: a differenza dei metodi numerici impliciti esso
richiede calcoli semplici e non impegna grandi quantità di memoria computazionale. Tuttavia presenta
una stabilità condizionata: le soluzioni ottenibili dal calcolo numerico possono oscillare e divergere dal
valore reale se viene scelto un valore sufficientemente piccolo di Δt; per evitare che questo succeda è
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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necessario che nel l’espressione di j+1iT in funzione di T j
i, il coefficiente di T j
isia uguale o maggiore di
zero per tutti i nodi. 2
Nel caso dell’equazione 6.2.6 questo criterio è verificato se risulta vera la disuguaglianza 6.2.11,
ottenuta come segue:
0 r
)+r (r 1 −
i
i+1/2i−1/2 ≥⋅τ eq. 6.2.8
−1 r r
rt 2 −
i2
i ≥⋅∆
⋅∆⋅α⋅
eq. 6.2.9
1 r
t 2 2
≤∆
∆⋅α⋅ eq. 6.2.10
α⋅
∆≤∆
2
r t
2 eq. 6.2.11
Al fine di applicare l’equazione 6.2.6 risulta ovviamente necessario impostare il valore di T iniziale per
ogni nodo; esso può essere posto pari al valore medio iniziale della temperatura in ognuno delle N
sezioni anulari in cui è stato scomposto il cilindro (si ricorda che la temperatura è stata considerata
costante lungo la direzione assiale).
Figura 6.2.1 – Ogni nodo i in cui è stato discretizzato il raggio, corrisponde ad un cilindro cavo i, dunque
ad una sezione anulare di raggio medio ri e spessore Δr.
Ogni anello ha diametro interno ri-1/2, diametro esterno ri+1/2 (quindi spessore Δr) e diametro medio ri; il
valore della temperatura in ri non risulta quindi perfettamente pari a quello medio, in quanto l’area
compresa tra ri e ri-1/2 risulta inferiore a quella compresa tra ri e ri-1/2. Tuttavia se Δr risulta
sufficientemente piccolo in relazione al gradiente termico che si realizza nel cilindro, la temperatura
calcolata al tempo j al nodo i approssimerà bene quella media della sezione anulare corrispondente.
Le formule esposte fin qui risultano valide qualora ktot possa essere considerata costante, almeno nei
nodi adiacenti: ciò non corrisponde a realtà nel caso in analisi sia perché il materiale di accumulo
presenta un forte gradiente termico, sia perché il volume di accumulo può essere riempito da strati
concentrici di materiali diversi. Detta perciò kji_i+1 la conduttività tra il nodo i ed il nodo i+1 al tempo j, e
detta kji_i-1 la conduttività tra il nodo i ed il nodo i+1 al tempo j, l’equazione 6.2.3 dovrà essere scritta:
r r
r
− TT k r
r
− TT k r
c t
− TT
i
ji−1
jij
i_i−1i−1/2
ji
ji+1j
i_i+1i+1/2
i j
i j
ji
j+1i
∆⋅
∆⋅⋅
∆⋅⋅
=⋅ρ⋅∆
eq. 6.2.12
2 Yunus A. Çengel “Heat transfer: a practical approach” McGraw-Hill, 2003.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Il numero adimensionale di mesh di Fourier può essere scritto in questo caso come segue:
2ij
ij
ij
ij
r c
t k =
∆⋅⋅ρ
∆⋅τ eq. 6.2.13
e l’equazione 6.2.12 diventerà:
( ) ( )
r
− TT k
k r − TT
k
k r
+ T Ti
ji−1
jij
i
ji_i−1
i−1/2ji
ji+1j
i
ji_i+1
i+1/2
ijj
ij+1i
⋅⋅⋅⋅
⋅τ= eq. 6.2.14
Per calcolare kji_i+1 e k
ji_i-1 si può far uso delle seguenti formule:
k
1 + k
1
2 = k
ji+1
ji
ji_i+1
eq. 6.2.15
k
1 + k
1
2 = k
ji−1
ji
ji_i−1
eq. 6.2.16
La condizione di stabilità in questo caso è la seguente:
( ) ( ) − k k 2
r + + k k r
r r c t
ji_i−1
ji_i+1
ji_i−1
ji_i+1i
i2
ij
ij
⋅∆
⋅
⋅∆⋅⋅ρ≤∆
eq. 6.2.17
Nella maggior parte dei casi, in questa tesi, si avrà che: ri >> Δr/2 e che (kji_i+1 + k
ji_i-1 ) > (kj
i_i+1 - kji_i-1 ) quindi
si potrà approssimare la condizione di stabilità come segue:
+ k k
r c t
ji_i−1
ji_i+1
2ij
ij ∆⋅⋅ρ
≤∆ eq. 6.2.18
Cautelativamente e per semplificare ulteriormente i calcoli si potrà porre kji_i+1 pari al massimo valore
scelto tra kji e k
ji+1 nonché k
ji_i-1 pari al massimo valore scelto tra kj
i e kji-1.
Per il calcolo della temperatura T1, relativa all’anello centrale (o al cilindro centrale, nel caso in cui il
cilindro in cui è stato schematizzati l’accumulo termico non venga considerato cavo) risulta ovviamente
necessario l’impiego di una condizione al contorno e quindi di un’equazione leggermente diversa dalla
6.2.12; lo stesso vale per il calcolo di Tn , la temperatura relativa all’anello più esterno.
Si ipotizza che l’anello più interno non scambi calore alla superficie interna (questa ipotesi risulta vera
anche nel caso di un cilindro pieno, nel quale la superficie interna degenera in un segmento assiale),
quindi l’equazione del calore al nodo 1 risulta:
( )
∆⋅⋅⋅⋅π⋅=⋅π⋅⋅⋅ρ⋅
∆ r
− TT k r H 2 r r H c
t
− TT j1
j2j
1_21+1/22
1−1/22
1+1/21j
1j
j1
j+11 eq. 6.2.19
Se il nodo 1 corrisponde ad un anello di raggio interno r1-1/2 si ha:
∆⋅⋅⋅α=⋅∆⋅
∆ r
− TT
k
k r rr
t
− TT j1
j2
j1
j1_2
1+1/21j
1
j1
j+11 eq. 6.2.20
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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e ricavando T al momento j+1:
( ) r
− TT k
k r
+ T T1
j1
j2j
1
j1_2
1+1/2
1jj
1j+11
⋅⋅
⋅τ= eq. 6.2.21
In questo caso la condizione di stabilità da verificare è di seguito calcolata:
0 r
r k
k
1 − 1
1+1/2j1
j1_2
1j
≥
⋅⋅τ
eq. 6.2.22
1 k
k
rr
rt j1
j1_2
1
1+1/21j
≤⋅⋅∆
⋅∆⋅α eq. 6.2.23
j1
j1_2
1+1/2
1
1j
2
k
k
r
r
r t ⋅⋅α
∆≤∆ eq. 6.2.24
Se il nodo 1 corrisponde ad un cilindro di raggio esterno r1+1/2 (e raggio interno che degenera a 0) si ha
invece:
∆⋅⋅=⋅⋅ρ⋅
∆ r
− TT k 2 r c
t
− TT j1
j2j
1_21+1/21j
1j
j1
j+11 eq. 6.2.25
In questo caso si è deciso di stabilire arbitrariamente che r1 è posto a 2/3 del raggio r1+1/2 al fine di
rendere la temperatura del nodo 1 effettivamente rappresentativa di quella media del cilindro 1. Si
ottiene quindi:
( ) − TT k
k
3
r +
2
r r
t 2 + T T j
1j2j
1
j1_2
11
1j
j1
j+11 ⋅⋅
∆⋅
∆⋅α⋅=
eq. 6.2.26
In questo caso la condizione di stabilità è la seguente:
eq. 6.2.27
Per quanto riguarda il nodo N (anello esterno) si ipotizza che questo sia posto sulla parete esterna del
cilindro che si affaccia in un’atmosfera a temperatura costante Test ; lo scambio termico con l’esterno
avverrà per convenzione, con coefficiente di scambio termico convettivo λconv (si veda come ricavarlo nel
paragrafo 6.6). Si avrà perciò:
( ) ( ) r
− TT k r H − 2 − TT r H 2 r r H c
t
− TT jN−1
jNj
N_N−1N−1/2jNestconvN
2N−1/2
2NN
jNj
jN
j+1N
∆⋅⋅⋅⋅π⋅⋅λ⋅⋅⋅π⋅=⋅π⋅⋅⋅ρ⋅
∆
eq. 6.2.28
Sostituendo a rN-1/2 l’espressione ri - Δr/2 e trascurando, nel calcolo del quadrato, il termine (Δr/2)2 si
ottiene:
j1
j1_2
j
11
k
k
1 2
3
r+
2
r r
t ⋅α⋅
∆⋅
≤∆
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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( ) r
− TT
k
k r − 2 − TT
k r 2 rr
t
− TT jN−1
jN
jN
jN_N−1
N−1/2Njj
NestjN
convNN
jN
jN
j+1N
∆⋅⋅⋅α⋅⋅
λ⋅⋅α⋅=⋅∆⋅
∆ eq. 6.2.29
e quindi, ricavando TN al tempo j+1:
( ) ( )
⋅⋅∆⋅
λ⋅τ⋅= − TT
k
k
r
r − − TTr
k + 2 T T j
N−1jNj
N
jN_N−1
N
N−1/2jNestj
N
convNjj
Nj+1N
eq. 6.2.30
Si può facilmente dimostrare che in questo caso il criterio di stabilità da verificare è il seguente:
)k + r r ( r2
r r c t
jN_N−1N−1/2convN
N2
ij
ij
⋅λ⋅∆⋅⋅
⋅∆⋅⋅ρ≤∆ eq. 6.2.31
Le equazioni appena ricavate, insieme alle equazioni per il calcolo di ktot(T), saranno risolte su N=50 nodi
per il numero desiderato di intervalli temporali Δt, impiegando un algoritmo programmato mediante il
software Engineer Equation Solver.
Nello scegliere le dimensioni del passo spaziale e temporale si dovrà tenere in considerazione, oltre al
criterio di stabilità, che una riduzione dell’intervallo spaziale e temporale produce una riduzione
dell’errore di discretizzazione, ma d’altra parte dimensioni eccessivamente piccole della mesh, oltre a
rallentare i calcoli, possono produrre un aumento dell’errore di arrotondamento: se ad esempio gli
intervalli temporali sono molto più piccoli del valore ricavato attraverso il criterio di stabilità, lo scambio
di calore tra due nodi può produrre una variazione della temperatura dei nodi stessi inferiore alla
precisione di calcolo della macchina, venendo quindi ignorato.
Figura 6.2.2 - Errore di discretizzazione e di arrotondamento al variare delle dimensioni della mesh. 3
6.2.b – Verifica del modello numerico mediante confronto con soluzione analitica.
Al fine di valutare la correttezza e la precisione del modello alle differenza finite, le soluzioni da esso
fornite sono state confrontate con la soluzione analitica al transitorio di un problema di conduzione
termica relativamente più semplice; si è preso quindi in analisi un cilindro non cavo di raggio pari a 5,15
m, con conduttività termica indipendente dalla temperatura pari a 40 W/(°K·m), diffusività termica pari
3 Figura tratta da: Yunus A. Çengel “Heat transfer: a practical approach” McGraw-Hill, 2003.
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a 10-6 m2/s e coefficiente convettivo esterno pari a 20 W/(°K·m2), a temperatura iniziale uniforme di
1500 °C.
Il software EES, impiegato per effettuare i calcoli, fornisce una libreria per la risoluzione del problema
mediante dati tabulati (la libreria presentava in realtà alcuni problemi di funzionamento, ma è stato
possibile risolverli facilmente).
Il calcolo alle differenze finite è stato effettuato dividendo il cilindro in 48 anelli estrusi concentrici di
spessore 0,1 m, in un cilindro centrale di raggio 0,3 m (tale valore del raggio è stato scelto per rendere il
suo volume simile a quello degli altri anelli interni), ed un anello estruso esterno con raggio pari a 0,05
m, su cui è calcolata la convezione. L’intervallo temporale scelto per il calcolo numerico è di 1800 s (0,5
h) pari a poco più di un terzo dell’intervallo temporale massimo prescritto dalle equazioni 6.2.18,
6.2.27, 6.2.31.
Il tempo di calcolo impiegato per effettuare la simulazione numerica è stato di circa 5 minuti per il
profilo termico dopo 1000 intervalli temporali.
I risultati delle soluzioni analitiche per diverse valori del raggio sono stati confrontati con i risultati
approssimati mediante il calcolo differenziale alle differenze finite, dimostrando che il modello risulta
corretto e, almeno per il problema in analisi, fornisce risultati estremamente precisi, come si può
costatare dal grafico di figura 6.2.3.
La verifica ha peraltro consentito di accertare l’assenza di bug nel codice attraverso il quale sono state
fornite ad ESS le istruzioni da eseguire per il calcolo numerico alle differenze finite.
Confronto Soluzione Analitica (SA) del profilo termico nel transitorio e profilo
approssimato mediante Calcolo Numerico alle Differenze Finite (CNDF)
750
800
850
900
950
1000
1050
1100
1150
1200
1250
1300
1350
1400
1450
1500
1550
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5
r [m]
T [
°C]
T 100 h CNDF
T dopo 100 h SA
T 200 h CNDF
T dopo 200 h SA
T 300 h CNDF
T dopo 300 h SA
T 400 h CNDF
T dopo 400 h SA
T 500 h CNDF
T dopo 500 h SA
Figura 6.2.3 – Confronto di soluzioni analitiche e numeriche ottenute con il modello del paragrafo 6.2.a.
6.3 - Valutazione delle perdite di carico.
Prima di pocedere alla simulazione del sistema di accumulo con riempimento poroso, è stato
individuato un semplice modello per il calcolo delle perdite di carico all’interno dello stesso. Sarà così
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possibile effettuare delle simulazioni solo per soluzioni progettuali in cui le perdite di carico risultano
accettabili.
Si è ritenuto interessante consentire il calcolo delle perdite sia all’interno di un materiale granulare, sia
all’interno di un materiale fibroso poroso: molti materiali coibentanti dotati di bassa conduttività
termica sono infatti costitutuiti da fibre minerali (si veda capitolo 3) e se le perdite di carico risultassero
accettabili, tali materiali potrebbero essere impioegati come parziale sostituto dei materiali porosi
almeno negli strati più esterni dello stoccaggio termico.
6.3.a – Perdite di carico in materiale costituito da sfere o granelli.
Le perdite di carico del gas che attraversa il materiale poroso possono essere calcolate facendo uso del
modello di Darcy, così come modificato da Forchheimer per tener conto del termine delle forze
d’inerzia, ed utilizzando le formule di Ergun (1952) per il calcolo della permeabilità K e del coefficiente di
inerzia b:
dP = dr · µ
K · Us + b · ρ · Us
2
eq. 6.3.1
b = 1,75 · 1 – φ
φ3
· dp eq. 6.3.2
K = dp
2 · φ
3
150 · ( 1 – φ)2
eq. 6.3.3
µ e ρ, rappresentano rispettivamente la viscosità dinamica la densità del gas, dr è un intervallo
infinitesimo della direzione parallela al flusso di gas, mentre Us rappresenta la velocità superficiale (da
non confondersi con la velocità effettiva del fluido nelle porosità del materiale), data dal rapporto tra la
portata ṁ (in kg/s), la densità dei gas e la superficie normale al flusso di gas:
U s = m
ρ · S eq. 6.3.4
Il modello appena descritto risulta adatto soprattutto per 1>Rep>104 ed i coefficienti b e K sono stati
ricavati sperimentalmente per flussi di gas attraverso letti sfere, sabbia e polverino di carbone.
Il valore del numero adimensionale di Reynolds per un materiale poroso è:
Rep = ρ · U s · K ( 1 / 2 )
µ
eq. 6.3.5
Se Rep è minore di 1, il termine legato alle forze d’inerzia dell’equazione 6.3.1 risulta trascurabile
diventando:
dP = dr · µ
K · Us
eq. 6.3.6
Sempre in tal caso, nell’equazione 6.3.3, al coefficiente 150 si sostituisce il coefficiente 180.
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Il modello fin qui descritto risulta valido per particelle di forma sferica o approssimativamente sferica,
mentre nel caso di particelle con forma allungata ed irregolare può portare ad una sottostima delle
perdite di carico.
Può essere utile, ai fini di una minimizzazione delle perdite di carico, analizzare come queste si
distribuiscono all’interno del sistema in studio. Trascurando per il momento la geometria del sistema, si
osserva che nell’equazione 6.3.1 il primo termine dentro la quadra (legato alla permeabilità del
materiale) è direttamente proporzionale alla viscosità cinematica del fluido ν (ν= µ/ρ) mentre il secondo
termine dentro la quadra (quello legato alle forze d’inerzia) risulta inversamente proporzionale alla sua
densità. Il grafico di figura 6.3.1 illustra come densità e viscosità cinematica dell’aria a 0,6 MPa, possibile
fluido di recupero termico, varino in funzione della temperatura. Appare quindi evidente che le perdite
di pressione (sia quelle legate alla permeabilità del materiale, sia quelle legate alle forze d’inerzia)
tenderanno ad essere più rilevanti nelle zone dell’accumulo a temperatura superiore.
Viscosità cinematica e densità dell'aria a 0,6 MPa in funzione di T
0
0,000005
0,00001
0,000015
0,00002
0,000025
0,00003
0,000035
0,00004
0,000045
0,00005
0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
T [°C]
ν [
m2
/s]
0
1
2
3
4
5
6
7
ρ [
Kg
/m3
]
ν
ρ
Figura 6.3.1 – Viscosità cinematica e densità dell’aria a 6 MPa in dipendenza di T.
Ipotizzando invece che la temperatura sia costante all’interno dell’accumulo termico e ponendo
attenzione alla geometria dell’accumulo, si osserva che se questo ha sezione anulare con flusso del
fluido di recupero termico radiale, le perdite saranno superiori al raggio interno, poiché la sezione S
attraversata dal fluido è proporzionale al raggio (si veda eq. 6.3.7). Se invece la sezione normale al fluido
è costante, come ad esempio avviene in un cilindro pieno con flusso assiale, anche le perdite saranno
costanti.
Per valutare con maggior precisione le perdite di carico all’interno del sistema di accumulo con forma
anulare, quest’ultimo è stato schematizzato attraverso un cilindro di altezza H e raggio rout, attraversato
da un flusso di gas in direzione radiale, con all’interno una cavità di raggio rin. Al fine di discretizzare
l’equazione 6.3.2, la sezione anulare riempita dal materiale poroso è stata divisa in N anelli concentrici
di eguale spessore. Per ciascun anello è stata definita la temperatura media attraverso una funzione di r
(ipotizzata lineare in prima approssimazione); in funzione della temperatura media il modello calcola in
ogni anello il valore delle diverse grandezze fisiche relative al fluido (densità, viscosità…) e calcola la
velocità superficiale utilizzando per il calcolo della superficie attraversata la formula:
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H r S = 2 ⋅⋅π⋅ eq. 6.3.7
dove per r si è preso per semplicità il raggio intero di ciascun anello. Risulta ovviamente possibile
individuare diversi valori di dp per i diversi anelli concentrici.
Ad ogni anello viene quindi applicata la formula 6.3.1 sostituendo a dr il valore dello spessore
dell’anello; le perdite di carico complessive vengono ricavate sommando quelle che hanno luogo in ogni
anello.
Tale modello non è estremamente rigoroso, ma è stato tuttavia ritenuto appropriato per le finalità in
esame; per valutare la sua bontà ed individuare eventuali errori, il modello programmato mediante il
software EES, è stato impiegato per il calcolo delle perdite di carico del pebble-heater presentato
nell’articolo: “Numerical simulation in design and optimization of elements of experimental installation
of regenerative burners for tundish preheating in steel plant us Stell-Sardit Smeredevo” Mirjana
Stamenic et al. - AME Serbia and Montenegro.
La porosità del letto di allumina è stata calcolata pari a 0,4 mediante l’impiego dei dati relativi alla
superficie di trasferimento termico per unità di volume e al diametro equivalente del materiale di
accumulo, esposti nell’articolo.
Il risultato della simulazione (realizzata discretizzando il volume del materiale poroso con 20 anelli
concentrici) è riportato in tabella 6.3.1.
Risultati modello per il calcolo della perdita di pressione di un “Pebble Bed”
perdita di pressione calcolata 1052 Pa
perdita di pressione riportata nell'articolo 2000 Pa
Errore -48%
Rep massimo 2,07 (al raggio esterno)
Rep minimo 1,52 (a distanza intermedia tra raggio interno e r esterno)
Tabella 6.3.1
Risulta evidente che il modello tende a sottostimare le perdite di pressione effettive, tuttavia bisogna
considerare che le perdite presentate nell’articolo sono comprensive di quelle di imbocco e di sbocco
dei gas all’interno del pebble heater, e di quelle di attraversamento della griglia di mattoni refrattari che
permette di contenere il materiale poroso al raggio interno.
Si può inoltre osservare che il numero di Reynolds per il materiale poroso si mantiene nel range di
validità del modello di Ergun, anche se prossimo al limite inferiore (si è accertato che l’impiego
dell’equazione 6.3.6, valida per Rep<1, produrrebbe una sottostima delle perdite di pressione di quasi la
metà rispetto a quelle calcolate tenendone conto, discostando ancor più i risultati dal dato reale). Le
perdite di carico si concentrano ovviamente nella zona più interna del pebble heater, con un rapporto di
1:17 tra quelle dell’anello più esterno e quelle del più interno.
6.3.b – Perdite di carico in materiale coibentante fibroso.
Non è stato possibile reperire relazioni ed informazioni specifiche relative alle perdite di carico di un
fluido attraverso un materiale coibentante fibroso; pertanto si è fatto riferimento a dati e relazioni
impiegate per determinare le proprietà acustiche di tali materiali.
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La perdita di pressione di un flusso d’aria all’interno di un materiale poroso può essere calcolata
mediante la seguente equazione:
U s p = sfs ⋅⋅σ∆ eq. 6.3.8
dove s è lo spessore del materiale, nella direzione del flusso d’aria che lo attraversa e σfs è la resistività
al flusso d’aria, dipendente dalle caratteristiche del materiale (e del fluido, nel caso questo non sia aria a
temperatura ambiente).
Appare evidente che sostituendo nell’eq. 6.3.8, a σfs il rapporto μ/K , si ottiene l’equazione 6.3.6, ed
infatti l’equazione 6.3.8 è utilizzata per il calcolo della resistività termica in presenze di piccole velocità
superficiali, in condizioni in cui il termine della 6.3.1 relativo alle forze d’inerzia risulta trascurabile: la
UNI EN 2931, ad esempio, prescrive la misurazione di σfs per velocità Us di 0,5 mm/s, così da avere un
regime laminare all’interno delle porosità del materiale.4 La STM C 522 prevede invece misurazioni con
velocità che possono arrivare a 0,05 m/s.5
Nei cataloghi e nei brochure illustrativi di molti prodotti coibentanti fibrosi si possono reperire i valori di
σfs calcolati per i succitati valori di Us , per un flusso di aria a temperatura e pressione ambiente,
attraverso l’eq. 6.3.8; questi valori non consentono una corretta stima delle perdite di carico all’interno
dell’accumulo, dove le condizioni sono anche molto diverse da quelle di misurazione. D’altra parte le
formule 6.3.2 e 6.3.3 non sono pensate per descrivere un materiale fibroso.
Ipotizzando in prima approssimazione di poter trascurare le perdite di pressione legate alle forze
d’inerzia,
si è dunque cercato di “correggere” il valore di σfs sulla base delle condizioni reali nel sistema di
accumulo. In particolare, per quanto già detto, il valore reale della resistività al flusso d’aria di
temperatura T e pressione p, risulta:
(T,p) ); p(T
); p(T(T,p) =
ambamb
ambambfsfs µ⋅
µ
σσ eq. 6.3.9
dove σfs(Tamb; pamb) è la resistività al flusso d’aria nelle condizioni di temperatura e pressione ambiente, e
μ(T; p) è la viscosità dinamica alla temperatura T e alla pressione p.
Qualora non fossero disponibili dati relativi a σfs, questo può essere calcolato mediante la formula
empirica dell’equazione 6.3.10, valida per materiali fibrosi di elevato spessore, in presenza di un flusso
d’aria in condizioni ambiente:6
d
3180 =
2f
1,53
fsρ⋅
σ eq. 6.3.10
dove df è il diametro delle fibre in micrometri (μm), ρ è la densità apparente del materiale (bulk density)
in kg/m3, e il valore di σfs è dato in kg/(s·m3).
4 M. Garai, F. Pompoli “Realizzazione e calibrazione di una apparecchiatura per la misurazione della resistenza al
flusso d’aria con il metodo a flusso alternato a norma UNI EN 2953” - Dipartimento di Ingegneria Energetica, Nucleare e del Controllo Ambientale, Università degli Studi di Bologna - Dicembre 2000. 5 http://www.frazierinstrument.com/internal/reference/standards/organizations/astm/guide-astm-c-522.html
6 Relazione reperita nelle dispense del corso di Fisica Tecnica Del Prof. G. Rossi dell’Università IUAV di Venezia,
Corso di Laurea in Scienza dell’Architettura /Tecnica del controllo ambientale, 2003-2004, e confermata nel brevetto: United States Patent 5824973 “Method of making sound absorbing laminates and laminates having maximized sound absorbing characteristics”.
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L’eq. 6.3.10 è stata impiegata per il calcolo di σfs di un materassino in lana di roccia “Rockwool” con
densità apparente di 100 kg/m3 e diametro medio delle fibre di 5 μm , il risultato della formula tende a
sovrastimare di circa il 170% il valore della resistività al flusso d’aria misurato secondo la UNI EN 2953,
pari a circa 50000 kg/(s·m3). Per un materassino in fibre di allumina (Saffil) con densità apparente di 240
e diametro medio delle fibre di 3,25 μm7, l’eq. 6.3.10 fornisce un valore del 60% superiore a quello
misurato secondo la STM C 522, pari a 820000 kg/(s·m3).8 Si noti che le minor dimensioni delle fibre di
Saffil rispetto a quelle di altre tipologie (le fibre della lana di vetro ad esempio hanno diametro
compreso mediamente tra 3 e 7 μm) produce una maggiore resistività al flusso d’aria di tale materiale.
In tabella 6.3.2 sono confrontate le perdite di carico di un flusso di aria a 1000 °C lungo lo spessore di un
decimetro di alcuni materiali porosi, fibrosi e non.
Perdite di pressione di un flusso d’aria a 1000°C e 6 bar, attraverso uno spessore di 0,1 m di alcuni materiali porosi, per due diverse velocità superficiali che possono aver luogo in fase di
recupero termico all’interno del sistema di accumulo. Le perdite nel materiale fibroso sono calcolate mediante le eq. 6.3.8, 6.3.9, 6.3.10.
Sfere con dp= 0,5 mm
Sfere con dp= 5 mm
Materassino Saffil 96 kg/m3
df =3,25 μm
Materassino fibroso 96 kg/m3 df =5 μm
Us [m/s] 0,049 0,097 0,049 0,097 0,049 0,097 0,049 0,097
Δp [Pa] 844 1712 9,58 21,7 4337 8673 1868 3736
Tabella 6.3.2
6.4 - Modellazione delle fasi di ricarica e scarica dell’accumulo.
Per la ricarica del sistema di accumulo, ossia per il riscaldamento del materiale in esso contenuto,
possono essere impiegate le soluzioni analizzate nel capitolo 4. A tali soluzioni può essere aggiunta una
movimentazione del fluido che permea il materiale di accumulo, al fine di ridistribuire l’energia termica
su un più ampio volume di accumulo e/o mantenere sotto controllo la temperatura di alcune zone.
Non essendo stato possibile individuare una soluzione definitiva per il riscaldamento del sistema e al
fine di mantenere la trattazione il più generale possibile, si opererà una semplificazione osservando che
indipendentemente dal meccanismo di riscaldamento può essere associata ad ogni unità di volume del
sistema di accumulo una quantità di energia termica “e” prodotta nell’unità di tempo in tale volume. 9
Semplificando, i meccanismi di ricarica dell’accumulo termico possono essere rappresentati
modificando l’equazione 6.2.1 nella seguente:
+ er
T r
r
r
k =
t
T c
∂
∂⋅
∂
∂⋅
∂
∂⋅⋅ρ eq. 6.4.1
Nell’ipotesi che le fasi di ricarica abbiano luogo in un arco di tempo limitato durante il quale l’intensità
della produzione di energia risulti molto maggiore della quantità di calore trasmesso per conduzione
8 Frank K. Chi, Timothy Curry “COLLOIDAL SILICA INFILTRATED CERAMIC FIBERBOARDS” Refractories Applications
and News, Volume 16, Number 5 - September/October 2011. 9 Si osservi che in alcuni casi la quantità di energia termica prodotta potrebbe risultare negativa a causa
dell’asportazione di calore attraverso la movimentazione di un fluido.
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attraverso il lo stoccaggio, l’equazione 6.4.1 diviene:
e t
T c ≅∂
∂⋅⋅ρ eq. 6.4.2
che può essere facilmente discretizzata ed applicata ai nodi interessati dal riscaldamento in fase di
ricarica, anche utilizzando un unico intervallo temporale.
Per quanto riguarda invece la fase di scarica, può esser impiegata l’equazione di Vortmeyer & Schafer
(derivabile dalla eq. 6.2.1 ), impiegata anche nella modellazione del Pebble Heater della ATZ-Evus 10.
Tale equazione, di seguito riportata, risulta valida nelle ipotesi che:
1) la differenza di temperatura tra la fase solida ed il fluido in moto all’interno del letto poroso
risulti trascurabile rispetto alla differenza di temperatura complessiva tra le estremità del letto
poroso;
2) le variazioni di pressione del fluido siano tali da ripercuotersi in modo trascurabile sulla sua
temperatura;
( )fm cpT r
− fr
T r
r
r
k =
t
T c ⋅
∂
∂⋅
∂
∂⋅
∂
∂⋅
∂
∂⋅⋅ρ &
eq. 6.4.3
Nella precedente equazione ρ e c si riferiscono alle proprietà del materiale poroso, cpf è il calore
specifico del fluido e fṁ rappresenta il flusso di massa del fluido in kg/(s*m2), dato dalla seguente
equazione:
r H 2
m = f f
m⋅π⋅⋅
&
& eq. 6.4.4
dove ṁf è la portata in kg/s, H l’altezza del cilindro attraversato dal flusso di aria e r il suo raggio; poiché
ṁ risulta indipendente dal raggio del cilindro in condizioni stazionarie (condizioni prossime a quelle
effettive in fase di scarica) risulta evidente che fṁ sarà dipendente unicamente dal raggio e risulterà
massima al raggio interno.
La fase di scarica può aver luogo in un arco di tempo sufficientemente limitato da far sì che durante tale
intervallo l’intensità del prelievo di energia risulti molto superiore alla quantità di calore trasmesso
conduzione attraverso il sistema di accumulo; tale ipotesi, risulta realistica in alcune applicazioni reali (si
veda paragrafo 6.10). In tal caso l’equazione 6.4.3 diviene perciò:
( )fm cpT r
− f t
T c ⋅
∂
∂⋅≅
∂
∂⋅⋅ρ &
eq. 6.4.5
Tale equazione, applicata ai nodi in cui il sistema è stato discretizzato, assume la forma:
∆⋅⋅=⋅ρ⋅
∆ r
− TT cp − f c
t
− TT ji +1
ji
i +1/2;i+1/2m
ji
j+1i
& eq. 6.4.6
dove cpi+1/2 è il calore specifico del fluido a temperatura intermedia tra quella del nodo i+1 ed i, ma può
anche essere considerata pari (viste anche le approssimazioni fatte fin qui) al calore specifico alla
temperatura del nodo i+1. Per il calcolo di Tn, la temperatura di Tn+1 può essere considerata pari a quella
dell’aria all’ingresso dell’intercapedine al raggio rout.
10
“Numerical simulation in design and optimization of elements of experimental installation of regenerative burners for tundish preheating in steel plant us Stell-Sardit Smeredevo” Mirjana Stamenic et al. - AME Serbia and Montenegro.
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Ricavando la temperatura del nodo i all’istante j+1, si ha:
∆⋅
⋅ρ
⋅∆⋅=
r
− TT
c
cpt f − T T
ji +1
jii +1/2;i+1/2mj
ij+1i
& eq. 6.4.7
e la condizione di stabilità risulta:
i +1/2;i+1/2m cpf
r c t
⋅
∆⋅⋅ρ≤∆
&
eq. 6.4.8
Se la variazione di c e di cp con la temperatura sono simili, se la temperatura è crescente verso l’interno
del cilindro, e se esso è costituito da un unico materiale, il nodo più critico per la verifica della
condizione di stabilità risulterà certamente quello più interno, in quanto caratterizzato dal massimo
valore del flusso di massa del fluido.
L’ipotesi di differenza termica piccola tra gas e materiale di riempimento, che è stata verificata nel caso
del Pebble Heater della ATZ-Evus, potrebbe non risultare valida qualora la trasmissione di calore tra
materiale di accumulo e gas risulti meno efficiente, o qualora la potenza che un unità di volume del letto
deve fornire al gas sia superiore a quella del Pebble Heater; di seguito si cercherà perciò di accertare le
condizioni in cui tale l’ipotesi sia accettabile.
Il calore trasmesso per convenzione forzata dal materiale di accumulo al gas è ricavabile, almeno
approssimativamente, dalla seguente equazione :
puntf pp ) − T ( T S = q ⋅⋅λ& eq. 6.4.9
dove q è il calore scambiato tra letto di particelle e fluido, Sp la superficie complessiva delle particelle
del letto o della porzione di letto presa in esame, Tf la temperatura puntuale del fluido, Tp quella delle
particelle che compongono il letto e λ il coefficiente di scambio termico convettivo che può essere
calcolato secondo formule ricavate sperimentalmente, quali la seguente11, ricavata per valori di Repf
superiori a 50:
1 / 31 / 2pf
f
pppf Pr Re = 2 + 1,8
k
d = Nu ⋅⋅
⋅λ eq. 6.4.10
dove Nupf è il numero di Nusselt relativo allo scambio termico tra particelle e fluido, dp il diametro delle
particelle, kf la conduttività termica del fluido, Pr il numero di Prandt relativo al fluido che attraversa il
letto di particelle, e Repf il numero di Reynolds definito in questo caso come:
d U
= Ref
fpfpf
µ
ρ⋅⋅
eq. 6.4.11
dove ρf è la densità del fluido, µf la sua viscosità dinamica, e Uf la sua velocità puntuale, che può essere
difficilmente stimata senza far ricorso a modelli CFD, per i quali la formula è stata studiata; si può
tuttavia ipotizzare che Uf sia proporzionale alla velocità superficiale Us definita nel paragrafo 6.4 : la
proporzionalità tra le due velocità non può essere lineare a causa del mutamento della ridistribuzione
del campo di pressione con la variazione di Us, delle turbolenze, delle forze d’inerzia, della variazione di
dimensione dello strato limite12… Si potrà scrivere:
11
Tale equazione è stata ricavata da Ranz e Marshall ed è riportata da Shriniwas, S. Chauk e Liang-Shih Fan nel capitolo 13 del libro “Handbook of Heat Transfer, 3rd edition” - McGraw-Hill, New York (1998). 12
Si consideri che per valori di Repf compresi circa tra 10 e 2000 (con Uf calcolata come Us/φ), si ha la transizione da regime laminare a turbolento. M. Rhodes “Introduction to Particle Technology”- Wiley 1989 (pagina 155).
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 231
ssf U ) = f ( U U ⋅ eq. 6.4.12
Si può ipotizzare che mediamente la funzione f di Us sia approssimabile ad una costante nell’ambito di
variazioni non eccessive di Us, come mostrato nell’equazione:
φ≥≈
1 costant )f ( Us
eq. 6.4.13 13
La superficie complessiva delle particelle del letto (Sp) può essere calcolata come segue:
) ( 1 − V = RATIO S Sp/Vpp φ⋅⋅ eq. 6.4.14
dove RATIOSp/Vp è il rapporto tra superficie e volume delle particelle, pari a 6/dp nel caso queste siano
sferiche, e V è il volume del letto o della porzione di letto presa in esame.
Il calore che il letto o una parte di esso deve fornire al fluido è invece pari a:
T cp m = q f ff ∆⋅⋅&& eq. 6.4.15
dove ΔTf rappresenta la variazione di temperatura del fluido tra ingresso ed uscita nel volume del letto
preso in esame.
Le equazioni 6.4.15 e 6.4.9 devono eguagliarsi e si può scrivere:
k
cp
d U) f(U 2 + 1,8
cp S U d
k ) ( 1 − V 6 =
) − T( T
T 3
f
ff
f
fpss
ffs2
p
f
puntf p
f
µ⋅⋅
µ
ρ⋅⋅⋅⋅⋅
⋅ρ⋅⋅⋅
⋅φ⋅⋅∆ eq. 6.4.16
dove si è sostituito alle diverse variabili le grandezze geometriche e le proprietà dei materiali da cui esse
dipendono, e dove S è la superficie del letto normale alla direzione del moto del fluido.
La relazione è alquanto complessa ma certamente evidenzia che il rapporto al primo membro tende ad
uno al diminuire del diametro delle particelle, all’aumentare del rapporto tra volume del letto e
superficie normale a Us e al diminuire di ρf, cpf, e Us almeno entro i limiti di validità delle equazioni
6.4.10, 6.4.12 e 6.4.13. Si osserva che l’aumento di pressione del fluido utilizzato per il recupero termico
produce un aumento di ρf (nonché un più lieve aumento di cpf, kf, μf) inducendo una riduzione del
rapporto al primo membro (a parità di ṁf l’aumento di densità sarebbe tuttavia compensato da una
riduzione di Us, perciò il rapporto al primo membro dovrebbe in questo caso subire una ben più lieve
variazione).
Il valore del rapporto ΔTf/(Tp-Tf)punt dell’eq. 6.4.16, calcolato per 20 volumi cilindrici concentrici nei quali
è stato modellato il Pebble Heater della ATZ-Evus,14 è compreso tra 20 e 24. Si è ipotizzato
cautelativamente f(Us)=1/ϕ; il valore di Repf è superiore a 100 e quindi l’equazione 6.4.10 dovrebbe
risultare valida. Vi è una differenza ΔTf di circa 60 °C tra raggio interno e raggio esterno di ciascuno dei
20 elementi cilindrici e la differenza puntuale Tp-Tf risulta, secondo i calcoli, al massimo pari ad un
ventesimo di essa: circa 3 °C.
Il modello fin qui formulato per descrivere lo scambio termico tra fluido e materiale di accumulo
ipotizza che le sfere o i granelli possano essere trattati come oggetti a temperatura omogenea. Tuttavia,
13
Ciò equivale a dire che la velocità sarà superiore a quella calcolabile ipotizzando che il fluido si muova in modo rettilineo attraverso la porzione di sezione occupata dai vuoti. 14
Analogamente al paragrafo 6.3, si è fatto riferimento ai dati del pebble heater riportati nell’articolo “Numerical simulation in design and optimization of elements of experimental installation of regenerative burners for tundish preheating in steel plant us Stell-Sardit Smeredevo” Mirjana Stamenic et al. - AME Serbia and Montenegro.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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specialmente al crescere delle dimensioni di questi ultimi o al diminuire della loro conduttività termica,
la validità di tale ipotesi non può essere data per scontata.
Figura 6.4.1 – Schematizzazione sferica di un granello (la sfera interna concentrica a quella più grande
rappresenta la porzione di volume più interna del granello.)
Appare evidente che le porzioni di volume più interne di ogni sfera (ammettiamo di poter schematizzare
anche gli eventuali granelli come piccole sfere) avranno maggiore difficoltà a scambiare calore con il
fluido che lambisce la superficie esterna, rispetto alle porzioni di volume poste in vicinanza della
superficie. Data una superficie sferica S’ di raggio rint concentrica alla sfera di raggio rp lambita dal fluido,
la resistenza termica che intercorre tra il materiale posto sulla superficie S’ e il fluido risulta pari a:
r 4
1 +
r r 4 k
− rr
1 R
2ppintps
intpp;S’
⋅π⋅⋅λ⋅⋅π⋅⋅
= eq. 6.4.17
dove ks è la conduttività del materiale che costituisce la sfera e λp il coefficiente di scambio termico
convettivo medio della sfera di raggio rp con il fluido.
Si può facilmente costatare che più del 99% del materiale di una sfera è compreso tra il suo raggio
esterno rp e il raggio 0,2·rp ; da ciò deriva che la resistenza termica tra il 99% del materiale di una sfera
ed il fluido è inferiore a:
r 4
1 + r k
1
1 R
2ppps
p;MAX 99%
⋅π⋅⋅λ⋅π⋅
= eq. 6.4.18
(la precedente equazione è calcolata dalla 6.4.17 sostituendo a rint il suo valore, ossia 0,2·rp).
Gli effetti della resistenza termica interna al granello potranno essere inclusi nell’equazione 6.4.9
sostituendo cautelativamente a λp il coefficiente di scambio termico equivalente λeqp; MAX 99% calcolato
come segue:
1 +
k
d2
1 =
r 4
R eq
ps
p2p
p;MAX 99%p;MAX 99%
λ
⋅⋅π⋅=λ
eq. 6.4.19
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Nel Pebble Heater della ATZ-Evus a cui si è fatto precedentemente riferimento, contenente sfere di
allumina di diametro pari a 4,5 mm, il valore di λeqp; MAX 99% risulta al massimo doppio di λp : un risultato
che certamente non pregiudica l’ipotesi di differenza di temperatura Tp-Tf trascurabile rispetto alla
variazione complessiva di temperatura del fluido tra ingresso ed uscita dal Pebble Heater.
In questo capitolo saranno prese in esame anche soluzioni realizzate impiegando per lo stoccaggio
materiale di granulometria inferiore di quella usata per il Pebble Heater, per le quali sarà quindi
certamente verificata la l’ipotesi di trascurabilità della differenza di temperatura Tp-Tf. D’altra parte, a
causa del maggior diametro dei vessel impiegati, nelle zone più esterne dello stoccaggio, in fase di
recupero termico, si raggiungeranno velocità Us inferiori a quelle tipiche del Pebble Heater (che
risultavano comprese circa tra 0,4 e 3 m/s) e dunque si possono ipotizzare differenze di temperatura
ancora più basse sulla base dell’equazione 6.4.16.15
6.5 - Valutazione dello scambio termico per convezione naturale all’interno dell’ accumulo.
Poiché l’unica tecnologia similare all’accumulo termico in analisi è quella del Pebble Heater della ATZ-
Evus, e poiché tale tecnologia è pensata per un accumulo relativamente a breve termine del calore,
risulta importante analizzare l’entità delle perdite di calore generate da moti di convezione naturale che
potrebbero aver luogo all’interno del sistema di accumulo.
Purtroppo non è stato possibile reperire formule adatte a modellare lo scambio termico convettivo nel
sistema di accumulo contenente un cilindro cavo di materiale poroso, senza ricorrere a complessi
sistemi CFD. È stata tuttavia reperita una correlazione per il calcolo dello scambio termico convettivo in
un cilindro cavo interamente riempito di materiale poroso omogeneo, riscaldato dall’interno e
raffreddato dall’esterno; 16 nella realtà, la presenza dell’intercapedine esterna e dello spazio vuoto
centrale, dove i gas possono muoversi senza dissipazioni legate all’attrito con il materiale di accumulo,
dovrebbe aumentare l’intensità del flusso convettivo. Detto Nù il rapporto tra il calore
complessivamente trasmesso dall’interno all’esterno (per convezione naturale e conduzione) e quello
trasmesso per sola conduzione, la correlazione è la seguente: 17
Nù = 1 + 0,2196 · r in
rout
· 1 – r in
rout
1,334
· Ra r0,9296
· H
rout
1,168
· exp – 3,702 · r in
rout eq. 6.5.1
Ra r = K · rout · 9,81 · ρout – ρin
µ · αm eq. 6.5.2
αm = kef f
ρ · cp eq. 6.5.3
Rar rappresenta il numero di Rayleigh per la convenzione all’interno del cilindro cavo riempito di
materiale poroso con permeabilità K; quando Ra<1 lo scambio termico è dominato dalla conduzione,
viceversa quando Ra>1 i fenomeni convettivi risultano più importanti di quelli conduttivi. Le variabili ρ,
µ e cp (calore specifico a pressione costante) si riferiscono ai gas, ed in prima approssimazione possono
15
Si deve tuttavia osservare che tale equazione potrebbe perdere validità al di sotto di una certa velocità Us. 16
Adrian Bejan “Porous Media - HEAT TRANSFER HANDBOOK”- Wiley. 17
Si presti attenzione alla differenza esistente tra il numero di Nusselt Nu ed il parametro Nù, che ha significato simile, ma formulazione diversa.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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essere prese pari al valore medio di tali grandezze nel range di temperature in esame; H rappresenta
l’altezza del cilindro e i pedici “in” e “out” indicano che la variabile si riferisce alla sezione più interna o a
quella più esterna dello stoccaggio.
Sono stati reperiti anche alcuni articoli che trattano lo scambio termico in presenza di una cavità
parzialmente riempita da materiale poroso, tuttavia questi non riportano correlazioni utili alla stima
della convezione nel caso in esame; nell’articolo “Natural convection in vertical enclosures containing
simultaneously fluid and porous layers” di C. Beckermann et al. - J. Fluid Mech. Vol. 186 pp. 257 284
(1988), viene evidenziato come la convezione tenda ad aver luogo non nel materiale poroso, quanto
piuttosto nelle cavità ad esso adiacenti, al diminuire del numero di Darcy (Da=K/L2), di quello di Rayleigh
e all’aumentare del rapporto tra la conduttività effettiva del materiale poroso e la conduttività del fluido
(Rk=keff/kf).
Nell’ipotesi in cui l’intercapedine tra materiale poroso e la parete interna del contenitore di acciaio
presenti scambio termico convettivo indipendente da quello interno alla massa porosa, potranno essere
impiegate le equazione 6.5.4 e 6.5.5 per valutarne l’entità: si ipotizza che l’intercapedine presenti un
elevato rapporto altezza/spessore (H/L) che tenderà in generale ad ostacolare i moti convettivi e a
limitare il numero di Nusselt (la formula seguente è valida per un rapporto H/L massimo di 40).18
−0,3
0,012 1/4 ineintercapedineintercaped
L
H Pr Ra,42 0 Nu
⋅⋅⋅= eq. 6.5.4
( )2
3outacciao
ineintercapedL )(T)−(T g
Ra µ
⋅ρρ⋅= eq. 6.5.5
dove ρ(Tacciaio) è la densità dell’aria alla temperatura della parete del contenitore in acciaio, ρ(Tout) è la
densità dell’aria alla temperatura del letto poroso nella sua zona più esterna e Pr e µ il numero di Prandt
e la viscosità dinamica dell’aria.
Dalla definizione del numero di Nusselt si può quindi ricavare il coefficiente di scambio termico
Poiché sono disponibili sul mercato diversi tipi di allumina, risulta necessario sceglierne il grado di
purezza e di porosità interna, oltre che il diametro. Le sfere di allumina impiegate nel Pebble Heater
della ATZ- Evus hanno una densità di circa 3,67 g/cm3 e possono quindi essere considerate appartenenti
alla categoria A8 della tabella A3.1.1;20 le proprietà fisiche del letto saranno dunque calcolate facendo
riferimento a tale tipologia di allumina secondo quanto indicato in appendice A3.1 (dove è indicato
anche il costo di tale sfere). La conduttività del letto sarà stimata come descritto in appendice A2.
In una seconda fase si potranno studiare le migliorie prodotte dall’impiego di materiali più economici
laddove questo risulta possibile, o più costosi, se le condizioni che si realizzano nel letto di sfere lo
renderanno necessario.
6.8 - Simulazione del funzionamento della configurazione progettuale 1.
In tabella 6.8.1 sono riassunti alcuni parametri utilizzati per il calcolo del transitorio termico della prima
configurazione progettuale, ed in particolare quelli necessari per la verifica delle condizioni di stabilità.
SIMULAZIONE Accumulo pre-recupero sol. 1
rout 2,5 m
rin 0,3 m
Riempimento uniforme con pebble di allumina D = 4,5 mm di grado A8
Φ 0,4
P 500 kPa
H 5 m
λCONV max stimata21
5,12 W/(°C*m2)
ktot max stimata 5 W/(°C*m)
α max stimata 1,80·10-6
m2/s
N (nodi spaziali) 50
∆r 0,044 m
∆t max (per condizioni di stabilità) 534 s
∆t di calcolo 200 s
Tabella 6.8.1
20
(“Numerical simulation in design and optimization of elements of experimental installation of regenerative burners for tundish preheating in steel plant us Stell-Sardit Smeredevo” Mirjana Stamenic et al. - AME Serbia and Montenegro. 21
Posto pari a λest calcolata per parete del vessel di acciaio a massimo 100°C ed una temperatura ambiente di 25°C.
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Il grafico di figura 6.8.1 riporta la temperatura iniziale ipotizzata nell’accumulo termico e la sua
evoluzione nel tempo.
Evoluzione del profilo termico nell'accumulo poroso -
Simulazione accumulo pre-recupero sol. 1
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
1300
1400
1500
1600
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3
r [m]
T [
°C]
t=0 s
t=20000 s (5,6 h)
t=60000 s (16,7 h)
t=100000 s (27,8 h)
t=200000 s (55,6 h)
Figura 6.8.1
Si osserva anzitutto una riduzione abbastanza rapida della temperatura nella zona più interna del
serbatoio, che chiaramente ostacola il recupero di calore ad alta temperatura. Tale riduzione di
temperatura nella zona interna è compensata da un più debole aumento di temperatura del materiale
posto nella zona più esterna.
Per valutare l’entità delle perdite in confronto all’energia utile accumulata risulta necessario stimare la
quantità di energia recuperabile: questo può esser fatto simulando la fase di recupero termico mediante
il modello individuato nel paragrafo 6.3.
Si è ipotizzato che il recupero termico abbia luogo a partire dal momento in cui l’accumulo presenta il
profilo termico calcolato a 16,7 ore nella simulazione “accumulo pre-recupero sol. 1”.
Si è inoltre ipotizzato che la massa di aria attraversante il serbatoio risulti pari a 10 kg/s (con
temperatura di 25° C in ingresso). Questo corrisponde ad un prelievo di energia di 15,3 MWt nella fase
iniziale del recupero: la potenza estratta dall’accumulo diminuisce successivamente, fino a 11 MWt
dopo un tempo di 4000 s, a causa della riduzione di temperatura dell’accumulo e quindi dell’aria in
uscita (pari circa alla temperatura del materiale di accumulo al raggio interno).
In figura 6.8.2 è riportata l’evoluzione del profilo termico dell’accumulo in fase di scarica.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Andamento di T all'interno del sistema di accumulo in fase di scarica
(T iniziale = T calcolata nella simulazione pre-ricarica sol 1, dopo 16,7 h)
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3
r [m]
T [
°C]
t=0 s
t=1000 s
t=2000 s
t=4000 s
Figura 6.8.2 - Per il calcolo del profilo termico sono stati utilizzati 50 nodi analogamente a quanto fatto
nella simulazione della fase pre-ricarica; Δt di calcolo è stato posto pari a 50 s , circa la metà di quello
ricavato dalla condizione di stabilità più restrittiva (al raggio interno).
Appare evidente il profilo termico iniziale dell’accumulo risulta inadatto a consentire un recupero
termico a temperatura costante. Poiché il materiale a temperatura superiore è posto al raggio interno
ed occupa quindi un volume ridotto rispetto a quello a bassa temperatura al raggio esterno, la riduzione
di temperatura al raggio interno avviene molto più rapidamente dopo neanche un’ora dall’avvio del
recupero termico la temperatura alla quale l’aria viene riscaldata passa da 1400 a meno di 1100°C.
Nella zona esterna d’altra parte il recupero di energia è troppo piccolo: sarebbe infatti auspicabile che al
termine della fase di recupero termico la temperatura della zona esterna fosse il più possibile prossima
a quella ambiente per prevenire dispersioni termiche verso l’esterno nell’intervallo tra un fase di
recupero termico e la successiva.
Per risolvere questi problemi, sarà necessario aumentare la capacità termica della zona ad alta
temperatura e ridurre quella della zona a bassa temperatura. Ciò potrà essere fatto:
- aumentando il prodotto di calore specifico e densità della zona interna rispetto a quella
esterna (utilizzando riempimenti diversi per le due zone);
- accrescendo il volume della zona a temperatura più elevata, estendendone il raggio verso
l’esterno. Questo secondo intervento, d’altra parte, tende a far aumentare il gradiente termico
nella zona più esterna, producendo una crescita della conduzione di calore e quindi delle
dispersioni termiche.
Ipotizzando che la temperatura minima accettabile per l’aria diretta in turbina sia pari a 1300°C, la fase
di estrazione dell’energia dall’accumulo durerebbe soltanto 1500 s con un recupero complessivo di
calore pari a 6,33 MWht. Il calore perso durante le 16,7 ore precedenti alla fase di recupero termico
ammonta invece a 0,14 MWht, pari a circa il 2% dell’energia recuperata. Tale risultato è incoraggiante
per la possibilità di accumulo di energia giornaliero, considerando che la prima configurazione
progettuale è tutt’altro che ottimizzata.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Si deve comunque considerare che tali risultati sono solo indicativi, poiché terminata la fase di recupero
termico vi sarà un’altra fase che procederà quella di ricarica del sistema, durante la quale avranno luogo
nuove perdite. Inoltre affinché il modello consenta di ottenere risultati realistici, è necessario che il
profilo termico alla fine della fase di scarica consenta di ottenere, in seguito alla fase di ricarica, il profilo
termico iniziale illustrato nel grafico di figura 6.8.1: per facilitare questo risultato risulterà conveniente
far sì che la temperatura della zona esterna del sistema, al termina della fase di recupero termico, sia il
più bassa possibile.
Andamento di T all'interno del sistema di accumulo nelle fasi analizzate
Soluzione 1
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3
r [m]
T [
°C]
inizio fase di accumulo pre-recupero
dopo 16,7 h dall'inizio della fase di accumulo
pre-recupero - inizio fase di recupero
dopo1500 s dall'inizio della fase di recupero
termico - fine fase di recupero termico
Figura 6.8.3
Si osserva che l’energia recuperata costituisce solo una piccola parte di quella complessivamente
immagazzinata nel serbatoio: il calore necessario per portare l’accumulo da temperatura ambiente a
quella iniziale fissata per la soluzione 1 (si veda grafico di fig. 6.8.1, relativo a 0 s) ammonta infatti a 37
MW.
Risulta quindi necessario, anche al fine di ridurre le perdite percentuali, consentire una profondità di
scarica maggiore.
Infine il modello sviluppato nel paragrafo 6.3 ha permesso di stimare un valore delle perdite di
pressione pari a circa 26,6 kPa in presenza di una pressione dell’aria di 600 kPa (quindi corrispondono a
circa il 4,4% della pressione totale); 21,6 kPa sono persi nei 5 anelli concentrici più interni dei 20 in cui è
stato schematizzato il sistema di accumulo (le perdite sono quindi concentrate nella zona più interna
dove la velocità dell’aria è maggiore). Riducendo la portata della metà ,le perdite scendono a 7,8 kPa,
pari all’1,3% della pressione totale, un valore certamente accettabile anche considerando che a tali
perdite vanno aggiunte quelle di imbocco e sbocco e quelle nei tubi che collegano lo stoccaggio con il
compressore e la turbina (ridurre la portata significa però ridurre la potenza recuperabile dall’accumulo
e allungare la tempistica di tale fase).
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Il rapporto ΔTf/(Tp-Tf)punt risulta superiore a 80, con valori di 180-190 nella zona più esterna dove la
superficie di contatto tra materiale di accumulo e gas è superiore, quindi l’ipotesi di differenza di
temperatura trascurabile tra aria e materiale di accumulo è verificata.22
6.9 - Considerazioni sull’impiego di strati di materiali diversi.
Prima di individuare una possibile soluzione progettuale effettivamente impiegabile, si è scelto di
indagare sugli effetti prodotti dalla presenza di strati di materiali dotati di proprietà diverse,
sull’evoluzione del profilo termico all’interno dell’accumulo.
In particolare, l’obbiettivo di questo paragrafo è confrontare le prestazioni di alcune possibile varianti al
sistema analizzato nel paragrafo precedente, illustrate nelle figure 6.9.1 -6.9.6 , verificando:
- gli effetti prodotto dall’inserimento, in varie posizioni, di uno o più strati di materiale
coibentante con k inferiore a keff delle sfere di Al2O3 da 4,5 mm, ma valore di α superiore; tale
strato è stato ipotizzato costituito di Saffil, materiale capace di resistere fino a oltre 1500°C;
- gli effetti prodotti dall’inserimento, in varie posizioni, di uno o più strati di materiale di
accumulo, dotato di k più limitatamente inferiore a quello delle sfere di Al2O3 da 4,5 mm, ma
valore di α pure inferiore; tale strato è stato ipotizzato costituito da sfere di allumina di
diametro pari a 0,5 mm;
- gli effetti prodotti da un materiale con α simile a quello del caso precedente, ma minor
conduttività termica; in questo caso l’attenzione è ricaduta su ipotetiche sfere ceramiche
“general duty” di diametro 0,5 mm, le cui proprietà sono discusse in appendice A3.3.
Si precisa che le varianti prese in esame possono essere non realizzazbili nella realtà, in quanto, ad
esempio, lo strato in Saffil sarebbe soggetto ad una compressione superiore a quella che può
sopportare senza subire danni, e la sua resistenza termica ne risulterebbe fortemente compromessa;
inoltre, le sfere ceramiche general duty potrebbero subire danni a 1500°C.
La simulazione della fase di accumulo termico pre-recupero ha avuto luogo in modo analogo a quanto
fatto nel paragrafo 6.8, e si è fatto uso di un passo temporale di 200 s, che rispetta i criteri di stabilità in
tutte le sei varianti analizzate. Il criterio più restrittivo è risultato essere quello in corrispondenza del
primo passo spaziale relativo allo strato di saffil, quello a diretto contatto con lo strato di sfere di
allumina di diametro di 4,5 mm , ad una temperatura di 1500°C.23
La simulazione della fase di recupero termico ha avuto luogo ipotizzando una portata di aria di 5 kg/s
inizialmente a temperatura di 35°C ed un passo temporale di 10 s al fine di rispettare i criteri di stabilità
(eq. 6.4.8) in tuttie le sei varianti: il criterio più restrittivo è risultato essere quello al nodo più interno
quando il cilindro cavo corrispondente era costituito da Saffil24. L’altezza dell’accumulo è stata ipotizzata
pari a 5 m.
Al raggio esterno dell’accumulo si è ipotizzata uno scambio termico per convezione, analogamente a
quanto descritto nel paragrafo 6.8.
22
Repf si mantiene nel campo di validità dell’eq. 6.3.1 e più precisamente nel range 500-2000. 23
La condizione da rispettare è stato calcolata mediante l’eq. 6.2.17, e detto Δt il passo temporale, era la seguente: Δt < 260,2 s. 24
La condizione da rispettare, in questo caso, era: Δt < 27,8 s (calcolata mediante l’eq. 6.4.8).
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Come profilo termico iniziale, si è supposta una temperatura uniforme di 1500°C nella zona interna
costituita da sfere di allumina con diametro di 4,5 mm, quindi una rapida discesa della temperatura che
assume il valore di 25°C in corrisponmdenza del raggio di 3,9 m e risulta costante a tale valore fino al
raggio esterno dell’accumulo.
Fig. 6.9.1 - Variante 1C Fig. 6.9.2 - Variante 2C
Fig. 6.9.3 - Variante 3C Fig. 6.9.4 - Variante 4C
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Fig. 6.9.5 - Variante 5C Fig. 6.9.6 – Variante 6C
In figura 6.9.7 è riportato il profilo termico lungo il raggio dell’accumulo, nelle 6 varianti analizzate,
rispettivamente dopo 200000 s (circa 55,6 ore).
Evoluzione del profilo termico lungo il raggio dell'accumulo, a partire da quello
iniziale, dopo 200000 s (55,6 ore) per le sei varianti in analisi
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
1300
1400
1500
1600
0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6
r [m]
T [
°C]
Profilo iniziale
Variante 1C
Variante 2C
Variante 3C
Variante 4C
Variante 5C
Variante 6C
Figura 6.9.7
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 250
Profilo termico lungo il raggio dell'accumulo, al termine della fase di recupero
energetico (quando la temperatura al raggio interno raggiunge i 1350°C) , per una
fase di accumulo termico pre-recupero di durata pari a 55,6 ore
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
1300
1400
1500
0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6
r [m]
T [
°C]
Variante 1C
Variante 2C
Variante 3C
Variante 4C
Variante 5C
Variante 6C
Figura 6.9.8
Energia persa, residua e recuperata al termine della fase di
recupero termico nelle 6 varianti analizzate (con durata fase
accumulo pre-recupero di 55,6 ore)
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
1C 2C 3C 4C 5C 6C
E [
MW
h t
erm
ici]
fughe di calore
energia residua
energia recuperata
Figura 6.9.9
In figura 6.9.8 è riportato il profilo termico lungo il raggio dell’accumulo, sempre nelle 6 varianti
analizzate, a seguito del recupero termico del calore successivamente al termine della fase di accumulo
pre-recupero di durata pari a 200000 s. La fase di accumulo termico pre-recupero è stata considerata
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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ultimata quando la temperatura al raggio interno raggiungeva i 1350°C ( e quindi, quando la
temperatura dell’aria in uscita dall’accumulo termico scendeva poco sotto i 1350°C .
L’energia accumulata, quella recuperata e quella persa nelle due fasi analizzate, è riportata nel grafico di
figura 6.9.9, e più nel dettaglio in tabella 6.9.1.
I medesimi grafici e tabelle sono stati realizzati anche nell’ipotesi che la fase di accumulo termico pre-
recupero abbia una durata di 60000 s, pari a circa 16,7 ore (si vedano figure 6.9.10, 6.9.11, 6.9.12, e
tabella 6.9.2).
Dati di funzionamento relativi alle 6 varianti analizzate, per durata della fase di accumulo pre-recupero di 55,6 ore
1C 2C 3C 4C 5C 6C
energia recuperata [MWh] 14,5 22,8 23,5 14,3 22,5 19,0
energia residua [MWh] 28,0 9,2 8,3 29,9 12,8 19,5
fughe di calore [MWh] 0,089 0,018 0,139 0,061 0,029 0,007
totale [MWh] 42,7 32,0 32,0 44,3 35,3 38,5
energia recuperata [% sul totale] 34% 71% 74% 32% 64% 49%
energia residua [% sul totale] 66% 29% 26% 67% 36% 51%
fughe di calore [% sul totale] 0,21% 0,06% 0,44% 0,14% 0,08% 0,02%
fughe di calore rispetto all'energia recuperata 0,61% 0,08% 0,59% 0,42% 0,13% 0,04%
durata fase di recupero termico [s] 6700 10200 10500 6500 10000 8900
Tabella 6.9.1
Dati di funzionamento relativi alle 6 varianti analizzate, per durata della fase di accumulo pre-recupero di 16,7 ore
1C 2C 3C 4C 5C 6C
energia recuperata [MWh] 25,6 22,8 24,1 25,6 24,5 25,8
energia residua [MWh] 17,0 9,2 7,9 18,6 10,8 12,8
fughe di calore [MWh] 0,001 0,000 0,001 0,061 0,000 0,000
totale [MWh] 42,7 32,0 32,0 44,3 35,3 38,5
energia recuperata [% sul totale] 60% 71% 75% 58% 69% 67%
energia residua [% sul totale] 40% 29% 25% 42% 31% 33%
fughe di calore [% sul totale] 0,00% 0,00% 0,00% 0,14% 0,00% 0,00%
fughe di calore rispetto all'energia recuperata 0,01% 0,00% 0,01% 0,24% 0,00% 0,00%
durata fase di recupero termico [s] 11300 10200 10600 11300 10700 11500
Tabella 6.9.2
Le conclusioni che si possono trarre, sono le seguenti:
1. la presenza di uno strato a bassa conduttività e densità, anche se con α relativamente elevata a
ridosso del materiale di accumulo a 1500°C consente di minimizzare la riduzione di exergia,
ossia di mantenere una maggiore temperatura del materiale accumulato. In tal modo si
aumenta la quantità di energia recuperabile. Questo appare evidente nelle varianti 2C, 3C e 5C
in cui è presente uno strato di Saffil a ridosso delle sfere di allumina di diametro di 4,5 mm (ed
in parte nella soluzione 6C)
2. La presenza di uno strato ad alta densità a ridosso del materiale di accumulo a 1500°C consente
di aumentare, per il particolare profilo termico iniziale ipotizzato, la quantità complessiva di
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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calore accumulato; questo appare particolarmente evidente nei casi 1C e 4C (ed in parte nella
soluzione 6C).
3. Nell’accumulo di lungo periodo (55,6 ore) l’energia recuperata e le perdite, risultano alquanto
diverse in modulo e valore relativo, per le diverse varianti analizzate; le prestazioni nel breve
periodo tendono invece a livellarsi.
4. La presenza di uno strato coibentante a bassa densità, in questo caso Saffil, a diretto contatto
con la superficie esterna del sistema di accumulo (varianti 1C e 3C), nell’accumulo di lungo
periodo (55,6 ore) tende a produrre perdite maggiori rispetto alle altre soluzioni (compresa
quella 4C, non coibentata) a causa dell’alto valore di α che produce un rapido riscaldamento del
materiale (si veda fig. 6.9.10), che peraltro provoca a sua volta un incremento della conduttività
termica. Nel breve periodo (durata dell’accumulo pre-recupero di 16,7 ore), invece, la
coibentazione esterna delle varianti 1C e 3C, consente di ridurre le perdite quantomeno rispetto
alla variante non coibentata 4C.
5. La presenza di uno strato coibentante a bassa densità “racchiuso” all’interno di uno ad alta
densità, come nelle varianti 2C e 5C, consente invece di ridurre le perdite sia sul lungo periodo
che sul breve; in questo caso una delle estremità dello strato di Saffil, a contatto con materiale
dotato di α inferiore, k superiore e densità sufficiente a conferire una elevata inerzia termica,
rallenta il riscaldamento del Saffil stesso e impedisce alla quantità relativamente piccola di
calore che esso trasmette di uscire all’esterno (grazie all’elevata α).
6. Diversamente da quanto ci si poteva aspettare sulla base del paragrafo 6.7, la variante 5C, pur
presentando ottime prestazioni, produce nel lungo periodo (accumulo pre-recupero di 55,6 ore)
perdite leggermente superiori alla variante 2C. Tuttavia, nel breve periodo, è contraddistinta da
prestazioni migliori della 2C, dimostrando una buona sintesi tra le qualità delle soluzioni con
coibentazione negli strati interni e quelle con coibentazione esterna.
7. La soluzione 6C, che pure rappresenta un compromesso tra le prestazioni delle altre soluzioni, e
che inoltre risulta più realistica ed economica da realizzare, eccelle nel breve periodo per
perdite ed energia recuperata, ed anche nel lungo periodo presenta perdite inferiori a tutte le
altre soluzioni, benché una quantità di calore recuperabile inferiore alle soluzioni con
coibentazione interna. Si ricorda che le sfere ceramiche presentano un valore di α simile a
quello delle sfere di allumina (si veda grafico di figura 6.7.2, ma una minore densità e
conduttività termica rispetto ad esse. Grazie a tali caratteristiche il profilo termico della variante
6C si evolve lentamente, in modo paragonabile alla variante 4C, ma a differenza di essa, il calore
trasmesso dagli strati interni a quelli esterni è minore. Inoltre, negli strati esterni a bassa
temperatura, gli effetti del minor valore di α delle sfere ceramiche g.d. (rispetto a quelle in
allumina) risulta abbastanza evidente (si vedano figure 6.9.7 e 6.9.10).
8. Infine si osserva che la variante 5C non rende sicuramente possibile il ripristino del profilo
termico iniziale dopo un accumulo di lungo periodo (si veda figura 6.9.8). Anche la variante 2C
sembra presentare a fine recupero termico una temperatura leggermente superiore a quella
iniziale per raggio di poco superiore a 2 m. La soluzione 3C, ma anche la 5C e 6C, almeno
teoricamente, non mostrano invece problemi al ripristino del profilo termico iniziale.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Evoluzione del profilo termico lungo il raggio dell'accumulo, a partire da quello
iniziale, dopo 60000 s (16,7 ore) per le sei varianti in analisi
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
1300
1400
1500
1600
0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6
r [m]
T [
°C]
Profilo iniziale
Variante 1C
Variante 2C
Variante 3C
Variante 4C
Variante 5C
Variante 6C
Figura 6.9.10
Profilo termico lungo il raggio dell'accumulo, al termine della fase di recupero
energetico (quando la temperatura al raggio interno raggiunge i 1350°C), dopo una
fase di accumulo termico pre-recupero della durata di 16,7 ore
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
1300
1400
1500
0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6
r [m]
T [
°C]
Variante 1C
Variante 2C
Variante 3C
Variante 4C
Variante 5C
Variante 6C
Figura 6.9.11
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Energia persa, residua e recuperata al termine della fase di
recupero termico nelle 6 varianti analizzate (con durata fase
accumulo pre-recupero di 16,7 ore)
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
1C 2C 3C 4C 5C 6C
E [
MW
h t
erm
ici]
fughe di calore
energia residua
energia recuperata
Figura 6.9.12
6.10 Osservazioni propedeutiche alla progettazione di massima.
Prima di effettuare il calcolo del profilo termico di una soluzione progettuale di massima, risulta
necessario verificare alcune ipotesi introdotte nella prima parte di questo capitolo e affrontare alcuni
importanti aspetti fin qui trascurati per ragioni di astrazione.
6.10.a - Verifica di alcune ipotesi avanzate nei paragrafi precedenti.
Nel paragrafo 6.4 si è ipotizzato che durante la fase di recupero termico, la conduzione del calore
attraverso il materiale di accumulo fosse trascurabile nel determinare la variazione del profilo termico
dell’accumulo, rispetto al calore asportato dal fluido termovettore. Lo scopo di questo paragrafo è
accertare che tale ipotesi sia valida; in caso contrario potrà essere necessario rivedere le ipotesi di
partenza. Sviluppando l’eq. 6.4.3, si può scrivere:
⋅
∂
∂⋅
∂
∂⋅⋅
π⋅⋅
∂
∂
∂
∂⋅⋅
∂
∂⋅⋅ρ⋅
r
cp + T
r
T cp
H 2
m −
r
T +
r
T r = k
t
T c r f
ff
2
2 & eq. 6.10.1
Affinché l’ipotesi sia verificata , il seguente rapporto deve risultare molto maggiore di 1:
>>1
r
T +
r
T r k
r
cp + T
r
T cp
H 2
m
Ratio =
2
2
ff
f
∂
∂
∂
∂⋅⋅
⋅
∂
∂⋅
∂
∂⋅⋅
π⋅⋅
&
eq. 6.10.2
Le curve della figura 6.9.8 e 6.9.11 possono essere interpolate al fine di ricavare una funzione della
temperatura in dipendenza del raggio, nella parte più interna dell’accumulo, dove si prevede che sia
maggiore l’effetto della componente conduttiva e dove la conduzione può maggiormente
compromettere la quantità di calore recuperato (producendo un abbassamento della temperatura).
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Si è costato che un’equazione di secondo grado, come quella riportata nell’equazione 6.10.3 (dove c1,c2
e c3 sono costanti), può approssimare molto bene il profilo termico dell’accumulo dal raggio interno fino
al flesso obliquo che determina il cambio di concavità.
322
1 r + c + c r T = − c ⋅⋅ eq. 6.10.3
Derivando l’eq. 6.10.3, si ottiene:
21 r + c c = − 2 r
T⋅⋅
∂
∂ eq. 6.10.4
r c = − 2 r
T r 12
2
⋅⋅∂
∂⋅ eq. 6.10.5
La funzione cpf per l’aria ad una temperatura compresa tra 25 e 1500 °C (a pressione di qualche bar) può
essere approssimata con la funzione lineare:
T+ 1020 = − 0,15 cpf ⋅ eq. 6.10.6
quindi si può scrivere anche:
21f c r + 0,15 c = − 0,30
r
cp⋅⋅⋅
∂
∂ eq. 6.10.7
Si ha inoltre che:
• k per sfere di allumina di diametro pari a 4,5 mm vale circa 4 W/(°C·m);
• ṁf nei casi fin’ora analizzati è stato preso pari a 5 kg/s
• H nei casi fin’ora analizzati è stato preso pari a 5 m
Si sono infine calcolati c1,c2 e c3 per le curva relativa alla soluzione 3C del grafico di fig. 6.9.8 e per la
curva 6C del grafico di fig. 6.9.11; tali costanti sono riportate in tabella 6.10.1.
Valori dei parametri c1,c2 e c3
c1 c2 c3
variante 3C fig. 6.9.8 2494,9 1363,4 1158,4
variante 6C fig. 6.9.11 1513,5 997,42 1172,5
Tabella 6.10.1
Il grafico di figura 6.10.1 mostra come effettivamente per raggio superiore a 0,5 m la trasmissione di
calore per conduzione all’interno del materiale di accumulo risulti abbastanza trascurabile rispetto al
calore scambiato con il fluido termovettore, tuttavia al raggio interno, soprattutto nella variante 6C di
figura 6.9.11, il calore scambiato per conduzione non risulta trascurabile e si deve dunque considerare
che il recupero termico risulterà un po’ meno efficiente rispetto alle previsioni.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Rapporto tra calore scambiato con il fluido termovettore e quello
scambiato per conduzione con il materiale d'accumulo
-5
0
5
10
15
20
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
r [m]
Rati
o
Variante 6C
Variante 3C
Figura 6.10.1
Nei successivi paragrafi si ipotizzerà di impiegare carburo di silicio granulare con dp = 1 mm come
materiale di riempimento della zona interna dello stoccaggio; come si può constatare nell’appendice A2,
questo materiale è dotato, alle altissime temperature, di un keff inferiore rispetto a quello delle sfere di
allumina da 4,5 mm di diametro (orientativamente la metà). Inoltre, al fine di ridurre le perdite di carico,
il raggio interno sarà scelto maggiore a quello dei casi fin qui analizzati; infine la portata del fluido
adibito al recupero termico potrà risultare superiore a 5 kg/s, accelerando il recupero termico. Nel
complesso, questi interventi si tradurranno in un aumento del rapporto Ratio e quindi in un
avvicinamento delle prestazioni (in termini di effectiveness) a quelle teoriche.
6.10.b - Effetto di una temperatura di recupero termico superiore a quella ambiente.
Fin’ora, si è ipotizzato, per analogia con il Pebble Heater dalla ATZ- Evus, che il fluido termovettore
adibito al recupero termico del calore abbia una temperatura d’ingresso nell’accumulo di 25°C.
Sulla base delle osservazioni avanzate nel capitolo 1.3, tuttavia, può risultare necessario o comunque
più conveniente dal punto di vista termodinamico, un recupero termico effettuato a partire da
temperature superiori: la temperatura del fluido in ingresso nell’accumulo potrebbe dunque risultare
nell’intervallo di temperatura compreso tra 200 e 650°C (a secondo della pressione di recupero e
dell’eventuale presenza di rigenerazione).
In queste condizioni risulterà necessario provvedere alla coibentazione esterna del sistema di accumulo
ed i vantaggi prodotti dal recupero termico a partire dagli strati esterni potrebbero risultare minori.
Il coefficiente convettivo λconv che consente di stimare la trasmissione di calore tra superficie esterna del
materiale di stoccaggio e l’ambiente esterno, dovrà in questo caso essere calcolato mediante l’eq. 6.6.8,
nella quale potrà essere trascurato il termine relativo alla resistenza termica del vessel in acciaio, e
cautelativamente, quello legato alla resistenza termica dell’eventuale intercapedine interna (si ipotizza
cioè λint→ ∞, sacciaio→ 0):
H ) + s (r 2 est
1 +
H 2 k
s
r
+ srln
H r 2
1
isointiso
iso
int
isoint
intconv
⋅⋅π⋅⋅λ⋅π⋅⋅⋅
⋅⋅π⋅=λ
eq. 6.10.8
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Poiché λest dipende dalla temperatura ambiente e da quella della superficie esterna della coibentazione
(Tiso), λconv può essere calcolata iterativamente, imponendo che il calore scambiato esternamente per
convezione naturale sia uguale al calore trasmesso per conduzione attraverso lo strato coibentante:
) − T (T H ) + s (r 2 est ) − T (T
s r
+ srln
H 2 kestisoisointisoint
isoint
isoint
iso ⋅⋅⋅π⋅⋅λ=⋅
⋅
⋅π⋅⋅ eq. 6.10.9
Per evitare un rallentamento eccessivo del calcolo del profilo termico effettuato con EES, si è optato per
individuare la relazione che lega Tint e Tiso una volta fissati i valori di siso,H,kiso e Test: come illustrato in
figura 6.10.2 la relazione può essere considerata approssimativamente lineare per valori di Tint compresi
tra 100 e 400 °C. Nelle condizioni ipotizzate (impiego di uno strato di 0,5 m di lana di roccia con kiso
ipotizzato pari a 0,07 W/m°C e rint pari a 3 m) le perdite energetiche dovrebbero risultare pari a circa 7,3
kW per Tint =300°C.
Appare evidente che Tint, almeno a fine fase di recupero termico, sarà grossomodo pari alla temperatura
d’ingresso, nello stoccaggio, del fluido adibito al recupero termico. A parità di coibentazione, se
aumenta il grado di rigenerazione e il rapporto di compressione, aumenteranno dunque le perdite dallo
stoccaggio; d’altra parte si era visto nel paragrafo 4.3.c che all’aumentare della temperatura di recupero
termico aumentano anche le perdite in fase di ricarica dell’accumulo; infine risulta necessario impiegare
materiali più costosi per il vessel. Si ipotizzerà, di seguito che la temperatura di recupero termico sia
circa pari a 300°C; l’individuazione di soluzione atte all’ottimizzazione dell’accumulo termico in
condizioni di T più elevata risulta molto interessante, ma non sarà presa in esame in questa tesi.
Relazione tra Tint e Tiso
per Test =25°C, kiso=0,07 W/m°C, siso=0,5 m, H=5 m, rint=3 m
y = 0,0584x + 26,852
25
30
35
40
45
50
55
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450
Tint [°C]
Tis
o [
°C]
Figura 6.10.2 – Variazioni limitate di rint influenzano in modo trascurabile il valore di Tiso; ad esempio per
rint=3,5 i valori di Tiso risultano mediamente superiori dello 0,3% a quelli riportati nel grafico.
Per evitare un calcolo ricorsivo di λconv, l’equazione 6.2.30 sarà modificata come segue:
( ) ( )
⋅⋅∆⋅
λ⋅τ⋅= − TT
k
k
r
r − − TTr
k + 2 T T j
N−1jNj
N
jN_N−1
N
N−1/2jisoestj
N
convNjj
Nj+1N
eq. 6.10.10
Tjiso sarà calcolata attraverso l’equazione 6.10.11 e sarà posto λconv= λest , con λest calcolata in funzione di
Test e Tjiso.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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+ 26,852 T= 0,0584 T jN
jiso ⋅ eq. 6.10.11
Si potrebbe contestare che la stima di λconv non tiene conto della possibile presenza di convezione
forzata esterna legata alla presenza di vento: certamente il modello risulta molto semplificato e serve
unicamente a fornire una stima di massima delle dispersioni termiche al nodo N, dispersioni che con
opportuni accorgimenti possono essere anche ulteriormente ridotte; l’inserimento di una piccola
intercapedine tra il materiale coibentante e la lamiera posta a protezione e copertura di questo, o tra il
materiale coibentante ed il vessel potrà ad esempio consentire il raggiungimento dei medesimi valori di
λconv anche qualora si abbia λest→ ∞.
6.10.c –Analisi delle perdite di pressione in alcune configurazioni.
Come si è visto nel paragrafo 6.3, le perdite di pressione dell’aria adibita al recupero termico, all’interno
dello stoccaggio, aumentano al crescere della temperatura dell’aria e del rapporto portata/superficie
attraversata, nonché al diminuire del diametro della particelle di cui è costituito lo stoccaggio.
Nel paragrafo 1.3.e si è invece calcolato come diversi valori delle perdite di carico tra compressore e
turbina possano influenzare il rendimento di alcuni cicli Brayton, rigenerati o non.
Di seguito si cercherà di comprendere quali possano essere orientativamente le perdite di carico
all’interno di un cilindro cavo attraversato radialmente da un flusso di aria, con dimensioni e profilo
termico rappresentativo di possibili varianti progettuali utilizzabile per lo stoccaggio termico: il raggio
esterno è pari a 3,5 m, l’altezza del cilindro pari a 5 m. Poiché le perdite di carico risultano rilevanti in
valore relativo, si è ritenuto necessario migliorare il modello descritto nel paragrafo 6.3.a, che ipotizzava
costante la pressione impiegata per il calcolo delle proprietà del fluido ai diversi nodi attraverso i quali è
stato modellizzato il cilindro; si è quindi proceduto ad assegnare all’aria che attraversa l’intervallo i, il
valore della pressione Pi calcolata mediante la seguente equazione:
P i = P i+1 – dP i+1 eq. 6.10.12
dove Pi+1 è la pressione al nodo immediatamente più esterno e dPi+1 la perdita di pressione calcolata per
il nodo immediatamente più esterno al nodo i.
In figura 6.10.3 è rappresentata la curva cumulata delle perdite di pressione, dall’esterno verso l’interno
dello stoccaggio; il profilo termico dello stoccaggio, che si ipotizza coincidente con quello dell’aria che lo
attraversa, è grossomodo analogo a quello che può essere presente nello stoccaggio all’inizio della fase
di recupero energetico. In figura 6.10.4 si è invece fissato un profilo ispirato alle condizioni a fine fase di
recupero termico.
Qualora il raggio esterno risultasse un po’ inferiore rispetto a quello ipotizzato (ad esempio pari a 3 m),
la differenza in termini di perdite di carico risulterebbe modesta, visto che le perdite tendono a
concentrarsi al raggio interno e, ad inizio scarica, anche nella zona immediatamente esterna alla sezione
presso la quale si ha la variazione di granulometria (raggio compreso tra 1,7 e 2 m).
Le perdite di carico possono quindi essere ridotte in prima battuta aumentando il raggio interno, ed in
seconda battuta aumentando il raggio coincidente con la diminuzione di granulometria del materiale.
Fissando il raggio interno nell’intervallo 0,7-0,5 m risulta possibile contenere le perdite entro livelli
accettabili (massimo 8%) per portate di 5-10 kg/s. Si osserva invece che per una portata pari a 20 kg/s
potrebbe risultare conveniente adottare soluzioni progettuali diverse, ad esempio un aumento
dell’altezza del cilindro o un aumento della pressione.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Perdita di pressione cumulata per un flusso di aria a 6 bar che fluisce
attraverso un cilindro costituito di materiale poroso con granulometria di
0,5 mm dal raggio di 3,5 m fino al raggio di 1,7 m, e con granulometria di
1 mm nella restante parte.
300
500
700
900
1100
1300
1500
00,511,522,533,5
r [m]
T [
°C]
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
18%
20%
∑∆
P [
%]
T dell'aria
5 kg/s - 7 MWt
10 kg/s 13,9 MWt
20 kg/s - 27,8 MWt
Figura 6.10.3 – Il calcolo delle perdite di carico è stato effettuato per tre diverse portate; il valore
corrispondente alla potenza termica prelevata per ciascuna portata è indicata in legenda.
Perdita di pressione cumulata per un flusso di aria a 6 bar che fluisce
attraverso un cilindro costituito di materiale poroso con granulometria di
0,5 mm dal raggio di 3,5 m fino al raggio di 1,7 m, e con granulometria di
1 mm nella restante parte.
300
500
700
900
1100
1300
1500
00,511,522,533,5
r [m]
T [
°C]
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
18%
20%
∑∆
P [
%] T dell'aria
5 kg/s - 5,7 MWt
10 kg/s 11,5 MWt
20 kg/s 22,9 MWt
Figura 6.10.4
Operare a pressione più alta, si può tradurre in una riduzione consistente delle perdite di carico
percentuali; questo è legato a 3 effetti:
dp =0,5 mm dp =1 mm
dp =0,5 mm dp =1 mm
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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1. La portata volumetrica si riduce e con essa la velocità superficiale; si ha d’altra parte un
aumento della viscosità e della densità dell’aria, ma, considerando le condizioni che possono
verificarsi nello stoccaggio, l’effetto complessivo produce una riduzione delle perdite di carico in
senso assoluto.
2. essendo maggiore la pressione totale, anche se le perdite di carico rimanessero costanti in
valore assoluto, si avrebbe comunque una riduzione del loro valore relativo.
3. essendo minori le perdite di carico percentuali ai nodi più esterni, la pressione ai nodi più interni
si mantiene più elevata, con i benefici legati a quanto osservato al punto 1.
Considerando il profilo termico illustrato in figura 6.10.3, per una pressione di 12 bar si hanno perdite
assolute, a ciascun raggio dell’accumulo, pari a poco meno della metà di quelle calcolate per una
pressione di 6 bar (per tutte le tre portate analizzate). Le perdite relative risultano quindi pari a circa
1/4.
Poiché nel paragrafo 6.3 si è costato che il modello impiegato per il calcolo delle perdite di carico tende
a sottostimare quelle che si verificano all’interno del Pebble Heater (sebbene il motivo possa essere
attribuito a perdite che si verificano all’esterno del letto poroso) e poiché il materiale granulare
potrebbe non presentare una forma sferica, bensì asperità che aumenterebbero l’attrito con l’aria,
conviene in ogni caso, nella progettazione di massima, cercare di contenere il più possibile il valore delle
perdite.
6.10.d – Trascurabilità della convezione naturale interna.
Nel paragrafo 6.6 sono stati individuate alcune relazioni utili a quantificare l’ordine di grandezza dei
fenomeni convettivi naturali all’interno dello stoccaggio in materiale poroso. Considerando un
riempimento analogo a quello considerato per il calcolo delle perdite di pressione nel paragrafo
precedente, è stato possibile effettuare una stima di Nù e ratioq: le ipotesi impiegate nei calcoli e i
risultati degli stessi sono riportati in tabella 6.10.2. Per il calcolo di Nù sì è fatto riferimento al valore
medio di K, μ, ρ, cp all’interno dell’accumulo con profilo termico analogo a quello di figura 6.10.3.
Perdite di carico
P Tout Tin rin rout H keff Nù ratioq
[bar] [°C] [°C] [m] [m]
1 300 1500 0,2 3,5 5 0,5 1,000001 1,000012
1 300 1500 0,5 3 5 0,5 1,000003 1,000010
1 300 1500 0,5 3 5 0,2 1,000007 1,000025
Tabella 6.10.2
Poiché Nù e ratioq rappresentano il rapporto tra calore complessivamente trasmesso attraverso lo
stoccaggio termico (conduzione più convezione naturale) ed il calore trasmesso per sola conduzione,
appare evidente che la convezione naturale risulta trascurabile; si ricorda che ratioq è calcolato
considerando il calore trasmesso per convezione dalla parte bassa alla parte alta dello stoccaggio, che
risulta certamente superiore a quello trasmesso, sempre per convezione, dall’interno verso l’esterno.
Poiché, come si è visto nel paragrafo 6.6, le forze convettive legate alla differenza di temperatura
all’interno dello stoccaggio sono deboli e poiché le perdite di pressione nel materiale granulare sono
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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invece considerevoli, è lecito ipotizzare la trascurabilità della convezione naturale anche disponendo
l’asse del serbatoio di accumulo orizzontalmente: in questo caso alcuni moti convettivi, nella metà
inferiore dello stoccaggio, aumenterebbero d’entità (poiché il flusso d’aria si muoverebbe in direzione
circa verticale per raggiungere il centro dell’accumulo, riscaldandosi, quindi subirebbe un
raffreddamento tornando verso il basso), ma la convezione naturale sarebbe fortemente ostacolata
nella metà superiore (si vedano considerazioni del paragrafo 6.6) .
6.10.e –Fattibilità di impiego di strati di materiali diversi.
Nei precedenti paragrafi si è ipotizzato di realizzare strati di materiali e granulometria diversa.
L’impiego di strati di materiale coibentante fibroso può risultare certamente problematico se non è
possibile evitare la compressione dello stesso, che ne altererebbe in breve le caratteristiche coibentanti;
risulterebbe dunque semmai possibile utilizzare il materiale fibroso come riempimento di cavità
realizzate attraverso l’impiego di in un di un materiale rigido capace di resistere alla compressione
prodotta dal materiale granulare. In alternativa, il materiale fibroso potrebbe trovare applicazione per la
coibentazione della parte superiore dello stoccaggio.
Appare invece più semplice l’impiego di strati di materiale granulare.
Figura 6.10.5 – Esperimento di realizzazione di un letto drenante
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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La realizzazione di letti drenanti mediante la sovrapposizione di strati granulari caratterizzati da diametri
caratteristici tra loro diversi è una pratica comune da millenni; risulta quindi certamente possibile
produrre strati di materiale più fine accanto ad altri di materiale più grossolano, evitandone il
mescolamento. Se la differenza di diametro è elevata, può essere necessario ricorrere all’interposizione
di uno o più sottili strati di materiale di granulometria intermedia, come illustrato in figura 6.10.5.
La creazione di strati concentrici può aver luogo mediante l’impiego di casseforme riempite dei diversi
materiali; le casseforme possono quindi essere estratte una volta avvenuto il riempimento (risulta
certamente possibile, in alternativa, lasciarle all’interno dello stoccaggio se sono forate o se si
degradano con il calore, consentendo il passaggio del fluido adibito al recupero termico attraverso di
esse.
Gli strati possono altrimenti essere separati tra loro mediante il ricorso a mattoni refrattari, che devono
essere forati se si vuole garantire il passaggio dell’aria attraverso di essi. Mattoni refrattari forati devono
d’altra parte essere disposti anche al raggio interno del materiale di stoccaggio, per evitare che questo
vada ad occupare la cavità centrale dello stoccaggio. In alternativa la cavità centrale può essere riempita
con materiale refrattario dotato di elevata porosità e ad elevata dimensione dei pori, così da rendere
trascurabili le perdite del fluido che l’attraversa.
Nel paragrafo 4.3.b si è ipotizzato di alloggiare il carburo di silicio granulare in una intercapedine a
sezione anulare al fine di ottenere una distribuzione il più omogenea possibile delle pressioni all’interno
del materiale; per realizzare tale soluzione, è necessario ricorrere all’impiego di mattoni refrattari. Si è
quindi proceduto al calcolo delle perdite di pressione all’interno dei fori presenti nei mattoni,
costatando che se i fori sono numerosi e sufficientemente ampi, le perdite risultano piccole.
Poiché l’aria che attraversa i fori può raffreddarne le loro pareti, con conseguente produzione di
tensioni termiche di trazione nel materiale, può risultare conveniente creare i canali all’interfaccia tra
un mattone e l’altro, sovrapponendo mattoni caratterizzati da una superficie irregolare (si veda figura
6.10.6). In questo modo dovrebbe risultare possibile alleviare le tensioni termiche.
Figura 6.10.5 – Mattone rastremato con canali realizzati all’interfaccia inferiore.
Si ipotizza che i mattoni siano rastremati longitudinalmente per consentire la disposizione ad anello, che
abbiano una altezza di 6 cm, una profondità di 24 cm ed una larghezza massima di 12 cm, ed, infine, che
all’interfaccia tra un mattone e l’altro sia possibile realizzare 4 cavità con diametro equivalente di 5 mm
e lunghezza di 24 cm.
12 cm
24 cm
6 cm
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Detto rint il raggio dello stoccaggio in corrispondenza del quale viene realizzata una parete a sezione
anulare (rint corrisponde con distanza dal centro della superficie più esterna della parete), il numero
complessivo di condotti N che si vengono a formare all’interfaccia tra un mattone e l’altro può essere
calcolato con l’eq. 6.10.13:
0,06 m0,12 m
H r2
2
4N = int
⋅
π⋅⋅⋅⋅ eq. 6.10.13
dove H è l’altezza dello stoccaggio (posta pari a 5 m) e 4/2 è il numero dei condotti per ciascun mattone,
ipotizzando cautelativamente che la metà vengano ostruiti o danneggiati. Le perdite di pressione ΔP
sono state calcolate mediante l’equazione 4.3.30 e il fattore d’attrito, stimato con la formula di Filenko
(eq. 4.3.22) valida per 2300<Re<106.
I risultati del calcolo sono riportati in tabella 6.10.2; si osserva che le perdite di carico all’interno dei
condotti risultano paragonabili o inferiori a quelle calcolate nel paragrafo 6.10.c per un materiale
granulare con dp=1 mm, con medesimi valori di spessore e rint.
Perdite di carico nei condotti realizzati all’interfaccia tra un mattone e l’altro.
P T r int m Re ∆P ∆P/P
[bar] [°C] [m] [kg/s] [Pa] [%]
6 1500 0,5 5 4647 2852 0,5%
6 1500 0,5 10 9294 9689 1,6%
6 1500 0,5 20 18588 35795 6,0%
Tabella 6.10.2
Al fine di evitare che il materiale di riempimento ostruisca i canali, si potrebbe far ricorso a canali di
diametro inferiore, in numero maggiore, o provvedere a disporre uno strato di materiale più grossolano
in prossimità delle pareti. Si osserva peraltro che la porosità dei materiali granulari in prossimità delle
pareti di un recipiente risulta superiore a quella presente a distanza da esse,25 e ciò dovrebbe facilitare il
convogliamento del fluido di recupero termico verso i fori.
Come illustrato in appendice A3, il costo dei mattoni refrattari per tonnellata può risultare paragonabile
a quello del carburo di silicio granulare; certamente mattoni dotati di prestazioni meccaniche superiori
possono risultare più costosi; ciò che invece risulta certamente dispendioso è la manodopera per la
corretta disposizione dei mattoni (si veda paragrafo 3.5).
6.11 - Analisi del profilo termico di alcune soluzioni con riempimento interno in SiC granulare.
Di seguito saranno analizzate alcune soluzioni progettuali parzialmente ottimizzate recependo le
indicazioni fornite nei precedenti paragrafi.
Rispetto alla soluzione progettuale 1 analizzata nel paragrafo 6.8, si è proceduto a:
- ridurre la diffusività termica degli strati esterni per decelerarne il riscaldamento;
25
W. van Antwerpen, C.G. du Toit, P.G. Rousseau in “A review of correlations to model the packing structure and effective thermal conductivity in packed beds of mono-sized spherical particles” - Nuclear Engineering and Design 240 (2010) 1803–1818
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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- impiegare un materiale dotato di minor capacità termica per il riempimento della zona più
esterna, al fine di favorire il ripristino del profilo termico iniziale;
- aumentare la dimensione del vessel, così da poter accumulare una quantità superiore di calore
e rallentare l’evoluzione del profilo termico;
- accrescere il raggio della zona a più alta temperatura, così da prolungare la fase di recupero
termico e la profondità di scarica;
- realizzare il riempimento della zona più interna con SiC granulare di 1 mm, materiale che
secondo le ipotesi del paragrafo 4.3 potrebbe essere impiegato per il riscaldamento dello
stoccaggio per effetto Joule;
- aumentare la temperatura di recupero termico a 300°C, per esigenze di compatibilità con
l’eventuale sistema di recupero del calore per la generazione di energia elettrica;
- isolare termicamente il vessel nella parte esterna, con 50 cm di lana di roccia o altro
coibentante con proprietà similari, per fronteggiare l’aumento di temperatura di recupero
termico.
- accrescere il raggio interno del materiale di riempimento, così da ridurre le perdite di carico;
nella cavità centrale potrà eventualmente essere realizzato un riempimento con materiale ad
elevata porosità ed elevata dimensione dei pori, il cui contributo all’accumulo di calore
cautelativamente non è stato considerato. Potrà altresì essere realizzata, tra la cavità centrale
ed il materiale di riempimento, un muro di mattoni con canali per il passaggio dell’aria, come
visto nel paragrafo precedente.
Nelle tre soluzioni di seguito analizzate, per semplicità, lo stoccaggio sarà ipotizzato cilindrico, con
altezza di 5 m, e saranno ignorate le perdite all’estremità superiore e inferiore.
Si ipotizza inoltre che il riscaldamento abbia luogo mediante l’azione combinata della dissipazione di
energia elettrica per effetto Joule nel SiC granulare, il passaggio di un flusso di aria dalla zona interna a
quella esterna (si veda paragrafo 4.3.c) e la conduzione di calore che non può essere trascurata per
gradienti termici molto elevati che possono crearsi in fase di ricarica. Il profilo termico reale al termine
della fase di ricarica è quindi difficile da valutare e dipende da dettagli progettuali impossibili da stabilire
a priori. Nel paragrafo 5.2 si è visto come nel Pebble Heater della ATZ- Evus l’elevata effectiveness di
scambio termico consentita dal riempimento in sferette di allumina da 4,5 mm di diametro, permetta di
ottenere gradienti termici di 1500-2000°C/m al suo interno; nel sistema di accumulo in analisi, il
riempimento sarà effettuato con materiali a granulometria minore, pertanto è logico aspettarsi che
possano essere raggiunti gradienti termici ancora più elevati; si è tuttavia ipotizzato cautelativamente,
un gradiente termico di circa 1800°C/m, e si è così tracciato il profilo termico alla fine della fase di
ricarica dell’accumulo riportato in figura 6.11.1. Gli effetti di un profilo iniziale con gradiente termico
superiore sono illustrati nel prossimo paragrafo.
Nella zona interna dell’accumulo si ipotizzerà una temperatura iniziale uniforme pari a 1500°C; nella
realtà la temperatura in questa zona alla fine della fase di ricarica potrà risultare non perfettamente
omogenea, tuttavia la conduttività del SiC granulare alle temperature in gioco è superiore a quella della
restante parte dell’accumulo, e si può ipotizzare che se l’entalpia media nella zona interna è pari a
quella del SiC a 1500°C, in tempi relativamente brevi la sua temperatura tenderà ad uniformarsi intorno
a quest’ultimo valore.
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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6.11.a - Analisi di una soluzione con diametro del vessel di 6 m e due strati di riempimento (SiC-1).
Una prima soluzione, che di seguito sarà indicata con la sigla (SiC-1), è stata ottenuta riempiendo un
vessel di diametro pari a 6 m di SiC granulare con dp =1 mm nella parte interna (tra r = 0,5 m e r= 1,75
m) e, nella parte più esterna, con materiale ceramico con granulometria di 0,5 mm e proprietà analoghe
a quelle dei mattoni di tipo general duty, descritti nell’appendice A3; il calore specifico di questo
secondo materiale è stato considerato pari a quello dell’allumina, poiché le elevate temperature
raggiunte a contatto con lo strato di SiC possono richiedere l’impiego di ceramiche ad elevata
percentuale di Al2O3; la densità relativamente bassa dei grani ceramici è legata alla loro elevata
microporosità interna, che potrebbe tuttavia esser causa di fragilità meccanica; l’impiego di un tale
materiale, soprattutto alle altissime temperature, necessiterebbe quindi di essere testato.
Sia per il SiC che per l’altro materiale ceramico è stata inoltre adottata l’entalpia specifica dell’allumina,
poiché si è costato che la differenza di entalpia specifica dei tre diversi materiali tra 300 e 1500°C,
ricavata facendo uso dei rispettivi calori specifici alle diverse temperature, differiva al massimo del 1%.
La configurazione analizzata risulta meno critica di quelle presentate nei precedenti paragrafi dal punto
di vista delle condizioni di stabilità; si osserva peraltro che poiché si è ipotizzato di aumentare la
dimensione del vessel, la mesh spaziale è caratterizzati a parità di nodi, da un valore di Δr superiore. Le
dimensioni della mesh temporale sono state lasciate inalterate a 200 s per la fase di stoccaggio pre-
recupero e a 20 s per la fase di recupero termico.
In figura 6.11.1 si è rappresentata l’evoluzione del profilo termico a partire dalla fine della fase di
ricarica dell’accumulo, coincidente con t=0 s. Si osserva che solo dopo 200000 s il materiale posto in
corrispondenza del raggio esterno inizia a subire un riscaldamento; se l’accumulo risultasse giornaliero,
si potrebbe quindi ridurre il raggio del vessel senza modificare la disposizione del materiale
mantenendo inalterate (o diminuendo, per via della mino superficie di scambio termico con l’esterno) le
perdite di calore verso l’ambiente. Dopo circa una settimana la temperatura della zona esterna sale
oltre i 350°C con un conseguente incremento delle perdite, mentre la temperatura della zona più
interna scende di circa 100°C; l’aumento di temperatura della zona esterna, può certamente creare
problemi qualora il materiale del vessel sia progettato per lavorare a bassa temperatura; pertanto si
potrà prevedere un sistema di raffreddamento di emergenza, realizzato ad esempio prevedendo una
sottile intercapedine tra la parete esterna del vessel e il materiale di coibentazione (intercapedine che,
come visto in precedenza, potrebbe influire positivamente anche dal punto di vista dell’isolamento
termico).
Capitolo 6 Accumulo termico con scambio termico diretto
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Evoluzione del profilo termico nell'accumulo poroso -
Very loose random packing E.g., spheres slowly settling 0.44 0.56
Loose random packing E.g., spheres dropped into bed or packed by hand 0.40 to 0.41 0.59 to 0.60
Poured random packing Spheres poured into bed 0.375 to 0.391 0.609 to 0.625
Close random packing E.g., the bed vibrated 0.359 to 0.375 0.625 to 0.641
Thickest regular packing Coordination number = 12 0.2595 0.7405
Tabella A1.1.1 - Valori tipici della porosità per letti di sfere.4
1 Chaoming Song, Ping Wang, Hernán A. Makse "A phase diagram for jammed matter" Nature 453, 629-632 (29
May 2008). 2 Chen K, Cole J et all. “Granular materials: packing grains by thermal cycling” - Nature. 2006 Jul 20; 442
(7100):257. 3 Tale fenomeno, d’altra parte intuitivo almeno in condizioni limite tra letto fisso e letto fluido, è citato in A.W.
Roberts “Developments in silo design for the safe and efficient storage and handling of grain” Proceedings of the 6
th International Working Conference on Stored-product Protection; vol. 1.
4 Tabella tratta da: F.A.L. Dullien, "Porous Media. Fluid Transport and Pore Structure", 2nd edition, Academic Press
Inc., 1992.
Appendici
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La presenza di granelli di dimensioni tra loro molto diverse può far diminuire notevolmente la porosità
specialmente in seguito ad azioni di compattamento, poiché le particelle più piccole si dispongono negli
spazi interposti tra quelle di dimensioni maggiori.
La porosità non risulta omogenea nel letto, ma è solitamente maggiore nella zone a contatto con le
pareti che contengono il letto poroso. Tale effetto risulta tuttavia trascurabile già ad una distanza dalle
pareti pari a 5 volte il diametro equivalente dei costituenti solidi.
A1.2 - Trasmissione delle forze nei materiali granulari.
La distribuzione delle tensioni in un letto di materiale granulare soggetto all’applicazione di una forza
non risulta omogenea: la trasmissione delle forze ha bensì luogo attraverso percorsi preferenziali, che
possono variare anche tra istanti successivi in seguito a variazioni (anche impercettibili) della posizione
delle particelle e alla loro deformazione.
Figura A1.2.1 - Catene di forze in un letto granulare disordinato costituito da una miscela di dischi
fotoelastici di due diverse dimensioni (la luminosità è proporzionale alla compressione a cui il materiale è
soggetto).5
Il fenomeno delle catene di forza influenza anche la trasmissione del calore e della corrente attraverso
materiali granulari, poiché tali fenomeni sono condizionati dalla superficie di contatto tra granelli
adiacenti, che a sua volta dipende (nel caso di materiali elastici secondo la legge di Hertz) dalla forza che
tali granelli esercitano l’uno sull’altro.
È importante notare che al crescere della forza applicata sul materiale poroso, si ha una redistribuzione
più equa delle tensioni all’interno del materiale: si veda in proposito il grafico di figura A1.2.2.
5 T Aste, T Di Matteo and E Galleani d’Agliano "Stress transmission in granular matter" J. Phys.: Condens. Matter
14 (2002) 2391–2402.
Appendici
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Figura A1.2.2 - Probabilità, in un letto di particelle di acciaio con diametro di circa 3 mm soggette a
diversi carichi, che ciascuna particella sia soggetta ad una forza F diversa da quella media <F> (il carico
di 164,6 kg corrisponde ad una pressione complessiva sulla superficie del letto di 1185 Pa).6
A1.3 - La legge di Janssen.
L’andamento della pressione p in funzione della profondità H, in un letto di materiale granulare
all’interno di un contenitore, non segue la legge di Stevino, bensì quella di Janssen. Il materiale
granulare, distribuito causalmente in un contenitore, può infatti dar vita a degli “archi”, strutture che si
auto generano dall’interazione tra i granelli e che tendono a scaricare le forzi verticali, orizzontalmente
sulle pareti del contenitore.7
La componente media verticale e orizzontale della pressione non sono uguali, ed il loro rapporto è
indicato con il simbolo λ:
v
o
p
p = λ eq. A1.3.1
Il valore di pv non è costante in tutta la sezione orizzontale del letto, risulta bensì un po’ maggiore al
centro e inferiore alla media vicino alle pareti (la teoria di Janssen si fonda tuttavia sull’ipotesi che pv sia
costante lungo il diametro). 8 Il valore di pv può essere calcolato come segue:
( )Λ⋅ρ⋅⋅Λ − H / v 1− e g = p eq. A1.3.2
dove il simbolo Λ rappresenta la profondità critica del letto oltre la quale la pressione raggiunge un
valore asintotico, calcolabile mediante l’equazione A1.3.3:
sopareti
so
P f
S =
⋅λ⋅Λ eq. A1.3.3
dove Sso è la superficie della sezione orizzontale del letto, Pso il suo perimetro, fpareti il coefficiente di
attrito tra materiali granulare e pareti del letto.
6 W.L. Vargas, J.J. McCarthy “ Stress effects on the conductivity of particulate beds” Chemical Engineering Science
57 (2002), pp.3119-3131. 7 U. M. Bettolo, A. Puglisi, A. Vulpiani “La forza dei granelli” Le Scienze n. 408, Agosto 2002.
8 E. Carboni , tesi di Laurea “Progettazione di prova su tavola vibrante di silos a fondo piano contenente materiale
granulare” Alma Mater Studiorum -Università di Bologna, anno accademico 2011/2012.
Appendici
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Se non noto sperimentalmente il valore del coefficiente di attrito tra materiale granulari e pareti può
essere stimato come segue: 9
reti lisce per pa) tg(0,50
anza lisceeti abbast per par) tg(0,75
scabre eti molto per par ) tg(
= f
attr
attr
attr
pareti
ϕ⋅
ϕ⋅
ϕ eq. A1.3.4
dove φattr è il coefficiente di attrito interno del materiale poroso.
Il rapporto λ può invece essere ricavato attraverso l’equazione di Camiz (se l’angolo di attrito tra pareti
materiale granulare δattr è prossimo a φattr) mediante quella di Rankine (se l’angolo di attrito tra pareti e
materiale granulare tende a zero).
( )( )
( )( )
0 se 1 + sen
1 − sen
= se 1 + sen
1 − sen
=
attrattr
attr
attrattrattr
2attr
2
→δϕ
ϕ
ϕδϕ
ϕ
λ eq. A1.3.5
Se le pareti sono lisce o abbastanza lisce si può prendere un valore intermedio tra quello dato dalle due
equazioni.
Si noti che quando φattr è uguale a 0 o uguale a π/2, l’andamento delle pressioni risulta uguale a quello
previsto dalla legge di Stevino: la profondità asintotica tende a raggiungere il suo minimo per valori
interni a questo intervallo
A1.4 - Espansione termica del materiale granulare e legge del pistone.
Per valutare l’andamento delle pressioni in un materiale granulare all’interno di un recipiente a sezione
circolare in presenza di fenomeni di espansione termica può essere utile far riferimento ai modelli
sviluppati per analizzare le conseguenze del rigonfiamento dei cereali nei silos, a causa di un aumento
dell’umidità. Un aumento di umidità del 15% del chicco di grano può infatti produrre un aumento del
volume complessivo della massa di cereale del 1,2%,10 comparabile o superiore con la variazione di
volume subita dai materiali ceramici granulari alle alte temperature, a causa della variazione di
temperatura legata al susseguirsi delle fasi di carica e scarica; ad esempio il coefficiente di espansione
termica lineare del SiC risulta 5,5 ·10-6 per temperature comprese tra 1000°K e 1500°K,11 producendo
un’espansione di circa lo 0,3% in presenza di una variazione di temperatura di 500°K. L’allumina invece
presenta un coefficiente di espansione termica circa doppia nel medesimo intervallo di temperature,
come illustrato nell’appendice A3.
Una prima stima delle pressioni orizzontali e verticali durante l’espansione del materiale granulare potrà
essere calcolata mediante l’equazione A1.4.1, detta “del pistone”, ricavabile in modo analogo alla legge
di Janssen, tenendo però conto che in questo caso la forza di attrito del materiale granulare con le
pareti è diretta in senso opposto rispetto al caso in cui si ha l’azione della sola forza di gravità.
( )−1 e g = p H / v
Λ⋅ρ⋅⋅Λ eq. A1.4.1
9 P.Pozzati “Teoria e tecnica delle strutture. Volume 1°- Preliminari e fondamenti” UTET 1987.
10 A.W. Roberts “Developments in silo design for the safe and efficient storage and handling of grain” Proceedings
of the 6th
International Working Conference on Stored-product Protection; vol. 1. 11
Ioffe Phisico Technical Institute, electronic archive http://www.ioffe.ru/SVA/NSM
Appendici
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Anche in questo caso, ovviamente, si potrà ricavare la pressione orizzontale che agisce sulle pareti del
recipiente a sezione circolare conoscendo il rapporto λ, sebbene in tal caso essa possa risultare un po’
superiore. 12
Nella realtà si osserva che nel grano, durante l’espansione legata all’aumento di umidità, si ha la
formazione di uno strato limite di materiale solidale con il recipiente, e lo scorrimento verso l’alto della
porzione di materiale di forma tronco-conica interna allo strato limite. 13 La formazione dello strato
limite dipende tra l’altro dalla distribuzione non omogenea dell’aumento di umidità, che nei silos
generalmente ha luogo soprattutto nella zona assiale, a causa della particolare circolazione dell’aria e
alla localizzazione delle prese d’aria. Anche nel materiale granulare impiegato per l’accumulo di calore,
d’altra parte, l’espansione termica potrebbe aver luogo soprattutto nella zona assiale, poiché la zona
prossima alle pareti verticali potrebbe avere una funziona di isolamento termico più che di accumulo:
dunque anche in questo caso il modello sviluppato per il rigonfiamento del grano può avere una validità
nell’ambito di questa tesi.
A secondo della particolare geometria dello strato limite si hanno diversi valori della pressione,
compresi tra il valore dato dall’equazione A1.4.1 e quello dato dall’equazione A1.3.2. Anche senza
conoscere la geometria dello strato limite si può quindi stimare un range di valori plausibili per la
pressione a cui deve resistere il recipiente contenente il materiale granulare.
A1.5 - Stima delle pressioni in un letto di carburo di silicio granulare.
Di seguito sarà calcolata una stima orientativa delle pressioni in un letto di SiC granulare.
Il peso proprio del letto risulta di circa 1896 kg/m3 (valore calcolato tenendo conto di una porosità del
letto dello 0,4%).
Nel grafico di figura A1.5.1 è rappresentato l’andamento della pressione in direzione verticale in
funzione della profondità in assenza di espansione termica, sia nell’ipotesi che il contenitore del SiC
abbia pareti lisce (basso coefficiente di attrito tra pareti e SiC granulare), che nel caso abbia pareti
scabre, per raggio del contenitore pari a 1 o 2 m.
L’angolo di attrito φattr del materiale è stato stimato sulla base della correlazione di Schmertmann
(1978) e per sabbia grossa uniforme e sabbia media uniforme con densità relativa tra 0,6 e 0,8, risulta
circa compresa tra 0,42 e 0,37:14 per la stima si è scelto un valore intermedio di 0,4. La relazione di
Schmertmann è valida per materiali sciolti: se si formassero legami tra i granelli di SiC (parziale
sinterizzazione) il valore dell’angolo di attrito sarebbe più elevato, ed il comportamento del sistema
potrebbe risultare un po’ più simile a quello previsto dalla legge di Stevino.
Utilizzando materiale a granulometria inferiore, con migliore graduazione, o con maggiore porosità, il
valore di φattr tenderebbe invece a subire una riduzione, con conseguente diminuzione del valore
asintotico della pressione previsto dalla legge di Janssen.
12
A.W. Roberts “Developments in silo design for the safe and efficient storage and handling of grain” Proceedings of the 6
th International Working Conference on Stored-product Protection; vol. 1.
13 A.W. Roberts “Some aspect of grain silo wall pressure research – influence of moisture content on loads
generated and control of pressures in tall multi-outlet silos” Proceedings Conference Chicago May 11-24 1988. 14
J. Facciorusso, C. Madiai, G. Vannucchi – “Dispense di Geotecnica”, Dipartimento di Ingegneria Civile – Sezione Geotecnica, Università degli Studi di Firenze - ultima revisione 2006.
Appendici
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 284
Come illustrato nel grafico, è possibile regolare l’andamento delle pressioni intervenendo anche su
coefficiente di attrito tra pareti di contenimento e materiale granulare, nonché sul raggio del letto di
materiale granulare (supposto cilindrico).
Figura A1.5.1
La pressione orizzontale nel caso di pareti lisce e nel caso di pareti scabre vale rispettivamente il 32% ed
il 42% di quella verticale.
In presenza di espansione termica del materiale granulare, applicando la legge del pistone ed
impiegando gli stessi dati utilizzati per il grafico A1.3, si ottiene il grafico di figura A1.5.1. Per quanto
detto in precedenza, la pressione effettiva risulterà, in fase di espansione, intermedia tra quella così
calcolata e quella data dalla legge di Stevino.
Si osserva infine che il valore di λ dato dall’equazione di Camiz per il carburo di silicio in analisi è pari a
0,32, mentre quello dato dall’equazione di Rankine vale 0,42; la componente orizzontale Po della
pressione può essere calcolata moltiplicando tali valori per Pv.
Appendici
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Figura A1.5.2
Appendici
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Appendice A2:
Stima del coefficiente di conduttività effettiva per materiali granulari.
Il trasferimento di calore attraverso un letto poroso (costituito da particelle di materiale solido e da una
matrice gassosa) è un fenomeno complesso, che coinvolge almeno i 4 seguenti meccanismi di scambio
termico:
- la conduzione nel materiale solido,
- la conduzione nel fluido considerato stagnante,
- la convezione nel fluido,
- l’irraggiamento tra le superfici del materiale solido.
Questi meccanismi tendono peraltro ad interagire tra loro, sebbene ciò possa essere trascurato almeno
in prima approssimazione: il materiale poroso potrà quindi, in generale, essere descritto in analogia ad
un materiale solido convenzionale, stimando la conduttività termica effettiva keff in funzione degli
effetti della conduttività termica riconducibile ai diversi meccanismi di scambio termico; in questa tesi
gli effetti della convezione nel materiale gassoso saranno considerati a parte, come illustrato nel
capitolo 6, poiché i suoi effetti locali dipendono da dinamiche globali del materiale di accumulo (tale
approccio è analogo a quello impiegato in IAEA-TECDOC-1163, 2000. Heat transport and afterheat
removal for gas cooled reactors under accident conditions. IAEA, Vienna)
A2.1 - Relazioni per la stima di keff.
Esistono numerose relazioni, più o meno complesse, che permettono di stimare la conduttività termica
effettiva; in questa tesi sarà preso in esame il modello proposto da W. van Antwerpen, C.G. du Toit, P.G.
Rousseau in “A review of correlations to model the packing structure and effective thermal conductivity
in packed beds of mono-sized spherical particles” - Nuclear Engineering and Design 240 (2010) 1803–
1818, che consente di calcolare keff o (ktot , come indicata in parte della letteratura scientifica) come
segue:
k tot = kgas + kcon + krad eq. A2.1.1
dove kgas è la conduttività effettiva attraverso il fluido stagnante e i punti di contatto delle particelle
solide, kcon è la conduttività effettiva attraverso l’area di contatto tra le particelle solide, krad è la
conduttività effettiva prodotta dalla componente radiativa dello scambio termico; la conduttività legata
alla trasmissione del calore all’interno delle particelle solide è considerata nel computo delle diverse
componenti di ktot. In letteratura scientifica sono rintracciabili molteplici relazioni per la stima di queste
componenti, basate per lo più sui seguenti parametri:
- porosità del letto φ (si veda in proposito l’appendice A1);
- diametro (o diametro equivalente) dei suoi componenti solidi dp;
- l’emissività dei componenti solidi εs;
- la disposizione spaziale dei componenti e le loro proprietà meccaniche;
Appendici
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- conduttività dei costituenti solidi ks e del fluido kf ed il loro rapporto ratiok:
ratiok = k f
ks eq. A2.1.2.
Il valore dell’emissività dei componenti solidi dipende dal materiale e risulta variabile con la
temperatura (anche se in prima approssimazione può essere ritenuto costante in ampi range della
stessa). Nell’appendice A3 sono illustrati valori ed equazioni per il calcolo dell’emissività dei materiali
analizzati in questa tesi.
Il valore della conduttività termica delle particelle solide, dipende materiale di cui sono composte, dalla
loro porosità interna e dalla temperatura. In figura 3.2.1 (nel Capitolo 3) è illustrato l’andamento della
conduttività in un ampio range di temperatura per alcuni materiali ceramici. In appendice A3 sono
riportati dati e relazioni per la stima di ks.
La conduttività termica del fluido kf dipende invece dalla temperatura e dalla pressione. Il software EES,
impiegato per simulare il comportamento del letto poroso (nel capitolo 6) e per il calcolo di keff , include
delle librerie contenenti le proprietà fisiche al variare di pressione e temperatura di numerosi gas e
fluidi tecnici, compresi quelli di interesse nell’ambito di queste tesi; le loro proprietà al variare della
temperatura e della pressione saranno perciò calcolati in automatico dal programma.
Passando al calcolo dei componenti della conduttività effettiva, per la stima di kgas si è deciso di
impiegare le formule di Zehner and Schlunder (1970):
dove la formula per il calcolo di B è quella di Hsu et al. (1994).
Per kcon si utilizzerà invece la formula di Kaviany (1994), che fa uso del modello di Hertz per individuare
l’area di contatto tra le particelle solide, e dipende da una serie di parametri tabulati, riportati in tabella
A2.1.1.
Tabella A2.1.1
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Utilizzando i parametri validi per la disposizione delle particelle solide SC (Simple Cubic packing),
indicata nel range di porosità 0,5-0,35, la formula acquisisce il seguente aspetto:
kcon = ks · rc
0,531 · dp eq. A2.1.6
rc = 3 · 1 – Poissonp
2
4 · Ep
· F · dp
2
( 1 / 3 )
eq. A2.1.7
dove Poissonp è il rapporto di Poisson delle particelle solide, Ep il modulo di Young delle particelle solide,
F la forza che agisce sulle stesse, che per letti di particelle soggette solo al loro peso proprio può essere
calcolata con la seguente formula:
F = H ip · ρp · ( 1 – φ) · g · dp2
eq. A2.1.8
dove Hip è l’altezza del letto di particelle solide che sovrasta lo strato per il quale si sta calcolando kcon, g
l’accellerazione di gravità e ρp la densità delle particelle solide. Quasi certamente tale modello per il
calcolo di F risulta valido solo per letti di particelle con bassi valori del rapporto altezza/raggio, poiché
adotta implicitamente l’equazione di Stevino, anziché quella di Janssen (si veda appendice A1).
Figura A2.1.1 – Risultati prodotti da alcune relazioni per il calcolo di keff e confronto con dati
sperimentali.15
15
Grafico tratto da: W. van Antwerpen, C.G. du Toit, P.G. Rousseau in “A review of correlations to model the packing structure and effective thermal conductivity in packed beds of mono-sized spherical particles” - Nuclear Engineering and Design 240 (2010) 1803–1818
Appendici
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Nel grafico di figura A2.1.1, la somma dei risultati delle formule di Zehner and Schlunder (1970) e
Kaviany (1994) è confrontata con dati sperimentali ottenuti a temperatura ambiente (componente
radiativa trascurabile) e con i risultati di altre formule (tutti i dati sono relativi a φ = 0,36). In ascissa il
grafico riporta κ, che è il reciproco di ratiok, ossia il rapporto tra la conduttività della componente solida
e quella della componente fluida.
Alcuni valori di κ che possono risultare d’interesse nell’ambito di questa tesi sono riportati in tabella
A2.1.2 e sono stati calcolati utilizzando i valori della conduttività dell’aria e dei materiali ceramici per i
quali la formula è impiegata a temperatura ambiente (allumina, ceramica, silice), e ad alta temperatura
(allumina, carburo di silicio); la conduttività dell’aria, prossima peraltro a quella dell’azoto nelle
medesime condizioni di temperatura e pressione, mostra una dipendenza trascurabile dalla pressione
nel range valutato (tra 0,1 e 9 bar).
Valore di κ calcolato per un letto di particelle di allumina in atmosfera di aria
karia
[W/(°C*m)] kS
[W/(°C*m)] κ=ks/kf
T=25°C; 0,1 bar<P<9 bar 0,026 40 – 0,45 1540 – 17
T=1500°C; 0,1 bar<P<9 bar 0,104 15 - 2,8 144 – 27
Tabella A2.1.2
Per i valori di κ indicati in tabella, le suddette formule tendono a approssimare bene o a sovrastimare
leggermente i dati sperimentali. Nel calcolo delle dispersioni termiche, una leggera sovrastima della
conduttività effettiva risulta cautelativa, e questo è uno dei motivi per cui tale formule sono state scelte,
che si aggiunge all’ampio intervallo di validità, alla dipendenza da variabili facilmente stimabili, alla
relativa semplicità. Tali formule, insieme a quella di Breitbach and Bartels (1980) per la stima della
componente radiativa, sono state peraltro impiegate nell’ambito del progetto SANA per la valutazione
delle dispersioni termiche che hanno luogo in caso di guasto all’interno di un reattore nucleare di 4°
generazione.16
Nell’ambito del medesimo studio sono presentati dati che confermano la bontà dell’impiego di queste
tre formule anche ad alta temperatura (si veda paragrafo A2.2), si è inizialmente stabilito di impiegare la
formula di Breitbach and Bartels (1980) per il calcolo di krad; tale formula è di seguito riportata:
L’emissività del SiC risulta compresa tra 0,83 e 0,96 nell’intervallo di temperatura compreso tra 150 °C e
650 °C;29 secondo dati provenienti da fonti di dubbia affidabilità30, l’emissività del carborundum 1010 °C
dovrebbe essere pari a 0,92.
Bisogna considerare che alle alte temperature il fenomeno di ossidazione superficiale produce un layer
di SiO2 che riveste il carburo di silicio, influenzandole le proprietà ottiche. Secondo quanto riportato da
P. Mullinger e B. Jenkins in “Industrial and Process Furnaces Principles, Design and Operation”-
Ed.Butterworth-Einemann, ad una temperatura compresa tra 600 e 800 °K, il carburo di silicio ossidato
a 1367 °K per un’ora, presenta un’emissività compresa tra 0,5 e 0,55, con andamento decrescente
all’aumentare della temperatura. Altre relazioni reperite nello stesso testo individuano una emissività
del carburo di silicio sinterizzato a partire da polveri a circa 0,8 ad una temperatura di 1000 °C.
In assenza di dati sperimentali più affidabili si è stabilito di fissare cautelativamente a 0,8 l’emissività dei
granelli o delle sferette di SiC nel calcolo della conduttività equivalente del materiale granulare.
A3.2.c - Modulo di Young e rapporto di Poisson del SiC.
Per quanto riguarda il modulo di Young, non sono state reperite relazioni o misurazioni alle alte
temperature del SiC policristallino, perciò si è deciso di impiegare fino a 1300 °C la seguente formula,
valida per materiali prodotti mediante sinterizzazione di alfa-SiC, con T espressa in °C ed E in GPa:31
ESiC = 415 - 0,023·T eq. A3.2.2
Per temperature oltre 1300 °C, si adotterà un valore più cautelativo di 200 GPa poiché alcuni fonti
indicano per le alte temperature valori inferiori a quelli previsti dall’equazione A3.2.2. 32
Il rapporto di Poisson sembra abbastanza costante nel range di temperature di interesse e sarà preso
pari a 0,16.
26
M. Neuberger “Silicon carbide data sheets” Air Force Materials Laboratory, E.P.I.C.; June 1965 27
J.P. Crocombette, L. Gelebart “Multiscale modeling of the thermal conductivity of polycrystalline silicon carbide” - Journal of Applied Physics, 2009 28
reperita nel sito dell’Advanced Energy Technology Group - U.C. San Diego (http://aries.ucsd.edu/LIB/PROPS/PANOS/sic.html) 29
A. Bejan, A. D. Kraus “Heath Transfer Handbook” Wiley 2003 - capitolo 8 30
R.G. Munro “Material properties of a sintered-SiC” - J. Phys. Chem. Ref. Data, 1997 32
Il sito http://www.memsnet.org/material/siliconcarbidesic/ riporta per 1400°C valori di E compresi tra 200 e 320 GPa, indicando come fonte del dato: “CRC Materials Science and Engineering Handbook”, p.508
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A3.2.d - Calore specifico del SiC.
Per il calcolo del calore specifico del SiC è stata ricavata,a partire dai dati riportati dall’ Advanced Energy
Technology Group - U.C. San Diego, la seguente equazione (con T espressa in °C e cSiC in J/kg°K):
cSiC = 25,3116 + 178,337·LN(T) eq. A3.2.3
A3.3 - Ceramica refrattaria “general duty” (con particolare riferimento a sfere ceramiche)
Nell’appendice A2 è stata calcolata la conduttività termica di sferette in materiale ceramico refrattario
con caratteristiche paragonabili a quelle di un mattone “firebrick general duty” costituito per circa il
60% da SiO2 e per il 35% da Al2O3, con una porosità effettiva della frazione solida del 21% ed un peso
specifico di 2,02 kg/cm3.
Tale materiale presenta una refrattarietà sotto carico33 fino a 1400°C (se si desiderano refrattarietà
sotto carico maggiore è necessario far uso di ceramiche a più alto contenuto di allumina).
Di seguito sono riportate le proprietà termiche e meccaniche salienti di tale materiale.
A3.3.a - Conduttività termica della ceramica “g.d.”
Una relazione per la conduttività termica di questo materiale è stata ricavata interpolando i dati
riportati in Peter Mullinger e Barrie Jenkins “Industrial and Process Furnaces Principles, Design and
Operation “ Ed.Butterworth-Einemann (con T è in °C e kceramic in W/m°C):
kceramic= 0,00057 · T + 0,4392 eq. A3.3.1
A3.3.b - Emissività della ceramica “g.d.”
Per mattoni refrattari a basso contenuto di allumina (circa 25%) l’emissività può essere calcolata
mediante l’equazione A3.1.134 Peter Mullinger e Barrie Jenkins “Industrial and Process Furnaces
Principles, Design and Operation “ Ed.Butterworth-Einemann formula nel range 300-1300°C (nella
formula T è espressa in °K):
εceramic = 0,9 - 20 · 10 -5 · TK eq. A3.3.2
Il grafico di figura A3.3.1 sembra confermare la validità di tale relazione.
33
Si veda paragrafo A3.5.a per la definizione di refrattarietà sotto carico. 34
Reperita in: Peter Mullinger e Barrie Jenkins “Industrial and Process Furnaces Principles, Design and Operation “ Ed.Butterworth-Einemann
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Figura A3.3.1 – Emissività di alcuni materiali refrattari alle alte temperature.35
A3.3.c - Modulo di Young e rapporto di Poisson della ceramica “g.d.”
il modulo di Young e di Poisson sono stati posti rispettivamente pari a 9,6 · 109 Pa e 0,10 (valori
cautelativi ripresi da: Charles A. Schacht “Refractories Handbook” Marcel Dekker, Inc. - 2004).
A3.3.d - Calore specifico ed entalpia della ceramica “g.d.”
Il calore specifico della ceramica “general duty” può essere calcolato, in prima approssimazione, come
media pesata del calore specifico dell’allumina e di quello della silice, sulla rispettiva massa molare
(MM) e frazione di composizione, come mostrato nell’equazione A3.3.3; poiché i minerali presenti in
percentuali minori (MgO, Fe2O3, TiO2) presentano calori specifici e masse mediamente assimilabili a
quelle dell’allumina, si è considerato che l’allumina costituisca il 40% della ceramica.
Al2O3SiO2
Al2O3Al2O3SiO2SiO2ceramic
MM + 0,40 MM 0,60
MM 0,40 (T) + c MM 0,60 (T)c c
⋅⋅
⋅⋅⋅⋅= eq. A3.3.3
Nella precedente equazione, si possono calcolare i calori specifici di silice e allumina rispettivamente
attraverso le equazioni A3.4.4 e A3.1.5. Sostituendo nell’eq. A3.3.3 i valori delle masse molari si ottiene:
0,531(T) c 0,469 + (T) c c Al2O3SiO2ceramic ⋅⋅= eq. A3.3.3
Per l’entalpia specifica al variare della temperatura si è costato essere presente una differenza dello 1%-
2% rispetto a quella dell’allumina, ed in prima approssimazione si può dunque usare la formula A3.1.6.
A3.4 - Sabbie refrattarie (con particolare riferimento a sabbie silicee e oliviniche).
Le proprietà fisiche (ma anche il costo) delle sabbie dipendono dalla loro composizione, che può essere
alquanto varia. In particolare le proprietà termiche (conduttività della frazione solida, calore specifico,
35
Bureau of Energy Efficiency, Ministry of Power, India. Energy Efficiency in Thermal Utilities. 2005
Appendici
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temperatura di fusione) dipendono in gran parte dai minerali presenti nelle rocce dalla cui degradazione
la sabbia ha avuto origine.
In commercio sono disponibili diverse tipologie di sabbie, di diversa origine, granulometria,
composizione mineralogica. Accanto alle sabbie per impieghi civili, generalmente più economiche, ve ne
sono altre destinate all’industria, come materia prima o per altri usi: ad esempio nel settore
metallurgico sono utilizzate sabbie di quarzo, olivina, cromite o zirconia come refrattari per rivestire i
crogiuli nei quali viene gettato il metallo fuso. Le sabbie possono derivare da depositi fluviali, marini,
glaciali o lacustri, oppure essere prodotte mediante la macinazione di rocce (ad esempio quelle
oliviniche sono tipicamente prodotte mediante la macinazione della Dunite o altre rocce ultramafiche).
A3.4.a - Massima temperatura di impiego delle sabbie refrattarie.
Per quanto riguarda la temperatura di fusione, e quindi la massima temperatura di impiego della sabbia,
una prima stima utile a valutarla può essere fornita dalla temperatura di formazione dei minerali
costituenti le rocce da cui la sabbia si è originata; sabbie fluviali originatesi in vallate circondate da rocce
così dette “Mafiche”, con temperature di solidificazione superiori a 1000°C tendono ad esempio a
presentare temperature di fusione più alte, di quelle costituite da minerali “Felsici” con temperature di
fusione di 600-800°C. Si deve peraltro considerare che la temperature di fusione di alcuni minerali presi
singolarmente risulta assai superiore a quella di una miscela: sabbie di quarzo (SiO2) di elevata purezza
tendono a fondere nell’intervallo tra 1500-1700 °C, tuttavia la presenza di altri minerali, specialmente se
bassofondenti, può provocare la fusione del quarzo a temperature inferiori a 1000°C (ad esempio per
abbassare la temperatura di fusione del vetro, costituito in frazione importante da sabbie quarzose, si
addizionano sostanze a base di sodio). In generale, minerali contenenti sodio, potassio, zolfo, fosforo ed
alluminio tendono ad essere bassofondenti, quelli contenenti ferro, magnesio, calcio, tendono a
fondere a temperature superiori (la presenza di impurezze di ferro o di CaO può tuttavia abbassare
tuttavia il punto di fusione delle sabie quarzose, così come quella di altri minerali).
La temperatura di possibile impiego di una sabbia è peraltro inferiore al punto di fusione: si deve infatti
evitare, se le si vogliono usare come coibentante o materiale di accumulo poroso, la sinterizzazione ed il
rammollimento (che ha luogo soprattutto in sabbie costituite da frammenti di rocce vetrose) che ne
altererebbero le proprietà . Per sabbie quarzose di elevata purezza (SiO2>99%) la temperatura di
sinterizzazione è orientativamente pari a 1450 °C, per quelle di media purezza (SiO2 96%), 1250 °C. Per
sabbie marine silicee ad alto contenuto di conchiglie, circa 1200 °C.36
Il punto di sinterizzazione della sabbia di olivina dipende, oltre che dalle impurità (l’eventuale presenza
di silice libera abbassa la temperatura di fusione) dalle proporzioni tra Forsterite e Fayalite, le due
specie oliviniche che la compongono. Per una sabbia di elevata purezza per impieghi refrattari,
composta per il 94% da Forsterite e per il 6% da Fayalite (che ha punto di fusione più basso) la
sinterizzazione si ha intorno a 1400°C.37
Sia per la sabbia di silice che per quella di olivina si è ipotizza che la temperatura massima di esercizio sia
di 50°C inferiore a quella di sinterizzazione, sebbene il mantenimento di temperature così elevate per
un considerevole lasso di tempo ed in presenza di pressioni trai granuli (prodotte dal peso proprio del
36
John R. Brown “Foseco Ferrous Foundryman’s Handbook “ Butterworth-Heinemann 2000 37
http://www.laviosa.it
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materiale) dovrebbe essere sottoposto ad esame in relazione alla possibilità di una parziale fusione trai
granuli con conseguente aumento della conduttività effettiva del materiale.
A3.3.b - Conduttività termica delle sabbie refrattarie.
Per quanto riguarda la conduttività termica della frazione solida della sabbia, una stima grossolana può
essere determinata sulla base delle presenza di quarzo: esso è generalmente presente nelle sabbie
presenta una conduttività termica a temperatura ambiente alquanto superiore alla media degli altri
minerali più diffusi. Johansen propose nel 1975 il seguente modello per il calcolo della conduttività ks
della frazione solida della sabbia a temperatura ambiente (in W/m°C):
≤⋅
⋅
0,2 se P 7,7 3,0
2 se P > 0, 7,7 2,0 = k
P1−p
P1−P
s eq.A3.4.1
dove P rappresenta la frazione della sabbia costituita di quarzo, e 7,7 W/m°C è la conduttività del
quarzo, mentre 2,0 e 3,0 W/m°C rappresentano la conduttività media degli altri costituenti solidi.
La conduttività di un buon numero di minerali a temperatura ambiente e alcuni modelli più sofisticati
per il calcolo di ks sono reperibili ad esempio nell’articolo di Jean Côté and Jean-Marie Konrad “A
generalized thermal conductivity model for soils and construction materials” Can. Geotech. J. Vol. 42,
2005.
A temperature superiori a quella ambiente, la maggior parte dei minerali tende a ridurre la propria
conduttività o mantenerla pressoché costante . Il grafico di figura A3.4.1 mostra la conduttività di un
cristallo di quarzo a 5 MPa, evidenziandone il dimezzamento per temperature tra 250 e 800 °C (rispetto
al valore registrato a temperatura ambiente). Dal grafico è stata ricavata la seguente equazione (con la
temperatura T in °C e kSiO2 in W/m°C) per determinare la conduttività del quarzo.
kSiO2 = - 0,000000012 · T3 + 0,0000326 · T2 - 0,0233 · T + 8,2237 eq.A3.4.2
Figura A3.4.1 – Dipendenza dalla temperatura della conduttività termica di un cristallo singolo di quarzo
soggetto ad una pressione di 5 MPa.38
38
E.C. Robertson “thermal properties of rocks” United States Department of the Interior Geological Survey 1988
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I grafici di figura A3.4.2 illustrano la conduttività media statistica di alcune macrocategorie di rocce,
evidenziando un andamento decrescente all’amentare della temperatura nel range 0-1000 °C con valori
indicativamente prossimi a 2 W/m°C.
Figura A3.4.2 –Distribuzione statistica della conduttività termica di alcune tipologie di rocce.39
Per sabbie composte da un’elevata percentuale di quarzo (almeno superiore al 30%), si potrà ipotizzare
di approssimare il valore effettivo di ks mediante l’impiego delle formule di eq. A3.4.1, dove al valore 7,7
viene sostituito al variare di T il valore kSiO2 ricavato mediante l’equazione A3.4.1. Per sabbie costituite
da basse percentuali di quarzo, si potrà semplicemente utilizzare un valore approssimativo di 2,5 W/m°C
indipendente dalla temperatura, cautelativo nel range 150-1000 °C.
Per quantificare la conduttività termica delle olivine, si può far riferimento al grafico di figura A3.4.3.
39
Di Harsh K. Gupta -Encyclopedia of Solid Earth Geophysics, Volume 1- Springer 1989
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Figura A3.4.3 – Conduttività termica delle olivine espressa in funzione della composizione e della
temperatura. 40
A3.3.c - Emissività delle sabbie refrattarie.
Per quanto riguarda l’emissività delle particelle solide che compongono la sabbia, questa risulta di
difficile determinazione: alla carenza di dati sperimentali per le alte temperature si somma l’influenza
giocata dalla scabrezza superficiale (generalmente una maggiore ruvidità fa aumentare l’emissività),
dalla presenza di impurità, dalla dimensione dei cristalli (una maggiore dimensione di questi può
produrre trasparenza e quindi una minore emissività, mentre una struttura microcristallina rende i
granelli della sabbia opachi).
Al fine di calcolare la conduttività effettiva di un materiale poroso ad alta temperatura risulta necessario
quantificare lo scambio termico radiativo che ha luogo al suo interno, e risulta quindi necessaria,
indipendentemente dalle difficoltà, una stima di massima dell’emissività.
Si premette che l’andamento dell’emissività nei dielettrici (quali sono gran parte dei minerali costituenti
le rocce) presenta un andamento generalmente caratterizzato da una riduzione della stessa
all’aumentare della temperatura, come illustrato dalla figura A3.4.4.
40
E.C. Robertson “thermal properties of rocks” United States Department of the Interior Geological Survey 1988
Appendici
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 318
Figura A3.4.4 –Emissività di alcune sostanze, tra cui silice, al variare della temperatura.41
In letteratura scientifica sono stati reperite alcune misurazioni relative all’emissività di un letto
fluidizzato di sabbia di composizione non specificata, comprese nel range 0.6 - 0.9 per temperature
comprese tra 400 e 800 °C; i dati confermano una riduzione dell’emissività con l’aumentare della
temperatura (si veda figura A3.4.5). Biosogna comunque considerare che l’emissività del letto fluido e
quella delle singole perticelle sono grandezze correlate, ma distinte. Una correlazione tra le due
grandezze è riportata nell’articolo di A.P. Baskakov , B. Leckner “Radiative heat transfer in circulating
fluidized bed furnaces” Powder Technology 90 (1997) 213-218, che riporta anche il valore
dell’emissività dei granelli della sabbia silicea (ad una temperatura non precisata), pari a 0,6.
Figura A3.4.5 –Misurazioni, a diversa temperatura, dell’emissività di un letto fluidizzato.42
41
Polezhaev, Yu. V. “HEAT PROTECTION” DOI: 10.1615/AtoZ.h.heat_protection
300 700
Appendici
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L’emissività dei granelli di SiO2, come già segnalato, presenta una notevole variabilità in dipendenza
della struttura cristallina. La seguente tabella mostra alcuni valori misurati per silice in forma vetrosa,
quarzo e una non specificata qualità di silice priva di impurità di ferro.
Emissività di alcuni materiali a base di SiO2.43
Temperatura
[°C] Emissività
282 0,9 Vetro di quarzo 1,98 mm di spessore 838 0,41
Risulta necessario osservare che i cristalli di quarzo puro ed ancor più il vetro di quarzo presentano una
rilevante trasmissività della radiazione elettromagnetica sia nel visibile che nell’infrarosso (lunghezze
d’onda inferiori a circa 2,4 µm)44 e questo potrebbe influenzare in modo non trascurabile la conduttività
della sabbia silicea ad elevate temperature: se da una parte l’elevata trasmissività ridurrebbe la
componente della radiazione assorbita, limitando lo scambio termico radiativo, dall’altra avrebbe
l’effetto di consentire il trasferimento di energia termica a maggiore distanza, e quindi tra superfici
sottoposte ad una più elevata differenza di temperatura, aumentando il valore dell’energia scambiata.
La silice microcristallina può risultare d’altra parte opaca, anche per elevate purezze.
La sabbia silicea impiegata per la produzione del vetro, nello studio “Thermal and chemical behavior of
glass forming batches” Oscar S. Verheijen. - Technische Universiteit Eindhoven, 2003, viene considerata
opaca; lo studio riferisce peraltro che sono necessarie ingenti percentuali di frammenti di vetro
trasparente (più del 50%) affinché la conduttività del letto poroso costituito dalle materie prime
accresca in modo rilevante sua propria conduttività termica.
Nell paragrafo A2.2.d (appendice A2) saranno analizzati alcuni dati sperimentali relativi alla conduttività
di letti di sabbia di silice, al fine di valutare quali siano le ipotesi più realistiche in riferimento alle
proprietà ottiche di tale materiale. Un’ipotesi può essere quela di porre l’emissività pari a 0,8 per
temperature inferiori a 400°C (alle basse temperature lo scambio termico radiativo risulta comunque
contenuto rispetto ad altri meccanismi di trasmissione del calore), pari a 0,65 per temperature
superiori a 400°C.
42
Jai Chul Lee, Gui Young Han and Chang Keun Yi “HEAT TRANSFER IN A HIGH TEMPERATURE FLUIDIZED BED” Korean J. Chem. Eng., 16(2), 260-264 (1999) 43
dati ripresi da “Table of Emissivity of varois surfaces -Mikron Instrument Company, Inc.” e da: http://www.holanengineering.com/sitebuildercontent/sitebuilderfiles/emissivity_1.pdf 44
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A3.3.d - Modulo di Young e rapporto di Poisson delle sabbie refrattarie.
W.A.Zisman45 riporta per il modulo di Young di alcune tipologie di rocce americane a temperatura
ambiente valori compresi tra 15 e 100 GPa; per il quarzo esso vale 66 GPa. Il rapporto di Poisson varia
invece, sempre per le medesime rocce, tra 0,07 e 0,28; anche in questo caso il valore del quarzo è circa
intermedio e pari a 0,17.
Per il calcolo della conduttività della sabbia si potranno quindi prendere come valori di riferimento quelli
relativi al quarzo. Il modulo di Young certamente tenderà a diminuire al crescere della temperatura,
tuttavia come si può dedurre dall’appendice A2, la sua influenza sul valore complessivo della
conduttività risulta alquanto limitata.
A3.3.e - Calore specifico e capacità termica delle sabbie refrattarie.
Il calore specifico della sabbia e la sua densità dipendono chiaramente dalla composizione mineralogica:
per calcolarli può essere sufficiente una media pesata tra calore specifico e densità delle diverse frazioni
di minerali che le compongono.
Secondo l’articolo di S. Warerkar, S. Schmitz et al. “Air-Sand Heat Exchanger for High-Temperature
Storage” Journal of Solar Energy Engineering, MAY 2011, Vol. 133, la sabbia di quarzo presenta per il
calore specifico l’andamento rappresentato nella curva di figura A3.4.6; tale curva ha permesso di
ricavare la seguente espressione (con la temperatura T espressa in °C e cSiO2 in kJ/kg°C):
cSiO2= 0,0000000005 · T3 - 0,0000013 · T2 + 0,0011 · T + 0,6733 eq.A3.4.3
Figura A3.4.6 – Calore specifico della sabbia di una sabbia di quarzo usata per l’accumulo termico.
Si è tuttavia notata una notevole discrepanza tra il valore dell’entalpia specifica ricavabile a partire da
questi dati e quelli riportati per la silice nel Manuale dell’Ingegnere Meccanico - Hoepli II Edizione: la
differenza tra i primi e i secondi è di ben il 45% in meno! Certamente la diversa struttura cristallina (i
primi dati si riferiscono a quarzo, i secondi a generica silice) potrebbe produrre differenze di calore
specifico, tuttavia una discrepanza così marcata può esser connessa a diverse metodologie di stima e ad
45
W.A.Zisman “Young module and Poisson ratio with reference to geophisical apllication” (1933)
Appendici
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errori di misura, che possono essere particolarmente rilevanti quando le temperature di rilevazione
sono molto elevate.
Il grafico di figura A3.4.7, sembra confermare che i dati riportati nell’articolo S. Warerkar, S. Schmitz et
al. tendo a sottostimare fortemente il calore specifico del quarzo.
Figura A3.4.7 – Calore specifico di alcuni solidi cristallini tra cui Quarzo, Tridimite, Cristobalite che sono
costituiti unicamente da SiO2 (l’Haliteinvece è costituita da NaCl mentre la Cordierite è un minerale
ciclosilicato).46
Non considerando il calore specifico relativo alla trasformazione dell’alfa-quarzo in beta-quarzo
l’andamento del calore specifico del quarzo nell’intervallo di temperature di interesse può essere
descritto dall’eq. A3.4.4 (dove la temperatura è espressa in °C e il risultato in kJ/kg°C) che risulta
cautelativa considerando i dati riportati nel Manuale dell’Ingegnere Meccanico - Hoepli II Edizione, per
temperature superiori a 1350 °K .
cSiO2 = 0,13028 · LN ( T ) + 0,28775 eq.A3.4.4
46
Eugene C. Robertson “THERMAL PROPERTIES OF ROCKS” UNITED STATES DEPARTMENT OF THE INTERIOR GEOLOGICAL SURVEY 1988
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Sia il calore specifico che la densità del quarzo (pari a di circa 2,65 kg/cm3) risultano leggermente
inferiori a quelli di gran parte degli altri minerali: a parità di porosità, le sabbie quarzose hanno dunque
una minor capacità termica di quelle di più varia composizione.47
Cautelativamente si può ipotizzare, per l’accumulo termico, che le sabbie a basso contenuto di quarzo
possiedano le stesse caratteristiche di densità e calore specifico di quelle a base di quarzo.
Per l’olivina, dotata peraltro di densità notevolemente superiore a quella del quarzo (3,2-3,4 kg/ cm3) il
calore specifico risulta pure considerevolmente maggiore di quello del quarzo per percentuali elevati di
Forsterite, come evidenzial il grafico di figura A3.4.8.
Figura A3.4.8 - Calore specifico di alcuni solidi cristallini tra cui Forsterite e Fayalite che compongono le
olivine48
.
47
Stessa fonte della nota precedente. 48
Eugene C. Robertson “THERMAL PROPERTIES OF ROCKS” UNITED STATES DEPARTMENT OF THE INTERIOR GEOLOGICAL SURVEY 1988
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A3.5 - Mattoni refrattari
Sul mercato sono disponibili numerose tipologie di mattoni refrattari, diversi per composizione chimica,
forma, porosità, tecnologia di fabbricazione, e di conseguenza utilizzabili per diverse applicazioni; alcuni
sono costituiti di materiali già analizzati nei precedenti paragrafi, quali Allumina e Silice.
in questo paragrafo verrà tracciato brevemente un quadro delle tipologie di mattoni presenti sul
mercato, che è stato necessario per orientarsi nel settore.
A3.5.a - Tipologie di Mattoni refrattari
Una prima distinzione può essere fatta tra mattoni refrattari strutturali e isolanti. I primi sono pensati
per svolgere funzioni strutturali o di contenimento (ad esempio rivestimento di fornaci e altoforni),
resistendo alle alte temperature e all’attacco agenti chimici. Nei secondi viene invece minimizzata la
conducibilità termica a scapito delle caratteristiche meccaniche e della reattività chimica. Questo viene
fatto ad esempio mediante la presenza di bolle e porosità. Esistono inoltre mattoni con caratteristiche
intermedie a quelle di questi due gruppi.
Una seconda classificazione può essere fatta in base alla composizione chimica; questa influenza tutte le
caratteristiche chimico-fisiche, e quindi ad esempio la refrattarietà chimica, la massima temperatura
operativa, la conducibilità termica…
I mattoni più comuni sono quelli in terracotta refrattaria, realizzati con materie prime largamente
reperibili e relativamente economiche, costituiti essenzialmente da una miscela variabile di Silice (SiO2)
e Allumina (Al2O3). Esistono poi mattoni costituiti da Allumina o Silice quasi pure, con caratteristiche
superiori a quelli dei mattoni costituiti da miscele dei due composti, ma costi più elevati. Altri costituenti
che possono essere presenti con percentuali più o meno elevate nei mattoni refrattari sono la
Magnesia, la Cromite, la Dolomite. Vi sono poi mattoni per impieghi speciali a base di Zirconia,
Carbonio, Carburo di silicio. Alcuni composti, come Na2O K2O TiO2 CaO e Fe2O3, sono spesso presenti in
percentuali limitate nei mattoni refrattari: la presenza delle prime due sostanze (alcali) favorisce la
formazione di una fase vetrosa già a temperature inferiori a 1000 °C, con la conseguente caduta delle
proprietà meccaniche, mentre Fe2O3 e CaO possono pure ridurre la resistenza ad alta temperatura ed
anche favorire le reazioni con il materiale con cui il refrattario entra in contatto.
Data la notevole variabilità di caratteristiche chimiche dei mattoni presenti sul mercato, risulta
necessario valutare caso per caso quale risulti essere la composizione più appropriata all’applicazione in
esame. Nella tabella A3.5.1 sono riportate, a titolo indicativo, le proprietà di alcuni mattoni refrattari
non isolanti.
Con la sigla RUL si intende la refrattarietà sotto carico49 (Refractoriness Under Load), che permette di
individuare una stima della massima temperatura operativa; generalmente viene valutata per un carico
di circa 0,2 MPa che corrisponde alla pressione esercitata alla base di una colonna di mattoni in
terracotta refrattaria di altezza pari a 10 m.
49
La refrattarietà sotto carico è la temperatura oltre la quale il materiale subisce una deformazione dello 0,5% nella direzione in cui viene applicato il carico dato; viene determinata attraverso un riscaldamento del provino di 10°C al minuto.
Appendici
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Con CCS si intende invece la resistenza alla compressione a freddo (Cold Crushing Strength) che è
impiegato, piuttosto che per determinare la resistenza alla temperatura di esercizio, per valutare la
resistenza all’abrasione e la propensione alla fratturazione durante le operazioni di trasporto.
La resistenza agli shock termici è espressa mediante il numero medio delle volte che provino del
materiale riesce a resistere ad un ciclo di riscaldamento fino a 1000°C e ad un successivo repentino
raffreddamento mediante aria; questo valore rappresenta un indice della resistenza allo “spalling”,
fenomeno di separazione di strati o frantumi superficiali di materiale del mattone.
I dati sono stati reperiti su www.alibaba.com e si riferiscono perlopiù a prodotti cinesi; i prezzi indicati sono tutti FOB (ossia includono i costi di trasporto fino al porto più vicino e di imbarco su nave) e sono espressi in dollari statunitensi 2012.
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Tabella A3.5.2 – Rapporto di prezzo tra alcune refrattari, riferiti ai prezzi di mercato tedeschi del 2005.
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
1300 1400 1500 1600 1700
Pre
zzo
[$
/to
n]
Refrattorietà sotto un carico di 2 MPa [°C]
Costo mattoni refrattari - Refrattorietà sotto carico
Mattoni in Magnesia-Spinello (MgO 86% AlO3 10%)
Mattoni in Bauxite (Al2O3 85% min) Mattoni in Silice
(SiO2 93%)
Mattoni in terracotta refr. (Al2O3 circa 40%)
Mattoni in terracotta refr. (Al2O3 circa 65%)
Mattoni di Magnesite(MgO 87%)
Figura A3.5.2 – Prezzi FOB 2012 di mattoni refrattari di diversa tipologia. Il grafico mostra l’esistenza di
una relazione di proporzionalità diretta, almeno per quanto riguarda il campione preso in analisi, tra
refrattarietà sotto carico e prezzo. Trai mattoni in terracotta refrattaria (quadratini in arancione), vi è
una relazione approssimativamente lineare tra prezzo e contenuto di allumina.
Tutti i dati visti fin qui fanno riferimento a mattoni cotti. Tuttavia sono disponibili sul mercato anche
mattoni non cotti, il cui costo risulta più basso; la cottura avviene in questo caso direttamente al
momento dell’impiego alle altissime temperature. Il processo di riscaldamento deve essere controllato
per limitare micro e macro fatturazioni del materiale che possono aver luogo in caso di innalzamento
Appendici
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troppo rapido della temperatura. Ovviamente i mattoni non cotti presentano un impatto ambientale
minore per via del consumo energetico nettamente inferiore legato alla loro produzione.
A3.6 - Grafite
La grafite costituisce una delle forme allotropiche del carbonio; viene classificata come materiale
refrattario e per via delle sue caratteristiche intermedie tra quelle dei metalli e dei non metalli è
considerata un metalloide. I materiali basati sulla grafite spiccano per la loro eccezionale resistenza alle
alte temperature in assenza di agenti ossidanti.
La sua versatilità, le sue peculiari proprietà termiche, elettriche, meccaniche, unite al costo abbastanza
basso e alla plasmabilità in diverse forme ne hanno fatto ipotizzare la possibilità di impiego come
materiale di accumulo termico, e per produzione di calore per effetto Joule; è stato inoltre ipotizzato
l’impiego di grafite ad alta densità per la produzione di tubature di piccolo diametro interno e grande
spessore, per lo scambio termico. Anche la possibilità di una Silicizzazione della grafite in loco, con la
trasformazione in carburo di silicio è stata considerata.
L’abito cristallino della grafite è di tipo lamellare, con gli atomi di carbonio che formano un reticolo
esagonale piano e deboli legami chimici tra i diversi piani atomici; questa struttura conferisce ai cristalli
di grafite una notevole anisotropia; tuttavia i materiali grafitici presenti sul mercato presentano
numerosi difetti e alterazioni del reticolo cristallino, e determinati processi produttivi consentono di
ottenere proprietà isotropiche.
La grafite è un minerale presente in natura, ma i manufatti in grafite prodotti industrialmente vengono
generalmente sintetizzati usando come materia prima i combustibili fossili (carbone e derivati del
petrolio). Questo processo produttivo è soggetto a numerose varianti, che influiscono sulle proprietà
del prodotto finale e che quindi vengono adottate in funzione dello specifico impiego; non esiste una
classificazione comune per caratterizzare i diversi tipi di grafite presenti sul mercato: ogni produttore
utilizza una propria nomenclatura. In alcuni casi vengono commercializzati sotto il nome di grafite anche
materiali costituiti almeno in parte da altre forme allotropiche del carbonio.
A3.6.a - Produzione di manufatti in grafite.
Un tipico processo produttivo è illustrato nella figura A3.6.1 e le sue diverse fasi sono di seguito
descritte:
1) individuazione delle materie prime, classificabili in 4 categorie: materiali di riempimento,
legante, impregnante ed additivi. Come materiale di riempimento può essere utilizzato coke
(tipicamente “petroleum coke”, di purezza elevata, derivante dalla lavorazione del petrolio), ma
possono essere impiegati anche grafite naturale o proveniente dal riciclaggio di manufatti in
grafite sintetica e “carbon black”. Come legante vengono impiegati sostanzialmente catrami e
pece. Le caratteristiche e la composizione delle materie prime influenzano ovviamente le
caratteristiche del prodotto finale. In particolare il contenuto di ceneri presente nella materia
prima deve essere controllato per applicazioni (quali quelle elettroniche o nucleari) che
richiedono una purezza spinta del materiale, mentre può essere utile ridurre il contenuto di
ferro per evitare che questo si comporti da catalizzatore nella reazione di ossidazione della
grafite; è importante anche limitare il contenuto di zolfo ed altri elementi volatili alle alte
temperature raggiunte nella fase di grafitizzazione, quando questi, evaporando, possono
Appendici
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produrre microfratture e infragilimento del materiale (questo effetto, detto “puffing” può
essere anche ridotto mediante l’aggiunta di additivi).
Figura A3.6.1 – processo produttivo di manufatti in grafite.53
2) I materiali di riempimento vengono macinati e mischiate tra loro (e con eventuali additivi) e
impastate con il legante a temperature di 160-170°C (ma talvolta vengono raggiunte anche
temperature di oltre 300°C). La granulometria delle particelle influenza notevolmente la
struttura finale della grafite: a particelle di minor dimensioni corrispondo generalmente una
minor porosità, caratteristiche meccaniche superiori, una maggior coefficiente di espansione
termica ed una maggior isotropia.
3) La miscela viene quindi modellata attraverso un processo di estrusione, di stampaggio o di
compressione isostatica. L’estrusione viene effettuata a caldo (circa 125°C) per favorire la
modellabilità, quindi il prodotto viene rapidamente raffreddato per produrre la solidificazione
della miscela. Tale processo risulta economico anche se può produrre una disposizione
preferenziale dei cristalli in direzione assiale, dando origine ad una certa anisotropia del
prodotto finale, ed è generalmente impiegato per la produzione di elettrodi, tubi, ed altri
elementi che presentano una sezione costante. La compressione isostatica è invece un processo
più costoso, ma consente di ottenere manufatti dotati di una maggiore uniformità ed isotropia.
53
Immagine tratta da: H.O. Pierson “Handbook of Carbon, Graphite, Diamond end Fullerene - Properties, Processing and Applications” –Noyes Pubblication, 1993.
Appendici
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Figura A3.6.2 – I tre tipici processi di modellazione della grafite.54
4) Una volta formata, la miscela carboniosa viene scaldata lentamente (il processo può richiedere
giorni o settimane in base alle dimensioni dei pezzi e ai costituenti) fino a circa 1000°C in
assenza di agenti ossidanti, in modo da ottenere una carbonizzazione (pirolisi) della stessa e
l’allontanamento dei volatili presenti nella materia prima. Al termine di questa fase si ottiene un
pezzo costituito essenzialmente da carbonio, molto poroso, che ha subito un ritiro tipicamente
del 6% rispetto alle dimensioni originali.
5) Il pezzo in carbonio può essere quindi impegnato, ad alte pressioni, con pece o con un polimero
quindi nuovamente sottoposto alla fase di carbonizzazione al fine di ottenere un prodotto
dotato di maggiore densità e migliori proprietà meccaniche. Queste fasi possono ripetersi più
volte, fino ad ottenere le caratteristiche desiderate.
6) Il pezzo in carbonio viene sottoposto al processo di grafitizzazione, effettuato tipicamente
riscaldandolo fino a 3000°C in atmosfera non ossidante, mediante effetto Joule (prodotto da
una corrente elettrica applicata mediante elettrodi alle estremità del pezzo).
7) Infine vengono effettuate eventuali lavorazioni per ottenere la forma desiderata del prodotto
finito. Questa fase risulta in genere abbastanza semplice ed economica.
Questo processo si presta bene a numerose variazioni così da ottenere materiali grafitici e carboniosi ad
hoc per le più svariate applicazioni. Ad esempio, utilizzando opportune materie prime, non facendo
grafitizzare il prodotto, ed apportando alcune modifiche alla fase 4, è possibile ottenere manufatti in
carbonio o in vetro di carbonio. Realizzando una grafitizzazione parziale (sottoponendo il materiale a
temperature massime di 1600-2400°C) si può ottenere la semi-grafite.
54
Immagine tratta da: H.O. Pierson “Handbook of Carbon, Graphite, Diamond end Fullerene - Properties, Processing and Applications” –Noyes Pubblication, 1993.
Appendici
Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Energetica “S. Stecco” 329
I pezzi in grafite possono inoltre essere impregnati con resine sintetiche, silicio, o altri materiali, al fine
di modificarne alcune proprietà fisiche (conduzione termica, porosità…), oppure essere sottoposti
all’applicazione di layer superficiali, composti ad esempio da carburo di silicio o vetro di carbonio.
A3.6.b – Calore specifico della grafite.
Come già spiegato, le proprietà della grafite sono estremamente dipendenti dal processo impiegato per
produrla. Una proprietà che risulta poco dipendente dal processo prodittivo è il calore specifico, il cui
andamento al variare della temperatura è indicato dal seguente grafico, tratto da “Graphite Design
Handbook” General Atomic, Settembre 1988 - DOE-HTGR-88111.
Figura A3.6.3 - Calore specifico della grafite in funzione della temperatura.
A3.6.c – Costi, densità e proprietà meccaniche.
Di seguito sono riportati alcuni grafici, realizzati mediante i dati presentati da vari fornitori55, che
mostrano la relazione esistente tra prezzo e densità, resistenza a flessione e compressione di alcuni
prodotti in grafite modellati in diverse forme e con diversi processi produttivi; questi ultimi influenzano
notevolmente il costo, così come le proprietà del materiale. I manufatti che, tra quelli presi in esame,
presentano resistenza a flessione maggiore di 20 MPa sono tutti modellati mediante compressione
isostatica, mentre quelli realizzati per estrusione presentano resistenza inferiore (e costi più bassi).
55
I dati sono stati reperiti in maggioranza su www.alibaba.com, altri provengono da brochure e siti aziendali (in tal modo è stato possibile assicurare la validità dei dati provenienti dal primo sito) .
Appendici
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Resistenza a flessione e a compressione dei manufatti presi in analisi presentano una forte correlazione
praticamente lineare (la resistenza a flessione è circa la metà di quella a trazione). Forma e dimensioni
dei manufatti (che possono tuttavia influire sulla fattibilità della realizzazione mediante un determinato
processo produttivo) sembrano avere una limitata relazione con il costo. Una certa variabilità dei dati
dipende dal fatto che in alcuni casi i dati reperiti erano sottoforma di range (sia quelli relativi al costo
che alle proprietà fisiche e meccaniche) perciò i valori riportati nei grafici rappresentano in alcuni casi
delle medie tra i valori estremi di questi intervalli; inoltre alcuni fornitori riportano il valore minimo della
resistenza a flessione e compressione assicurati, altri dei valori stimati, altri ancora il risultato di prove
specifiche.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
16000
18000
20000
0 10 20 30 40
Pre
zzo
[$
/to
n]
Resistenza a flessione [MPa]
Costo manufatti in grafite - resistenza a flessione
Figura A3.6.4 - Calore specifico della grafite in funzione della temperatura.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
16000
18000
20000
1,55 1,6 1,65 1,7 1,75 1,8 1,85 1,9
Pre
zzo
[$
/to
n]
Densità [g/cmc]
Costo manufatti in grafite - densità
Figura A3.6.5 - Calore specifico della grafite in funzione della temperatura.
Appendici
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y = 0,4711x + 0,5161R² = 0,9753
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
0 20 40 60 80 100Re
sis
ten
za a
fle
ssio
ne
[M
Pa
]
Resistenza a compressione [MPa]
Correlazione tra resistenza a compressione e a flessione
Figura A3.6.6 - Calore specifico della grafite in funzione della temperatura
É stato possibile individuare una relazione tra purezza della grafite e costo per uno dei manufatti in
esame (degli elettrodi in grafite estrusa) di cui lo stesso produttore mette sul mercato due modelli, uno
con un contenuto in ceneri minore o uguale allo 0,3% l’altro con un contenuto dello 0,005% ed un costo
del 15% superiore a quello del primo (tutte le altre caratteristiche degli elettrodi risultavano uguali); per
tutti gli altri manufatti presi in esame per cui il dato era disponibile, il contenuto di ceneri si manteneva
tra questi due valori estremi.
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APPENDICE A4:
Stima dei prezzi di componenti e materiali.
In questa tesi sono indicati i prezzi, in €, di numerosi materiali e componenti. Le stime di costo sono
state affettuate, per componenti o materiali particolarmente importanti per il sistema di accumulo in
analisi, attraverso la richiesta di preventivi, tramite mail, fax o telefono, alle aziende produttrici; dei
preventivi sono stati ad esempio richiesti per i resistori in SiC e in MoSi2, per il carburo di silicio
granulare di varie tipologie, per i mattoni isolanti refrattari, per i materassini coibentanti in Superwool,
per alcune sabbie refrattarie, per i Pebble Heaters della ATZ-Evus, per le valvole per le altissime
temperature, per i vessel in acciaio e per gli scambiatori a superficie ceramici, sebbene in questo ultimo
caso le aziende contatte non abbiano risposto a nessuna delle richieste inoltrate. Oltre ad una stima del
prezzo sono state contestualmente chieste delucidazioni anche in merito a prestazioni e caratteristiche
dei prodotti.
In altri casi, la stima del prezzo si è basata su dati indicati nella letteratura tecnica o scientifica degli
ultimi anni, in cataloghi dei produttori messi online o, ancora, in alcuni siti internet di e-commerce per le
imprese, quali www.alibaba.com; in quest’ultimo caso si è costatato che non sempre i prezzi indicati
risultavano corretti (alcuni produttori indicano prezzi fortemente inferiori per incentivare i potenziali
clienti ad entrare in contatto con loro) e si è cercato quindi di confrontare tra loro più fonti,
specialmente in caso di prezzi “sospetti”, al fine di avere una stima di prezzo più rappresentativa e
veritiera.
In alcuni casi i prezzi preventivati o reperiti on line erano espressi come “FOB”, ossia Free On Board, ed
includono cioè tutte le spese necessarie per l’imbarco della merce su nave nel porto del paese di
origine, inclusi eventuali dazi di esportazione; non includono invece il costo di trasporto fino al paese di
destinazione, i dazi in ingresso, le spese portuali nel paese di destinazione e le spese di trasporto dal
porto fino allla destinazione ultima della merce. Queste ulteriori spese possono tuttavia essere calcolate
abbastanza facilmente; il particolare è stato necessaria una stima di questi costi nel caso di materie
prime, quali il SiC granulare e altri materiali refrattari, visto che il loro costo per unità di volume risultava
abbasatanza basso, rendendo potenzialmente non trascurabili le spese di trasporto. Nei numerosi casi
in cui il prezzo è stato fonito da produttori asiatici ed in particolare cinesi, tali spese sono state così
calcolate:
- i costi di trasporto tramite nave dall’estremo oriente all’Italia sono stati stimati pari a circa
1400 $/TEU 56, corrispondenti a circa 42 $/m3(1 TEU rappresenta il volume di un cointainer
con una capienza di 33 m3)
- i cosidetti “Terminal Handling Costs” (THC) nel porto di destinazione sono stati stimati pari a
140 €/TEU pari a circa 5,6 $/m3 .57
- i costi doganali per l’ingresso in Unione Eurupa di materie prime, prodotti ceramici
refrattari, cementi refrattari, isolanti termici… sono compresi, a seconda del prodotto, tra lo
56
Questo valore è stato ottenuto approssimando per eccesso la somma dei costi medi di nolo spazio su container ai costi BAF che tengono conto dell’aumento del prezzo del carburante; tutti dati sono tratti dal rapporto “I COSTI DEL TRASPORTO INTERNAZIONALE DI MERCI - ANNO 2004” edito da Banca D’Italia nel Maggio 2005 http://www.bancaditalia.it/statistiche/rapp_estero/altre_stat/trasporti/documenti/indagine-trasporti04.pdf 57
Anche questo dato è tratto dal rapporto “I COSTI DEL TRASPORTO INTERNAZIONALE DI MERCI - ANNO 2004”
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0 ed il 2%58. Si è cautelativamente considerato che le tasse doganali e le spese per
assicurazione ammontino complessivamente al 3% del valore importato.
- il costo di trasporto su strada dal porto alla destinazione finale, ipotizzando un percorso di
500 km, può essere considerato pari a 35 €/ton.59
Addizionando queste voci spese al prezzo FOB, è possibile stimare il prezzo massimo che può essere
considerato nel calcolo del costo del sistema di accumulo.
Poiché in molteplici casi i prezzi erano indicati in Dollari statunitensi, è stato necessaria la conversione in
Euro. Nei casi in cui il prezzo reperito si riferiva agli ultimi anni, ma non era noto l’esatto periodo di
riferimento, si è impiegato un rapporto Euro/Dollaro pari a 1,35 €/$, circa uguale al valore medio del
tasso di cambio nel periodo Gennaio 2004-Febbraio 2012 e corrispondente con il valore medio di
Febbraio 2012. 60
Figura A4.1 - Indice di cambio Dollaro USA-Euro. 61
Nei casi in cui risultava noto il periodo al quale il prezzo si riferiva, si è invece fatto riferimento al tasso di
cambio indicato dalla Banca d’Italia per tale periodo. Per componenti particolarmente delicati, così come
per informazioni sui costi relativamente datate, si è proceduto ad una rivalutazione del prezzo al periodo
2011-2013 mediante l’impiego del Davis Langdon Index Price (si veda figura A4.2).
58
Si consulti in proposito: http://ec.europa.eu/taxation_customs/dds2/taric/taric_consultation.jsp 59
La stima è stata fatta grazie ai dati reperiti nello studio “Il sistema Idroviario del Nord Italia verso il Corridoio Adriatico - Maggio 2008”, riportante il costo di trasporto di una tonnellata di merci su strada per un percorso di 180 km; tale dato è stato riportato, mediante semplice proporzione algebrica, ad un percorso di 500 km. 60
I dati medi storici del tasso di cambio sono stati reperiti nell’archivio storico cambi della Banca d’Italia www.uic.it/UICFEWebroot/index.jsp 61
Immagine tratta da: www.uic.it
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Il Davis Langdon Index Price si riferisce al’evoluzione dei prezzi sul mercato britannico, tuttavia si è
costato che corrisponde, per quel che riguarda i prezzi al consumo, con l’indice di rivalutazione per i
prezzi fornito dall’ISTAT per l’Italia.62 La rivalutazione dei prezzi del settore meccanico risultano anche in
Europa certamente superiori a quello dei prezzi di mercato, come dimostrano le testimonianze di alcuni
tecnici consultati nella scrittura della tesi e l’aumento del costo dei materiali metallici descritto nel
capitolo 5. Si è dunque ipotizzato di poter far uso di tale indice, nel caso di mancanza di dati più
contestuali (ad esempio nel capitolo 1 il costo delle turbine a gas è stato rivalutato facendo riferimento
all’evoluzione del prezzo di mercato delle turbine a gas).
Figura A4.2 - Davis Langdon Index Price.63
62
http://rivaluta.istat.it/Rivaluta/ 63
Immagine tratta da: www.davislangdon.com
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APPENDICE A5:
Modello per il calcolo delle prestazioni del ciclo gas.
Nel paragrafo 1.3.e si è fatto uso del seguente modello per calcolare l’influenza delle perdite di
pressione sulle prestazioni di una turbina a gas, nonché per studiare la temperatura di recupero dei gas
in uscita dalla turbina al variare di alcuni parametri. Il testo di riferimento per la formulazione del
modello è stato H.I.H. Saravanamuttoo, G.F.C. Rogers, H. Cohen "Gas Turbine Theory"- Pearson
Education, 2001.
Di seguito si utilizzerà la seguente simbologia:
• p = pressione totale
• pp = perdite di carico, espresse in frazione della pressione
• h = entalpia specifica
• s = entropia specifica
• m = portata massiva
• W = potenza meccanica
• q = potenza scambiata sottoforma termica
• η = rendimento
• β = rapporto di compressione (del compressore)
• CB = frazione della portata spillata dal compressore per il raffreddamento dei primi stadi della
turbina (cooling bleed)
• eff = effectiveness del rigeneratore
I numeri usati come pedice indicano che la variabile si riferisce ad una particolare sezione del ciclo
termodinamico e per la precisione:
• 1 = ingresso compressore
• 2 = uscita compressore / ingresso rigeneratore
• 3 = uscita rigeneratore / ingresso camera di combustione
• 4 = uscita camera di combustione / ingresso primi stadi turbina