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IRAN& ITALIA30 MILIARDI FERMI A TEHERANIL GOVERNO SPINGE,CASSA DEPOSITI CAUTAdi Ferruccio de Bortoli
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IL RISVEGLIODEL MATTONECITTÀ E QUARTIERI
PIÙ CONTESI:DOVE PUNTARE
di Gino Pagliuca
38
di Roberta Scagliarini
23
I BIG NAZIONALIPIRELLI, BARILLA(MANONSOLO)ILRADDOPPIO
NONÈUNMIRAGGIO
2di Dario Di Vico
POTEREAI GIOVANIRISO GALLO:PERCHÉLA FAMIGLIACONTAANCORA
IL GRANDE AFFAREDELL’IMMORTALITÀ
GIÀ ADESSOC’È CHI GUADAGNA
6di Stefano Agnoli
I commentiLa nostra economiapuò crescere di più:ma serve coraggioPerché le elezioni tedeschesono fondamentalianche per l’Italia
10
di Daniele Mancae Danilo Taino
INDUSTRIA & FINANZAIL TEMPO DELLE RELAZIONIÈ ORMAI SCADUTO(ANCHE PERMEDIOBANCA)
14
di Federico De Rosae Nicola Saldutti
Carlo Preve
Alla guida di Riso Gallo
Lunedì 18 Settembre 2017 Risparmio,Mercati, Imprese leconomia.corriere.it
del
ANNO XXI - N. 36
Sommario
Astaldi:«Sicresceanchesenzanozze»
di Daniela Polizzi
12
Mauri:«TornalacartaEil librovaascoltato»
di Alessandra Puato
19
Imprese
Chisirivede,LinkedInIlpoterediMilano
di Chiara Sottocorona
21
H&McontroInditexKarlePabloaduello
di Maria Silvia Sacchi26
Patrimoni
DagliUsaall’Europa,irischidamisurare
di Pieremilio Gadda40
L’industria made in ItalyPICCOLO NON È PIÙ BELLO
La parola-chiave nei settori di punta è ancora «consolidamento»: chiè pronto a partecipare tra i big e tra le nostre multinazionali
tascabili? Chi può puntare al «raddoppio» di taglia? Enel, Prysmiane Pirelli, secondo Roberto Crapelli (Roland Berger). Ma anche Barillae Ferrero. Gli ostacoli? In qualche caso le famiglie senza una guida,spiega Giovanni Tamburi (Tip), ma anche il contesto normativoinvecchiato nel quale si muovono le Authority Antitrust, comenell’operazione Luxottica-Essilor. Perché la taglia dipende dal
business. Onida: quale eredità da Italtel-Telettra?
di Dario Di Vico
I l dibattito che è sorto sul merger Lu-xottica-Essilor—e che oggi andrebbeaggiornato alla luce del probabile in-
tervento dell’Antitrust di Bruxelles— è digrande interesse perché al di là del casospecifico (le strategie di Leonardo Del Vec-chio) pone all’attenzione il tema delle ambi-zioni delle multinazionali tascabili italiane.Sono passati 21 anni per la precisione dallafortunata definizione di Giuseppe Turani chela coniòpensandoal gruppoMerloni e all’espe-rienza di Fabriano. Con il tempo il neologismoha avutosuccesso non solo mediatico, ma ha anticipato quellache sarebbe stata una progressiva trasformazione deipiani alti del capitalismo italiano.Sempre meno grandi imprese esempre piùmedie emultinazionali.Il resto ovviamente è storia dei no-stri giorni e ci riporta alla realtà delbusiness moderno che, come sap-piamo, non dormemai.
Le opinioni
Ladomandadunquediventa: leno-stre multinazionali possono accon-tentarsi di fregiarsi del titolo inter-nazionale o invece devono stare at-tente a non compromettere la loroposizione competitiva? Detta più prosaicamente: leaziende italiane di punta sono pronte a progettare (an-che) il raddoppio del loro fatturato pur di difendere ilvantaggio competitivo acquisito? Roberto Crapelli, pre-
s i -dente della Ro-
land Berger non ha dubbi inproposito. «Multinazionale tascabile» gli
pare quasi un ossimoro, o si è multinazionali a tuttotondo o si finisce presto o tardi per diventare aziendelocali. Ciò non significa crescere per crescere, acquisi-re solo per sfoggiare un bel comunicato stampa, ma
«raggiungere la dimensione oppor-tuna per partecipare da vincenti alconsolidamento del proprio settoredi business». Eh sì perché adontaditutti i ragionamenti secondo i qualile nuove tecnologie avrebberoman-dato in soffitta le economie di scalaè ancora il consolidamento la ten-denza-chiave nei business che con-tano. Con questi presupposti Cra-pelli giudica Enel, Prysmian e Pirelliben posizionate. Pensa anche chenei servizi finanziari le nostre duebanche maggiori (Intesa e Unicre-dit) sianopronteagiocare leproprie
carte «con vantaggio» in un’eventuale nuova fase diconsolidamento. Crede che nei beni di consumoBarillae Ferrero farebbero bene a guardarsi intornoper evitaredi restare indietro. Scommette chenell’automotive ci si-
Le regole sullaconcorrenza
sono superate:l’arrivo
massicciodi capitali
asiatici cambiail quadro
ImaLeader nel packaging, il gruppoguidato da Alberto Vacchi harilevato nel pieno della crisi(2014) cinque aziende tedesche
COSÌ
POSSIAMO
DIVENTARE
FincantieriL’acquisizione di Stx, simbolodell’industria francese, è unaffare di Stato dopo il no di Parigi(nella foto, il ceo Giuseppe Bono)
BremboDal 2014 il gruppo guidato daAlberto Bombassei ha avviatol’internazionalizzazione: gli Usail mercato di riferimento
Innovazione
L’ApplediTimCookpuntaaimillemiliardi
di Paolo Ottolina16
Dietro il Borsalinospunta Panama
di Mario Gerevini28
Finanza
2CORRIERE DELLA SERA LUNEDÌ 18.09.2017
sono entrati pesantemente in ballo i Paesi asiatici e inumeri non sono più quelli di una volta. Bisognerebberendersene conto presto o tardi».La tagliadipendedalbusiness, anchesecondo l’econo-mista Fabrizio Onida, autore del libro (in uscita) «L’in-dustria intelligente». «Ci sono realtà come la torinesePrima Industrie cheè tascabilemagià leadernel settoredella progettazione delle macchine laser. E comunqueil dilemmamangiare o essere mangiati sicuramente sipone inmolti settori». Onida pensa che i casi dei tede-schi che hanno acquisito Italcementi o dei francesi chesi sono presi nostri marchi della moda vadano salutati
con favore perché è impensabileche sottraggano «capacità creativeal territorio» e concorrano invece acreare gruppi europei più solidinella competizione internazionale.La differenza, caso mai, passa traPaesi Ue e Paesi extra Ue. «Rifuggoquindi dal comportamento tipicodegli economisti — aggiunge Oni-da— che per voler estrarre a tutti icosti una teoria generale restanopoi con un pugno di mosche. Biso-gna analizzare con pazienza casoper caso».
Scottati dal passato
E la definizione di «tascabile» ovviamente non sempreè applicabile. «Chiedo: l’Ima della famiglia Vacchi con1,3-1,4miliardi di ricavi è unamultinazionale tascabile?Sicuramente più che una preda è un preda-tore e lo ha già dimostrato am-piamente». È chiaroche noi
i t a -liani nel discutere di
acquisizioni è comeseavessimola pelle bruciata. E Onida cita due casi di
vendita chenon è riuscito a digerire. «La Finmeccanicaha ceduto Ansaldo Sts alla giapponese Hitachi eppureera un gioiellino. Sono rimasto perplesso anche perchécon i giapponesi non c’è tradizione di collaborazionetecnologica. Consideravo Ansaldo Sts una delle nostreaziende di punta e poteva far riferimento all’ampia pla-tea di nostri ingegneri che sono tra i migliori al mondonel problem solving». Il secondo caso affonda un po’nella storia dell’Italia industriale ed è Italtel-Telettra.«Cosa è rimasto del patrimonio di cultura delle teleco-municazioni italiane messo su da Marisa Belisario?Continuo a chiedermelo anche se sono passati tanti diquegli anni».Infine FrancoMosconi, docente di economia a Parma estudioso di politica industriale europea, concorda chela necessità di un consolidamento delle dimensionid’impresa vale anche per le multinazionali tascabili.«Diciamoche fra lemedie imprese (finoa355milioni) ele multinazionali (da 3miliardi in su)— per usare i cri-teri dell’ufficio studiMediobanca—c’è tutto unmondoda scoprire o,meglio, un terreno da coltivare. Vogliamodire che raggiungere il miliardo, o il miliardo e mezzo,di fatturato può essere un obiettivo desiderabile?». For-se possiamodirlo, beninteso a secondadei settori e cer-tamente per tutta la meccanica strumentale e raffinata.«Quello che si vede lungo la via Emilia è che—nel com-piere il balzo dimensionale — alla necessaria crescitainterna dell’impresa occorre accompagnare operazionistraordinarie di crescita esterna sul mercato domesticoe, soprattutto, sui mercati esteri». Che alcune impresebolognesi e modenesi del packaging e della meccatro-nica abbianomesso a segno, in questi ultimissimi anni,acquisizioni in Germania è un esempio a cui guardare.E, magari, replicare anche in altri distretti industriali.
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ano più d’una Brembo, magari meno nota dell’aziendadi Alberto Bombassei, che possa porsi come polo di in-tegrazione dell’industria componentistica. «Non di-venteranno delle Boschma dei veri player sì».
Digitale nebuloso
Il settore che gli sembra più difficile da scrutare è la ga-lassia che abbraccia information technology, digitaliz-zazione, industria 4.0 e intelligenza artificiale: «È tal-mente frammentato e dominato da aziende che vengo-no da altre parti del mondo che è difficile prevedere unconsolidamento comunque virtuo-so». Infine il caso Fincantieri, evocaper Crapelli, il delicato incrocio trale sacrosante esigenze del businessdi raggiungere aggregazioni ottima-li e la revanche del concetto di inte-resse nazionale che porta i governi afare scelte irrazionali dal puntodi vi-sta economico, ma giudicate van-taggiose sul versante del consensopolitico.Gianni Tamburi è il prototipo delmerchant banker paziente (un altroossimoro?), non si fa prendere dallafrenesia della taglia ma programmaper le aziende che segue, o di cui è diventato azionista,percorsi di crescita intelligente. «Il business sta scalan-do di marcia e lo vediamo quando le aziende stranierebussano per comprare le nostre imprese. Non dobbia-mopiangere, ancheperché indiverse occasioni gli ac-quirenti si dimostrano capaci di valorizzarle e di farlecresceremegliodelle vecchieproprietà».Con la stes-sa coerenza dobbiamo però spingere le nostremul-tinazionali a programmare il loro futuro globale.«Se penso a gruppi come Brembo, Ima o Inter-pumpmivienedadire chegià sono rad-doppiati rispetto a dieci an-ni fa e ciò di-
mo-s t r a che s i amo
capaci di farlo. E molti hannosia la cassa sia le competenze perpotersi giocare le loro carte consuccesso».Tamburi cita anche il caso De’Longhi a dimostrazione chemolte volte a fare la differenza«è solo il coraggio, c’è chi cel’ha e chi no». E nella primacategoria rientrano sicura-mente Prysmian e Ampli-fon. «Per le aziende che se-guoèmateriadi tutti i gior-ni e infatti sto seguendoun progetto proprio diquesto tipo. Aggiungoche sono ottimista nonsolo perché conosco isingoli imprenditoridi valore, ma ancheperché l’Italia si è ri-
presa alla grande e simuove con ritmo. Gli unici che sten-
tano ad accorgersene sono politici e sindacali-sti». Caso mai delle volte a impedire la ricerca del rad-doppio è la frantumazione del comando nelle famiglieche crescono di numero, «se manca chi può deciderealla fine si fanno scelte al ribasso». Un’ultima osserva-zione di Tamburi chiama in causa l’Antitrust europeoche finisce per esercitare un’azione di deterrenza pre-ventiva. «Le regole mi sembrano invecchiate mentretutto intornoè cambiato. Sonomutate le tecnologiema
PrysmianUna delle poche publiccompany con sede in Italia è alrecord storico in Borsa (nellafoto, il ceo Valerio Battista)
AmplifonIl gruppo della famigliaFormiggini sul mercatoè da sempre compratore(nella foto il ceo Enrico Vita)
LuxotticaIl grande salto per il gruppofondato da Leonardo DelVecchio arriva a inizio 2017:a nozze con la francese Essilor
Come vincerela garadel salto in alto
L’analisi
di Stefano Caselli
a difesa dell’italianitàdelle nostre aziendedi fronte a mani
straniere è un temamalposto. E soprattutto si trasformarapidamente in un comodo alibiper lasciare tutto immutato: lastruttura proprietaria e ladimensione medio-piccola.L’Italia ha bisogno realmente diquesto? O piuttosto l’esigenza èquella di capire come ladimensione possa crescere conforti discontinuità, chepermettano ad aziendemedie didiventare molto grandi, portandonel nostro Paese produzione,ricchezza, innovazione e impiego?Senza una scala significativa nonè oggi più possibile crearericchezza. Il problema nonriguarda la nazionalità delpassaporto di azionisti eproprietari ma su dove avvenga laproduzione, dove si creioccupazione e dove rimangal’intelligenza manageriale e lacreatività. Per fare un saltodimensionale significativo sonorichieste scelte forti checoinvolgono strutturaproprietaria e assetto finanziario.Nel primo caso, la conservazionedella proprietà dell’impresa, pergarantirne la trasmissioneattraverso le generazioni presto otardi diviene un pesante vincoloalla crescita. Ciò non significarinnegare l’importanza delleaziende familiari ma piuttostoporre l’accento sull’esigenza di unallargamento della compaginesocietaria, che porti visionidifferenti, ricambio managerialee soprattutto competenze che lacrescita richiede. L’allargamentopuò avvenire con l’ingresso di socifinanziari e attraversoacquisizioni che consentono nonsolo di far crescere con forti saltiil fatturato ma di aggregare nuovomanagement e nuovi azionistidelle società acquisite. Edacquisizione significa comprareimprese più piccole per integrarlema anche far entrare nel capitalesoggetti ben più grandi (stranierio non) che però abbiano la forzadi allargare esponenzialmente ilmercato del prodotto italiano. Nelsecondo caso, la crescita richiedescelte finanziarie disegnate perconsentire forti salti: il ricorso alprivate equity e alla quotazionecome strumenti non solo diraccolta di risorse finanziarie e diingresso di nuovi soci ma anchedi valorizzazione del brand sono imeccanismi adeguati per legaretrasformazione degli assettiproprietari, nuova finanza e saltidimensionali.
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GRANDI
Qual èla dimensione
ideale percontinuarea crescere?Almeno daun miliardo
di ricavi in su
LUNEDÌ 18.09.2017 CORRIERE DELLA SERA
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