Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 1
LA PROGRAMMAZIONE DEI CONTROLLORI A LOGICA
PROGRAMMABILE PLC
Prof. Raffaele Iervolino
Dipartimento di Informatica e Sistemistica
Università degli Studi di Napoli, Federico II
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Introduzione• I primi sistemi automatici programmabili furono
realizzati alla fine degli anni ’60 nell’industria automobilistica per sostituire i pannelli di controllo a relè
• Le caratteristiche di un PLC moderno sono rimaste sostanzialmente invariate (CPU, memoria RAM ed EPROM, interfacce di I/O)
• Gli ingressi e le uscite operano in genere in modo digitale a due livelli (di solito 0-24 V)
• Un PLC svolge ciclicamente sempre lo stesso programma
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Esempio di funzionamento di un PLC (1/III)
T 1 T 2
L
T 1
T 2
L
I1
I2
O 1
PLC
Si vuole realizzare un circuito elettrico con 2 interruttori normalmenteaperti ed 1 lampada, che si accende solo se entrambi gli interruttori sono chiusi.
Si noti che con il PLC i 2 interruttori non sono più in serie, ma occupano separatamente 2 ingressi del PLC.
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Esempio di funzionamento di un PLC (2/III)
Un generico programma che svolga le funzioni proprie del circuito elettrico può essere così articolato:
1) Controlla lo stato dell’ingresso I1
2) Controlla lo stato dell’ingresso I2
3) Solo se I1 e I2 sono entrambi alti accendi la lampada posta sull’uscita O1
4) Torna al punto 1
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Esempio di funzionamento di un PLC (3/III)
T 1
T 2
L
T 1
T 2
L
I1
I2
O 1
PLC
Mentre il circuito elettrico è diverso dal caso precedente, la connessione degli interruttori e della lampada sul PLC è rimasta invariata!!
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Definizione di PLC(standard IEC 61131)
• […] sistema elettronico a funzionamento digitale, destinato all’uso in ambito industriale, che utilizza una memoria programmabile per l’archiviazione interna di istruzioni […] e per controllare, mediante ingressi ed uscite sia digitali che analogici, vari tipi di macchine e processi.
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Programmazione dei PLC• I PLC attualmente non adottano uno standard per la
programmazione• Allo stato attuale esistono diversi linguaggi per PLC
diversi da macchina a macchina, a volte anche tra macchine dello stesso produttore
• Si usano linguaggi di basso livello• I programmi sono poco strutturati• E’ necessario istruire programmatori su diversi
linguaggi/dialetti• …
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Lo standard di programmazione dei PLC
Si fa riferimento allo standard 61131, Controllori Programmabili, parte 3, Linguaggi di Programmazione, del IEC (Comitato Elettrotecnico Internazionale) per la programmazione dei dispositivi di controllo, recepito nel 1996 dal CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano).Esso prevede 5 linguaggi di programmazione:1)Testo strutturato (ST)2)Linguaggio a contatti (LD)3)Diagramma a blocchi funzionali (FBD)4)Lista di istruzioni (IL)5)Diagramma funzionale sequenziale (SFC)
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Variabili e Tipi di variabiliLo standard 61131 prevede alcuni tipi predefiniti di variabili:1)INT e UINT per rappresentare numeri interi rispettivamente in [-
32768, 32767] ed in [0, 216-1]2)REAL per rappresentare numeri reali nell’intervallo ±10±38
3)TIME per rappresentare una durata temporale in unità che vanno dai giorni ai ms T#dhmsms
4)DATE e TIME_OF_DAY per rappresentare la data e l’ora5)STRING per definire le stringhe di caratteri6)BOOL (1 bit), BYTE (8 bit), WORD (16 bit), DWORD (32 bit),
LWORD (64 bit)7)ANY se la variabile può essere di qualsiasi tipo8)ANY_NUM se la variabile può essere INT o REAL
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Tipi derivati
Possono essere introdotti vari tipi derivati in vari modi:
1) Per equivalenza a quelli predefiniti2) Per enumerazione3) Per restrizione dei tipi già definiti4) Definendo insiemi ordinati di più elementi
dello stesso tipo (array)5) Definendo insiemi di più elementi di tipo
diverso (struct)
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EsempioTYPE
impulsi : UINT(0..1000);stato : (fermo,funzionante,guasto,attesa);temperatura : REAL :=20.0;sens_temp : STRUCT
valore : temperatura;ult_calib : DATE;int_calib : TIME;val_max : REAL := 100.0;diagnos : BOOL;
END_STRUCTdati_term_forno : ARRAY[1..10] OF sens_temp;dati_term_imp : ARRAY[1..4,1..4] OF dati_term_forno;
END_TYPE
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Dichiarazione delle variabili
Le variabili vanno dichiarate in testa ai programmi, funzioni e blocchi funzionali, con il costrutto:
VARA,B : REAL;abil : BOOL;conteggio : impulsi;stato_forno : stato;termometro7 : temperatura :=0.0;termocoppia1 : sens_temp;forno1 : dati_term_forno;
END_VAR
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IL TESTO STRUTTURATO
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Il Testo Strutturato (ST)E’ un linguaggio di programmazione testuale, di alto livello (Pascal), per le applicazioni dell’automazione.
Esempi di operatori contemplati:1) Assegnazione :=
2) Aritmetici +,-,*,/,MOD,**
3) Relazione <,<=,>,>=,=,< >
4) Logici AND, OR, XOR, NOT
5) Parentesi ( e ) per cambiare l’ordine di esecuzione delle operazioni
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Il Testo Strutturato: costrutti di selezione
Esistono poi i consueti costrutti di selezione:1) IF cond THEN istr END_IF
2) IF cond1 THEN istr1 ELSIF cond2 THEN istr2 ELSE istr3 END_IF
3) CASE var OF val_i : istr_i ELSE istr END_CASE
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Il Testo Strutturato: costrutti iterativi
• FOR var=val1 TO var=var2 BY step DO istr END_FOR
• WHILE cond DO istr END_WHILE• REPEAT istr UNTIL cond END_REPEAT• EXIT per uscire da cicli in maniera immediata
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IL LADDER DIAGRAM
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Il Linguaggio a Contatti
• Il linguaggio a contatti (Ladder Diagram) è il più diffuso linguaggio di programmazione per PLC.
• Esso prevede l’utilizzo degli elementi: contatto aperto, contatto chiuso, bobina, temporizzatore e contatore, tipici degli schemi a relè elettromeccanici.
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Il Ladder Diagram
• La forma del programma deriva dalla logica a relè, con le due linee verticali laterali (i montanti della scala) rappresentati l’alimentazione e con le linee orizzontali (i pioli o rung) che alimentano una bobina se una certa combinazione di contatti abilita il flusso di energia.
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Esempio di programma
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Contatti e bobine
• I contatti sono associati agli ingressi digitali oppure a condizioni interne al dispositivo (rappresentati entrambi da bit di memoria).
• Una bobina è associata a un bit della memoria e, col suo tramite, comandare una uscita digitale o segnalare una condizione interna.
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Esecuzione di un LD
• Un LD viene eseguito secondo una modalità ciclica composta dalle seguenti fasi:– Lettura degli input e scrittura del loro stato in
locazioni di memoria particolari– Esecuzione del programma un rung dopo l’altro,
procedendo dall’alto verso il basso, da sinistra verso destra
– Scrittura delle uscite, prelevando il loro stato da locazioni di memoria particolari
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Es. di organizzazione dell’area dati della memoria RAM
• Per fissare le idee l’area dati della RAM può ad es. essere organizzata nel seguente modo:– Area degli input formata da 32 word di 16 bit associate
agli indirizzi I1-I32. Per ingressi digitali lo stato è associato al singolo bit x della word y, indirizzato come Ix:y . Gli ingressi analogici sono associati a singole word.
– Area degli output con 32 word a 16 bit, con indirizzi U1-U32, relative a uscite digitali e/o analogiche.
– Area utente con 512 word indirizzabili come W1-W512. Serve per la memorizzazione di condizioni interne.
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Uso di nomi simbolici
• E’ possibile assegnare dei nomi simbolici per designare particolari indirizzi allo scopo di migliorarne la leggibilità. Ad es. POMPA=U3:14 associa il nome simbolico POMPA all’indirizzo di memoria U3:14 (uscita digitale).
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Istruzioni di base
• Bobine e contatti sono le istruzioni di base del linguaggio a contatti.
• I contatti in un rung rappresentano le condizioni logiche da valutare per poter determinare lo stato che deve assumere l’uscita rappresentata dalla bobina.
• I contatti e le bobine devono essere sempre associati a bit di memoria oppure a nomi simbolici corrispondenti.
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Contatti NA e NC
• Contatto NA -| |- può essere associato a un bit di input (Ix:y), di uscita (Ux:y), interno (Wx:y), … . Se il bit associato vale 1 (ON) il processore chiuderà il contatto assicurando la continuità logica (elettrica) nel rung dove si trova. Se il bit vale 0 (OFF) il contatto rimarrà aperto.
• Contatto NC -|/|- è il duale del precedente.
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Bobina
• Bobina –( )– serve per controllare lo stato del bit a essa associato che può rappresentare un’uscita (Ux:y) o un marker interno (Wx:y). L’istruzione deve essere sempre inserita sulla destra alla fine del rung: se le condizioni logiche alla sua sinistra sono verificate (esiste cioè una continuità logica/elettrica) il suo stato viene portato a 1 (ON), altrimenti è posto a 0 (OFF).
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Es.1: Programmazione di una XOR
U3:15 = (I1:4 AND NOT(I1:7)) OR (NOT(I1:4) AND I1:7)
I1 :4
I1 :7
U 3 :1 5
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Es.2: Programmazione di un elemento di memoria (flip-flop SR)
SET RESET
U1:1 = NOT(I3:9) AND (I2:2 OR U1:1)
I2 :2
I3 :9
U 1 :1
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Es.3: Riconoscimento di fronte di salita
W1:1 = NOT(W1:2) AND I1:1W1:2 = I1:1
I1 :1
W 1 :2
W 1 :1
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Esercizio
• Tradurre in LD la seguente istruzione in ST
ENDIF
17: U1SET
T2) OR 7:6))AND(W2:OR(W2)5:W2 AND 1:I3 AND 1:((I5 IF
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Soluzione
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Istruzioni di temporizzazione e conteggio• Permettono di controllare delle operazioni basandosi sul trascorrere
del tempo o sul conteggio di eventi• Temporizzatore: se il rung dove si trova il temporizzatore presenta
una continuità logica, il temporizzatore è abilitato a contare il trascorrere del tempo. Il suo indirizzo può essere usato come indicatore dello stato del conteggio e sarà falso durante il conteggio e vero alla fine. Si resetterà solo quando la condizione del rung diventa falsa
• Temporizzatore a ritenuta: è analogo a prima, ma il valore raggiunto dal conteggio viene conservato se le condizioni di alimentazione diventano false
• Contatore: se il rung dove si trova il contatore subisce una transizione falso/vero il contatore incrementa il suo valore di una unità
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Istruzioni per il controllo del programma
• L’istruzione di salto permette, se alimentata, di saltare a un rung dove è presente l’istruzione di etichetta corrispondente.
• Si ottiene ponendo in un rung il costrutto --->>xyz dove xyz è una stringa che indica dove saltare.
• Con tali istruzioni è facile implementare le strutture del tipo IF-THEN-ELSE,WHILE, REPEAT, FOR.
• L’istruzione --<RETURN>-- è usata per la terminazione di funzioni e blocchi funzionali
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Es. Utilizzo del salto per una procedura di inizializzazione
W 1 :1
W 1 :1
(p ro ced u ra d i i n i z i a li z za z i o n e )
W 1 :1
(p ro g ra m m a )
>> xyz
xyz :
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Istuzioni di connessione• La coppia di istruzioni di connessione -->zyx> e
>zyx>-- viene utilizzata per spezzare un rung troppo lungo:
I1 :1 W 1 :2
I2 :1 U 2 :1
> zyx >
> zyx >
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IL DIAGRAMMA A BLOCCHI FUNZIONALI
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Il Diagramma a Blocchi Funzionali
• Il FBD è un linguaggio grafico in cui la programmazione avviene mediante assemblaggio di funzioni e/o blocchi funzionali (componenti) analogamente ad un circuito elettronico
• Il flusso del segnale procede sempre da sinistra verso destra
• Viene usato per implementare soprattutto funzioni logiche booleane e operazioni aritmetiche
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Una rete in FBD
• E’ una rete di funzioni e/o blocchi funzionali collegati tra loro
• L’ingresso di una funzione o di un blocco funzionale può anche essere direttamente il valore di una variabile o una costante
• Le uscite possono anche essere valori di variabili• La negazione di una variabile booleana si può
realizzare o mediante una funzione NOT o con un cerchietto posto prima dell’ingresso nel blocco grafico
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Esempio di una rete in FBDF 1
x1y1
x2
x1
x2
x3
I3
F 2
y1
y2
I1
I2
U 1
I4
x1
x2
U 2F 3
y1
y2
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LA LISTA DI ISTRUZIONI
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La Lista di Istruzioni
• E’ un linguaggio di basso livello, di tipo assemblativo, composto da sequenze di istruzioni su righi diversi
• Ogni istruzione è composta da un operatore (e da un modificatore) e da un operando
• Un’istruzione può essere preceduta da una etichetta del tipo x:
• Ogni operatore fa riferimento ad un accumulatore e all’operando
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Operatori PredefinitiGli operatori predefiniti sono:
– LD per assegnare all’acc il valore dell’operando– ST per porre il valore dell’acc nella variabile indicata
dall’operando– S per porre una variabile booleana a 1 se il valore nell’acc è 1– R per porre una variabile booleana a 0 se il valore nell’acc è 1– AND, OR, XOR per operazioni logiche – ADD, SUB, MUL, DIV per operazioni aritmetiche– GT, GE, EQ, NE, LE, LT per comparazioni– JMP per saltare all’etichetta indicata nel campo operando– CAL per realizzare la chiamata di un blocco funzionale– RET per realizzare il ritorno da una funzione o da un blocco
funzionale
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I Modificatori
Gli operatori possono essere seguiti da modificatori:– N indica una negazione dell’operando– ( indica che l’operatore viene valutato solo se si trova la corrispondente )– C , usato solo per gli operatori JMP, CAL e RET, serve per indicare che l’operatore è eseguito solo quando il valore corrente dell’acc è 1
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Es. Istruzioni per la XOR
LD a (* metti il valore di a nell’acc *)
ANDN b (* AND dell’acc con il NOT di b *)
OR( b (* OR dell’acc con l’espressione *)
ANDN a
)
ST c (* conserva l’acc in c *)
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PROGRAM ORGANIZATION UNITS (POU)
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Unità di organizzazione della programmazione
Esistono elementi comuni ai 5 linguaggi:• Variabili: strumento per rappresentare dati • Funzioni: quando l’uscita dipende solo
dall’ingresso attuale• Blocchi Funzionali: quando l’uscita dipende dagli
ingressi attuali e passati e dalle condizioni iniziali del blocco
• Programmi: insieme di elementi e costrutti di programmazione che garantisce il corretto trattamento dei dati di input
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Le POU• L’insieme delle variabili, funzioni, blocchi
funzionali, programmi rappresentano le unità di organizzazione della programmazione (POU)
• Una POU è sempre composta da 3 elementi:– definizione del tipo di POU e del suo nome
– la parte dichiarativa delle variabili e dei loro attributi
– Il corpo con le istruzioni nei linguaggi dello standard
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I task, le risorse e la configurazione
• I task regolano l’esecuzione di un programma/blocchi funzionali su base periodica, ciclica o al verificarsi di certi eventi particolari
• Le risorse sono entità in grado di eseguire i programmi
• La configurazione è l’elemento del linguaggio corrispondente a un dispositivo che corrisponde a una o più risorse
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Le Funzioni
• Sono POU riusabili che da certi valori di ingresso calcolano un solo valore in uscita (anche vettoriale)
• L’uscita ha lo stesso nome della funzione e può essere usato all’interno di espressioni
• Possono essere definite in maniera sia testuale che grafica
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Es. Definizione testuale di una funzione
FUNCTION nome_fun : tipo (* tipo della *) (* funzione *)
VAR_INPUT . . . . ; (* definizione delle *)
(* variabili di ingresso *)END_VAR
. . . . (* altre definizioni di *) (* variabili *)
. . . . (* corpo della funzione *) (* con assegnazione di *)
(* un valore a nome_fun *)END_FUNCTION
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Caratteristiche di una funzione
• Il corpo della funzione può essere scritto in uno dei 5 linguaggi dello standard, eccetto l’SFC
• Non possono essere definite variabili di uscita, di ingresso/uscita, direttamente rappresentate, esterne, globali, accessibili, a ritenuta
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Definizione grafica di una funzione
• La definizione della funzione è sempre racchiusa tra le parole chiavi FUNCTION ed END_FUNCTION
• Tuttavia l’interfaccia esterna è definita mediante un blocco rettangolare che ha a sinistra i parametri di input e a destra quelli di output per i quali occorre specificare i nomi e i tipi delle variabili
• Occorre infine scrivere il corpo della funzione in uno dei linguaggi possibili
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Es. Definizione grafica della funzione saturazioneFUNCTION
IF ABS(dato) < lim_soglia THENsoglia_sat := 0.0;
ELSEsoglia_sat := MIN(MAX(dato,-lim_sat),lim_sat);
END_IFEND_FUNCTION
dato
lim_soglia
lim_sat
soglia_sat
REAL
REAL
REAL
REAL
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Es. Definizione testuale della funzione saturazione
FUNCTION soglia_sat : REAL
VAR_INPUT
dato, lim_soglia, lim_sat : REAL;
END_VAR
IF ABS(dato) < lim_soglia THEN
soglia_sat := 0.0;
ELSE
soglia_sat := MIN(MAX(dato,-lim_sat),lim_sat);
END_IF
END_FUNCTION
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Funzioni predefinite (1/II)• Funzioni di conversione di tipo e di troncamento: ad
es. INT_TO_REAL( ), TRUNC( )• Funzioni numeriche: ABS, SQRT, LN, LOG, EXP,
SIN, ASIN, COS, ACOS, TAN, ATAN• Funzioni aritmetiche: ADD o +, MUL o *, SUB o -,
DIV o /, MOD, MOVE o :=, EXPT o **• Funzioni applicabili a stringhe di bit: SHL o SHR per
spostare N bit a sx o dx con riempimento di zeri, ROL o ROR per rotazioni circolari di N bit a sx o dx, AND o &, OR o >=1 nei linguaggi grafici, XOR o =2K+1 nei linguaggi grafici, NOT
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Funzioni predefinite (2/II)
• Funzioni di selezione: SEL, MUX, MAX, MIN, LIM
• Funzioni di comparazione: GT o >, GE o >=, LT o <, LE o <=, EQ o =, NE o < >
• Funzioni sulle stringhe di caratteri: LEN, LEFT, RIGHT, MID per l’estrazione di N caratteri a sx, dx, in mezzo, INSERT, DELETE, REPLACE, FIND
• Funzioni relative a operazioni su variabili di tipo temporale
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Overload e estensione delle funzioni
• Alcune funzioni possono essere sovraccaricate nel senso che possono usare variabili di ingresso di tipo diverso (es. l’addizione si può usare sia qualsiasi tipo numerico)
• Alcune funzioni possono essere estendibili, nel senso che il numero dei loro ingressi può essere variabile (es. l’addizione si può estendere ad un numero generico di addendi)
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Controllo di esecuzione• Per le funzioni definite con linguaggi grafici (LD o
FBD) è possibile controllare l’esecuzione della funzione mediante un ingresso implicito booleano EN
• Allo stesso modo esiste un’uscita implicita booleana ENO che diventa vera quando la funzione è eseguita senza errori
• Così, in una catena di funzioni, per essere sicuri che una funzione sia eseguita prima di un’altra basta connettere l’uscita ENO della prima con l’ingresso EN della seconda
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Es. Sottrazione di un offset da una misura (testuale)
FUNCTION corr_sens : WORD (*codifica BCD*)
VAR_INPUT
corr : BOOL;
in : WORD; (*codifica BCD*)
offset: INT;
END_VAR
IF corr THEN
corr_sens := INT_TO_BCD(BCD_TO_INT(in)-offset);
END_IF
END_FUNCTION
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Es. Sottrazione di un offset da una misura (grafico)
corr
in
offset
corr_sens
BOOL
WORD
INT
WORD
FUNCTION
corr BCD_TO_INT
EN
in
ENO
SUB
offset
EN ENO
INT_TO_BCD
EN corr_sens
END_FUNCTION
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I blocchi funzionali
• Sono delle POU dove i valori delle uscite non dipendono solo dagli ingressi ma anche dalle variabili interne
• Ciò significa che i valori delle variabili interne e di uscita si devono conservare tra due esecuzioni successive del blocco funzionale
• Il corpo del blocco funzionale può essere scritto in uno dei 5 linguaggi dello standard, compreso l’SFC
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Es. Definizione testuale di un blocco funzionale
FUNCTION_BLOCK esempioVAR_INPUT
. . . . ; (* definizione delle *) (* variabili di ingresso *)
END_VARVAR_OUTPUT
. . . . ; (* definizione delle *) (* variabili di uscita *)
END_VAR . . . . (* altre definizioni di variabili *) . . . . (* corpo del blocco funzionale *)END_FUNCTION_BLOCK
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Definizione grafica di un blocco funzionale
• La definizione grafica di un blocco funzionale è sempre racchiusa tra le parole chiavi FUNCTION_BLOCK e END_FUNCTION_BLOCK
• Tuttavia l’interfaccia esterna è definita mediante un blocco rettangolare che ha a sinistra i parametri di input e a destra quelli di output. Per le variabili interne bisogna specificare i nomi e i tipi
• Occorre infine scrivere il corpo della funzione in uno dei linguaggi possibili
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Blocchi funzionali predefiniti
Lo standard prevede che vi siano blocchi funzionali predefiniti:
– due flip-flop, per memorizzare una condizione logica (priorità del set e del reset)
– due rilevatori di fronte (salita e discesa)– contatori a incremento, a decremento e
bidirezionali– temporizzatori o timer a impulso, on-delay, off-
delay
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Es. Blocco flip-flop SR FUNCTION_BLOCK SR
VAR_INPUT
S1,R : BOOL ;
END_VAR
VAR_OUTPUT
Q1 : BOOL;
END_VAR
Q1 := S1 OR (Q1 AND NOT R)
END_FUNCTION_BLOCK
S 1 Q 1
Q 1 R
SR
S1 Q1BOOL
BOOL R
BOOL
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Es. Blocco flip-flop RSFUNCTION_BLOCK RS
VAR_INPUT
S,R1 : BOOL ;
END_VAR
VAR_OUTPUT
Q1 : BOOL;
END_VAR
Q1 := NOT R1 AND (Q1 OR S)
END_FUNCTION_BLOCK
S Q 1
Q 1
R 1
RS
S Q1BOOL
BOOL R1
BOOL
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Es. Rilevatore di fronte di salitaFUNCTION_BLOCK R_TRIG
VAR_INPUT CLK : BOOL ;
END_VARVAR_OUTPUT
Q : BOOL; END_VARVAR RETAIN
AUX : BOOL:=0; END_VARLD CLK (* corpo in IL *)ANDN AUXST QLD CLKST AUX
END_FUNCTION_BLOCK
R_TRIG
CLK QBOOL BOOL
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Es. Rilevatore di fronte di discesaFUNCTION_BLOCK F_TRIG
VAR_INPUT CLK : BOOL ;
END_VARVAR_OUTPUT
Q : BOOL; END_VARVAR RETAIN
AUX : BOOL:=1; END_VAR (* corpo in LD *)
END_FUNCTION_BLOCK
F_TRIG
CLK QBOOL BOOL
C L K A U X Q
A U X
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Osservazioni sui rilevatori di fronte
• I riconoscitori di fronte possono essere anche utilizzati implicitamente sulle variabili di input di altri blocchi funzionali
• Tali variabili vanno però definite con il tipo BOOL esteso con i qualificatori R_EDGE o F_EDGE
• In caso di definizione grafica sulle linee di ingresso si pongono i simboli > o <
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Es. Contatore a incrementoFUNCTION_BLOCK CTU
VAR_INPUT CU : BOOL R_TRIG; R : BOOL; PV : INT;
END_VARVAR_OUTPUT
Q : BOOL; CV : INT;
END_VARIF R THEN
CV := 0;ELSIF CU AND (CV<PV) THEN
CV := CV+1;ENDIFQ := (CV=PV);
END_FUNCTION_BLOCK
CTU
>CUQ
BOOL
BOOL RBOOL
INT PVCV INT
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Es. Contatore a decremento e contatore bidirezionale
CTD
>CDQ
BOOL
BOOL LDBOOL
INT PVCV INT
CTUD
>CUQU
BOOL
BOOL R
BOOL
INT PVCV INT
BOOL
BOOL
QD BOOL
>CD
LD
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Legenda variabili contatori• CU = ingresso sui cui fronti di salita il contatore è incrementato• CD = ingresso sui cui fronti di salita il contatore è decrementato• R = reset (porta a zero il conteggio)• PV = valore del conteggio di ingresso• LD = carica il contatore con il valore PV• Q = segnala che il contatore ha finito il conteggio (ha raggiunto
il valore del conteggio per il CTU oppure zero per il CTD)• QD = segnala che il contatore CTUD ha raggiunto lo zero• QU = segnala che il contatore CTUD ha raggiunto il valore PV• CV = valore raggiunto dal contatore
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Osservazioni sui contatori
• Occorre sempre prevedere un limite massimo al valore del conteggio PV assegnabile ad un contatore
• Questo limite può essere superato ponendo i contatori in cascata
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Timer a impulso, on-delay e off-delay• TP o timer a impulso genera in uscita una finestra
rettangolare di durata prestabilita quando l’ingresso diventa vero
• TON o timer on-delay alza la sua uscita dopo che è trascorso il tempo impostato da quando l’ingresso è alto, che deve restare tale, altrimenti il timer si resetta (ritardo di accensione)
• TOF o timer off-delay ha un’uscita alta quando l’ingresso è vero e si abbassa dopo il tempo impostato quando l’ingresso diventa falso (ritardo di spegnimento)
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Es. Definizione grafica del TP
IN
Q PT PT PT t
t
TP
IN QBOOL
TIME PT
BOOL
ET TIME
dove:• IN = ingresso che fa partire la temporizzazione• PT = tempo da contare • Q = uscita booleana su cui il temporizzatore agisce• ET = tempo trascorso
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Es. Definizione grafica del TON
IN
Q PT PT t
t
TON
IN QBOOL
TIME PT
BOOL
ET TIME
dove:• IN = ingresso che fa partire la temporizzazione• PT = tempo da contare • Q = uscita booleana su cui il temporizzatore agisce• ET = tempo trascorso
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Es. Definizione grafica del TOF
IN
Q PT PT t
t
TOF
IN QBOOL
TIME PT
BOOL
ET TIME
dove:• IN = ingresso che fa partire la temporizzazione• PT = tempo da contare • Q = uscita booleana su cui il temporizzatore agisce• ET = tempo trascorso
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Osservazioni sui temporizzatori
• Anche per i temporizzatori è previsto un tetto massimo al PT
• Tale valore può essere superato mettendo in cascata vari timer, realizzando così un conteggio di tempo pari alla somma dei singoli valori
• E’ possibile anche mettere in cascata ad un timer un contatore, e in tal caso il valore del conteggio è dato dal prodotto dei valori PT e PV
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Note sui blocchi funzionali
• Un blocco funzionale può contenere la chiamata ad altri blocchi funzionali o funzioni
• All’atto della definizione di un blocco è creata una loro istanza con nome e struttura dati univoci
• Un’istanza di un blocco funzionale si definisce come una variabile, con la sua stessa visibilità
• Oltre ai blocchi funzionali predefiniti, è possibile creare blocchi funzionali definiti dall’utente
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Es. Gestione di una risorsa comune (testuale)FUNCTION_BLOCK semaforo
VAR_INPUT richiesta, rilascio : BOOL;
END_VARVAR_OUTPUT
impegnata : BOOL;END_VARVAR
aux : BOOL :=0;END_VARimpegnata := aux;IF richiesta THEN
aux := 1;ELSIF rilascio THEN
impegnata := 0;aux := 0;
ENDIFEND_FUNCTION_BLOCK
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Es. Gestione di una risorsa comune (grafica)
richiesta
rilascio
semaforo
BOOL
BOOL
BOOL
FUNCTION_BLOCK
END_FUNCTION_BLOCK
impegnata
VARaux : BOOL:=0;
END_VAR...(* corpo in uno dei linguaggi *)...
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Es. Realizzazione di un’onda quadra su una variabile booleana (testuale - ST)
FUNCTION_BLOCK ondaquadraVAR_INPUT
abilita : BOOL; durata_ON, durata_OFF : TIME;
END_VARVAR_OUTPUT
uscita : BOOL;END_VARVAR
timer1, timer2 : TON; (*due istanze di timer TON*)END_VARtimer1(IN:=NOT(timer2.Q) AND abilita, PT:=durata_OFF);timer2(IN:=timer1.Q, PT:=durata_ON);uscita:=timer1.Q;
END_FUNCTION_BLOCK
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Es. Realizzazione di un’onda quadra su una variabile booleana (grafica)
N.B. il solo corpo della funzione ondaquadra è in linguaggio a contatti
abilita
uscita
timer2.Q
timer1.Q
timer1
IN Q
durata_OFF PT ET
timer2
IN Q
durata_ON PT ET
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Es. Realizzazione di un’onda quadra su una variabile booleana (grafica)
N.B. il solo corpo della funzione ondaquadra è in FBD
uscita
timer1
IN Q
durata_OFF PT ET
timer2
IN Q
durata_ON PT ET
ANDabilita
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Es. Realizzazione di un’onda quadra su una variabile booleana (testuale - IL)
N.B. il solo corpo della funzione ondaquadra è in IL
LDN timer2.QAND abilitaST timer1.INLD durata_OFFST timer1.PTCAL timer1CAL timer2(IN:=timer1.Q, PT:=durata_OFF)LD timer1.QST uscita
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Es. Chiamata del blocco funzionale ondaquadra
ondaquadra(abilita:=ing, durata_ON:=t#2s,
durata_OFF:=t#3s, uscita:=led);ondaquadra
abilitauscita
ing
t#2s durata_ONled
t#3s durata_OFF
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Es. Blocco funzionale antirimbalzo (grafica-FBD)
in
durata
antirimbalzo
BOOL
TIME
BOOL
FUNCTION_BLOCK
END_FUNCTION_BLOCK
out
VART1, T2 : TON;FLIPFLOP : SR;
END_VAR
in
durata
T1
out
IN
PT
T2IN
PT
FLIPFLOPS1
R
Q
Q
ET
ET
Q1
N.B. Serve per valutareun valore booleano solose è rimasto costante perun certo tempo
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I Programmi• Sono insiemi di elementi e costrutti dei 5 linguaggi di
programmazione dello standard per il controllo di una macchina o di un processo
• Si possono considerare come dei macro-blocchi funzionali con le seguenti caratteristiche:– definizione di variabili direttamente rappresentate in memoria– sono le uniche POU che possono accedere alle variabili
rappresentative degli input e output fisici del PLC– definizione di variabili globali e variabili di accesso che altri
programmi remoti possono indirizzare (VAR_ACCESS)– non possono istanziare se stessi– istanze di programmi possono solo essere dichiarate a livello di risorsa
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Es. Definizione testuale di un programma
PROGRAM nomeVAR_INPUT
. . . . ; (* definizione delle *) (* variabili di ingresso *)
END_VARVAR_OUTPUT
. . . . ; (* definizione delle *) (* variabili di uscita *)
END_VAR . . . .(* altre definizioni di variabili *) . . . .(* corpo del programma *)END_PROGRAM
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I Compiti/Task• Il compito/task serve per far eseguire un programma o un blocco
funzionale in maniera periodica o al verificarsi di certi eventi• Per definire un compito si possono usare:
– il parametro SINGLE di tipo BOOL, che indica la variabile booleana il cui fronte di salita è l’evento che causa un’unica esecuzione di un programma/blocco funzionale
– il parametro INTERVAL di tipo TIME che indica la durata del ciclo per un compito di tipo periodico
– in mancanza dei due parametri sopra descritti si definisce un compito ciclico continuo
– il parametro PRIORITY di tipo UINT che indica la priorità del compito (0 è la massima) ed è usato dallo schedulatore del dispositivo per gestire i vari compiti
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Osservazione sulle priorità dei task
• Se non viene definita la priorità di un task è quella minima
• Lo schedulatore (o algoritmo di schedulazione) dipende dal particolare PLC e può essere pre-emptive (i task di priorità maggiore possono interrompere quelli a priorità minore) o non pre-emptive
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Es. Definizioni di taskTASK ciclo_controllo(INTERVAL:=t#20ms,PRIORITY=0);
TASK allarme(SINGLE:=flag_allarme,PRIORITY=2);
TASK background
TASK ciclo_refresh(INTERVAL:=t#10ms,PRIORITY=5);
dove:
ciclo_controllo è un task periodico da eseguire ogni 20ms a priorità massima
allarme è un task da eseguire una sola volta quando la variabile booleana flag_allarme passa da falso a vero
background è un compito ciclico a minima priorità
ciclo_refresh è un compito periodico da eseguire ogni 10ms
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Utilizzo dei task
• Per assegnare un programma/blocco funzionale ad un particolare compito in maniera testuale si usa la parola chiave WITH
• In maniera grafica si scrive il nome del task nel blocco grafico
• Se un programma/blocco funzionale non è associato a un task, per default è eseguito in maniera ciclica continua con la minima priorità
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Le Risorse• Una risorsa/resource è un entità che è capace di eseguire un
programma• Si definisce con la parola chiave RESOURCE + nome
identificativo + ON + tipo di processore su cui va caricata; alla fine della definizione va posta la parola chiave END_RESOURCE
• Vanno definite poi eventuali variabili globali, ad accesso remoto, compiti e programmi che la compongono
• Per i programmi vanno assegnate le loro variabili di input e output collegandole a indirizzi di memoria corrispondenti a input e output fisici
• In particolare viene creata una istanza del programma, definito come un blocco funzionale, collegata a un compito e alle variabili su cui deve operare
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La Configurazione
• Corrisponde alla definizione di tutto il software che va caricato su un PLC
• Lo scopo della configurazione è:– definire le risorse a disposizione e allocare su di
esse i programmi– indicare la priorità di esecuzione dei programmi– definire le variabili globali accessibili da tutti i
programmi
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Definizione di una configurazione• Si definisce con la parola chiave CONFIGURATION +
nome• Vanno poi definite le variabili globali visibili da tutti gli
elementi della configurazione e le variabili di accesso remoto
• Vanno poi definite le risorse che la compongono (in pratica sono i processori a disposizione), che contengono i compiti e i programmi da assegnare ad ogni processore
• La parola chiave END_CONFIGURATION chiude la definizione
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Es. Definizione di una configurazioneCONFIGURATION controllore_cella
VAR_GLOBAL A : REAL; (* variabili visibili in tutta *) B : TIME; (* la configurazione *)
END_VARRESOURCE processore_1 ON pentium VAR_GLOBAL
flag_allarme : BOOL; (* visibile in tutta *) (* la risorsa *) END_VAR
TASK ciclo(INTERVAL:=t#20ms,PRIORITY=0); TASK allarme(SINGLE:=flag_allarme,PRIORITY=2); PROGRAM tornio : controllo_macchina (IN1:=…,IN2:=…,…,OUT1:=…,OUT2:=…,…) WITH ciclo; PROGRAM all_tornio : gestione_allarmi (IN1:=…,IN2:=…,…,OUT1:=…,OUT2:=…,…) WITH allarme; END_RESOURCE RESOURCE processore_2 ON AB486 PROGRAM cella : coordinamento (IN1:=…,IN2:=…,…,OUT1:=…,OUT2:=…,…); END_RESOURCEEND_CONFIGURATION
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IL DIAGRAMMA FUNZIONALE SEQUENZIALE
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Diagramma funzionale sequenziale
• Il linguaggio GRAFCET, adottato sin dal 1988 dal CEI come linguaggio per la descrizione dei sistemi di automazione industriale, è stato incluso nello standard 61131-3 con il nome di Sequential Functional Chart (SFC)
• Le sue caratteristiche ed i suoi scopi tuttavia sono diversi da quelli degli altri 4 linguaggi dello standard
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Caratteristiche del SFC• Si usa principalmente per la programmazione di
algoritmi di controllo di tipo logico-sequenziale• Poiché il comportamento di un algoritmo in SFC
dipende dallo stato precedente, si può utilizzare per programmare blocchi funzionali e programmi ma non funzioni
• Gli elementi base di un SFC sono– la fase (o tappa/passo) con le eventuali azioni associate– la transizione, con la condizione associata– l’arco orientato che connette fasi e transizioni
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La fase
• E’ una condizione del sistema modificabile solo all’occorrenza di un determinato evento, che genera una transizione che porta il sistema in una nuova fase
• Può essere in un certo istante attiva o inattiva• La condizione di un SFC è data dall’insieme delle
sue fasi attive• Se una fase è attiva, il comportamento del
programma/blocco funzionale descritto con l’SFC è definito dalle azioni associate a quella fase
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Definizione di una fase• Graficamente si definisce con un rettangolo al cui interno viene scritto il
nome della fase• Il rettangolo può essere connesso ad altri elementi (transizioni) attraverso
connettori sul bordo superiore e inferiore• Esiste anche una definizione testuale con il costrutto:
STEP nome_fase : azioni associate END_STEP
• Le fasi iniziali (attivate all’inizio dell’esecuzione) si distinguono graficamente ponendo due lineette verticali nel rettangolo, ovvero testualmente con:INITIAL_STEP nome_fase : azioni associate END_STEP
• Lo standard prevede una sola fase iniziale per ogni grafo SFC• Un blocco funzionale/programma può essere costituito da più grafi SFC
non connessi
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Note addizionali (1/II)• La definizione di una fase nome_fase comporta la
definizione di una variabile booleana nome_fase.X detta segnalatrice /marker della fase, il cui valore è 1 se la fase è attiva, altrimenti è 0
• Il valore di questa variabile è disponibile per la connessione grafica alla destra del rettangolo della fase
• Inizialmente vale 1 per le fasi iniziali, e 0 per tutte le altre• Solo a scopo illustrativo, per indicare graficamente lo stato di
una fase si ricorre per convenzione ad un pallino all’interno del rettangolo per indicare la fase correntemente attiva
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Note addizionali (2/II)• La definizione di una fase nome_fase comporta la
definizione di una variabile TIME nome_fase.T che rappresenta la durata dell’ultima attivazione della fase (se la fase è attiva, è il tempo trascorso dalla sua attivazione, se inattiva è la durata dell’ultima attivazione)
• Inizialmente questa variabile è impostata al valore t#0s per tutte le fasi
• Le variabili nome_fase.X e nome_fase.T non sono modificabili dall’utente, che può però utilizzarle
• Esse vanno inoltre considerate come variabili locali nella POU in cui l’SFC è definito
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La transizione
• E’ indicata da una barretta trasversale sull’arco orientato che collega le fasi
• Rappresenta la condizione che potrebbe far cambiare lo stato delle fasi
• Ad ogni transizione pertanto è associata una condizione, ossia una funzione booleana di variabili booleane, ovvero un’equazione a valori booleani o asserzioni
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 107
Definizione di una transizione• Lo standard prevede vari modi per definire le condizioni delle
transizioni:– espressione in ST a destra della barretta– rete in LD a sinistra della barretta o collegata ad essa con un connettore– rete in FBD a sinistra della barretta o collegata ad essa con un connettore– assegnando un nome alla transizione, a destra della barretta, e
definendola a parte con il costruttoTRANSITION nome := …; (* condizione *)END_TRANSITION
– utilizzando il costrutto (senza nominare la transizione)TRANSITION FROM fase1 To fase2 := …; (* condizione *)END_TRANSITION
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Gli archi orientati
• Collegano tra loro le fasi, stabilendone la sequenza, e sono interrotti dalle barrette delle transizioni
• L’orientamento va sempre dal bordo inferiore di una o più fasi al bordo superiore di una o più fasi
• Anche se non necessario, si possono orientare gli archi con freccette, specialmente per connessioni dal basso verso l’alto
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 109
Note addizionali• Se più fasi convergono in una stessa transizione o se alla
transizione succedono più fasi, si usa una doppia linea orizzontale per evidenziare le sequenze che devono evolvere in parallelo
• Per definizioni testuali dell’SFC, l’orientamento è fissato con i costrutti che definiscono le transizioni
• In generale, un grafo composto da fasi, transizioni e archi orientati è un SFC se:– due fasi non sono connesse direttamente, ma vi è una transizione tra
loro– due transizioni non sono connesse direttamente, ma vi è almeno una
fase tra loro
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quiete
avvio
a AND b
c
d
fase_A
fase_B
fase_C
fase_D
TR25TRANSITION TR25 :=(fase_C.T>=t#30s)AND(fase_B.X);END_TRANSITION
e AND NOT(f)
1
Es. Definizione grafica di un SFC
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Es. Definizione testuale di un SFCINITIAL_STEP quiete : END_STEPSTEP avvio : END_STEPSTEP fase_A: END_STEPSTEP fase_B: END_STEPSTEP fase_C: END_STEPSTEP fase_D: END_STEPTRANSITION FROM quiete TO avvio:= a AND b;END_TRANSITIONTRANSITION FROM avvio TO fase_A,fase_C:=c OR d;END_TRANSITIONTRANSITION FROM fase_A TO fase_B:= e AND NOT(f);END_TRANSITIONTRANSITION FROM fase_C TO fase_D:=(fase_C.T GE t#30s) AND (fase_B.X);END_TRANSITIONTRANSITION FROM fase_B, fase_D TO quiete:=1;END_TRANSITION
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Le azioni• Ad ogni fase si possono associare delle azioni• Si possono definire sia graficamente, indicandone il
nome e il corpo di istruzioni, sia testualmente con il costruttoACTION nome_azione:
. . . (*corpo dell’azione*)
END_ACTION• Anche una semplice variabile booleana può essere
un’azione, nel senso che se eseguita la variabile è portata a 1 (in tal caso non è presente il corpo dell’azione)
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Definizione grafica di un’azione
(1) (2) (3)
(4)
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Definizione del blocco di azione (1/II)Nel campo (1) va posto il qualificatore dell’azione che può essere:
– assente o N per qualificare l’azione come non memorizzata, da eseguire fintanto che la fase è attiva e ancora una volta quando la fase è disattivata
–P per qualificare un’azione da eseguire una sola volta quando la fase è attivata–D insieme ad una costante di tipo TIME per qualificare un’azione ritardata nel tempo se la
fase è ancora attiva e sino alla fine dell’attivazione, e poi ancora per una volta –L insieme ad una costante di tipo TIME per qualificare un’azione limitata nel tempo, eseguita
per la durata indicata o per la durata dell’attivazione della fase se minore, e poi ancora per una volta
–S o R per indicare il set o reset di un’azione memorizzata, che se settata in una fase resta in esecuzione anche dopo la disattivazione della fase, fino a quando non viene resettata, e poi ancora per un ciclo di scansione
–DS insieme ad una costante di tipo TIME per qualificare un’azione ritardata e memorizzata dopo la durata indicata se la fase è ancora attiva
–SL insieme ad una costante di tipo TIME per qualificare un’azione come memorizzata e limitata nel tempo, cioè eseguita per il tempo indicato anche se la fase si è disattivata
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Definizione del blocco di azione (2/II)• Nel campo (2) va posto il nome dell’azione
• Nel campo (3) va posta una variabile indicatrice (booleana) che è messa a 1 quando l’esecuzione dell’azione è terminata (ha solo scopi di documentazione e può essere omessa)
• Nel campo (4) va posto il corpo dell’azione, cioè quello che deve essere fatto, utilizzando uno dei linguaggi standard (compreso lo stesso SFC). Tale campo può essere omesso se l’azione viene definita a parte
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 116
Connessione delle azioni alle fasi• Il blocco di azione può essere connesso alla fase graficamente,
tramite un collegamento a destra del rettangolo della fase, che stabilisce una relazione con la variabile segnalatrice della fase
• Una fase può essere connessa a più blocchi di azione• In alternativa si può ricorrere ad una definizione testuale del
tipo:STEP nome_fase:
var_booleana(N); (* azioni senza *) altra_var_booleana(P); (* corpo *)
AZIONE_COMPLESSA(L,t#30s,ind); (*a parte*)END_STEP
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Corpo dell’azione in SFC• Lo standard consente di definire il corpo di
un’azione anche in SFC
• Ciò consente di sviluppare un programma in SFC con una metodologia top-down, individuando prima le macro-fasi in cui passa il sistema e poi, per ognuna di esse, sviluppando in dettaglio nelle azioni le sequenze previste
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 118
Note addizionali sui blocchi di azione• Lo standard consente l’uso di una variabile booleana associata
implicitamente ad ogni azione nome_azione.Q che è vera quando l’azione deve essere eseguita
• Le fasi cui non sono associate azioni possono essere qualificate come fasi di attesa (prima di passare ad un’altra fase)
• Lo standard prevede che i blocchi di azione possono essere utilizzati anche nel LD e nel FBD (in LD il blocco è attivato se alimentato; in FBD il blocco è attivato se l’ingresso booleano è vero)
• In ambedue i linguaggi LD e FBD, la variabile indicatrice del blocco di azione (campo (3)) può essere usata per segnalare il completamento dell’azione
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Regole di evoluzione1) Date le seguenti definizioni:
– una transizione è detta abilitata se tutte le fasi a monte di essa sono attive
– una transizione è detta superabile se è abilitata e la condizione a essa associata è vera
una prima regola di evoluzione dell’SFC afferma che se una transizione è superabile essa viene effettivamente superata: tutte le fasi a monte vengono disattivate e tutte le fasi a valle vengono attivate
2) Le operazioni di disattivazione/attivazione si susseguono nell’ordine indicato e la loro durata effettiva, piccola ma non nulla, è legata alla particolare implementazione ed è data dal tempo che intercorre tra due valutazioni successive del grafo
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Il problema dell’ambiguità
Può capitare che più transizioni distinte diventino superabili nello stesso istante.
Per rimuovere tale ambiguità, si è introdotta la regola:
3) Se più transizioni diventano superabili nello stesso istante, esse sono tutte superate contemporaneamente
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 121
Il problema della stabilità
Un altro problema che può verificarsi è che una fase sia instabile, nel senso che ha la condizione associata alla transizione di uscita già vera quando la fase viene attivata.
In questo caso lo standard stabilisce che le azioni associate siano comunque eseguite prima della disattivazione della fase (cioè la durata dell’attivazione di una fase non può essere nulla)
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 122
Strutture classiche di programmazione in SFC
A
B
A
B C
cond1 cond2
A B
C
cond1 cond2
Sequenza semplice
Scelta o divergenza Convergenza
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Osservazioni sulla divergenza
• Quando è presente una scelta/divergenza, occorre che le condizioni di scelta siano mutuamente esclusive
• La mutua esclusione tra le condizioni di scelta è garantita quando esse non sono mai vere contemporaneamente per loro natura
• In caso contrario occorre impostarla per costruzione ad es.:cond1’:=cond1;cond2’:=cond2 & (NOT cond1);
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Osservazioni sulla convergenza
• La convergenza è la chiusura naturale di una scelta
• Casi particolari di scelta+convergenza sono il salto di una sequenza e il ciclo di una sequenza
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Salto e ciclo di una sequenza
A
B
C
A
B
C
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Parallelismo o concorrenza
f1
f11 f21 f31
T1
Se T1 diventa superabile si attivano contemporaneamente f11,f21, f31, dando luogo a diverse sequenze che evolvono indipendentemente
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Sincronizzazione
f11 f21 f31
T1
Perché T1 sia superata occorre che f11,f21,f31 siano tutte attive. Esse cioè sono sincronizzate dalla transizione T1.
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Sincronizzazione locale
f3
f4
f5
f45
f46
f47
f20
T4
La sequenza di destra deveattendere che la sequenza di sinistra superi T4 per poterprocedere
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Struttura errata: scelta con sincronizzazione
f10
f11 f21
T10 T2
T20
f17 f24
La transizione T20 non diventeràmai superabile!!!
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Struttura errata: struttura ambigua
f1
f11 f21
T17
T1
f17 f24
T24
f2La fase f2 rischia di essereattivata due volte!!!
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Vantaggi dell’SFC
• Il linguaggio SFC è il migliore per la programmazione del controllo logico-sequenziale
• Le applicazioni di tali controllo esulano da quelle dell’automazione industriale: controllo di un sistema semaforico, di una stazione ferroviaria, dell’accesso a un canale di comunicazione, degli accessi a un data-base, della coda di un server
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Progetto del controllo con SFC (1/II)
• Scrittura dell’SFC funzionale:1) individuare le specifiche funzionali dell’impianto da
automatizzare2) esprimere tali specifiche in un linguaggio che non
permette ambiguità, ad es. adoperando l’SFC già nella scrittura delle specifiche, esprimendo le azioni da eseguire e le condizioni da valutare in linguaggio naturale (“apri valvola”, “spegni pompa”, “vai a destra”)
• L’SFC funzionale prodotto è utile anche ai fini della documentazione perché descrive esattamente quello che il sistema deve fare
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Progetto del controllo con SFC (2/II)
• Scrittura dell’SFC di controllo:1) a partire dalla descrizione funzionale del
controllo si può passare alla stesura del programma vero e proprio
2) una fase individuata a livello funzionale potrebbe poi dover essere realizzata come una sequenza di fasi intermedie (programmazione top-down)
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Note addizionali
• La scrittura dell’SFC di controllo e/o funzionale è vantaggiosa anche in fase di debugging del programma: se il sistema si blocca in una fase si deve capire solo perché la transizione di uscita non è stata superata
• Dal punto di vista implementativo/computazionale, un programma in SFC ha una maggiore efficienza poiché in ogni valutazione del grafo vanno effettivamente eseguite solo le azioni associate alle fasi attive e valutate solo le transizioni in uscita a tali fasi
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Es. Il carrello automaticoUn carrello trasportatore, a richiesta di un operatore, deve spostarsi alla destra di un binario, essere caricato per ribaltamento di un serbatoio e riportarsi a sinistra per scaricare il materiale.
g
fs fd
fr R
S D
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Architettura del sistema
• Il sistema comprende:– 3 segnali provenienti dai sensori di fine corsa, di cui 2 per
il carrello (cui corrispondono le variabili booleane fs e fd) ed 1 per il serbatorio (variabile fr)
– 1 segnale legato ad un pulsante di attivazione del ciclo (variabile g)
– 2 comandi di attuazione per il moto del carrello (variabili S e D)
– 1 segnale per il ribaltamento del serbatoio (variabile R)
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SFC funzionale per il carrello automatico
quiete
vai a destra
parti
arrivato a destra
carica
caricato
vai a sinistra
arrivato a sinistra
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SFC di controllo per il carrello automatico
quiete
vai_a_dx
g
fd
carica
fr
vai_a_sx
fs
N D
N R
N S
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Es. Il trapano automatico
p
S
D
R
a
m
b
y
xO
Segnali di input digitali:-p pulsante per comandare la partenza-a finecorsa slitta trapano in alto-m contatto di media corsa della slitta-b finercorsa della slitta trapano in basso-x contatto che segnala l’altezza del pezzoSegnali di output/comando digitali:-S che comanda la salita del trapano-D che comanda la discesa del trapano-R che attiva la rotazione del trapano-O che attiva l’oliatore
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 140
Specifiche funzionali• Il ciclo inizia quando l’operatore preme il pulsante di
partenza, se è presente un pezzo• Se il pezzo è basso il trapano viene messo in rotazione e
fatto scendere fino al finecorsa basso; poi viene fatto risalire sino al finecorsa alto dove viene fermata la rotazione
• Se il pezzo è alto, il trapano in rotazione deve scendere fino al contatto medio e poi risalire; poi deve essere attivata la pompa oliatrice per 2s; infine il trapano deve scendere fino al finecorsa basso e poi risalire ed essere fermato
• Un nuovo ciclo può avviarsi solo se il pezzo trattato viene rimosso e sostituito con un altro
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 141
Es. Distributore automatico di bibiteGli input di controllo sono:
– 1 segnale moneta dalla gettoniera– 1 segnale aperto che indica se il vano prelievi e stato aperto
Gli output di controllo sono:– 2 segnali BLOCCA e SBLOCCA che agiscono sulla porta del
vano prelievo– 2 segnali SA e SB per il comando di 2 pistoncini lineari (se il
segnale è presente il pistoncino va a dx, altrimenti una molla di richiamo lo riporta a sx)
L’obiettivo è che all’inserimento di una moneta, una sola bibita sia fatta cadere nel vano e sia possibile prelevarla
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 142
SFC di controllo per il distributore
f1
f11 SBLOCCA f21
moneta
BLOCCA
Lt#1s SB
aperto
f12 f22
f21.T>=t#2s
Lt#1s SA
f23
f22.T>=t#2s
1
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 143
Esempi di programmazione completi
1) Descrizione dell’impianto da controllare e degli ingressi e delle uscite del sistema di controllo
2) Specifiche di funzionamento da soddisfare3) Decomposizione funzionale del problema per
individuare funzionalità che si possono sviluppare autonomamente
4) Scrittura del programma di controllo5) Definizione delle risorse e della configurazione
del sistema di controllo
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 144
Controllo sistema di illuminazione
• Due capannoni identici per cui occorre controllare i sistemi di illuminazione
• In ogni capannone sono presenti una scala e un ambiente di lavoro
Ls c ala
L1 L2
P 1s c ala
P 2s c ala
P 3s c ala
P 1 P 2
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 145
Caratteristiche sistema di controllo
• Ingressi di controllo:– P1scala, P2scala, P3scala, P1, P2
segnali provenienti dai pulsanti di accensione
• Uscite di controllo:– Lscala, L1, L2 segnali di controllo
illuminazione
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 146
Specifiche • Le luci della scala si devono accendere alla pressione di uno
dei pulsanti di accensione e rimanere accese per 60s• Se durante l’accensione delle luci della scala viene premuto di
nuovo uno dei pulsanti il conteggio del tempo deve ripartire• Se viene premuto il pulsante P1 [P2] si deve accendere
l’impianto L1 [L2] nell’ambiente di lavoro • Se uno dei pulsanti P1 o P2 viene premuto due volte entro
mezzo secondo, si devono accendere tutti e due gli impianti L1 e L2
• Se uno dei pulsanti P1 o P2 viene tenuto premuto per più di mezzo secondo, si devono spegnere tutti e due gli impianti L1 e L2
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 147
Funzionalità
• Gestione di un impianto luminoso: blocco funzionale che può accendere, spegnere o cambiare lo stato di un’uscita
• Accensione temporizzata di un impianto luminoso: blocco funzionale che permette l’accensione per una durata impostabile e lo spegnimento immediato dell’impianto
• Riconoscimento doppia pressione su un pulsante: blocco funzionale che permette di distinguere se c’è un solo fronte di salita o due sull’ingresso
• Riconoscimento di una pressione continua del pulsante: blocco funzionale per distinguere tra segnale d’ingresso durato meno o più dell’intervallo prefissato
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 148
Gestione luce
on
off
com
BOOL
BOOL
BOOL
luce BOOL
spenta
accesa
P
P
on
com
luce
P
P
off
com
gest_luce
FUNCTION_BLOCK
END_FUNCTION_BLOCK
Il fronte di salita sull’ingressoon mette a 1 l’uscita luceche è riportata a zero da un frontedi salita sull’ingresso off.Un fronte di salita su com fa cambiare lo stato dell’uscita.
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 149
Accensione temporizzata
>on
>off
durata
BOOL
BOOL
TIME
luce BOOL
f1
f2
on
luce
timer_luce
FUNCTION_BLOCK
END_FUNCTION_BLOCK
f3 luce
on
1
(f2.T>durata OR off)AND NOT(on)
Permette l’accensione per unadurata impostabile e lo spegnimento immediato
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 150
Riconoscimento doppia pressionein
durata
BOOL
TIME
singolo BOOL
quiete
primo
in
doppia_pres
FUNCTION_BLOCK
END_FUNCTION_BLOCK
doppio BOOL
LTPin
primo.T
durata
EN ENO
due doppio
GE
primo.T
durata
EN ENO
singolouno
1 1
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 151
Riconoscimento pressione continua
in
durata
BOOL
TIME
corto BOOL
quiete
premuto
in
lung_pres
FUNCTION_BLOCK
END_FUNCTION_BLOCK
lungo BOOL
dopo lungocortoprima
1
NOT(in)
1
in AND (premuto.T>=durata)
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 152
Programma gestione luci capannone
PROGRAM gest_luci_cap
VAR_INPUT P1,P2,P1scala,P2scala,P3scala : BOOL; END_VARVAR_OUTPUT L1,L2,Lscala : BOOL; END_VARVAR timer_scala : timer_luce; luce1,luce1:gest_luce;
lungo1,lungo2:lung_pres;doppio1,doppio2:doppia_pres; END_VAR
END_PROGRAM
P1scalaP2scalaP3scala
on
off
duratat#60s
ORtimer_scala
luce
lungo1P1
t#500ms
in
durata
corto
lungo
doppio1
t#500ms
in
durata
singolo
doppio
lungo2
t#500ms
in
durata
corto
lungo
doppio2
t#500ms
in
durata
singolo
doppio
P2
OR
OR
OR
OR
on
off
com
luce1
L1luce
onoff
com
luce2
L2luce
Lscala
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 153
Risorse e Configurazione
• Occorre definire le risorse e la configurazione
• Si supponga di utilizzare un controllore con una sola risorsa di elaborazione PLC586
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 154
Es. Configurazione 1CONFIGURATION contr_imp_luci
RESOURCE controllore ON PLC586
PROGRAM capan1:gest_luci(P1:=%I3.4,P2:=%I3.5,
P1scala:=%I3.6,P2scala:=%I3.7,P3scala:=%I3.8,
Lscala:=%Q1.1,L1:=%Q1.2,L2:=%Q3.4);
PROGRAM capan2:gest_luci(P1:=%I2.2,P2:=%I2.3, P1scala:=
%I2.4,P2scala:=%I2.5,P3scala:=%I2.6,
Lscala:=%Q4.1,L1:=%Q4.2,L2:=%Q4.4);
END_RESOURCE
END_CONFIGURATION
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 155
Es. Configurazione 2CONFIGURATION contr_imp_luci RESOURCE primo_capan ON PLC586 PROGRAM capan1:gest_luci(P1:=%I3.4,P2:=%I3.5,
P1scala:=%I3.6,P2scala:=%I3.7,P3scala:=%I3.8,Lscala:=%Q1.1,L1:=%Q1.2,L2:=%Q3.4);
END_RESOURCERESOURCE secondo_capan ON PLC486 TASK periodo(INTERVAL:=t#10ms)
PROGRAM capan2:gest_luci(P1:=%I2.2,P2:=%I2.3, P1scala:=%I2.4,P2scala:=%I2.5,P3scala:=%I2.6,Lscala:=%Q4.1,L1:=%Q4.2,L2:=%Q4.4) WITH periodo;
END_RESOURCEEND_CONFIGURATION
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 156
Sistema di nastri trasportatori
• Sistema composto da 3 nastri trasportatori identici
• I pacchi posati sul primo nastro vengono portati alla fine del terzo nastro da dove sono prelevati
• Allo scopo le movimentazioni dei 3 nastri devono essere opportunamente coordinate
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 157
Schematizzazione funzionalenastro1
fotocellula
nastro2 nastro1
fotocellula fotocellula
Input di controllo:1) photo: segnale dalle fotocellule poste alla fine dei nastri2) p_dopo: indica se il dispositivo
successivo è pronto per accettare il pacco
Output di controllo:1) ava: controlla la movimentazione del nastro2) p_acc: indica al dispositivo precedente che il nastro è pronto a ricevere3) p_cons: indica al dispositivo successivo che il nastro è pronto a consegnare
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 158
Gestione nastro
photo
p_dopo
BOOL
BOOL
ava BOOL
f1
f2
photo
gest_nastro
FUNCTION_BLOCK
END_FUNCTION_BLOCK
BOOL
BOOL
p_acc
p_cons
ava
p_acc
NOT(photo)
consegna
p_cons
p_dopo p_acc
ava
N
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 159
Programma gestione nastriPROGRAM tre_nastri
VAR_INPUT phi1,phi2,ph3,pronto_a_valle: BOOL; END_VARVAR_OUTPUT ava1,ava2,ava3,pronto_ad_accettare, pronto_a_consegnare : BOOL; END_VARVAR nastro1,nastro2,nastro3 : gest_nastro; END_VAR
nastro1
photo
p_dopo
ava
p_acc
p_cons
nastro2
photo
p_dopo
ava
p_acc
p_cons
nastro3
photo
p_dopo
ava
p_acc
p_cons
ph1 ph2ava1 ava2 ava3
ph3
pronto_a_valle
pronto_ad_accettare
pronto_a_consegnare
END_PROGRAM
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 160
Sistema di nastri trasportatori e girello automatico
nastro1
ph1
nastro2
ph2 girello
nastro3
ava1 ava2
ph3
ava3
fd
fssin
desphoto
ava
Input di controllo girello:1) photo segnale dalla fotocellula per indicare un pacco trasferito sul girello2) fs finecorsa antioraria del girello3) fd finecorsa oraria del girello4) p_dopo indica se il dispositivo dopo è pronto per accettare un pacco5) p_prima indica se il dispositivo prima è pronto a consegnare un pacco
Output di controllo girello:1) ava movimentazione rulli del girello2) sin fa ruotare il girello in senso antiorario3) des fa ruotare il girello in senso orario4) p_acc indica che il girello è pronto ad accettare un pacco dal dispositivo prima5) p_cons indica che il girello è pronto a consegnare un pacco al dispositivo dopo
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 161
Gestione girello
photo
p_dopo
BOOL
BOOL
ava BOOL
fermo
consegna
p_prima
gest_girello
FUNCTION_BLOCK
END_FUNCTION_BLOCK
BOOLBOOL
p_accp_cons
NOT(photo)consegna
p_cons
p_dopo ava
N
BOOLBOOL
BOOLp_primafdfs
BOOLBOOL
sindes
ricevi avap_acc
photo
gira_sn sin
fs
gira_ds sin
fd
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 162
PROGRAM nastri_girello
VAR_INPUT phi1,phi2,ph3,phg,fsg,fdg,pronto_a_valle: BOOL; END_VARVAR_OUTPUT ava1,ava2,ava3,avag,sing,desg,pronto_ad_accettare, pronto_a_consegnare : BOOL; END_VARVAR nastro1,nastro2,nastro3 : gest_nastro;
girello : gest_girello;END_VAR
nastro1
photo
p_dopo
ava
p_acc
p_cons
nastro2
photo
p_dopo
ava
p_acc
p_cons
ph1 ph2ava1 ava2
pronto_a_valle
pronto_ad_accettare
pronto_a_consegnare
nastro3
photo
p_dopo
ava
p_acc
p_cons
ava3ph3
photo
p_dopo
phg ava avaggest_girello
singdesg
p_accp_cons
fsgfdg
p_primafdfs sin
des
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 163
Traduzione del SFC
• Non tutti i PLC comprendono l’SFC tra i possibili linguaggi di programmazione
• E’ necessaria una procedura di traduzione in modo che sia implementabile su qualsiasi macchina
• La procedura deve essere semplice e dettagliata, con relazioni biunivoche
• Ogni eventuale modifica dell’SFC deve poter essere convertita nelle modifiche alla traduzione
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 164
Formalizzazione di un SFC
• Propedeutica alla traduzione di un SFC è la “formalizzazione” del suo comportamento
• Occorre cioè trovare equazioni booleane o algoritmi di evoluzione che descrivano le regole con cui le fasi evolvono:
1. Una fase diventa attiva se una delle transizioni a monte è superabile
2. Una fase viene disattivata se essa è attiva e se risulta superabile una delle transizioni a valle
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 165
Equazioni booleane equivalenti
j1 jd
Tj FjTi Fi
i
n
f1 fe
Tk Fk Tf Ff
j hi
XjhFjFiXiXn ..:. Regola di attivazione della fase n
f hk
XfhFfFkNOTXnXn ..:. Regola di disattivazione
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 166
Osservazioni• L’equazione booleana complessiva è data dall’OR
delle due equazioni scritte• In entrambe le equazioni booleane equivalenti
trovate, la n.X e le condizioni delle transizioni sono valutati all’istante attuale, viceversa i segnalatori delle fasi all’istante precedente
• Oltre alle equazioni di attivazione e disattivazione delle fasi occorre scrivere le equazioni delle azioni da eseguire
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 167
Traduzione in equazioni booleane
• E’ richiesta la traduzione in equazioni booleane equivalenti per tutte le fasi e per tutte le azioni
• E’ necessaria poi un procedura di lettura degli ingressi e di scrittura delle uscite
• Tale procedimento è poco flessibile in quanto prevede l’inclusione delle condizioni delle transizioni nelle equazioni delle fasi
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 168
Algoritmo di evoluzione
lettura ingressi
inizializzazione SFC
lettura ingressi
determinazionetransizioni superabili
esecuzione azioni
scrittura uscite
aggiornamentocondizione SFC
Fase di inizializzazione
Ciclo iterativo
Rappresentazione in forma algoritmica delle regole di evoluzione di un SFC
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 169
Caratteristiche di un algoritmo di evoluzione
• Fase di inizializzazione:– lettura degli ingressi fisici– attivazione delle fasi iniziali ed esecuzione delle azioni
associate
• Ciclo iterativo:– aggiornamento degli ingressi fisici– determinazione delle uscite di controllo a partire dalle
transizioni superabili, dalle fasi attive e dall’esecuzione delle azioni
– scrittura delle uscite fisiche
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 170
Codifica dell’algoritmo di evoluzione
• L’algoritmo evolutivo prevede la codifica dell’inizializzazione delle fasi, della valutazione delle transizioni, della determinazione della nuova condizione e delle azioni associate da svolgere
• E’ stato scelto il LD come linguaggio di codifica
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 171
Operazioni preliminari
• Associare ad ogni fase una variabile booleana come segnalatore della fase (ad es. il nome della fase)
• Associare ad ogni transizione una variabile booleana come segnalatore della transizione (ad es. Tr+numero transizione)
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 172
Sezioni dell’algoritmo in LD
L’algoritmo di evoluzione codificato in LD presenterà 4 sezioni in sequenza:
1. Sezione di inizializzazione
2. Sezione di valutazione delle transizioni
3. Sezione di aggiornamento della condizione
4. Sezione di esecuzione delle azioni
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 173
Sezione di inizializzazione
• E’ eseguita una sola volta all’inizio
• Serve per porre a 1 i segnalatori delle fasi iniziali dell’SFC
• Ciò è possibile con bobine a memorizzazione associati ai segnalatori delle fasi iniziali
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 174
Es. Inizializzazione in LD
INIZ fase_iniz_1
fase_iniz_n
S
S
AZIONI
Il bit di stato INIZ è 1 soloalla prima scansione!!
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 175
Sezione di valutazione delle transizioni
• Valuta se tutte le transizioni sono superabili o meno, aggiornando lo stato dei segnalatori di transizione
• E’ necessaria così una istruzione in LD per ogni transizione per valutarne la superabilità
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 176
Es. Valutazione delle transizioni in LD
fase_i Tricond
Trjcondfase_j
fase_k fase_f cond Trk
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 177
Sezione di aggiornamento della condizione
• Per ogni transizione superabile, disattiva le fasi a monte e attiva quelle a valle
• Per ogni transizione quindi occorre un rung che disattivi le fasi a monte seguito da un rung che attivi le fasi a valle, quando la transizione è superabile
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 178
Sezione di esecuzione delle azioni
• E’ preceduta dall’etichetta AZIONI cui punta il salto condizionato nella Sezione inizializzazione
• Si usa la variabile segnalatrice dello stato di attivazione di una fase per condizionare l’esecuzione dell’azione associata
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 179
Traduzione delle variabili temporali
• In un SFC possono essere presenti variabili temporali associate alle fasi per condizionare le transizioni e nelle azioni limitate o ritardate nel tempo (L o D)
• Nel LD vanno implementate tramite il blocco funzionale predefinito dei temporizzatori TON
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 180
Errori comuni
f1 AAA
AAAf2
f1 AAA
f2
NO SI
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 181
Es. Il carrello automatico
g
fs fd
fr R
S D
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 182
Es. Il carrello automatico in SFC
quiete
vai_a_dx
g
fd
carica
fr
vai_a_sx
fs
N D
N R
N S
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 183
Es. Il carrello automatico in LD 1/IIIINIZ quiete
S
AZIONI
quiete g Tr1
vai_a_dx fd Tr2
carica fr Tr3
Tr4vai_a_sx fd
Sezione di inizializzazione
Sezione di valutazione delle transizioni
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 184
Es. Il carrello automatico in LD 2/IIITr1 quiete
R
Tr2 vai_a_dx
R
Tr3 carica
R
Tr4 vai_a_sx
R
Tr1 vai_a_dx
S
Tr2
vai_a_sx
S
Tr3
carica
S
Tr4 quiete
S
Sezione di aggiornamento dellecondizioni
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 185
Es. Il carrello automatico in LD 3/III
vai_a_dx D
carica R
vai_a_sx S
AZIONI:
Sezione di esecuzione delleazioni (tutte con il qualificatore N)
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 186
Es. La cella robotizzata
• Si consideri una cella robotizzata costituita da un robot che deve servire:– 2 nastri trasportatori di alimentazione– 1 nastro trasportatore di distribuzione
• Il robot deve trasferire dei carichi che arrivano in maniera random dai nastri di alimentazione al nastro di distribuzione
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 187
Es. La cella robotizzataNastro 1
Nastro 2
Nastro 3
PRES1
PRES2
PRES3
P1
P2
P3
P0
AVA1
AVA2
AVA3
OGG3
Input di controllo:1) PRESi: presenza oggetto nella posizione Pi, i=1..3 2) OGG3: presenza oggetto alla fine del nastro 33) OKi: avvenuto posizionamento del robot in Pi, i=0..3
Output di controllo:1) AVAi: avanzamento nastro i, i=1..32) VAIi: posizionamento del robot in Pi, i=0..33) CHIUDI: comando chiusura pinza del robot4) APRI: comando apertura pinza del robot
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 188
SFC di controllo dei nastri
NOT PRES1T10
quiete1
f11 AVA1
PRES1T11
NOT PRES2T20
quiete2
f21 AVA2
PRES2T21
PRES3 AND quiete0T30
quiete3
f31 AVA3
OGG3T31
f32
NOT OGG3T32
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 189
SFC di controllo del robot
quiete0
PRES2 AND NOT PRES1T2
f2 VAI2
OK2T4
PRES1T1
f1 VAI1
OK1T3
CHIUDIf3
f3.T>=0.5s AND quiete3T5
VAI3
f4 CHIUDI
f5
OK3T6
f5.T>=0.5sT7
VAI0f6
APRI
OK0T8
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 190
Es. La cella robotizzata in LD 1/IX
INIZ quiete0
S
AZIONI
quiete2
quiete1
S
S
quiete3
S
Sezione di inizializzazione
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 191
Es. La cella robotizzata in LD 2/IX
Sezione di valutazione delle transizioni
quiete0 PRES1 Tr1
Tr3
Tr4f2 OK2
quiete0 PRES2 Tr2PRES1
f1 OK1
f3 timer1.Q Tr5quiete3
Tr6f4 OK3
Tr7f5 timer2.Q
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 192
Es. La cella robotizzata in LD 3/IX
Sezione di valutazione delle transizioni
f6 OK0 Tr8
Tr11
Tr20quiete2 PRES2
quiete1 PRES1 Tr10
f11 PRES1
f21 PRES2 Tr21
Tr30quiete3 PRES3
Tr31f31 OGG3
quiete0
f32 OGG3 Tr32
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 193
Es. La cella robotizzata in LD 4/IX
Sezione di aggiornamento delle condizioni
Tr1 quiete0
R
Tr2
Tr3 f1
R
Tr4 f2
R
Tr5 f3
R
Tr6
f5
R
Tr7
f4
R
Tr8 f6
R
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 194
Es. La cella robotizzata in LD 5/IX
Sezione di aggiornamento delle condizioni
Tr10 quiete1
R
Tr11
Tr20 quiete2
R
Tr21 f21
R
Tr30 quiete3
R
Tr31
f32
R
Tr32
f31
R
R
f11
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 195
Es. La cella robotizzata in LD 6/IX
Sezione di aggiornamento delle condizioni
Tr1 f1
S
Tr2
Tr3 f3
S
Tr4
Tr5 f4
S
Tr6
f6
S
Tr7
f5
S
Tr8 quiete0
S
f2
S
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 196
Es. La cella robotizzata in LD 7/IX
Sezione di aggiornamento delle condizioni
Tr10
S
Tr11
Tr20
quiete2
S
Tr21
f21
S
Tr30
quiete3
S
Tr31 f32
S
Tr32
f31
S
S
f11
quiete1
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 197
Es. La cella robotizzata in LD 8/IX
f3 CHIUDI
f4
f1 VAI1
AZIONI:
f2 VAI2
f4 VAI3
f5 APRI
f6 VAI0
Sezione di esecuzione delleazioni
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 198
Es. La cella robotizzata in LD 9/IX
f11 AVA1
f21
f31 AVA3
f3
f4
AVA2
timer1IN
PT
Q
ETt#500ms
timer2IN
PT
Q
ETt#500ms
Sezione di esecuzione delleazioni
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 199
Macrofase e macroazione
• I concetti di macrofase e macroazione sono stati introdotti di recente per facilitare la programmazione in SFC
• Essendo cronologicamente posteriori, essi non sono presenti nello standard
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 200
Macrofase
• La macrofase è un concetto introdotto per facilitare la descrizione di sistemi complessi
• Viene utilizzata per descrivere una particolare porzione di un SFC detta espansione della macrofase
• L’espansione della macrofase deve avere una sola fase di ingresso e una sola fase di uscita e non ci devono essere archi orientati che entrano o escano dalla espansione della macrofase
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 201
Es. Macrofase
4
5M30
6
i30
O30
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 202
Macroazione
• La macroazione è un’azione operata da un SFC che ha effetti sulla condizione di un altro SFC
• Viene introdotta per poter realizzare gerarchie tra gli SFC
• Per avere effetti deve agire cambiando i valori delle variabili segnalatrici dello stato
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 203
Esempi di macroazioni
• SOSPENSIONE: permette ad un SFC di rendere inattive tutte le fasi di un altro SFC (equivale ad inserire una transizione superabile in uscita a tutte le fasi dell’SFC da sospendere)
• FORZATURA: permette ad un SFC di forzare la condizione di un altro SFC a prescindere dalle regole di evoluzione (equivale ad inserire una transizione superabile in uscita a tutte le fasi che non devono diventare attive, ed una in ingresso a tutte le fasi che devono diventare attive)
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 204
Es. Sospensione
4
5
6
SOSPENDERE(G2)
G1
f11
f12
f13
a
b
c
f11
f12
f13
a
b
c
f5.X
f5.X
f5.X
G2 Interpretazione
Tecnologie dei Sistemi di Automazione - Prof. Raffaele Iervolino 205
Es. Forzatura
4
5
6
FORZARE(G2,f12)
G1
f11
f12
f13
a
b
c
f11
f12
f13
a
b
c
f5.X
f5.X
G2 Interpretazione
f5.X