Il paradosso di Antinoo: un’icona che si fa arte
“Cantami della sera odorosa in cui udisti levarsi dalla barca dorata di Adriano
il riso di Antinoo e per placare la tua sete lambisti le acque e con desiderio guardasti
il corpo perfetto del giovane dalle labbra di melograno”. (G. Flaubert)
Un’ anomalia per l’arte romana
Per secoli un lavoro artistico, per essere definito come tale, doveva rispondere ad alcuni parametri
che le teorie estetiche e la storia dell’arte gli hanno attribuito nel corso del tempo. Nella concezione
moderna un’opera deve rispondere ad alcune caratteristiche specifiche che consentono di inserirla
all’interno della categoria dell’unico. Il multiplo è nemico del capolavoro artistico, la riproduzione ne
è lo snaturamento, tutto ciò che non si attiene alla norma di originalità e autore non può rientrare
nelle categorie dell’arte. Sebbene la Pop Art e le teorie artistiche della post-modernità abbiano
volutamente dato dignità al multiplo, nell’ambito dell’arte antica le raffigurazioni che si sottraggono
a tale logica estetica, che eccedono dalla norma dell’autorialità sono state escluse dalla dignità degli
studi e della storia, declassate a copia, a falso, a riproduzione di pessimo gusto. Tale è la sorte
toccata, per esempio, a quell’ampio corpus scultoreo di statue ritratto in nudità che ha origine in età
repubblicana (tra i primi si ricorda la statua di Ofellius Ferus ritrovata nell’agorà degli Italiani a
Delo) (fig.1). Abitualmente, infatti, nel panorama degli studi storico-artistici le sculture in cosiddetta
nudità eroica, o che mutuavano alcuni attributi iconografici dalle rappresentazioni di divinità (in
forma deourum), sono state considerate anonimi surrogati, catastrofi estetiche, seguendo
un’affermazione della studiosa statunitense Susan Walker. Tutte ad eccezione di una: la
raffigurazione di Antinoo, nella famosa versione in nudità dell’Haupttypus come nelle altre
variazioni iconografiche. Le sue riproduzioni hanno goduto sin dai tempi antichi di una fama
eccezionale che ancora oggi la figura del giovane si porta dietro. A differenza di altre statue ritratto
che con questo condividono bellezza, maestria esecutiva e importanza storica (basti pensare tra gli
altri allo pseudo Marcello del Louvre) (fig.2) Antinoo è considerato in modo unanime una creazione
unica, un’opera d’arte. È però alquanto anomalo e significativo nello stesso tempo, che in una
produzione anonima, dequalificata, considerata esteticamente e storicamente irrilevante come quella
delle statue-ritratto in nudità compaia all’improvviso un’opera che è stata a lungo definita l’ultimo
capolavoro dell’arte greca. Di questa affermazione colpiscono due concetti: capolavoro e greca.
Stricto sensu dunque un’immagine, o meglio una serie di immagini, che raffigurano un personaggio
morto nel 131 d.C. diventano un capolavoro artistico. Che significa in questo caso capolavoro e cosa
arte greca? Il presunto favorito di Adriano assurge all’improvviso alle vette dell’arte antica. Come è
stato possibile attribuirgli una rilevanza così significativa? Quali ragionamenti e presupposti teorici
hanno portato ad esempio l’archeologo francese Robert Turcan a definire l’effige del giovane
l’ultima creazione dell’arte greca? (TURCAN 2002, pag.125). Da cosa nasce il paradosso che fa
diventare la rappresentazione scultorea di Antinoo un capolavoro artistico? (fig.3)
Nel corso del tempo numerosi studiosi, da Toynbee a Lippold, a Bianchi Bandinelli, hanno collegato
la raffigurazione del giovane bitinico a forme di produzione artistica direttamente greche che ne
suggerirebbero di conseguenza un’originalità. Infatti, a partire dalla consueta vulgata che l’arte
romana fosse meramente imitativa e che mutuasse senza troppo discernimento i codici figurativi del
mondo greco, tutto ciò che poteva contenere una connotazione di originalità era da considerare di
produzione greca. Sembra così che la figura di Antinoo riesca a essere ricondotta a un unico (e di
conseguenza a un originale), a rispondere a un’unicità concettuale cui le altre rappresentazioni
scultoree del tipo non riuscivano ad avvicinarsi. Per comprendere appieno tale dinamica bisognerà
indagare la figura del giovane nel clima culturale del suo tempo e nel corso della storia degli studi
storico artistici. La particolare fortuna che ebbe nel corso dei secoli, la sua misteriosa biografia, e la
diffusione di un culto estremamente importante legato alla sua figura fanno di Antinoo un’icona. Le
effigi del giovane vanno al di là del puro e semplice ritratto imperiale. L’unicità della sua figura
risiederebbe dunque nell’immaginario particolare che tale personaggio ha originato nella storia della
cultura occidentale. Si può così affermare che le sue specificità soggettive hanno fatto di Antinoo
un’opera d’arte. É’ indubbio che le particolarità formali di alcune sue raffigurazioni (soprattutto per
ciò che riguarda il cosiddetto Haupttypus) (fig.4) abbiano spinto a pensare che un eminente artista,
come sempre anonimo, abbia creato per conto di Adriano il prototipo di questo ritratto, ma è
altrettanto rilevante che nessuno studioso si sia soffermato a ricostruire la biografia del presunto
artista o si sia sforzato di trovargli una fisionomia come nel caso del Maestro delle Imprese di
Traiano. Era sufficiente infatti “l’unicità soggettiva” della figura di Antinoo per attribuire un valore
originale e “autoriale” a tale rappresentazione. Inoltre, l’autorevole committenza di Adriano, laddove
si valuti l’idea che sia stato lui l’unico promotore della produzione visuale di Antinoo, può essere
stata considerata dagli studiosi un buon soggetto-autoriale.(figg.5-6) Sia l’oggetto rappresentato che
il richiedente tendono a ridursi in un’unicità che ne definisce l’autorialità e l’originalità.
L’innovazione dunque non risiede nelle caratteristiche formali in sé ma nei processi cognitivi e
culturali costruiti intorno all’immagine, riconducibili, come suggerisce Jacques Lacan, a una
formazione sociale e culturale e non puramente percettiva delle pratiche interpretative. Le
rappresentazioni figurative di Antinoo non sono nuove e originali perché costituite da forme
espressive, esiti formali, invenzioni stilistiche mai viste prima, ma perché costruite intorno alla
particolarità del culto di Antinoo nelle sfere culturali e sociali del tempo e anche intorno alla celebrità
di cui tale figura ha goduto e continua a godere nel nostro immaginario di spettatori contemporanei.
Dunque, sin dall’epoca romana si costruisce intorno ad Antinoo un’immagine poliedrica e
polisemica, nelle forme rappresentative quanto nelle costruzioni ideali e religiose.(figg.7-8)
Immagine che avrà fortuna fino ai giorni nostri, sebbene spesso cristallizzata, sfiorando a tratti
l’anacronismo, intorno alla passione tra l’imperatore e il giovane che, suo malgrado, è diventato il
protagonista della storia d’amore omoerotica più famosa nel mondo occidentale.
La creazione di Antinoo: una icona pop dal passato?
La figura di Antinoo si presenta dunque come un’immagine complessa nella sua costruzione
iconografica così come nell’intera definizione semantica. Come suggerito da Galli, anche Antinoo
potrebbe essere efficacemente definito al pari di Adriano “varius, multiplex et multiformis” a
sottolinearne “un’identità composita (romana, greca, egiziana) che rendeva tangibile l’idea di un
impero in cui era possibile la coesistenza di identità multiple” (GALLI 2012b, pag 59).(figg.9-10) Tale
varietà iconografica faceva sì che esistessero differenti rappresentazioni del personaggio che
variavano in base al contenuto da rappresentare, e in cui anche la modifica di un particolare ne
cambiava il contenuto simbolico. Sempre Galli nota come la semplice variazione della decorazione
dei capelli delinei l’appartenenza a culti misterico-iniziatici ed oracolari differenti. La stessa statua-
ritratto identificata come un presunto prototipo si componeva di diversi modelli di impostazione
classica. Le caratteristiche formali dell’Haupttypus sono state riconosciute almeno dall’inizio del
sedicesimo secolo, quando l’antiquario italiano Andrea Fulvio lo incluse tra le “Immagini illustri”,
un’opera sui personaggi famosi dell’antichità accompagnati da un ritratto tipico preso dalle
raffigurazioni monetali. Inoltre, a metà del XVI secolo, durante gli scavi voluti dal papa Paolo III, fu
rinvenuta a Roma una scultura in cosiddetta nudità eroica identificata, tramite i confronti con i ritratti
monetali, con Antinoo che ne accrebbe la celebrità. La diffusione del segno iconografico di Antinoo
era però già presente prima della definizione del suo modello base. Donatello, infatti, dovette ispirarsi
a un busto di Antinoo per il suo David Mercurio bronzeo (MAMBELLA 1995, pag.263).(fig.11) Nei
primi decenni del Cinquecento la fortuna del tipo ritrattistico di Antinoo si accompagnò all’interesse
per la sua tragica vicenda biografica (seguendo soprattutto la versione del suicidio rituale riportata da
Cassio Dione) che acquisiva una forte valenza salvifica all’interno dei circoli di intellettuali ed
esoterici. Esponente di spicco di questi circoli era il cardinale Pietro Bembo che acquistò per la sua
collezione padovana una testa di Antinoo la quale, passata ad Alessandro Farnese, fu poi ricongiunta
a un torso coevo: l’Antinoo Farnese. (fig.12) Dunque, sebbene l’identificazione effettiva del supposto
prototipo del ritratto non fosse ancora stata compiuta, l’immagine del giovane bitinico influenzava le
raffigurazioni che avevano come soggetto giovani, a riprova di come Antinoo si collochi, con le
dovute trasformazioni, all’interno di un continuum iconografico e simbolico della trattazione del
corpo virile che trova la sua origine nel cosiddetto “pectum polycleteum”. Nei secoli successivi la sua
popolarità crebbe ancora, tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo il valore commerciale delle
opere raffiguranti il giovane aumentò, spingendo, secondo Vout, ad attribuire ad Antinoo, spesso
senza una ragione precisa, molte raffigurazioni con fattezze giovanili. Antinoo diventò inoltre una
sorta di canone per le raffigurazioni giovanili. Montesquieu era solito definire i ritratti di uomini
anziani con barba con i consoli, quelli dalla barba lunga con i filosofi e le raffigurazioni giovanili
come Antinoo. Tramite un tipico processo metonimico, Antinoo diventava il nome che descriveva
tutte le figure giovanili: un nome proprio diventava nome comune. Anche il padre della storia
dell’arte Winckelmann subì il fascino particolare di Antinoo, passione inconsueta per lo studioso
tedesco che, come sappiamo, considerava soltanto l’arte greca capace di assurgere alle vette dell’arte
antica. Forse è proprio l’unione fra il giudizio estetico nei confronti di Antinoo e l’attenzione tutta
winckelmanniana nei riguardi della cifra stilistica a creare le basi per la particolare concezione
storico-artistica che investirà la figura d Antinoo nei secoli successivi. Infatti, il giudizio negativo che
Winckelmann affidava all’arte romana scompare sotto la fascinazione per le immagini di Antinoo che
per lo studioso si avvicinano all’arte greca classica diventando “la gloria dell’arte in quell’età così
come in tutte le altre” (VOUT 2005, pp.94-95).(fig.13) Così Antinoo diventa per Winckelmann un
altro esempio di quella Bellezza senza tempo che contribuirà a costruire il paradosso della sua analisi
storico-artistica: la creazione di un’estetica che si fa storia mediante un processo di de-
storicizzazione, realizzato attraverso l’identificazione di canoni estetici che diventano norma. (TESTA
1999, pag.36). Inoltre, come suggerisce Vout, l’influenza di Wincklemann divenne fondamentale per
la visione erotica dell’immagine di Antinoo, successivamente diffusa da Oscar Wilde, Washington
Irving e Fernando Pessoa come accezione prima della immagine del giovane.
Riassumendo, Antinoo era una raffigurazione estremamente duttile che cambiava il suo significato in
base al variare del corredo iconografico e che era definita e strutturata mediante la combinazione di
modelli formali precedenti, scelti non solo per pure motivazioni di stile, ma per evocare precisi
valori. Allo stesso modo delle sculture onorarie in nudità del periodo repubblicano e primo imperiale,
anche Antinoo rispondeva a precise funzioni evocative e rappresentative inserite in uno specifico
programma politico e di definizione d’identità. Per di più, così come le statue precedenti, era l’unione
di corpi in nudità riferibili a diversi modelli e teste in cui convivevano caratteristiche reali ed
elementi astratti.(fig.14) Ma intorno ad Antinoo si è costruito un processo mitopoietico originale ed
estremamente complesso cui le statue raffiguranti notabili repubblicani o membri della famiglia
imperiale non si sono mai avvicinate. Le dinamiche di costruzione del mito e del culto intorno al
giovane si avvicinano ai percorsi narrativi mitici definiti per gli eroi. A riprova di ciò, sembrerebbe
che la figura di Antinoo sia strettamente legata a una nuova percezione del culto eroico di matrice
misterico-iniziatica. Come già puntualizzato da Galli, il sociologo americano Richard Sennett
definiva Antinoo una nuova creazione religiosa che come tale ebbe una formazione mitica complessa
e suggerì numerosi spunti interpretativi. A sostegno di una concezione del genere, Galli riscontra nel
culto di Antinoo e nella disseminazione delle sue immagini uno stretto legame con il mondo
dell’efebia. Secondo l’autore, Adriano stimola e rinnova i contatti con i gruppi efebici greci in un
ottica di gestione ecumenica del potere, in cui si affermavano espressioni di coesione sociale e
identitaria tra l’impero e le élites locali, creando così forme di gestione del potere che Galli chiama
“microfisica del potere”, riferendosi alle teorie foucaultiane di governo. Infatti, la figura di Antinoo
acquistò all’interno dell’efebia ateniese un valore considerevole con l’istituzione di una propria
festività (GALLI 2010, pag.14). L’importanza del suo culto contribuirà, insieme agli elementi già
descritti, a rendere la sua immagine un unicum che, di conseguenza, sarà valutata dagli studiosi un
originale. Sacralità, amore e mistero sembrerebbero essere le tre caratteristiche principali della
leggenda e della fortuna di Antinoo. (fig.15) La vita del favorito di Adriano è infatti avvolta nel
mistero, così come la sua morte (DIO LXIX.11, 2; HIST.AUG.14.5). Cassio Dione tramanda che il
giovane morì annegando nel Nilo come gesto di sacrificio per l’imperatore. Altre fonti, compresa
l’Historia Augusta, non fanno accenno a questa vicenda, dicendo solo che Antinoo morì nel Nilo in
circostanze poco chiare. Così anche la narrazione della sua scomparsa contribuisce a creare un alone
mitico e solenne intorno alla sua persona. La narrazione della sua morte è in stretta relazione con una
sorta di filiazione eroica del personaggio, assumendo una connotazione estremamente simbolica.
Sempre Galli, riprendendo un’intuizione dello studioso Erwin Rohde, trova un’analogia tra la morte
nel Nilo e le sparizioni famose nel mito antico. Antinoo, dunque, può essere considerato un emblema
in cui vivono insieme differenti tradizioni mitico-culturali. Le nuove forme cultuali avrebbero
favorito un’immagine del personaggio nuova e quasi mitica che sarebbe poi, per un slittamento
metonimico, stata riconosciuta anche nelle sue rappresentazioni formali e figurative che ne
definivano la memoria culturale.
Un significato così originale, legato a un ambito estremamente importante e particolare come quello
religioso sacrale, ha garantito al giovane un’autonomia rappresentativa al di fuori delle consuete
dinamiche di diffusione del culto imperiale. Queste qualità esclusive hanno sostenuto le fama e
l’originalità della sua figura, vista più che come una semplice raffigurazione, come una sorta di
“immagine-idea”. Così, in modo paradossale, Antinoo si mostra nello stesso momento raffigurazione
unica e immagine particolare in cui le pratiche di enunciazione vengono moltiplicate e dove i rimandi
simbolici si riferiscono a precise espressioni delle dinamiche sociali e ai processi di mediazione
culturale.(fig.16) E proprio in questo paradosso risiedono le ragioni per cui Antinoo diventa un
originale. Le caratteristiche peculiari della sua immagine, sin dalla data della sua morte, hanno creato
una molteplicità di significati a essa riferiti, di norma però ridotti a una matrice astorica e puramente
biografica del personaggio. Tale configurazione si sarebbe poi sviluppata nel corso del tempo e nei
periodi storici fino a far diventare Antinoo un ultimo emblema dell’originalità dell’arte greca. Più che
una creazione,però, il giovane dovrebbe essere considerato un’evoluzione della figura maschile in
piena relazione con le pratiche sociali, i rapporti di produzione e i contesti (culturali e materiali) del
periodo. L’errore che è stato fatto risiede probabilmente nell’aver confuso l’idea di trasformazione
con quella di una nuova creazione che rimanderebbe a un processo inedito e originale (CARANDINI
1969, pag.8). Antinoo deve essere analizzato solo a partire da tali premesse e inserito nelle specifiche
particolarità dei contesti in cui viene rappresentato. A riprova di ciò, le nuove ricerche che pongono
come tema centrale di analisi la disamina dei dati archeologici e dei contesti specifici hanno fornito
nuove interpretazioni all’immagine di Antinoo, facendo luce su alcune dinamiche culturali, politiche
e sociali fino a oggi poco indagate dagli studiosi. Per concludere, all’interno dell’effigie del giovane
Bitinico si inserivano tutta una serie di aspetti che, riducendo l’immagine a un’ entità fissa e
destoricizzata, puramente legata al suo dato biografico, ne hanno snaturato l’idea e l’hanno privata
del suo effettivo valore storico e culturale.(figg.17-18) O per lo meno gliene hanno attribuito un altro,
più legato alla sua fama che al suo valore artistico. Potrebbe sembrare un azzardo, ma Antinoo è
diventato un’opera d’arte in virtù della sua celebrità (nel mondo antico come in quello
contemporaneo), la sua immagine, si è fatta arte, capolavoro. Probabilmente Antinoo è la prima
icona pop del mondo artistico, una sorta di pin-up del ventesimo secolo, seguendo l’affermazione
dello studioso inglese Micheal Squire, un’immagine che continua ad affascinare pittori, scultori e
artisti di ogni genere (figg.19 20). Il suo volto è arte, è mito, è memoria che viene riprodotta e
risignificata da quasi venti secoli. Ma per la storia dell’arte classica è anche anomalia e paradosso,
integrando all’interno della sua figura molteplicità di significati e, nello stesso tempo, unicità e
originalità artistica, normalmente ignorate in un’arte anonima come quella romana.
Bibliografia essenziale
A. CARANDINI, Vibia Sabina: funzione politica, iconografia e il problema del classicismo
adrianeo, Firenze 1969.
M. GALLI, “Hadrian, Eleusis and the Beginning of Christian Apologetic”, in M. RIZZI (ed.),
Hadrian and the Christian, NY 2010,. pp. 71-83.
M.GALLI, “Il culto e le immagini di Antinoo”, in M.RAGNI (a cura di), Antinoo il fascino della
Bellezza, Milano 2012, pp.38-64
R. MAMBELLA, Antinoo: l’ultimo mito dell’antichità nella storia e nell’arte, Milano 1995.
F. TESTA, Winckelmann e l’invenzione della Storia dell’arte. I modelli e la mimesi, Bologna
1999.
R. TURCAN, L’Art Romain, Paris 1995.
C. VOUT, “Antinous, archaeology and history”,in JRS 95, 2005, pp.80-96.
fig. 3.Galleria degli Uffizi. Ritratto di Antinoo come Genus Frugiferus (da www.daringtodo.com)
fig. 4. Museo di Delfi. Antinoo (FOTO Ricardo André Frantz, da www.commons.wikimedia.org)
fig. 5. Museo archeologico nazionale di Napoli. Busto clamidato di Adriano della collezione
Farnese (FOTO Luigi Spina da www.artearti.net)
fig. 6. Roma. Arco di Costantino, tondo adrianeo con scena di caccia (da
www.romainteractive.com)
fig. 8. Museo archeologico nazionale di Napoli. Antinoo come Bacco (da www.wikimedia.org)
fig. 10. Dresda, Skupturensammlung. Testa di Antinoo-Osiride in marmo rosso (da
www.artribune.com)
fig. 11. Museo del Bargello firenze. David di Donatello (da www.wikimedia.org)
fig. 12. Museo archeologico nazionale di Napoli. Antinoo Farnese (da www.wikimedia.org)
fig. 13. Weimarer Stadtschloss. Ritratto di Winckelmann, Anton von Maron, 1768 (da
www.wikimedia.org)
fig. 18. Copertina del libro Le epifanie di Antinoo (da www.inmondadori.it)
fig. 19 Georges de Canino. Antinoo (da www. ilgiornaleoff.ilgiornale)