Capitolo 14
I VIZI FORMALI E PROCEDIMENTALI
di Roberto Giovagnoli
(estratto del volume a cura di M.A. Sandulli, Il codice
dellazione amministrativa, Giuffr, 2010)
Sommario: 1. La legge n. 241 del 1990 e la tendenza alla
dequotazione del vizio procedimentale. - 2. I casi in cui il vizio
procedimentale non determina lannullabilit del provvedimento. -
2.1. Il criterio del raggiungimento dello scopo. - 2.2.Il criterio
della mancanza di interesse a ricorrere. - 2.3. Osservazioni
critiche sul criterio della carenza di interesse a ricorrere. -
2.4. Applicazioni giurisprudenziali in tema di conservazione degli
atti affetti solo da vizi procedimentali: A) i procedimenti
elettorali. - .5. (segue) B) La mancata comunicazione dellavvio del
procedimento. - 3. Le novit dellart. 21-octies: il riconoscimento
legislativo dellesistenza di vizi che non determinano lannullabilit
del provvedimento. - 4.Il provvedimento non annullabile se
alleffetto caducatorio del giudicato non si accompagna leffetto
conformativo. - 5. La dequotazione delleffetto demolitorio rispetto
a quello conformativo trova una ulteriore conferma nel codice del
processo amministrativo: laccertamento dellillegittimit senza
annullamento dellatto. - 6.Il problema dellindividuazione degli
atti a natura vincolata. - 7. Lart. 21-octies e i vizi formali. In
particolare: il difetto di motivazione e lincompetenza. - 8. Lart.
21 octies comma 2 prevede una forma di sanatoria processuale di un
provvedimento che rimane illegittimo o degrada la violazione
procedimentale a mera irregolarit? - 9. La conversione dellazione
di annullamento in unazione di accertamento dellillegittimit. -
10.Lart. 21-octies l. n. 241/1990 norma processuale o sostanziale?
- 11. Lart. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 richiede la
proposizione di una formale eccezione da parte della p.a. o
lirrilevanza del vizio procedimentale rilevabile anche dufficio?. -
12.Lart. 21 octies pone in capo al ricorrente lonere di allegare i
fatti e gli argomenti che non ha potuto introdurre nel procedimento
a causa della mancata comunicazione di avvio? - 13. Lonere delle
prova per la sanatoria degli altri vizi procedimentali. - 14.La
questione dellapplicabilit dellart. 21-octies, secondo comma alla
comunicazione dei motivi ostativi allaccoglimento dellistanza del
privato. 14.La questione dellapplicabilit dellart. 21-octies,
secondo comma alla comunicazione dei motivi ostativi
allaccoglimento dellistanza del privato. 15. Vizi procedimentali e
risarcimento del danno.
1. La legge n. 241 del 1990 e la tendenza alla dequotazione del
vizio procedimentale.
Il problema della rilevanza da attribuire ai vizi derivanti
dalla violazione di regole di mera procedura da tempo al centro
dellinteresse della dottrina e della giurisprudenza, interesse
inevitabilmente cresciuto con lapprovazione della legge n. 241 del
1990 che ha dettato una codificazione, prima mancante, delle norme
del procedimento.
Con la legge sul procedimento amministrativo si assiste,
tuttavia, ad un fenomeno che per alcuni versi pu apparire
contraddittorio. Da un lato, il legislatore del 1990 sanziona
solennemente le regole della legittimit procedimentale,
riclassificando quei vizi, che per linnanzi venivano in
considerazione come sintomi indiretti delleccesso di potere, in
vizi di violazione di legge, cio in cause dirette di legittimit
dellatto.
Parallelamente, tuttavia, proprio nel momento in cui tali vizi
passano dalla categoria (con valore indiziante indiretto)
delleccesso di potere a quella della violazione di legge, assumendo
cos la configurazione di vizi autonomi e diretti, la loro forza
invalidante viene posta in discussione.
Inizia, infatti, ad affermarsi un indirizzo interpretativo che
ritiene spesso necessario, affinch il vizio procedimentale possa
tradursi in causa di annullabilit dellatto, un requisito ulteriore
(variamente configurato, a secondo dei casi), in mancanza del quale
il vizio procedimentale non si traduce in vizio di legittimit.
Come ha efficacemente evidenziato una attenta dottrina, in
questo modo, i vizi procedimentali continuano a rimanere sintomi,
solo sintomi, non pi di eccesso di potere, ma di violazione di
legge. Perch abbiano forza viziante, perch determinino, in altri
termini, la annullabilit del provvedimento occorre un passaggio
logico ulteriore.
La tendenza alla dequotazione del vizio procedinamentale ora
suggellata a livello normativo dal nuovo art. 21 octies, comma 2,
legge n. 241/1990 che stabilisce, come vedremo meglio nei paragrafi
successivi, la regola della non annullabilit del provvedimento
amministrativo affetto da un vizio di forma o di procedimento,
quando il vizio medesimo non abbia influito sul contenuto
dispositivo del provvedimento.
2. I casi in cui il vizio procedimentale non determina
lannullabilit del provvedimento
Prima ancora che la legge n. 15/2005, novellando la legge n.
241/1990, dedicasse una norma ad hoc ai vizi procedimentali,
dottrina in giurisprudenza si interrogavano sui criteri da
utilizzare per selezionare, nellambito dei violazioni formali e
procedimentali, quelle non invalidanti.
Al riguardo, i criteri utilizzati erano essenzialmente due: il
criterio del raggiungimento dello scopo e e il criterio della
mancanza dellinteresse a ricorrere.
2.1. Il criterio del raggiungimento dello scopo
In base al primo criterio, per apprezzare il valore delle
violazioni procedimentali occorre riferirsi allo scopo della
disposizione violata: se lo scopo raggiunto, nonostante la
violazione, non si ha alcun effetto viziante, diversamente, ove lo
scopo non raggiunto, la violazione procedimentale produce
lannullabilit del provvedimento.
Si parla, a tal proposito, di principio di strumentalit delle
forme, per evidenziare che i comportamenti procedimentali vengono
previsti e imposti in relazione a scopi di rilievo sostanziale, per
cui leffetto viziante si ha soltanto nel caso in cui tale scopo non
venga raggiunto. In altri termini, secondo questa impostazione, le
forme procedimentali non hanno valore in s, ma per gli scopi
sostanziali che vi sono sottesi (Cons. St., sez. V, 25 gennaio
2003, n. 344; Cons. St., sez. IV, 30 settembre 2002, n. 5003).
Il principio del raggiungimento dello scopo risulta avvalorato
anche dallart. 263, comma 2, del Trattato sul funzionamento
dellUnione Europea, ai sensi del quale, i vizi di legittimit degli
atti adottati dalle istituzioni comunitarie che ne legittimano
limpugnazione davanti alla Corte di Giustizia nel termine
perentorio di due mesi sono lincompetenza, la violazione di forme
sostanziali, la violazione del Trattato e delle norme relative alla
sua applicazione, e infine lo sviamento di potere.
Quel che in questa sede interessa il riferimento alle al
concetto di forma sostanziale che evoca, anche alla luce della
giurisprudenza del Consiglio di Stato francese, una
contrapposizione rispetto alle forme formali, ossia alla
prescrizioni che non incidono sul raggiungimento dello scopo e
sulla correttezza sostanziale dellesercizio del potere
amministrativo.
Del criterio del raggiungimento dello scopo, il nostro Giudice
Amministrativo ha fatto spesso uso, ad esempio quando ha affermato
che la mancata comunicazione dellavvio del procedimento non
determina lannullabilit dellatto nei casi in cui il privato sia
venuto aliunde a conoscenza dellinizio del procedimento (ed abbia
cos avuto la possibilit di parteciparvi) (Cons. St., sez. IV, 16
febbraio 2010, n. 885; Cons. St., sez. V, 14 febbraio 2003, n.
811), oppure nei casi in cui linizio del procedimento sebbene non
comunicato consegua automaticamente dalladozione di un precedente
atto di cui il privato sia a conoscenza o, infine, nei casi in cui
il procedimento abbia avuto inizio su istanza dellinteressato. In
tali casi, nonostante la violazione procedimentale, lo scopo
perseguito dal legislatore mediante ladempimento mancante (che il
privato conosce linizio del procedimento in modo da potervi
partecipare) stato infatti raggiunto.
2.2.Il criterio della mancanza di interesse a ricorrere.
Il secondo criterio (quello che fa leva sulla mancanza di
interesse a ricorrere) tende, invece, a negare il valore viziante
delle violazioni procedimentali, quando, anche a prescindere dal
raggiungimento dello scopo, il contenuto dispositivo del
provvedimento adottato (e impugnato) non avrebbe potuto essere
diverso, anche se la violazione non ci fosse stata. Si esclude, in
altri termini, che vi sia interesse a ricorrere in capo al soggetto
che pretenda di impugnare un atto soltanto nella forma o nel
procedimento laddove questi vizi non hanno potuto influire sul
contenuto sostanziale del provvedimento (Cons. St., sez. V, 29
gennaio 1000, n. 72; Cons. St., sez. VI, 1 febbraio 1999, n. 101.
In dottrina fanno leva sulla carenza di interesse al ricorso per
escludere lannullamento del provvedimento affetto da soli vizi
formali: Cannada Bartoli, Interesse, 1 ss.; Greco, Laccertamento
autonomo del rapporto nel processo amministrativo, , 192;
Guantario, Dequotazione della motivazione e provvedimento
amministrativo, 32; La Torre, Linteresse a ricorrere nella
giustizia amministrativa, 1518 ss).
In tal caso, soprattutto laddove venga in considerazione
unattivit vincolata dellamministrazione, il ricorrente non pu
trarre dal ricorso alcuna concreta utilit, atteso che latto,
essendo conforme nel suo contenuto dispositivo alla norma, non
potrebbe che essere rinnovato con il medesimo contenuto, e quindi
produrre i medesimi effetti pregiudizievoli al ricorrente.
Allo stesso tempo, lannullamento dellatto (nel suo contenuto
sostanziale conforme alla legge) determinerebbe conseguenze
negative dal punto di vista della cura degli interessi pubblici:
ed, infatti, oltre alla violazione del generale principio di
conservazione degli atti giuridici, esso darebbe luogo
esclusivamente a ritardo nellesplicazione dellazione
amministrativa, in contrasto evidente con i principi dellefficacia
e dellefficienza dellazione amministrativa (Cfr. V. Cerulli Irelli,
Considerazioni in tema di sanatoria dei vizi formali, 107).
Tale criterio, come la dottrina (F.G. Scoca, 67) non ha mancato
di osservare, profondamente diverso rispetto a quello fondato sul
raggiungimento dello scopo. Ed invero, mentre questultimo comporta
una valutazione ex ante, basata oltre che sulla lettera sulla ratio
della norma che si assume violata (cosicch la violazione formale
viene apprezzata alla luce di un parametro obiettivo e
preesistente), il secondo parametro comporta una valutazione ex
post: in presenza della violazione, il suo valore viziante deriva
non da un giudizio sulla sua conformit alla lettera e alla ratio
della norma, ma da un giudizio prognostico circa lesito possibile
del procedimento (F.G. Scoca, 67).
2.3. Osservazioni critiche sul criterio della carenza di
interesse a ricorrere
Il criterio che salva il provvedimento affetto da soli vizi
formali o procedimentali, ma conforme alla legge nel suo contenuto
dispositivo, sulla base della carenza di interesse a ricorrere, pur
accolto da autorevole dottrina e talora recepito in giurisprudenza,
stato oggetto di vivaci rilievi critici da parte della dottrina
prevalente.
Si osservato, in primo luogo, che impossibile operare una
valutazione a priori dellutilitas che il ricorrente potr ricavare
dallaccoglimento del ricorso, poich tale utilitas sar conosciuta
solo dopo la definizione del giudizio (Cfr.. Nicosia, Interesse
legittimo e tutela giurisdizionale, 281 ss. Sullargomento cfr. pure
D.U. Galetta, Violazione di norme sul procedimento e annullabilit
del provvedimento, Milano, 2003, 152; Id., Giudice amministrativo e
vizi formali).
Si ancora rilevato come il termine utilit sia suscettibile di
fraintendimenti, poich esso pu essere inteso sia come riferito al
mezzo (utilit dellattivit processuale) sia come riferito al fine
(utilit del risultato che consegue alla sentenza di accoglimento)
(Sassoni, Note sul concetto di interesse ad agire, 30 ss.). Sotto
questo profilo, si altres eccepito che, pure accogliendo questa
seconda accezione del termine utilit, non vi alcuna norma, che
attribuisca al giudice il potere di operare una valutazione
relativa allutilit della pronuncia per il ricorrente: al giudice
amministrativo compete, infatti, unicamente la repressione
dellillegittimit dellazione amministrativa ed il ripristino della
legalit violata attraverso un annullamento del provvedimento, quale
che possa essere lutiilit di tale pronuncia per il ricorrente Cfr.
Nicosia, Interesse legittimo e tutela giurisdizionale, cit., 283;
Brignola, Gli interessi strumentali, in Foro amm., 1986, 587).
Per non dire poi del fatto, pure evidenziato in dottrina, che il
provvedimento, che venisse successivamente reiterato in forma
corretta, potrebbe avere decorrenza successiva a quella dellatto
originario, e ci basterebbe, nella maggior parte dei casi, ad
escludere la carenza dellinteresse al ricorso (F. Trimarchi Banfi,
Illegittimit e annullabilit del provvedimento amministrativo, in
Dir. proc. Amm., 2003, 415; G: Greco, Laccertamento autonomo del
rapporto nel giudizio amministrativo, Milano, 1980, 192).
Le voci critiche sollevate da questa dottrina hanno trovato
ulteriore linfa in quella giurisprudenza che nelleffettuare la
verifica relativa alla sussistenza dellinteresse a ricorrere, ha, a
volte, mostrato una spiccata tendenza ad ampliare laccesso alla
giustizia amministrativa.
Muovendo dalla distinzione tra interesse sostanziale e interesse
al ricorso, la giurisprudenza amministrativa, in alcuni casi, ha,
infatti, ritenuto sussistente linteresse al ricorso
indipendentemente dallutilit sostanziale che il ricorrente possa
trarre dalla forma di tutela esperita.
Significative, in tal senso, sono quelle pronunce che
riconoscono la sussistenza dellinteresse al ricorso anche laddove
lutilit che scaturirebbe dalla pronunzia di annullamento sia di
natura semplicemente morale o strumentale, o quando linteresse
riguarda esclusivamente la semplice ridiscussione del rapporto
controverso.
In particolare, la giurisprudenza pi recente ha ritenuto
sussistente un interesse a ricorrere anche nellipotesi in cui il
provvedimento amministrativo abbia esaurito i suoi effetti oppure
sia intervenuto un provvedimento satisfattivo dellinteresse del
ricorrente: a tale conclusioni si giunti alla luce delle possibilit
di tutela ulteriori che possono derivare dallaccoglimento del
ricorso, specie per quanto concerne la possibilit di ottenere il
risarcimento del danno.
2.4. Applicazioni giurisprudenziali in tema di conservazione
degli atti affetti solo da vizi procedimentali: A) i procedimenti
elettorali.
I principali settori in cui pi frequentemente la giurisprudenza
ha fatto ricorso ai criteri sananti sopra esaminati al fine di
conservare provvedimenti amministrativi affetti da vizi
procedimentali sono costituiti, per un verso, dai procedimenti
elettorali, e, per un altro verso, come in parte si gi visto, dai
procedimenti non preceduti dalla comunicazione di avvio ai sensi
dellart. 7 l. n. 241/1990.
Il procedimento elettorale, in particolare, rappresenta il
settore pi tradizionale di applicazione del principio del
raggiungimento dello scopo. Al riguardo, la giurisprudenza afferma
che la difformit tra la procedura normativamente prevista e quella
seguita in concreto integra lipotesi di irregolarit che non vizia
latto sotto il profilo della violazione di legge ogniqualvolta il
procedimento seguito appaia comunque idoneo a garantire,
ragionevolmente, laffidabilit delle operazioni elettorali.
Sulla base di tali premesse, il Consiglio di Stato ha affermato
che non ogni irregolarit commessa nelle elezioni ne produce la
nullit, ma solo quelle sostanziali e che possono influire sulla
sincerit e sulla libert delle elezioni medesime onde la nullit
determinata solo dalla mancanza di quegli elementi o requisiti che
impediscono il raggiungimento dello scopo al quale latto
prefigurato; laddove, quindi, vi siano vizi tali da pregiudicare le
garanzie o da comprimere la libera espressione del voto (Cons. St.,
sez V, 19 febbraio 1999, n. 135).
Si ritenuto, ad esempio, che se il verbale stato sottoscritto da
tutti i componenti dellufficio, non sussiste alcuna nullit quando
essi hanno siglato o firmato tutte le pagine di cui composto il
verbale stesso. E ancora, si affermato che dalla affermata
violazione dei principi di continuit, di pubblicit e di non
revisionabilit delle operazioni elettorali non deriva di per s,
automaticamente, la nullit delle operazioni elettorali stesse, ove
non si dimostri che le dedotte infrazioni abbiano in qualche modo
influito sul procedimento impedendo allo stesso di pervenire in
maniera legittima al suo scopo naturale che costituito dalla
raccolta e dallo scrutinio dei voti (Cfr. sullargomento S.
DAntonio, Alcune considerazioni in tema di irregolarit degli atti
amministrativi, in Foro amm., 1998, I, 3251)..
2.5. (segue) B) La mancata comunicazione dellavvio del
procedimento
La tendenza a negare rilievo alle illegittimit formali quando
esse non riverberano i loro effetti, diretti o indiretti, sul
contenuto del provvedimento conclusivo o, comunque, non impediscono
il raggiungimento dello scopo cui la formalit era preordinata
emerge, in maniera, netta anche in alcune pronunce
giurisprudenziali in tema di omessa comunicazione dellavvio del
procedimento
Emblematica, in tal senso, la sentenza del Consiglio di Stato,
sez. V, 22 maggio 2001, n. 2823 (In UA., 2002, n. 1, 78, con nota
di A. Di Mario, La comunicazione di inizio dei procedimenti
vincolati: uninteressante novit giursprudenziale), che merita
particolare attenzione in quanto fa il punto della situazione in
tema di obbligo di comunicazione dellavvio del procedimento
Chiamato a giudicare sulla illegittimit di un provvedimento
amministrativo emanato senza il previo avviso di inizio del
procedimento ex art. 7 legge n. 241/1990, il Collegio afferma un
canone interpretativo di portata fondamentale per definire la
rilevanza della riscontrata difformit tra latto amministrativo e le
regole che ne disciplinano lemanazione: laccertato contrasto tra la
fattispecie concreta e il paradigma astratto delineato dalla norma
non determina, per ci solo, linvalidit dellatto. Lillegittimit pu
essere affermata solo quando la violazione della regola provoca una
lesione dellinteresse, ancorch meramente strumentale, perseguito
dal ricorrente.
Sulla base di tali premesse, mosso dallintento di di trovare un
punto di equilibrio fra le esigenze garantistiche codificate
dallart. della legge n. 241/1990 (e delle analoghe norme regionali
e degli enti locali) e la necessit si assicurare lefficace
svolgimento dellattivit amministrativa il Consiglio passa poi a
delineare, in modo articolato, le ipotesi in cui lassenza formale
della preventiva comunicazione non determina lillegittimit dellatto
formale adottato. Ci accade, secondo la sentenza, nelle seguente
ipotesi:
a) quando il soggetto interessato ha comunque ottenuto
conoscenza del procedimento in tempo utile per realizzare
leventuale partecipazione delliter istruttorio;
b) nei casi in cui il procedimento consegue, con un preciso
nesso di derivazione necessaria, da una precedente attivit
amministrativa gi conosciuta dallinteressato;
c) nei procedimenti amministrativi ad istanza di parte,
nellambito dei quali la previsione di un autonomo obbligo di
comunicazione realizza un evidente duplicazione di attivit, con
aggravio dellamministrazione, non compensato da particolari utilit
per i soggetti interessati;
d) in tutti i casi in cui ricorrono congiuntamente le seguenti
condizioni: 1) ladozione del provvedimento finale doverosa (oltre
che vincolata) per lAmministrazione; 2) i presupposti fattuali
dellatto risultano assolutamente incontestati tra le parti; 3) il
quadro normativo di riferimento non presenta margini di incertezza
sufficientemente apprezzabili; 4) leventuale annullamento del
provvedimento finale, per accertata violazione dellobbligo formale
di comunicazione non priverebbe lAmministrazione del potere (o
addirittura del dovere) di adottare un nuovo procedimento di
identico contenuto (anche in relazione alla decorrenza dei suoi
effetti giuridici).
Nelle prime tre ipotesi di eccezione allobbligo di comunicazione
(sub a), b) e c)) evidente il recepimento da parte della
giurisprudenza della regola del raggiungimento dello scopo: il
presupposto di partenza , infatti, che lo scopo della comunicazione
di avvio del procedimento unicamente quello di provocare nel
destinatario la conoscenza delloggetto della comunicazione stessa
(In senso critico rispetto a questo indirizzo giurisprudenziale
cfr. D. Urania Galetta, Violazione di norme, cit., 182, secondo la
quale la comunicazione di avvio del procedimento non ammette
equipollenti: a meno di non voler tradire la lettera e lo spirito
della legge sul procedimento).
Con riferimento alla ipotesi di esclusione sub d), il Consiglio
sembra utilizzare, invece, il criterio, sopra menzionato, della
carenza di interesse a ricorrere: il privato non ha interesse ad
ottenere lannullamento del provvedimento viziato laddove leventuale
accoglimento del ricorso non gli darebbe alcuna utilit in quanto
leventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata
violazione dellobbligo formale di comunicazione non priverebbe
lamministrazione del potere (o addirittura del dovere) di adottare
un nuovo provvedimento di identico contenuto (anche in relazione
alla decorrenza degli effetti giuridici).
In tal modo, il Consiglio ha accolto una tesi intermedia fra
lorientamento rigoroso che riconosceva sempre rilievo invalidante
allomissione della comunicazione di avvio del procedimento e la
soluzione opposta che circoscriveva la portata cogente dellart. 7
legge n. 241 del 1990 ai soli atti discrezionali. Secondo la
decisione in esame, lobbligo di comunicazione di avvio del
procedimento non escluso, infatti, per tutti i procedimenti
vincolati (come in alcuni casi la giurisprudenza aveva sostenuto),
ma solo in quei casi in cui la partecipazione dellinteressato
sarebbe comunque inutile non potendo egli fornire alcun apporto n
sotto il profilo dellaccertamento dei presupposti di fatto cui
subordinato il provvedimento (per essere questi incontestati), n
sotto il profilo dellinterpretazione delle norme che disciplinano
lazione della p.a. per essere lo stesso sufficientemente
chiaro.
Ne discende che la comunicazione di avvio del procedimento
rimane, invece, obbligatoria laddove, pur in presenza di
provvedimenti vincolati, risultano incerti la situazione fattuale o
il quadro normativo di riferimento.
3. Le novit dellart. 21-octies: il riconoscimento legislativo
dellesistenza di vizi che non determinano lannullabilit del
provvedimento.
Dopo anni di lunga e copiosa elaborazione dottrinale e
giurisprudenziale, la categoria del vizio formale o procedimentale
che non determina lannullabilit del provvedimento approdata a
livello normativo con lart. 21 octies legge n. 241/1990.
Lart. 21-ocites, se, al primo comma, conferma la regola che il
provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o
viziato da eccesso di potere o da incompetenza si espone allazione
di annullamento, al secondo comma, descrive talune ipotesi in cui
il provvedimento amministrativo, pur non rispondendo al paradigma
di legge, non pu essere annullato.
Ricorrono tali ipotesi, per i provvedimenti a carattere
vincolato, nei casi di violazione di norme sul procedimento o sulla
forma degli atti che non hanno avuto alcuna incidenza sul contenuto
dispositivo del provvedimento, tanto da risultare palese che
questultimo, non avrebbe potuto essere dissimile quandanche fossero
state osservate puntualmente le norme violate.
Una disciplina particolare poi dettata per il vizio di mancata
comunicazione di avvio del procedimento: qui escluso lannullamento
qualora lamministrazione dia prova in giudizio che il contenuto
dellatto (che in questo caso pu essere anche discrezionale) sarebbe
stato lo stesso anche se la comunicazione omessa fosse stata
effettuata.
Prima di addentrarci nellesame della norma in questione, appare,
tuttavia, opportuno, al fine di comprenderne meglio la portata
innovativa, fare un passo indietro e soffermare lattenzione sulla
prima formulazione della norma, prima delle modifiche apportate
dalla Camera dei Deputati nella seduta del 14 gennaio 2004.
Loriginaria versione della norma contenuta nellart. 21-sexies
del disegno di legge A.S. n. 1281, approvato dal Senato il 10
aprile 2003 stabiliva che annullabile il provvedimento
amministrativo contrario a norme imperative o viziato da eccesso di
potere (1 comma). La norma poi introduceva, al 2 comma, la
distinzione tra vizi sostanziali, influenti, e vizi formali,
influenti, prevedendo che non annullabile il provvedimento adottato
in violazione di norme sul procedimento amministrativo o sulla
forma degli atti, le quali non abbiano un rilievo essenziale per la
correttezza del procedimento, quando il contenuto del provvedimento
non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato.
La norma, che ricalcava la vecchia versione del 46 VwVfG (Su cui
vedi J. Becker, La sanatoria dei vizi formali nel procedimento
amministrativo tedesco, in V. Parisio (a cura di), Vizi formali,
procedimento e processo amministrativo, Milano, 2004, 3 ss.; D.
Urania Galetta, Giudice amministrativo e vizi formali, ibidem, 77
ss; Id., Violazione di norme, 45 ss.), aveva subito sollevato un
vivace dibattito in merito alla sua effettiva portata. In
particolare, ci si era chiesti se la possibilit di adottare un
provvedimento diverso dovesse essere valutato in punto di fatto
ovvero in punto di diritto.
Per una prima tesi restrittiva, la norma poteva essere applicata
solo in presenza di una attivit totalmente assoggettata alla legge,
tale cio da non lasciare spazio di scelta alcuno allautorit
amministrativa agente.
Secondo questo indirizzo, in altri termini, la norma sarebbe
stata applicabile soltanto in presenza di un vincolo normativo
completamente preclusivo, con esclusione, quindi, non solo dei
provvedimenti espressione di discrezionalit amministrativa o di
discrezionalit tecnica, ma anche di provvedimenti solo parzialmente
vincolati (ad esempio, vincolati nel quid, ma discrezionali nellan,
oppure vincolati nellan e nel quid, ma non nel destinatario) (Cfr.,
in tal senso, D. Urania Galetta, Violazione di norme, cit., 123
ss..
La norma, in definitiva, avrebbe potuto essere applicata solo a
provvedimenti vincolati in termini giuridici, cio nel caso in cui
il provvedimento adottato fosse stato lunico ammesso secondo il
diritto, e, pertanto, non vi fosse stato alcuna alternativa
giuridica alladozione di quella determinata decisione.
Tale interpretazione, come riconoscevano anche i suoi fautori
(D. Urania Galetta, Violazione di norme, 126), conferiva, tuttavia,
alla norma de qua, una portata piuttosto ridotta, tanto da far
sorgere seri dubbi sulla sua effettivit utilit pratica: essa,
infatti, avrebbe trovato applicazione solo nelle ipotesi che
risultano essere davvero limitatissime di attivit amministrativa
interamente vincolata.
Unaltra tesi, allopposto, riteneva che la mancanza di
alternative cui la disposizione faceva riferimento dovesse essere
valutata non sono con riferimento alla situazione di diritto, ma
anche alla luce della situazione di fatto. Ne derivava che anche
ove il provvedimento non fosse stato giuridicamente vincolato, il
giudice poteva accertare che, alla luce della situazione di fatto,
il provvedimento era lunico ragionevole, lunica decisione corretta
nel caso concreto.
Detto in altre parole, secondo questa impostazione,
lalternativit (intesa come alternativit di fatto e non solo di
diritto) avrebbe dovuto ritenersi esclusa anche nei casi in cui,
sebbene lordinamento avesse consentito in astratto di scegliere tra
diversi provvedimenti tutti ugualmente possibili, ciononostante il
provvedimento adottato rappresentava nel caso concreto lunica
soluzione ragionevole, alla luce della situazione di fatto e delle
problematiche specifiche emerse nel corso del procedimento.
A sostegno di questa posizione si osservava, del resto, che le
c.d. carenze minimali (quali la mancata indicazione dellautorit cui
ricorrere o la mancata indicazione della delega pur prevista dalla
normativa o la mancata indicazione della data o del parere) possono
riguardare indistintamente atti discrezionale e atti vincolati (G.
Morbidelli, Invalidit e irregolarit, 93).
Inoltre, questa tesi, pur riconoscendo che non mai possibile
stabilire con certezza che il provvedimento discrezionale non
poteva che essere quello, attesto il suo contenuto ontologicamente
variabile, sottolineava, tuttavia, che questa regola non vale
sempre, specie laddove il procedimento ha raggiunto una certa fase.
Si possono, infatti, avere provvedimento a carattere discrezionale,
ma che allinterno di n particolare procedimento, dopo una
determinata fase, assumono il carattere di provvedimenti vincolati:
si pensi, in caso di concorso di due domande di concessione di beni
demaniali (ex art. 37 cod. nav.), al vizio di mancata comparazione
quando il soggetto pretermesso non aveva n arte n parte, n
programmi e il prescelto quale concessionario era un primaria
societ cantieristica (G. Morbidelli, Invalidit e irregolarit,
93).
In definitiva, secondo questa impostazione, la individuazione
dei provvedimenti non annullabili non poteva essere fatta per
categorie, ma richiedeva una analisi caso per caso, per verificare
se la situazione fattuale era tale per cui non poteva che essere
adottato quello specifico provvedimento (si pensi al diniego di
abitabilit senza parere dellAsl, quando senza dubbio non sussistono
le condizioni igieniche di legge; al provvedimento di demolizione
di unopera abusiva adottato senza aver prima esaminato la domanda
di sanatoria che per a sua volta non poteva che essere respinta; al
provvedimento di spostamento delle condutture elettriche adottato
senza richiesta dalle autorit interessate, che per successivamente
condividono tale spostamento (art. 126 T.U. acque ed impianti
elettrici), e in genere alla mancata acquisizione di un parere
favorevole che poi intervenuto in senso favorevole o che non poteva
incidere su quella determinazione, del tutto astretta dal fatto e
dalla norma di legge).
La tesi in esame stata, tuttavia certamente superata dal testo
poi approvato in via definitiva ove si stabilisce che non
annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul
procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura
vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto
dispositivo, non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.
Il legislatore della riforma ha, in tal modo, limitato
lapplicazione della norma ai soli provvedimenti vincolati, cos
impedendo al giudice amministrativo di sostituirsi
allamministrazione nellesercizio della discrezionalit in sede di
formulazione del giudizio prognostico sul possibile esito del
procedimento.
Diversa, invece la soluzione accolta, come si gi accennato, per
le violazioni relative allobbligo di comunicazione dellavvio del
procedimento, per le quali, alla luce del dettato del comma 2
dellart. 21-octies, si ammette la sanatoria anche in presenza di
provvedimenti dnon vincolati.
4.Il provvedimento non annullabile se alleffetto caducatorio del
giudicato non si accompagna leffetto conformativo.
Il legislatore con il nuovo art. 21 octies sembra aver recepito
il criterio della mancanza di interesse a ricorrere: il privato non
ha interesse a far valere un vizio che non ha influito sul
contenuto dispositivo del provvedimento in quanto la vittoria che
otterrebbe attraverso la caducazione di quellatto sarebbe una
vittoria apparente e meramente provvisoria. Ed invero,
lAmministrazione potrebbe riadattare un atto, emendato dal vizio
procedimentale, e dello stesso contenuto di quello annullato.
Quella del privato sarebbe, in altri termini, una vittoria di
Pirro, perch dal giudicato di annullamento deriverebbe solo un
effetto caducatorio, ma nessun utile effetto conformativo ai fini
del riesercizio del potere amministrativo.
Mostrando, quindi, di concepire il giudizio amministrativo come
un giudizio non (tanto) sullatto, ma (soprattutto) sul rapporto, il
legislatore pone ora la regola secondo cui, se dalla sentenza di
annullamento pu derivare solo un effetto caducatorio, ma nessun
effetto conformativo, il provvedimento deve rimanere in vita, perch
il privato non ha alcun serio interesse per caducarlo.
La nuova disciplina dedicata a vizi procedimenti dalla legge di
riforma della legge n. 241 del 1990 riflette il mutamento che la
concezione di interesse legittimo ha registrato nella riflessione
dottrina e giurisprudenziale degli ultimi dieci anni.
Negare la possibilit di annullare latto illegittimo per vizi di
forma, quando latto stesso pu essere riprodotto con contenuto
immutato, significa, infatti, dare autonoma rilevanza allinteresse
materiale protetto ed al pregiudizio subito da questultimo,
rompendo definitivamente la coincidenza tra linteresse obiettivo
alla legittimit dellatto amministrativo e linteresse individuale,
soggettivizzato nella figura dellinteresse legittimo.
Il legislatore della novella sembra recepire, cos, la
concezione, gi avallata dalla Corte di Cassazione nella nota
sentenza n. 500 del 1999, dellinteresse legittimo come la posizione
di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della
vita oggetto di un provvedimento amministrativo e consistente
nellattribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul
corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la
realizzazione dellinteresse al bene (Cass. Civ. S.U. n.
500/1999).
Linteresse legittimo, in altri termini, non rileva come
situazione meramente processuale, quale titolo di legittimazione
per la proposizione del ricorso, ma ha anche natura sostanziale,
nel senso che si correla ad un interesse materiale del titolare ad
un bene della vita. E la possibilit di soddisfare tale interesse
materiale rileva ai fini dellannullabilit del provvedimento
illegittimo, nel senso che la pretesa allannullamento del
provvedimento viziato non trova spazio quando risulti certa
lassenza di collegamento tra il motivo di illegittimit e la
possibilit di realizzazione dellinteresse sostanziale.
Seguendo questa impostazione, ora accolta dal legislatore della
novella, la lesione dellinteresse legittimo in tanto pu dirsi
esistente, in quanto la violazione delle regole nella quale la
pubblica amministrazione incorsa abbia pregiudicato la possibilit
di realizzazione dellinteresse materiale; il che accade quando
losservanza della regola che stata violata avrebbe potuto condurre
ad un esito del provvedimento satisfattivo dellinteresse materiale
suddetto.
Questa lettura dellinteresse legittimo non contraddice,
contrariamente a quanto da alcuni sostenuto, il carattere
strumentale dello stesso. E vero, infatti, che la strumentalit
qualificazione con la quale viene messo in luce il fatto che la
posizione giuridica in questione non ha, a differenza del diritto
soggettivo, una tutela piena e incondizionata, perch ha ad oggetto
un bene della vita che oggetto del potere dellAmministrazione, e
che, pertanto, il privato potr conseguire o conservare solo se non
vi sono ragioni ostative per linteresse pubblico che la p.a.
chiamata a valutare. Cosicch linteresse al bene potrebbe non
realizzarsi, senza che per questo linteresse legittimo risultasse
leso.
Tuttavia, come stato correttamente rilevato, questa peculiarit,
che riflette linterporsi del provvedimento amministrativo tra
linteresse al bene che oggetto dellazione amministrativa e la
realizzazione di questo interesse, non implica che il trattamento
che nei singoli casi lordinamento riserva allinteresse materiale
risulti indifferente, quando si tratti di verificare se vi sia
stata lesione dellinteresse legittimo: questultimo, infatti, non
interesse formale alla legittimit del provvedimento che neghi o
sottragga il bene, ma piuttosto pretesa a che il bene non sia
negato o sottratto se non alle condizioni stabilite
dallordinamento.
Per questo, se la disciplina della fattispecie, considerata nei
suoi aspetti sostanziali, esclude la possibilit che linteresse
materiale sia soddisfatto, vengono a mancare insieme il pregiudizio
per linteresse materiale e la lesione dellinteresse legittimo.
Ci comporta, come stato rilevato in dottrina (D. Corletto, Vizi
formali e poteri del giudice amministrativo, in Dir. Proc. Amm.
2006, 43), che lart. 21 octies introduce nella impugnazione di atti
vincolati lonere di prospettare anche motivi sostanziali. E questo
pare essere proprio lo scopo della norma che vuole impedire ricorsi
proposti sulla base di soli motivi formali o procedimentali da
parte di chi sa non avere difendibili motivi relativi alla
posizione sostanziale.
Gi nelle prime applicazioni vi qualche affermazione in tale
direzione. Cosi ad esempio T.a.r. Puglia, Lecce, 9 settembre 2005,
n. 4207: il ricorrente omette di allegare alcuna censura di tipo
sostanziale, sicch il motivo (mancato avviso dellinizio del
procedimento) si presenta infondato e meramente formale [].
Mancando ogni censura di tipo sostanziale, risulta evidente che,
anche secondo la prospettazione della parte, il provvedimento non
avrebbe potuto essere adottato se non con quel contenuto.
Nel senso che lart. 21 octies, recependo una concezione
sostanzilistica dellinteresse legittimo (quale interesse al bene
della vita), nega la sussistenza dellinteresse a ricorrere ove il
ricorrente non possa attendersi, dalla rinnovazione del
procedimento una decisione diversa da quella gi adottata, si
recentemente pronunciato anche Cons. St., sez. VI, 17 ottobre 2006,
n. 6194.Il Consiglio in particolare ha cura di precisare che la
ragione della portata non invalidante del vizio non pu essere
rinvenuta nel criterio del raggiungimento dello scopo, mutuata
dalla previsione dellart. 156 c.c., comma 3, che stabilisce che la
nullit non pu mai essere pronunciata, se latto ha raggiunto lo
scopo a cui destinato. []Lart. 21-octies, invece, rende irrilevante
la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dellatto,
per una ragione diversa che non attiene al (sostanziale) rispetto
della specifica disposizione sulla forma o sul procedimento, bens
al fatto che il contenuto dispositivo dellatto non avrebbe potuto
essere diverso da quello in concreto adottato []. La novella
legislativa si limitata a codificare quelle tendenze gi emerse in
giurisprudenza mirate a valutare linteresse a ricorrere, che viene
negato ove il ricorrente non possa attendersi, dalla rinnovazione
del procedimento, una decisione diversa da quella gi adottata
(sulla base dellart. 21-octies il provvedimento non annullabile non
perch assoggettato ad un diverso regime di invalidit o irregolarit,
ma perch la circostanza che il contenuto non poteva essere diverso
priva il ricorrente dellinteresse a coltivare un giudizio, da cui
non potrebbe ricavare alcuna concreta utilit.
La valorizzazione della funzione conformativo del giudicato di
annullamento ancor pi evidente nel secondo periodo dellart. 21
octies comma 2: ove il giudice nonostante la replica
dellamministrazione dovesse convincersi della possibilit di un
contenuto diverso del provvedimento impugnato, la relativa
pronuncia di annullamento (soprattutto nellipotesi prevista dal
secondo alienea) non potrebbe non essere particolarmente compiuta e
definita quanto agli effetti conformativi, non fosse altro per
lobbligo gravante sul giudice di spiegare le ragioni per le quali
lonere probatorio dellamministrazione non abbia sortito effetti
sananti.
A ben vedere, dunque, il secondo alinea del comma 2 dellart. 21
octies l. 241/90, da un lato (per lipotesi in cui lamministrazione
dimostri in giudizio lineluttabilit del contenuto del provvedimento
impugnato), pur impedendo lannullamento, non fa venir meno (e anzi
attrae alla fase di cognizione) segmenti di funzione che in
precedenza (con inutile aggravio e dubbia utilit giuridica)
richiedevano una pronuncia di annullamento solo apparentemente
satisfattiva; dallaltro (per lipotesi in cui la prova di resistenza
dia esito negativo per lamministrazione) consente al giudice di
assegnare alla pronuncia di annullamento un contenuto conformativo
particolaremente incisivo (se non proprio integralmente
vincolante), che conferma anchesso la sempre pi accentuata
evoluzione del giudizio cassatorio in termini di giudizio di
spettanza (Sorrentino, Spunti di riflessione per una applicazione
vincolata del comma 2 dellart. 21 octies della legge n. 241/90, in
www.giustamm.it, 2007, n. 1).
5. La dequotazione delleffetto demolitorio rispetto a quello
conformativo trova una ulteriore conferma nel codice del processo
amministrativo: laccertamento dellillegittimit senza annullamento
dellatto
In definitiva, il comma 2 dellart. 21 octies l. 241/90, consente
da un lato, di funzionalizzare il processo amministrativo alla
effettiva giuridica meritevolezza della posizione dedotta in
giudizio, dallaltro, di recuperare in sede processuale segmenti di
funzione (quelli fondati sul confronto dialettico tra privato e
amministrazione) non rinunciabili, offrendo al giudice la
possibilit di adattare la rozzezza del rimedio cassatorio mediante
pronunce (di annullamento o meno) sempre pi calibrate sulla
peculiarit delle vicende amministrative portate alla sua cognizione
e maggiormente rispettose delle esigenze di effettivit di giustizia
ad esse inequivocamente sottese, dal momento che pure il processo
amministrativo (come ogni processo) strumento di tutela (sub specie
di conservazione o di acquisizione) di beni della vita e non pu
pertanto legittimamente pretendersi che esso possa dare pi di
quanto a ciascuno spetti sul piano della realt.
Sotto questo profilo, la norma , come si diceva, in linea con la
tendenza emersa in maniera sempre pi spiccata in questi ultimi anni
volta a spostare lattenzione dallatto al rapporto e, quindi, sotto
altro profilo, a valorizzare leffetto conformativo del giudicato
amministrativo, rispetto a quello meramente demolotorio.
In tale direzione, si rinvengono spunti interessanti
nellarticolato del codice del processo amministrativo appena varato
dalla Commissione speciale. Lespressa previsione sia di una
generale azione di accertamento (art. 36) dellesistenza o
inesistenza del rapporto, sia dellazione di adempimento (art. 40),
che, previo accertamento della fondatezza della pretesa, consente
al privato di ottenere dal giudice una condanna verso la p.a. ad un
facere provvedimentale, sono il chiaro segno dellacquisita
consapevolezza da parte del legislatore che, spesso, ci che al
privato interessa davvero non una pronuncia che abbia leffetto (o
solo leffetto) di eliminare latto illegittimo, ma soprattutto una
pronuncia che conformi il successivo esercizio del potere,
accertando la fondatezza della pretesa o lesistenza del
rapporto.
Il codice del processo codifica addirittura una particolare
forma di sentenza di accertamento (art. 45, comma 4), che si limita
a dichiarare lillegittimit dellatto senza annullarlo. Ci accadr
nellipotesi in cui il privato, pur non avendo pi interesse
allannullamento, conservi invece interesse allaccertamento dei vizi
di illegittimit che inficiavano latto, in vista delleffetto
conformativo che tale pronuncia pu avere in ordine al successivo
esercizio del potere da parte della p.a. Si pensi allimpugnazione
di un atto ad effetti provvisorio che nelle more del giudizio abbia
esaurito i suoi effetti: in un caso del genere, pur non essendo pi
utile lannullamento di un atto gi diventato inefficace,
laccertamento dellillegittimit dellatto pu risultare utile, in
quanto diano luogo ad un vincolo conformativo per l'amministrazione
resistente che si possa proiettare sui successivi atti che,
rispetto alla medesima situazione giuridicamente rilevante, trovino
il loro presupposto in quelli originariamente impugnati o comunque
costituiscano esercizio ulteriore dello stesso potere
precedentemente esercitato, al fine di prevenire il reiterarsi
delle illegittimit che gi possano essere risultate lesive della
posizione di interesse legittimo azionata con l'originario ricorso
(Tale tipo di pronuncia (di illegittimit senza annullamento) era
stata del resto gi ammessa in giurisprudenza. Si veda, ad esempio,
Cons. St., sez. VI, 3 agosto 2007, n. 4299, in FA - CDS 2007, 7-8,
2268, oppure Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4434, ibidem,
2004, 1700).
E evidente allora il nesso logico esistente tra lart. 21 octies,
comma , l. n. 241/1990 e lart. 45, comma 3, del codice del
processo. Nel primo caso la mancanza della possibilit di ottenere
un utile effetto conformativo rende inutile al privato leffetto
caducatorio, ed implica, quindi, il rigetto del ricorso per
lannullamento nonostante laccertata illegittimit dellatto; nel
secondo caso, linutilit delleffetto caducatorio, non rende
improcedibile il ricorso ed implica, anzi, laccertamento
dellillegittimit dellatto, quando tale accertamento utile al fine
di conformare il successivo esercizio del potere
Le norme in esame rappresentano il chiaro segnale della de
quotazione delleffetto caduca torio rispetto a quello conformativo,
in ossequio ad una concezione del giudizio amministrativo sempre pi
legata al rapporto anzich allatto.
In tale direzione si collocano del resto altre norme del codice:
lart. 45, comma 3, che prevede il divieto di assorbimento dei c.d.
motivi utili (quelli, cio, il cui accoglimento pu avere effetto al
fine di conformare in senso pi favorevole il successivo esercizio
del potere), oppure lart. 29 comma 2, secondo cui la procura
conferita si estende, salvo che non sia diversamente previsto,
anche ai motivi aggiunti, anche quando questi abbiano ad oggetto
atti diversi rispetto a quello originariamente impugnato, purch
connessi con loggetto del giudizio.
6.Il problema dellindividuazione degli atti a natura
vincolata
Lart. 21-octies, comma 2, primo alinea, pone per la
delimitazione del proprio ambito applicativo, un interrogativo,
preliminare e di fondo, afferente lindividuazione degli atti aventi
natura vincolata.
Il concetto di vincolo assume forme dinamiche e cangianti e non
pu essere esaminato sotto un profilo statico. Esso, infatti, va
verificato anche alla luce dellautovincolo che caratterizza il
fluire dellazione amministrativa.
Nella logica della norma de qua, come autorevolmente evidenziato
in dottrina, per provvedimento vincolato non si intende solo quello
necessitato ab origine sul piano del diritto, vale a dire un
provvedimento che in base alla norma strettamente intesa non poteva
che essere quello, risultando il proprio contenuto dalla
corrispondenza del fatto a norma, ma anche quello vincolato per
volont e per atto della stessa amministrazione (c.d. autovincolo),
in quanto la stessa con un precedente atto regolamentare, un bando
di gara, una lex specialis di un concorso, un atto generale, un
atto specifico nellambito del procedimento, ha consumato la propria
discrezionalit, autoimponendosi delle regole che stabiliscono un
vincolo dazione non sussistente nella disciplina normativa
primaria. Le procedure concorsuali e in particolare quelle di
appalto sono, da questo punto di vista, un caleidoscopio di esempi
sostanzialmente ampio.
Per provvedimento vincolato, inoltre, deve intendersi anche
quello risultante da un vincolo pattizio, assunto dalla p.a. ex
art. 11 della 241/1990. E, infatti, evidente che se
lAmministrazione si obbliga con il privato in sede di accordo ad
adottare un certo provvedimento amministrativo, questo
provvedimento, pur se ab origine discrezionale, finisce per
assumere natura vincolata, dovendo la p.a. attenersi allassetto di
interessi ivi divisato.
La frontiera che pone maggiori questioni in ordine alla
perimetrazione degli atti a natura vincolata concerne i casi in cui
lAmministrazione abbia gi esercitato e consunto la propria
discrezionalit, effettuando le proprie valutazioni di merito nel
corso dellistruttoria, e il provvedimento finale non venga
impugnato nella parte in cui recepisce le valutazioni espresse in
sede istruttoria. In tale ipotesi, il provvedimento pur avendo
natura discrezionale, per effetto della mancata censura delle
risultanze istruttorie da parte del ricorrente finisce per assumere
in giudizio le stesse fattezze di un atto sostanzialmente
vincolante, e leventuale vizio fatto valere con limpugnazione non
pu che impingere in una discrezionalit gi consumata e, dunque, su
un contenuto provvedimentale a carattere intrinsecamente
vincolato.
7. Lart. 21-octies e i vizi formali. In particolare: il difetto
di motivazione e lincompetenza
Una corretta applicazione dellart. 21-octies non pu neppure
prescindere da una attenta disamina volta a individuare lambito
della categoria dei vizi formali e procedimentali.
Deve naturalmente escludersi la riconduzione nellalveo di tale
categoria di quei vizi cui gi la dottrina e la giurisprudenza
anteriore alla legge 11 febbraio 2005, n. 15 riconoscevano
carattere strutturalmente non invalidante, qualificandoli alla
stregua di mere irregolarit formali.
In dottrina stato autorevolemente sostenuto che la categoria in
questione non pu che comprendere sostanzialmente due vizi: quello
di motivazione e quello di incompetenza.
Quanto al primo, per effetto della nuova norma viene
sostanzialmente cassata la giurisprudenza che aveva impedito, oltre
ogni ragionevole limite, lintegrazione postuma della motivazione,
anche con riferimento a provvedimenti vincolati. Il legislatore
prende atto, in sostanza, che il cittadino che chiede lannullamento
giurisdizionale di un provvedimento per difetto di motivazione non
ha interesse alla mera sanatoria della motivazione, giacch la
rinnovazione di essa determinata dallaccoglimento del ricorso
costituisce per il privato una vittoria di Pirro.
Giova peraltro rammentare che il su richiamato principio era
stato gi scalfito da un recente orientamento giurisprudenziale (cui
aderisce Tar Campania, Salerno, Sez. I, 8 luglio 2004, n. 1722), il
quale osservava che una volta ammesso, in termini generali con la
l. 21 luglio 2000 n. 205, che anche dallesercizio dellattivit
provvedimentale della p.a. possono scaturire illeciti risarcibili
ai sensi dellart. 2043 c.c., si imponesse un ripensamento
dellassunto della immodificabilit della motivazione, comprensivo,
pi in generale, del divieto di interventi in sanatoria in pendenza
di giudizio, al fine di consentire allamministrazione di esercitare
un ampio jus poenitendi in autotutela, in applicazione del
principio della parit tra le parti del processo, e di precisare,
nel corso del giudizio, le ragioni che avevano indotto alla
sfavorevole determinazione di cui allatto impugnato, salva la
possibilit per linteressato di proporre, avverso il provvedimento
integrativo, ricorso per motivi aggiunti.
In senso contrario alla possibilit di sanare ex art. 21 octies
lomessa motivazione si segnala, tuttavia, Cons. St. Sez. IV,
3336/2009. che espressamente esclude che la predetta disposizione
possa consentire l'integrazione ex post di una motivazione carente
- salvo il caso in cui si tratti di mera esplicitazione di una
motivazione gi in nuce nel provvedimento impugnato, non preceduta
da nuova attivit istruttoria - in quanto il vizio di omessa
motivazione, cos come quello di omessa istruttoria, ha natura
sostanziale, e non meramente formale o procedurale.
Pi delicato ancora appare il problema della competenza.
Si riscontrano decisioni dei giudici amministrativi di prime
cure che hanno escluso la qualificazione dellincompetenza in
termini di vizio formale, riconoscendo alla stessa attinenza al
profilo sostanziale dellesercizio del potere amministrativo, con la
conseguenza che latto affetto da tale vizio, pur trattandosi di
atto completamente vincolato, deve essere annullato, al fine di
consentire allorgano titolare del munus agendi di esercitare il
proprio potere.
Tale conclusione suscita tuttavia alcune perplessit che la
dottrina non ha mancato di manifestare, ponendosi in contrasto, in
primo luogo, con la logica comunitaria, la quale comprende nel
concetto di forma ogni violazione che non incida sulla sostanza
della decisione e che non sia indice di un cattivo uso del potere
sostanziale. Nella prospettiva comunitaria, dunque, la competenza,
non incidendo sulla valutazione di merito della determinazione
amministrativa e non rilevando ai fini della risoluzione
sostanziale del rapporto, appare assumere veste di vizio
formale.
Decisiva, in tal senso, la stessa ratio della norma, volta a
evitare inutili annullamenti giurisdizionali quante volte il
provvedimento, pur se adottato da un organo non perfettamente
competente, sia un provvedimento perfettamente giusto ed anzi
assolutamente vincolato nella logica legislativa e corrispondente
allinteresse pubblico.
8. Lart. 21 octies comma 2 prevede una forma di sanatoria
processuale di un provvedimento che rimane illegittimo o degrada la
violazione procedimentale a mera irregolarit?
Parte della dottrina, specie nei primi commenti, si posta la
questione della qualificazione del vizio insuscettibile di dare
luogo allannullamento del provvedimento, individuando la soluzione
tra due possibili alternative. Secondo una prima lettura, il
provvedimento viziato per motivi procedimentali comunque
illegittimo, ma non annullabile grazie ad una particolare forma di
sanatoria processuale fondata sulla carenza di interesse a
ricorrere.
Secondo una diversa tesi, invece, il vizio derivante dalla
violazione delle norme procedimentali non determina lillegittimit
del provvedimento ma una mera irregolarit (in questottica, quindi,
la non annullabilit dipende non da una particolare forma di
sanatoria processuale ma dal fatto che al ricorrere delle
condizioni di cui al 21 octies, comma 2, la violazione
procedimentale non d luogo ad invalidit, ma, appunto, a mera
irregolarit. Latto non annullato, quindi, perch nonostante la
violazione procedimentale, non invalido.
La giurisprudenza amministrativa ha ormai chiaramente optato per
la prima delle due tesi.
Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 17 ottobre 2006, n. 6194) ha
chiaramente affermato che lart. 21 octies non determini alcuna
degradazione di un vizio di legittimit a mera irregolarit, n
integri una "fattispecie esimente" che affranca ab initio il
provvedimento amministrativo dalle violazioni vizianti contemplate
dallart. 21 octies; mentre lirregolarit opera ex ante e in
astratto, per cui il provvedimento amministrativo affetto da vizio
formale minore un atto ab origine meramente irregolare, nel caso
dellart. 21 octies, comma 2, la violazione continua ad integrare un
vizio di legittimit, che non comporta lannullabilit dellatto a
causa di valutazioni, attinenti al contenuto del provvedimento,
effettuate ex post dal giudice, che accerta che il provvedimento
non avrebbe potuto essere diverso.
Si riportano di seguito alcuni passi della motivazione.
Lart. 21 octies non determina alcuna degradazione di un vizio di
legittimit a mera irregolarit, n integra una fattispecie esimente
che affranca ab initio il provvedimento amministrativo dalle
violazioni vizianti contemplate dallart. 21 octies; mentre
lirregolarit opera ex ante e in astratto, per cui il provvedimento
amministrativo affetto da vizio formale minore un atto ab origine
meramente irregolare, nel caso dellart. 21 octies, comma II, la
violazione continua ad integrare un vizio di legittimit, che non
comporta lannullabilit dellatto a causa di valutazioni, attinenti
al contenuto del provvedimento, effettuate ex post dal giudice, che
accerta che il provvedimento non poteva essere diverso.
Il provvedimento , e resta affetto, da un vizio di legittimit.
Il legislatore non ha, dunque, inteso intervenire sulla
qualificazione dei vizi procedimentali o formali e del vizio della
violazione dellart. 7 della legge n. 241/90, che restano tutti vizi
di legittimit, ma ha voluto incidere sulle conseguenze connesse
allinvalidit del provvedimento viziato nella forma o nel
procedimento.
La ragione della portata non invalidante del vizio non pu essere
rinvenuta nella regola del raggiungimento dello scopo, mutuata
dalla previsione dellart. 156, comma 3, c.p.c., che stabilisce che
la nullit non pu mai essere pronunciata, se latto ha raggiunto lo
scopo a cui destinato.
Infatti, il principio del raggiungimento dello scopo da tempo
applicato dal GA proprio in tema di violazione dellart. 7 della
legge n. 241/90; la giurisprudenza ha ritenuto che tale
disposizione non pu essere applicata meccanicamente e
formalisticamente, dovendosi escludere il vizio nei casi in cui lo
scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto
(Cons., Stato, IV, n. 3/96; Cons. Stato, V, n. 283/96) o vi sia
comunque un atto equipollente alla formale comunicazione (Cons.
Stato, VI, n. 2069/99).
In caso di omessa comunicazione di avvio, lo scopo raggiunto,
non quando latto non poteva essere diverso, ma quando il privato ha
ricevuto un atto equipollente, o ha comunque partecipato o ha avuto
la possibilit di partecipare al procedimento.
In tali casi, i vizi procedimentali non determinano alcuna
concreta lesione, in quanto la ratio sottesa alle regole formali o
procedimentali stata comunque conseguita e lannullamento appare un
rimedio non proporzionato.
Lart. 21 octies, invece, rende irrilevante la violazione delle
norme sul procedimento o sulla forma dellatto, per una ragione
diversa che non attiene al (sostanziale) rispetto della specifica
disposizione sulla forma o sul procedimento, bens al fatto che il
contenuto dispositivo dellatto non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato.
Qui, si in presenza di una norma che si muove in unaltra ottica,
definita dalla dottrina come quella del raggiungimento del
risultato.
Lentrata in vigore del citato art. 21 octies non ha, quindi,
inciso sulle categorie dellirregolarit e dellillegittimit dellatto
amministrativo, n pu aver determinato un affievolimento delle
regole dellazione amministrativa, che sono intimamente collegate
alla tutela del cittadino.
La novella legislativa si limitata a codificare quelle tendenze
gi emerse in giurisprudenza mirate a valutare linteresse a
ricorrere, che viene negato ove il ricorrente non possa attendersi,
dalla rinnovazione del procedimento, una decisione diversa da
quella gi adottata (sulla base dellart. 21 octies il provvedimento
non annullabile non perch assoggettato ad un diverso regime di
invalidit o irregolarit, ma perch la circostanza che il contenuto
non possa essere diverso priva il ricorrente dellinteresse a
coltivare un giudizio, da cui non potrebbe ricavare alcuna concreta
utilit).
Mentre con riguardo alla prima parte del comma II dellart. 21
octies, deve essere palese che il contenuto dei provvedimenti
(vincolati) non poteva essere diverso, per la seconda parte della
norma, relativa alla violazione dellart. 7 della legge n. 241/90,
richiesta una prova particolarmente rigorosa che il provvedimento
non poteva essere diverso.
Deve escludersi la sussistenza di tale prova quando gli elementi
che il privato intendeva introdurre nel procedimento (e che ha
indicato in giudizio) non siano facilmente risolvibili se non con
valutazioni di merito che appaiono precluse al giudice
amministrativo (che peraltro si fonderebbero su una risposta alle
osservazioni del privato resa in giudizio dalla P.a., o meglio dal
suo difensore, sulla base di ulteriori elementi rispetto a quelli
emersi in sede procedimentale, col leffetto di squilibrare ancor pi
la posizione del cittadino rispetto allamministrazione).
Nello stesso senso si era gi pronunciato Consiglio di Stato,
Sez. VI, 16 maggio 2006 n. 2763, rilevando altres che
il provvedimento amministrativo affetto da vizio formale minore
un atto ab origine meramente irregolare, come gi ritenuto dalla
giurisprudenza in caso di mancata indicazione nellatto impugnato
del termine e dellAutorit cui possibile ricorrere (art. 3 della L.
n. 241/90); inosservanza che costituisce irregolarit che non rende
latto illegittimo, ma che consente al limite il ricorso del privato
oltre i termini di decadenza avvalendosi dellerrore scusabile,
determinato dallomissione compiuta dallamministrazione.
Deve quindi ritenersi che lentrata in vigore del citato art.
21-octies non abbia inciso sulla categoria dellirregolarit dellatto
amministrativo, come gi definita da dottrina e giurisprudenza e
abbia invece codificato quelle tendenze gi emerse in giurisprudenza
mirate a valutare linteresse a ricorrere, che viene negato ove il
ricorrente non possa attendersi, dalla rinnovazione del
procedimento, una decisione diversa da quella gi.
Applicando tali principi al caso di specie, il Consiglio di
Stato, ha affermato che:
la mancata fissazione del termine per presentare le osservazioni
costituisce mera irregolarit che non comporta vizio, senza alcuna
necessit di ricorrere alla verifica sugli effetti di tale
inosservanza sul contenuto del provvedimento ex art. 21 octies
della legge n. 241/90 (non vi quindi necessit di precisare in
questa sede i limiti dellaccertamento da parte del giudice che il
provvedimento non poteva essere diverso).
Si pu allora concludere, sulle orme di autorevole dottrina,
rilevando che lart 21-octies, comma 2, non incide sulla qualifica
del provvedimento in termini di illegittimit, ma incide sul profilo
della sanzione. E un provvedimento illegittimo, per il quale il
legislatore ritiene che la sanzione dellannullamento sia una
sanzione eccessiva, una sanzione inutile, una sanzione persino
dannosa per il privato, laddove vi sia la certezza che
dallannullamento del provvedimento poi conseguirebbe un
provvedimento, questa volta anche formalmente legittimo, di
reiezione. In questo senso - fa irruzione anche nel diritto
amministrativo il principio privatistico, tutto sommato consolidato
e tradizionale, della distinzione tra regole del comportamento e
regole dellatto, cio regole la cui violazione comporta una
qualificazione in termini di illiceit del comportamento
complessivamente inteso e regole la cui violazione comporta invece
la sanzione dellinvalidit annullabilit del provvedimento
amministrativo. In questo quadro risulta chiaro il parallelismo
alle ipotesi privatistiche nelle quali la violazione di regole
comportamentali (nella fase che, per esempio, precede il contratto)
non incide sulla legittimit del contratto, non ne determina
linvalidit, ma comporta un problema di responsabilit del privato
per scorrettezza comportamentale. Pensiamo, per esempio, ad una
violazione del principio di buona fede nelle trattative, a cui
normalmente, se non c un vizio della volont, non consegue
lannullabilit del contratto. E solo un problema di responsabilit
precontrattuale per danno di interesse negativo, perch il contratto
nella sostanza non stato inciso dalla violazione di questa regola,
o non stato inciso al punto tale da giustificare o da meritare la
sanzione ed il destino triste dellannullamento. Ipotesi classica il
dolo incidente ex art. 1440 c.c.. Persino gli artifici e i raggiri
nel corso delle trattative, che non abbiano spostato leconomia
sostanziale del contratto, non portano allannullamento del
contratto, ma soltanto ad una responsabilit precontrattuale per
contegno scorretto nel corso delle trattative. Pensiamo al
contratto in frode terzi ai terzi di cui ipotesi classica la doppia
alienazione immobiliare. Io, secondo acquirente, acquisto un bene
che stato gi venduto dal venditore, ma furbescamente trascrivo per
primo. Il contratto perfettamente valido perch il nostro
ordinamento non conosce la norma imperativa del divieto di frode
terzi con effetto invalidante del contratto; e tuttavia il
comportamento perfettamente illecito, in considerazione della
decisione del legislatore di privilegiare la stabilit del
contratto, sanzionando diversamente sul piano della responsabilit
il contegno maramaldesco di chi acquisti una casa che stata gi
venduta ad altro acquirente.
Concludendo su questo primo punto, si pu dire, parafrasando
autorevole dottrina, che lart. 21 octies una norma che amplia lo
spettro delle sanzioni per i vizi di legittimit: lannullabilit non
pi lunica sanzione per il comportamento illegittimo della Pubblica
Amministrazione, una sanzione eccessiva, inutile, persino dannosa
nel caso di provvedimento che non sia stato inciso dalla violazione
della regola procedimentale; restano ferme le altre sanzioni e
quindi unipotesi di responsabilit della Pubblica Amministrazione
per scorrettezza procedimentale e formale che abbia cagionato un
danno ed un pregiudizio al privato.
Ne discende ancora che sono ingenerose quelle critiche che alla
norma sono state rivolte sul piano dellincompatibilit con i
principi costituzionali o con i principi comunitari, siccome norma
che incide negativamente sulleffettivit della tutela e quindi sul
diritto di azione, sul diritto di difesa del cittadino perch
consente allAmministrazione di salvare i provvedimenti illegittimi.
La critica ingenerosa perch nella la prospettiva che stiamo
evidenziando al contrario una norma di garanzia del cittadino, che
nella logica delleffettivit e della sostanzialit della tutela,
evita che questi subisca la beffa di una vittoria apparente, alla
quale consegue lesercizio del potere e successivamente una
sentenza, questa volta anche formalmente, oltre che
sostanzialmente, sfavorevole. La norma, se interpretata con tutte
le potenzialit una norma che nella sostanza amplia il bagaglio
delle tutele ed coerente con le esigenze di effettivit e di
pienezza della tutela giurisdizionale.
9. La conversione dellazione di annullamento in unazione di
accertamento dellillegittimit
Da quanto finora esposto, emerge che lart. 21 octies, comma 2,
l. n. 241/1990 non ha lo scopo di trasformare una serie di
illegittimit minori in semplici irregolarit. Come ha chiaramente
evidenziato Cons. Stato, Sez. V, 17 settembre 2008, n. 4414, se cos
fosse, l'effetto sarebbe, insieme alla privazione di conseguenze
negative o riparatorie, di ridurre lo spazio dell'illegittimit in
urto al criterio che le forme garantiscono la sostanza e
all'obiettivo di conformazione dell'azione amministrativa alla
legalit anche formale. Ne deriverebbero pericolosi effetti sul
rapporto tra amministrazione ed amministrati, per non dire della
violazione dell'art. 113 Cost.. Il modello di comportamento per gli
amministratori pubblici ne risentirebbe negativamente, incentivando
approssimative condotte asseritamene "sostanzialistiche", quando
non l'incuria delle forme volute dalla stessa l. n. 241 e dalle
altre: si pensi all'incidenza di queste conseguenze sull'accentuato
(art. 3) dovere di motivazione o su quello di imputazione formale
dell'atto.
La configurazione processuale agisce piuttosto distinguendo il
pi ampio concetto di giudizio di impugnazione da quello di giudizio
di annullamento: per modo che dall'impugnazione, per quanto
orientata come petitum all'annullamento, possa per quella causa
petendi derivare d'ufficio la conversione dell'azione in un mero
accertamento di illegittimit, produttivo di - ove siano domandate,
e in una prospettiva di piena giurisdizione - altre conseguenze di
giustizia che non la caducazione giudiziale dell'atto (oltre che
dell'additare all'amministrazione attiva i presupposti per un
annullamento d'ufficio, o di una convalida, ai sensi dell'art.
21-nonies).In sintesi, nel quadro della ridefinizione del ruolo e
della strumentazione del giudice amministrativo recata dalle
recenti riforme, ci si trova qui di fronte ad un nuovo
potere-dovere giudiziale, costituito dalla legge e non
dall'amministrazione resistente, e sottratto alla disponibilit di
questa (Cons. Stato, Sez. V, 17 settembre 2008, n. 4414).
In definitiva, quindi, le violazioni formali o procedimentali di
cui allart. 21 octies danno luogo ad una illegittimit per
violazione di legge che e permane tale anche se al suo
accertamento, a dette condizioni, non consegue l'annullamento
giudiziale (la fattispecie diversa da quella comune della
conversione del contratto nullo, art. 1424 Cod. civ. - che ben si
dubita applicabile al contratto annullabile - e che sostituisce al
contratto invalido uno valido): diversamente la norma sarebbe
sospettabile di contrasto con l'art. 113 Cost..
Per quanto la novella del 2005 sia stata inserita in una cornice
normativa sostanziale (la l. n. 241 del 1990 sul procedimento: dove
peraltro figurano disposizioni manifestamente processuali, ad es.
art. 2, comma 5; art. 11, comma 5; art. 25, commi 5 ss.), la
tecnica dell'art. 21-octies, comma 2, non - come mostra la
formulazione incentrata sull'annullamento - di agire
sull'amministrato e di restringere il suo diritto alla tutela
giurisdizionale, sottraendone la condizione del ricorso in cui si
proietta questo bisogno di giustizia e preparando cos un giudizio
negativo in limine sull'ammissibilit del gravame. Strutturalmente,
infatti, non si tratta di una valutazione preliminare, perch
implica un accertamento di merito sull'atto e sull'azione
amministrativa. Funzionalmente, non va dimenticato che la risposta
alla domanda di giustizia pu manifestarsi con richieste anche
diverse dall'annullamento, e su queste altre risposte non risulta
una volont preclusiva della legge.
La norma, come rivela la sua formulazione, indirizzata piuttosto
al giudice, perch introduce un suo potere-dovere decisorio
aggiuntivo, che valuta nel merito la fondatezza dei motivi di
impugnazione e poi mette in relazione l'ipotetico effetto di
annullamento con la manifestazione sostanziale dell'azione
amministrativa. Con questa tecnica si precludono caducazioni
giudiziali inutili quanto a cura concreta degli interessi pubblici
e a disposizione finale del bene della vita, e si d luogo, al loro
posto, a declaratorie di illegittimit produttive, se del caso, di
altri e diversi effetti satisfativi: utilit strumentali o finali
sul piano amministrativo, altre tutele su quello
giudiziario.Formalmente, il contenuto della decisione sar dunque di
un rigetto del petitum di annullamento, che segue un accertamento
di illegittimit destinato a formare parte del contenuto precettivo
della sentenza, comunque utile per quelle finalit riparatorie o
reintegrative diverse dall'annullamento giudiziale.
Siffatta collocazione "processuale" della fattispecie dell'art.
21-octies, comma 2, nel sistema dell'ordinamento (piuttosto che
nell'estrinseca topografia di una legge) identifica la categoria
del provvedimento illegittimo ma non giudizialmente annullabile, o
meramente illegittimo.Questa qualificazione emerge ex post, a
seguito del processo.
10.Lart. 21-octies l. n. 241/1990 norma processuale o
sostanziale?
Merita a questo punto chiedersi se lart. 21 octies, comma 2, sia
norma sul processo o sul procedimento.
La questione non di carattere meramente teorico, in quanto dalla
sua soluzione dipendono la delimitazione dellambito di applicazione
della norma sia nel tempo che nello spazio.
In particolare, sotto il profilo temporale, il riconoscimento
della natura processuale comporta lapplicabilit della norma anche
ai giudizi in corso (in base al principio tempus regit actum) e,
dunque, anche ai provvedimenti emanati prima della sua entrata in
vigore.
Il Giudice, in altri termini, ricorrendo le condizioni sananti
previste dallart. 21 octies, non potrebbe pronunciare lannullamento
anche se la violazione della norma procedimentale avvenuta
anteriormente allentrata in vigore della norma.
Per quel concerne, invece, lefficacia nello spazio, dal
riconoscimento della natura processuale deriva lapplicabilit della
norma anche ai procedimenti che si svolgono nellambito delle
amministrazioni locali (G. Sala, Procedimento e processo nella
nuova legge 241, in Dir. Proc. Amm., 2006, 578).
Come noto, infatti, le disposizioni della legge n. 241/1990 si
applicano, per espressa previsione dellart. 29, ai procedimenti che
si svolgono nellambito delle amministrazioni statali e degli enti
pubblici nazionali, nonch, in conformit alla competenza
riconosciuta alla legge statale dallart. 117, comma 1, lett. l)
Cost., a tutte le amministrazioni pubbliche per quanto stabilito in
tema di giustizia amministrativa. Ne discende che il riconoscimento
del carattere di norma sul processo esclude la possibilit di
modifiche ad opera del legislatore regionale, modifiche invece
possibili qualora si pensasse che si tratta di norme sul
procedimento che le Regioni, ai sensi del comma 2 dellart. 29
possono regolare nel rispetto del sistema costituzionale e delle
garanzie del cittadino nei riguardi dellazione amministrativa cos
come definite dai principi della stessa legge 241.
Ci premesso in ordine alle conseguenze che discendono
dallaccoglimento delluna o dellaltra soluzione, vediamo ora di
risolvere il questione.
Secondo una prima tesi, rimasta per vero minoritaria, lart. 21
octies norma sostanziale e non processuale (Consiglio di Stato,
sez. V, 19 marzo 2007 , n. 1307).
Secondo questa tesi, l'art. 21-octies, comma 2, contribuisce a
specificare il significato della formula "violazione di legge",
contenuta nel comma 1. Detta nozione, isolatamente considerata,
resta intrinsecamente caratterizzata da un elevato grado di
generalit. La norma contenuta nel comma 2 per un verso delimita la
rilevanza del vizio di illegittimit derivata dalla violazione
realizzata nell'ambito del procedimento, per altro verso
circoscrive la prescrizione formale, stabilendo che essa
surrogabile dal particolare contenuto del provvedimento.Altri
argomenti, di carattere sistematico rafforzerebbero, secondo la
tesi in parola, la conclusione della natura sostanziale degli
effetti prodotti dalla norma. La giustificazione dell'intero
articolo 21-octies stata ricondotta alla asserita opportunit di
condurre il tema dell'illegittimit amministrativa al livello della
disciplina sostanziale dell'atto, superando la prospettiva
processuale dell'articolo 26 del TUCDS e della legge TAR.
La legge n. 15/2005 avrebbe scelto, quindi, di introdurre la
nuova norma sostanziale, non in sostituzione, ma in aggiunta a
quella collocata in un testo legislativo di carattere
processuale
Secondo la sentenza in esame, inoltre la situazione sostanziale
di "non annullabilit" gi presente in un momento precedente rispetto
allaccertamento compiuto dal giudice e non affatto condizionata
dalla vicenda processuale successiva. Almeno non diversamente da
quanto potrebbe accadere per qualsiasi altro profilo di
illegittimit del provvedimento.
Ebbene, nonostante la profondit e lacume degli argomenti
utilizzati a sostengo della tesi sostanziale, appare preferibile la
lettura opposta secondo cui lart. 21 ociets anche, e soprattutto,
norma sul processo, che disciplina cio i poteri del giudice e non
solo dellamministrazione. La norma, infatti, ha incidenza sul
rapporto processuale instaurato a seguito dellimpugnazione del
provvedimento viziato, precludendo al giudice investito della
controversia di invalidarne gli effetti, previa valutazione
giudiziale dellequivalenza tra lassetto di interessi divisato dal
provvedimento viziato e quello che sarebbe stato comunque
realizzato in difetto della violazione di legge.
E questa sembra anche, come si diceva, la strada imboccata dalla
giurisprudenza maggioritaria.
Natura processuale alla norma de qua stata riconosciuta, ad
esempio, da Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2010, n. 4931,
il quale, sulla scorta di ci, ha ritenuto lart. 21-ocites
applicabile anche ai procedimenti in corso o gi definiti alla data
di entrata in vigore della legge n. 15/2005, in quanto, sancendo la
non annullabilit del provvedimento, il legislatore ha inteso
escludere la possibilit che esso ed i suoi effetti vengano
eliminati dal giudice amministrativo, senza spingersi ad affermare
che latto non sarebbe pi qualificabile, sul piano sostanziale, come
annullabile.
Sulla scorta di tali considerazioni, possibile affermare che i
principi introdotti dallarticolo in argomento sono, in realt,
destinati ad operare sempre e comunque nel giudizio: la nuova
disposizione non comporta alcuna eccezione alla qualificazione
sostanziale del provvedimento non conforme a legge, che e rimane
invalido, ma opera sul piano degli esiti processuali, in seguito
alleffettuazione di una valutazione in concreto e non in astratto
del singolo caso.
Come la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire (Cons. St. Sez.
V, n. 4414/2008), per quanto la novella del 2005 sia stata inserita
in una cornice normativa sostanziale (la l. n. 241 del 1990 sul
procedimento: dove peraltro figurano disposizioni manifestamente
processuali, ad es. art. 2, comma 5; art. 11, comma 5; art. 25,
commi 5 ss.), la norma, come rivela la sua formulazione,
indirizzata piuttosto al giudice, perch introduce un suo
potere-dovere decisorio aggiuntivo, che valuta nel merito la
fondatezza dei motivi di impugnazione e poi mette in relazione
l'ipotetico effetto di annullamento con la manifestazione
sostanziale dell'azione amministrativa. Con questa tecnica si
precludono caducazioni giudiziali inutili quanto a cura concreta
degli interessi pubblici e a disposizione finale del bene della
vita, e si d luogo, al loro posto, a declaratorie di illegittimit
produttive, se del caso, di altri e diversi effetti satisfativi:
utilit strumentali o finali sul piano amministrativo, altre tutele
su quello giudiziario.
Formalmente, il contenuto della decisione sar dunque di un
rigetto del petitum di annullamento, che segue un accertamento di
illegittimit destinato a formare parte del contenuto precettivo
della sentenza, comunque utile per quelle finalit riparatorie o
reintegrative diverse dall'annullamento giudiziale.
Siffatta collocazione "processuale" della fattispecie dell'art.
21-octies, comma 2, nel sistema dell'ordinamento (piuttosto che
nell'estrinseca topografia di una legge) identifica la categoria
del provvedimento illegittimo ma non giudizialmente annullabile, o
meramente illegittimo.
In sintesi, nel quadro della ridefinizione del ruolo e della
strumentazione del giudice amministrativo recata dalle recenti
riforme, ci si trova qui di fronte ad un nuovo potere-dovere
giudiziale, costituito dalla legge e non dall'amministrazione
resistente, e sottratto alla disponibilit di questa.
11. Lart. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 richiede la
proposizione di una formale eccezione da parte della p.a. o
lirrilevanza del vizio procedimentale rilevabile anche
dufficio?
Ci si chiesto, nei primi anni di vigenza dellart. 21 octies, se
detta disposizione delinei un meccanismo eccezione processuale in
senso stretto, per cui sarebbe precluso al giudice amministrativo
accertare d'ufficio quegli elementi ostativi all'annullamento.
Del tema si occupata il Consiglio di Stato con la sentenza n.
4414/2008. Secondo il Giudice amministrativo, la tesi che subordina
lapplicazione del meccanismo sanante di cui allart. 21 ocites,
comma 2, ad una eccezione di parte, non pu essere condivisa,
dovendo al contrario ritenersi che il giudice abbia il potere
dovere di valutare lincidenza del vizio sul contenuto dispostivo
del provvedimento, a prescindere dal comportamento processuale
dellAmministrazione.
Si riportano, di seguito, i passaggi essenziali della
motivazione della sentenza cita.
Vale rammentare che l'eccezione - in senso stretto - esprime una
privativa all'interno del processo: , in un giudizio civile, la
facolt processuale riservata al convenuto con cui egli manifesta la
sua determinazione di rispondere allegando fatti impeditivi,
estintivi o modificativi dei fatti dedotti da chi domanda giustizia
(cfr. art. 2697, secondo comma, Cod. civ.).
I diritti soggettivi nascono dai fatti e quel giudice accerta
anzitutto fatti, quindi l'eccezione corrisponde a una scelta libera
e riservata del convenuto e perci rappresenta una preclusione
all'indagine officiosa del giudice: corrisponde al principio
dispositivo che regola quel processo ed una proiezione processuale
dell'autonomia, dell'autodeterminazione e dell'autoresponsabilit
proprie del diritto privato.
per questo che il principio di corrispondenza tra il chiesto e
il pronunciato vizia la decisione per ultrapetizione quando il
giudice si pronuncia d'ufficio "su eccezioni, che possono essere
proposte soltanto dalle parti" (art. 112 Cod. proc. civ.). Verrebbe
infatti allargato l'ambito della cognizione indipendentemente dalla
volont degli interessati, che soli possono decidere dei loro
diritti dedotti in giudizio e dell'oggetto del giudizio (cfr. artt.
2907 Cod. civ., 99 e nuovo 167 Cod. proc. civ.).
Tutto questo avviene perch nel processo civile i fatti che
perimetrano il potere decisorio del giudice solo quelli rilevati
dalle parti. Non c' ultrapetizione solo quando rilevata d'ufficio
un'eccezione in senso lato, vale a dire quella che - nella ricerca
dialettica della verit processuale - sarebbe una semplice obiezione
difensiva che nega l'esistenza del fatto o dei suoi effetti.
Questo lo schema paradigmatico del giudizio civile.
Si deve ora vagliare se, nel processo amministrativo di
impugnazione di un provvedimento, vi sia la possibilit di
configurare un'eccezione in senso stretto.
Orbene, per ci che attiene la giurisdizione generale di
legittimit e in essa l'azione di annullamento, la funzione del
processo amministrativo altra da quella del processo civile di
merito, perch orientata non ad accertare solo fatti materiali e a
qualificarli, ma piuttosto a vagliare la legittimit di atti
pubblici. Il giudizio di legittimit essenzialmente un giudizio di
diritto su un'ipotesi di illegittimit, e dunque concerne
automaticamente, con la verifica del vizio allegato, anche
l'eventuale inesistenza del vizio.
Altrimenti detto, analogamente al giudizio civile di cassazione,
nel processo amministrativo impugnatorio non configurabile
l'eccezione in senso stretto, perch oggetto del giudizio non solo
l'accertamento di fatti, ma l'accertamento della qualificazione di
diritto oggettivo circa la denunciata invalidit di atti giuridici.
La conoscenza dei fatti solo incidentale e in relazione
all'affermata invalidit dell'atto, quali elementi o presupposti di
questa. Di fronte a questo tema, non dato riservare
all'amministrazione resistente l'introdurre fatti diversi da quelli
utilizzati per la formazione l'atto o che caratterizzano la sua
vicenda.
Perci nel processo amministrativo di annullamento il principio
di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato vincola il
giudice non ai fatti allegati, ma all'identificazione di tale
oggetto e dei motivi di impugnazione.
In sintesi, nel quadro della ridefinizione del ruolo e della
strumentazione del giudice amministrativo recata dalle recenti
riforme, ci si trova qui di fronte ad un nuovo potere-dovere
giudiziale, costituito dalla legge e non dall'amministrazione
resistente, e sottratto alla disponibilit di questa (non a una
sorta di malcelato potere amministrativo "negativo", che si
manifesterebbe attraverso la mera scelta processuale di sollevare
l'obiezione, non esternata che dal suo accadimento e senza dar
conto delle valutazioni che vi presiedono).
Questo dovere non si arresta di fronte all'inerzia o al silenzio
dell'amministrazione nel sollevare l'argomento, ed di contenuto
autolimitativo del potere generale di annullamento giudiziale ed
incentrato sul principio di concreta utilit: applica ai
provvedimenti giudiziari la regola utile per inutile non vitiatur,
finalizzandola alla conservazione dell'atto per economia generale,
vuoi dei processi su quel rapporto, vuoi per la complessiva azione
amministrativa, passata e futura. La presunta certezza della
reiterazione dell'atto emendato dal vizio formale preclude un
annullamento che - contro i principi di economicit ed efficienza -
sarebbe inutilter datum e causerebbe solo costi e aggravi di tempi
per l'azione amministrativa, cio un danno nella cura dell'interesse
pubblico, senza al fondo diversamente operare sul bene della vita
conteso. Del resto, proprio delle societ postindustriali a
crescente giurisdizionalizzazione che l'ottimizzazione delle
risorse organizzative divenga, anche nella giustizia, esigenza di
prima importanza, tale da prevalere sulle pronunce prive di
un'utilit dispositiva effettiva: e questa l'esigenza reale cui
risponde la disposizione in esame.
Si tratta dunque di un secondo giudizio di accertamento,
successivo a quello di verifica dell'illegittimit e che verte su
presupposti della norma, ma preventivo circa l'utilit della
decisione costitutiva di annullamento.
Senza scendere ad una valutazione di opportunit del giudizio - e
dunque alla discrezionalit nell'an della risposta di giustizia
propria di alcuni ordinamenti -, questo potere si incentra sul
riscontro in concreto di alcuni indicatori legali, presuntivi
dell'inutilit della decisione.
Per evitare incostituzionali discrezionalit, una siffatta
valutazione dev'essere improntata ad una diretta applicazione dei
criteri di legge: perci il giudice amministrativo ne dominus senza
esserne condizionato dalla strategia processuale
dell'amministrazione e dalla sua concreta volont di invocare il
caso.
Insomma, l'operativit dell'art. 21-octies, comma 2, non
subordinata ad un'eccezione non rilevabile d'ufficio. Anzi, la
norma introduce un automatico elemento aggiuntivo all'ufficio del
giudice amministrativo, il quale - in una pi stretta relazione con
l'azione amministrativa - ora deve sempre valutare se ricorrono le
circostanze della disposizione.
12.Lart. 21 octies pone in capo al ricorrente lonere di allegare
i fatti e gli argomenti che non ha potuto introdurre nel
procedimento a causa della mancata comunicazione di avvio?
Pur non essendo necessario formulare una apposita eccezione
processuale o domanda riconvenzionale, il secondo aliena dellart.
21 octies, comma 2, presuppone comunque, con particolare
riferimento al vizio di mancata comunicazione di avvio del
procedimento, che lAmministrazione si costituisca in giudizio e
dimostri, in tale sede, la legittimit del contenuto del
provvedimento.
Occorre allora stabilire lampiezza dellonere probatorio gravante
sullAmministrazione.
Si potrebbe ad una prima lettura essere indotti a ritenere che
lAmministrazione sia tenuta a dimostrare a freddo e in astratto la
legittimit del provvedimento sotto tutti i possibili profili
sostanziali. In questottica, compito del Giudice sarebbe quello di
dire se condivide le valutazioni di opportunit compiute
dallAmministrazione, che lhanno spinta a scartare come peggiore o
impraticabile per linteresse pubblico ogni soluzione diversa da
quella seguita. Si attribuirebbe, quindi, al Giudice il potere di
valutare linesistenza di alternative opportune al provvedimento
adottato, giudicando cos il merito delle scelte amministrative.
Tale interpretazione della norma non appare, tuttavia,
praticabile: da un lato, infatti, porrebbe in capo
allamministrazione lonere di una prova diabolica (il privato si
limiterebbe a denunciare la mancata comunicazione di avvio,
spettando poi allamministrazione il compito impossibile di farsi
venire in mente tutti i possibili vizi sostanziali e dimostrare che
non ci sono); dallaltro, si attribuirebbero al giudice
amministrativo dei poteri di merito certamente eversivi rispetto ai
principi che regolano i rapporti tra potere giurisdizionale e
potere amministrativo.
Ed allora, se si vuole dare un senso alla disposizione,
compatibile con i poteri che al giudice spettano in ordine alluso
dei poteri discrezionali dellAmministrazione, appare condivisibile
lopinione di chi ha proposto di intendere la norma nel senso di
ritenere che il compito dellamministrazione per salvare
dallannullamento il provvedimento, sia in realt quello di
dimostrare che anche se il privato pretermesso avesse partecipato
al procedimento, allegando fatti ed argomenti, tale partecipazione
non sarebbe stata significativa, non avrebbe cio ragionevolmente
condotto ad una decisione diversa.
Non essendo possibile ritenere che sia lamministrazione a
proporsi ogni possibile allegazione e argomentazione che sarebbe
potuta provenire dal ricorrente, per dimostrare la sua irrilevanza,
la dimostrazione della impossibilit che il provvedimento fosse
diverso deve essere tentata dallamministrazione non in assoluto, ma
in relazione ai fatti e agli argomenti che il privato lamenta non
sono stati presi in considerazione a causa della sua mancata
partecipazione.
In concreto, quindi, sar il ricorrente a circoscrivere la
valutazione dellAmministrazione e le valutazioni del Giudice. In
particolare, il ricorrente, lamentando di non aver potuto
partecipare al procedimento, per lomissione della comunicazione di
avvio, dovr portare nel giudizio le allegazioni e le argomentazioni
che avrebbe portato nel procedimento se fosse stato a conoscenza
dei fatti. Assolto da parte del ricorrente tale onere di alleg