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Page 1: Riusi sofoclei e allegorie politiche nell' "Antígona" di António Sérgio de Sousa.

1 Antigone nel Duemila

Il mito di Antigone ha conosciuto in quest’ultimo decennio una straordinaria for-tuna, nella forma tanto di allestimenti teatrali del dramma sofocleo o di altre più recen-ti riscritture 1, quanto di traduzioni e saggi critici. Su un aspetto meno indagato dellasaga è ritornata, dopo la nota raccolta Antigone. Variazioni sul mito, edita dai tipi diMarsilio 2, Maria Grazia Ciani, che sulla scorta di Pausania (Periegesi della Grecia IX),Filostrato (Immagini 29), un epigramma dell’Antologia Palatina (VII 399) e Stazio(Tebaide XII 429-446) ricostruisce il modulo letterario dell’odio fratricida che proseguedopo la morte, simboleggiato dalle due distinte lingue di fuoco in cui si divide il rogofunebre di Eteocle e Polinice3. Sempre nell’ambito del Nachleben si pone la recente tra-duzione, a cura di Paola Ambrosi, del dramma La Sangre de Antígona di José Bergamín,tragicamente ispirato dalla lotta fratricida nella Guerra Civile spagnola4, come pure l’e-

Riusi sofoclei e allegorie politichenell’Antígona

di António Sérgio de Sousa

1 Il fenomeno era stato opportunamente osservato già alcuni anni fa da BELTRAMETTI 2002, pp.33-49, che lo accostava alle due trascorse grandi stagioni di Antigone, l’una in coincidenza congli anni finali o immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale e l’altra negli anni dipiombo del terrorismo europeo, facendone risalire le cause a quella che George Steiner chiama-va, proprio negli anni Settanta, «nostalgia dell’Assoluto»: «nella tensione morale, provocata daigrandi eventi e dalle scelte a cui essi obbligano, nell’incertezza – schierarsi, non schierarsi, e perchi; assecondare opportunisticamente la ragione del più forte o contrastarla anche a costi altissi-mi –, ma anche in quel vuoto lasciato dal crollo delle fedi e delle ideologie, […] Antigone riaf-fiora e si impone nell’immaginario degli artisti: poeti e drammaturghi rielaborano l’archetiposofocleo trasformandolo in un simbolo totalizzante affidato a una protagonista assoluta» (p. 38).

2 CIANI 2000. 3 CIANI 2007-2008, pp. 1-11.4 Cfr. BERGAMÍN 2003; il dramma, al quale Bergamín lavorò intensamente insieme con l’amico

musicista Salvador Bacarisse, esule spagnolo, nei primi mesi del 1955, e che per questo ha unimpianto operistico e un’impronta intensamente lirica, fu pubblicato poco prima della mortedello scrittore (1983) nella rivista «Primer Acto». Sono grata ad Andrea Rodighiero per avermigentilmente procurato una copia di questo testo.

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dizione italiana, curata da Sotera Fornaro, di un racconto di Rolf Hochhuth, L’Antigonedi Berlino, liberamente tratto dalla vicenda di Rose Schlösinger, una degli esponenti delgruppo di resistenza denominato spregiativamente dai nazisti «l’orchestra rossa»5. Tra leiniziative editoriali in campo saggistico, accanto alle monografie Antigone e la philía diFrancesca Brezzi 6 e Antígona(s): mito y personaje. Un recorrido desde los orígenes di JoséVte. Bañuls Oller e Patricia Crespo Alcalá 7, si colloca un fitto numero di interventi ingran parte dedicati alla Reception del mito, tra cui le miscellanee Antigone. Il mito, ildiritto, lo spettacolo di Mariangela Ripoli e Margherita Rubino 8, Antigone, volti di unenigma. Da Sofocle alle Brigate Rosse, edita da Roberto Alonge 9, e Antigone e la filosofiaa cura di Pietro Montani 10.

Questi rapidi riferimenti, pur nella loro incompletezza, sono sufficienti a con-fermare l’inesauribilità di un testo che come pochi altri nella storia del teatro è statoin grado, soprattutto in quest’ultimo secolo di storia europea, di suscitare l’interessedi ampie fasce di critici e scrittori, con interpretazioni e riletture fra loro notevolmen-te divergenti, che continuano ad alimentare un vivace dibattito critico.

2 L’Antígona lusitana di Sérgio de Sousa: il contesto storico

Un capitolo poco noto nell’ambito del Nachleben del mito di Antigone è costi-tuito dalle sei riscritture drammaturgiche della letteratura lusitana del Novecento,rimaste sostanzialmente ignorate al di fuori del Portogallo fino alla recente sintesicomparatistica di Bañuls Oller e Crespo Alcalá, in cui per la prima volta vengonodedicate alcune pagine all’argomento 11.

5 Cfr. HOCHHUTH 2008 (traduzione della prosa originale Die Berliner Antigone, del 1963, defini-to da Helmut Kreuzer uno dei testi «classici dell’umanesimo letterario tedesco post-nazista»; e cfr.anche HERMES 1992, pp. 155-187). La Schlösinger, arrestata nel settembre 1942 e condannataa morte nel febbraio 1943 per spionaggio, fu ghigliottinata il 5 agosto del 1943. Per un inqua-dramento storico dei fatti a cui fa riferimento l’autore si veda la densa postfazione della stessaFornaro alle pp. 28-31.

6 BREZZI 2004.7 BAÑULS OLLER – CRESPO ALCALÁ 2008.8 RIPOLI – RUBINO 2005 (contiene interventi di M. Rubino, R. Bandini, M. Barberis, F. Baroncelli,

M. Cacciari, P. Chiassoni, M. Fusillo, W. Lapini, G. Paduano, M. Pipino, R. Rossanda,M. Ripoli, A. e V. Tagliasco).

9 ALONGE 2008 (con interventi di G. Paduano, G. Guidorizzi, F. Carpanelli, S. Romani,F. Longoni, M. Mastroianni, A. Fabrizi, M. Pieri, E. Mattioda, P. Trivero, F. Perrelli, E.Napolitano, L. Forte, S. Bajma Griga, C. Longhi, E. Alonge, E. Missana, G. Bailone, A. Deluca).

10 MONTANI 2001 (con interventi di A. Ardovino, E. Ferrario, D. Guastini, G. Lettieri, A. Luchetti,A. Mecacci, E. Rocca, K. Tenenbaum, P. Vinci).

11 Si tratta dei drammi di António Sérgio de Sousa, Antígona. Drama em três actos, Porto 1930 (cfr.BAÑULS OLLER – CRESPO ALCALÁ 2008, pp. 294-299); Julio Dantas, Antígona (Peça em 5 actos,

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125Riusi sofoclei e allegorie politiche nell’Antígona di António Sérgio de Sousa

Questo mio intervento è relativo al dramma capostipite, composto a Parigi nel1930 da António Sérgio de Sousa, un intellettuale e poligrafo nel quale la culturademocratica postsalazarista ha concordemente ravvisato uno dei suoi massimi mae-stri e ispiratori 12: filosofo, storico, politico militante e pedagogista, Sérgio ha rappre-sentato uno dei più autorevoli oppositori ai regimi autoritari che dal 1926 si sonosucceduti in Portogallo fino agli anni Settanta.

Nato nel 1883 13, egli prese parte attiva alla tormentata storia della Prima Re-pubblica portoghese, che sorse a seguito di un colpo di Stato militare nel 1910 in unclima quanto mai precario, e andò presto inesorabilmente disfacendosi, a causa dellacorruzione del Partito democratico al governo, dell’irriducibilità degli schieramentipolitici in campo (nazionalisti, socialdemocratici, monarchici ecc.), nonché dellagrave crisi economico-finanziaria, accentuata dal coinvolgimento del Paese nellaprima guerra mondiale.

Com’era avvenuto in Spagna nel 1923 con l’instaurazione della dittatura delgenerale Miguel Primo de Rivera 14, anche in Portogallo la forte crisi dello stato di

inspirada na obra dos poetas trágicos gregos e, em especial na Antígona de Sófocles), Lisboa 1946 (cfr.BAÑULS OLLER – CRESPO ALCALÁ 2008, pp. 299-300); João de Castro Osório, Antígona (terza tra-gedia di A trilogia de Édipo), Lisboa 1954 (il dramma non è citato nella raccolta di Bañuls Oller– Crespo Alcalá); António Pedro, Antígona. Glosa Nova da Tragédia de Sóphocles. Em 3 Actos e 1Prólogo includo no 1° Acto, Porto 1957 (cfr. BAÑULS OLLER – CRESPO ALCALÁ 2008, pp. 300-302);Hélia Correia, Perdição. Exercício sobre Antígona et Florbela, Lisboa 1991 (cfr. BAÑULS OLLER –CRESPO ALCALÁ 2008, pp. 521-523); Eduarda Dionísio, Antes que a Noite Venha, Lisboa 1992(cfr. BAÑULS OLLER – CRESPO ALCALÁ 2008, pp. 540-542). A loro volta Bañuls Oller e CrespoAlcalá presuppongono, nella loro sintesi, l’unico intervento critico finora comparso sull’argo-mento, la miscellanea curata da Carlos Morais (Máscaras portuguesas de Antígona, coord.C. Morais, Universidade de Aveiro, 2001). Per quanto riguarda il dramma di Castro Osorio,rimasto escluso sia dalla miscellanea di Morais che dalla monografia di Bañuls Oller – CrespoAlcalá, una sintesi del contenuto, scena per scena, è riportata in SÉRGIO DE SOUSA, Antigone, tra-duzione e note a cura di C. Cuccoro, con un saggio introduttivo di M.P. Pattoni, Milano, 2009,Appendice II, pp. 241-251: da quest’ultima edizione sono riprese le traduzioni del dramma diSérgio qui riportate.

12 Sul ruolo di Sérgio come «grande rinnovatore della cultura portoghese del XX secolo» si veda inparticolare la testimonianza di SOARES 1974, p. 29, il quale ha ravvisato in lui il nume tutelaredella propria generazione (e cfr. anche p. 19, dove Soares, Presidente della Repubblica Portoghesedal 1986 al 1996, nel dedicare il volume alla memoria di «esempi di civismo e amici carissimi»,fa anche menzione di Sérgio).

13 Sérgio, il cui padre aveva rivestito la carica di Governatore Generale in varie colonie portoghesinelle Indie e in Africa, aveva ricevuto una cultura cosmopolita; seguendo una tradizione di fami-glia, aveva studiato al Collegio Militare, completando il corso nella Marina, al seguito della qualeebbe modo di viaggiare fino a Capo Verde e a Macao. Lasciò la Marina dopo che, con la depo-sizione del re Manuel II il 5 ottobre 1910, fu instaurata la Repubblica.

14 A Primo de Rivera, come vedremo, è ispirato nell’Antígona il personaggio di Lisandro diOrcoménia (cfr. infra, nota 41).

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diritto favorì il potere dei militari, che sempre più contaminato con l’autorità civilesfociò in una serie di rivolte tra il maggio e il luglio del 1926, a Braga, a Lisbona enelle altre maggiori città del paese. Un rapido avvicendamento alle massime carichedello stato – la Presidenza della Repubblica e la Presidenza del Consiglio furono peralcuni anni ricoperte congiuntamente – determinò la progressiva involuzione dellostato verso la dittatura: il moderato Cabeçadas, l’ammiraglio che aveva capeggiato larivolta di Lisbona ed era stato eletto nel maggio 1926, già il 17 giugno dello stessoanno fu destituito dal generale Gomes da Costa, e quest’ultimo a sua volta il 9 lugliofinì per soccombere politicamente al generale António Oscar de Franoso Carmona,al quale è per l’appunto ispirato il Creonte di Antígona.

Sérgio, costretto a fuggire all’estero, si recò a Parigi, dove andavano riparando eriorganizzando la lotta molti altri dissidenti politici, e insieme con questi aderì allaLiga de Defesa da República, più comunemente nota come Liga de Paris. Nel frattem-po in Portogallo gli inizi del regime militare furono alquanto turbolenti, a causa dellaresistenza cospirativa incoraggiata dagli esiliati politici nonché per i focolai di rivoltada parte di frange delle forze armate, con il risultato che il Paese visse, tra il 1926 e il1931, una sorta di guerra civile larvata, con sempre falliti moti sovversivi (questoclima di forte instabilità è ben rispecchiato nell’Antígona). Nel frattempo al fianco diCarmona 15 si stava progressivamente affermando la figura politica di António deOliveira Salazar, il quale, dapprima in qualità di Ministro delle Finanze (dal 1928),quindi di Presidente del Consiglio (dal 1932), iniziò a gettare le basi del cosiddettoEstado Novo, un sistema autoritario che, sancito dalla nuova Costituzione del marzodel 1933, sarebbe stato destinato a durare per circa un quarantennio.

Nel suo esilio parigino, Sérgio, aderendo alla massima prudhoniana secondocui «democracia é demopedia», va pubblicando, soprattutto nella rivista «SearaNova», una serie di scritti critici e panflettistici, come strumento di un’azione edu-cativa da lui ritenuta indispensabile per un’incisiva riforma sociale; in alcuni diquesti interventi egli si sofferma sulle finalità didattico-educative dello studio deiclassici, soprattutto greci, e si convince dell’opportunità di utilizzare alcuni mititragici, debitamente attualizzati, per scuotere le coscienze e favorire la resistenzacivile alla dittatura 16.

È in questo clima, favorito anche dal contatto con l’intellettualità parigina,che Sérgio scrive la sua Antígona: è di alcuni anni prima l’Antigone di Cocteau, e

15 Dal giorno della sua investitura ufficiale, avvenuta il 16 novembre 1926, Carmona mantenneininterrottamente la più alta carica dello Stato fino alla morte (18 aprile 1951).

16 Per un quadro più completo e dettagliato a questo riguardo si rimanda a MORAIS 2001, pp. 13-38, che per la ricostruzione delle riflessioni di Sérgio sul problema della didattica dei classici anti-chi si è servito, oltre che dei suoi interventi su rivista, anche del carteggio dall’esilio (si veda inparticolare p. 18, relativamente all’apprezzamento manifestato da Sérgio nei confronti dei classi-ci greci, che per quanto riguarda la «scaturigine del pensiero» egli riteneva «infinitamente supe-riori ai latini»: gli unici degni di essere chiamati maestri, in quanto da essi «riceviamo lezioni cheelevano lo spirito: ci liberano, ci umanizzano, ci spiritualizzano, ci fanno volare»).

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proprio nello stesso anno, il 1930, Gide andava scrivendo l’Œdipe. Il dramma fucomposto quasi di getto, in soli quindici giorni 17, da Sérgio, animato dalla speran-za che la fine della dittatura di Primo de Rivera in Spagna – avvenuta pochi gior-ni prima, il 28 gennaio 1930 – potesse aprire una breccia anche nel regime ditta-toriale portoghese.

Il dramma fu poi portato in Portogallo da un amico dello scrittore, e pubblica-to alla fine del 1930, per circolare ben presto in clandestinità, in seguito all’accesa rea-zione di alcuni giornali filogovernativi 18.

Nel 1958 Sérgio ritornò, anche se non ancora stabilmente, in Portogallo e so-stenne, insieme alla parte democratica del Paese, la candidatura del generaleHumberto Delgado alla Presidenza della Repubblica 19. Con l’occasione riprese inmano l’Antìgona e pubblicò una nuova versione delle prime tre scene dell’Atto I,caratterizzata questa volta dalla dimensione metateatrale, e funzionale – come vedre-mo – a un evidente intento autoesegetico: il rifacimento fu pubblicato a Lisbonanello stesso anno con il titolo Pátio das comédias, das palestras e das pregações –Jornada sexta.

Sérgio riuscì a vedere la fine politica di Salazar, quando questi, nel 1968, aseguito di un incidente che gli aveva compromesso le facoltà mentali, cessò d’eserci-tare le funzioni di Presidente del Consiglio e fu pertanto sostituito da Caetano 20; manon gli fu possibile assistere alla fine del regime dittatoriale, che cadde soltanto il25 aprile 1974, in seguito alla pacifica e civile «Rivoluzione dei Garofani» che Sérgioaveva auspicato proprio nel finale di Antígona.

17 La composizione di getto, sotto l’incalzare degli eventi, è un dato che si riscontra non raramen-te nelle modalità compositive delle varie Antigoni novecentesche in chiave politica: in otto gior-ni fu composta l’Antigone catalana di Salvador Espriu (1-8 marzo 1939) all’indomani dell’occu-pazione di Barcellona da parte delle milizie franchiste, e in due settimane l’Antigone di Brecht(1947), alla quale è dedicato in questo volume l’intervento di Raimondo Guarino. E tutte e trequesti drammi, dopo la rapida stesura iniziale, vennero successivamente ripensati e rielaborati,quando all’urgenza contingente subentrò il proposito di un più approfondito recupero critico.Per quanto riguarda l’ancora poco noto dramma di Espriu, il lettore italiano può avvalersi dellatraduzione di Olimpio Musso (Firenze 1996; sulle tre diverse edizioni del dramma – ma innumero ancora maggiore furono le redazioni, se si comprendono nel novero anche le versionirappresentate sulla scena tra un’edizione e l’altra – cfr. le pp. XXI-XXII dell’Introduzione a curadello stesso Musso).

18 In particolare dalla testata filogovernativa «Acção», organo degli studenti nazionalisti di Coimbra,nella quale Sérgio fu accusato di aver plagiato l’Antigone di Jean Cocteau, trasformando la tra-gedia di Sofocle in un melodramma grossolano («melodrama grosseiro»), la cui protagonista nonsarebbe che una «borghesuccia romantica della letteratura dozzinale». Sulla vivace polemica chene seguì, si veda l’intervento di Cuccoro in SÉRGIO DE SOUSA 2009, pp. 57 ss.

19 Ancora una volta Sérgio, «instancabile cospiratore» (SOARES 1974, p. 108), svolge un ruolo diprimo piano nel sostenere la candidatura di Delgado; vedi in proposito DE BARROS – FERREIRA DA

COSTA 1983, pp. 74 ss.20 Sérgio morì infatti il 12 febbraio 1969, un anno prima di Salazar.

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3 Struttura drammatica e afflato socio-politico

Quanto alla struttura formale, il dramma, in tre atti, è prosimetro, per imitareil carattere musicalmente composito del dramma antico, ed è fedele all’unità ditempo (inizia infatti, come in Sofocle, poco prima che spunti l’alba e si concludenella sera dello stesso giorno), ma non all’unità di luogo: il I atto è ambientato davan-ti alla reggia dei Labdacidi, il II all’interno della reggia di Creonte, e il III in una zonarupestre, davanti all’imboccatura della caverna in cui verrà rinchiusa Antigone.

Benché corredato di puntuali didascalie sceniche, il dramma non è stato con-cepito come specificamente destinato alla rappresentazione, né risulta essere mai statomesso in scena: Sérgio lo definì «studio sociale in forma dialogica» 21, in linea con idialoghi di Platone o, come egli stesso ebbe più volte a dire, con i dialoghi filosoficialla maniera di Renan.

Data l’istanza socio-politica di fondo, il dramma è affollato di personaggi, comeperaltro già avveniva nell’Antigone espressionista di Walter Hasenclever (1917) 22. Iprincipali sono tratti dal mito sofocleo: oltre alla protagonista, vi compaionoCreonte, Ismene e Tiresia. Accanto a questi Sérgio ha posto alcuni comprimari di suainvenzione ma a loro agio in un dramma classico (come in particolare la nutrice diAntigone e Ismene, di nome Creúsa), nonché una ricca serie di personaggi ispirati aistanze di attualizzazione, come le due spie della scena 4 del I Atto, che ascoltano dinascosto il colloquio segreto tra Antigone e Ismene; oppure il prigioniero cospirato-re che nella scena 2 del II Atto entra in scena insanguinato, reduce dalla tortura;oppure ancora gli ufficiali di Creonte, che hanno spesso nomi d’ascendenza platoni-ca (Critobulo, Eutifrone, Ortagora, ecc.) e costituiscono in Sérgio, come già avveni-va nei dialoghi platonici, autentiche drammatizzazioni del pensiero.

21 La definizione di «estudo social em forma dialogada» fu data da Sérgio in A Antígona de AntónioSérgio e os mocinhos da Acção de Coimbra, in «Seara Nova», 243 (19 marzo 1931), p. 46.

22 Anche questo dramma, in cui Hasenclever aveva trasposto la sua traumatica esperienza dellaprima guerra mondiale, ha un forte impianto sociologico, come l’autore stesso più volte riconob-be (cfr. per esempio W. HASENCLEVER, Ausgewählte Werke: in fünf Bänden, hrsg. mitErläuterungen von Bert Kasties, Shaker, Aachen, 2003, p. 196: «Meine Nachdichtung derAntigone des Sophokles hatte einen politischen Zweck. […] Die Tragödie wurde zum Kampfrufgegen das Machtprinzip […]. Der Opfertod der Antigone bedeutete den Sieg der Idee undzugleich die Erlösung eines wehrlosen, irregeleiteten Volkes, dessen politische Befreiung zweiJahre spatter erfolgen sollte»; e cfr. anche p. 198, dove egli afferma che il suo dramma può esse-re considerato come «Abschluß einer politischen Kundgebung, mit der das Gewissen desSchriftstellers gegen den Krieg und Vergewaltigung protestierte»). L’Antigone di Hasenclever èstata di norma analizzata nel contesto del teatro espressionista tedesco, per lo più in rapporto allarilettura politica che del mito fece Brecht (cfr. per esempio W.R. ELWOOD, Hasenclever andBrecht: A Critical Comparison of Two ‘Antigones’, in «Educational Theatre Journal», XXIV, n. 1[Marz. 1972], pp. 48-68 e L. SECCI, Il mito Greco nel teatro tedesco espressionista, Roma 1969).Ma nel dramma di Hasenclever si trovano anche anticipate alcune soluzioni drammatiche adot-tate da Sérgio: cfr. infra, nn. 29, 30, 44, 50.

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Poiché la chiave di lettura sistematicamente adottata da Sérgio è quella politi-ca, rispetto alla complessità e all’ambivalenza dello scontro che in Sofocle opponevaAntigone a Creonte, Sérgio opta per un’antitesi netta, in cui Creonte – criptonimo,come dicevamo, del generale Carmona – rappresenta la polarità negativa: il tirannoin senso deteriore, il quale, confidando solo nell’ordine che procede dalla spada,mantiene il suo potere neutralizzando ogni forma di opposizione tramite il ricorsoallo spionaggio, alla delazione, alla censura, al carcere e alla tortura.

Emblematico è in tal senso il discorso della Corona nel I Atto: se il Creontesofocleo basava il suo programma di governo su principi di assoluta imparzialità(significativi al riguardo sono i vv. 182 ss., in cui egli sosteneva che non avrebbe maifavorito amici o parenti, giacché il bene dello Stato deve stare al di sopra di ogni lega-me personale) 23 l’omologo sérgiano consapevolmente ribalta questo modello com-portamentale, sostituendolo con la mentalità e la prassi tipica del capo militare, cheall’indomani della vittoria ricompensa i suoi commilitoni con elargizioni di denaro eonorificenze pubbliche:

Atto I, scena 7 (CREONTE; UFFICIALI DELLA GUARDIA; SOLDATI)

CREONTE Compagni! Io, Creonte, prima di ascoltare il vostro consiglio, vi salu-to per la vittoria che abbiamo riportato sui democratici e sugli anarchici,comandati da Polinice. Finalmente gli dèi, dopo i disordini che ci hanno tor-mentato, ci danno calma e sicurezza, ordine e prosperità. È stato il vostropatriottismo a salvare la patria, e meritate, per questo, le ricompense! Com’ègiusto, il tesoro dello Stato e le cariche pubbliche sono a disposizione dei vinci-tori: cioè alla vostra portata, amici carissimi e compagni! I facinorosi anarchiciche avete recentemente sconfitto, pagati dall’oro degli Sciti, volevano soltanto ildisordine e la ruberia generale. Se vincesse il popolo della rivoluzione, oggi nellacittà ci sarebbero solo rovine. Rovine e qualcosa di ancora peggiore delle rovine:l’empietà! Sì, l’empietà, camerati, poiché i nostri nemici non venerano gli dèi, esenza il culto fervido degli dèi, come voi sapete, non c’è ordine, né ricchezza, nédenaro! E senza una spada che imponga l’ordine, non c’è denaro né religione.[…] Con questi princìpi di politica oculata renderemo gloriosa e prospera lacittà (cfr. Soph. Ant. 191 toioisdΔ ejgw; novmoisi thvndΔ au[xw povlin), grazie allaforza delle vostre spade e al fermo appoggio che ci promette Lisandro, l’illustretiranno della vicina Orcomènia. […]Ma i sediziosi non si riposano. Pertanto, vigilate bene! Censura rigorosa in tuttala città, segrete pronte a ricevere le canaglie, strumenti di tortura ben preparati euna buona spia in ogni cantone!

Più in generale, per tutta la durata del dramma nelle parole di Creonte si riscon-tra una continua commistione degli interessi personali con quelli della patria,

23 Cfr. Soph. Ant. 182 s. kai; meivzonΔ o{sti" ajnti; th" auJtou pavtra" / fivlon nomivzei, touton oujda-mou levgw.

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con la conseguenza che vengono stravolti i propositi di imparziale abnegazioneenunciati dall’omologo personaggio sofocleo. È il caso, ad esempio, delle rifles-sioni con cui si conclude il suo primo discorso a Emone:

Atto II, scena 8 (CREONTE; EMONE)

CREONTE Quando io comando, l’ordine è sempre per il bene di tutti: per il benedella città, per il bene del popolo, per il bene dei miei. Insomma: per il bene tuo,mio caro Emone. Per il tuo bene. Intendi? Ecco il punto. Per il tuo bene, per te.Penso solamente a te. Faccio tutto per te.

In comune con il modello c’è invece la visione autoritaria del potere, che trovaanche qui compiuta espressione nel dialogo con Emone, dove Creonte, nellostigmatizzare l’anarchia in cui i rivoltosi vorrebbero far cadere il paese, teorizzaun modello di governo forte, che si sostiene sulla perfetta unità cameratesca ed ècentrato sulla figura carismatica del capo, nel quale s’incarna lo Stato stesso:

Atto II, scena 8 (CREONTE; EMONE)

CREONTE Il bene più grande è un governo forte, che imponga l’ordine a oltran-za e che non lasci parlare gli idealisti. L’ordine della società esige un capo; esige,figlio mio, l’obbedienza di tutti all’arbitrio del capo. Di fronte alla società, unuomo è niente; un filosofo, niente. La società è al di sopra di ogni cosa. Ora, lasocietà si sostanzia nel capo; nel caso presente, la società sono io.

Si tratta di una brutale semplificazione di quanto affermava il Creonte sofocleonella corrispondente scena con il figlio, a proposito della necessità di obbedire intutto e per tutto – nelle cose piccole come in quelle grandi, negli ordini giusti eanche in quelli non giusti – a chi è al potere, sostenendo in ogni modo le dispo-sizioni dell’autorità, giacché non c’è male più grave dell’anarchia:

[KR.] ΔAllΔ o}n povli" sthvseie, toude crh; kluvein 666kai; smikra; kai; divkaia kai; tajnantiva[…]ΔAnarciva" de; meizon oujk e[stin kakovn:au{th povlei" o[llusin, h{dΔ ajnastavtou"oi[kou" tivqhsin, h{de summavcou doro;" 675tropa;" katarrhvgnusi: twn dΔ ojrqoumevnwnswv/zei ta; polla; swvmaqΔ hJ peiqarciva.Ou{tw" ajmuntevΔ ejsti; toi" kosmoumevnoi"

CREONTE: A chiunque la città abbia affidato il potere, a costui si deve obbedienza 666nelle cose piccole e non piccole, giuste e non giuste. […] Non c’è male più grave dell’anarchia, essa distrugge le città, devasta le case,

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spezza i ranghi provocando la fuga in battaglia; fra i vincitori, invece, a salvare 675il maggior numero di vite umane è proprio l’obbedienza al comando.Perciò bisogna sostenere le disposizioni dell’autorità.

E l’affermazione di Creonte-Carmona secondo cui la società si sostanzia nelcapo e dunque coincide con la volontà di lui medesimo (l’état c’est moi!) costituisceuna risposta in forma dogmatica alla domanda (retorica) che il Creonte sofocleoponeva al figlio al v. 738 («Non si suole forse dire che uno stato appartenga a chi locomanda?»), all’interno dello scambio sticomitico in cui Emone cercava di farglicomprendere l’errore della sua posizione:

KR. “Allw/ ga;r h] Δmoi; crhv me thsdΔ a[rcein cqonov";AI. Povli" ga;r oujk e[sqΔ h{ti" ajndrov" ejsqΔ eJnov". KR. Ouj tou kratounto" hJ povli" nomivzetai;;… AI. Kalw" ejrhvmh" gΔ a]n su; gh" a[rcoi" movno".

CREONTE: E così io dovrei governare questo paese per accontentarequalcun altro?

EMONE: Nessuna città appartiene a un solo uomo. CREONTE: Ma non si suol dire che una città è di chi la comanda?EMONE: Tu dovresti regnare in un deserto. (Soph. Ant. 736-739).

Al tiranno che crede solo nell’ordine imposto dalla spada Sérgio contrapponeun’Antigone democratica e libertaria, che afferma la sua incommensurabile fiducianell’ordine che proviene dall’anima, improntato a ideali di giustizia ed equità sociale:

Atto II, scena 4 (CREONTE; ANTIGONE)

ANTIGONE La legge? Ma che cos’è la legge per te? Chi ti ha detto, sciagurato, cheil tuo capriccio può essere legge? Al di sopra dei decreti di qualsiasi tiranno, perme, stanno le leggi non scritte della coscienza; quelle che lo spirito trova nei suoiintimi recessi, coeve della luce che in esso si produce […]. Io credo nell’ordineche procede dall’anima, Creonte, […] dalla giustizia, dal mutuo rispetto, dallavoro magnanimo per il bene del popolo. Non credo nell’ordine che procedesolo dalla spada.

A Creonte, il quale confonde la società e la legge che la regola con la sua volontàindividuale, Antigone rimprovera di essere un cieco che non vede la luce 24, quel-la luce che lei stessa, subito dopo il colloquio notturno con Ismene nel I Atto,

24 «CREONTE Perché mi disprezzi? / ANTIGONE Perché non mi aspetto che un cieco veda la luce»(Atto I, scena 4).

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invocava in aiuto perché la guidasse infondendole coraggio e illuminandola nellesue scelte:

Atto I, scena 3 (ANTIGONE, sola)

(Antigone sale la scalinata fino al pianerottolo superiore e guarda verso il fondale, checomincia a rischiararsi.) L’alba… come limpida giunge! Canta la luce del sole nella placida freschezza diquesta mattina […]. Di te, luce, ho sete adesso: mostraci, raggio del sole, nonfantasmi, ma idee; spazza via le illusioni che ci imprigionano l’anima, rendiciluminosi e liberi in te! Chi ti riceve – o luce dello spirito – dissipa la paura dellamorte nella pura ebbrezza del tuo fulgore […]. Quando tu risplendi, tutto ci parenaturale e facile: non vi sono dubbi, impossibilità, timori o angosce. Dammicoraggio, sorgi dentro di me! L’alba che nel cielo risplende mi strappi a tutte lechimere che m’incutono spavento. Mi liberi la luce della chiara intelligenza datutti i fantasmi dell’immaginazione.

L’inno di Antigone alla nascente luce del sole costituisce una consapevole varia-zione rispetto al saluto al Sole nascente con cui nel dramma sofocleo iniziava ilcanto del Coro, il cui sereno ottimismo all’inizio della parodo era posto in con-trasto con la notturna atmosfera del prologo in cui aveva avuto luogo il dialogotra le due sorelle, l’una, Antigone, già votata alla morte, l’altra, Ismene, cupamen-te ripiegata nell’angosciosa rievocazione della stirpe di Edipo, implosa nella suc-cessione di incesti, patricidi, suicidi e accecamenti: CO ΔAkti;" ajelivou, to; kavl- /liston eJptapuvlw/ fane;n / Qhvba/ twn protevrwn favo", / ejfavnqh" potΔ w\ cruseva"/ aJmevra" blevfaron ktl. (Soph. Ant. 100 ss.).

Un’analoga apostrofe alla luce del sole, salutato come l’alba della vittoria, è daSérgio attribuita anche al Primo Ufficiale, al suo primo ingresso in scena 25:

ATTO I, SCENA 6 (CRITOBULO, EUTIFRONE, ALTRI UFFICIALI DELLA GUARDIA DI CREONTE)

PRIMO UFFICIALE Buongiorno, Critobulo! Buongiorno, Eutifrone! Si direb-be che il sole, di primissimo mattino, abbia deciso di festeggiare la vittoriadell’Ordine! Mai una così bella cascata di luce inondò Tebe dalle sette porte!Dimentichiamo i pericoli e i frangenti incerti dei giorni convulsi appena trascor-si! Impugniamo il tirso ornato di pampini e che Dioniso presieda alle nostrefeste!… Ah! Che sole meraviglioso! Tutto riverbera, esulta, ride… La vittoria ènostra, camerati e amici, le spade comandano: pertanto, è il momento di coman-

25 Il motivo di un evento naturale interpretato positivamente da entrambe le parti avverse risale,com’è noto, a Omero: in Iliade 15, 377 ss. Zeus tuona per confermare a Nestore la sua prote-zione, ma il segnale viene letto anche dai troiani come espressione di favore nei confronti delloro attacco.

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dare e di godere… Godere, sotto il comando del buon Creonte, per i saggi con-sigli di Apollodoro… 26

SECONDO UFFICIALE (da un gruppo situato all’altra estremità della scena)Chi parla lì di Apollodoro? Chi è quel ragazzo che fa poesia?

Rispetto alla corrispondente invocazione di Antigone, l’apostrofe al sole del PrimoUfficiale si contamina tuttavia con motivi dionisiaci tratti dal quinto stasimo sofocleo27,quasi a marcare la differenza tra l’illuminismo razionalistico di Antigone e l’intemperan-za di Creonte e dei suoi accoliti: per Sérgio Dioniso è anzitutto il dio dell’ebbrezza, delvino, dei bagordi e della baldoria, e come tale è spesso associato ai personaggi che in que-sto dramma rappresentano il potere negativo. Non è un caso che Creonte faccia il suoingresso in scena preceduto da flautiste, in una sorta di corteo bacchico 28, e che vengapresentato all’inizio dell’Atto II in atto di bere, in un contesto simposiale. Gli stessiUfficiali paragonano la loro sfrenata festosità a un kwmo~ di sileni ubriachi 29:

Atto I, scena 5 (EUTIFRONE, CRITOBULO)

CRITOBULO […] Festeggiamo la vittoria […] Sì! Folleggiamo, amici, come sileniubriachi che si slanciano giù per un monte, tra risate e capriole, riscaldati dal vinoe dal sole… Euoè! Euoè! Ecco che vanno, impudichi, con il viso imbrattato dalpavonazzo dell’uva, con le bocche spalancate e gli occhi di brace: euoè!

Rispetto all’impulso puramente edonistico degli Ufficiali, l’invocazione all’albada parte di Antigone propugna invece una sorta di visione illuministica: la lucedel sole è assunta a simbolo della luce dell’intelletto e della coscienza, che devedisperdere i notturni fantasmi – le false illusioni e le angosce – che oscurano eimprigionano l’anima. Il motivo sarà fatto proprio anche da Emone al momen-to di accomiatarsi dal padre alla fine dell’Atto II, con lo stesso slittamento dalvalore letterale alla connotazione simbolica:

Atto II, scena 12 (CREONTE; EMONE)

(Breve lampo; tuono in lontananza, mentre si fa sempre più buio) […] CREONTE … Ma che c’è? È tutto buio! (Verso l’esterno) Luce! Portate luce!

26 Nel personaggio di Apollodoro viene adombrato il ministro delle Finanze Sinel de Cordes (vediinfra, § 6).

27 Cfr. Soph. Ant. 1115-1152. 28 Così avviene nella scena 7 dell’Atto I, dove la didascalia recita: «Si sente una marcia suonata da

flautiste. […] Appare a sinistra, sul pianerottolo superiore della scalinata, un gruppo di quattro-seiragazze di quattordici-sedici anni, che eseguono una marcia al flauto […]».

29 Anche nell’Antigone di Hasenclever compariva insistentemente l’associazione fra i soldati diCreonte e il vino (cfr., per esempio, Atto I, scena 1: SECONDO SOLDATO: Lui [scil. Creonte] ci rega-la il vino. – VOCI: Vino! – Quando i soldati ritornano. – Molto vino! Danzatrici e flauti!; Atto I,scena 3: CREONTE: Deve scorrere vino! Durante la festa della vittoria ha inizio il mio dominio).

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EMONE Luce, dici bene: ma luce dello spirito. Voglia il cielo che scenda su noitutti! (Altro lampo, tuono. […] Emone esce; cala il sipario).

E non è forse un caso che «Luz» («Luce») sia anche l’epiclesi con cui Antigoneviene per l’ultima volta apostrofata dalla nutrice:

Atto I, scena 3 (ANTIGONE; CREUSA; UFFICIALI; SOLDATI)

CREUSA Dove la portate? Che volete fare? (Guarda gli Ufficiali, poi Antigone, ecade ai piedi di questa, abbracciandone le ginocchia) No, no, non la lascio anda-re. La mia bambina, la mia luce! Io, che l’ho allevata tra queste mie braccia… lamia creatura, la mia luce!

Nel rifacimento del 1958, attraverso il dialogo metateatrale tra l’Attore prolo-gante e lo Spettatore, Sérgio chiarirà le differenze tra la sua Antigone e l’eroinasofoclea: se quest’ultima affermava i diritti della pietà religiosa e la legge dell’a-more fraterno contro l’assolutismo della ragion di Stato, l’omonima sérgiana pro-pugna invece i diritti della libera coscienza dell’uomo, della legge razionale a cuisi innalza lo spirito: è un’Antigone kantiana – sostiene lo Spettatore –, si direbbequasi cristiana:

Patio delle commedie, delle conferenze e dei sermoni. Giornata sesta.[…]SPETTATORE L’Antigone di Sofocle propugna, a me pare, i diritti della pietà reli-giosa, quelli dell’amore fraterno, contro l’assolutismo della ragion di Stato; lavostra, d’altro canto, credo che affermi contro la ragion di Stato (che per me èsempre la ‘ragione’ di una classe) i diritti della libera coscienza dell’uomo, quellidella legge razionale a cui si innalza lo spirito, eterna e imprescrittibile. La vostraAntigone è essenzialmente una filosofa. È un’Antigone kantiana; direi persinocristiana. Non agisce propriamente come sorella di Polinice, ma come discepoladi un maestro di filosofia, quale è stato per lei quel fratello.

L’Attore si proclama d’accordo con l’interpretazione dello Spettatore, e sviluppail versante cristologico del personaggio con un richiamo ai Vangeli 30:

30 Il tema della ‘santità’ di Antigone, che ricorre anche in Cocteau (cfr. per esempio le Notes adAntigone [1926], in: J. COCTEAU, Théâtre complet, édition publiée sous la direction de M.Décaudin, Gallimard, Paris, 2003, p. 325; ID., La difficoltà di essere, Mondadori, Milano, 2005[Paris, 1947], p. 32), era già presente nella riscrittura di Hasenclever, dove Antigone è equipara-ta a Gesù Cristo che si sacrifica per redimere l’umanità (cfr. Atto II, scena 2: ANTIGONE:Crocifiggetemi ai vostri portoni […] Dio vive in cielo. […] Tutti gli uomini sono fratelli) eCreonte a Ponzio Pilato, che s’appella al giudizio del popolo (cfr. Atto II, scena 2: CREONTE: Tolgola mano da questo sangue. Di’, popolo mio, cosa deve accaderle. – MOLTE GRIDA: Deve morire! –UNA VOCE: È una principessa. – IL POPOLO: Lapidala! – CREONTE: Questa è la voce del popolo!).Sulle interpretazioni cristiane (o cristianeggianti) di Antigone, cfr. FRAISSE 1974, pp. 37 ss.

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ATTORE Sono d’accordo con te. […] Quanto a Ismene, essa è simbolo dei lega-mi famigliari che distolgono non pochi dalla lotta per le idee e dall’eroismo civi-le: sociale, morale. Vi è un conflitto che credo abbia sottolineato Gesù, ma senzal’intima lacerazione che mi pare forte nella nostra Antigone.SPETTATORE Come? Quando?ATTORE Nel passo in cui dice: ‘Pensate che sia venuto a portare pace sulla terra?No, vi dico, ma piuttosto la divisione. Perché già da ora cinque saranno divisi inuna stessa casa: tre contro due e due contro tre; saranno divisi il padre contro ilfiglio e il figlio contro il padre; la madre contro la figlia e la figlia contro suamadre; la suocera contro la sua nuora e la nuora contro sua suocera’ 31. E altresìin un altro passo, quando gli dicono che la madre e i fratelli sono fuori a cercar-lo. Gesù risponde loro: ‘Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? E, stendendola mano verso i suoi discepoli, disse: Ecco qui mia madre e i miei fratelli. Perchéchiunque farà la volontà del Padre mio che è nei cieli, quegli è mio fratello e miasorella e mia madre’ 32. La nostra Antigone è così; la parentela che invoca è quel-la spirituale; non è quella del sangue. […]

È coerente con la rappresentazione di un’eroina che invoca «parentele spirituali»in luogo di «legami di sangue» il fatto che, nell’originaria versione del 1930, l’Antigonasérgiana nel suo discorso a Creonte nella scena 4 dell’Atto I non facesse alcun riferi-mento alle leggi degli dèi che impongono la pietas nei confronti dei morti, su cui l’e-roina sofoclea insisteva così a lungo, ma soltanto alla propria coscienza: «Al di sopradei decreti di qualsiasi tiranno, per me, stanno le leggi non scritte della coscienza» 33.

4 Marginalizzazione delle tematiche legate al génos

Più in generale, la vocazione socio-politica d’ampio respiro che sorregge ildramma induce l’autore a una significativa riduzione delle tematiche legate al génos:Eteocle e Polinice sono qui poco più che nomi, e non lottano per il loro potere per-sonale, e tanto meno si uccidono l’uno per mano dell’altro. L’antefatto, rispetto aSofocle, viene dunque drasticamente modificato: due giorni prima dell’inizio deldramma Creonte, già al comando di Tebe, ha dovuto domare nel sangue una rivol-ta democratica capeggiata da Polinice, mentre Eteocle ha combattuto nella partepolitica avversa al fratello, tra gli ufficiali di Creonte. Con questa rivolta Sérgio hainteso alludere al moto rivoluzionario repubblicano, capeggiato dal generale SousaDias, scoppiato nel febbraio del 1927 e soffocato senza grandi difficoltà dal governodittatoriale: la rappresaglia che ne seguì, con le esecuzioni sommarie e il clima di cac-

31 Vangelo secondo Matteo 10, 34-6.32 Vangelo secondo Matteo 12, 46-50; Vangelo secondo Marco 3, 31-5; Vangelo secondo Luca 8, 19-21.33 E cfr. anche, nel rifacimento del 1958, le parole di Antigone a Ismene: «La coscienza mi ordina

di tentare» (Patio delle commedie, scena 2).

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cia all’uomo, è adombrata dalle parole di Ismene a colloquio con la nutrice Creusa,nella scena iniziale del dramma:

Atto I, scena 1 (ISMENE; CREUSA)

ISMENE E pensare che ancora due giorni fa, in questa piazza, tutto era in predaallo sconvolgimento. È stata tremenda la rivoluzione, non è vero, Creusa? Hoancora nelle orecchie il fragore terrificante di quel combattimento. I rivoltosivennero di là, comandati da Polinice… Gridavano alla libertà. I soldati deldespota stavano da questa parte, taciturni, scagliando obbedienti i duri dardi.Eteocle cadde per primo; e poco dopo, dall’altra parte, cadde Polinice… La rivol-ta fu soffocata.

L’eliminazione tanto della lotta dinastica tra i due fratelli quanto della morteper reciproca mano è un’innovazioni mitica che anche Brecht alcuni anni dopoavrebbe adottato nell’ambito della sua rilettura politica del mito, dove Creonte, pro-totipo del dittatore imperialista, rappresenta ancora la polarità totalmente negativa34.

Quanto all’Antigone sérgiana, essa è seguace delle idee di Polinice, che ha sem-pre considerato come suo Maestro: all’inizio del dramma, anziché coabitare conIsmene nel palazzo, ella è al contrario una ricercata politica, che, amata dal popolo edalla parte democratica degli ufficiali, rientra in Tebe clandestinamente, per incontra-re la sorella: simboleggia dunque i dissidenti del regime, in gran parte intellettuali (fracui Sérgio stesso), che dall’estero appoggiarono il moto rivoluzionario interno. Non acaso Antigone è definita, nel rifacimento del 1958, una «filosofa», proprio come l’au-tore. Ed è anche amata dal popolo, come è ripetutamente e da più parti sottolineato,sviluppando uno spunto che nell’ipotesto sofocleo era soltanto accennato 35.

La volontà di espungere dal dramma sottotrame d’ambito privato – che limi-terebbero inevitabilmente la prospettiva dello «studio sociale» voluta dall’autore – sicoglie anche nell’eliminazione del personaggio sofocleo di Euridice, nonché di scenecome la tentata aggressione fisica di Emone contro il padre nella grotta (descritta dalmesso in Soph. Ant. 1231 ss.), oppure la scena finale, altamente patetica, di Creonteaffranto dal dolore che a guisa di pater dolorosus fa il suo ingresso reggendo tra le brac-cia il cadavere del figlio (Soph. Ant. 1257 ss.). Di fatto, il Creonte sérgiano scompa-re dalla scena dopo il colloquio con Emone con cui si conclude il secondo Atto, némai si recherà all’antro in cui è rinchiusa Antigone. L’intento di ridurre ai minimi ter-

34 Nell’ottica di una rilettura sistematicamente politica, anche Brecht, come già Sérgio, eliminadalla vicenda ogni allusione a oracoli, anatemi, dèi e demoni della stirpe.

35 Sul fatto che l’azione di Antigone sia approvata dal popolo cfr. Soph. Ant. 508-509 (CREONTE:Tu sola fra i Tebani la pensi così. – ANTIGONE: No, la pensano come me, ma frenano la linguaper compiacerti) e 732-733 (CREONTE: Questa donna non è forse tutta presa dal male? – EMONE:Lo nega l’intero popolo di Tebe). In Sérgio la tacita approvazione diviene senz’altro ammirazio-ne: «Tutta la Grecia ti ammira e ti tributa lodi», le dice Ismene nella scena 2 dell’Atto I.

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mini la conflittualità interna al génos dei Labdacidi è anche confermato dal fatto chesia il colloquio tra Antigone e Ismene all’inizio del dramma sia i dialoghi tra Creontee Emone nell’Atto II 36 non raggiungono mai la tensione e il clima di violente con-trapposizioni delle corrispondenti scene sofoclee.

In questo senso è da leggere l’‘ammorbidimento’ a cui Sérgio sottopone la suaprotagonista nei rapporti sia con la sorella che con Creonte. Alla sua eroina eletti-vamente democratica, egli ha anzitutto sottratto l’orgoglio nobiliare, che era com-ponente importante nella strutturazione del personaggio sofocleo. Non a caso, nelprologo, il primo appello dell’Antigone sofoclea a Ismene perché l’aiutasse nell’ope-ra della sepoltura era in nome della stirpe: «Questi sono i fatti: e ora mostrerai se seinata nobile o non sei altro che la figlia degenere di nobili genitori (ei[tΔ eujgenh;" pev-fuka" ei[tΔ ejsqlwn kakhv, Soph. Ant. 38)». E con la forte consapevolezza della nobiltàdel suo gesto, non disgiunta dalla vocazione all’atto eroico, si chiudeva, ad anello,l’intervento di Antigone nel prologo: «non mi toccherà una morte ignobile»(v. 97) 37. La fierezza indomita dell’indole era un tratto del personaggio che ancheCreonte e il Coro le riconoscevano espressamente, e che contribuiva ad acuire ilcontrasto tra le parti: come osservava il Corifeo in risposta all’intervento diAntigone: «Ella si rivela aspra figlia di un aspro padre: non sa cedere alle avversità»;e Creonte: «Sappi che i più duri orgogli sono quelli che più soccombono. Potrestivedere il ferro più potente temprato al fuoco incrinarsi e spezzarsi assai facilmente;e i cavalli impetuosi, io so, si dominano con un piccolo morso: quando si è sotto-posti a chi ci sta vicino, non c’è spazio per la superbia» (vv. 471-479) 38. L’orgoglioaristocratico di Antigone si conferma anche nella sua reazione al rifiuto di Ismene.Quest’ultima, nel prologo, aveva preso le distanze dal richiamo ai valori della stirpe:il nobile génos a cui si appella con fierezza Antigone è in realtà per Ismene una fami-glia sciagurata e maledetta, implosa nella catena di patricidi, incesti, suicidi e fratri-cidi: «Ahimè, sorella, rifletti: nostro padre morì odiato e disonorato, quando la sco-perta delle proprie colpe lo spinse a trafiggersi di sua mano ambedue gli occhi. Poi,colei che era sua madre e sposa, due nomi in uno, si tolse la vita con un cappio.Infine, i nostri due sciagurati fratelli nello stesso giorno la stessa morte per recipro-ca mano si diedero» (Soph. Ant. 49-57). A Ismene, che ha rifiutato il suo appelloalle leggi del génos, Antigone reagisce cancellando di fatto la sorella dalla linea genea-

36 Si tratta delle scene 8, 9, 10 e 12 dell’Atto II.37 Anche il celebre passo ai vv. 905-912, che la critica ha giustamente posto in relazione con il dia-

logo fra Dario e la moglie di Intaferne in Herodot. III 119, va nella stessa direzione: nel procla-mare che non avrebbe sfidato il volere di Creonte «né per i figli né se avesse visto putrefarsi ilcorpo dello sposo», giacché perso un marito o un figlio se ne potrebbero procurare altri, mentrefratelli ella non ne potrà più avere ora che le sono morti i genitori, l’Antigone sofoclea tende evi-dentemente a valorizzare il legame con la famiglia d’origine più che i legami acquisiti (Emone)o i legami di discendenza (i figli che potrebbe avere dall’unione matrimoniale). Al motivo è dedi-cato in questa raccolta l’intervento di Maurizio Bettini.

38 Cfr. Soph. Ant. 471-479.

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logica dei Labdacidi: al v. 895 ella proclamerà di essere l’ultimo avanzo di una stir-pe infelice (w|n loisqiva Δgw; kai; kavkista).

Di questa componente (‘culturale’ ancor prima che ‘caratteriale’) dell’eroinagreca non c’è traccia nella riscrittura di Sérgio, il quale anzi, nella scena del secondoe ultimo incontro tra le due sorelle, elimina ogni traccia di orgoglio dalla sua prota-gonista. In Sofocle Ismene, percorrendo fino in fondo la sua parabola di personaggiotragico nhvpio" che muove dall’inconsapevolezza alla consapevolezza, arriva da ultimoa comprendere che sopravvivere alla morte della persona più cara per timore dellamorte stessa è una vita che non merita d’essere vissuta: per questo ella si è ora risoltaa condividere il destino della sorella assumendosi la corresponsabilità del fatto. MaAntigone non dimostra di apprezzare e nemmeno di recepire questo nuovo sviluppodel personaggio 39. In Sérgio il contesto è molto diverso: Ismene è presentata come

39 Ismene nel prologo è stata presentata come colei che ama solo a parole, ovvero non ha il corag-gio eroico dell’azione: le dirà sprezzante Antigone, con un gioco verbale, al v. 543: «io non amochi ama a parole», lovgoi" dΔ ejgw; filousan ouj stevrgw fivlhn. L’opposizione polare tra la vera phi-lia, che si esprime nei fatti, e la pseudo-philia di chi ama solo a parole comparirà, qualche annodopo l’Antigone, anche nell’Alcesti, un altro dramma che fa dei rapporti familiari il perno dell’a-zione scenica: in riferimento ai suoi genitori che rifiutarono di sacrificarsi per lui Admeto procla-ma che furono «philoi a parole, ma non nelle azioni» (lovgw/ ga;r h\san oujk e[rgw/ fivloi, Eur. Alc.339), definizione che si potrebbe naturalmente applicare ad Admeto stesso, secondo le accuse cheai vv. 694 ss. Ferete gli ritorce contro. In effetti, la strutturazione del personaggio sofocleo diIsmene a me ricorda per vari tratti l’Admeto euripideo, per il quale pure vale l’antico principiodel paqw;n dev te nhvpio" e[gnw. Entrambi, infatti, arrivano solo tardivamente alla consapevolezzache è vana la speranza di una vita dopo o addirittura a prezzo della morte della persona cara.Soltanto ora Ismene comprende che vivere sola, senza la sorella, è un tormento peggiore dellamorte: «Che gioia di vivere mi resta, se tu mi lasci?» ella riconosce al v. 548, così come Admeto,solo dopo la morte di Alcesti, finalmente comprende di aver sbagliato a preferire la vita, giacchénessuna gioia gli potrà dare un’esistenza senza la moglie e per di più con il senso di colpa che ine-vitabilmente nasce dal suo rifiuto d’accettazione della morte (vv. 935-961). E così, proprio comeIsmene tenta di associarsi da ultimo ad Antigone seguendola nella morte, anche Admeto cercain extremis di unirsi ad Alcesti, gettandosi nella sua tomba al momento della sepoltura: «Perchémi hai impedito di gettarmi nella fossa e giacere morto insieme con lei, la migliore delle donne?Due anime, anziché una sola, avrebbe avuto Ade, le più fedeli: insieme avremmo varcato la sot-terranea palude» rimprovera Admeto al Coro ai vv. 897-902. E nel suo monologo al ritorno dal-l’ekphorà egli dà ampio spazio all’acquisita consapevolezza tragica: «Credo che il destino della miadonna sia più fortunato del mio, anche se non sembra. Lei non è più toccata da alcun dolore, esi è liberata da molte pene acquisendo fama illustre. Invece io, che non dovevo morire, che hooltrepassato il mio destino, condurrò una vita penosa. Adesso comprendo» (Eur. Alc. 935 ss.).Ragioni drammaturgiche connaturate al genere tragico impongono che tale resipiscenza vengaraggiunta dal personaggio quando è ormai troppo tardi e il tentativo di ricongiungimento nellamorte è destinato a fallire: e così Antigone rifiuta recisamente il sostegno della sorella come undato del tutto impossibile, giacché Ismene ha già operato la scelta, qui presentata come irrevoca-bile, di appartenere al mondo dei vivi, mentre lei è ormai consacrata agli dèi dell’Ade, e dunque‘come morta’ (v. 555: [ANTIGONE] «Tu hai scelto di vivere, io di morire»). In altre parole, benché

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emotivamente fragile, in preda ad acuti turbamenti psichici 40, con la conseguenzache fin dall’inizio Antigone assume nei suoi riguardi un atteggiamento protettivo equasi materno, come nel dialogo seguente, in cui l’affida amorevolmente alle curedella nutrice:

Atto I, scena 2 (ISMENE, ANTIGONE, CREUSA come personaggio muto)

ISMENE: Non vedrò mai la fine dei miei incubi, di questa angoscia che non milascia, che mi stringe l’anima con artigli di ferro, alimentata da orrori sempre piùgrandi? Oh, Antigone, per pietà! […] (Abbraccia singhiozzando Antigone, che facenno a Creusa di avvicinarsi, per poi affidarle Ismene). Ahimè, Antigone mia, ioimpazzisco! Non ne posso più! Piuttosto la morte! ANTIGONE (verso Creusa) Proteggila. Conducila al palazzo. […] Tra poco sorgeràil sole. Va’… Sii molto buona, molto tenera… Circondala, Creusa, di tutta latenerezza del tuo cuore. Addio, mia Ismene… (La bacia).ISMENE (annichilita, fuori di sé) Come? Già te ne vai? E mi lasci, Antigone? Senzadirmi quando tornerò a vederti?ANTIGONE Non so… Ma c’è speranza… Via! Addio! (Creusa esce da sinistra, con-ducendo Ismene quasi priva di sensi. Antigone resta a guardarle fino a che spariscono).

Un’analoga situazione si ripresenta nel secondo e ultimo incontro: Antigone,pur negando che Ismene abbia preso parte al seppellimento, non si oppone al desi-derio della sorella di seguirla ovunque ella vada. La scena termina con le due sorelleche procedono insieme, dirette al luogo ordinato da Creonte:

Atto II, scena 5 (CREONTE; ANTIGONE; ISMENE)

ISMENE […] (Cela il volto, singhiozzando, nelle mani di Antigone) Antigone, lascia-mi condividere la tua sorte… Lasciami andare… dove andrai tu […].CREONTE (verso l’esterno) Tu! Di’ che vengano a prenderle! E che le portino dovesanno!ANTIGONE Dobbiamo andarcene, mia cara…ISMENE Andiamo, dunque (Si alza; con voce flebile e scoramento) Andiamo tutte edue… […] Dove tu andrai… voglio venire anch’io. (Entrano i Soldati; procedo-no entrambe) Non lasciarmi sola… Voglio venire con te…

Antigone non sia ancora di fatto morta, viene comunque stabilita fra le due sorelle la medesimalinea di ineluttabile divaricazione che nell’Alcesti separa l’ormai defunta protagonista dal soprav-vissuto congiunto. (Più in generale, sulle corrispondenze fra l’Antigone e l’Alcesti, si veda, in que-sta raccolta, l’intervento di Lidia Di Giuseppe.)

40 Nella descrizione della «angustia» di Ismene Sérgio stesso ravvisava un elemento di originalitàrispetto a Sofocle, per il quale avrebbe anche ricevuto gli elogi da un medico, come egli ebbe ascrivere in risposta alle accuse di plagio che gli furono mosse dai giornali filogovernativi, all’in-domani della pubblicazione del dramma (in A Antígona de António Sérgio e os mocinhos da Acçãode Coimbra [cit. n. 21], p. 46: cfr. supra, n. 18).

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ANTIGONE (indicando verso l’esterno) Guarda, che meraviglia! Le colombe volanoal sole! (Escono entrambe, seguite dai Soldati).

L’intento di attenuare la conflittualità fra sorelle porta tuttavia Sérgio a una pale-se debolezza drammaturgica: l’ordine di Creonte di condurre le due ragazze all’antronon verrà mai eseguito per Ismene, della quale nulla viene più detto nel seguito del-l’azione. Il flebile personaggio di Ismene, funzionale evidentemente alla caratterizza-zione totalmente positiva di Antigone, viene di fatto dimenticato dall’autore.

5 I dialoghi tra Creonte ed Emone

Anche per quanto riguarda il contrasto padre-figlio Sérgio è interessato a elimi-nare il più possibile gli elementi conflittuali. A questo scopo l’incontro fra i due è spo-stato dopo la scena di Tiresia, con consapevole inversione rispetto al modello sofo-cleo: di conseguenza, ancor prima che entri in scena Emone, Creonte, impressiona-to dalle parole dell’indovino, si è già autonomamente convinto dell’opportunità diseppellire Polinice:

Atto II, scena 7 (CREONTE, solo)

CREONTE Quel vecchio [scil. Tiresia]… Mi spaventa ciò che dice. Un figlio mio?Emone? […] Una nuova rivolta? Non credo. Lo spionaggio vigila e fa un buonservizio. Quegli altri sono privi di forze, completamente prostrati. E Lisandro diOrcomènia ha promesso di appoggiarmi. Se fosse necessario, in poche ore, conle sue truppe, arriverebbe a Tebe… Ma, in definitiva, vale più prevenire che rime-diare: posso cedere, forse, per la questione del cadavere di Polinice. Ho già otte-nuto, in quel caso, ciò che desideravo. Cediamo pure su questo punto. Perchéno? Siamo abili…

Le scene seguenti con il dialogo fra Creonte ed Emone sono esemplificative siadel clima da guerra civile latente che fa da sfondo all’azione drammatica sia del modocon cui Sérgio ha rappresentato l’ethos di questo tiranno, in cui l’ipocrisia e l’oppor-tunismo – e non l’inflessibilità come in Sofocle – costituiscono una delle principalicomponenti.

Alla richiesta di Emone di concedere sepoltura a Polinice, Creonte, che già in pre-cedenza s’era autonomamente orientato in questa direzione, acconsente facilmente:

Atto II, scena 8 (CREONTE; EMONE)

EMONE […] Sono proprio gli anziani, i saggi, a prendere le distanze da quel chehai fatto al cadavere di Polinice.CREONTE (accenna un moto d’impazienza, che subito reprime) Ascolta. Polinice,come sai, è stato un ribelle, un criminale. Doveva essere punito, finanche damorto. Ma dopo tutto, ti aprirò il mio cuore. Non è più necessario che io ora

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insista con questo mio ordine. L’esempio è stato dato, e gli scopi politici che miprefiggevo sono ormai raggiunti. […] Per ora basti questo: Polinice può esseresepolto. Che vuoi di più?

Rimane in sospeso il problema di Antigone, che per il momento è stata soloimprigionata, e nulla ancora s’è detto relativamente alla sua modalità di morte. Mentre padre e figlio discutono, arriva un messaggero con la notizia che Lisandro,tiranno di Orcomenia e fido alleato di Creonte, ha abbandonato il potere 41:

Atto II, scena 9 (CREONTE; EMONE; UN MESSAGGERO)

MESSAGGERO Signore, reco notizie di Orcomènia. Lisandro, il tiranno locale, ilvostro alleato, non governa più.CREONTE Che dici? Lisandro è caduto? Come è caduto? Perché è caduto?MESSAGGERO Signore, era pronta una rivoluzione. Lisandro, avvertito, ha visto chenon poteva resistere e ha preferito abbandonare il potere. […]

Creonte, temendo che la fine della dittatura di Lisandro abbia ripercussionianaloghe anche nel suo paese, pensa di servirsi di Emone, stimato dai democratici,come intermediario tra i due schieramenti, per patteggiare la transizione dalla ditta-tura a una forma di governo costituzionale. In questa prospettiva, per ingraziarsiEmone, ne elogia la saggezza e si mostra cedevole sul conto di Antigone, prometten-do di liberarla:

Atto II, scena 10 (CREONTE; EMONE)

CREONTE […] Figlio mio, che ne pensi? Sei giovane, ma giudizioso; molti vec-chi non hanno il tuo buon senso. L’intelligenza, il giudizio, surrogano a volte lalunga esperienza… 42 Sei stimato dai democratici, e meriti di esserlo. […] Forsepotresti servire da collegamento tra i due schieramenti. Se ti incontrassi con loro?Se dicessi loro, per esempio, che io penso a un consiglio di transizione che pre-pari il ritorno… Come sai, penso da molto tempo che la tirannia abbia realizza-to ormai il suo programma. In verità, non c’è ragione che continuiamo: è que-sto, da molto tempo, il mio parere. […]EMONE E Antigone?

41 Dietro Lisandro si nasconde un riferimento al generale Miguel Primo de Rivera, che governò dadittatore in Spagna dal 12 novembre 1923 al 28 febbraio 1930, quando lasciò il potere per cede-re il posto al generale Dàmaso Berenguer, incaricato dal re Alfonso XIII di promuovere la tran-sizione dalla dittatura a una forma di governo costituzionale. Fu proprio sull’onda di questoevento che Sérgio scrisse la sua Antígona, nella speranza di promuovere un fenomeno analogoanche in Portogallo.

42 Nel proclamare che il figlio, pur giovane, ha maggior saggezza dei vecchi, Sérgio sta evidente-mente obliterando la conflittualità vecchio-giovane che era una componente importante nell’i-potesto sofocleo.

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CREONTE Sarà rilasciata, è del tutto ovvio. Non ho mai avuto intenzione di man-tenerla prigioniera. […] Tutto si aggiusterà, mio caro Emone. Ma bisogna pro-cedere senza indugio: il tempo stringe.EMONE Addio… Andiamo, vedremo… Addio. (Esce pensieroso, lentamente).

Sennonché, nella scena successiva, Creonte, in un colloquio con l’ufficialeOrtagora che, contrario a ogni forma di transizione, lo esorta alla linea dura controi democratici, decide di tenersi aperte entrambe le strade, per seguire quella che con-venga di più: se scoppierà la rivoluzione e Creonte riuscirà a reprimerla riacquisendoil totale controllo su Tebe, Antigone verrà calata in una fossa sotterranea e lasciatamorire; se invece prevarranno i democratici, Antigone, eroina amata dal popolo e daidemocratici, servirà da ostaggio per la negoziazione di un salvacondotto per Creontee tutti i suoi:

Atto II, scena 11 (CREONTE; ORTAGORA)

CREONTE (verso l’esterno) Chiamate Ortagora! (Cammina) Transizione… Sì, mail Collegio dei Sacerdoti?… E i fautori della corona?… Siamo nelle mani di queimaledetti… […] (La scena comincia a oscurarsi per l’addensarsi di un temporale;entra Ortagora) Ah! sei finalmente arrivato! Lo sai, non è vero? Lisandro è cadu-to. Abbiamo bisogno di preparare una transizione. ORTAGORA Transizione?… Niente transizioni! Abbiamo bisogno, invece, didifendere quello che abbiamo conquistato. Sguainare la spada e farla finita! […]CREONTE La cosa migliore è che ci prepariamo entrambe le strade, per seguirequella che ci convenga di più: la repressione, da un lato; dall’altro, la transizione.Non chiudere la porta ad alcuna ipotesi […]. Aspetta: e Antigone? La sua pre-senza sarà pericolosa. Tu sai delle simpatie che riscuote presso il popolo e addirit-tura da una parte degli ufficiali…ORTAGORA Allontanarla… o ucciderla.CREONTE Allontanarla, allontanarla… È per il momento la cosa più prudente.Tu con una buona guardia portala in segretezza sulle montagne, al grande valicodella caverna della fossa… Comprendi? Là attendi i miei ordini. Se riusciremoad avere il totale controllo su Tebe, ti mando un messaggio perché tu la facciacalare nella buca dell’antro: lei scende nella fossa e vi resta. Che vi muoia; nonsporchiamoci del suo sangue. Se verremo sconfitti, o se alla fine dovremo nego-ziare, Antigone, in tal caso, servirà d’ostaggio per un patto con quelli: la conse-gneremo ai democratici, dietro promessa che ci lascino in pace. Va’, […] portavia Antigone. Parti di notte, nella massima segretezza, perché nessuno sospettidove lei si trova.ORTAGORA Intesi. (Esce).

A questo punto Creonte fa richiamare Emone, e, senza nulla dirgli del collo-quio con Ortagora, lo invita a portare avanti la linea della negoziazione. In realtà siscoprirà nell’Atto III, per bocca di Ortagora, che Creonte lo ha fatto arrestare pertimore di un colpo di testa giovanile. Ma qui Creonte sta ancora ipocritamente fin-

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gendo, con la conseguenza che l’ultimo incontro tra padre e figlio si conclude su tonimolto distesi, ben diversamente dalla corrispondente scena sofoclea, dove il conflit-to non è invece dialettizzabile e può solo terminare con la violenta rescissione dellegame padre-figlio, che troverà il suo tragico epilogo nel loro ultimo incontro, nel-l’antro in cui è stata rinchiusa Antigone 43:

Atto II, scena 12 (CREONTE, poi EMONE)

CREONTE Bene. Prepariamoci ora a giocare le ultime carte. Ortagora mi ha datocoraggio. La situazione, in definitiva, è forse migliore di come m’era sembrata…Che importa che Lisandro sia caduto? Abbiamo la forza… Truppe obbedienti…Trasibulo, che le comanda, è un uomo energico. Ci sono, soprattutto, alcuni uffi-ciali tra i più giovani che lo tengono in pugno. E ci sono i sacerdoti, ai quali hodato il potere…Via! Coraggio! (Breve lampo; tuono in lontananza, mentre si fasempre più buio) […]EMONE (entrando) Mi hai chiamato? Che vuoi?CREONTE Voglio che… che non indugi, figlio mio, a eseguire il piano che abbia-mo combinato. Rendi manifeste le mie intenzioni, il ritorno rapido alla democra-zia, un prossimo consiglio di transizione… Approfitta, figlio, delle simpatie chehai saputo conquistarti tra i democratici… Ma che c’è? È tutto buio! (Verso l’ester-no) Luce! Portate luce!EMONE Luce, dici bene: ma luce dello spirito. Voglia il cielo che scenda su noitutti! (Altro lampo, tuono. […] Emone esce; cala il sipario).

6 Trattamento del Coro: i poveri, gli ufficiali, i pastori

Se da un lato Sérgio riduce il più possibile la conflittualità all’interno del génos,dall’altro egli dilata al massimo la conflittualità socio-politica. Esemplificativo alriguardo è il trattamento del Coro. Dato il clima da guerra civile e la forte disgrega-zione della compagine sociale, non può trovare posto in questo dramma un gruppocorale alla maniera sofoclea, come organismo compatto che si esprime all’unisono. IlCoro dei vecchi Tebani qui si scinde in più gruppi secondari, ispirati alle differenticomponenti sociali dell’epoca.

43 Si vedano i vv. 1231 ss., nella rhesis del messo: dapprima Emone, rivolgendo al padre unosguardo carico d’odio, gli sputa in faccia e gli punta la spada contro, ma poiché Creonte evitail colpo, Emone rivolge l’arma contro se stesso conficcandosela nel fianco. La crisi del rappor-to padre-figlio è al centro di vari drammi attici di quel periodo, come l’Aiace di Sofocle (sivedano al riguardo le belle pagine di DI BENEDETTO 1983, pp. 69-81) e ancor più l’Alcesti euri-pidea, con la scena del diverbio tra Admeto e Ferete, dove Admeto arriva persino a mettere indubbio il fatto di essere figlio naturale dei suoi genitori, ipotizzando una sua origine servile (sulsignificato di questa simbolica uccisione dell’elemento genitoriale ho scritto in PATTONI 2008,pp. 1250-1253).

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Il livello più basso delle classi sociali è rappresentato dal Coro secondario dei pove-ri affamati: essi giungono dal contado ad implorare il pane, guidati da un vecchio chedialoga con Creonte nel ruolo di Corifeo, ma che Creonte disdegna altezzosamente:

Atto I, scena 8 (CREONTE; LE FLAUTISTE; GLI UFFICIALI; I SOLDATI)

(Entra da sinistra un gruppo sparuto di persone magre e cenciose; alla vista diCreonte, si fermano umili e spauriti; un Vecchio si fa avanti).CREONTE Che c’è? Voialtri che volete?IL VECCHIO Signore, siamo dei poveri… Siamo venuti dalla campagna…Moriamo di fame… Le tasse vessano il popolo… Non ne possiamo più…Sostentate con qualche carrata di pane, mio ricco signore, i poveri villaggi affa-mati!CREONTE (dopo un momento di indecisione, verso le Flautiste) Ehi, là: andiamo via;suonate i flauti! Coprite le voci di questa plebaglia! (Verso i poveri) E voi, circola-te! Sono stufo di sentire di codesti piagnistei!(Le Flautiste si dirigono, suonando, a sinistra, passando davanti a Creonte e aiSoldati, che si ritirano sul pianerottolo superiore, nell’ordine in cui erano arrivati. GliUfficiali si accingono a sciogliere la riunione).CRITOBULO (agli Ufficiali) E adesso… È ora di mangiare, signori miei! Andiamoa bere alla nostra vittoria! Buon appetito a tutti! (Pone una mano sulla spalla delVecchio, con tenerezza, ed esce con i Poveri da destra. La maggior parte degli Ufficialiesce da sinistra. Sipario).

L’introduzione sulla scena di una massa popolare affamata e cenciosa, conintento di polemica sociale, era già presente nell’Antigone di Hasenclever, che pureaveva frantumato il Coro classico in una pluralità di gruppi sociali (i soldati, i citta-dini, il popolo, i poveri, ecc.): molti particolari della scena 3 dell’Atto I sembranoanticipare le scelte drammaturgiche di Sérgio:

(La schiera dei poveri in vesti grigie si getta a terra sugli scalini. Uno di loro parla:)IL POVERO Signore! I campi non sono coltivati. Il bestiame è senza una stalla. Inostri figli sono caduti in guerra.IL SECONDO POVERO Soffriamo il freddo. La nostra casa è stata pignorata. Abbipietà, signore!IL TERZO POVERO I bambini sono affamati. Le donne sono morte a causa della feb-bre. Ci esoneri dalle tasse!TUTTI I POVERI Ci esoneri dalle tasse!CREONTE Ho bisogno del vostro denaro e dei vostri figli. Tebe dev’essere potente!GRIDA Tebe deve vivere!I POVERI Siamo poveri. – Vogliamo la pace.CREONTE Si darà loro del pane.UNA DONNA Dateci i nostri uomini!UNA VOCE (con tono acuto) Abbasso i ricchi!CREONTE Chi urla? Vieni! Voglio vederti, amico. Vieni più vicino. Cosa dicevi?

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(Un ragazzo mingherlino si avvicina lentamente.)IL RAGAZZO Abbiamo fame. Dobbiamo lavorare. Lavorare per i ricchi. Ma loronon ci danno nulla.MOLTE VOCI Ha ragione. – Ascoltatelo!COMANDANTE Silenzio!CREONTE (derisorio) Mi piace questo simpatico tipo. Come appare il mondo nellasua testa?IL RAGAZZO (improvvisamente fuori di sé, con pugno minaccioso) Il disagio! La miseria!CREONTE (tetro) Cosa gridi, zoticone!IL RAGAZZO (strappa la sua veste, stende le braccia.) Non ho mangiato nulla per cin-que giorni. Non ci si può saziare di vittorie. CREONTE Colpitelo con la frusta alla testa! (Uomini armati lo accerchiano e lo col-piscono. Lui urla. Viene trascinato via. Alba. Servitori con le fiaccole sono sullarampa di scale.) Badate a voi! L’ordine di questa città è immutabile, nessuno violil’antica legge. Qui sto e ognuno mi vede: Dio mi ha dato la maestà, in modo cheio vi guidi degnamente. A lui solo sono debitore della giustizia! Esigo ubbidien-za nel suo nome. Sarò buono verso i buoni; calpesto chi è contro di me 44.

Il gruppo sociale tuttavia più importante nell’economia del dramma sérgiano ècostituito dagli ufficiali della guardia, convocati da Creonte nell’Atto I, proprio comeil Coro di vecchi tebani in Sofocle.

Tra questi ne spiccano cinque, diversamente caratterizzati. Ortagora di cui si ègià detto, assecondato da altri ufficiali, rappresenta la fazione che appoggia indiscri-minatamente la dittatura, con tutti i suoi metodi repressivi, e che si oppone a ogniforma di transizione o apertura a forme costituzionali, anche se nel finale, dopo averincarcerato Antigone, egli arriverà a riconoscere che il regime dittatoriale, che avreb-be dovuto rappresentare un rimedio temporaneo, si prolungava ormai da troppotempo, senza d’altra parte esser riuscito ad estirpare dal popolo l’antico desiderio dilibertà. Sul versante opposto c’è l’ufficiale Critobulo, che rappresenta la parte dell’e-sercito ormai disillusa e irrimedibilmente dissociata dal dispotismo di Creonte-Carmona, pronta ormai a passare all’azione per ripristinare la democrazia (ma unademocrazia migliore rispetto a quella in vigore prima dell’avvento della dittatura); aquesto scopo egli cerca di indurre alla riflessione e all’azione anche il compagnoEutifrone 45 in un dialogo che ricorda la tecnica maieutica dei dialoghi platonici.Eutifrone dal canto suo rappresenta il consenso passivo: prova come Critobulo si ver-gogna per la solidarietà forzata che lo lega al dispotismo, ma rimane inattivo, speran-do in qualche evento salvifico esterno, e intanto continua a eseguire suo malgrado gliordini di Creonte. Tra gli ufficiali in via di dissociazione da Creonte c’è pureAlcimaco, che, sempre più disgustato da quel che è costretto a fare, tenta – con lafuga e la diserzione – di sottrarsi a un’obbedienza diventata per lui insopportabi-

44 Hasenclever, Antigone, Atto I, scena 3. 45 Sérgio, Antigone, Atto I, scena 5.

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le 46. C’è infine l’ufficiale Egesia, che rappresenta tutti quanti si limitano a obbedireacriticamente, tacitando ogni dubbio o rimorso, senza porsi interrogativi di sorta.

La conflittualità insita nel gruppo degli ufficiali emerge in varie scene, spesso ric-che di riferimenti all’attualità. Per esempio, nella scena 6 dell’Atto I si accende tra loroun vivace contrasto a proposito di un certo Apollodoro: il Quarto Ufficiale lo accusadi aver sperperato i denari dello Stato, distribuendoli follemente tra i suoi amici:

Atto I, scena 6 (CRITOBULO; EUTIFRONE; altri UFFICIALI della guardia di Creonte)

[…] SECONDO UFFICIALE (da un gruppo situato all’altra estremità della scena) Chi parlalì di Apollodoro? Risparmiaci gli orecchi, con Apollodoro! Basta così conApollodoro!PRIMO UFFICIALE Apollodoro, sì! Viva Apollodoro! Abbasso i traditori! (Vari Ufficialiconvergono verso quelli che discutono, impedendo loro di venire alle mani). […]QUARTO UFFICIALE Che significa ‘traditori’? Chi parla qui di traditori? Anch’ionon voglio quell’Apollodoro e non permetto che mi chiamino traditore.Apollodoro è un inetto!PRIMO UFFICIALE Non lo è!QUARTO UFFICIALE È un inetto! Lo ripeto! Ha sperperato come un forsennato idenari dello Stato, distribuendoli follemente tra i suoi amici. Poi, ci ha fattoandare a elemosinare, da Nord a Sud… Abbasso Apollodoro! […]EUTIFRONE Ebbene, camerati, che succede? Calma! Non possiamo continuarecosì! Sempre a litigare, ad altercare… […] Critobulo, dammi una mano! Parlaglitu, Stratodemo! Mostra loro i rischi che in questo modo corriamo. (Critobuloresta sempre immobile, sorridendo con ironia).VARI UFFICIALI (mentre calmano i camerati) Hai ragione, Eutifrone. È una vergo-gna… Non facciamo altro che litigare… Allora, ordine! Creonte non tarderà…Siamo venuti qui per ascoltare Creonte (gli Ufficiali si vanno accomodando, par-landosi a bassa voce).SESTO UFFICIALE (verso destra, rivolgendosi sottovoce a Critobulo, che gli si accosta)Quando la finiremo con tutto questo, mio caro Critobulo? Quando finalmentesalveremo l’onore di noi tutti?CRITOBULO (sottovoce) Questo te lo domando io.

Sotto la maschera di Apollodoro si nasconde il ministro delle Finanze Sinel deCordes, responsabile di una disastrosa politica economica, che costrinse – come diceil Quarto Ufficiale – «ad andare a elemosinare, da Nord a Sud»: ovvero alla massic-

46 Il tema della diserzione, com’è noto, sarà ripreso da Brecht per il personaggio di Polinice; l’inno-vazione di Brecht rispetto al mito fu probabilmente originata dalla felix culpa di Hölderlin, cheaveva erroneamente reso il v. 200 di Sofocle fuga;" katelqwvn («ritornando dall’esilio»), in riferi-mento a Polinice, con «kommend von der Flucht» («ritornando dalla fuga»), creando in questomodo «i presupposti per lo spostamento dell’assetto tragico»: cfr. MARELLI 2007, p. 180.

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cia richiesta di prestiti stranieri, in particolare sulle piazze finanziarie di Londra e pres-so la Società delle Nazioni 47.

Nella scena 1 dell’Atto II Creonte, cedendo agli ufficiali, deporrà Apollodoro,sostituendolo con un membro del Collegio dei sacerdoti. Sérgio ha con questo inte-so alludere all’ingresso sulla scena politica di Salazar, che sostituì per l’appunto Sinelde Cordes come Ministro delle Finanze:

Atto II, scena 1 (CREONTE; ORTAGORA)

CREONTE Se gli ufficiali realmente non vogliono più Apollodoro, facciamo laloro volontà. Mettiamo da parte Apollodoro. Sostituiamolo con un membro delCollegio dei Sacerdoti, ai quali conviene che sempre più ci appoggiamo […]Apollodoro, invero, ha speso come un forsennato. Le casse di Tebe sono rimastevuote […] Vedo solo un rimedio: aumentare le tasse. […] Diremo che a sperpe-rare sono stati coloro che hanno governato prima di noi, e che le tasse di adesso– le nostre – occorrono per pagare ciò che quegli altri hanno speso: quegli altri enon noi. […] ORTAGORA Lo farò. Andrò al Collegio dei Sacerdoti. (Falsa uscita).CREONTE Aspetta… Ascolta. Fa’ spargere in città – ma con destrezza – ancoraqualche menzogna sugli esuli. Per esempio: che abbiamo in mano prove decisi-ve, incontestabili, che hanno ricevuto dalle mani degli Sciti… Che ne dici?… Tremilioni?… Quattro milioni?… Sì: che hanno ricevuto dagli Sciti quattro milio-ni. […] Fabbrica tu le prove. Per ogni cosa, accordati con il poeta comico, o coni membri del Collegio dei Sacerdoti […]. (Gesto di congedo a Ortagora, che escedall’interno).

Sempre in questo dialogo, Creonte invita Ortagora a spargere menzogne incittà sul conto degli esuli, dicendo per esempio che hanno in mano «prove inconfu-tabili che essi hanno ricevuto dalle mani degli Sciti quattro milioni». Il suggerimen-to di Creonte riproduce l’accusa – messa in circolazione da un giornale filogoverna-tivo, l’«Imparcial», nel luglio del 1927 – secondo cui alcuni esuli dissidenti portoghe-si, per l’intermediazione di Sérgio, avrebbero ricevuto quattro milioni di franchi dallaRussia sovietica (l’oro della Scizia di cui si parla qui e in vari altri punti del dramma)per favorire l’insediamento in Portogallo di un regime comunista.

Anche l’importanza del ruolo degli ufficiali nell’economia del dramma si spiegacome riferimento all’attualità, e precisamente al fenomeno del cosiddetto ‘tenentismo’,ovvero il predominio dei tenenti (e degli ufficiali inferiori) rispetto ai militari che dete-nevano il comando superiore o il potere esecutivo: questi ultimi, per incapacità oincompetenza, non erano rispettati e finivano sovente per obbedire ai loro diretti sot-toposti, nelle mani dei quali per un certo tempo si concentrò il potere. A ciò allude

47 Sérgio si adoperò in ogni modo perché Londra non concedesse il prestito, nella speranza di age-volare la caduta della dittatura, e per questo motivo fu costretto all’esilio (cfr. MORAIS 2001, p. 17).

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nella scena 6 dell’Atto I il Secondo Ufficiale, quando afferma: «Chi comanda qui nonè Creonte: siamo noi. Creonte farà quel che vogliamo noi. Che risorse ha lui?».

Altro riferimento all’attualità è da cogliere nelle parole di Critobulo nella scena5 dell’Atto I: «Stiamo servendo una tirannide spregevolissima, una farsa avvilente.[…] Creonte è uno stolto… L’altro giorno, al palazzo, è stato aggredito da un gio-vane della guardia; e il giovane – caso stupefacente – è stato premiato: è salito digrado! Ed è quel Creonte che noi accettiamo come nostro capo e che abbiamoimposto come capo all’intera città, al popolo di Tebe… Si può concepire abiezionepiù grande?». Si intende alludere qui a un fatto di cronaca accaduto nell’estate del1927: gli insulti e l’aggressione da parte del tenente Morais Sarmento, accompagna-to dai capitani David Neto e Fernando Rogrigues, ai Ministri riuniti a consiglio nelPalácio das Necessidades 48.

La conflittualità dialettica interna al gruppo degli ufficiali si ripropone in occa-sione del discorso della corona nella scena 8 dell’Atto I: alle proclamazioni di Creontealcuni ufficiali rispondono con un pieno sostegno, mentre altri disapprovano sotto-voce49. Si tratta di una soluzione drammatica che, già anticipata da Hasenclever nellasua Antigone 50, si ripresenterà anche nell’omonimo dramma di Espriu: in quest’ulti-

48 Cfr. MORAIS 2001, p. 30, al quale si rimanda anche per altri riferimenti all’attualità.49 Ecco, per esempio, le reazioni all’invito di Creonte-Carmona di guardarsi dai sovversivi che

seguitano a tramare, mossi dall’«oro degli Sciti»: «PRIMO UFFICIALE Miserabili! Canaglie! Non cre-dono negli dèi, i maledetti! Devono piangere e mordere la polvere! – SECONDO UFFICIALE (posto asinistra, rivolgendosi sottovoce al Quarto Ufficiale, che gli si accosta) Che cosa? Che ha detto? –QUARTO UFFICIALE (sottovoce) La frottola degli Sciti… Che idiozia! Come siamo caduti in basso!Quando finiremo con tutto questo?».

50 Nell’Antigone di Hasenclever la molteplicità delle voci si esprime nella forma delle diverse reazio-ni del popolo, suddiviso in varie componenti (cittadini, soldati, donne, ragazzi), al proclama diCreonte, annunciato da un Messaggero (Atto I, scena 1). Eccone un breve frammento iniziale:«UN CITTADINO Molti sono morti in guerra. – SECONDO CITTADINO Tempi duri. – TERZO CITTADI-NO Dunque non dobbiamo seppellire Polinice? – MOLTE VOCI Fu colpevole in guerra. Volevaassassinare il sovrano. Costui è un cane, i cani devono sbranarlo. – UN SOLDATO Lui era un solda-to come noi. Era valoroso. – SECONDO SOLDATO Era un nemico. – UNA DONNA Forse ha moglie efigli. – MOLTE DONNE Anche noi abbiamo figli. Chi ci aiuta? – PRIMO CITTADINO Noi abbiamo unbuon sovrano. – SECONDO CITTADINO Un re coraggioso. Siede al trono! – (Risate.) – PRIMO SOL-DATO (minaccioso.) Creonte è il re! – PRIMO CITTADINO Il cognato di Edipo… – SECONDO CITTA-DINO (in modo cupo) La maledizione di Edipo… – PRIMO SOLDATO Ubbidisci al re! […] TERZO

CITTADINO Ma almeno ci lasci soltanto seppellire i morti.- (Silenzio.) – UNA DONNA E le vedovee gli orfani? – SECONDA DONNA I nostri uomini sono morti. Siamo affamati. Dateci del cibo! –PRIMO CITTADINO Non vogliamo più la guerra. – MOLTE VOCI Vogliamo la pace! – UN RAGAZZO

(si alza sugli scalini.) Ascoltatemi. Noi siamo giovani. Diventeremo uomini. Partiremo. La guer-ra è bella. – PRIMO CITTADINO Ciarlatano! – SECONDO RAGAZZO (vicino al primo.) Quando la bat-taglia ci tormenta, non dovete provare dolore. Non dovete patire la fame. – MOLTE GRIDA Tebe!Tebe! – (Flauti in sottofondo.) – TERZO RAGAZZO (vicino agli altri due.) Il mondo è immenso.Sconfiggeremo molti nemici. Avanti, amici; fama eterna!».

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mo dramma alle parole di Creonte fanno eco i commenti del Lucido Consigliere, chepur ufficialmente allineato con il sovrano, si esprime in modo caustico e scettico neglia parte rivolti ai colleghi 51.

Un altro gruppo sociale inserito da Sérgio nel dramma è costituito dai pastoriall’apertura dell’Atto III, ambientato in un paesaggio rupestre in prossimità dell’an-tro in cui verrà relegata Antigone. Per comodità del lettore ho riportato in appendi-ce alcuni frammenti di questa parentesi bucolica, nella quale – anche a una velocelettura – sono evidenti le contaminazioni con gli idilli teocritei, sia nei nomi propri(Coridone, Titiro) che nei temi 52.

Non è chiaro quale gruppo sociale si celi dietro la rappresentazione dei pastori:se si tratti cioè del popolo rurale, lontano dalle città e avulso dalla realtà politica,oppure se non vi si debba vedere l’allegoria di una sorta di Arcadia delle Lettere, cheha rinunciato all’impegno civile e politico, per dilettarsi di forme poetiche di manie-ra e prevalentemente estetizzanti 53.

Comunque funzioni l’allegoria sul piano socio-politico, sul versante più pro-priamente letterario questa parentesi idilliaca sembra avere una duplice funzione.Una di queste è svolta dal canto del pastore Coridone, che racconta un tragico even-to avvenuto molto tempo prima in quell’antro: la pastorella Euriala, entrata per ripa-rarsi da un temporale, vi trovò la morte precipitando in una profonda cavità al suointerno 54. Questo intermezzo elegiaco, non a caso in versi (si tratta di decasillabi,contati fino alla tonica, e liberamente alternati con esasillabi), assolve a una funzionedrammaturgica analoga al quarto stasimo dell’Antigone. Quest’ultimo era cantato dalCoro quando la protagonista era appena uscita di scena, dunque nello spazio tempo-rale che copriva il suo viaggio alla grotta sotterranea, così come, in modo specular-mente simile, il canto di Coridone precede l’arrivo di Antigone in scena e il suoimminente imprigionamento. Il quarto stasimo sofocleo contiene exempla mitologi-

51 Sul personaggio del Lucido Consigliere, introdotto nella revisione del 1964 (cfr. C. Miralles,Introducció all’edizione critica dell’Antígona, Centre de Documentació i Estudi Salvador Espriu,Arenys de Mar, 1993, p. LIII, nota 47), si veda quanto scrive Olimpio Musso nella sua Intro-duzione alla traduzione di S. ESPRIU (cit., n. 17), pp. XV-XVII.

52 MORAIS 2001, ha individuato reminiscenze dagli Idilli teocritei I (vv. 4 e11: ipotesi sul primo esul secondo premio della gara musicale), IV (vv. 44-6: i vitelli rosicchiano i germogli dell’olivo),V (vv. 102-103: le capre brucano un olivo selvatico), e ancora III e VII per il nome di Titiro eIV per quello di Coridone (Koruvdwn).

53 Secondo MORAIS 2001, p. 27, a sua volta seguito da BAÑULS OLLER – CRESPO ALCALÁ 2008,p. 297), i pastori dell’Atto III simboleggiano «la pace e la quiete di una vita rurale estranea a ogniturbamento politico della città», mentre Cuccoro (in SÉRGIO DE SOUSA 2009, p. 157 n. 87) pensapiuttosto a un referente aristocratico, come «gli intellettuali appartati dalla contingenza politicain un’idilliaca solitudine», oppure «coloro che, asserragliati in un’eterea repubblica delle lettere,non assumevano responsabilità civili».

54 Il canto di Coridone è nella scena 2 dell’Atto III.

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ci di eroine o eroi (Danae, Licurgo, Cleopatra e i Fineidi) che dovettero subire la duraAnanke trovando la morte in una situazione di prigionia o costrizione (ricorrentisono le immagini di blocco, chiusura, cecità) 55, così come il destino di Euriala costi-tuisce una sorta di paravdeigma oijkeion rispetto alla vicenda di Antigone: una fanciul-la morta ante diem, e per di più nella stessa grotta.

Un’altra funzione a cui questa parentesi bucolica assolve nella struttura deldramma è di introdurre l’azione principale, con l’arrivo in successione di due contin-genti militari, il primo ad occupare il valico, il secondo per scortare Antigone, com-mentandola dal punto di vista esterno di semplici spettatori, secondo un modulodrammaturgico già ben consolidato nel teatro antico. Si pensi in particolare alla scenadi teichoscopia di Antigone e del Servitore all’inizio delle Fenicie euripidee, oppure alleparodoi dei Sette a Tebe e dell’Ifigenia in Aulide. Più specificamente, il modulo delpastore che descrive l’arrivo dell’esercito in arme era drammatizzato da Sofocle neiperduti Poimenes, una tragedia che a sua volta dovette influenzare un’analoga scenadel Reso pseudoeuripideo con la rhesis del Pastore che ai vv. 290 ss., in funzione dimessaggero, descrive a Ettore l’arrivo delle truppe tracie e lo scompiglio da questeprovocato nel quieto mondo bucolico 56:

pollh/ ga;r hjch/ Qrhvikio" rJevwn strato;" e[steice: qavmbei dΔ ejkplagevnte" i{emen poivmna" pro;" a[kra", mhv ti" ΔArgeivwn movlh/ lehlathvswn kai; sa; porqhvswn staqmav.

55 A proposito di Danae, si veda anzitutto l’espressione kruptomevna dΔ ejn / tumbhvrei qalavmw/ kate-zeuvcqh (vv. 946 s.), che riecheggia analoghe locuzioni riferite ad Antigone stessa: per il concettodi seppellimento e per l’associazione ‘camera nuziale-tomba’ cfr. vv. 804, 848, 885 s., 891; perun simile impiego del verbo kruvptw cfr. v. 774 in riferimento ad Antigone; più in generale, i vv.944-7 riecheggiano ciò che Antigone aveva detto di se stessa nel kommos precedente ai vv. 808ss. Relativamente a Licurgo, si vedano zeuvcqh v. 955, petrwvdei katavfarkto" ejn desmw/ v. 958(da confrontare con petrwvdei … ejn katwvruci v. 774, riferito ad Antigone). Per quanto riguar-da l’ultimo exemplum, che allude a un mito attico probabilmente ben noto al pubblico, sul qualeSofocle si era soffermato in due o forse tre tragedie, abbiamo la testimonianza di Schol. Soph.Ant. 981 su di un incatenamento dei Fineidi (ejn tavfw/ kaqeirxen) e di Diod. IV 44, 3 circa laliberazione di Cleopatra «dalla prigionia» (ejk th" fulakh" proagagein) ad opera di Eracle. Sullafunzione di questo stasimo all’interno della tragedia, rimando a quanto ho scritto in PATTONI

1988, pp. 233-239.56 Cfr. Soph. fr. 502 Radt: eJwqino;" gavr, privn tinΔ aujlitwn oJran, / qallo;n cimaivrai" prosfevrwn

neospavda, / ei\don strato;n steivconta paralivan pevtran («Alla mattina, prima ancora che sifacesse vedere qualcuno dei contadini, mentre davo da mangiare alle capre ramoscelli freschi, hovisto un esercito marciare lungo la scogliera» [trad. di G. Paduano]), che è collegabile, sia per ilcontesto generale sia per la corrispondenza strato;n steivconta / strato;n steivconta, con ivv. 290 ss. del Reso (per ulteriori corrispondenze fra i due drammi rimando a PATTONI 2001,pp. 321-331).

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Con molto clamore l’esercito tracio procedeva scorrendo; e noi, colpiti dal frastuono, spingevamo le greggi sopra le alture, temendo che qualcuno degli Argivi giungesse a far bottino e a saccheggiare le tue stalle. (Rhes. 290-293).

La reazione dei pastori del Reso, i quali, colpiti dal frastuono dell’esercito inmarcia, spingono le greggi sopra le alture temendo razzie e saccheggi, si riproponepuntualmente nei comportamenti di Coridone e Titiro, che vedendo da un’altura larapida marcia del contingente militare, presi da timore per le loro capre, le sospingo-no su per i sentieri 57.

7 La lysis del dramma

Lo scioglimento del dramma si distacca in vari aspetti dal modello sofocleo. Unerrore di valutazione o l’eccessiva precipitosità fanno credere a Creonte di aver ricon-quistato il controllo di Tebe: Antigone, secondo quanto egli aveva precedentementepianificato, viene quindi calata nella grotta perché vi trovi la morte. Sennonché, favo-rita da Critobulo e da altri ufficiali stanchi della tirannia, insorge una sommossapopolare che costringe Creonte alla fuga. Emone, scarcerato dai rivoltosi, soprag-giunge in scena per liberare Antigone, ma scopre che la fanciulla si è tolta nel frat-tempo la vita, e si uccide al suo fianco. Mentre i cadaveri dei due giovani vengonoportati sulla scena, Critobulo, con parole pacificatrici, riesce a sedare la furia popola-re che vorrebbe mettere a morte gli ufficiali fedeli a Creonte, Ortagora ed Egesia, conuna soluzione che si allontana dall’esodo sofocleo per avvicinarsi semmai al finale delRomeo and Juliet shakespeariano, con la riconciliazione finale delle opposte fazionidavanti ai cadaveri dei due giovani.

Più in generale, per quanto riguarda Emone, Sérgio sottopone il suo personag-gio a un processo, per così dire, di ‘eroticizzazione’ che è sostanzialmente estraneo almodello. Uno sviluppo in questa direzione si coglie già nei dialoghi con Creontenell’Atto II, dove gli interventi di Emone, ben lungi dall’avere il respiro politico diquelli dell’omonimo personaggio sofocleo, si limitano a reiterate e quasi ossessiverichieste di liberazione della sua amata. «Rispondi: quando liberi Antigone?» incalzail giovane in quattro interventi consecutivi, eludendo ogni tentativo del padre d’in-trodurre nel discorso valutazioni di carattere politico. E di fronte all’insistenza del suointerlocutore, il giovane non esita a ribattere: «Non sono venuto qui per discutere di

57 Non ci è naturalmente possibile stabilire se Sérgio avesse presente questa situazione del Reso.Il confronto è comunque utile per spiegare la funzione drammaturgica ‘per contrasto’ di que-sto intermezzo pastorale. Il modulo dell’introduzione bucolica a un Atto teatrale in cui si con-suma il tragico epilogo compare – con intenti simili – anche nella Tosca di Puccini (Atto III,scena 1).

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politica. Torniamo al punto. Quando liberi Antigone?» 58. Per di più, quasi a sottoli-neare la distanza rispetto all’Emone sofocleo che evita ogni accenno al suo rapportopersonale con la protagonista, il personaggio sérgiano non esita a fare professione diun amore ineguagliabile (ancorché non ricambiato):

Atto II, scena 8 (CREONTE; EMONE)

CREONTE (voltandosi verso Emone) Innamorato, non è vero? Molto innamorato,a quanto pare. E lei? L’idealista? Ti ama, come l’ami tu?EMONE Non c’è amore che eguagli il mio. Ma Antigone non mi ama, di certo.Amarmi? E perché? Ha solo motivi di portarmi rancore. Mi considererò felice senon mi odierà.CREONTE (con un sorriso di scherno) Povero schiavo di una donna… 59

Anche per quanto riguarda il finale, con la morte dei due giovani, Sérgio sem-bra aver accentuato la valenza erotica di uno spunto già presente in Sofocle: l’antro,luogo topico di convegni amorosi 60, diviene espressamente, già nel modello antico,camera sepolcrale in cui i giovani amanti s’incontrano nella morte: l’abbraccio deidue cadaveri, descritto dal messo ai vv. 1236-1241, suggella in modo inequivocabilela conversione del motivo della grotta da erotico a tragico:

NUNZIO […] Prima che i sensi lo abbandonino, con il braccio vacillante (Emone)si stringe alla fanciulla e rantolando le spruzza la pallida guancia con un rapidofiotto di sangue. Là ora giace, cadavere avvinto a cadavere, avendo celebrato nelledimore dell’oltretomba il suo rito nuziale (keitai de; nekro;" peri; nekrw/, ta; num-fika; / tevlh lacw;n deivlaio" eijn ”Aidou dovmoi").

58 Si tratta della scena 8 dell’Atto II (si tenga presente che Creonte ha già dichiarato di voler sep-pellire il cadavere di Polinice, il che consente a Emone di concentrare la sua attenzione solo suAntigone).

59 Cfr. Soph. Ant. 756. Sérgio ha voluto rendere esplicito quel che in Sofocle era sottinteso: ilCreonte sofocleo interpretava infatti l’atteggiamento di Emone come dettato dall’amore diAntigone, anche se il giovane non faceva nessuna esplicita ammissione in questo senso. Credoche anche l’idea sérgiana di una Antigone che non ricambia l’amore del fidanzato possa essereuna sua personale deduzione originata dalla totale reticenza dell’eroina sofoclea in fatto di eros.

60 Il motivo dell’a[ntron come luogo topico per incontri erotici era già attestato nell’epos arcaico aproposito del soggiorno di Odisseo nell’antro di Calipso. Un’analoga ambientazione ha anche ilconvegno amoroso di Zeus e Maia nell’inno omerico ad Ermes (hymn. Hom. Merc. 6-7), comepure l’unione di Apollo con Creusa nello Ione euripideo (Eur. Ion 17 e 892). All’internodell’«antro divino» di Macride Apollonio Rodio colloca il talamo nuziale di Medea e Giasone, eancora in una spelunca Virgilio ambienta il primo conubium di Didone con Enea (cfr. Ap. Rh.IV 1130 ss. e Verg. Aen. IV, 165 ss.). E sempre in una grotta (l’a[ntron Diktaion), in un dialogolucianeo, Zeus conduce Europa, ben consapevole di quel che la aspetta (Luc. dial. mar. XV 4).

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Sérgio coglie lo spunto e va oltre, recuperando suggestioni shakespeariane: nonsolo per quanto riguarda la modalità di morte di Emone, che si uccide nella grotta senzache in nessun modo intervenga il padre61, ma anche facendo in modo che i cadaveri dientrambi i giovani vengano portati in scena, sotto gli occhi di tutti, come nel finale delRomeo and Juliet, mentre in Sofocle questo avveniva solo per il cadavere di Emone.

8 Un finale di riconciliazione

Il finale del dramma non è all’insegna del lamento, come nell’archetipo sofo-cleo, bensì della speranza, grazie alle parole di Critobulo, che addita in Antigone unmodello a cui la nascente democrazia e in particolare i giovani di Tebe dovranno ispi-rarsi, per un futuro migliore e senza più tiranni:

Atto III, scena 10 (ORTAGORA; EMONE; CRITOBULO; EUTIFRONE; EGESIA; DUE O

TRE UFFICIALI AMICI DI EMONE; CREUSA; TIRESIA E LA SUA GUIDA; SOLDATI; IL MES-SAGGERO; POPOLANI)

CRITOBULO Cittadini, piegatevi in silenzio al vostro dolore! […] Giuriamo a noistessi che combatteremo per la giustizia e che renderemo il futuro migliore delpassato, affinché la tirannia non si aderga mai più! Davanti a noi, vediamo oraun compito immenso: abbiamo il coraggio di svolgerlo e riponiamo la speranzanella gioventù di Tebe! Essa, alla fine, ci salverà tutti, se saprà ispirarsi alla santitàdi Antigone. Domani, verso l’alba, presteremo le onoranze ai nostri morti; poi,con la promessa della costanza del nostro sforzo, andremo a sacrificare all’altaredi Pallade: Pallade, la suadente, dèa della luce e della libertà! (Si mettono in mar-cia; cala il sipario).

Il dramma termina con un riferimento a Pallade Atena, dea della luce e dellalibertà, che la nascente democrazia tebana riconoscerà come protettrice. Questa pro-clamazione di Creonte richiama alla mente il finale delle Eumenidi eschilee, in cui ladea Atena prometteva pace e prosperità alla sua città. E non è un caso che Pallade siadefinita da Sérgio «a persuasiva», la suadente: si tratta di uno scoperto richiamo all’im-portante ruolo che Atena, nel finale delle Eumenidi, assegnava al potere di Peithò, chele aveva consentito di risolvere pacificamente e senza ricorso alla forza la contesa conle Erinni. In Eum. 885 s. la dea s’appellava infatti alla «maestà di Persuasione, dolcez-za e incanto» della sua lingua (Peiqou" sevba",/ / glwvssh" ejmh" meivligma kai; qelkth-vrion), e a Peithò ella rivolgeva un ancora più esplicito omaggio ai vv. 970-975:

stevrgw dΔ o[mmata Peiqou", o{ti moi glwssan kai; stovmΔ ejpwvpa […]

61 Come si è detto, Creonte è fuggito da Tebe in seguito alla sommossa popolare.

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ajllΔ ejkravthse Zeu;" ajgoraio": nika/ dΔ ajgaqwn e[ri" hJmetevra dia; pantov"

Mi sono cari gli occhi di Persuasione, perché ha rivolto il suo sguardo sulla mia lingua e sulla mia bocca […]: Zeus, ispiratore della parola, ha trionfato e la nostra contesa rivolta al bene prevale per l’eternità.

La dea Atena è quindi destinata a rappresentare un punto di riferimento fonda-mentale per le nascenti istituzioni democratiche, in cui l’ordine che procede dalla per-suasione e dal consenso deve sostituirsi all’ordine che procede dalla spada. Anche l’in-vito di Critobulo a difendere la giustizia va nella direzione di simile appelli che l’Atenaeschilea rivolgeva ai suoi concittadini sia nel discorso in cui istituiva l’Areopago (Eum.690 ss.), sia nel finale ai vv. 995 ss.: «Se sempre benevoli verso queste benevole dee (scil.le Eumenidi) conferirete loro grande onore, splenderete insigni in ogni circostanza,reggendo la vostra terra e la vostra città in rettitudine di giustizia». È questo anche ilsenso dell’appello di Critobulo ai suoi concittadini, con la differenza che il nume tute-lare, oggetto della venerazione della città, è qui Antigone stessa, innalzata al ruolo di«santa»: a lei la gioventù tebana dovrà ispirarsi nei suoi comportamenti 62.

In comune con il finale delle Eumenidi c’è anche l’insolito affollamento sceni-co, con una rappresentanza del popolo tebano, che ricorda le comparse ateniesi nel-l’esodo delle Eumenidi, nonché l’uscita in corteo del popolo, diretto alle sedi di culto.

La tragedia forse più politica del teatro greco è dunque utilizzata da Sérgio percostruire un finale profondamente differente rispetto al modello. Sofocle, insistendosulla rappresentazione del lutto di Creonte, aveva inteso stabilire un parallelismo conla sorte di Antigone: entrambi i contendenti lasciavano la scena in un kommos con ilCoro, l’una piangendo il proprio destino di giovane donna morta ante diem, l’altrolamentando di non essere più nulla (to;n oujk o[nta mallon h] mhdevna, v. 1325) e invo-cando la morte come la sorte più bella: un e[myuco" nekrov", un cadavere vivente,come l’aveva definito il Nunzio nel suo discorso introduttivo (v. 1167) 63. È eviden-te la volontà, da parte di Sofocle, di superare le irriducibili contrapposizioni a cui lo

62 Sul motivo della santità di Antigone cfr. supra, nota 30. 63 Creonte, dopo aver contaminato il mondo dei viventi con il mondo dei defunti, costringendo

un essere vivente nelle tenebre, il luogo dei morti, e lasciando imputridire un cadavere alla lucedel sole, la sede dei vivi, ora sconta nel proprio ossimorico statuto di e[myuco" nekrov" la colpadel sovvertimento delle leggi naturali, secondo l’accusa di Tiresia (cfr. Ant. 1068-1073: «TIRESIA

Hai gettato sotto terra una creatura di questo mondo e hai murato indegnamente nella tombauna persona viva, e abbandoni inonorato, insepolto, impuro un corpo consacrato agli dèi sotter-ranei: esso non appartiene né a te né agli dèi celesti, che in tal modo tu offendi»).

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spettatore aveva assistito nel corso del dramma (Antigone vs Ismene, Antigone vsCreonte, Creonte vs Emone prima e Tiresia poi) in una prospettiva finale – tipica-mente sofoclea – in cui gli uomini si ritrovano in definitiva uniti nel dolore, senzadistinzioni fra vinti e vincitori 64.

Sérgio sostituisce dunque all’esodo sofocleo un finale fortemente connotato insenso politico, su modello dell’Orestea, e come quest’ultimo aperto a prospettive disperanza.

MARIA PIA PATTONI

64 Il modello, per l’omericissimo Sofocle, è naturalmente il finale dell’Iliade: i due nemici Achille ePriamo si ritrovano – al di fuori degli spazi istituzionali dell’esercito e della polis, nella dimensio-ne privata della tenda di Achille – a piangere insieme ognuno sui propri cari perduti, nella con-sapevolezza che di fronte alla comune prospettiva della morte e del dolore perde di senso ognibarriera divisoria, s’estingue qualsiasi forma di esasperata competizione, e gli irriducibili avversa-ri di poc’anzi (Achille e Priamo, così come qui Antigone/Polinice e Creonte) si ritrovano unitinella loro sofferta umanità. Non a caso l’Iliade termina senza trionfalismi o peani di vittoria, bensìcon un rito funebre, come una vera e propria tragedia: il funerale di Ettore e la deposizione delsuo corpo nella tomba: su questo aspetto dell’ ‘ideologia’ dell’Iliade, si veda DI BENEDETTO 1998,in particolare, nella Parte IV, il cap. 1 (Al di là dello scontro in atto), pp. 241-254, e il cap. 9 (Aldi là dell’ideologia aristocratica), pp. 319-328. In effetti non esistono, nel teatro di Sofocle, con lamolto problematica eccezione dell’Elettra, vincitori e vinti: i personaggi positivi delle sue trage-die si ritrovano in definitiva uniti nel comune destino di sofferenza. Nel prologo dell’AiaceOdisseo, alla dea Atena che lo invitava a guardare la sciagura del suo avversario e a gioirne, rispon-deva con le parole di Sofocle: «Nonostante mi sia nemico, ho pietà di quell’infelice, per la tre-menda sciagura a cui si trova aggiogato: nella sorte di lui trovo riflessa anche la mia. Vedo chenoi, quanti viviamo, null’altro siamo se non fantasmi o vana ombra» (vv. 121-126); a questomessaggio è improntata la scena finale, in cui avviene la conciliazione fra Odisseo (che si fa quirappresentante dell’esercito acheo) e i parenti di Aiace, nonché la concessione del rito funebre, sumodello, evidentemente, del finale dell’Iliade.

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■ Appendice

ATTO III

Paesaggio di rocce e vegetazione sulle pendici di una montagna. In primo piano, a sinistra, unarupe con l’ingresso di una caverna, dalla quale si scende per alcuni gradini, nascosti allo spet-tatore. […] In terzo e quarto piano, colline coperte di vegetazione, con due o tre cipressi. Sulfondale, il mare azzurro intenso, sotto un cielo limpidissimo.

SCENA 1 (CORIDONE; UN PASTORELLO)(Coridone, coricato sulla rupe di sinistra, sopra l’imboccatura della caverna, suona col flautouna melodia […]; un Pastorello, che volge le spalle agli spettatori, sul rialzo centrale del secon-do piano, appoggiandosi al suo bastone contempla distratto il mare e il cielo(

CORIDONE (interrompendo la musica) Eh, pastorello, fa’ attenzione! Sogni il mormorio delle foglie tenere,O la voce delle Ninfe ti ha tolto il senno? Ridèstati, pastorello! […]Guardami quelle capre insolenti,E il caprone spudorato A mordicchiare gemme d’olivo! […]

IL PASTORELLO (gridando verso sinistra) Eh, Fàlaro! Cimeta! E tu, Filina! Fuori di lì!

CORIDONE Eccole là!… Che Pan ce le protegga! […]Mi par di sentire… Questa voce, questo canto… È Titiro che viene!

(Titiro fuori scena intona, a mezza voce, una melopea rustica; infine, entra dalla rampa delsecondo piano e compare accanto al Pastorello)

SCENA 2 (GLI STESSI E TITIRO)

CORIDONE Oh Titiro! Come canti bene! Rivaleggi con Pan, mio caro Titiro; Con Pan dividerai la ricompensa. Se Lui otterrà in premio una capretta, Tu avrai una pecora… Sali accanto a me e ritma il canto, Ché voglio ascoltarti ancora!

TITIRO

Io, Coridone? Lì? Sopra la caverna? Non voglio, amico: è di cattivo augurio! […]

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CORIDONE

Dici bene: scendo subito, e fuggo. (Scende). Antro delle Parche, bocca degli inferi, Sii tu maledetta, per l’eternità!… Che ricordi di dolore mi rievochi […]. Bella era, e leggiadra e fresca La pastorella Eurìala che là morì, nella nefasta fossa! Cantando andava per i monti, Tutta allegria e riso e grazia pura, […]Quando la pioggia la sorprese. Ecco che ripara In quella bocca orrenda; e là, curiosa, Comincia ad inoltrarsi, le rocce tastando:Prende a destra, avanza… Fa un passo, poi un altro… e repente, Nell’oscurità, le manca sotto il suolo e cade nelle tenebre! C’era un corridoio, non visto mai da alcuno, in esso era la fossa: quella maledetta fossa, Onde un giorno – molto tempo dopo – dei pastori Le mortali spoglie della pastorellaTrovarono, sgomenti, alla luce delle torce!

(Si rattristano, in un sogno da cui li distoglie la voce del Pastorello)

IL PASTORELLO (rivolto verso destra). Guardate! Venite qua! È comparso un contingente disoldati laggiù, all’entrata del valico! Che stanno facendo? (Coridone e Titiro si avvicinano al Pastorello e salgono sul piccolo rialzo del centro).CORIDONE È vero! Sono soldati, e armati fino ai denti, come per la guerra. Che sarà mai?TITIRO Mi pare stiano occupando il valico, come chi si prepara a impedire il passaggio delnemico. CORIDONE È vero! E portano fuoco, come chi si accinge ad accamparsi! […]TITIRO Si muovono con rapidità… Come brillano al sole gli elmi e le corazze!IL PASTORELLO Quello che ha le penne sull’elmo è il comandante, non è vero?TITIRO Il comandante sembra un uomo energico, esperto del suo ufficio. Come è sveltoa preparare tutto! Tiene gli uomini in pugno. [...]CORIDONE Che sarà mai tutto ciò, Titiro?TITIRO Non so. (Pensieroso) Ma non mi piace. Ce ne stavamo così tranquilli! Di là non civengono benefici, stanne certo.CORIDONE Dicono che ci siano stati scontri a Tebe, con morti e feriti… TITIRO Così dicono. Qui, in questa pace, tutto ci giunge come un rumore lontano. Vogliail cielo che non ci portino qui le loro guerre, gli uomini che stanno arrivando.CORIDONE […] Maledetta genia quella dei tiranni, che nemmeno sui monti ci lascia inpace! […]IL PASTORELLO Guardate! Sembra che un gruppo si diriga da questa parte!TITIRO È così: il comandante e mezza dozzina di soldati…CORIDONE E portano il fuoco! […] Fuggiamo dunque. (Al Pastorello, indicando versosinistra) Spingi le capre per quel sentiero: noi poi ti raggiungeremo. Va’, avviati.IL PASTORELLO Guardate! (muovendosi verso sinistra e agitando il bastone) Eh, Cimeta. Eh,Filina! Eh! (Esce da sinistra).

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TITIRO Nascondiamoci da questa parte. (Si nascondono dietro alcune rocce e spiano dallasommità).CORIDONE Che cosa verranno a fare qua?TITIRO Forse, a sorvegliare meglio l’avvicinamento del nemico, qui dall’alto.CORIDONE Marciano spediti: con quel passo, in breve arriveranno qui.TITIRO Ci sono tre ufficiali che marciano in testa e cinque soldati, compresi quelli diretroguardia, che portano il fuoco.CORIDONE Ma a quale scopo porteranno il fuoco quassù, o Titiro?TITIRO Non so… Andiamocene subito, prima che ci avvistino dalla loro posizione. (Siritirano lentamente verso sinistra, spiando sempre verso destra).

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