1 L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 44341 utenti - Zurigo, 2 luglio 2015 Per disdire / unsubscribe / e-mail > [email protected]Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni IPSE DIXIT Con l’autorevole Mogherini - «Titolari con l’autorevole Mogherini della politica estera europea, assenti, senza protestare, dai tavoli negoziali decisivi, siamo stati costretti a rimpiangere che, al suo posto non ci sia un D’Alema, un Enrico Letta preventivamente esclusi da Renzi, sembra di capire, per eccesso di competenza e difetto di servilismo.» - Claudio Martelli EDITORIALE Greco-tedesco Un piccolo contributo alla mediazione culturale di Andrea Ermano Al terzo Atto della "tragedia romantica" La Pulzella d'Orleans di Friedrich Schiller c'è questo verso enigmatico: «Con la stupidità combattono gli dei stessi indarno.» («Mit der Dummheit kämpfen Götter selbst vergebens.») Giovanna d'Arco in un'incisione di Georg Goldberg (ca. 1859)
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano
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IPSE DIXIT
Con l’autorevole Mogherini - «Titolari con l’autorevole Mogherini
della politica estera europea, assenti, senza protestare, dai tavoli
negoziali decisivi, siamo stati costretti a rimpiangere che, al suo posto
non ci sia un D’Alema, un Enrico Letta preventivamente esclusi da
Renzi, sembra di capire, per eccesso di competenza e difetto di
servilismo.» - Claudio Martelli
EDITORIALE
Greco-tedesco
Un piccolo contributo alla mediazione culturale
di Andrea Ermano
Al terzo Atto della "tragedia romantica" La Pulzella d'Orleans di
Friedrich Schiller c'è questo verso enigmatico: «Con la stupidità
combattono gli dei stessi indarno.» («Mit der Dummheit kämpfen
allora qualcuno ha pensato bene di migliorare Schiller, piallando via
ogni doppio senso. Così, in questa forma disambiguata il proverbio ha
iniziato una carriera di successo che lo ha portato a diffondersi ben
oltre i confini della lingua tedesca.
In italiano, per dire, molti ricordano ancora la storica trilogia La
prevalenza del cretino di Fruttero & Lucentini («Per lui, il cretino è
sempre "un altro"»), ma questa poggiava sull'opinione diffusissima nel
nostro beneamato Belpaese secondo cui: «Contro la stupidità ogni
battaglia è persa!».
Ma il concetto è internazionalmente diffuso, a tal punto che Isaac
Asimov vi ha tratto il titolo di uno dei suoi romanzi di fantascienza
(Neanche gli dei, del 1972), nel quale ci s'interroga, capitolo per
capitolo, se: «Contro la stupidità... Neanche gli Dei... Possono nulla? ».
E già nel 1919 il grande Keynes nel suo saggio su Le conseguenze
economiche della pace – che egli compone in dissenso dall'eccesso
punitivo riservato alla Germania dagli Alleati alla Conferenza di
Versailles dopo la Prima Guerra mondiale – parafrasa così: «Contro la
stupidità anche gli dei sono impotenti. Ci vorrebbe il Signore. Ma
dovrebbe scendere Lui di Persona, non mandare il Figlio…».
Sarkozy con la cancelliera Merkel
a Deauville, 18 ottobre 2010
La stupidità è una forza invincibile? Certo, per tornare a Schiller,
questa opinione corrisponde alla nera amarezza del generale invasore,
dal quale eravamo partiti. Costui in qualche modo "deve" reputare che
– sconfitto lui – la divina Ragione stessa sia precipitata nell'abisso e il
mondo intero si riduca a un'unica sovrana buffonata.
Tutto chiaro?
Non proprio.
Anzi, per dirla con Bartali: «L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare!»
La falsa chiarezza di questo proverbio, ormai diffuso come una
malattia contagiosa nelle lingue e nei dialetti di molte grandi nazioni
europee, non spiega in alcun modo in che cosa consistesse l'enigma
originario schilleriano.
Perché – se Schiller affermava essere inutile combattere "con la
stupidità" – l'espressione "combattere con" tanto in tedesco quanto in
italiano e in altre lingue moderne di grandi nazioni europee conserva
due significati differenti e opposti, potendo voler dire sia "combattere
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contro qualcuno come avversario", sia "combattere insieme a qualcuno
come alleato".
Nel greco classico, però, non funziona così. Ed è solo cercando di
ripensare le parole di Schiller in greco classico che comprendiamo il
senso profondo dell’enigma.
Nel greco classico, la lingua di uno dei popoli più intelligenti della
storia umana, "combattere con qualcuno" (μάχομαι σύν τινι oppure
μετά τινος) non significa mai "combattere contro qualcuno come
avversario".
Nel greco classico "combattere con qualcuno" significa sempre
"combattere insieme a qualcuno come alleato".
E dunque, per concludere, possiamo arguire che – mentre tra noi
abitanti delle grandi nazioni europee la stupidità proverbialmente
trionfa – nel greco classico ogni battaglia verrà, prima o poi, perduta…
se la combatterai insieme alla stupidità come alleata.
Friedrich Schiller in divisa da medico del reggimento,
olio su tela di Philipp Friedrich von Hetsch (1781/1782)
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LETTERA da Milano
Schizofrenia?
Perché il PSE continua a finanziare il sito Social Europe (vai al
sito) consentendo la pubblicazione di articoli in cui si spiega che la
politica della Trojka nei confronti della Grecia è sbagliata? Che l'errore
è stato fatto da due francesi nel 2010 Strauss Kahn al IFM e Trichet
alla BCE, il primo per diventare Presidente dei Francesi e il secondo
per salvare le banche francesi (e tedesche) troppo esposte verso la
ORRORE. Dire , dopo i tragici episodi di Sousse e Lione, che ci
troviamo nell'anticamera della terza guerra mondiale, è forse
prematuro. Per quanto incuta paura e dia l'impressione di essere
inafferrabile, sul piano militare il terrorismo jihadista non può vincere
la sua battaglia con le armi di cui dispone. Nella sua reale dimensione è
ancora un fenomeno locale, fratricida e scomposto. Qualsiasi esercito
serio può sconfiggere l'Isis senza soverchie difficoltà. Ma la soluzione
non è stanarlo con la forza. Serve all'opposto una reazione lucida,
considerando che il Califfato è un'inquietante, sfuggente creatura
proteiforme che si avvale di imponenti e subdoli strumenti mediatici
per mobilitare le sue truppe. Certo, indignarsi per l'orrore delle teste
mozzate è giusto, ma non basta. Se davvero fosse una guerra, è con
l'energia e la vitalità delle idee che va combattuta da ogni lato, tuttavia
con maggiore tenacia di quanto fatto fino adesso.
PRECARIETÀ. Fin dalle sue origini, il Banco dei pegni, che un
tempo si chiamava Monte di Pietà, è sempre stato un crocevia di
esistenze e destini segnati dalla precarietà. Letteratura e cinematografia
vi hanno attinto a piene mani per illustrare la difficoltà della
condizione umana. "L'uomo del banco dei pegni", di Sidney Lumet, è
stato il primo film che ha affrontato il tema dell'olocausto come
memoria lacerante, occupandosi più dei sopravvissuti che delle vittime.
Ora è in libreria "Una giornata al banco dei pegni", ed. Einaudi, di
Elena Loewenthal, un dolente affresco che attraverso le dure prove
della quotidianità descrive lo stato d'animo di chi ha "visto, sentito,
sofferto, sperato lungo il percorso di piccoli addii e grandi pezzetti di
vita". Nel mezzo della crisi non è fuori luogo immaginare che il libro
abbia inequivocabili risvolti di attualità.
ALI. A parte gli uccelli e gli aerei, il verbo volare non si addice
propriamente all'essere umano quale funzione autonoma. Ci sono,
questo si, i voli pindarici , quelli della fantasia e con sempre maggior
intensità lo sfarfallio dei sondaggi che a seconda dei casi si
trasformano in un incredibile campionario di iperboliche velleità. Sui
giornali di famiglia Berlusconi mette le ali nelle preferenze, ma lo
spostamento è di pochi decimali, quanto basta per un passettino, ma
non per alzarsi da terra nemmeno di un centimetro e allontanare
l'ombra delle "olgettine". Già Pirandello, senza scomodare
Shakespeare, aveva messo a fuoco la dicotomia del " troppo rumore
per nulla", tra ciò che è e ciò si vorrebbe essere nella ricerca di
affermazioni che il più delle volte sono chimere elettorali. Volare
sempre più su è eccitante, ma solo se è Modugno a farci sognare.
BASTA. Rieccoci all'ennesima fanfaluca dei diari di Mussolini di cui
non si sentiva la mancanza e nemmeno la necessità. Come se non
fossero già circolate infinite variazioni sul tema, rivelatesi dopo
approfonditi esami dei falsi clamorosi, da sotto la polvere dei tempo
salta fuori un nuovo documento inedito sorretto da presunte perizie che
ne comproverebbero l'autenticità. La qualcosa appare quanto mai
discutibile trattandosi non dell'originale, bensì di una copia del diario
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che risalirebbe al 1942 e nel quale il Duce appare sempre più
insofferente nei confronti dei tedeschi. Magari ci avesse pensato prima.
Forse non ci sono intenti speculativi, ma è curiosa l'insistenza di
presentare sotto un'altra luce colui che Fini definì "il più grande statista
del secolo" e che i nostalgici si ostinano a considerare tale. Perciò basta
con le speculazioni editoriali che non possono cambiare ne riscrivere il
passato.
FELICITÀ. Questa i ricercatori delle università del Texas e dello
Iowa non ce la dovevano fare. Negare l'autenticità e la spontaneità del
bacio più celebre della storia contemporanea in una Times Square
festante per la fine della guerra, è un duro colpo all'immaginario
collettivo di intere generazioni. E' come se venissero a dire che il
capolavoro di Hayez sullo stesso tema è una crosta senza valore. Ma
quando mai. A 70 anni da quell'evento nella famosa piazza di New
York ciò che veramente conta è la forza dell'abbraccio tra l'infermiera
e il marinaio, non la loro identità. Centrale in quanto espressione di
pura felicità è il significato intrinseco di quell'icona tramandata ai
posteri per illustrare la fine di un incubo. E che tale deve restare quale
monito contro tutte le guerre di ieri e di oggi. Con tutto il rispetto per
gli studiosi, si potrebbe dire, parafrasando Pascal, che il cuore conosce
ragioni che la ragione della scienza non conosce.
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LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
Grecia, ecco cosa si può fare
Le autorità europee dovrebbero accettare la realtà e valutare il debito
ellenico nei propri bilanci al valore effettivo stimato dal mercato, cioè
il 50%, “abbonando” al Governo Tsipras la differenza.
di Marcello Minenna Docente di Finanza matematica all’Università Bocconi (Milano)
Soltanto dieci mesi fa, i media declamavano l’uscita della Grecia della
crisi, grazie ai primi dati di Pil positivi (+ 0,6%, un po’ come l’Italia...)
dopo una recessione durata 7 anni. In un report, la Commissione
europea rivendicava gran parte dei meriti, evidenziando il successo
finale delle politiche di austerity e del programma di riforme
strutturali, su cui si riconosceva la Grecia avesse fatto significativi
materie più disparate, devono aprire i confini alla circolazione di merci
e lavoratori. Tuttavia, il mondo finanziario sembra non voler accettare
anche l’ipotesi che gli Stati-nazione possano fallire e non onorare i
debiti, come qualsiasi azienda del resto. Insomma, devono essere
mucche da latte, magari magre e rinsecchite, ma immortali.
Perché l’eventualità del default fa letteralmente imbufalire i
creditori? In fondo, in passato, hanno perso miliardi investendo in
aziende con bilanci vicini a quelli di un piccolo Stato, come Enron o
Lehman Brothers. La differenza è che le aziende e i loro C.E.O. sono
in linea di principio perseguibili e punibili. I bancarottieri, se non sono
abbastanza immanicati da farsi salvare con gli aiuti di Stato, finiscono
in galera e si può attingere a quello che resta del loro patrimonio. Però,
mica si può mettere in carcere un governo e l’intero popolo che lo ha
eletto, né sequestrargli i beni. Chi manderà la polizia giudiziaria ad
arrestare l’esercito greco, magari spalleggiato da quello russo?
E allora? E, allora, l’unica speranza che restava ai creditori era
quella di distruggere definitivamente “la politica”. Ossia demolire la
reputazione dei rappresentanti del popolo, dei tribuni della plebe –
mostrando che i politici, se non sono corrotti, sono incoerenti –
affinché non si ripeta più in futuro una situazione come quella attuale.
Che situazione? La situazione di una classe politica che viene eletta,
gode della fiducia degli elettori, fa esattamente quello che gli elettori
gli hanno chiesto di fare (anche se magari è una fesseria), e se questo
non è possibile chiede ai cittadini di esprimersi direttamente con un
referendum. Ovvero, l’assoluta normalità della vita democratica. E,
invece, per la grande finanza e i suoi mandarini di Bruxelles il
referendum greco è “un golpe”. Insomma, capovolgono anche il senso
delle parole. Ma non è una novità. Per avere soltanto pronunciato la
parola “referendum”, il socialista Papandreu si è dovuto dimettere. E il
suo partito è scomparso dalla scena.
Quello che si sta profilando non è uno scenario roseo per la Grecia.
Ma è anche lo scenario peggiore per la BCE, il FMI e la Commissione
europea. Se fossero riusciti a umiliare Tsipras – ovvero a raggiungere
quello che, a mio modesto avviso, era il loro obiettivo reale e realistico
– alla prossima tornata elettorale Syriza si sarebbe liquefatta come si è
liquefatto il PASOK, la gente si sarebbe persuasa che votare è inutile e
avrebbe disertato le urne, e il problema dell’allocazione del potere
sarebbe stato risolto: sarebbe rimasto saldamente in mano alle elite
finanziarie, per i decenni a venire, magari attraverso altre cessioni di
sovranità.
La Troika, però, non ha messo in conto che questo è lo stesso
scenario al quale punta Alba Dorata. Lo hanno detto a chiare lettere:
«Syriza vince le elezioni, viene messa con le spalle al muro dalla
finanza globale, applica le misure lacrime e sangue, e poi arriviamo
noi». E se l’ultimo baluardo della politica rimane il nazismo, forse non
ci resta che fare il tifo per Tsipras.
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LETTERA da Torino
Ora che la parola Socialismo
non è più considerata un insulto…
Queste due ultime tornate elettorali, le regionali prima e i ballottaggi nei comuni poi,
hanno segnato probabilmente la fine della cosiddetta seconda Repubblica, tutti i
partiti che hanno rappresentato quel coacervo privo di valori e di ideali, qual è stato il
mondo politico nel ventennio passato, stanno esaurendo la loro funzione di armi di
distrazione di massa.
Quelle confederazioni di interessi particolari, distratti dalla loro funzione primaria,
il Potere fine a se stesso, non hanno saputo interpretare quanto si stava muovendo
nella società italiana, sempre più divisa, frammentata ed impaurita, ed hanno lasciato
campo libero a nuove forme di aggregazione politica che ormai dei vecchi partiti
hanno molto poco.
In particolare fa specie l’arretramento progressivo del PD, che Renzi ha tentato di
trasformare in qualcosa di “nuovo” (il Partito della Nazione), ma che è stato
penalizzato da una scelta, la rottamazione, che ha “pensionato” il vecchio ceto
politico ex PCI, il quale, in qualche modo, garantiva la prosecuzione sotto altro nome
di quelle pratiche consociative che assicuravano benefici per il proprio braccio
economico (la Lega Coop) ed al PD un radicamento ancora robusto nei territori.
Il fallimento dell’immagine del Partito delle “mani pulite”, dopo i casi di Sesto S.
Giovanni, Venezia, Roma ecc. ha provveduto a dare un ulteriore scossone, non è
casuale se i voti del PD ai ballottaggi, dopo la seconda ondata di arresti a Roma, sono
calati non solo in termini percentuali ma anche in termini assoluti.
Dopo i ballottaggi di domenica scorsa nulla è più uguale a prima, e nessuno,
neppure i leaders locali possono sentirsi al sicuro, si sta verificando una lenta ma
costante scissione dell’elettorato dal PD.
Il lento arretramento del PD verso quote pre-Renziane ed il probabile tentativo di
Renzi di dare un’accelerata al progetto del PdN, aprirà inevitabilmente la questione
di una sinistra che è passata, per parafrasare Calvino, da barone rampante a visconte
dimezzato per giungere infine ad essere cavaliere inesistente.
L’ipotesi vendoliana di un comunismo-libertario è rimasta attaccata al destino del
suo leader, la sinistra PD sconta i limiti di un ceto politico che si è formato alla
scuola delle Frattocchie ma che ormai ha esaurito la sua “spinta propulsiva” ed ha
anche subito una profonda “mutazione genetica”. Del PSI si sono ormai perse le
tracce, sopravvivono e lottano come dei giapponesi dei bravi militanti, ma ormai un
simbolo che fu nobile è stato ridotto, da un gruppo dirigente inadeguato, ad un
marchio commerciale senza più alcuna autonomia.
L’azione politica di Renzi ha generato una domanda di rinnovamento a cui non ha
saputo dare risposte, sta ballonzolando tra dirigismo centralistico e liberalismo à la
carte, senza mai saper scegliere e soprattutto senza mai spiegare esplicitamente gli
obiettivi di fondo che governavano i suoi atti, ed in politica la mancanza di chiarezza
non è mai utile, per un cittadino normale è preferibile un demagogo, qual i sono
Grillo e Salvini, ad un democratico confusionario.
Questo suo modo di agire ha però profondamente scompaginato il mondo politico,
è vero che non è (ancora) riuscito a stabilizzare il suo Partito della Nazione, ma ha
saputo, sia pure per motivi diversi, mettere in crisi una nomenclatura che si replicava
uguale a se stessa da un ventennio. Il Renzismo ha ucciso il padre ma non ha saputo
costruire una nuova idea di Partito in grado di sostituire il vecchio catto-comunismo,
sia per mancanza di Valori condivisi che per incapacità a dirigere il Partito stesso. La
sua fretta di andare ad occupare “la stanza dei bottoni” a Palazzo Chigi gli ha
impedito da un lato di consolidare il neo Partito Renziano e di converso ha scoperto
che non sempre (come già vide Nenni) i bottoni sono funzionanti.
Esiste in Italia uno spazio politico in cui posizionare un movimento politico
socialista? Ma soprattutto esiste un interesse da parte dei cittadini verso un
movimento alternativo all’individualismo che è stato la base del liberismo?
Lo spazio agibile per noi socialisti esiste, la scomparsa di tutte le formazioni
politiche che in questi anni si sono qualificate come “sinistra” apre un territorio
ampio in cui un movimento socialista può dislocarsi, dobbiamo però avere la
consapevolezza che l’ipotesi di rifondare il Partito Socialista Italiano non ha più
prospettive. La subalternità del PSI al PD lo ha progressivamente oscurato e oggi gli
consente al massimo di fare qualche azione locale utilizzando le scadenze elettorali.
Un Partito che vive di momenti casuali, legati alla presenza di qualche leader e che
agisce a macchia di leopardo non ha futuro, non sarà mai in grado di creare una
massa politica in grado di riportare in auge un’ideale.
Questi ultimi due anni hanno però intaccato in profondità anche l’azione di tutti
quei piccoli movimenti di area socialista che dal 2008 in poi si erano venuti a creare.
Da tempo ormai la loro azione si limita a pochi momenti identitari, che non
producono più azione politica. Si sta assistendo di converso a tentativi, privi però di
prospettive, di costruzione di un blocco unitario di opposizione all’interno del PSI,
sono azioni che magari creano una illusione momentanea destinata però a non avere
futuro.
La minoranza in un Partito che non c’è è una minoranza impotente.
Anche in questo ambito si assiste all’esaurimento della “spinta propulsiva” che
venne da due considerazioni: la necessità di salvaguardare il meglio della cultura e
della storia socialista in Italia e l’incapacità del PSI di fare da casa per tutti coloro che
si definivano socialisti.
La prima azione ha avuto uno sviluppo importante, oggi dirsi socialisti non è più
considerato un insulto, e, fortunatamente, da un po’ di tempo questa azione viene
svolta con maggiore impegno dalle Fondazioni di area (la Nenni in particolare).
Oggi però non è più sufficiente dare ospitalità a coloro che furono socialisti, la
domanda che emerge in modo ancora confuso è di una sinistra che sappia recuperare
i valori migliori del socialismo democratico e riformatore. Se si vuole rilanciare
l’Idea Socialista occorre orientare le antenne verso coloro che del socialismo ne
hanno sentito parlare male o proprio non sanno cos’è.
Esiste una domanda inevasa di valori e principii che hanno informato il socialismo
nel secolo scorso e che, da altre parti e sotto altre forme stanno riemergendo, sono
domande di eguaglianza, solidarietà e libertà che sono sempre state proprie del
mondo socialista.
Perché queste domande non trovano risposte? Perché manca un Partito?
No non perché manca un Partito ma perché non c’è un Progetto politico nazionale
(e sovranazionale) che si ponga l’obiettivo di riportare l’agenda della discussione
politica dal politicismo (cosa fanno Renzi e Berlusconi, ma cosa pensa Grillo e
Salvini quale felpa si mette?) verso i problemi reali che quotidianamente la gente
normale si trova di fronte ogni giorno.
Mentre l’economia produttiva (it’s the economy stupid) dopo anni di “crisi”,
utilizzata per “salvare l’economia finanziaria (come ben dice il Papa), sta imponendo
un nuovo modo di guardare la realtà, la Politica partitica è ancora tutta dentro un
gioco delle parti che ormai non interessa più nessuno.
Il segnale preciso di questa dissonanza tra decisori e popolo sono i voti delle
ultime settimane.
Il centrosinistra sta rifiutandosi di guardare in faccia la realtà, si attarda a discutere
sulla forma del partito migliore, il Partito delle città, quello della Nazione oppure
quello della “famiglia”, e, come sempre, nel momento in cui occorre analizzare con
freddezza i motivi del distacco tra cittadini ed istituzioni ci si perde a discutere di
stupidaggini.
Abbiamo di fronte a noi un paio d’anni per coagulare un movimento vero che vada
oltra le tristezze delle quote di Partito di cui si è detentori, che sia in grado di
ridefinire cosa significhi essere socialisti oggi.
Un primo passo è stato fatto.
La crisi odierna dei Partiti nasce da una vittoria che ha Besostri tra i suoi fautori, il
porcellum è morto ed anche l’italikum non se la passa troppo bene, ma deve essere il
primo passo di una lunga marcia per riportare il socialismo italiano a rivedere la luce.
Sempre Avanti! Care compagne e cari compagni
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Dario Allamano, Torino
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.