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FABIO SANTANGELI
Fallimento, concordato preventivo e procedimento di omologazione degli accordi di
ristrutturazione. L'entrata in vigore, ed applicazione ad atti e procedimenti già in corso. Profili di
incostituzionalità delle disposizioni introdotte con decreto legge ad efficacia differita; dalla legge
fallimentare all'appello ed alla cassazione.
Sommario: 1. Considerazione introduttive; 2. L'efficacia temporale della nuova disciplina in materia
fallimentare; 2.1. Segue. Norme introdotte dal decreto legge che vanno in vigore dall'11 settembre 2012; 2.2.
Segue. La controversa entrata in vigore delle norme disciplinanti fattispecie sostanziali collegate ai
procedimenti concorsuali, e l'immediata entrata in vigore delle norme disciplinanti i benefici fiscali; 2.3.
Segue. Norme introdotte con la legge di conversione; quelle che entrano in vigore dal 12 agosto 2012, e
quelle invece per cui bisogna attendere l'11 settembre 2012; 3. L'applicazione ai nuovi procedimenti; 3.1.
Segue. L'applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti fallimentari in corso e agli atti già compiuti;
3.2. Segue. L'applicazione delle norme fiscali ai procedimenti già pendenti; 4. E ancora in materia
fallimentare: l'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), in tema di integrazione salariale concesso ai lavoratori
delle imprese soggette a procedure concorsuali; 5. Sulla costituzionalità delle norme introdotte attraverso
l'utilizzo del decreto legge; 5.1. Segue. Sulla costituzionalità delle norme inserite solo in sede di conversione
del decreto legge; 5.2. Segue. Sulla (in)costituzionalità delle norme con efficacia differita; 6. L'applicazione
differita della riforma sull'appello e sul ricorso per cassazione; 6.1. Segue. L'applicazione della nuova
regola delle prove nel giudizio di appello nel procedimento sommario di cognizione; 6.2. Segue. Sulla
costituzionalità delle norme sulle impugnazioni civili ad efficacia differita.
1. Considerazione introduttive.
Con il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”,
convertito con la legge 7 agosto 2012 n. 134, il legislatore è nuovamente intervenuto sul testo della
legge fallimentare.
Il decreto, c.d. Decreto Sviluppo, reca un contenuto ampio ed eterogeneo, perchè con i suoi 70
articoli interviene in numerosi settori, che spaziano dalle misure a sostegno delle imprese, alle
misure sull'edilizia, sui trasporti, sulle infrastrutture, sull'agricoltura, sullo sviluppo del settore
energetico, della ricerca scientifica e tecnologica, sullo sport e turismo, comprendendo, inoltre,
norme dirette ad accrescere la trasparenza nella pubblica amministrazione, norme volte a facilitare
la gestione delle crisi aziendali e misure inerenti la giustizia civile. Misure unificate, nell'ottica del
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legislatore, dall'intento di favorire la crescita, lo sviluppo e la competitività del Paese1.
A tale scopo, dovrebbero ricondursi anche le norme contenute nell'art. 33 del d.l. 83/2012,
rubricato “Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale”, che interviene
sulla materia del concordato fallimentare e dei procedimenti di omologazione degli accordi di
ristrutturazione dei debiti. Secondo, infatti, quanto si legge nella relazione illustrativa: “La proposta
è volta a migliorare l'efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d'impresa disciplinati
dalla legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942), superando le criticità emerse in sede
applicativa e promuovendo l'emersione anticipata della difficoltà di adempimento
dell'imprenditore. In linea con i principi ispiratori delle recenti riforme della disciplina
fallimentare, l'opzione di fondo che orienta l'intervento è quella di incentivare l'impresa a
denunciare per tempo la propria situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure
di controllo esterno che la rilevino...”2.
In particolare, l'art. 33 del provvedimento novella gli articoli 67, 161, 168, 178, 179, 182 bis, 182
quater, 217-bis del regio decreto 16 marzo 1942, e introduce gli artt. 169-bis (Contratti in corso di
esecuzione), 182-quinquies (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel
concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti), 182-sexies (Riduzione o perdita
del capitale della società in crisi), 186-bis (Concordato con continuità aziendale), 236-bis (Falso in
attestazioni e relazioni), nonché l'articolo 88, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi
1 Il Comitato per la legislazione, in sede consultiva (seduta del 5 luglio 2012), ha osservato che l'unica eccezione alla
tendenziale omogeneità del contenuto è rappresentata dall'articolo 56, che incide sulla disciplina della scuola della
magistratura, e in particolare dalla disposizione contenuta al comma 1, lettera b), che, modificando l'art. 6, co. 2,
D.lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, interviene sullo status dei magistrati chiamati a far parte del consiglio direttivo della
“Scuola Magistratura”, e stabilisce che i magistrati ancora in servizio nominati nel comitato direttivo, «a loro
richiesta, possono usufruire di un esonero parziale dall'attività giurisdizionale nella misura determinata dal Consiglio
superiore della magistratura». Al riguardo il Comitato ricorda che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 22 del
2012, ha individuato “tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del
requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma
censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto legge in cui è inserita”, nonché rispetto
all'intestazione del decreto e al preambolo. 2 La relazione continua osservando che: «i più gravi disincentivi al tempestivo accesso delle imprese in crisi alle
procedure di concordato preventivo e ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione possono
essere così riassunti: l'insufficiente protezione del debitore durante la preparazione del piano di ristrutturazione; le
criticità connesse al finanziamento dell'attività del debitore durante la preparazione del piano o la negoziazione
dell'accordo (cosiddetta «finanza interinale»); la mancanza di una disciplina specifica che faciliti il concordato con
continuità aziendale, soprattutto prevedendo la continuazione dei contratti in corso; l'assenza di una specifica
disciplina dei requisiti di indipendenza del professionista attestatore nominato dal debitore, di cui all'articolo 67,
terzo comma, lettera d), della legge fallimentare, che trova applicazione anche in caso di concordato preventivo e di
accordo di ristrutturazione; l'operatività della causa di scioglimento per perdita del capitale e degli obblighi di
capitalizzazione anche nel corso del procedimento per l'omologazione del concordato preventivo non finalizzato
alla liquidazione e, soprattutto, del procedimento per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti».
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(TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e l'articolo 101, comma
5, del TUIR in materia di deducibilità delle perdite sui crediti.
Il testo di legge dell'art. 33 si caratterizza per una struttura complessa. Al riguardo il Comitato
per la legislazione, nell'esprimere il parere alle Commissioni permanenti VI (Finanza) e X (Attività
produttive, commercio e turismo) sul disegno di legge di conversione3, sotto il profilo della corretta
formulazione e della tecnica di redazione, lo ha richiamato a titolo esemplificativo circa la
particolare complessità di numerosi articoli contenuti nel decreto: “l'articolo 33, concernente la
revisione della legge fallimentare, occupa quasi sette pagine dello stampato della Camera,
articolandosi in soli 5 commi, a loro volta divisi in lettere e numeri recanti novelle; taluni articoli,
recando capoversi non contrassegnati da numeri o da lettere, non rispettano le prescrizioni della
circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi riguardanti la struttura dei commi (in
particolare, il paragrafo 7, lettera e), che prevede che il comma debba articolarsi in periodi e che si
debba andare a capo soltanto alla fine del comma, a meno che il comma non si articoli a sua volta
in lettere”4.
2. L'efficacia temporale della nuova disciplina in materia fallimentare.
Al di là della qualità della tecnica di redazione del testo, l'art. 33 del decreto legge 22 giugno
2012, n. 83, convertito con modificazioni in legge 7 agosto 2012, n. 134, presenta aspetti discutibili
sotto il profilo dell'efficacia temporale.
Le norme di revisione della legge fallimentare di cui all'art. 33 sono inserite in un decreto legge,
di conseguenza per la decorrenza di efficacia delle stesse, tendenzialmente, si dovrebbe fare
riferimento alla data di entrata in vigore del decreto legge, ovvero dal giorno stesso della
3 Ai sensi dell'art. 96-bis, comma 1, del Regolamento della Camera: «Il Presidente della Camera assegna i disegni di
legge di conversione dei decreti-legge alle Commissioni competenti, in sede referente, il giorno stesso della loro
presentazione o trasmissione alla Camera e ne dà notizia all'Assemblea nello stesso giorno o nella prima seduta
successiva, da convocarsi anche appositamente nel termine di cinque giorni dalla presentazione, ai sensi del secondo
comma dell'articolo 77 della Costituzione. La proposta di diversa assegnazione, ai sensi del comma 1 dell'articolo
72, deve essere formulata all'atto dell'annunzio dell'assegnazione e l'Assemblea delibera per alzata di mano, sentiti
un oratore contro e uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno. I disegni di legge di cui al presente articolo
sono altresì assegnati al Comitato per la legislazione di cui all'articolo 16-bis, che, nel termine di cinque giorni,
esprime parere alle Commissioni competenti, anche proponendo la soppressione delle disposizioni del decreto-legge
che contrastino con le regole sulla specificità e omogeneità e sui limiti di contenuto dei decreti-legge, previste dalla
vigente legislazione». 4 Seduta del 5 luglio 2012.
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pubblicazione del decreto legge nella Gazzetta Ufficiale, cioè il 26 giugno5.
Laddove poi in sede di conversione, siano state introdotte nuove norme, o apportate delle
modifiche alle norme già introdotte dal decreto legge, ai fini della individuazione della data di
entrata in vigore di regola bisogna far riferimento al giorno successivo a quello della pubblicazione
della legge di conversione6. E atteso che la legge di conversione n. 134 è stata pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale dell'11 agosto 2012, n. 187, le modifiche così inserite all'art. 33 del d.l. 83/2012
trovano applicazione dal 12 agosto 2012.
Posto ciò, bisogna verificare se l'art. 33 non abbia invece dettato una disciplina apposita relativa
all'entrata in vigore delle nuove norme. E, leggendo il testo di legge, al comma 3 è previsto un
rinvio di applicazione ad una data posteriore a quella dell'entrata in vigore della legge di
conversione. L'art. 33, comma 3, d.l. n. 83/2012 così recita: «Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2
si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione di accordi di
ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, nonché ai piani di cui al comma 1, lettera a), n. 1)
elaborati successivamente al predetto termine».
Il disposto del terzo comma dell'art. 33 pone, dunque, sotto il profilo dell'efficacia temporale
delle disposizioni, uno spartiacque tra le disposizioni contenute nei commi 1 e 2, e quelle contenute
nei commi 4 e 5 dell'art. 33, riguardo alle quali non ha invece dettato alcuna regola in merito alla
decorrenza di efficacia.
Con la conseguenza che le norme introdotte dall'art. 33 d.l. 83/2012 relative ai procedimenti di
concordato preventivo, ai procedimenti di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti e ai
piani di risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa di cui all'art. 67, terzo comma, lett. d)7,
5 Il decreto legge n. 83 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno 2012.
6 L'art. 15, comma 5, L. 23 agosto 1988, n. 400, stabilisce che: «Le modifiche eventualmente apportate al decreto-
legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di
conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge». 7 Secondo l'art. 67, terzo comma, lett. d), l.f., novellato dall'art. 33, comma 1, lettera a), n. 1) non sono soggetti ad
azione revocatoria «d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in
esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad
assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore,
iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) deve
attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato
all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o
professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in
possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i
quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o
autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il piano può essere
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non hanno efficacia dall'entrata in vigore del decreto legge, né della legge di conversione del
decreto, ma hanno efficacia trenta giorni dopo a quello successivo di entrata in vigore della legge di
conversione; mentre le norme contenute nei commi 4 e 5, nel silenzio del legislatore, sono
immediatamente efficaci, poichè l'entrata in vigore va ancorata all'entrata in vigore del decreto
legge.
Va evidenziato, infine, che i commi 1 e 2 non contengono esclusivamente disposizioni sui tre
procedimenti richiamati dal comma 3 dell'art. 33, ma includono alcune norme che non fanno
riferimento alle suddette procedure concorsuali. Per tali norme non opera quindi il periodo di
vacatio previsto dal comma 3, ed anch'esse andranno applicate immediatamente.
Si delinea così, nell'ambito dell'intervento normativo in materia fallimentare, questa singolare
situazione: alcune disposizioni hanno efficacia dal momento dell'entrata in vigore del decreto legge,
cioè dal 26 giugno, altre dall'entrata in vigore della legge di conversione, cioè dal 12 agosto, ed altre
ancora dall'11 settembre 2012.
2.1. Segue. Norme introdotte dal decreto legge che vanno in vigore dall'11 settembre 2012.
Trovano dunque applicazione solo dall'11 settembre 2012 le disposizioni contenute nei commi 1
e 2, relative ai procedimenti di concordato preventivo, di omologazione di accordi di
ristrutturazione dei debiti ed ai piani di risanamento.
Ad esempio, le modifiche, introdotte dall'art. 33, co. 1, n. 1) lett. a), sulla revocatoria
fallimentare in riferimento agli atti, ai pagamenti e alle garanzie concesse su beni del debitore posti
in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione
debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.
Le modifiche apportate dall'art. 33, co. 1, n. 1), n. 2) lett. a) e b) e n. 3) all'articolo 161 «domanda
di concordato» l.f., sulle modalità di deposito e contestuale produzione del ricorso con la domanda
di concordato preventivo, e sulla disciplina degli atti di ordinaria amministrazione e straordinaria
amministrazione. In sede di conversione del d.l. 22 giugno 2012, n. 83 sono stati poi aggiunti dal n.
4) lett. b) del co. 1, dell'art. 33, i commi 8, 9 e 10 all'art. 161 l.f. sull'onere del tribunale di disporre
gli obblighi informativi periodici durante la prima fase della procedura e sull'inammissibilità della
pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore;».
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domanda di concordato preventivo.
L'art. 33, comma 1, lett. c), che modifica l'art. 168 l.f., specificando diversamente gli effetti della
presentazione del ricorso e individuando il termine nella pubblicazione del ricorso sul registro delle
imprese.
Il nuovo art. 169-bis l.f., introdotto dalla lett. d) del comma 1 dell'art. 33, che finalmente detta
norme specifiche sulla disciplina dei contratti in corso di esecuzione.
L'art. 33, comma 1, d-bis) che modifica l'art. 178 l.f. sulle regole delle adesioni alla proposta di
concordato.
L'articolo 33, comma 1, lett. d-ter), con il quale è stato aggiunto un nuovo comma all'art. 179 l.f.
L'art. 182-bis che modifica alcune regole in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti.
L'art. 33, co. 1, lett. e-bis), che ridisegna la disciplina sulla prededucibilità dei crediti nel
concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Il nuovo articolo 182-quinquies l.f., che detta innovative disposizioni in tema di finanziamento e
di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti.
L'art. 33, comma 1, lett. h), il quale ha aggiunto il nuovo art. 186-bis «Concordato con continuità
aziendale», disposizione che detta una disciplina di favore per i piani di concordato volti alla
prosecuzione dell'attività di impresa.
Infine, il comma 2 dell'art. 33 che modifica il comma 1 dell'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163
(Codice contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture), prevedendo che l'impresa in
concordato con continuità aziendale può partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti
pubblici.
2.2. Segue. La controversa entrata in vigore delle norme disciplinanti fattispecie sostanziali
collegate ai procedimenti concorsuali, e l'immediata entrata in vigore delle norme disciplinanti i
benefici fiscali.
Come già accennato, all'interno dei primi due commi, e segnatamente del comma 1 dell'art. 33,
vi sono però anche alcune disposizioni che fanno riferimento al procedimento di concordato
preventivo, o di omologazione degli accordi di ristrutturazione, o ai piani attestati, non come fase o
elemento strettamente processuale, ma soltanto rappresentando fattispecie sostanziali dotate di una
certa autonomia, pur se, tuttavia, comunque legate ad un procedimento concorsuale minore.
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Così, l'art. 33, co. 1, n. 2, lett. a), il quale integra la lettera e) del terzo comma dell'art. 67 l.f.,
prescrivendo il non assoggettamento all'azione revocatoria degli atti, pagamenti e garanzie
legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito del ricorso per concordato preventivo8.
Così, anche, l'art. 33, co. 1, lett. f), che inserisce all'interno della legge fallimentare l'art. 182-
sexies, rubricato «Riduzione o perdita del capitale della società in crisi», con il quale è prevista la
non applicazione degli obblighi di capitalizzazione della società in perdita e della causa di
scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale dalla data del deposito della
domanda per l'ammissione al concordato preventivo, o della domanda per l'omologazione
dell'accordo di ristrutturazione ovvero della proposta di accordo9.
E, ancora, l'art. 33, co. 1, lett. l), che introduce con l'art. 236-bis l.f., rubricato «Falso in
attestazioni e relazioni», una norma penale tesa ad incriminare il professionista che nelle relazioni
di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis
l.f. espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti10
.
Si tratta di fattispecie di incerta attribuzione; esse potrebbero ritenersi indissolubilmente legate
alle nuove procedure di concordato preventivo, di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei
debiti, o ai piani di risanamento, e, pertanto, coerentemente l'entrata in vigore dovrebbe,
contemporaneamente a queste altre, aversi solo dall'undici settembre 2012; oppure dovrebbero
ritenersi dotate di un sufficiente margine di autonomia, e pertanto passibili di immediata
applicazione (dunque, già in vigore dal 26 giugno), e ciò tutto sommato con maggiore sintonia con
le disposizioni generali (art. 15, co. 3, legge 23 agosto 1988, n. 400) sull'entrata in vigore dei decreti
legge, che ne prescrivono una immediata applicazione.
La mia sensazione, tuttavia, è che i procedimenti di concordato, di ristrutturazione, o di piano
8 L'art. 67, co. 3, lett. e), l.f., prima della riforma, prevedeva espressamente solo l'esenzione dalla revocatoria per gli
atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione del concordato
preventivo, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis. 9 L'art. 182-sexies l.f. così recita: «Dalla data del deposito della domanda per l'ammissione al concordato preventivo,
anche a norma dell'articolo 161, sesto comma, della domanda per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione di
cui all'articolo 182-bis ovvero della proposta di accordo a norma del sesto comma dello stesso articolo e sino
all'omologazione non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e
sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per
riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, e 2545-duodecies del codice civile. Resta
ferma, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui al primo comma, l'applicazione
dell'articolo 2486 del codice civile». 10
L'art. 236-bis l.f. dispone che: «Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo
comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di
riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000
euro. Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sè o per altri, la pena è aumentata. Se dal
fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà».
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attestato, ridisegnati nei primi due commi, sono effettivamente pensati, almeno dal decreto, come
un blocco intero non separabile rigidamente in comparti processuali-sostanziali, ma in cui al
contrario tutto si giustifica e si tiene solo se insieme, e che pertanto rispetta la volontà del
legislatore prevedere un'applicazione di queste disposizioni in “blocco”.
Stessa opinione manterrei anche per la disposizione penale ex art. 236-bis l.f., anche se si
conoscono i tentativi in dottrina e giurisprudenza di individuare ipotesi di reato per il
comportamento gravemente scorretto dell'attestatore, spia evidente della necessità risalente della
sanzione penale già per i concordati preriforma; mi sembra, comunque, di poter tener ferma la mia
opinione ora espressa, coerente anche con la relazione di accompagnamento al decreto, per la quale:
«La sanzione penale prevista è necessaria per saldare i meccanismi di tutela e per bilanciare
adeguatamente il ruolo centrale riconosciuto al professionista attestatore nell'intero intervento
normativo. Peraltro, tale soluzione si impone per evitare asimmetrie irragionevoli, in un'ottica
costituzionale, rispetto alla rilevanza penale della condotta dell'organismo di composizione della
crisi da sovraindebitamento del debitore non fallibile che «rende false attestazioni in ordine alla
veridicità dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati ovvero in ordine alla
fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal debitore», a norma dell'articolo 19,
comma 2, della legge n. 3 del 2012».
Ora, tenendo conto che le norme citate dall'art. 236-bis hanno una vacatio sfalsata rispetto al
decreto, ne discende che il reato di fatto potrà configurarsi solo in relazione ai procedimenti
introdotti dall'11 settembre 2012.
Infine, vanno ricordati i commi 4 e 5 dell'art. 33, disciplinanti il regime fiscale dell'imprenditore
in stato di crisi; essi non sono richiamati dal comma 3 ai fini del differimento di applicazione, e
pertanto sono immediatamente applicabili dal 26 giugno 2012.
L'art. 33, co. 4, ha riformato l'articolo 88, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi
(TUIR), escludendo dalla disciplina delle sopravvenienze attive la riduzione dei debiti dell'impresa
in sede di concordato fallimentare o preventivo, e non considerando sopravvenienza attiva per la
parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, riportabili nei successivi periodi d'imposta (ai
sensi delle disposizioni dell'art. 84 del TUIR), la riduzione del debito dell'impresa a seguito
dell'accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis della legge
fallimentare, ovvero di un piano di risanamento attestato e pubblicato nel registro delle imprese ai
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sensi dell'articolo 67, terzo comma lettera d) della legge fallimentare11
.
Il comma 5 ha invece modificato l'articolo 101, co. 5, del TUIR, prevedendo che le perdite sono
deducibili dall'imponibile non solo nell'ipotesi in cui il debitore è assoggettato a procedure
concorsuali, ma anche nel caso in cui intervenga una ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo
182-bis della legge fallimentare. La norma precisa poi che «ai fini del presente comma, il debitore si
considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento
o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione
alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di
ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in crisi»12
.
11
Il comma 4 dell'articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come sostituito
dall'art. 33, co. 4, così dispone: «4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti
a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri
soci e la rinuncia dei soci ai crediti, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni, né la
riduzione dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo o per effetto della partecipazione
delle perdite da parte dell'associato in partecipazione. In caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai
sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'articolo
67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese, la
riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e
di periodo, di cui all'articolo 84». 12
Al riguardo la Commissione Finanze in sede referente (4 luglio 2012) rileva che “le perdite sui crediti a fini fiscali
(ai sensi dell'articolo 101, comma 5, del TUIR) sono deducibili dall'imponibile solo se risultano da elementi certi e
precisi e, in ogni caso, qualora derivino da procedure concorsuali. In relazione a queste ultime, la normativa
riconosce immediatamente la sussistenza dei requisiti di «certezza» e «precisione» della perdita, che risulta
detraibile senza bisogno di attendere la conclusione delle procedure stesse. Nel regime precedente alle modifiche
apportate in materia dal decreto legge, erano escluse dal novero delle «procedure concorsuali» (e dunque soggetti
alla regola della certezza e precisione degli elementi da cui risultino le perdite, corroborata dallo stretto
orientamento interpretativo dell'Agenzia delle Entrate) che davano diritto all'immediata deducibilità, le perdite su
crediti generatesi per effetto di quanto previsto nell'accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis
della legge fallimentare omologato dal Tribunale. L'Agenzia affermava, infatti, che la rilevanza fiscale del
differenziale (derivante dalla conversione o estinzione del credito) poteva essere riconosciuta ai sensi dell'articolo
101, comma 5, primo periodo, del TUIR, solo nel momento in cui gli elementi certi e precisi richiesti dalla norma
fossero integrati, e cioè a partire dalla data in cui il decreto di omologa dell'accordo fosse divenuto definitivo. Per
effetto delle modifiche apportate dal comma 5, il creditore può invece dedurre immediatamente (e non più dal
momento in cui il decreto di omologazione diventa inoppugnabile) le perdite sui crediti derivanti da un accordo di
ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi del citato articolo 182-bis della legge fallimentare, e l'accordo si
considera concluso dalla data del decreto del Tribunale di omologazione”.
Il comma 5 dell'articolo 101 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, così recita: «5.
Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti sono
deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato
a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-
bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a
procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la
liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del
decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in crisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di
modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si
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2.3. Segue. Norme introdotte con la legge di conversione; quelle che entrano in vigore dal 12
agosto 2012, e quelle invece per cui bisogna attendere l'11 settembre 2012.
Vanno invece in vigore dal 12 agosto 2012 alcune disposizioni inserite, o modificate, in sede di
conversione del decreto.
L'art. 33, co. 1, lett. a), che ha inserito una nuova disposizione in tema di esenzione dalla
revocatoria fallimentare degli atti ex art. 67 l.f., integrando l'elenco degli atti non soggetti ad azione
revocatoria. In particolare, secondo il novellato art. 67, terzo comma, lett. c, sono esclusi dalla
revocatoria anche le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis del
codice civile, conclusi a giusto prezzo, ed aventi ad oggetto gli «immobili ad uso non abitativo
destinati a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente, purchè alla data di
dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti
investimenti per darvi inizio».
E così anche l'art. 33, co. 1, lett. a-ter), il quale ha esteso la non applicazione del primo comma
dell'art. 72 l.f. «Rapporti pendenti»13
, aggiungendo all'ottavo comma le seguenti parole: «ovvero un
immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa
dell'acquirente».
Si tratta, anche in questi casi, di disposizioni pur introdotte nei primi due commi dell'art. 33
d.l.83/2012, ma che tuttavia non fanno riferimento ai procedimenti di concordato preventivo, di
omologazione degli accordi di ristrutturazione, o piani attestati, ed a cui pertanto non si applica il
rinvio all'11 settembre, indicato dal terzo comma dell'art. 33.
Invece l'art. 33, co. 1, lett. d-quater), che modifica il quarto comma dell'articolo 180 l.f.
considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più
rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi
e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Per i soggetti che redigono il
bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti
dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi». 13
L'art. 72, comma 1, l.f., così recita: «Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe
le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l'esecuzione del contratto, fatte salve le
diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del
comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi,
ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del
diritto».
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«Giudizio di omologazione», inserendo una nuova norma che prende in considerazione le
opposizioni, nell'ipotesi di mancata formazione delle classi di creditori, e dispone che se i creditori
dissenzienti che rappresentano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la
convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito
possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative
concretamente praticabili14
, inerendo al procedimento di concordato, andrà in vigore l'11 settembre
2012.
Allo stesso modo l'art. 33, co. 1, lett. l-bis), il quale ha novellato l'art. 217-bis l.f.15
, estendendo
l'esenzione dai reati di bancarotta ai pagamenti e alle operazioni di finanziamento autorizzati dal
giudice a norma del nuovo art. 182-quinquies l.f. «Disposizioni in tema di finanziamento e di
continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione»; e che pertanto (a
prescindere dalla sua immediata o no entrata in vigore)16
non potrà che essere applicato ai nuovi
concordati, in vigore dall'11 settembre 2011.
Lo stesso riterrei per l'art. 33, co. 1, n. 2, lett. a-bis), che ha aggiunto un secondo comma all'art.
69-bis l.f. «Decadenza dell'azione e computo dei termini», (rubrica così sostituita dallo stesso art.
33 d.l. n. 83)17
, il quale così recita: «Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la
dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69
decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese»18
; si
fa riferimento ad una attività, la pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle
imprese, introdotta solo con la nuova disposizione (secondo il previgente testo dell'art. 166 l.f., nel
registro delle imprese andava pubblicato solo l'eventuale e successivo decreto del tribunale di
ammissione alla procedura).
14
Il precedente testo del quarto comma dell'art. 180, si limitava a prendere in considerazione l'ipotesi dell'opposizione
del singolo creditore appartenente ad una classe dissenziente. 15
L'art. 217-bis l.f. stabilisce che: «Le disposizioni di cui all’articolo 216, terzo comma, e 217 non si applicano ai
pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un
accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis ovvero del piano di cui all’articolo 67,
terzo comma, lettera d)». 16
Ai sensi di tale disposizione il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con
continuità aziendale o una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un
accordo di ristrutturazione dei debiti, può chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti e a
pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi funzionali alla prosecuzione dell'impresa. 17
Il comma 1 dell'art. 69-bis l.f. stabilisce che: «Le azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione non possono
essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento
dell'atto». 18
In questa ipotesi i termini a ritroso, in relazione agli atti pregiudizievoli ai creditori, non sono computati dalla data di
dichiarazione di fallimento, ma dalla precedente data di pubblicazione della domanda di concordato.
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3. L'applicazione ai nuovi procedimenti.
Individuata dunque la non sempre omogenea data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, si
tratta di definire quali atti siano sottoposti alla nuova disciplina.
Anche in questo caso, occorre operare delle distinzioni.
Le nuove norme relative ai concordati preventivi, agli accordi di ristrutturazione dei debiti e ai
piani attestanti il risanamento della esposizione debitoria elaborati, si applicheranno solo ai
concordati preventivi, agli accordi, alle proposte di accordi ed ai piani presentati in una data
successiva all'11 settembre 2012.
Va esclusa, infatti, l'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 33 d.l. 83/2012 ai piani di
risanamento, ai concordati preventivi, agli accordi di ristrutturazione già iniziati, e non ancora
conclusi, al momento dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni.
In proposito, soccorre il dato esegetico, di cui al terzo comma dell'art. 33, il quale dispone che:
«Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per
l'omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a
quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché ai piani di cui al
comma 1, lettera a), n. 1) elaborati successivamente al predetto termine».
In base a questa indicazione, la nuova disciplina non può applicarsi ai procedimenti già in corso
alla data della sua entrata in vigore, che restano pertanto regolati dalla disciplina anteriore. Per cui
l'imprenditore in stato di crisi che ha proposto, prima dell'11 settembre una domanda per
l'ammissione alla procedura di concordato preventivo19
, o una domanda di omologazione di un
accordo di ristrutturazione raggiunto con i creditori, non potrà, ad esempio, usufruire del beneficio
circa la possibilità di compiere nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso e il decreto del
tribunale di ammissione alla procedura, gli atti di ordinaria amministrazione, e previa
autorizzazione del tribunale, anche quelli di straordinaria amministrazione20
.
19
Tale domanda ai sensi dell'art. 161 l.f. è proposta con ricorso al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria
sede principale. 20
I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore, ai sensi del novellato art.
161 l.f., sono prededucibili ai sensi dell'art. 111.
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13
La scelta del legislatore, pur inequivocabile, può certo anche non convincere; va tuttavia
registrata, specificando semmai che nulla vieta che l'imprenditore in stato di crisi, al fine di poter
beneficiare della nuova disciplina, possa ritirare la domanda depositata prima della sua entrata in
vigore, e ripresentare una nuova domanda per l'ammissione al concordato preventivo o per
l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis l.f.
3.1. Segue. L'applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti fallimentari in corso, ai
contratti già conclusi e agli atti già eseguiti.
Se dunque, in virtù del dato testuale contenuto nel comma 3, appare incontroverso che le nuove
regole relative al concordato preventivo, all'omologazione degli accordi di ristrutturazione, nonché
ai piani attestati, trovano applicazione solo con riguardo ai procedimenti intrapresi dall'11 settembre
2012, e non a quelli pendenti a tale data, si pone tuttavia il problema di cosa succeda in tutti i casi
non espressamente regolati dal legislatore.
E, in particolare, dell'applicazione di quelle disposizioni contenute nel primo comma dell'art. 33,
che non fanno riferimento ai suddetti procedimenti, nonchè delle disposizioni a carattere fiscale di
cui ai commi 4 e 5; manca, cioè, una disposizione transitoria che disponga l'applicabilità o no della
nuova disciplina ad atti già compiuti o a procedimenti concorsuali già in essere al momento appunto
della entrata in vigore delle nuove disposizioni21
.
Allora, analizziamo adesso l'esenzione dalla revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. c., l.f., per le
vendite ed i preliminari di vendita trascritti e conclusi a giusto prezzo, aventi ad oggetto immobili
ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente,
purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano
stati compiuti investimenti per darvi inizio.
21
A differenza del d.l. 14.3.2005 n. 35, con cui è stata modificata la disciplina sostanziale e processuale relativa
all'azione revocatoria e quella del concordato preventivo, e che contiene una disposizione transitoria (art. 2, co. 2 e
2bis) secondo cui la nuova normativa si applica «alle azioni revocatorie proposte nell'ambito di procedure iniziate
dopo la data di entrata in vigore del presente decreto». Sull'argomento ex plurimis F. SANTANGELI, Disciplina
transitoria, D.l. 14.3.2005, n. 35 (convertito con modificazioni in l.14.5.2005, n. 80); G. LO CASCIO, Il nuovo
fallimento: riflessioni sugli aspetti processuali e sulla disciplina transitoria, in Il fallimento, 2006, 751 ss.; A.
PATTI, Riforma della revocatoria fallimentare: disposizione transitoria, in Il fallimento, 2005, 962 ss.; M.
SANDULLI, La nuova disciplina dell'azione revocatoria, in Il Fallimento, 2006, 611 ss.
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14
Abbiamo retro già dimostrato come questa disposizione entrerà in vigore dal 12 agosto 2012.
Ma a quali fattispecie, in concreto, si applicherà? Cosa dovrà essere avvenuto, dopo il 12 agosto
2012, perchè la disposizione in esame sia utilizzabile?
Dovremo fare riferimento: a) alla data della vendita, ed applicare dunque la disposizione solo ai
contratti o ai preliminari d'acquisto dell'immobile stipulati dopo il 12 agosto 2012 (riferendomi
all'atto); b) o invece dovremo fare riferimento alla data di pronuncia del fallimento, applicando l'art.
67, co. 3, lett. c), l.f., a tutti gli atti, anche se precedenti al 12 agosto 2012, purchè però il fallimento
sia dichiarato successivamente a questa data (ad esempio, una vendita nel maggio 2012, in un
fallimento dichiarato nel settembre 2012)?
O ancora: c) con una applicazione invece estremamente più ampia, si dovrà applicare la nuova
disciplina a tutti gli atti di vendita precedentemente conclusi, in fallimenti dichiarati prima del 12
agosto 2012, ma non ancora chiusi per quella data, adottando anzi, nelle cause tra curatore e
acquirente ancora in corso (fermi, invece gli effetti del giudicato sui giudizi di revocatoria già
conclusi), l'istituto eventuale della rimessione in termini ex art. 153, co. 2, c.p.c. per ius
superveniens? Oppure: d) il momento di discrimine sarà dato dall'eventuale inizio dell'azione
revocatoria, applicandosi le nuove disposizioni solo alle azioni giudiziarie di revocatorie iniziate
“dopo” il 12 agosto 2012?
Per la soluzione del quesito, non essendo state emanate disposizioni transitorie ad hoc, può darsi
risposta solo avuto riguardo alle regole che governano il diritto intertemporale in materia di norme
sostanziali, informate al principio dell'irretroattività della legge, sancito dall'art. 11 delle preleggi
del codice civile22
. Ed è probabile che la disposizione in esame sull'esenzione manifesti il carattere
22
Il principio fondamentale dell'irretroattività in ambito civilistico è derogabile dal legislatore, che può disporre
l'efficacia retroattiva delle nuove disposizioni, entro il limite dell'osservanza dei criteri di ragionevolezza e dei
principi costituzionali, cfr. Corte cost. 31 dicembre 1986 n. 301. Tuttavia, al potere del legislatore di modificare
situazioni sostanziali o processuali già maturate con nuove disposizioni ad effetto retroattivo, che dovrebbero
applicarsi anche nei processi in corso, si contrappone il principio dell'affidamento maturato delle parti su elementi
normativi precedenti. Tale principio, che ha assunto negli ultimi anni una sempre maggior importanza per il tramite
della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, costituisce ormai un limite per il legislatore
nell'attribuzione di efficacia retroattiva agli atti normativi; limite che si concreta nella necessità di un bilanciamento
dei valori e degli interessi coinvolti. Al riguardo, la Corte di Strasburgo afferma che “Se, in linea di principio, il
legislatore può regolamentare in materia civile, mediante nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi
già vigenti, il principio della preminenza del diritto e la nozione di equo processo sancito dall'articolo 6 ostano,
salvo che per ragioni imperative di interesse generale, all'ingerenza del legislatore nell'amministrazione della
giustizia allo scopo di influenzare la risoluzione di una controversia (CEDU sentenza Caso di Agrati e altri c. Italia,
7 giugno 2011). Sulla tutela dell'affidamento maturato anche in riferimento ai precedenti giudiziari consolidati, v.
amplius F. SANTANGELI, La tutela del legittimo affidamento sulle posizioni giurisprudenziali, tra la
cristallizzazione delle decisioni e l’istituto del prospective overruling, con particolare riguardo al precedente in
materia processuale, in www.judicium.it, 2011.
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15
principale di norma sostanziale, piuttosto che processuale.
Un primo problema da risolvere concerne l'efficacia retroattiva della disposizione, che deve
essere, in linea di massima, negata.
La giurisprudenza di legittimità e la dottrina ad oggi dominanti richiedono, affinchè possa
riconoscersi efficacia retroattiva ad una disposizione di legge, in deroga al canone ermeneutico
posto dall'art. 11 disp. prel. c.c., alternativamente che: a) detta retroattività sia espressamente
sancita; b) detta retroattività sia ricavabile inequivocabilmente dal contesto letterale della legge
stessa23
; c) detta retroattività debba ritenersi insita nel carattere “interpretativo” della novella24
.
È evidente che nessuna delle tre condizioni richieste viene soddisfatta dalla disposizione in
esame. All'assenza di una esplicita clausola di retroattività si accompagna, infatti, il silenzio
assoluto del legislatore anche in punto di individuazione implicita dell'estensione temporale della
disposizione, estensione invero non ricavabile da alcuna espressione utilizzata e dunque
argomentabile solo in base ai principi generali di diritto intertemporale, che sono orientati al canone
dell'irretroattività. Anzi, la sicura innovatività della disposizione – la quale pone un'esenzione dalla
revocatoria non ricavabile in alcun modo dalla normativa pregressa – è idonea al contempo a non
riconoscerle, se mai vi fosse stato dubbio, natura di “interpretazione autentica” e, per quel che più
conta, efficacia retroattiva25
.
Invero, parte della dottrina ritiene che possa riconoscersi efficacia retroattiva ad una disposizione
anche in assenza delle predette condizioni se, nel giudizio di bilanciamento dei valori, quello
veicolato dalla disposizione sopravvenuta tenda a prevalere, per la sua particolare pregnanza nella
gerarchia costituzionale, su quello corrispondente all'affidamento nutrito sull'applicazione della
disposizione pregressa26
. Solo aderendo a tale impostazione potrebbe predicarsi la retroattività della
23
Cfr., ex multis, Cass. 2004, n. 15652, in G. CIAN - A. TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, Padova,
2005, sub art. 11 disp. prel. c.c. 24
Sul tema, da ultimo P. VIRGADAMO, «Interpretazione autentica» e diritto civile intertemporale, Napoli, 2012,
passim. 25
Come, peraltro, è recentemente stato ritenuto con riferimento ad altra disposizione della legge fallimentare da Cass.
7 ottobre 2010 n. 20834, secondo la quale il contenuto innovativo della disposizione ne preclude l'efficacia
retroattiva. 26
P. PERLINGIERI – F. MAISTO, L'efficacia delle norme nel tempo, in P. PERLINGIERI, Manuale di diritto civile,
Napoli, 2007, 110; F. MAISTO, Diritto intertemporale, Napoli, 2007, passim. Aderisce a tale impostazione di
massima, anche al fine di rendere talvolta travolgibile il giudicato, R. CAPONI, Giudicato civile e leggi retroattive,
in Foro it., 2009, I, c. 996 ss. Particolare attenzione al profilo assiologico è riservata da A. TORRENTE – P.
SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2007, 45: “occorre sempre risalire alla volontà del legislatore
e domandarsi, se in vista di nuove esigenze sociali, egli non intenda con la nuova norma attribuire efficacia
retroattiva immediata al regolamento disposto ed estenderlo, pertanto ai fatti compiuti, ma non esauriti sotto il
vigore di quella preesistente”.
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16
novella, veicolando la stessa un interesse alla conservazione dell'efficacia di alcuni atti negoziali
che il legislatore sembra aver ritenuto preminente in diversi contesti, a mezzo della graduale
introduzione di diverse esenzioni dalla revocatoria fallimentare. L'interesse preminente sarebbe
quello alla tutela della libertà di iniziativa economica in riferimento a contrattazioni particolarmente
meritevoli (argomento assiologico favorevole).
Tuttavia, a livello di sistema, è noto come altre esenzioni dalla revocatoria siano state applicate,
per espressa disposizione del legislatore, solo alle revocatorie interne a procedure successive
all'entrata in vigore dell'esenzione di riferimento: così ad esempio la novella relativa alla esenzione
dalla revocatoria delle rimesse bancarie27
(argomento sistematico sfavorevole).
Inoltre, l'argomento assiologico risulta indebolito: a) dalla presenza di un confliggente interesse
meritevole di protezione della curatela del fallimento ad ottenere la revocatoria dell'atto; b) dalla
presenza di un affidamento da tutelare sull'applicazione della normativa pregressa.
Infine, nel dubbio, sembra di ausilio la considerazione per cui, nei rapporti a contenuto
strettamente patrimoniale, qual è quello in esame, le utilità individuali contrapposte hanno
tendenzialmente carattere paritetico, sicchè l'applicazione retroattiva di una novella vantaggiosa per
una parte (in questo caso, l'acquirente a mezzo di un contratto ora non più suscettibile di
revocatoria) “si rivela automaticamente lesiva di interessi individuali anteriormente tutelati”28
(ovvero degli interessi dei creditori concorsuali che vedrebbero ridotto il patrimonio del debitore).
La presenza di argomenti contrastanti induce, a voler essere prudenti, a negare efficacia
retroattiva alla nuova disposizione.
Bisogna allora chiedersi cosa significhi negare efficacia retroattiva.
Pur a fronte della estrema problematicità della nozione di retroattività, ancora assai
controversa29
, in giurisprudenza si afferma, con l'avallo di autorevole dottrina, l'idea che debba
27
Sull'argomento si vedano le attente osservazioni di P. VIRGADAMO, op. cit., 434 ss. 28
F. MAISTO, op. cit., 88, il quale porta l'esempio di una norma attributiva di diritti patrimoniali prima inesistenti. 29
Alcuni autori parlano di un concetto «equivoco» (N. COVIELLO, Manuale di diritto civile italiano, Milano, 1915,
98), di una «nozione confusa» (A. GIULIANI, Premesse e disposizioni preliminari, in Trattato di diritto privato,
diretto da P. RESCIGNO, I, Torino, 1982, 241). Secondo taluna dottrina ritiene che «l'applicazione immediata della
legge nuova agli effetti di situazioni sorte sotto la legge anteriore non configura retroattività» (A. GIULIANI, Le
disposizioni sulla legge in generale: gli articoli da 1 a 15, in Trattato di diritto privato, cit., 244); diversamente
opinando si finirebbe con l'applicare ultrattivamente la vecchia legge (F. GALGANO, Diritto civile e commerciale,
I, Padova, 1993, 93 ss.). Secondo altra dottrina escludere dalla nozione di retroattività la legge che travolga gli
effetti ancora non prodotti al momento della sua entrata in vigore, relativi a fatti precedenti, significa mutare nella
sostanza il trattamento giuridico dei fatti stessi. Ciò è vero nella misura in cui «è nel momento del compimento
dell'atto che chi lo compie sceglie (o forma) la regola dei propri interessi», onde l'effetto costituisce sempre una
conseguenza di questa scelta e in essa trova fondamento» (M. SEMERARO, Interpretazione autentica, retroattività
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ritenersi retroattiva non solo quella disposizione la quale che disciplina l'atto posto in essere nel
passato ovvero i suoi effetti, parimenti prodottosi nel passato, ma anche quella che disciplina in
modo innovativo gli effetti ancora da prodursi dell'atto menzionato30
. In particolare è considerata
retroattiva quella legge che non fa salvi gli effetti giuridici da fattispecie anteriormente perfezionate,
mentre non lo è quella che modifica gli effetti che non discendono dalle stesse, ma dalla legge31
.
Alla stregua di tale concetto di retroattività, la disposizione in esame sarebbe retroattiva se si
consentisse la sua applicazione alle vendite concluse e già eseguite prima dell'entrata in vigore della
novella, cioè prima del 12 agosto 2012. Ciò in considerazione di due argomentazioni: a) la
revocatoria fallimentare condivide la natura e la funzione generale della revocatoria ex art. 2901
c.c., che ha come conseguenza l'inefficacia relativa dell'atto revocato. Essa cioè incide, sia pur
parzialmente, sugli effetti della fattispecie negoziale, paralizzandoli nei confronti dei creditori
concorsuali.
Ora, applicare la novella a tali vendite significherebbe mutare ex post la loro potenziale
inefficacia relativa, rispetto alla massa dei creditori, in efficacia; significherebbe cioè mutare il
regime giuridico degli effetti (traslativi già prodottosi) della fattispecie negoziale, la quale da
potenzialmente priva di effetti giuridici (revocabile) diverrebbe senz'altro efficace. Significherebbe,
dunque, conferire efficacia retroattiva alla novella, efficacia che va invece negata perchè priva di
sufficienti basi normative. b) Anche a voler ritenere che la novella non intacchi direttamente gli
effetti già prodottisi della fattispecie negoziale, ma ne ponga solo una nuova disciplina legale (che
integri cioè la disciplina degli effetti legali e non già negoziali dell'atto di autonomia privata),
rimarrebbe che tale disciplina, se applicata alle compravendite già concluse, finirebbe col
disciplinare diversamente fattispecie i cui effetti (di ogni tipo) si sono ormai esauriti32
.
Alla luce di queste considerazioni si preferisce, pur con i margini di dubbio che le problematiche
trattate sollevano, la lettura secondo cui la novella dell'art. 67, co. 3, l.f., non ha efficacia retroattiva
e non può ritenersi applicabile ai contratti o preliminari conclusi prima del 12 agosto 2012.
E quindi tornando al quesito sopra posto: il momento a cui bisogna far riferimento ai fini
dell'utilizzabilità della nuova esenzione è determinato dalla data di stipulazione dell'atto, in quanto
e ragionevolezza, in Rass. dir. civ., 2011, 1218).
30 Cass. 30 gennaio 1973, n. 301; Cass. 30 marzo 2000, n. 2433.
31 C.M. BIANCA, Diritto civile, vol. 1, Milano, 2002, 114.
32 Anche la giurisprudenza favorevole all'applicabilità immediata della normativa sopravvenuta ha riferito tale
principio a rapporti giuridici sorti anteriormente, ma che non abbiano esaurito i loro effetti. Cfr. Cass. 3 aprile 1987,
n. 3231, relativa ad un caso nel quale il mutamento normativo comportava l'aumento del massimale della
prestazione risarcitoria a carico dell'albergatore.
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si verte nell'ambito di una disciplina che agisce sugli effetti negoziali di un atto privato, e non della
modifica di un istituto che ha come presupposto l'atto di vendita33
.
Con riguardo poi alla disposizione di cui all'art. 72, comma 8, l.f., come novellata dalla legge di
conversione del decreto, secondo la quale al contratto preliminare di vendita avente ad oggetto un
immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa
dell'acquirente non si applica la regola generale (dettata dal comma 1) della sospensione
dell'esecuzione del contratto in attesa della comunicazione del curatore di subentrare in luogo del
fallito o di sciogliersi dal medesimo34
, va rilevato che essa non intacca in alcun modo gli effetti
traslativi, né fa venir meno o modifica gli effetti ancora in essere, ma semplicemente li disciplina.
In altri termini la disciplina non incide sul piano degli effetti della fattispecie costitutiva, ma incide
sulla disciplina legale del rapporto ancora in essere. Stante ciò, la disposizione, isolatamente
considerata, dovrebbe ritenersi di immediata applicazione con l'entrata in vigore dell'art. 33, co. 1,
lett. a-ter), che la detta (cioè dal 12 agosto 2012); infatti l'applicazione di tale disciplina (anche ai
preliminari di vendita precedentemente conclusi), secondo i principi enunciati, di per sé stessa non
viola il limite dell'irretroattività normativa. La nuova disciplina sarebbe quindi operante sia in
relazione ai fallimenti iniziati dopo il 12 agosto 2012 che a quelli iniziati prima ed ancora in corso
al 12 agosto, in quanto ius superveniens, il quale può esser fatto valere attraverso l'istituto eventuale
della rimessione in termini ex art. 153, co. 2, c.p.c.
Tuttavia, non si può prescindere dalla considerazione che la citata disposizione è logicamente
connessa alla nuova ipotesi di esenzione dalla revocatoria. Si tratta infatti di una ricaduta
disciplinare determinata dalla riforma dell'art. 67, co. 3, l.f.: stabilita l'esenzione per i preliminari di
vendita aventi ad oggetto un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale
dell'attività di impresa dell'acquirente, il legislatore ha novellato anche il comma 8 dell'art. 72 l.f.,
venendo meno la ragion d'essere della scelta del curatore circa l'esecuzione o meno del contratto. E,
33
Un esempio può chiarire meglio: una nuova legge che modifica le cause di risoluzione del contratto di
compravendita incide sugli effetti negoziali derivanti dal contratto non può trovare applicazione in relazione ai
contratti già stipulati alla data della sua entrata in vigore, poichè incorrerebbe in retroattività; diversamente una
nuova legge che disciplina diversamente l'istituto del diritto di proprietà, ad esempio attribuendo nuove potestà al
proprietario, se applicata a fattispecie già perfezionate non implica retroattività, in quanto si tratta della modifica di
effetti che discendono dalla legge e non di effetti negoziali che discendono dalla fattispecie. 34
L'art. 72, co. 8, l.f., «Rapporti pendenti», come sostituito dall'art. 33, co. 1, lett. a-ter), l. 7 agosto 2012, n. 134,
dispone: «Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano al contratto preliminare di vendita trascritto ai
sensi dell'art. 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire
l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero di un immobile ad uso
non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente»
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in un'ottica di coerenza e ragionevolezza del sistema, le due disposizioni, costituendo un corpus
unitario, non possono essere applicate in tempi diversi, ma devono trovare applicazione
contemporaneamente. Ne consegue che anche la nuova regola sull'esenzione dalla sospensione
dell'esecuzione va applicata solo ai preliminari di vendita stipulati dal 12 agosto 2012.
3.2. Segue. L'applicazione delle norme fiscali ai procedimenti già pendenti.
Si rendono poi necessarie ulteriori considerazioni sulle norme fiscali modificate dai commi 4 e 5
dell'art. 33, che, si è retro ricostruito, hanno applicazione dal 26 giugno 2012.
In particolare, il decreto ha sostituito il comma 4 dell'articolo 88 del testo unico delle imposte sui
redditi, prevedendo l'esclusione dalla disciplina delle sopravvenienze attive e la riduzione dei debiti
dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo, o a seguito dell'accordo di
ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis l.f., ovvero di un piano di
risanamento attestato e pubblicato nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 67, terzo comma
lettera d), l.f.
La disposizione in esame, integrando una agevolazione fiscale, sembra doversi applicare ad ogni
riduzione di debiti accordati, e per la quale si sia fiscalmente ancora in tempo il 26 giugno 2012
(anche se la riduzione sia precedente a questa data) per poter regolare fiscalmente l'operazione con
la nuova regola.
Ed analogamente riterrei ci si debba atteggiare nei confronti dell'ulteriore innovazione fiscale
introdotta nel quinto comma dell'art. 33 d.l. 83/2012, che ha modificato il comma 5 dell'articolo 101
del TUIR, secondo cui adesso le perdite sono deducibili dall'imponibile non solo nell'ipotesi in cui
il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, ma anche nel caso in cui intervenga una
ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis della legge fallimentare. In sede di
conversione, la disposizione è stata parzialmente così modificata: «ai fini del presente comma, il
debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del
fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di
ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di
ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi
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imprese in crisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta
entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso...».
Anche in questa ipotesi, successivamente al decreto di ammissione alla procedura di concordato
preventivo, all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione e all'attestazione del piano di
risanamento, si potranno portare in deduzione le perdite, anche riferite a situazioni antecedenti al 26
giugno 2012, che sia ancora possibile fiscalmente dedurre dall'imponibile.
4. E ancora in materia fallimentare: l'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), in tema di
integrazione salariale concesso ai lavoratori delle imprese soggette a procedure concorsuali.
Evidenziate le criticità dell'art. 33 del decreto 22 giugno 2012 n. 83, va rilevato che la legge di
conversione 7 agosto 2012, n. 134, è intervenuta in materia fallimentare anche sotto il diverso, ma
connesso, profilo del trattamento straordinario di integrazione salariale ai lavoratori delle imprese
soggette a procedure concorsuali.
In sede di conversione del decreto legge è stato infatti inserito l'art. 46-bis che ha apportato
diverse modifiche alla legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato
del lavoro in una prospettiva di crescita) e, per quel che in questa sede interessa, ha modificato i
requisiti per la concessione del suddetto trattamento e sostituito il comma 70 dell'art. 2 della
menzionata legge, che aveva disposto l'abrogazione dell'art. 3 (Intervento straordinario di
integrazione salariale e procedure concorsuali), l. 23 luglio 1991, n. 223, nella sua previgente
formulazione, a decorrere dal 1° gennaio 201635
.
Ai sensi dell'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), d.l. 83/2012, «All'articolo 3, comma 1, della
legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, le parole: qualora la continuazione
dell'attività non sia stata disposta o sia cessata sono sostituite dalle seguenti: 'quando sussistano
prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di
occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali'. L'articolo 3 della citata legge n. 223 del 1991, come da ultimo modificato dal
35
L'art. 2, co. 70, l. 28/2012, stabiliva che: «A decorrere dal 1° gennaio 2016, l'articolo 3 della legge 23 luglio 1991,
n. 223, è abrogato».
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21
presente comma, è abrogato a decorrere dal 1º gennaio 2016»36
.
Secondo l'attuale formulazione dell'art. 3, co. 1, il trattamento di integrazione salariale per i
lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione
salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento o di emanazione del provvedimento di liquidazione
coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, può essere
concesso solo qualora sussistano prospettive di continuazione o ripresa dell'attività e di salvaguardia
dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri definiti con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, decreto emanato il 4 dicembre 2012 e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 2 febbraio 2013, n. 28.
In particolare, l'art. 2 del citato decreto stabilisce che ai fini della concessione del trattamento
straordinario nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di
liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, si
tiene conto dei seguenti parametri oggettivi, «da indicare, anche in via alternativa, nell'istanza di
concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale: a) misure volte all'attivazione di
azioni miranti alla prosecuzione dell'attività aziendale o alla ripresa dell'attività medesima, adottate
o da adottarsi da parte del responsabile della procedura concorsuale; b) manifestazioni di interesse
da parte di terzi, anche conseguenti a proposte di cessione, anche parziale dell'azienda, ovvero a
proposte di affitto a terzi dell'azienda o di rami di essa; c) tavoli, in sede governativa o regionale,
finalizzati all'individuazione di soluzioni operative tese alla continuazione o alla ripresa dell'attività,
anche mediante la cessione, totale o parziale, ovvero l'affitto a terzi dell'azienda o di rami di essa».
Per quanto attiene alla sussistenza della salvaguardia anche parziale dei livelli di occupazione, l'art.
3 dispone che «si tiene conto anche, in aggiunta ad i parametri oggettivi di cui all'art. 2, da indicare
anche in via alternativa, dei seguenti ulteriori parametri oggettivi, da indicare, anche in via
alternativa, nell'istanza di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale: a)
piani volti al distacco dei lavoratori presso imprese terze; b) stipula di contratti a tempo determinato
36
L'art. 3, co. 1, così recita: «Il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso, con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, ai lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario
di integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione
coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, quando sussistano prospettive di
continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in
base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il trattamento
straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente
nella cessione dei beni. In caso di mancata omologazione, il periodo di integrazione salariale fruito dai lavoratori
sarà detratto da quello previsto nel caso di dichiarazione di fallimento. Il trattamento viene concesso, su domanda
del curatore, del liquidatore o del commissario, per un periodo non superiore a dodici mesi».
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con datori di lavoro terzi; c) piani di ricollocazione dei soggetti interessati, programmi di
riqualificazione delle competenze, di formazione o di politiche attive in favore dei lavoratori,
predisposti da soggetti pubblici, dai Fondi di cui all'art. 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
e dai soggetti autorizzati o accreditati, di cui al Capo I del Titolo II del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, e successive modifiche».
L'art. 4 dispone poi che: «Le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 si applicano alle istanze di
trattamento straordinario di integrazione salariale presentate successivamente alla data di
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana»; è
ipotizzabile, pertanto, che eventuali richieste presentate prima della pubblicazione del citato decreto
saranno riproposte, onde evitare il rischio di un rigetto della richiesta37
.
Nell'ipotesi invece di imprese assoggettate a fallimento già intervenuto alla data di entrata in
vigore della novella, cioè al 12 agosto 2012, o a procedura di liquidazione coatta già iniziata a
quella data, ed ancora in corso, si pone il quesito se debba essere applicata la nuova o la vecchia
norma ai fini del riconoscimento del trattamento; dubbio derivante dall'incertezza se bisogna far
riferimento alla legge vigente al momento in cui è stato dichiarato il fallimento o è stato emanato il
provvedimento di liquidazione, ovvero alla legge vigente al momento in cui il curatore o il
liquidatore ha presentato la domanda di concessione del beneficio.
E considerando che secondo la previgente normativa il beneficio della integrazione salariale era
concepito come effetto automatico dell'assoggettamento ad una procedura fallimentare,
indipendentemente dalla sussistenza delle condizioni per la continuazione dell'attività produttiva,
direi che si verta nell'ambito dell'effetto di una situazione sorta nella vigenza della vecchia legge
che non si è ancora esaurita, e che quindi in riferimento a queste fattispecie questa debba ancora
37
Prima della individuazione dei parametri “oggettivi” sulla base dei quali il Ministero deve valutare l'ammissibilità
della concessione del trattamento, effettuata dal citato decreto attuativo, la norma verosimilmente non poteva
applicarsi. In assenza di una disposizione volta a dettare un regime transitorio da applicare nelle more
dell'emanazione del citato decreto si era dunque venuto a creare un vuoto normativo: la norma anteriore, più
favorevole per i lavoratori dipendenti di aziende oggetto di procedure concorsuali, in quanto garantiva il beneficio
anche in mancanza di prospettive di continuazione o ripresa dell'attività, a seguito dell'entrata in vigore della nuova
norma non era più applicabile; e la nuova, essendo priva di un requisito essenziale, non era ancora applicabile. Con
la diretta conseguenza, che in relazione a queste fattispecie non era possibile la collocazione in cassa integrazione
straordinaria dei lavoratori, o quantomeno non si poteva ricorrere al novellato art. 3, l. 223/91. Rimane, tuttavia, da
osservare che il decreto attuativo n. 70750 del 4 dicembre 2012, non prende in considerazione le ipotesi di
concordato con cessione dei beni, la cui attuale disciplina appare pertanto tuttora problematica. V. ad es. A. RIVA,
Questioni aperte in termini di CIGS e imprese in crisi che chiedono l'ammissione a concordato preventivo, in
www.ilfallimentarista.it, 2012, sul presupposto che l'articolo 3 della l. 223/91, come modificato dalla legge di
conversione, fa esclusivo riferimento al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, ritiene che in
ipotesi di concordato ex art. 186-bis l.f. il ricorso al trattamento di integrazione salariale possa essere attivato ai
sensi dell'art. 1 della citata legge e dei decreti attuativi, attualmente in vigore.
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trovare applicazione. Diversamente, si finirebbe con l'estendere retroattivamente l'ambito
applicativo di una legge, cui peraltro è sotteso un obiettivo contrapposto rispetto alla precedente
(ovvero la collocazione in cassa integrazione alla condizione che sia risultata possibile la
continuazione dell'attività). Efficacia retroattiva che, in deroga all'art. 11 disp. prel. c.c., potrebbe
riconoscersi ove in giudizio di bilanciamento dei valori, quello veicolato dalla nuova sia prevalente
rispetto alla tutela sociale derivante dall'applicazione della normativa previgente, più favorevole ai
lavoratori.
Ne discende che, in mancanza di una esplicita clausola di retroattività e, soprattutto, di un
interesse prevalente su quello corrispondente all'affidamento nutrito dai lavoratori a quella forma di
sostentamento al reddito, e su quello alla certezza del diritto, alle imprese sottoposte a procedure
concorsuali intervenute entro il 12 agosto 2012 si applica la vecchia legge.
5. Sulla costituzionalità delle norme introdotte attraverso l'utilizzo del decreto legge.
Ricostruita l'efficacia nel tempo delle norme introdotte dal decreto Sviluppo in materia
fallimentare, si rendono necessarie alcune riflessioni sotto il profilo della legittimità costituzionale,
in relazione all'utilizzo dello speciale strumento legislativo del decreto legge.
In un precedente scritto ho individuato alcuni parametri attraverso cui è possibile valutare la
costituzionalità dell'intervento normativo attuato, sempre in materia fallimentare, attraverso il
decreto legge; ovvero quali casi straordinari di necessità e d'urgenza giustificano l'effusione di
potere legislativo da parte del Governo38
. E aderendo ad una lettura rispettosa dell'art. 77, comma 2,
Cost., ivi ho rilevato che l'effusione del potere di decretazione d'urgenza con forza di legge da parte
del Governo è giustificato dall'accadimento di eventi imprevedibili e straordinari, che necessitano
un immediato intervento, non conseguibile attraverso l'ordinario iter legislativo parlamentare. Tale
lettura, d'altra parte, trova un inconfutabile fondamento nel sistema delle fonti normative delineato
dalla Carta costituzionale, caratterizzante il sistema parlamentare39
.
38
Cfr. F. SANTANGELI, Decretazione d'urgenza e norme processuali in materia fallimentare: considerazioni a
margine di una recente pronunzia della Corte costituzionale, in Il fallimento, n. 1/2008, 11 ss. 39
A. ROMANO, Prefazione in Il diritto pubblico italiano, Milano, 1988, LV ss. osserva che «tale articolo pare trovare
una sua immediata matrice storica, nell'esperienza degli anni precedenti; e una più che esauriente giustificazione, già
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Ora, nella materia de qua il riscontro dell'esistenza dei requisiti di urgenza e straordinarietà, così
intesi, idonei a giustificare il ricorso alla decretazione d'urgenza, in effetti non appare agevole,
suscitando di conseguenza forti perplessità sulla costituzionalità delle norme, introdotte in tal modo
nell'ordinamento.
Né la ragione giustificatrice, posta a base dell'intervento attraverso lo strumento del decreto
legge, desumibile dall'apodittico preambolo dello stesso, è tale da rendere plausibile l'effusione del
potere normativo del Governo: «Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare
disposizioni per favorire la crescita, lo sviluppo e la competitività nei settori delle infrastrutture,
dell'edilizia e dei trasporti, nonché per il riordino degli incentivi per la crescita e lo sviluppo
sostenibile finalizzate ad assicurare nell'attuale situazione di crisi internazionale ed in un'ottica di
rigore finanziario ed effettivo rilancio dello sviluppo economico immediato e significativo sostegno
e rinnovato impulso al sistema produttivo del Paese, anche al fine di garantire il rispetto degli
impegni assunti in sede europea indispensabili, nell'attuale quadro di contenimento della spesa
pubblica, al conseguimento dei connessi obiettivi di stabilità e di crescita»40
.
Né d'altra parte in senso contrario depongono i lavori preparatori della legge di conversione, dai
quali non emerge nulla con riguardo all'urgenza della riforma41
.
E, laddove la carenza dei presupposti ex art. 77, secondo comma, Cost. risulti «evidente», alla
nell'esigenza di reagire ad essa (....) perché è evidente che quella più rigorosa formulazione, e in particolare la
retroazione ex tunc dell'effetto di decadenza del decreto-legge prodotto dalla sua mancata conversione, che essa
dispone, nient'altro è che il portato dei principi che l'istituzione aveva nuovamente assunto: del sistema
parlamentare, in linea generale, e, più specificamente di quel che ora è diventato il monopolio da parte del
Parlamento dell'esercizio della funzione normativa primaria, tranne i casi costituzionalmente stabiliti; da questo
punto di vista, i limiti e le garanzie disposti dall'art. 77 Cost., appaiono una mera conseguenza di quel sistema e di
quel tendenziale monopolio, né più né meno che i limiti costituzionali della delega legislativa». 40
Il Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, in occasione
dell'Audizione del 6 luglio 2012 sulle misure adottate per la crescita del Paese, rileva: «L'altra area di svantaggio
competitivo delle aziende italiane rispetto a quelle di altri Paesi riguarda il modo in cui vengono gestite le crisi
aziendali. Come sapete, oggi soltanto al momento dell'omologazione di interventi formalizzati (articoli 67 e 182-bis
della legge fallimentare) l'azienda in difficoltà può essere posta sotto difesa rispetto ai creditori. Con gli interventi
che sono stati previsti nel decreto si offre la possibilità alle aziende che stanno per entrare in difficoltà di essere
immediatamente difendibili, naturalmente sempre sotto il coordinamento del tribunale, e di poter avere credito in
prededuzione (cosa che prima non poteva accadere), nonché di potere, sempre sotto la supervisione del tribunale,
continuare a pagare i fornitori senza incorrere in difficoltà o addirittura rischiare di essere coinvolte in accuse di
bancarotte. Considerato che il numero delle aziende in difficoltà è ovviamente molto elevato, avere una specie di
Chapter 11 anche in Italia ci è sembrata un'urgenza». 41
Al contrario, durante la seduta 30 luglio 2012 (sede referente), la senatrice Bugnano si sofferma sulle misure relative
al concordato fallimentare e su quelle contenute nell'articolo 53, che si pongono a suo giudizio in contrasto con la
recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, chiedendo, unitamente al senatore De Toni, la soppressione
dell'articolo.
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stregua dei principi formulati dalla Consulta42
, le disposizioni novellate possono essere oggetto di
scrutinio di costituzionalità.
Peraltro, ad avviso della Corte costituzionale, l'intervenuta legge di conversione non ha efficacia
sanante dell'originario difetto dei requisiti di legittimità del decreto legge, ma determina la
trasformazione dello stesso in vizio in procedendo sanzionabile con declaratoria di illegittimità
costituzionale dell'atto normativo di conversione. La legge di conversione non sana infatti in ogni
caso i vizi del decreto, e le norme contenute nella legge di conversione non possono essere valutate
autonomamente dalle disposizioni del decreto rispetto alla sussistenza dei requisiti costituzionali,
poiché ciò si tradurrebbe in un'alterazione del riparto costituzionale delle competenze43
. (Tuttavia,
se la legge di conversione modifica sostanzialmente il contenuto delle disposizioni contenute nel
decreto, determinando un mutamento del contesto normativo possono incidere sullo scrutinio di
costituzionalità. Ora, nella materia de qua, il contenuto del decreto legge, è stato nel complesso
confermato dalla legge di conversione; per cui la valutazione autonoma potrà esser fatta solo per
quelle nuove disposizioni inserite con la legge di conversione, che è discutibile abbiano inciso in
modo sostanziale sul contenuto delle norme già introdotte dal decreto. Ci riferiamo alla
disposizione in materia fiscale di cui al comma 5 dell'art. 33 del d.l. 83/2012, parzialmente integrato
dalla legge di conversione44
. In questa ipotesi, riterrei allora che la lesione alle corrette dinamiche di
formazione dell'atto normativo, non integri “l'evidenza” richiesta dalla Corte Costituzionale per
42
Con la sentenza n. 23 maggio 2007, n. 171, in Foro it., 2007, I, 1985, poi ribaditi dalla sentenza 30 aprile 2008, ivi
veniva dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, commi 2 e 3, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262
(Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) e dell'art. 2, commi 105 e 106, dello stesso decreto-legge,
nel testo sostituito, in sede di conversione, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, che disponevano l'esproprio del
teatro Petruzzelli in favore del Comune di Bari. 43
Cfr. Corte cost., 23 maggio 2007, n. 171, in Foro it., 2007, I, 1985, con nota di R. ROMBOLI. La Consulta ivi rileva
che ritenere che la mancanza dei presupposti richiesti dall'art. 77, comma 2, Cost. possa essere sanata dalla legge di
conversione del decreto legge significherebbe concedere al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto
costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie. 44
La legge 7 agosto 2012 n. 134 ha così integrato il comma 5 dell'art. 33: «Ai fini del presente comma, il debitore si
considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del
provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di
concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la
procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in
ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento
del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000
euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre
2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le
altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto.
Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n.
1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre
in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi»
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pronunciare l'incostituzionalità della disposizione introdotta con decreto legge).
Ma se il dubbio sulla costituzionalità delle nuove disposizioni nella materia de qua, sul piano
della genesi delle stesse per mezzo di un decreto legge, vale dunque per tutte le disposizioni
contenute nell'art. 33 del decreto, vanno invece svolte delle considerazioni ulteriori ed in parte
diverse in relazione sia alle norme con applicazione differita, che a quelle introdotte in sede di
conversione.
5.1. Segue. Sulla costituzionalità delle norme inserite solo in sede di conversione del decreto
legge.
Con riferimento alle nuove disposizioni introdotte dalla legge di conversione 7 agosto 2012 n.
134, e segnatamente sulla decorrenza dei termini nel caso in cui alla domanda di concordato
preventivo segua la dichiarazione di fallimento (art. 69 bis, co. 2, l.f.), e in tema di esenzione dai
reati di bancarotta (art. 217-bis, co. 1, l.f.), vanno fatte delle considerazioni diverse in ordine alla
legittimità costituzionale: queste norme in quanto simbioticamente collegate con le nuove norme sui
concordati preventivi45
, piani di risanamento e accordi di ristrutturazione, ne seguiranno la sorte.
Diversa, invece, la valutazione da riservare alle nuove disposizioni sulle esenzioni alle
revocatorie di cui all'art. 67, co. 3, lett. c), l.f., ed alle innovazioni sui rapporti pendenti di cui all'art.
72, co. 8, l.f.: la sostanziale autonomia rispetto alle disposizioni introdotte dal decreto legge
conduce a ritenerne la piena legittimità costituzionale.
Questo, inoltre anche per una ulteriore ragione, che elimina praticamente in radice anche il più
tenue profilo d'incostituzionalità.
La Consulta, ha infatti evidenziato con la sentenza n. 171 del 23 maggio 2007 che «le
disposizioni della legge di conversione in quanto tali - nei limiti, cioè in cui non incidano in modo
sostanziale sul contenuto normativo delle disposizioni del decreto, come nel caso in esame - non
possono essere valutate, sotto il profilo della legittimità costituzionale, autonomamente da quelle
del decreto stesso. Infatti, l'immediata efficacia di questo, che lo rende idoneo a produrre
modificazioni anche irreversibili sia della realtà materiale, sia dell'ordinamento, mentre rende
45
Tanto da andare in vigore solo dall'11 settembre 2012. V. par. 2.1.
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evidente la ragione dell'inciso della norma costituzionale che attribuisce al Governo la
responsabilità dell'emanazione del decreto, condiziona nel contempo l'attività del Parlamento in
sede di conversione in modo particolare rispetto all'ordinaria attività legislativa. Il Parlamento si
trova a compiere le proprie valutazioni e a deliberare con riguardo ad una situazione modificata da
norme poste da un organo cui di regola, quale titolare del potere esecutivo, non spetta emanare
disposizioni aventi efficacia di legge».
Queste considerazioni, tuttavia, non possono applicarsi alla fattispecie ora in esame;
eccezionalmente infatti con il decreto legge comunque sono entrate immediatamente in vigore solo
alcune disposizioni, mentre la più parte andranno in vigore comunque dopo la conversione del
decreto in legge, cosa che rende il Parlamento assai meno condizionato in sede di conversione.
5.2 Segue. Sulla (in)costituzionalità delle norme con efficacia differita.
Fermo restando le osservazione già svolte sulla carenza dei presupposti di legittimità per la
decretazione d'urgenza, vanno aggiunte delle ulteriori considerazioni con specifico riferimento alle
disposizione introdotte nei primi due commi dell'art. 33 sul procedimento di concordato preventivo,
sul procedimento di omologazione degli accordi di ristrutturazione e sui piani attestati, e destinate
ad entrare in vigore solo dopo un mese dalla conversione della legge.
In relazione ad esse va detto che, in quanto volte a salvaguardare l'attività imprenditoriale, e in
grado di poter avere un impatto sullo sviluppo del Paese, l'intervento legislativo attuato mediante il
decreto legge, in astratto, potrebbe forse ritenersi giustificato dato la attuale delicata congiuntura
economica.
E tuttavia, vi è un elemento che nel caso di specie depone in senso contrario e che rende
plasticamente evidente la carenza dei requisiti fondamentali dell'urgenza e straordinarietà di tali
norme: ai sensi del comma 3 dell'art. 33 del d.l. 83/2012, confermato dalla legge di conversione 7
agosto 2012, n. 134, esse vanno in vigore non immediatamente all'emanazione del decreto legge,
ma solo mesi dopo, ovvero al trentesimo giorno successivo a quello dell'entrata in vigore della
legge di conversione.
È necessario rilevare che secondo quanto previsto dall'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto
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28
1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri) «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve
essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». Tale norma, come evidenziato dalla Corte
Costituzionale con la sentenza 16 febbraio 2012 n. 22, pur non avendo rango costituzionale e non
potendo quindi assurgere a parametro di legittimità costituzionale «costituisce esplicitazione della
ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del
Parlamento».
Ora, posta l'applicazione differita delle disposizioni menzionate, potrebbe invero ritenersi che
l'insussistenza di gravi ed indifferibili ragioni di urgenza e straordinarietà appaia “evidente”
(ovvero, il requisito richiesto dalla Corte Costituzionale per pronunciare l'incostituzionalità). Ciò
potrà essere dunque oggetto di sindacato da parte della Corte costituzionale, e sanzionabile con una
declaratoria di illegittimità incostituzionale.
È vero, tuttavia, che proprio questa entrata in vigore “differita”, se da un lato testimonia l'assenza
del requisito dell'urgenza e dell'indifferibilità, dall'altro rende la violazione meno “eversiva”
dell'assetto governo-parlamento, ove si consideri che nella conversione o no del decreto il
Parlamento non sarà condizionato dalla comune modifica della realtà che la normale immediata
efficacia del decreto legge comporta; in qualche modo, dunque, la sicura violazione dell'urgenza,
tale da non rendere necessaria l'immediata applicazione, agisce da “depotenziatore” della
violazione.
Effetti paradossali di un modo paradossale di legiferare, che a mio avviso sarebbe comunque
bene portare all'attenzione della Corte Costituzionale.
6. L'applicazione differita della riforma sull'appello e sul ricorso per cassazione
Il decreto Sviluppo, che, come già detto, si caratterizza per un contenuto disomogeneo, con l'art.
54 è intervenuto anche in materia di impugnazioni civili, novellando gli articoli 342, 345, 360, 383,
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29
434, 447-bis, 702-quater del codice di rito, e inserendo gli articoli 348-bis, 348-ter, 436-bis46
.
Senza voler affrontare in questa sede l'esame della nuova disciplina sul giudizio di appello e
cassazione, appare opportuno svolgere alcuni rapidi rilievi sotto il profilo dell'efficacia temporale
delle disposizioni introdotte; compito in parte abbastanza facilitato dalla disciplina transitoria
dettata dal decreto.
L'art. 54 contiene infatti due disposizioni transitorie: il comma 2, relativo all'applicazione della
nuova disciplina sul giudizio di appello, secondo cui: «Le disposizioni di cui al comma 1, (lettere
0a), a), c), c-bis), d) ed e), si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con
citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»; e il comma 3, relativo invece alla
disciplina sul ricorso per cassazione, secondo cui: «La disposizione di cui al comma 1, lettera b), si
applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto».
Le nuove regole sull'appello civile trovano quindi applicazione per i giudizi di appello introdotti
con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dall'11 settembre
2012. Mentre il novellato art. 360 n. 5 c.p.c., secondo cui le sentenze pronunciate in grado di
appello o in unico grado, possono essere impugnate solo «Per omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», trova applicazione per le sentenze
pubblicate a decorrere dall'11 settembre 2012.
Il legislatore ha così disposto un rinvio di applicazione della riforma sulle impugnazioni civili,
analogamente a quanto previsto dalla disciplina transitoria in materia di concordato preventivo e
omologazione degli accordi di ristrutturazione (art. 33, co. 2, d.l. 83/2012).
46
Sulla riforma in materia di impugnazioni civili ex plurimis, M. DE CRISTOFARO, Appello e cassazione alla prova
dell'ennesima “riforma urgente”: quando i rimedi peggiorano il male (considerazioni di prima lettura del d.l. n.
83/2012, in www.judicium.it; M. BOVE, Giudizio di fatto e sindacato della Corte di cassazione: riflessioni sul
nuovo art. 360 n. 5 c.p.c. in www.judicium.it; R. CAPONI; Contro il nuovo filtro in appello e per un filtro in
cassazione nel processo civile in www.judicium.it; ID. La riforma dei mezzi di impugnazione, in Riv. trim. dir. proc.
civ., 2012; ID. La modifica dell'art. 360 1° comma n. 5 c.p.c.; G. IMPAGNATIELLO, Crescita del paese e
funzionalità delle impugnazioni civili: note a prima lettura del d.l. 83/2012, in www.judicium.it; G.
MONTELEONE, Il processo civile in mano al governo dei tecnici, in www.judicium.it; C. CONSOLO, Lusso o
necessità nelle impugnazioni delle sentenze, in www.judicium.it; M. FORNACIARI, Ancora una riforma dell'art.
360 n. 5 c.p.c: basta, per favore, basta; in www.judicium.it; T. GALLETTO, “Doppio filtro” in appello, “doppia
conforme” e danni collaterali, in www.judicium.it; P. RUSSO, Dialoghi sulle impugnazioni al tempo della spending
review, in www.judicium.it; G. COSTANTINO, Le riforme dell'appello civile e l'introduzione del “filtro”, in
Treccani.it.; G. LUDOVICI, Prova d'appello: le ultime modifiche al codice di rito, in www.judicium.it; B.
SASSANI, La logica del giudice e la sua scomparsa in Cassazione, in www.judicium.it; G. VERDE, Diritto di difesa
e nuova disciplina delle impugnazioni, in www.judicium.it; D. GROSSI, Il diritto di difesa ed i poteri del giudice
nella riforma delle impugnazioni, in www.judicium.it.
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30
6.1. Segue. L'applicazione della nuova regola delle prove nel giudizio di appello nel
procedimento sommario di cognizione
L'art. 54 del decreto 83/2012 contiene però anche altre due disposizioni inerenti al giudizio di
appello avverso l'ordinanza conclusiva di un giudizio di primo grado che si è svolto nelle forme del
procedimento sommario di cognizione a mente degli artt. 702-bis ss. c.p.c.
Segnatamente, la lett. a), comma 1, che ha inserito l'art. 348-bis c.p.c., il quale nel disporre un
giudizio di inammissibilità per gli appelli che non abbiano ragionevole probabilità di accoglimento
ne esclude l'applicazione quando l'appello è proposto a norma dell'art. 702-quater c.p.c.47
, e il
comma 1-bis dell'art. 54, che ha novellato l'art. 702-quater c.p.c., nella parte relativa all'assunzione
di nuovi mezzi di prova nel giudizio di appello. In particolare, il comma 1-bis, ha sostituito il
termine «rilevanti» del testo anteriore48
con «indispensabili»49
.
Secondo la formulazione ritoccata dell'art. 702-quater c.p.c. «sono ammessi nuovi mezzi di
prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene indispensabili ai fini della decisione». È
invece rimasta immutata la seconda parte della disposizione, secondo cui i nuovi mezzi di prova e i
nuovi documenti sono ammessi quando la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del
procedimento sommario per causa ad essa non imputabile50
.
47
L'art. 348-bis c.p.c. (Inammissibilità all'appello) così recita: «Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con
sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice
competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta. Il primo comma non si applica quando: a)
l'appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all'articolo 70, primo comma; b) l'appello è proposto a
norma dell'articolo 702-quater».
In riferimento all'esclusione del filtro di inammissibilità, l'On. Cinzia Capano relatore per la Commissione giustizia
(3 luglio 2012) osserva che “assolutamente irragionevole appare poi il regime delle eccezioni all'applicabilità del
filtro per il giudizio sommario di cognizione, se non come forma di incentivo ad un giudizio che è stato poco
utilizzato spontaneamente e che oggi a seguito della sua obbligatorietà per alcuni tipi di controversie è suscettibile di
«pesare» in modo assai rilevante sulle Corti per il carattere aperto dell'appello relativo al procedimento sommario.
Peraltro, la deroga in qualche modo ammette l'impossibilità di far vivere il sommario senza un grado di appello
pieno e ciò a dispetto della previsione del sommario in unico grado previsto dal decreto legislativo n. 150 del
2011”. 48
Il previgente testo dell'art. 702-quater c.p.c. stabiliva che «sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti
quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra...». Sui differenti requisiti di
ammissibilità di nuove prove nell'appello contro la sentenza di primo grado ordinario e in quello conseguente al
procedimento sommario, cfr. G. RAITI, La Corte d'appello nissena per una nozione rigorosa, ma certa, della
“indispensabilità” dei nova istruttori nell'appello civile ordinario, in Giur. it., 2010, 916 ss. 49
Sul requisito dell'indispensabilità, v. G. LUDOVICI, Prova d'appello: le ultime modifiche al codice di rito, cit. 50
G. COSTANTINO, Le riforme dell'appello civile e l'introduzione del “filtro”, cit., par. 3.4, osserva che alla luce
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31
La riforma si configura dunque nell'ambito del procedimento sommario in positivo e in negativo:
per un verso è stata infatti esclusa l'applicazione del filtro di inammissibilità dell'impugnazione51
,
per l'altro verso è stata abolita l'ammissibilità di nuove prove «rilevanti» in appello, con un forte
vulnus per la difesa delle parti.
Quanto a quest'ultima disposizione si pone un problema di individuazione dell'efficacia
temporale.
Posto infatti che essa entra in vigore il 12 agosto 201252
, ai fini della sua applicabilità va
verificato se in relazione ad essa opera la disciplina transitoria dettata dal legislatore in seno allo
stesso art. 54; e, in tal caso, analogamente alle modifiche introdotte sulle impugnazioni civili, la
nuova regola processuale troverebbe applicazione solo per i giudizi di appello introdotti con
ricorso53
depositato dall'11 settembre 2012. Ma, a ben vedere, la disposizione transitoria di cui al
comma 2 dell'art. 54 del decreto richiama tutte le disposizioni sul giudizio di appello introdotte dal
comma 1 (lettere 0a), a), c), c-bis), d) ed e), salvo il comma 1-bis, e la disposizione di cui al comma
3 dell'art. 54 richiama unicamente il comma 1, lett. b) che ha novellato l'art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.
Al di là della considerazione che la mancata indicazione possa attribuirsi ad una dimenticanza
del legislatore determinata dal successivo inserimento del comma 1-bis, comunque smentita dal
rinvio alle altre disposizioni pur introdotte in sede di conversione (co. 1, lett. 0a) e c bis), in carenza
di un espresso rinvio non può ritenersi applicabile la disciplina transitoria.
In carenza di una specifica disciplina transitoria relativa alla disposizione bisogna ricorrere ai
dubbi principi generali che regolano la successione nel tempo delle leggi processuali. In forza di tali
della novella la seconda parte della disposizione ha acquistato un senso che non aveva nel testo anteriore, posto che i
nuovi mezzi di prova erano comunque ammissibili purché rilevanti. 51
In senso critico, M. DE CRISTOFARO, Appello e cassazione alla prova dell'ennesima “riforma urgente”: quando i
rimedi peggiorano il male (considerazioni di prima lettura del d.l. n. 83/2012, cit., par. 8, secondo cui è
ingiustificata tale esclusione laddove il motivo di appello abbia ad oggetto questioni di diritto, “riguardo alle quali il
progetto parrebbe avallare l'idea che il sommario non offra identiche prospettive d'approfondimento rispetto al
giudizio ordinario di cognizione (...). Così com'è concepita, essa dà l'idea che il sommario non possa esistere senza
un grado di appello pieno: ma a questo punto divengono tutte incostituzionali quelle ipotesi (ben 8 su 17) in cui il
d.lgs. n. 150/2011 ha previsto il sommario in unico grado”. 52
Vedi retro, par. 2. 53
La lacunosa formulazione dell'art. 702 quater c.p.c. ha determinato una comprensibile incertezza circa la forma
dell'atto di appello. Secondo l'opinione prevalente il giudizio di appello deve essere introdotto con atto di citazione,
poiché nel silenzio della disposizione, debbono applicarsi le regole dell'appello nel processo ordinario di cognizione,
laddove compatibili e non espressamente derogate. A tale teoria si contrappone però il disposto di cui all'art. 359
c.p.c., in forza del quale il giudizio di secondo grado dovrebbe avere la stessa disciplina del giudizio di primo grado,
da ciò consegue che l'atto di appello dovrebbe rivestire la forma del ricorso, v. F. SANTANGELI, Il modello
sommario riordinato, in Riordino e semplificazione dei procedimenti civili”, (a cura di F. Santangeli), Milano, 2012,
484 ss.
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32
principi la novella è efficace fin dalla sua entrata in vigore, cioè dal 12 agosto 2012.
Ciò implica la sua applicazione ai processi sommari di primo grado instaurati a partire dal 12
agosto 2012, ma innesca il problema dell'applicabilità o meno ai processi in primo grado già
pendenti a quella data, e ai i processi in secondo grado in corso, incidendo sull'ammissione dei
mezzi di prova e, laddove già assunti, sull'utilizzo da parte del collegio dei risultati probatori.
In materia di leggi processuali, l'opinione prevalente ritiene che l'immediata applicazione dello
ius superveniens opera anche in rapporto ai processi pendenti, ma con riguardo soltanto agli atti
processuali successivi all'entrata in vigore della legge stessa, senza incidere sugli atti anteriormente
compiuti54
e sugli effetti degli stessi, che – in difetto di specifiche previsioni transitorie – restano
regolati dalla norma anteriore vigente, in forza del principio tempus regit actum55
, secondo cui
ciascun atto processuale è disciplinato dalla legge vigente nel momento in cui viene posto in
essere56
.
54
Cfr. Corte cost. 4 aprile 1990, n. 155, in Giur. cost., 1990, I, 952 ss; Corte cost., 13 marzo 2008, n. 53. 55
F. AULETTA, La (ribadita) costituzionalizzazione del principio tempus regit actum in diritto processuale, in Giust.
Civ., 2001, 21, osserva che non può escludersi che “l'effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, bene
sicuramente costituzionale, passi attraverso l'elevazione al rango più alto del principio in questione, secondo
un'accezione di accresciuta garanzia. Cioè se (e proprio in quanto) è permesso che la legge sopravvenga a regolare
un atto del processo pendente che non sia stato ancora individualmente formato al momento del jus superveniens,
non è permesso che una legge sopravvenga a regolare un atto del processo già formato al momento in cui entra in
vigore la disposizione nuova. Tanto, almeno nei casi in cui la retroattività della disciplina venga ad incidere sulla
«tutela» senza limitarsi ad alterare la mera «tecnica» del processo”; secondo l'A. (nota 17) “la valenza generale della
regola tempus regit actum non tiene immune da ipotizzabili censure neppure la legge retroattiva in melius atteso che
l'integrità della difesa della parte avversa a quella corroborata dalla disposizione sopravvenuta potrebbe subirne
attentato, minandosi la parità delle armi dei litiganti che è sicuramente valore apicale ex art. 111 cost...”; per B.
CAPPONI, Appunti sulla legge processuale civile (fonti e vicende), Torino, 1999, 84, sostiene che il principio
tempus regit actum, è suscettibile di applicazioni “dinamiche” «perché condizionano gli atti successivi del processo
in modo da poter realizzare un “prodotto” complessivamente armonico e coerente». 56
La mancanza di una regola generale in seno al codice di procedura civile sull'applicazione della legge processuale
sopravvenuta ha alimentato difformi opinioni dottrinali. Il problema, coinvolgendo la sorte degli atti compiuti prima
dell'entrata in vigore della nuova legge e della loro relazione con gli atti successivi da compiere in osservanza della
legge di nuova introduzione, non è di poco conto, e il sovvenire dei principi generali di diritto intertemporale della
legge, dettati dalle disposizioni preliminari al codice civile (artt. 11 ss.), e in particolare del principio ermeneutico
per cui la nuova legge trova applicazione solo per l'avvenire, non è sufficiente alla soluzione delle diverse questioni
che possono sorgere a seguito di riforme processuali prive di espresse disposizioni transitorie. Il processo è infatti un
flusso nel tempo di atti, per cui se l'atto lo si considera isolatamente la nuova regola processuale potrà essere
applicata solo agli atti ancora da realizzare, e ciò nel rispetto del principio di uguaglianza delle parti e degli effetti
derivanti dagli atti compiuti nel vigore della legge abrogata (opinione maggioritaria); se invece il processo si
considera come un unico complesso di atti, e il provvedimento decisorio come atto ricognitivo dei singoli atti
processuali, la nuova normativa potrà interessare solo i giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della nuova
normativa, con la conseguenza che i processi pendenti continueranno a svolgersi secondo la normativa processuale
vigente al momento dell'introduzione del giudizio (o secondo impostazione meno rigorosa la nuova legge troverà
applicazione per i futuri gradi di giudizio). L'opzione per una concezione atomistica dell'atto processuale o per una
concezione dell'atto quale parte di un insieme unico ha dunque notevoli ricadute sulla ricostruzione delle regole di
diritto intertemporale in materia processuale, conducendo a risultati diversi, implicando la prima l'immediata
incidenza delle riforme processuali sui processi pendenti; la seconda, l'applicazione ultrattiva nei processi pendenti
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33
In riferimento alle nuove norme processuale, tendenzialmente volte a rendere più efficiente il
processo, vi è una tensione all'applicazione già ai giudizi in corso, poiché un'applicazione spostata
troppo in avanti vanificherebbe il senso delle riforme processuale. Tuttavia, è vero anche che per
risolvere il problema dell'efficacia della norma sopravvenuta in relazione ai giudizi pendenti,
bisogna avere riguardo allo specifico contesto processuale, per cui il principio dell'applicazione
immediata va calibrato in ragione del principio di uguaglianza delle parti, del diritto di difesa,
nonché del legittimo affidamento delle parti, con la conseguenza che il rispetto di tali principi può
talora imporre deroghe all'applicazione immediata della nuova norma.
Nel caso di specie l'applicazione della novella, consistente in una limitazione del potere di
dedurre nuove prove in appello, rischia di pregiudicare, ad esempio, chi ha scelto questo rito
alternativo e ha svolto in primo grado l'attività istruttoria confidando sulla possibilità di una
istruzione in secondo grado, di fatto, priva di restrizioni; o chi in primo grado, facendo affidamento
sull'attività istruttoria in secondo grado, non ha richiesto l'assunzione di determinati mezzi di prova
per evitare che fosse disposta la conversione del procedimento nelle forme ordinarie, in ragione di
una istruzione non sommaria.
Ora, in una prospettiva assiologica degli interessi coinvolti non credo che l'interesse veicolato
dall'applicazione della norma sopravvenuta (verosimilmente tesa a ridurre la durata del giudizio di
appello, sottratto dalla riforma all'applicazione del “filtro” di inammissibilità) ai giudizi in corso, sia
idoneo a giustificare la lesione dell'affidamento nutrito dalle parti processuali, che si ritroverebbero
private della facoltà di dedurre nuovi mezzi istruttori in appello, e che legittimamente avevano
di norme già abrogate; su tali rilievi, v. B. CAPPONI, La legge processuale civile. Fonti interne e comunitarie
(Applicazione e vicende), Torino, 2009, 181 ss. Nell'affrontare il problema dell'efficacia delle norme processuali nel
tempo muove da un'impostazione parzialmente diversa R. CAPONI, Tempus regit processum. Un appunto
sull'efficacia delle norme processuali nel tempo, in Riv. dir. proc., 2006, 449 ss., secondo cui «Non si muove
dall'ambito di efficacia della legge per individuare i fatti che ricadono, ma al contrario ci si rappresenta dapprima la
situazione da disciplinare per cercare la regola di diritto da applicare: non l'efficacia della legge processuale nel
tempo, ma il tempo del processo e la sua disciplina. Alla stregua di questa seconda prospettiva nell'affrontare i
problemi di diritto intertemporale non conviene porsi tanto dall'angolo visuale di un'astratta distinzione tra
retroattività e irretroattività (e delle varianti cui essa ha dato luogo), quanto da quello, più concreto, degli interessi
protetti dalla norma anteriore che di volta in volta, sono toccati o lasciati intatti dalla norma posteriore»; l'A. sul
presupposto che il principio secondo cui non si cambiano le regole del processo quando è in corso «permei di sé
l'interpretazione dell'art. 11 delle Preleggi con riferimento alle leggi processuali (nonostante che la communis opinio
sia in senso opposto) se la legge non dispone che per l'avvenire, la legge processuale non dispone che per i processi
futuri (o quantomeno, non dispone che per i futuri gradi di giudizio)». Tale impostazione è criticata da B.
CAPPONI, op. ult. cit., 187 ss., secondo il quale «il canone tempus regit processum, ove riferito al processo nella
sua unità (e così nell'intero arco del passaggio dei gradi), produce l'inammissibile risultato della conservazione nel
tempo di regole che lo stesso legislatore stima inadeguate o inopportune, e garantisce una sopravvivenza o
ultrattività della vecchia disciplina che, limitando l'efficacia delle riforme, finisce per contraddire il canone della
parità di trattamento».
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ritenuto di non richiedere durante il primo grado di giudizio57
, nonchè la compressione diritto di
difesa da essa derivante e la violazione al principio di uguaglianza delle parti58
. In più, sul piano
sistematico la norma in effetti anticipa al primo grado una preclusione probatoria in un
procedimento caratterizzato dalla mancanza di preclusioni, scardinando di conseguenza la coerenza
del procedimento e la consequenzialità dell'attività istruttoria già svolta con quella da svolgere nel
futuro. Alla luce di tali argomenti e di coerenza del procedimento, ritengo che vada esclusa
l'applicabilità della norma sia ai giudizi di secondo grado già in corso alla data della sua entrata in
vigore che ai giudizi sommari di primo grado pendenti a quella data.
In altre parole, il principio dell'immediata applicazione dello ius superveniens, salvo contraria
disposizione, trova un limite nei diritti quesiti processuali59
, ossia negli effetti giuridici derivanti da
atti processuali compiuti nella vigenza della previgente disciplina; per cui l'effetto regolato dalla
vecchia norma non può essere travolto dall'effetto previsto dalla nuova norma, poiché ciò darebbe
luogo alla retroattività della legge. L'applicazione della novella nei giudizi di appello in corso
inciderebbe sugli effetti che, secondo il principio tempus regit actum, devono restare sottoposti alla
vecchia norma. E in quest'ottica il potere di dedurre nova rilevanti in sede di gravame potrebbe
forse considerarsi un diritto quesito, cioè un effetto giuridico scaturente dalla scelta del ricorrente di
57
Il principio della tutela del legittimo affidamento sorto nelle parti in ordine agli effetti derivanti da un atto compiuto
in osservanza della legge processuale vigente in quel momento è stato più volte affermato dalla giurisprudenza di
legittimità, cfr. Corte cost. 4 aprile 1990, n. 155, cit.; Corte cost. 23 novembre 1994, n. 397, in Foro it., 1995, I,
1439; Corte cost. 16 aprile 1998, n. 111, in Foro it., 1998, I, 1725; Corte cost. 22 novembre 2000, n. 525, con nota di
F. AULETTA, La (ribadita) costituzionalizzazione del principio tempus regit actum in diritto processuale, cit., 17
ss. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, sulla scorta delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo
e facendo riferimento al giusto processo ex art. 111 cost., che impone di “non cambiare le regole quando una partita
è in corso”, ha esteso tale principio anche ai precedenti giudiziari consolidati, sui cui i partecipanti di giudizi in
corso hanno fatto legittimo affidamento, cfr. F. SANTANGELI, La tutela del legittimo affidamento sulle posizioni
giurisprudenziali, tra la cristallizzazione delle decisioni e l’istituto del prospective overruling, con particolare
riguardo al precedente in materia processuale, cit. 58
Secondo FAZZALARI, Efficacia della legge processuale nel tempo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 893, il
principio di uguaglianza vieta l'applicazione immediata della nuova legge tutte le volte che imponga al titolare del
rapporto insorto sotto la vecchia legge una situazione deteriore rispetto a quella del titolare del rapporto che
sopravvenga alla nuova, e al riguardo osserva che se “la nuova legge abolisca l'ammissibilità di nuove prove in
grado di appello essa non può applicarsi all'appello in corso, in quanto pregiudica la parte che non abbia assolto
l'onus probandi in primo grado confidando nella possibilità di farlo in sede di gravame: pregiudizio che, invece, non
si configura per la parte di un processo che sopravvenga alla nuova legge, o che, all'entrata in vigore di essa, sia
ancora pendente in primo grado”. 59
Cfr. B. CAPPONI, L'applicazione nel tempo del diritto processuale civile, cit., 447, 462, il quale osserva che
“Compiuto cioè un atto processuale in osservanza dei precetti vigenti sotto il regime della legge anteriore, la parte
consegue un diritto che non può essere modificato o eliminato, ne consegue che la conservazione dell'efficacia degli
atti e dei fatti compiuti, nonchè dei loro effetti; gli atti invece non ancora compiuti al momento dell'entrata in vigore
della nuova legge, e che non si collegano come effetti ad altri anteriori, devono essere assoggettati alla nuova legge
processuale”.
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un modello processuale facoltativo, con la conseguenza che la nuova norma non può travolgere il
vantaggio già sorto appunto dalla scelta di questo rito60
.
La soluzione al problema dell'efficacia della norma sui giudizi pendenti è conforme se si presta
adesione a quell'orientamento dottrinale secondo cui il procedimento sommario di cognizione è un
procedimento in unico grado, nell'ambito del quale è prevista una fase sommaria innanzi al
tribunale e una fase a cognizione piena innanzi alla corte di appello61
. Alla stregua di questa tesi, la
novella non andrebbe applicata ai giudizi di primo grado pendenti alla data del 12 agosto 2012, e
troverebbe applicazione solo per i procedimenti sommari di primo grado instaurati a partire dalla
data di entrata in vigore della nuova regola processuale.
6.2. Segue. Sulla costituzionalità delle norme sulle impugnazioni civili ad efficacia differita.
Le considerazioni retro svolte circa il ricorso alla decretazione d'urgenza e i conseguenti dubbi
sulla costituzionalità delle disposizioni sotto il profilo dei requisiti dell'urgenza e della
straordinarietà62
, in parte si attagliano anche alle disposizioni introdotte in materia di impugnazioni
civili.
Salvo il comma 1-bis dell'art. 54 del decreto, che trova immediata applicazione e che semmai
potrebbe porre dubbi di legittimità costituzionale sotto un diverso profilo63
, anche in materia di
impugnazioni civili l'applicazione delle nuove regole differita al trentesimo giorno successivo alla
60
Cass. civ. sez. III, 12 maggio 2000, n. 6099, afferma che “Un generale principio di "affidamento" legislativo
(desumibile dall'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), che in via generale preclude la possibilità di
ritenere che gli effetti dell'atto processuale già formato al momento dell'entrata in vigore della nuova disposizione
siano da questa regolati, quantomeno "nei casi in cui la retroattività della disciplina verrebbe a comprimere la tutela,
senza limitarsi ad alterare la mera tecnica del processo”, con nota di M. GATTI, Riflessioni in merito a retroattività
della legge processuale civile ed atti già perfetti nella vigenza della normativa anteriore: principio del «triplo
binario»?, in Giust. Civ. , 2001, 1929 ss. 61
Così G. CONSTANTINO, Le riforme dell'appello civile e l'introduzione del “filtro”, cit., secondo cui “questa fase è
introdotta da un atto che impropriamente è definito «appello», ma si tratta di un rimedio analogo alla opposizione al
decreto ingiuntivo ex art. 633 ss. c.p.c. o al decreto di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 l. 20
maggio 1970, n. 300, proponibile in questo caso ad un organo giudiziario diverso”. 62
V. par. 4.1. 63
Per G. COSTANTINO, op. cit., par. 3.5, il nuovo limite dell'attività istruttoria nell'ambito del procedimento
sommario davanti alla corte di appello, che consiste nell'anticipare davanti al tribunale l'operatività delle preclusioni
istruttorie, suscita dubbi di costituzionalità in un contesto ove la valutazione compiuta dal giudice di primo grado in
merito alle richieste istruttorie non è assistita da regole predeterminate, ma costituisce una mera valutazione di
“opportunità”.
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entrata in vigore della legge di conversione rappresenta un indice palese della carenza dei requisiti
richiesti dall'art. 77, secondo comma, Cost.; carenza registrata anche in sede dei lavori parlamentari
di approvazione della legge di conversione64
.
Nell'ottica del legislatore il legame tra processo e sviluppo, che legittima il ricorso allo strumento
del decreto legge, è dato dal fatto che il sistema delle impugnazioni costituisce un freno agli
investimenti nel nostro Paese65
; argomentazione che però appare molto tenue e non in grado di
giustificare l'utilizzo del decreto legge in quest'ambito normativo66
. E se poi le modifiche sono
64
Seduta del 3 luglio 2012, esame disegno di legge A.C. 5312 di conversione in legge del decreto-legge 22 giugno
2012, n. 83, Questione pregiudiziale Dozzo ed altri n. 1-01074: “dubbia è poi l'opportunità di inserire in un
decreto-legge, che ha come obiettivo la crescita e lo sviluppo del sistema economico, norme che vanno a modificare
il sistema della giustizia civile (articoli 54, 55 e 56), estranee per materia e che non rivestono quel carattere di
straordinaria urgenza che giustifica l'utilizzo dello strumento del decreto-legge, realizzando piuttosto delle
«miniriforme» asistematiche e settoriali, incidenti sul processo civile e sulla legge fallimentare; il decreto-legge in
esame, con le modifiche sostanziali recate al codice e al processo civile, conferma di considerare le riforme sulla
giustizia in un'ottica meramente economicistica, dimenticando che la giustizia rappresenta un diritto primario del
cittadino e che dovere imprescindibile di qualsiasi Stato democratico dovrebbe essere quello di investire ulteriori
risorse sulla giustizia, per ottenere una ricaduta positiva anche in campo economico e non già di effettuare risparmi,
veri o presunti; in tema di processo civile (articolo 54) sussistono diversi dubbi di costituzionalità sulla norma
introdotta in materia di inammissibilità dell'appello. Infatti, si elimina in generale il doppio grado di giudizio nel
settore civile, attraverso un giudizio prognostico di inammissibilità dell'appello ancorato ad una ragionevole
probabilità, non meglio specificata, di non essere accolto. In tal senso si rileva come, seppur non vi è un principio di
costituzionalizzazione del doppio grado di giudizio, è pur vero, come è rinvenibile dalle motivazioni della sentenza
della Corte costituzionale n. 53 del 2008, che al fine di escludere i sospetti di non conformità con i principi degli
articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, il bilanciamento degli interessi costituzionali risulta «ancorato»
necessariamente al riscontro di ulteriori elementi, come la correlazione con la scarsa consistenza economica della
controversia e con la sua decisione secondo equità. Solo in tal modo l'inappellabilità non si espone a sospetti di
violazione delle invocate norme costituzionali, tenendo conto che il parametro del valore rende giustificata e
ragionevole l'opzione di accelerare il procedimento (negando il rimedio dell'appello), sulla scorta di un
apprezzamento di prevalenza dell'interesse (individuale e generale) ad una sollecita definizione della causa e che,
inoltre, la tutela del diritto di difesa va coordinata con l'esigenza, di pari livello costituzionale, di disciplinare i modi
ed i limiti del suo esercizio in concreto, al fine di assicurare la conclusione della lite entro un congruo termine...”. 65
Nella relazione illustrativa del decreto si legge che anche le disposizioni contenute nell'art. 54 del D.L. n. 83
sarebbero volte “a migliorare l'efficienza delle impugnazioni sia di merito che di legittimità, che allo stato violano
pressoché sistematicamente i tempi di ragionevole durata del processo, causando la maggioranza dei conseguenti
indennizzi disciplinati dalla legge n. 89 del 2001, con conseguente incidenza diretta sulla finanza pubblica. Anche le
organizzazioni nazionali e internazionali degli investitori, come desumibile dagli indici doing business della Banca
mondiale, indicano nel sistema delle impugnazioni l'elemento di maggiore inefficienza della giustizia civile italiana
e uno dei maggiori disincentivi allo sviluppo degli investimenti nel nostro Paese. Nella relazione del Governatore
della Banca d'Italia del 31 maggio 2011 si stima in un punto percentuale la «perdita annua di prodotto» attribuibile
all'inefficienza di questo sistema di gestione del contenzioso”. 66
L'On. Capano, relatore per la Commissione giustizia (3 luglio 2012), nell'esprimere a titolo personale alcune
considerazioni sulla congruità degli interventi in tema di giustizia civile, rispetto agli obiettivi di crescita e sviluppo
del provvedimento, osserva: “Ciò che invece non consente, a suo giudizio, una valutazione positiva è l'istituzione
del filtro in appello sia relativamente alla congruità con gli obiettivi della crescita e dello sviluppo sia riguardo al
merito delle rispettive disposizioni. Relativamente al primo aspetto ritiene che non sia condivisibile la scelta di
inserire una modifica del genere in un decreto legge, non solo perché gli effetti sono spostati nel tempo sì da essere
ontologicamente incompatibili con la struttura del decreto legge, ma anche perché il tema avrebbe imposto una
completa riflessione sul sistema delle impugnazioni che andava affrontata con un ampio e sereno dibattito
parlamentare. Infine, riguardando gli interventi l'appello e la Cassazione, e non il primo grado, non sono interventi
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dettate dall'esigenza di rendere l'appello più funzionale e di assicurarne la ragionevole durata, è
difficile coglierne il senso quando l'applicazione, così spostata nel futuro, potrà dare i suoi frutti, e
se li darà, solo fra diversi anni67
. Ma soprattutto, si ribadiscono le considerazioni già svolte in
relazione alla riforma fallimentare68
tese a dimostrare come l'applicazione differita implichi
l'«evidente» difetto delle gravi ed indifferibili ragioni di urgenza e straordinarietà che possono
legittimare l'effusione di potere legislativo da parte del Governo69
; difetto sindacabile dalla Corte
costituzionale e sanzionabile con una declaratoria di incostituzionalità delle disposizioni introdotte
sulle impugnazioni civili attraverso il decreto legge 83/2012.
A ciò si aggiunga, che se in materia di procedimenti di composizione delle crisi d'impresa
potrebbe anche risultare utile in questo momento l'intervento tramite decreto legge, in tema di
giudizio di appello e cassazione appare sicuramente meno forte l'esigenza di una modifica
immediata attraverso il ricorso alla decretazione di urgenza.
di immediato e particolare interesse per il mondo delle imprese. Le imprese infatti sono più interessate alla celere
definizione del primo grado o della fase monitoria, al fine di ottenere un titolo esecutivo che tuteli il suo diritto, che
non alla celerità dell'appello che deve invece essere improntato alla certezza dei rapporti giuridici come cifra
costitutiva dello Stato di diritto. Osserva quindi come il provvedimento sembri accedere, senza esplicitamente
nominarla, ad una idea di sommarizzazione del processo d'appello e finanche dell'accertamento della fondatezza
dell'atto di impugnazione. In realtà, il meccanismo del filtro affida ad un giudice la valutazione della fondatezza
dell'appello e una simile valutazione non può mai essere sommaria: per ciò stesso non libera affatto il tempo dei
giudici, ma rischia di impiegare il doppio delle risorse. Rileva come troppo spesso in questi ultimi anni si siano avuti
interventi frammentari sul processo civile che hanno avuto come conseguenza di essere rapidamente eliminati,
portando a effetti destabilizzanti sul sistema della tutela processuale dei diritti....Una situazione paradossale che
dovrebbe suggerire maggiore prudenza sia nell'attuazione del «tribunale delle imprese», di cui si temono gli effetti
paralizzanti sugli uffici giudiziari interessati, che nei confronti dell'articolo 348-bis del codice di procedura civile,
contenuto nel decreto legge sviluppo. Sottolinea come si tratti di innovazioni che dovrebbero essere assistite da
ragionevolezza e prudenza piuttosto che dai criteri di necessità ed urgenza propri del decreto legge, criteri in realtà
smentiti dalla stessa formulazione dell'articolo 54 che differisce l'entrata in vigore al trentesimo giorno successivo
all'entrata in vigore della legge di conversione”. 67
Nel parere approvato dalla Commissione giustizia si legge: “sarebbe pertanto auspicabile affrontare in un separato
provvedimento contestualmente il «filtro» e lo smaltimento dell'arretrato con misure organizzative idonee, anche per
l'assoluta inidoneità del provvedimento ad incidere sull'arretrato che affligge le Corti d'appello, considerato che si è
prevista la sua entrata in vigore per i giudizi instaurati successivamente alla legge di conversione e che in questa
situazione la limitazione del filtro agli appelli «che non avrebbero ragionevoli possibilità di essere accolti», rinvia
sine die la decisione degli appelli fondati e, quindi la sopravvivenza delle sentenze di primo grado ingiuste e
provvisoriamente esecutive”. 68
V. retro, par. 6. 69
Cfr. G. COSTANTINO, op. cit., par. 3.5, il quale osserva che per espressa previsione normativa le disposizioni sulla
riforma delle impugnazioni civili sono prive dei requisiti di necessità e urgenza.