CONTABILITA‘ DI STATO:LA DECISIONE DI BILANCIO
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LA DECISIONE DI BILANCIO
INTRODUZIONE
La “Decisione di bilancio” rappresenta un momento fondamentale e
condizionante per tutta l’attività governativa e parlamentare.
Ogni decisione, sia essa di natura politica o economica, non può
prescindere da quel piano dettagliato e specializzato che autorizza le
entrate e le spese e che stabilisce annualmente la misura finanziaria
dell’azione statale, che è, appunto, il bilancio dello Stato.
E’ sufficiente pensare che qualsivoglia decisione economica, adottata
nel corso dell’anno, deve necessariamente basarsi sul bilancio, sia essa
in sintonia con quest’ultimo o che ne contrasti l’impostazione. D’altra
parte, ogni decisione politica che, ad esempio, miri a privilegiare un
determinato settore dell’attività pubblica piuttosto che un altro, non
può non confrontarsi con le reali risorse disponibili per quel
determinato settore e, in generale, per l’attività pubblica nel suo
complesso.
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In queste pagine ho cercato di analizzare gli aspetti a mio avviso più
importanti dell’argomento assegnatomi, iniziando la trattazione con
una breve definizione del concetto di Contabilità di Stato, seguita da
un’illustrazione delle varie tappe storiche e normative che hanno
interessato la materia.
Con particolare attenzione al tema del bilancio dello Stato, ho poi
cercato di illustrare gli aspetti più salienti delle fonti positive
soffermandomi sull’analisi della fonte regina in materia di bilancio:
l’art.81 della Carta costituzionale italiana.
Sono poi passata ad un classificazione delle tipologie di bilancio per
approdare, infine, all’aspetto tecnico – giuridico delle fasi attraverso
cui si snoda l’attività del Legislativo e dell’Esecutivo in materia di
bilancio e dei vari documenti che caratterizzano la manovra di finanza
pubblica.
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LA CONTABILITÀ DI STATO
1. Definizione e cenni storici
La Contabilità di Stato può essere definita come quella scienza che
studia ed enuncia i principi informatori dell’attività gestoria dello
Stato, vale a dire dell’attività attraverso cui la Stato acquisisce i mezzi
economici di cui ha bisogno e tali mezzi eroga per il raggiungimento
dei suoi fini istituzionali.
L’oggetto di tale disciplina coincide, in grandi linee, con il contenuto
della legge sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità
generale dello Stato. Una rapida rassegna degli ordinamenti della
Contabilità di Stato presso i popoli antichi, medievali e moderni,
dimostra che è sempre stata avvertita, sia pure con maggiore o minore
larghezza, l’esigenza di conferire una razionale disciplina al
movimento del pubblico denaro.
Già nel Pentateuco biblico si accenna ad un sistema di controlli
e di strutture per la riscossione delle decime e per la custodia
dei valori dell’ Arca Santa.
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Presso gli Ateniesi, al tempo di Aristotele, tre segretari di Stato erano
preposti alla contabilità, con l’incarico di vigilare sulle spese e di
leggere i conti nelle assemblee.
I Romani non solo distinsero il demanio pubblico e i beni
patrimoniali dello Stato, disciplinandone i redditi, ma si
preoccuparono del controllo sul pubblico denaro, che era custodito nei
templi, e ai funzionari (quaestores), preposti all’amministrazione
dell’erario, affiancarono una compagine di contabili (ratiocinatores)
per la tenuta delle necessarie scritture.
Tornando a tempi più recenti, possiamo asserire che la nostra
legislazione sulla contabilità di Stato trae origine dalla legge
piemontese del 23 marzo del 1853, n°1483 (legge Cavour).
Con la completa unificazione politica del Regno e l’annessione di
nuove province, dove vigevano ordinamenti finanziari e contabili tra
loro diversi, fu necessario riordinare ed unificare detti ordinamenti.
Vari sono stati, nel corso del tempo, gli interventi legislativi che
hanno cercato di adattare il diritto positivo alle mutate e accresciute
esigenze dello Stato.
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Vale la pena di menzionare la legge 22 aprile 1869, n.5026 (legge
Cambray-Digny), cui fece seguito il regolamento 4 settembre 1870,
n.5852; tale legge fondamentale, sebbene abbia subito nel tempo varie
modifiche, può considerarsi ancor oggi la base dei principi che
regolano l’amministrazione del patrimonio e la contabilità generale
dello Stato.
Importantissimo, inoltre il decreto legislativo 18 novembre 1923,
n.2440 (legge De Stefani) e relativo regolamento, approvato con R.D.
23 maggio 1924, n.827, con cui si è riordinato e coordinato le diverse
disposizioni, formando un corpo organico di norme, atto a disciplinare
compiutamente la complessa e importante materia in esame.
La legge del 1923 ed il regolamento del 1924 sono tuttora, sia pur con
le modifiche e gli aggiornamenti susseguitisi dal 1923 fino ad oggi, le
norme fondamentali vigenti in materia di Contabilità di Stato.
Negli ultimi decenni si sono registrati numerosissimi interventi
legislativi; ricordiamo la legge n.62 del 1964, che ha sostituito ad un
sistema di bilancio a carattere prevalentemente patrimoniale, una
diversa impostazione di tipo economico funzionale, in grado di
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assicurare l’analisi delle spese in relazione alle particolari finalità
perseguite dal governo.
Più importanti e significativi sono i mutamenti introdotti dalla legge
n.468 del 1978, che ha operato la riforma di alcune norme di
Contabilità generale dello Stato in materia di bilancio.
Le fondamentali innovazioni riguardano l’istituzione di due tipi di
bilancio: quello annuale di previsione e quello pluriennale.
Si deve, poi, alla stessa legge del 1978 l’introduzione di due
importanti strumenti, il primo dei quali è la legge finanziaria.
Il secondo strumento si collega in qualche modo con la situazione di
crisi della finanza locale e di alcuni enti parastatali, le cui esposizioni
debitorie finivano col pesare, sia pure in modi diversi, sul bilancio
dello Stato.
Si è delineata, così, la figura del “settore pubblico allargato”e
comprende, insieme allo Stato, il cui bilancio resta il pilastro
dell’intero sistema finanziario, numerosi enti pubblici.
Per rendere più saldo il collegamento tra i diversi livelli della finanza
pubblica, il legislatore ha fatto obbligo ai comuni, alle province e
relative aziende, nonché ad altri enti pubblici, di adeguare il sistema
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della Contabilità ed i relativi bilanci a quello annuale di competenza e
di cassa dello Stato, provvedendo all’esposizione della spesa sulla
base della classificazione economica e funzionale ed evidenziando,
per l’entrata, gli introiti in relazione alla provenienza degli stessi.
Riforme settoriali della legislazione contabilistica non sono mancate
negli ultimi decenni, in aree quali quelle delle procedure di spesa,
dell’attività contrattuale, dell’organizzazione degli uffici preposti alla
gestione finanziaria.
Si ricorda, a tal proposito, l’emanazione del D.P.R. n° 97 del 2003 e
del D.M. 22-4-2004 con cui la Ragioneria generale dello Stato ha
pubblicato il nuovo Manuale dei principi e delle regole contabili per le
amministrazioni pubbliche.
Tuttavia, il tratto dominante si può cogliere, più che nel complesso
delle modifiche relative alla disciplina del bilancio dello Stato, nella
figura del settore pubblico allargato, che riporta a tale bilancio altri
settori pubblici, che in precedenza erano considerati separatamente.
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LE FONTI DELLA CONTABILITA’ PUBBLICA
1. Premessa
La fonte primaria della contabilità dello Stato e degli enti pubblici è la
Costituzione che detta i principi fondamentali relativamente:
ai bilanci dello Stato, la loro formazione ed approvazione;
ai controlli della Corte dei Conti;
alla giurisdizione contabile della stessa Corte;
al trasferimento alle Regioni di attività contabili già spettanti
allo Stato.
Ai principi costituzionali si affianca la normativa dettata dalla
legislazione ordinaria nel corso del tempo.
Per quanto riguarda i bilanci dello Stato, ci riferiamo:
alla legge di contabilità del 1923 (R.D. n° 2440) e relativo
regolamento (R.D. n° 827 del 1924);
alla legge 1 marzo del 1964, n° 62 (c.d. legge Curti);
alla legge 5 agosto del 1978, n° 468;
alla legge 23 agosto del 1988, n°362;
alla legge 3 aprile del 1997, n° 94 (c.d. riforma Ciampi);
alla legge 25 giugno del 1999, n° 208;
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Nonostante i numerosi interventi legislativi che hanno caratterizzato
la materia, va ribadita la centralità della Carta Costituzionale e, in
particolare, dell’articolo 81.
2. L’art.81 della Costituzione
“le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo
presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non
per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro
mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire
nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare
mezzi per farvi fronte”.
Il dettato dell’art. 81, punto cardine del sistema giuscontabilistico
italiano, evidenzia la netta separazione tra i compiti spettanti al
Governo e quelli spettanti al Parlamento in materia di bilancio dello
Stato.
Spetta al Governo, in via esclusiva, il potere di iniziativa legislativa in
materia di legge di bilancio.
Il Parlamento, da parte sua, vede riconfermata la sua tradizionale
funzione di controllore politico dell’esecutivo: solo ad esso può
spettare l’approvazione del bilancio, approvazione che, in base all’art.
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72 ultimo comma della Costituzione, può avvenire solo con procedura
normale.
Così statuendo, la Costituzione ha adottato una soluzione conforme
alle conclusioni cui era pervenuta in proposito la Commissione
economica del Ministero per la Costituente, nel cui “rapporto” è
detto:
“La preparazione del bilancio, si è osservato, impegna la
responsabilità del Ministro che lo propone; preparare il bilancio
significa appunto amministrare e se è logico che le Camere discutano
ed approvino il bilancio in quanto esse in tal modo partecipano
all’attività amministrativa, non sembra altrettanto logico che la
preparazione del bilancio venga sottratta all’esecutivo ed affidata ad
un organo – qualunque esso sia – che per essere estraneo
all’amministrazione attiva non può assumere la responsabilità
relativa.
Togliere all’Amministrazione il potere di preparare il bilancio
significa diminuirne la responsabilità e l’efficienza, e non è certo
indebolendo l’esecutivo che si può migliorare la compagine statale.
Per tutte queste considerazioni, anche in conformità di quanto si
pratica presso le altre nazioni, si ritiene opportuno che sia l’esecutivo
a predisporre il bilancio e ad assumere la relativa responsabilità”.
L’approvazione del bilancio da parte del Parlamento persegue
numerose finalità: innanzi tutto rappresenta una verifica dell’unità di
intenti tra Governo e maggioranza parlamentare di cui esso è
espressione; in secondo luogo assicura un’adeguata pubblicità su
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contenuto, fini ed indirizzi del bilancio dello Stato; tutela, inoltre, i
diritti delle minoranze grazie al dibattito parlamentare; infine
garantisce che l’atto di approvazione del bilancio, divenendo atto
legislativo, possa formare oggetto del sindacato della Corte
Costituzionale.
Al secondo comma, l’art.81 prevede che, nelle more
dell’approvazione parlamentare del bilancio, il Parlamento può, con
legge e comunque per un periodo non superiore a quattro mesi,
autorizzare la gestione provvisoria del bilancio.
La norma in questione ha la finalità di sopperire alla situazione di
stallo che si verrebbe a creare nell’ipotesi in cui (e nel nostro paese è
accaduto sovente) il bilancio di previsione non venga approvato dalle
Camere tempestivamente; prima, cioè, che abbia inizio l’esercizio
finanziario.
In tal caso, trovandosi il Governo nell’impossibilità di amministrare,
non avendo più l’autorizzazione e, quindi la potestà di riscuotere le
entrate e di effettuare le spese, si verificherebbe un arresto completo
dell’attività finanziaria e, conseguentemente, di tutta l’attività
amministrativa dello Stato.
Soccorre, allora, l’istituto dell’esercizio provvisorio. Il potere
legislativo autorizza l’esecutivo ad esigere le entrate e ad effettuare le
spese secondo il nuovo bilancio, già sottoposto all’approvazione, ma
non ancora approvato.
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Il terzo comma dell’art.81 fa espresso divieto al Parlamento di
stabilire nuovi tributi e nuove spese all’atto dell’approvazione della
legge di bilancio.
Secondo alcuni autori, la ratio della norma va ricercata nella volontà,
espressa dal Costituente, di assicurare al Parlamento la massima
serenità al momento dell’esame del bilancio: una tale delicata
decisione verrebbe turbata dalla pressante esigenza di raggiungere un
equilibrio tramite l’introduzione di nuovi tributi o nuove spese.
Tale norma, però, suscita alcune perplessità alla luce della
considerazione che il bilancio, nei moderni sistemi economici,
rappresenta il momento in cui lo Stato programma e coordina il
proprio intervento nel campo economico.
Tale funzione risulta vincolata in modo anacronistico proprio
dall’art.81, terzo comma: ai limiti costituzionali si è perciò cercato di
rimediare, nel 1978, con l’istituzione della legge finanziaria.
Il quarto comma del dettato costituzionale prevede il c.d. obbligo di
copertura. E’ principio fondamentale del nostro ordinamento
contabile che le nuove e maggiori spese debbano essere autorizzate
per legge.
Inoltre, ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i
mezzi per farvi fronte.
Tale principio, già enunciato dall’art.43 della legge di contabilità
generale del 1923, è stato elevato alla dignità di norma costituzionale
dall’art.81,4° comma, della Carta Costituzionale.
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L’indicazione dei mezzi di copertura deve avvenire al momento
dell’approvazione del disegno di legge o al momento dell’emanazione
del decreto legge, in modo da assicurare una ponderata valutazione di
tutte le conseguenze economiche e finanziarie del provvedimento.
Quali sono i mezzi a cui si può ricorrere per assicurare la copertura di
nuove o maggiori spese?
Escluso che possano all’uopo utilizzarsi le risorse di tesoreria,
essendo evidente che queste non possono identificarsi con le risorse
del bilancio, a cui si riferisce l’art.81, è da ritenere che i mezzi per far
fronte a nuove o maggiori spese, nel rispetto della norma
costituzionale, possano ricondursi ad una delle seguenti categorie:
1. imposizione di nuovi tributi;
2. inasprimento di quelli già esistenti;
3. l’accensione di prestiti;
4. l’utilizzo di risorse accantonate in appositi fondi di bilancio;
5. il trasferimento di risorse da un capitolo di spesa all’altro;
6. l’utilizzo di risorse già previste in bilancio e risultanti
esuberanti;
Molto travagliato è stato il dibattito, in dottrina e in giurisprudenza,
relativamente all’interpretazione ed applicazione del precetto in
questione: la copertura finanziaria richiesta dall’art.81, 4° comma,
della Costituzione concerne unicamente l’esercizio in corso all’atto
dell’emanazione della nuova legge, oppure investe anche gli esercizi
futuri, nei quali la legge medesima è destinata a spiegare i suoi effetti?
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Secondo alcuni autori, l’indicazione dei mezzi di copertura va limitata
all’esercizio in corso, senza preoccupazione alcuna per gli esercizi
successivi, nel presupposto che l’obbligo non sussista quando lo
stanziamento per far fronte all’onere recato da un provvedimento
possa essere incluso nello stato di previsione della spesa dell’esercizio
successivo a quello dell’entrata in vigore della legge.
Altri, però sono della tesi opposta, in quanto sostengono che, se si
vuol dare un concreto significato al dettato costituzionale, l’efficacia
dei mezzi di copertura deve aderire, per entità e durata, alle
caratteristiche degli oneri che si finanziano con essi.
Su tale punto si è infine espressa la Corte Costituzionale con sentenza
n.1 del 10 gennaio 1966. Secondo la Corte, al fine di garantire
l’equilibrio di fondo della finanza statale, gli oneri ricadenti
sull’esercizio in corso devono essere indicati in modo puntuale e
rigoroso, mentre una maggiore elasticità può essere ammessa per gli
oneri ricadenti in esercizi futuri, ma pur sempre sulla base di
ragionevoli previsioni che assicurino un equilibrio tendenziale.
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BREVE EXCURSUS LEGISLATIVO
1. Premessa
Il sistema positivo per la contabilità di Stato, come abbiamo più volte
detto, poggia innanzi tutto sul R.D. 2440/1923 e sul relativo
regolamento, il R.D. 827/1924.
Tale intervento normativo riproduceva sostanzialmente la vecchia
normativa ottocentesca.
Anche se con numerose modifiche, i due Regi Decreti sono tuttora
vigenti dettando i principi generali della contabilità ove non siano
previste espressamente deroghe.
E’ chiaro che una simile normativa abbisognasse di adeguamenti al
nuovo ruolo svolto dallo Stato, e più in generale dall’operatore
pubblico, nei moderni sistemi economici.
Ad una prima, parziale riforma, operata con la L.1 marzo 1964, n.62
(c.d. Legge Curti) ha fatto seguito, nel 1978, una riforma organica in
materia di bilancio.
2. La riforma del 1978
La legge 5 agosto 1978, n.468, ha profondamente innovato la
normazione relativa alla disciplina del bilancio di previsione.
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Le innovazioni fondamentali introdotte dalla nuova legge, che trova il
suo antecedente storico nella legge-quadro 19 maggio 1976, n.335,
recante “principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di
bilancio e di contabilità delle Regioni”, possono così sintetizzarsi:
- adozione, accanto al bilancio di previsione annuale, di un
bilancio di previsione pluriennale, quale supporto di una
finanza pubblica impostata su basi programmatiche;
- affiancamento di previsioni di cassa alle previsioni di
competenza, al fine di puntualizzare i reali flussi finanziari
dell’esercizio;
- introduzione nell’ordinamento del nuovo istituto della
legge finanziaria, strumento normativo sostanziale inteso a
riconsiderare e modificare, con carattere di attualità,
decisioni legislative precedentemente assunte in materia di
entrata e di spese, per conformarle alle nuove priorità
eventualmente sopravvenute.
- istituzionalizzazione e disciplina dei fondi speciali destinati
a far fronte alle spese derivanti da provvedimenti legislativi
in corso.
Altre innovazioni introdotte dalla legge in questione, in materia di
bilancio, riguardano: una più puntuale classificazione delle entrate e
delle spese; la codificazione di alcuni principi fondamentali del
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bilancio (universalità, integrità, unità, divieto delle gestioni fuori
bilancio);
l’iscrizione in bilancio delle operazioni di indebitamento da contrarre
nel corso dell’esercizio; i termini e le modalità di presentazione dei
bilanci annuali e pluriennali, nonché della annuale relazione
revisionale e programmatica; una più completa disciplina
dell’esercizio provvisorio e della legge di assestamento del bilancio; la
struttura, la presentazione, la parificazione e l’approvazione del
rendiconto generale dello Stato; l’estensione agli enti locali e agli enti
compresi nel “settore pubblico allargato” del sistema contabile e di
bilancio dello Stato
3. Legge 362/1988
L’esperienza dei primi dieci anni di funzionamento della finanziaria
(introdotta con la L.468/1988) ha dimostrato che essa tendeva a
trasformarsi in una sorta di calderone dove confluivano, spesso
all’ultimo momento, decine di articoli che regolamentavano
microsettori dell’economia che venivano infilati nella finanziaria (c.d.
finanziaria omnibus), con il risultato di ampliare la misura di spesa
corrente fuori dai limiti programmati e con un sostanziale
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aggiramento dell’art.81 della Costituzione, quando non si riusciva ad
esaminarli attraverso i normali canali parlamentari.
Inoltre la mancanza di vincoli agli emendamenti e ai tempi di esame
portava al ricorso abituale all’esercizio provvisorio con lo slittamento
del voto dopo il 31 dicembre.
Per queste ragioni la legge 23 agosto 1988, n.362 ha modificato il
meccanismo della manovra del bilancio prevedendo una legge
finanziaria “snella” nei contenuti (cioè strettamente limitata alla
definizione dei vincoli di bilancio come il saldo netto da finanziare e il
ricorso al mercato, e alla definizione delle grandi scelte di carattere
generale) e nei tempi di approvazione, con nuove regole più rigide per
la presentazione degli emendamenti e, soprattutto, l’adozione del voto
palese in aula. Secondo la disciplina introdotta dalla L.362/1988, la
legge finanziaria non può introdurre nuove imposte, tasse e contributi
o disporre nuove o maggiori spese; la normativa sostanziale necessaria
alla copertura della legge finanziaria è stata così affidata a disegni di
legge collegati alla finanziaria, che venivano esaminati fuori dalla
sessione di bilancio pur godendo di una corsia preferenziale perché
determinanti per la copertura della manovra.
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4. La riforma Ciampi (legge 3 aprile 1997, n.94)
Nuove regole relative al bilancio dello Stato sono state dettate dalla
L.3 aprile 1997, n.94. Essa ha variato le modalità di redazione del
rendiconto
Generale dello Stato e ha modificato la struttura ed il processo di
formazione del bilancio di previsione.
In sintesi, la riforma ha voluto rendere più snella ed efficace la
decisione parlamentare sul documento di bilancio che, pur essendo un
atto di rilevanza fondamentale, è sempre risultato al secondo posto,
dopo la legge finanziaria e i collegati, nelle priorità della prassi
parlamentare.
Cambia, innanzitutto, l’articolazione del bilancio; infatti esso non è
più suddiviso in capitoli ma in unità previsionali di base (U.P.B.) che
quindi costituiscono l’unità elementare del bilancio.
La nuova struttura del bilancio permette la coesistenza di un bilancio
politico per l’approvazione del Parlamento, dove la decisione ha per
oggetto le singole U.P.B. e di un bilancio amministrativo per la
gestione e il controllo presentato dal Governo in capitoli.
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5. La legge 208/1999
La legge 25 giugno 1999, n.208 ha apportato sostanziali modifiche
alla L.468/1978. Tali modifiche hanno riguardato:
il contenuto del Documento di programmazione economica e
finanziaria nonché lo spostamento del termine per la sua
presentazione dal 15 maggio di ogni anno al 30 giugno;
l’unificazione del termine di presentazione del disegno di legge di
approvazione del bilancio annuale e pluriennale a legislazione
vigente, del disegno di legge finanziaria, della relazione
previsionale e programmatica e del bilancio pluriennale
programmatico. Tutti questi documenti devono essere presentati dal
Governo alle Camere entro il 30 settembre di ogni anno;
la soppressione della legge collegata alla Finanziaria e il
potenziamento dei c.d. collegati ordinamentali la cui presentazione
dovrà avvenire entro il 15 novembre;
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IL BILANCIO DELLO STATO
1. Il bilancio di previsione in generale
E’ buona norma di ogni ordinata amministrazione aziendale prevedere
i fatti amministrativi e le probabili conseguenze di essi.
L’esigenza di programmare le scelte, per evitare conseguenze
indesiderate e per favorire il raggiungimento delle finalità proposte, si
presenta in qualunque forma di attività economica, pubblica o privata.
Mentre le imprese private programmano le proprie scelte in base al
metro dei costi e dei ricavi monetari, la Pubblica Amministrazione
deve agire con il criterio dell’utilità collettiva, che non è espressa in
moneta e non è esattamente quantificabile. Perciò, la programmazione
delle scelte pubbliche richiede tecniche e metodi particolari, che
comportano varie difficoltà di applicazione e non sempre conducono a
risultati soddisfacenti.
La programmazione assume forma concreta nei bilanci di previsione.
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Possiamo definire il bilancio di previsione come un documento
contabile che espone i probabili risultati del ciclo di operazioni che si
effettueranno nel periodo considerato.
Oltre alla evidente funzione contabile, il bilancio svolge anche una
funzione politica che riguarda il rapporto di fiducia tra Parlamento e
Governo; infatti l’approvazione del bilancio è un test per sondare la
solidità del rapporto tra Governo e la maggioranza parlamentare che lo
sostiene. Il bilancio svolge inoltre una funzione giuridica perché
rappresenta una sorta di autorizzazione preventiva delle spese che il
Parlamento concede all’organo cui spetta il compito di dare
esecuzione al bilancio.
Poiché con la manovra di bilancio vengono stabilite le priorità con cui
reperire e utilizzare le risorse collettive, possiamo asserire che il
bilancio svolga altresì una funzione economica perché determina il
regolare andamento dei cicli economici ed il raggiungimento dei fini
funzionali all’attività finanziaria.
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2. Anno finanziario ed esercizio finanziario
L’attività economico-amministrativa dello Stato e degli altri enti
pubblici, al pari di quella di ogni azienda, non ha soluzione di
continuità ma si svolge ininterrottamente.
Tuttavia, come accade per tutte le aziende, la gestione dello Stato
viene suddivisa in periodi uguali di tempo, della durata di un anno,
che prendono il nome di periodi amministrativi o anni finanziari.
Volendo dare una definizione di anno finanziario, possiamo dire che
esso è l’unità temporale della gestione, cioè il periodo di tempo entro
cui si svolge un determinato ciclo della gestione economico-
amministrativa di un ente. L’anno finanziario non va confuso con
l’esercizio finanziario che è il complesso di tutte le operazioni
concernenti le entrate e le spese, con le conseguenti variazioni
patrimoniali, che si riferiscono ad un determinato anno finanziario.
Mentre il concetto di anno finanziario è puramente cronologico,
quello di esercizio finanziario è essenzialmente economico-giuridico
in quanto si riferisce ad un complesso di atti di gestione compiuto
dall’Amministrazione.
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Per lo Stato italiano, ai sensi della L.468/1978, l’anno finanziario,
cioè il periodo di tempo a cui si riferiscono le entrate e le spese
inserite in bilancio, coincide con l’anno solare e decorre dal 1°
gennaio al 31 dicembre.
3. Bilancio economico e bilancio finanziario
I bilanci di previsione possono essere economici o finanziari.
Il bilancio economico è quello che prevede i fatti di gestione sia di
natura finanziaria (entrate e uscite in denaro), che di altra natura
(proventi e consumi in natura, rivalutazioni e svalutazioni,
sopravvenienze e insussistenze attive e passive ecc.), che comportano
aumenti e diminuzioni della sostanza patrimoniale.
Il bilancio economico è proprio delle aziende private (ma anche delle
aziende pubbliche, quando perseguono fini economici ed operano
nell’ambito e con le regole del mercato) ed ha lo scopo di misurare le
spese necessarie per il raggiungimento di un determinato obiettivo
aziendale.
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Il bilancio finanziario è quello che prevede tutti i fatti di gestione che
si concretano in entrate e uscite in denaro che possono provocare sia
aumenti o diminuzioni del patrimonio aziendale, sia (attraverso
movimenti compensativi) lasciare invariato il patrimonio stesso.
Negli enti pubblici, dove le previsioni assumono una particolare
caratterizzazione finanziaria, a causa sia della speciale natura delle
entrate e delle spese previste, sia del fatto che in questi enti il bilancio
di previsione viene considerato, di fronte agli amministratori, come
mezzo di autorizzazione preventiva alla erogazione delle spese che
essi sono chiamati ad effettuare, si adottano, quasi sempre, bilanci
finanziari.
La differenza tra bilancio economico e bilancio finanziario va
ravvisata nel fatto che mentre il primo va alla ricerca, sulla base di
imputazioni economiche, del reddito, nel secondo invece sono
indicate entrate e uscite in denaro, senza alcun riferimento a costi,
ricavi e risultati differenziali da cui scaturisce il reddito.
4. Bilancio preventivo e bilancio consuntivo
Rispetto al tempo cui si riferisce, il bilancio può essere:
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preventivo
consuntivo
Il bilancio preventivo si riferisce all’esercizio finanziario successivo a
quello in cui viene redatto. Esso contiene l’indicazione delle entrate
che si prevede di realizzare e delle spese che si prevede di sostenere
nell’esercizio non ancora iniziato.
E’ questo il tipo di bilancio che viene redatto dal Governo prima
dell’inizio dell’anno finanziario.
Il bilancio consuntivo è quello che si riferisce ad un esercizio
finanziario già concluso e contiene l’indicazione delle entrate
effettivamente realizzate e delle spese effettivamente sostenute in tale
periodo.
Nella contabilità pubblica il bilancio consuntivo viene denominato
rendiconto.
5. Bilancio di cassa e bilancio di competenza
A seconda del momento giuridico in cui la previsione considera
l’entrata e la spesa, il bilancio finanziario può assumere la forma del
bilancio di competenza o quella del bilancio di cassa.
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Il bilancio di competenza prevede le entrate che si acquisirà il diritto
di percepire (entrate da accertare) e le spese che si assumerà l’obbligo
di pagare (spese da impegnare) nel corso dell’esercizio, prescindendo
dal considerare se le relative somme saranno, rispettivamente, riscosse
o pagate nello stesso esercizio o successivamente.
Tali somme costituiscono le competenze, attive e passive,
dell’esercizio.
Il bilancio di cassa considera tutte le entrate e le spese che si prevede
saranno effettivamente riscosse o pagate nel corso dell’esercizio, sia
che si riferiscano ad accertamenti o impegni propri dell’esercizio
stesso, sia che riguardino quelli degli esercizi precedenti.
La differenza tra i due tipi di bilancio sta nel fatto che il bilancio di
competenza si riferisce ad un complesso di diritti a riscuotere e
obblighi a pagare e non va oltre (i risultati, spesso, non coincidono con
quanto ipotizzato in bilancio); il bilancio di cassa invece si riferisce
agli effettivi introiti ed esborsi anche a prescindere dal momento in cui
è sorto il relativo diritto o obbligo.
I vantaggi del bilancio di competenza vanno ravvisati anzitutto nel
fatto che esso fissa limiti rigorosi e quindi permette al Parlamento un
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efficace controllo sull’azione del Governo; in secondo luogo esso
individua l’esercizio cui le previsioni si riferiscono tenendo separate,
anno per anno, le responsabilità degli amministratori e dei governanti;
infine consente di conoscere il costo reale dei pubblici servizi e di
svolgere un esame comparato delle risultanze dei vari esercizi.
E’ da rilevare, però, che il bilancio di competenza da vita alla
complessa questione dei residui che sono costituiti dalle entrate e dalle
spese iscritte nel bilancio ad un dato esercizio, ma non riscosse o
effettuate nel corso di quell’esercizio.
In particolare i residui possono essere:
attivi, se rappresentano entrate non riscosse e cioè
crediti in favore dello Stato;
passivi, se sono spese non effettuate e rappresentano
debiti a carico dello Stato.
Ricordiamo che prima dell’entrata in vigore della L.468/1978, il
bilancio di previsione dello Stato italiano era redatto esclusivamente in
termini di competenza.
La sopra citata legge ha introdotto un doppio sistema, nel quale sono
previsti entrambi i bilanci di previsione: di competenza e di cassa.
29
6. Bilancio dello Stato italiano
Il bilancio è lo strumento con cui il Parlamento autorizza il Governo a
erogare le spese e a incassare le entrate; esso quindi registra l’insieme
dei capitoli di entrata e di spesa che fanno capo ai diversi ministeri.
In Italia, con la riforma del 1978, il bilancio annuale di previsione è
integrato dal bilancio pluriennale di previsione che copre un periodo
di almeno tre anni ma comunque non superiore al quinquennio.
Nella prospettiva di razionalizzare il sistema di controllo della finanza
pubblica e di trasformare il bilancio in strumento attivo di governo
dell’entrata e della spesa, superando il carattere tradizionale di
strumento essenzialmente passivo di accoglimento della legislazione
di spesa esistente, la legge di riforma ha previsto la contestuale
presentazione al Parlamento di un disegno di legge finanziaria, con la
quale possono operarsi modifiche ed integrazioni a disposizioni
legislative aventi riflessi sul bilancio dello Stato.
Per consentire, una valutazione del bilancio non puramente contabile
ma in rapporto all’evoluzione dell’economia è stata prevista la
presentazione, da parte dei ministri, della prelazione revisionale e
30
programmatica per l’anno successivo, che indica gli indirizzi della
politica economica nazionale.
Ragioni di natura politica (legate essenzialmente all’instabilità del
quadro politico) e tecnica, di fatto, hanno impedito la piena
realizzazione del disegno di riforma varato nel 1978.
Le pressanti esigenze di programmazione e contenimento della spesa
hanno di conseguenza determinato un ruolo di supplenza a carico della
legge finanziaria ed infine condotto ad una nuova riforma del
meccanismo di formazione della spesa pubblica, formalizzata con la
L.362/1988. Le nuove norme hanno apportato innovazioni per quanto
riguarda i tempi e la struttura della manovra di bilancio, lo snellimento
della legge finanziaria e una più rigorosa definizione delle modalità di
copertura delle spese.
Quanto ai tempi, la legge del 1988 ha istituito una sessione di bilancio
primaverile, incentrata sulla presentazione (entro il 15 maggio) del
documento di programmazione economica e finanziaria che delinea
gli obiettivi della manovra di finanza pubblica per il periodo compreso
nel bilancio pluriennale e costituisce lo scenario entro il quale
collocare il bilancio dello Stato. Essa ha inoltre disposto la
31
presentazione anticipata (entro il 31 luglio) del bilancio pluriennale di
previsione.
All’apertura della sessione autunnale (entro il 30 settembre) vengono
presentati la legge finanziaria, accompagnata dai disegni di legge
collegati alla manovra di bilancio.
Oltre alla riforma della finanziaria e alle disposizioni sulla copertura
delle maggiori spese disposte in quest’ultima, la L.362/1988 ha
affrontato in modo esplicito il problema della copertura finanziaria
della legislazione ordinaria di spesa. E’ previsto che per le leggi che
dispongono maggiori spese, o minori entrate, si possa ricorrere o
all’istituzioni di leggi comportanti nuove entrate, o agli
accantonamenti nei fondi speciali, o alla riduzione di precedenti
autorizzazioni di spesa, o infine alle disponibilità che si formano in
corso di esercizio su capitoli di natura non obbligatoria.
La disciplina dell’attività di copertura è stata ulteriormente rafforzata
da innovazioni riguardanti la documentazione e il controllo
dell’attività governativa: maggiori spese o minori entrate devono
essere accompagnate da relazioni tecniche che quantifichino gli oneri
impliciti nei provvedimenti e la relativa copertura.
32
7. Principi del bilancio
Il bilancio dello Stato, come del resto quello di ogni ente pubblico, per
poter pienamente raggiungere gli scopi che si prefigge e,
particolarmente, per poter consentire il controllo dei cittadini sulle
pubbliche finanze, deve rispondere a determinati requisiti. Questi
requisiti, o principi del bilancio sono: la veridicità, la pubblicità, il
pareggio, l’universalità, l’integrità, l’unità, la chiarezza, la
specificazione, l’annualità.
Di questi principi elaborati dalla dottrina, la L.468/1978 ha
espressamente codificato l’universalità, l’integrità e l’unità.
Veridicità .Il bilancio deve rispecchiare, con la maggior
limpidezza possibile, le reali condizioni finanziarie in cui verrà a
trovarsi lo Stato nell’esercizio al quale il bilancio si riferisce.
Contrarie a tale principio sarebbero eventuali sopravvalutazioni o
svalutazioni di entrate o spese, effettuate allo scopo di modificare
l’impostazione e, quindi, i risultati differenziali del bilancio di
previsione.
Pubblicità. Il bilancio deve essere portato a conoscenza di tutti i
cittadini, in modo tale che l’opinione pubblica possa essere
33
correttamente informata sull’effettiva situazione della finanza statale.
A tale scopo il bilancio viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Pareggio . Il bilancio deve presentare un equilibrio tra le entrate
e le spese. Tale principio poteva avere una sua ratio allorquando,
dominando il concetto di finanza pubblica neutrale, lo Stato non
aveva bisogno alcuno di indebitarsi. Nella vita moderna, di fronte alle
esigenze di carattere sociale, sempre crescenti, lo Stato è spesso
costretto a seguire una politica di disavanzo. Il principio in questione
continua a sussistere per meri fini contabili, e cioè come
bilanciamento del disavanzo che deriva tra le spese e le entrate. Esso è
normalmente coperto con il ricorso all’indebitamento pubblico.
Universalità. Tutte le entrate e tutte le spese, anche se di
modesta entità, devono essere iscritte in bilancio. Sono vietate le
gestioni di fondi al di fuori del bilancio, salvo nei casi autorizzati da
leggi speciali, il cui elenco deve essere allegato allo stato di previsione
della spesa del Ministero del Tesoro.
Integrità. Tutte le entrate devono figurare in bilancio nel loro
importo integrale, senza alcuna riduzione per eventuali spese di
riscossione o di qualsiasi altra natura. Allo stesso modo le spese
34
devono essere iscritte in bilancio per intero, cioè senza apportarvi
riduzioni per effetto di qualsiasi correlativa entrata. Le entrate vanno
iscritte, pertanto, al lordo nella parte attiva del bilancio, mentre nella
parte passiva si iscrivono le spese di riscossione relative (es. spese per
accertamento di tributi ecc.); le spese vanno iscritte ugualmente al
lordo, nella parte passiva del bilancio, mentre nella parte attiva si
iscrivono i proventi eventualmente corrispondenti (es. ritenute sui
pagamenti per imposte, tasse, ecc.).
Unità. Poiché l’azienda statale è unica, unico deve essere anche
il bilancio dello Stato. Tutte le entrate, da qualunque fonte
provengano, devono iscriversi nella parte attiva del bilancio e tutte le
spese, a qualunque servizio si riferiscano, devono essere iscritte nella
parte passiva di esso.
Chiarezza. La stesura del bilancio deve risultare di facile lettura
e comprensione da parte dei cittadini, pur sempre nei limiti imposti
dalle regole contabili.
Specificazione . Le entrate e le spese devono essere indicate in
bilancio, non nel loro complesso, ma specificate secondo la natura, la
causa, gli effetti che producono sull’economia dello Stato, ecc. Questo
35
della specificazione costituisce un carattere fondamentale dei bilanci
di competenza. Maggiore è, infatti, la ripartizione delle spese tra i vari
servizi cui sono preordinate, maggiori sono le possibilità di un
efficiente controllo parlamentare. In ossequio a tale principio, le
entrate e le spese vengono ripartite in titoli, sezioni, rubriche,
categorie e capitoli. La discussione e il voto parlamentari si estendono
fino ai singoli capitoli, in modo che l’esecutivo non può, una volta
avvenuta l’approvazione del bilancio, trasferire fondi da un capitolo
all’altro; infatti è solo con l’approvazione parlamentare che i singoli
capitoli di spese ed entrate acquistano rilevanza giuridica.
Annualità. L’annualità del bilancio è sancita dalla stessa
Costituzione (art.81, 1° comma), oltre che dalla legge e dal
regolamento di contabilità generale. Questo principio è rimasto nel
sistema di contabilità pubblica nonostante l’introduzione del bilancio
pluriennale. Quest’ultimo, infatti, si affianca semplicemente al
bilancio annuale, senza sostituirlo, ed è formulato quasi
esclusivamente per fini di programmazione economica. Il bilancio
annuale rappresenta la regola in quanto dura appunto un anno il
36
normale ciclo delle funzioni economico-amministrative di ogni
azienda.
37
38
Legge finanziaria, che apporta alle leggi di entrata e di spesa
le modifiche necessarie per indirizzare i conti verso gli
obiettivi desiderati;
Relazione previsionale e programmatica che, a norma
dell’art.15 della L.468/1978, deve essere presentata al
Parlamento dal Ministro dell’Economia e delle Finanze entro
il mese di settembre. Essa illustra il quadro economico
generale e indica gli indirizzi e gli obiettivi programmatici
della politica economica;
Leggi collegate alla manovra finanziaria che contengono
norme di carattere ordinamentale e le leggi delega escluse
dalla finanziaria. Devono essere presentate entro il 15
febbraio;
Relazione annuale sul fabbisogno del settore pubblico che
il Ministro dell’Economia e delle Finanze deve presentare
entro il mese di febbraio;
Legge annuale per l’assestamento del bilancio la cui
funzione principale è quella di apportare al bilancio di
previsione le modifiche che si rendono necessarie sia per il
39
riaggiustamento del valore dei residui, sia per vicende
finanziarie ed economiche sopravvenute;
Legge di rendiconto generale che non ha contenuto
normativo ma si concretizza in un puro atto di approvazione
del rendiconto generale dello Stato, documento dove
vengono evidenziati e dimostrati i risultati della gestione
dell’anno finanziario;
All’esame della finanziaria è dedicata una “sessione di bilancio”
apposita, da ottobre a dicembre (con due passaggi per ogni camera, in
commissione bilancio e poi in aula), per arrivare entro la fine
dell’anno ad approvare la finanziaria e il bilancio annuale e
pluriennale “programmatico” (adeguato agli obiettivi programmati
perché ha recepito le variazioni previste in finanziaria).
In mancanza di approvazione del bilancio prima dell’inizio dell’anno,
la Costituzione all’art. 81 c. 2, stabilisce che è possibile superare il
limite del 31 dicembre per non più di quattro mesi (cioè entro il 30
Aprile), ma solo con legge apposita che conceda l’esercizio
provvisorio del bilancio (contenendosi per ciascun mese nei limiti di
un dodicesimo della spesa dell’anno precedente).
40
2. Il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria
Lo strumento del Dpef (Documento di programmazione economico-
finanziaria) è stato introdotto nell’ordinamento finanziario italiano con
la legge n.362 del 23 agosto 1988. La legge 362/1988 interveniva a
modificare le modalità di formazione del bilancio pubblico annuale e
pluriennale, determinate dieci anni prima dalla legge 486/1978, con la
quale venne istituita la legge finanziaria.
Il documento di programmazione economica e finanziaria viene
elaborato dal Ministro dell’Economia e approvato dal Consiglio dei
Ministri; deve essere presentato al Parlamento entro il 30 di Giugno
per il dibattito e la votazione nella forma della risoluzione (che deve
avvenire entro il 31 Luglio). Il Dpef prevede le grandi linee dei conti
pubblici per i prossimi quattro anni (e ogni anno si aggiorna per
scorrimento andando avanti di un anno), inserendoli nel quadro più
ampio dell’economia nazionale, europea e mondiale, perché solo
tenendo conto dell’andamento del PIL e della congiuntura nel paese e
nel mondo si possono prevedere correttamente i conti pubblici
41
(sappiamo che entrate e spese sono influenzate dal ciclo economico)
ed apportare aggiustamenti e correzioni, insomma realizzare la propria
politica di bilancio.Il Dpef risulta quindi costituito da tre parti:
proiezione del quadro macroeconomico internazionale e interno
(andamento previsto del PIL e dei prezzi nel mondo, nell’area
dell’euro e in Italia);
andamento tendenziale delle grandezze di bilancio, cioè a dire a
quali risultati di bilancio si giungerebbe lasciando le politiche
invariate all’interno del prospettato andamento dell’economia;
obiettivi programmatici, cioè risultati di bilancio a cui si decide
di pervenire;
e interventi correttivi da apportare alle entrate e alle spese per
ottenere i saldi desiderati e realizzare gli altri obiettivi di politica
economica compatibili.
In sostanza, lo scopo del Dpef è quello di permettere al Parlamento di
conoscere, con congruo anticipo, le linee di politica economica e
finanziaria del Governo; quest’ultimo, a sua volta, è politicamente
impegnato a redigere il susseguente bilancio annuale di previsione
secondo i criteri e i parametri scaturenti dal dibattito parlamentare.
42
La legge di riforma della contabilità pubblica ha, inoltre, previsto che
il Governo, contestualmente alla presentazione del programma di
stabilità agli organismi dell’Unione Europea, presenti al Parlamento
una nota informativa che giustifichi, con adeguato supporto
documentale, le eventuali nuove previsioni degli indicatori
macroeconomici e dei saldi di finanza pubblica che divergano dal
Dpef approvato.
Dagli anni Novanta accade abbastanza costantemente che, siccome
dalla proiezione tendenziale risulta un deficit pubblico troppo elevato,
la manovra ha l’obiettivo prioritario di ridurre il deficit. Essa consiste
in un pacchetto di misure del valore di tot miliardi di correzione,
indicando quanto della correzione deve insistere sulle entrate e quanto
sulle spese per ridurre il deficit al livello desiderato. Naturalmente non
deve trattarsi necessariamente (e non sempre si è trattato) di misure
tutte restrittive, perché contemporaneamente possono e devono essere
finanziati altri obiettivi importanti. A titolo di esempio, il Dpef per il
2004-2007 prevede per quest’anno 2004 una manovra correttiva di
circa 16 miliardi di euro, per un terzo tagli di spesa e due terzi nuove
entrate “una tantum”, e che sarà utilizzata per la maggior parte al fine
43
di ridurre l’indebitamento all’1,9% del rapporto deficit/PIL (il cui
andamento tendenziale, cioè senza manovra, risulterebbe del 3,1%) e
per il resto a finanziare interventi per lo sviluppo.
3. Il bilancio annuale di previsione
La legge 5 agosto 1978, n.468 (art.1) ha sostituito il tradizionale
bilancio annuale di competenza con un bilancio annuale in cui le
previsioni di competenza sono integrate da previsioni di cassa.
L’art.2 della citata legge stabilisce, infatti, che il bilancio annuale di
previsione viene elaborato in coerenza con il bilancio pluriennale e
sulla base dei criteri e parametri indicati nel Dpef.
Il progetto di bilancio è articolato, per l’entrata e per la spesa, in unità
previsionali di base: tali unità, introdotte dalla L.94/1997, accorpano
aree omogenee di attività di ciascun ministero e sono stabilite in modo
che a ciascuna unità corrisponda un unico centro di responsabilità
amministrativa cui è affidata la relativa gestione. In altre parole, per
ogni Ministero sono stati individuati centri di responsabilità a livello
dirigenziale generale cui è affidata la gestione di aree omogenee delle
attività, anche a carattere strumentale, in cui si articolano le
44
competenze di ciascun Ministero: a ciascuno di tali centri di
responsabilità corrisponde, in linea di massima, un’unità previsionale
di base.
Per ogni unità previsionale di base sono indicati:
l’ammontare presunto dei residui attivi e passivi alla chiusura
dell’esercizio precedente a quello a cui il bilancio si riferisce;
l’ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle
spese che si prevede di impegnare nell’anno (preventivo di
competenza);
l’ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle
spese che si prevede di pagare nell’anno, senza distinzione tra
operazioni in conto competenza e in conto residui (preventivo
di cassa).
Le somme comprese in ciascuna unità previsionale di base riferite alla
parte “spesa”, sono suddivise in:
spese correnti (in cui sono evidenziate le spese di personale);
spese di investimento (con enucleazione degli investimenti
destinati alle Regioni in ritardo di sviluppo).
45
Il bilancio annuale di previsione è costituito dallo stato di previsione
dell’entrata (unico), dagli stati di previsione della spesa di ogni
Ministero, con le allegate appendici dei bilanci delle aziende ed
amministrazioni autonome, dal quadro generale riassuntivo.
A partire dal bilancio di previsione per l’anno finanziario 1982 è stato
introdotto, altresì, lo stato di previsione della spesa della Presidenza
del Consiglio dei Ministri.
Ciascuno stato di previsione è illustrato da una nota preliminare, nella
quale, in particolare, sono indicati i criteri adottati per la formulazione
delle previsioni. Inoltre sono allegati: a) un allegato tecnico in cui i
contenuti di ciascuna unità previsionale sono disaggregati per capitolo
(l’unità elementare del bilancio secondo la normativa precedente la
riforma del 1997); l’allegato indica, per ciascun capitolo il carattere
(obbligatorio o discrezionale) della spesa e i tempi di esecuzione dei
programmi e dei progetti finanziati; inoltre sono specificate
nell’ambito delle spese d’investimento quelle destinate alle Regioni in
ritardo; b) un prospetto in cui le unità previsionali di base sono
ripartite in capitoli ai fini della gestione e della rendicondazione; c) un
allegato che espone, per unità previsionali di base, le risorse destinate
46
alle aree depresse oggetto di interventi comunitari; d) un ulteriore
allegato che riporta, per unità previsionale di base, le risorse destinate
alle singole realtà regionali, distinte tra spese correnti e spese in conto
capitale.
Il bilancio annuale di previsione forma oggetto di un unico disegno di
legge e l’approvazione dello stato di previsione dell’entrata, del totale
generale della spesa e del quadro generale riassuntivo viene disposta
con distinti articoli di legge, con riferimento alle dotazioni di
competenza e a quelle di cassa.
4. Il quadro generale riassuntivo
Il carattere unitario del bilancio trova concreta espressione nel quadro
generale riassuntivo, che ha sostituito il “riepilogo generale del
bilancio” previsto dalla legge di contabilità generale del 1923.
Il quadro generale riassuntivo reca l’esposizione delle risultanze
complessive di bilancio.
Ai sensi dell’art.6 della L.468/1978 è formulato con riferimento sia
alle dotazioni di cassa che alle dotazioni di competenza. Esso deve
indicare i seguenti risultati differenziali:
47
risultato differenziale tra il totale delle entrate tributarie ed
extratributarie ed il totale delle spese correnti (risparmio
pubblico). Rappresenta l’eccedenza delle risorse disponibili
sugli impieghi correnti del bilancio, cioè l’aliquota delle risorse
prelevate alla collettività dallo Stato e da questo non impiegate
nella produzione di beni e servizi correnti, né trasferite agli altri
settori dell’economia per essere consumate. Particolare rilievo ha
assunto questo risultato differenziale dopo che, per effetto
dell’art.4, 8° comma, della L.468/1978, è stato assunto quale
parametro di riferimento per la copertura delle spese di parte
corrente e di quelle relative al rimborso prestiti;
risultato differenziale tra tutte le entrate e le spese, sia correnti
che in conto capitale, escluse le operazioni di intermediazione
finanziaria (accensione e rimborsi di prestiti, concessioni e
riscossioni di crediti ecc.). Questo saldo indica se
l’indebitamento statale si è accresciuto o è diminuito nel corso
dell’anno (indebitamento o accreditamento netto);
risultato differenziale delle operazioni finali, rappresentate da
tutte le entrate e le spese, escluse di rimborso di prestiti (saldo
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netto da finanziare o fabbisogno). Il saldo netto da finanziare
indica la misura cui le operazioni dello Stato determinano il
ricorso al mercato monetario e finanziario;
risultato differenziale tra il totale delle entrate ed il totale di tutte
le spese aumentate dei prestiti da rimborsare (ricorso al
mercato), Il ricorso al mercato esprime il totale lordo del
finanziamento necessario per coprire il totale complessivo delle
spese.
5. Ulteriori elementi del bilancio
Ogni stato di previsione si chiude con:
un riassunto delle risultanze;
una nota preliminare nella quale sono chiariti i motivi
delle proposte in esso contenute.
Assieme agli stati di previsione delle entrate e delle spese, vengono
presentati al Parlamento i bilanci delle aziende ed amministrazioni
autonome da allegare agli stati di previsione dei Ministeri che hanno il
controllo delle varie aziende. Questi bilanci vengono perciò
denominati bilanci allegati. La caratteristica principale dei bilanci
49
allegati è costituita dal fatto che il risultato economico e finanziario
della gestione dell’azienda autonoma si ripercuote direttamente sul
bilancio statale.
Le aziende autonome, anche se dotate di autonomia amministrativa,
non godono della personalità giuridica, e quindi fanno strutturalmente
parte di un Ministero. I loro bilanci vengono approvati con appositi
articoli della legge di bilancio. Attualmente risultano allegati al
bilancio di previsione dello Stato i bilanci delle seguenti aziende e
amministrazioni autonome:
Archivi notarili – allegato allo stato di previsione del Ministero
della giustizia;
Istituto agronomico per l’oltremare – allegato allo stato di
previsione del Ministero degli affari esteri;
Amministrazione del Fondo edifici di culto – allegato allo stato
di previsione del Ministero dell’interno;
Ex Azienda di Stato per le foreste demaniali – allegato allo stato
di previsione del Ministero delle politiche agricole.
Agli stati di previsione vanno inoltre annessi i conti consuntivi degli
enti pubblici per i quali ciò sia previsto, che vengono denominati
50
bilanci annessi. Negli stati di previsione è compreso un capitolo con la
denominazione “spese casuali”, destinato alle spese di natura
accidentale.
In particolare, allo stato di previsione del Ministero dell’Economia e
delle Finanze sono allegati quattro elenchi che riguardano:
le spese obbligatorie e d’ordine che rappresentano gli oneri
indeclinabili e le spese relative all’accertamento e alla
riscossione delle entrate;
le spese di riscossione delle entrate;
i capitoli per i quali è concesso al Governo la facoltà di variare
gli stanziamenti con decreto del Capo dello Stato;
i capitoli per i quali è concessa al Ministero dell’Economia e
delle Finanze la facoltà di variare gli stanziamenti con proprio
decreto.
Vi sono, infine, gli elenchi dei “provvedimenti legislativi in corso”, da
finanziare con i fondi globali.
6. Il bilancio pluriennale
51
La programmazione delle scelte di bilancio non ha come suo unico
strumento il bilancio annuale, ma si svolge attraverso una serie di atti
e documenti politici, legislativi e contabili previsti dalla legislazione
dei singoli Stati; fra essi ha particolare importanza il bilancio
pluriennale, strumento indispensabile di programmazione in tutti i
moderni sistemi di finanza pubblica.
Per comprenderne la funzione occorre osservare che il bilancio
annuale, facendo riferimento ad un periodo di dodici mesi, è adeguato
alla programmazione degli interventi di breve periodo, i quali
esauriscono i loro effetti nell’esercizio. Ma le manovre di finanza
pubblica si svolgono di regola in un arco di tempo più lungo,
attraverso un insieme di attività coordinate che si susseguono negli
anni e che manifestano i loro effetti non soltanto nel presente ma
anche nel futuro. Gli stanziamenti contenuti nei successivi bilanci
annuali offrono una visione necessariamente frammentaria di tali
interventi e non consentono di valutarne l’effetto complessivo. Si
pone, allora, l’esigenza che le previsioni di bilancio vengano
impostate in modo da rendere possibile una programmazione a medio
termine. A questa esigenza corrisponde il bilancio pluriennale, che
52
espone le previsioni di entrata e di spesa relative ad un periodo di più
anni; di regola, il periodo considerato non è inferiore a tre anni; in
alcuni Stati giunge a cinque.
Le previsioni del bilancio pluriennale non sono rigide, ma vengono
rivedute ogni anno secondo l’andamento dell’economia nazionale e la
situazione della finanza pubblica. Di conseguenza anno per anno, in
osservanza del principio dell’annualità, insieme con il bilancio
annuale viene presentato all’approvazione del Parlamento anche
quello pluriennale, contenente le previsioni per i tre anni successivi
aggiornate per scorrimento.
Il bilancio di previsione pluriennale (art. 41, L.468/78) riguarda un
periodo non inferiore a tre anni; è redatto in termini di competenza, in
quanto si ritiene che le previsioni di cassa, riferite a un periodo di
tempo piuttosto lungo, potrebbero rivelarsi inattendibili.
È un bilancio aggiornabile per scorrimento in quanto le sue previsioni
ogni anno vengono rivedute, aggiornate e proiettate di un anno in
avanti. Ha solo una funzione politico-economica, ma non ha un
valore giuridicamente vincolante, in quanto la sua approvazione da
53
parte del Parlamento non implica autorizzazione ad accertare le entrate
né a eseguire le spese in esso previste.
Viene redatto in due versioni, entrambe sottoposte all’approvazione
del Parlamento:
il bilancio pluriennale a legislazione vigente che espone le entrate e
le spese previste in base alle leggi attualmente in vigore,
ipotizzando che nel triennio la normativa vigente non subisca
modifiche;
il bilancio pluriennale programmatico che espone le previsioni di
entrata e di spesa tenendo conto degli effetti che potranno avere le
manovre economiche e le modifiche legislative programmate.
Il confronto fra i due documenti mette in evidenza l’entità della
manovra economico-finanziaria e le conseguenze che l’intervento
pubblico si propone di raggiungere a medio termine.
7. La legge finanziaria
L’introduzione della legge finanziaria fu determinata dalla necessità di
superare le eccessive rigidità nella formazione del bilancio statale.
Prima della sua introduzione, infatti, il bilancio annuale e pluriennale
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dello Stato era determinato automaticamente dalla legislazione in
vigore. In tal modo, gli stanziamenti di ogni singolo capitolo erano
derivati dall’insieme delle specifiche leggi di settore approvate
precedentemente. La modifica degli stanziamenti poteva avvenire
soltanto attraverso un complesso e laborioso lavoro di modifica e di
integrazione delle singole e specifiche leggi. Tale meccanismo non
consentiva di operare rapidamente ed efficacemente quegli
aggiustamenti della manovra di bilancio necessari a configurare una
coerente politica fiscale, capace di rispondere alla mutevole
congiuntura economica. Attraverso la legge finanziaria, invece,
diventò possibile far precedere all’approvazione del documento
contabile, la modifica della legislazione esistente al fine di conseguire
una composizione degli stanziamenti di bilancio coerente con gli
obiettivi macroeconomici generali perseguiti. In tal modo si rafforzava
la capacità dello Stato di orientare l’andamento macroeconomico
dell’intero sistema produttivo.
Sulla base della L.486/78, la legge finanziaria deve determinare:
a) il livello massimo di indebitamento pubblico annuale;
55
b) le risorse da destinare a nuovi provvedimenti
legislativi da approvare nel corso dell’anno;
c) le risorse da destinare alle leggi a carattere
pluriennale;
d) le integrazioni e le modifiche alla legislazione
vigente avente riflessi sul bilancio pubblico.
La legge finanziaria deve essere approvata, insieme al bilancio dello
Stato, entro il 31 dicembre di ogni anno.
L’esperienza dei primi dieci anni di funzionamento, ha dimostrato che
la legge finanziaria tendeva a trasformarsi in una sorta di “legge
omnibus”, dove venivano inseriti, da parte del Governo e del
Parlamento, una serie di provvedimenti eterogenei, e spesso incoerenti
tra loro. Tutto ciò che non si era riuscito a fare attraverso i normali
canali parlamentari, confluiva, spesso all’ultimo momento, nel
carrozzone della legge finanziaria. In questo modo, i tempi di
elaborazione e di approvazione della legge finanziaria si dilatavano e
superavano il limite della fine dell’anno, rendendo necessario ricorrere
all’esercizio provvisorio del bilancio. Veniva così meno il principale
scopo per il quale la legge finanziaria fu istituita, quello di
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determinare la manovra di bilancio ai fini di obiettivi generali di
politica macroeconomica.
Per queste ragioni la legge 362/1988 ha modificato il meccanismo di
formazione del bilancio prevedendo:
1) la presentazione da parte del Governo del Documento di
programmazione economico-finanziaria entro il 15 maggio, e la
sua approvazione in Parlamento entro il 31 luglio, in cui sono
definiti gli obiettivi programmatici della successiva manovra
finanziaria alla luce dell’evoluzione tendenziale del bilancio
pubblico a legislazione vigente;
2) la presentazione da parte del Governo entro il 30 settembre della
legge finanziaria e del bilancio programmatico, in coerenza con
il quadro generale definito nel Dpef. La legge finanziaria deve
essere strettamente limitata alla definizione dei provvedimenti
direttamente collegati alla determinazione delle voci di entrata e
di spesa del bilancio annuale e pluriennale, senza contenere
provvedimenti normativi di altra natura.
La normativa sostanziale necessaria alla copertura della legge
finanziaria è stata così affidata a disegni di legge collegati alla
57
finanziaria, che venivano esaminati fuori dalla sessione di bilancio
pur godendo di una corsia preferenziale perché determinanti per la
copertura della manovra. Dopo undici anni però è stata necessaria
un’ulteriore riforma a causa dell’uso aberrante dei collegati che,
nonostante la corsia preferenziale, prolungavano a dismisura
l’attuazione della manovra non permettendo la tempestiva
trasformazione in legge degli interventi programmati. Per far fronte a
tale situazione è intervenuta la legge 208/99, che ha eliminato i
collegati con corsia preferenziale il cui contenuto viene di nuovo
trasfuso nella Finanziaria, escludendo però ogni provvedimento non
immediatamente necessario alla copertura della manovra, come quelli
di carattere localistico o ordinamentale o di delega al governo per
realizzare riforme strutturali, da inserire invece in un collegato fuori
sessione.
La tendenza però rimane quella dell’assalto alla diligenza, ed ancora è
accaduto che gli articoli della finanziaria nel corso della sessione di
bilancio siano aumentati sino a raddoppiare. Ormai maggioranza e
opposizione ritengono che è arrivato il momento di intervenire di
nuovo sulla materia. Sembra indispensabile tenere sotto controllo il
58
rispetto del patto di stabilità che ci lega all’Europa ed escludere
l’effetto omnibus da tutti deprecato.Nel corso dell'attuale legislatura
sono stati presentati al Senato due disegni di legge di riforma
dell’attuale legge finanziaria. In particolare, è prevista la
ridenominazione della legge finanziaria in legge di stabilità con una
conseguente ristrutturazione del contenuto, per includervi norme di
coordinamento dei vari livelli della finanza pubblica e distribuire tra
Stato centrale ed enti pubblici (tenendo conto del sistema federale o
devolutivo) il carico dell'aggiustamento. Infatti il concorso di Stato
centrale ed enti pubblici è necessario per assicurare il raggiungimento
degli obiettivi cui il nostro Paese è obbligato a seguito della
sottoscrizione del Patto di stabilità e di crescita, obbligo che fa capo
allo Stato e alle Regioni di tenere fede agli impegni internazionali ed
europei (articolo 117 C., I° comma), e competenza esclusiva dello
Stato centrale nel garantirne il rispetto (articolo 117 C., 2° comma).
Inoltre, l’attuale meccanismo di approvazione parlamentare della
legge finanziaria risulta farraginoso: quattro letture dello stesso testo
(prima in Commissione e poi in aula, per ambedue i rami
parlamentari) con la possibilità in ogni lettura di modificare il testo
59
originario. Si vuole, pertanto, prevedere una procedura più snella di
approvazione, con la Commissione bilancio che definisce il testo (il
cui potere emendativo sarebbe circoscritto alla redistribuzione delle
risorse disponibili tra settori e tra funzioni, senza introdurre materie
nuove o disposizioni di dettaglio o modificare i risultati generali) e le
assemblee che potrebbero solo approvare o respingere i singoli
articoli, con un risparmio notevole di tempo. In tal senso si parla di
una legge di bilancio “blindata”. Si ritiene necessario, inoltre,
rivalutare la portata dei provvedimenti collegati alla finanziaria
garantendo loro la corsia preferenziale che hanno perso uscendo dalla
sessione di bilancio per far sì che siano approvati prima del successivo
Dpef.
8. Le leggi collegate
La legge di riordino della contabilità pubblica (L.208/1999) ha
previsto l’abolizione del collegato di sessione (il cui contenuto è stato
in parte inglobato nelle leggi finanziarie), e la sua sostituzione con i
«collegati fuori sessione» che devono contenere disposizioni
omogenee per materia e devono essere presentati dal Governo al
Parlamento entro il 15 novembre di ogni anno. Tali provvedimenti
contengono le norme di carattere ordinamentale e le leggi delega
escluse dalla legge finanziaria e hanno, quindi, come obiettivo
60
prioritario quello di alleggerire la manovra finanziaria soprattutto in
considerazione del fatto che non sono sottoposti al vincolo della
sessione di bilancio.
Inoltre, la legge 208/1999, sempre in materia di copertura finanziaria
delle leggi, integrando il comma 2 dell’art. 11-ter della legge
468/1978, stabilisce che tutti i disegni di legge, gli schemi di decreto
legislativo e gli emendamenti di iniziativa del Governo da cui
scaturiscono effetti finanziari devono essere corredati da una relazione
tecnica predisposta dalle competenti amministrazioni. Spetta al
Ministero dell’Economia e delle Finanze verificare l’attendibilità della
relazione e dei dati in essa riportati.
In tema di copertura finanziaria delle leggi è da ultimo intervenuto il
D.L.194/2002, convertito dalla L.246/2002 che ha disposto che tutte le
disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto
entro i limiti delle spesa espressamente autorizzata nelle relative leggi.
Il raggiungimento di tali limiti di spesa sono accertati con decreto
dirigenziale del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Spetta al
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche attraverso
gli uffici centrali e le ragionerie provinciali, vigilare sulla corretta
applicazione di tali disposizioni.
61
Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi,
scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate nelle
stesse leggi, al fine della copertura finanziaria, è stato previsto che il
Ministro competente per materia ne dia notizia al Ministero
dell’Economia, il quale, nel caso manchi tale segnalazione, riferisce al
Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative
legislative. Nella relazione sono evidenziate le cause che hanno
generato gli scostamenti in modo da poter rivedere i dati e i mezzi
utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle leggi in
questione. Tale procedura può essere impiegata dal Ministro
dell’Economia quando riscontri che l’attuazione di leggi rechi
pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica
previsti dal Dpef.
9. La relazione previsionale e programmatica
Al fine di illustrare la politica economica e finanziaria del Governo,
l’art. 15 della L.468/78 prevede che, entro il mese di settembre, il
Ministro dell’Economia e delle Finanze presenti al Parlamento la
relazione previsionale e programmatica per l’anno successivo. La
relazione espone il quadro economico generale, indica indirizzi ed
62
obiettivi programmatici della politica economica. Essa, inoltre,
contiene:
- una illustrazione del quadro generale riassuntivo del bilancio
dello Stato ;
- relazioni programmatiche di settore;
- relazioni sulle leggi pluriennali di spesa e sul loro stato di
attuazione.
La legge di riforma della contabilità pubblica L.208/99 all’art. 4
stabilisce che in allegato alla relazione previsionale e programmatica il
Governo deve trasmettere al Parlamento un elenco contenente tutte le
opere pubbliche finanziate in tutto o in parte dallo Stato, il cui importo
sia superiore a 50 miliardi di lire (25.822.844,95 Euro).
Per ogni opera l’elenco dovrà riportare:
- le leggi di finanziamento;
- l’importo complessivo della somma stanziata, di quella
impegnata e di quella erogata;
- l’anno in cui è stata decisa la realizzazione dell’opera;
- l’anno in cui hanno preso avvio i lavori per la realizzazione
dell’opera e quello del suo completamento.
10. La relazione sulla stima del fabbisogno del settore pubblico
Oltre alla relazione previsionale e programmatica il Ministro
dell’Economia e delle Finanze presenta al Parlamento, entro il mese di
63
febbraio, una relazione sulla stima del fabbisogno del settore statale
per l’anno in corso (il fabbisogno è costituito dalla differenza - di
segno negativo - tra entrate e spese del settore pubblico) e sul
finanziamento di tale fabbisogno. La relazione, inoltre, contiene un
raffronto con i corrispondenti risultati verificatisi nell’anno precedente
ed i criteri adottati per la formulazione delle previsioni relative ai
capitoli di interesse sui titoli del debito pubblico.
11. Presentazione e approvazione dei bilanci
La disciplina costituzionale del bilancio statale è racchiusa quasi
integralmente nell’art. 81 Cost.
Il primo comma di tale articolo stabilisce che «le camere approvano
ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal
Governo».
Da tale norma possono desumersi due principi fondamentali:
- l’annualità del bilancio;
- la competenza del potere esecutivo e del potere legislativo,
rispettivamente, a presentare e ad approvare il bilancio.
64
Il bilancio, come si è visto, è un programma di gestione, e più
precisamente il piano dell’attività amministrativa ad effetti finanziari
da svolgersi dal potere esecutivo in un determinato anno finanziario. Il
criterio posto dall’art. 81, comma 1, Cost. è quello di attribuire al
potere esecutivo la competenza a formare il proprio programma di
azione ed al potere legislativo la competenza ad approvarlo.
In tal modo, il bilancio assume carattere eteronomo, in quanto l’effetto
giuridico proprio di esso si determina con la deliberazione del
Parlamento, ossia con il concorso determinante di un potere diverso da
quello esecutivo, competente a gestire il bilancio stesso, ossia ad
impegnare ed ordinare spese e ad accertare e riscuotere entrate.
Deve soggiungersi che, nell’ambito stesso del potere esecutivo, non vi
è piena coincidenza fra gli organi che partecipano al provvedimento
formativo del bilancio e quelli competenti a compiere gli atti di
gestione. Infatti, mentre al provvedimento formativo partecipa il
supremo organo collegiale del Governo - Il Consiglio dei Ministri - ,
la competenza alla gestione spetta, di regola, al singolo Ministro;
inoltre il D.lgs. n. 29 del 3 febbraio 1993 ha attribuito alla dirigenza la
competenza alla gestione della spesa. Analogamente, l’accertamento,
65
la riscossione e il versamento delle entrate rientrano nella competenza
dei vari Ministeri.
Il processo di costruzione del bilancio annuale e del bilancio
pluriennale ha inizio con una circolare predisposta entro il mese di
marzo dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, che
viene inviata a tutti i ministeri ed amministrazioni autonome. La
circolare fornisce una serie di indicazioni specifiche sulle modalità di
costruzione delle previsioni per le varie tipologie di spesa, che
anticipano l’indirizzo di politica di bilancio che sarà definito con il
Dpef e con le conseguenti risoluzioni parlamentari. Le singole
previsioni di spesa sono sottoposte al Ministero dell’Economia e delle
Finanze che valuta gli oneri delle funzioni, dei servizi istituzionali, dei
programmi e dei progetti presentati dall’amministrazione interessata.
Contestualmente, si esamina anche lo stato di attuazione dei
programmi in corso e si valuta l’opportunità di conservare in bilancio
come residui le somme già stanziate per spese in conto capitale e non
impegnate. Infine, il Ministro dell’economia e delle Finanze
predispone il progetto di bilancio di previsione e lo sottopone alla
deliberazione del Consiglio dei Ministri.
66
La L.362/1988 ha introdotto notevoli innovazioni in materia di
bilancio; in base all’art. 2 della L.468/1978, così come modificato
dalla predetta legge, il bilancio annuale di previsione viene formulato
sulla base dei criteri e dei parametri contenuti nel Dpef come
deliberato dal Parlamento. Per quanto concerne la presentazione del
bilancio il termine è stato spostato dalla L.208/1999 (art.2), infatti
il Governo presenta alle Camere entro il 30 settembre il disegno di
legge di approvazione del bilancio annuale. Il disegno di legge di
approvazione del bilancio viene altresì trasmesso alle Regioni. La
Conferenza Stato-Regioni-Autonomie locali esprime, entro il 15
ottobre, un proprio parere sui criteri di ripartizione del fondo per il
finanziamento dei programmi regionali di sviluppo. Tale parere viene
comunicato al Governo e al Parlamento.
La manovra di bilancio costituisce uno dei momenti più significativi
ed importanti nella vita politica e legislativa del Paese. Si tratta di una
procedura complessa, finalizzata a far quadrare i conti pubblici, a
definire gli indirizzi di politica economica e a introdurre le modifiche
legislative necessarie a realizzarli.
Le fasi salienti del procedimento sono:
67
1 Fase preparatoria della sessione, nella quale si provvede alle
seguenti operazioni:
- presentazione (entro il 30 giugno) ed esame del DPEF;
- esame (contemporaneo nei due rami del Parlamento) e
risoluzioni parlamentari di approvazione del DPEF;
- presentazione del bilancio preventivo a legislazione vigente
(entro il 30 settembre);
- presentazione del bilancio pluriennale a legislazione vigente;
- presentazione del disegno di legge finanziaria (entro il 30
settembre);
- presentazione dei provvedimenti collegati alla finanziaria (entro
il 15 novembre).
2 Sessione di bilancio (45 giorni per la Camera in prima lettura
e 35 giorni per l’altra) nella quale si provvede alle seguenti operazioni:
- esame e votazione di articoli, tabelle ed emendamenti del
bilancio preventivo a legislazione vigente (senza votazione
finale);
- esame della legge finanziaria (approvazione);
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- predisposizione della nota di variazione al bilancio dello Stato
con la quale il Governo modifica gli stati di previsione del
bilancio preventivo secondo le disposizioni della legge
finanziaria;
- approvazione della nota di variazione;
- votazione liberatoria.
La sessione di bilancio si apre con la presentazione del disegno di
legge finanziaria e del disegno di legge concernente i bilanci di
previsione.
All’atto della presentazione e prima dell’assegnazione alle
commissioni, il Presidente del ramo del Parlamento dove i disegni di
legge sono stati presentati effettua il vaglio preventivo, per verificare
l’eventuale presenza, nei disegni di legge, di materia estranea e
dispone lo stralcio delle disposizioni estranee comunicandolo
all’Assemblea.
Analizziamo ora in dettaglio le varie fasi della sessione di bilancio:
- Esame preliminare: prima dell’inizio della sessione le
commissioni parlamentari iniziano l’esame degli stati di
previsione del disegno di bilancio di rispettiva competenza senza
69
procedere a votazioni, provvedendo ad acquisire i necessari
elementi conoscitivi.
- Sessione di bilancio: durante la quale è sospesa ogni
deliberazione da parte dell’Assemblea e delle commissioni su
progetti che comportino nuove o maggiori spese o diminuzione
delle entrate e la programmazione dei lavori in Assemblea è
regolata in maniera da consentire il rispetto del termine previsto
per la durata della sessione.
- Assegnazione: i disegni di legge finanziaria e il disegno di legge
concernente i bilanci di previsione sono assegnati per l’esame
generale alla commissione bilancio e per l’esame delle parti di
rispettiva competenza e dei singoli stati di previsione alle
commissioni competenti per materia.
- Esame da parte delle commissioni permanenti: nei dieci giorni
successivi le commissioni che esaminano congiuntamente il
disegno di legge finanziaria e di bilancio concludono i lavori con
l’approvazione di una relazione e la nomina di un relatore che
può partecipare alle sedute della commissione bilancio e
programmazione.
70
- Esame in commissione bilancio e relazione generale: nello
stesso periodo la commissione bilancio avvia l’esame dei disegni
di legge e, al termine dei dieci giorni successivi all’assegnazione
esamina congiuntamente i disegni di legge e i documenti
connessi e approva la relazione generale per il disegno di legge
finanziaria e per il bilancio.
- Esame in Assemblea: la discussione è organizzata in conferenza
dei presidenti di gruppo che determina il numero di interventi e i
tempi per ciascun gruppo. Si effettua la discussione generale sul
disegno di legge finanziaria e sul disegno di legge di bilancio e
si passa alla votazione finale che deve intervenire entro il 31
dicembre.
Dopo l’approvazione da parte di entrambi i rami del Parlamento, la
legge del bilancio, contenente i vari stati di previsione, è presentata al
Presidente della Repubblica per la promulgazione e per la controfirma
del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri responsabili.
Successivamente è inserita nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei
Decreti pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, insieme alle leggi di
71
variazione del bilancio, per consentire il pieno riconoscimento del
principio della pubblicità del bilancio.
I Ministri entro 10 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio,
definiscono gli obiettivi, le priorità, i piani e i programmi da attuare;
inoltre procedono ad assegnare le risorse umane, materiali ed
economico-finanziarie ai dirigenti titolari dei centri di responsabilità, i
quali sono tenuti a evidenziare gli obiettivi che intendono raggiungere,
inoltre devono indicare nello stato di previsione della spesa il livello
dei progetti, dei servizi e dei programmi. Sono i titolari dei centri di
responsabilità a rispondere della gestione delle risorse assegnate alla
propria amministrazione e dei risultati che dal loro impiego derivano
(art. 3 D.Lgs.279/1997).
12. Effetti giuridici del bilancio
La legge di bilancio è legge di autorizzazione: la deliberazione del
bilancio conferisce al Governo la facoltà e il dovere di gestire dei beni
e, nello stesso tempo, impone ad esso dei limiti in quanto non possono
essere superati gli stanziamento del bilancio per le spese.
72
Il bilancio, una volta approvato, diventa intangibile sia da parte del
potere legislativo che da parte di quello esecutivo e deve essere attuato
nel rispetto della legislazione vigente in materia.
13. L’esercizio provvisorio
Nel caso in cui il bilancio non venga approvato entro il 31 dicembre
dell’anno considerato, l’art. 81 della Costituzione, prevede al comma
2 la possibilità che le Camere concedano al Governo l’esercizio
provvisorio del bilancio. L’esercizio provvisorio deve essere concesso
con legge e per periodi di tempo non superiori complessivamente a
quattro mesi.
Mediante l’esercizio provvisorio si vuole evitare la completa paralisi
che la carenza di autorizzazione a realizzare le entrate e ad eseguire le
spese determinerebbe nell’attività finanziaria e, quindi, in tutta la vita
amministrativa dello Stato a partire dal 1° gennaio.
Né la legge, né il regolamento di contabilità generale, né altre leggi,
prevedevano, prima della Costituzione, la concessione al Governo
dell’esercizio provvisorio del bilancio, che, peraltro, trovava spesso
pratica attuazione. La concessione veniva disposta con legge speciale,
73
per la durata di uno o più mesi. Secondo la formula ordinariamente
adottata, le leggi di approvazione dell’esercizio provvisorio non
fissavano mai termini assoluti alle facoltà dei Ministri. Come limite
normale di spesa, si riteneva che essi potessero avvalersi solo di una
quota delle somme iscritte in bilancio proporzionale alla durata
dell’esercizio provvisorio (tanti dodicesimi per quanti erano i mesi di
durata della concessione).
Nel prevedere espressamente l’esercizio provvisorio, la Costituzione,
mentre ha fissato precisi limiti di forma e di tempo ( ricordiamo che
l’art.81, 2° comma stabilisce che l’esercizio provvisorio del bilancio
può essere concesso solo con legge e per periodi che non superino
complessivamente i quattro mesi), nulla ha previsto in ordine alle
facoltà spettanti all’Esecutivo durante questo eccezionale periodo di
gestione, affidando al legislatore ordinario il compito di disciplinare la
materia nei casi concreti. A tal riguardo è intervenuta la L.468/1978
(art.16), che ha regolato espressamente l’istituto dell’esercizio
provvisorio, recependo la prassi ormai consolidata di dar luogo alle
spese discrezionali nei limiti di tanti dodicesimi quanti sono i mesi
dell’esercizio provvisorio stesso, ovvero nei limiti della maggiore
74
spesa necessaria, qualora si tratti di spesa obbligatoria e non
suscettibile di impegni o pagamenti frazionati in dodicesimi.
14. Le modificazioni del bilancio
Durante l’esercizio finanziario, mentre è in corso di esecuzione il
bilancio di previsione, possono verificarsi entrate che non figurano tra
le previsioni e possono manifestarsi nuove e imprescindibili esigenze
per le quali non esistano o risultino insufficienti gli appositi
stanziamenti di spesa.
In tali casi sorge la necessità di apportare al bilancio di previsione
opportune variazioni.
Diversa è la situazione che si viene a creare a seconda che si tratti di
nuove entrate o nuove spese.
Le nuove entrate di competenza dell’esercizio in corso, verificatesi
dopo l’approvazione del bilancio di previsione sono rilevate in un
nuovo capitolo, istituito con decreto del Ministro dell’Economia e
delle Finanze su proposta del Ragioniere generale.
Per le maggiori entrate di competenza dell’esercizio in corso, invece,
rimane impregiudicato il diritto dello Stato a riscuotere e il dovere
75
delle amministrazioni competenti a curarne l’accertamento e la
riscossione: per le entrate, infatti, la previsione non ha alcun valore
limitativo o imperativo.
Per quanto concerne le variazioni di spesa si opera una distinzione tra:
a) variazioni legislative, disposte con disegno di legge di
assestamento degli stanziamenti idi bilancio;
b) variazioni amministrative, disposte con decreti presidenziali o
ministeriali.
Le correzioni degli errori di previsione e le eventuali nuove esigenze
di spesa vengono presentate dal Ministro dell’Economia e delle
Finanze al Parlamento affinché vengano approvate con legge
sostanziale.
A tal proposito c’è da dire che nel tempo alla finanziaria si è aggiunta
la cosiddetta “manovrina” , una manovra correttiva che si inserisce a
metà anno con un apposito disegno di legge per l’assestamento del
bilancio, preparato dal governo, allo scopo da una lato di recepire in
un solo documento tutte le note di variazione, e dall’altro di “fare il
punto” della situazione ed aggiungere ulteriori correttivi in corso
d’opera per avvicinarsi agli obiettivi di bilancio spesso sottovalutati in
76
sede di finanziaria.Per evitare un’espansione incontrollata della spesa,
l’art. 81 Cost. dispone che “ogni legge che importi nuove o maggiori
spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”, e per applicare in modo
stringente il dettato costituzionale, la legge dell’’88 ha indicato in
maniera tassativa i modi attraverso i quali si può prevedere la
copertura, e cioè l’utilizzo dei fondi speciali iscritti in bilancio, la
riduzione di altre spese, o l’aumento delle entrate, con esplicita
esclusione del ricorso all’indebitamento. La L.468/1978 consente in
alcuni casi di disporre variazioni di spesa attraverso atti
amministrativi: capitoli di spesa possono essere aggiunti o maggiorati
ricorrendo ai fondi speciali o fondi di riserva previsti appositamente
(es. fondi di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine o fondo di
riserva per le spese impreviste) e la variazione del bilancio avviene
con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze o con decreto
del Capo dello Stato.
La L.94/1997 ha previsto che, su proposta del dirigente responsabile e
con decreto del Ministro competente da comunicare al Ministro
dell’Economia e delle Finanze ed alle competenti Commissioni
parlamentari, possono essere effettuate variazioni compensative tra
77
capitoli della stessa unità previsionale. Variazioni compensative non
sono ammesse tra le unità di spesa oggetto di deliberazione
parlamentare. Inoltre, con decreto del Capo dello Stato, su proposta
del Ministro dell’Economia e delle Finanze, sono possibili tutte quelle
variazioni di spesa previste dall’art.12 della L.468/1978 (restituzione
di tributi indebitamente riscossi, pagamenti di vincite al lotto,
pagamenti relativi al debito pubblico ecc.).
Tali atti amministrativi prendono il nome di assegnazioni di bilancio
la cui particolarità sta nel fatto che essi, a differenza della altre
variazioni di bilancio, vengono effettuati senza copertura. La loro
costituzionalità è garantita dalla circostanza che ogni anno il
Parlamento, con la legge di bilancio, approva un elenco tassativo dei
capitoli per i quali tale integrazione è consentita.
15. Il rendiconto generale dello Stato
L’atto con cui termina la procedura di bilancio è il Rendiconto
(presentato entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio finanziario),
approvato con legge del Parlamento dopo aver passato il “giudizio di
78
parificazione” da parte della Corte dei conti (art.100 c.2 Cost.), che
esercita il controllo successivo Il Rendiconto generale dello Stato è
un documento contabile nel quale vengono riassunti e dimostrati i
risultati della gestione dell’anno finanziario. Con esso si verifica a
posteriori la gestione dell’esercizio finanziario trascorso, mediante
l’analisi delle operazioni effettivamente realizzate. Il rendiconto ha sia
natura finanziaria che patrimoniale, pertanto comprende la gestione di
bilancio (entrate e spese) e la gestione del patrimonio (il patrimonio
dello Stato).
Il rendiconto generale dello Stato si compone di due parti:
- il conto del bilancio (o conto consuntivo, o rendiconto
finanziario), in cui si dimostrano i risultati della gestione
finanziaria in relazione alle previsioni di bilancio;
- il conto generale del patrimonio (o rendiconto patrimoniale), in
cui si dimostrano le variazioni avvenute nel patrimonio dello
Stato e la situazione patrimoniale finale.
- Il conto consuntivo del bilancio mette in evidenza i risultati
consuntivi annuali di tutta l’attività finanziaria svolta
dall’azienda statale e li mette a confronto con i valori contenuti
79
nel bilancio di previsione. Pertanto l’art. 13 del D.Lgs.279/1997
ha adeguato il conto del bilancio alla nuova struttura del bilancio
di previsione, dunque per funzioni obiettivo e unità previsionali
di base.
Nel conto consuntivo del bilancio sono contenute:
- le entrate di competenza dell’anno accertate, riscosse e rimaste
da riscuotere;
- le spese di competenza dell’anno impegnate, pagate e rimaste da
pagare;
- la gestione dei residui attivi e passivi degli esercizi precedenti;
- i versamenti in tesoreria e i pagamenti effettuati per ciascun
capitolo di bilancio, sia in conto competenza che in conto
residui;
- l’ammontare totale dei residui.
E’ formato da un conto parziale per le entrate firmato dal Ministro
dell’Economia e delle Finanze e dei conti parziali per le spese firmati
dai rispettivi Ministri. Si conclude con un prospetto riepilogativo
chiamato «Riassunto generale della gestione del bilancio».
80
Il conto generale del patrimonio indica la consistenza del patrimonio
dello Stato all’inizio dell’esercizio, le variazioni avvenute nel corso
dell’esercizio e la consistenza a fine anno. In esso si distinguono:
- le attività e passività finanziarie proprie del conto del Tesoro;
- i beni mobili e immobili, i crediti, i titoli di credito, i beni di
natura industriale e le altre attività disponibili;
- i materiali militari, i beni destinati ai servizi dello Stato, il
materiale scientifico ed artistico;
- le passività consolidate, perpetue e le passività diverse.
Il conto generale del patrimonio e composto da quattro sezioni:
- conto generale del patrimonio, in cui vengono evidenziati i
movimenti nei beni patrimoniali dello Stato;
- dimostrazione dei punti di concordanza tra la contabilità del
bilancio e quella del patrimonio, in cui si evidenziano le
relazioni intercorrenti tra l’aspetto finanziario e l’aspetto della
gestione;
- quadro generale riassuntivo delle rendite e delle spese, nel quale
si evidenziano le variazioni economiche che derivano dalla
gestione delle entrate e delle uscite di competenza, nonché dalla
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gestione dei residui e dalla gestione del patrimonio non
finanziario;
- le attività e le passività del patrimonio dello Stato.
Per quanto concerne il conto del patrimonio, è da evidenziare, inoltre,
che il decreto interministeriale 18 aprile 2002, emanato in attuazione
dei commi 1 e 2 dell’art. 14 del D.Lgs.279/1997, ha introdotto una
nuova classificazione degli elementi attivi e passivi del patrimonio
dello Stato, nonché l’indicazione dei criteri di valutazione di tali
elementi.
Conseguentemente, si è reso necessario procedere ad una nuova
impostazione del conto generale del patrimonio sotto il profilo di una
maggiore significatività in riferimento all’economicità della gestione
patrimoniale. Il documento esporrà i componenti attivi e passivi del
patrimonio dello Stato raccordati alla classificazione delle poste attive
e passive riportate nel SEC ’95 (Regolamento n. 2223/96 del
Consiglio del 25 giugno 1996, relativo al Sistema Europeo dei conti
nazionali e regionali nella Comunità).
Per quanto concerne la formazione del rendiconto generale dello
Stato:
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- al termine dell’esercizio finanziario ciascun Ministero compila il
conto del bilancio e il conto del patrimonio relativi alla propria
amministrazione;
- entro il 30 aprile successivo tali conti vengono trasmessi alla
Ragioneria generale dello Stato, che redige i prospetti riassuntivi
del conto del bilancio;
- entro il 31 maggio il Ministro dell’Economia e delle Finanze
trasmette il rendiconto alla Corte dei Conti per la
«parificazione», consistente nella verifica che la Corte dei
Conti effettua del rendiconto generale dello Stato e nel confronto
dei risultati, relativi sia alle spese che alle entrate, con le
previsioni contenute nella legge di approvazione del bilancio di
previsione. Una volta parificato il rendiconto la Corte dei Conti
lo trasmette al Ministro dell’Economia e delle Finanze con i
relativi allegati, per la successiva presentazione al Parlamento;
- entro giugno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, il
Ministro dell’Economia e delle Finanze, presenta il rendiconto al
Parlamento. La legge di approvazione del Parlamento ha
carattere meramente formale, conferisce esclusivamente
83
irrevocabilità alle risultanze dell’attività di gestione. o sulla
gestione del bilancio al fine di accertare che la gestione delle
entrate e delle spese sia stata effettuata in conformità con il
bilancio di previsione e in generale con le norme vigenti.
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