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1 UNIVERSITÀ DI PISA Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Scuola di Specializzazione in Medicina Nucleare Direttore: Prof. Duccio Volterrani Tesi di Specializzazione [ 18 F]-FDG PET/TC nel carcinoma mammario invasivo: correlazione fra parametri metabolici semiquantitativi e fattori prognostici clinico-patologici Relatori: Prof. Duccio Volterrani Dott.ssa Serena Chiacchio Candidato: Dott. Simone Margotti Anno Accademico 2014-2015
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UNIVERSITÀ DI PISA Dipartimento di Ricerca Traslazionale e ... · Tabella 1 TUMORI EPITELIALI Carcinoma microinvasivo Papilloma intraduttale Carcinoma mammario infiltrante Carcinoma

Feb 15, 2019

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Scuola di Specializzazione in Medicina Nucleare

Direttore: Prof. Duccio Volterrani

Tesi di Specializzazione

[18

F]-FDG PET/TC nel carcinoma mammario invasivo:

correlazione fra parametri metabolici semiquantitativi e fattori

prognostici clinico-patologici

Relatori:

Prof. Duccio Volterrani

Dott.ssa Serena Chiacchio

Candidato:

Dott. Simone Margotti

Anno Accademico 2014-2015

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INDICE

INTRODUZIONE

IL CARCINOMA DELLA MAMMELLA:

EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO 3

INQUADRAMENTO ISTOLOGICO-MOLECOLARE 4

INDAGINI DIAGNOSTICHE:

ANAMNESI, ESAME OBIETTIVO ED

INDAGINI DI LABORATORIO 17

CENNI DI IMAGING MORFOLOGICO 18

RUOLO DELL’IMAGING FUNZIONALE 19

Mammoscintigrafia con 99mTc-Sestamibi 19

Linfoscintigrafia della mammmella con 99mTc-Nanocolloidi 21

PET/TC e PEM con [18F] FDG 22

Scintigrafia ossea con 99mTc-HDP 28

SCOPO DELLA TESI 30

MATERIALI E METODI

PAZIENTI 30

PROTOCOLLO DI ACQUISIZIONE

ED ANALISI DELLE IMMAGINI 32

ANALISI IMMUNOISTOCHIMICA E CLASSIFICAZIONE

IN SOTTOTIPI MOLECOLARI 33

ANALISI STATISTICA 34

RISULTATI 34

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 39

BIBLIOGRAFIA 44

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INTRODUZIONE

IL CARCINOMA DELLA MAMMELLA:

Epidemiologia e fattori di rischio

Il carcinoma della mammella (CM), esclusi i tumori cutanei, è la neoplasia più

frequente nel sesso femminile, rappresentando circa il 41% dei tumori maligni

diagnosticati nella fascia d’età compresa tra 0-49 anni, il 35% in quella dai 50-69

anni ed il 21% nelle donne con più di 70 anni. Si può comunque osservare che

nonostante l’incidenza sia stabile, negli ultimi 5 anni la mortalità è in lenta ma in

continua diminuzione (-1.4% anno), sia in relazione alla sempre maggiore

diffusione del programmi di screening, che ai progressi terapeutici.1

Attualmente è noto che il rischio di sviluppare un CM è direttamente proporzionale

all’età, con una maggiore incidenza nelle donne di età compresa fra 50-69 anni.

I principali fattori di rischio coinvolti nello sviluppo del CM sono:

Fattori ormonali: terapia ormonale sostitutiva durante la menopausa ed

assunzione di contraccettivi orali;

Fattori riproduttivi: menarca precoce e/o una menopausa tardiva, donne

nullipare, gravidanza dopo i 30 anni e non allattamento al seno;

Fattori dietetico-metabolici: sindrome metabolica, obesità, elevato consumo

di alcool e di grassi animali e basso consumo di fibre vegetali;

Pregressa radioterapia toracica e precedenti displasie o neoplasie

mammarie;

Familiarità ed ereditarietà: il 5-7% dei tumori mammari è da ricondurre a

fattori ereditari, il 25% dei quali a mutazioni dei geni BRCA-1 / BRCA2; infatti

nelle donne portatrici di queste ultime due mutazioni il rischio di sviluppare un

CM è pari al 65% in quelle con mutazione del gene BRCA-1 e del 40% in

quelle con mutazione del BRCA-2.

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Inquadramento istologico-molecolare:

L’inquadramento diagnostico terapeutico del CM non può prescindere dalla sua

classificazione istologico-molecolare. Attualmente la classificazione anatomo-

patologica in uso è quella della WHO del 2012 (Tabella 1A, 1B)2 secondo la quale il

gruppo più ampio di carcinomi invasivi della mammella (70%-80%) è rappresentato

dal carcinoma invasivo o infiltrante di tipo non specifico (NST) comunemente noto

come carcinoma duttale di tipo non specifico, mentre il carcinoma lobulare,

seconda variante più comune di CM, rappresenta solo il 5% dei carcinomi infiltranti.

Esistono poi istotipi infiltranti meno frequenti quali il carcinoma midollare (15%), il

colloide o mucinoso (2%), il tubulare (2%) ed altre forme rare. La carcinogenesi e la progressione del carcinoma duttale infiltrante (CDI) prevede,

secondo l’attuale classificazione WHO del 2012, una serie nota di lesioni

proliferative intraduttali: Iperplasia duttale usuale (UDH)

Atipia epiteliale piatta (FEA)

Iperplasia duttale atipica (ADH)

Carcinoma duttale in situ (DCIS)

Tali “lesioni”, secondo studi immuno-fenotipici e molecolari, non rispetterebbero le

nozioni di progressione lineare da epitelio normale ad iperplasia, iperplasia atipica,

carcinoma in situ e carcinoma infiltrante, ma esisterebbero piuttosto delle

interconnessioni più complesse tra queste e il carcinoma infiltrante stesso.

Sembrerebbe infatti che l’UDH presenti scarse similitudini con la maggior parte

delle ADH, dei DCIS e dei carcinomi infiltranti; che le ADH presentino molte

similitudini con i DCIS; che i DCIS a basso grado e ad alto grado rappresentino

forme geneticamente distinte tali da portare a forme distinte di carcinomi infiltranti;

infine che le FEA rappresentino lesioni clonali neoplastiche con caratteristiche

morfologiche immunoistochimiche e molecolari delle ADH e dei DCIS a basso

grado supportando le nozioni di continuità di trasformazione e la comune

definizione di “neoplasia intraepiteliale”.

In considerazione di quanto osservato è stata proposto da Tavassoli et al3 di

sostituire la terminologia tradizionale delle lesioni proliferative intraduttali con quella

di Neoplasia Duttale Intraepiteliale (DIN), riservando il termine “carcinoma” ai

tumori infiltranti, ma ad oggi tale classificazione non è stata riconosciuta dal WHO.

Generalmente si può comunque affermare che tutti i carcinomi duttali invasivi (DCI)

originano inizialmente da un DCIS4 (questi rappresentano il 15%-30% come

incidenza di tutti i carcinomi della mammella); quando il tumore supera la

membrana basale diventa micro-infiltrante ed invasivo acquistando la capacità di

diffondersi attraverso il sistema emolinfatico ad altri organi. Se ne evince che, oltre

al tipo istologico, fondamentale come fattore prognostico-predittivo, risulta essere

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quindi lo stadio di malattia (classificazione riportata in tabella 2) che è a sua volta

determinato sulla base della nota classificazione TNM5 (tabella 3 e 4)

Tabella 1A. Sintesi della classificazione istologica del tumore della mammella secondo WHO 2012

TUMORI EPITELIALI Carcinoma microinvasivo Carcinoma mammario infiltrante

Carcinoma infiltrante di tipo non specifico (NST) Carcinoma lobulare infiltrante Carcinoma tubulare Carcinoma cribriforme Carcinoma mucinoso Carcinoma con caratteristiche midollari Carcinoma con differenziazione apocrina Carcinoma infiltrante micropapillare Carcinoma apocrino Carcinoma con differenziazione ad anello con castone Carcinoma metaplastico di tipo non speciale Tipi rari

Carcinoma con caratteristiche neuroendocrine Carcinoma secretorio Carcinoma papillare invasivo Carcinoma a cellule aciniche Carcinoma mucoepidermoidale Carcinoma polimorfo Precursori Carcinoma duttale in situ* Neoplasia lobulare** Carcinoma lobulare in situ Carcinoma lobulare in situ classico Carcinoma lobulare in situ pleomorfo Iperplasia lobulare atipica Lesioni proliferative intraduttali

Iperplasia duttale usuale

Lesioni con cellule a colonna

comprendenti l’atipia epiteliale piatta

Iperplasia duttale atipica

Tabella 1B. Sintesi della classificazione istologica del tumore della mammella secondo WHO 2012

Lesioni papillari Papilloma intraduttale Carcinoma papillare intraduttale Carcinoma papillare incapsulato Carcinoma papillare solido

Proliferazioni epiteliali benigne Adenosi sclerosante Adenosi apocrina Adenosi microghiandolare Radial scare/lesione sclerosante complessa Adenomi TUMORI MESENCHIMALI (ad esempio: angiosarcoma, ecc)

TUMORI FIBROEPITELIALI Fibroadenoma Tumori fillodi (benigno, borderline, maligno) Amartoma TUMORI DEL CAPEZZOLO Adenoma del capezzolo Tumore siringomatoso Malattia di Paget del capezzolo LINFOMI MALIGNI TUMORI METASTATICI TUMORI DELLA MAMMELLA MASCHILE Ginecomastia Carcinoma invasivo Carcinoma in situ QUADRI CLINICI Carcinoma infiammatorio Carcinoma mammario bilaterale

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*T1 include T1mic

** I tumori T0 e T1 con sole micrometastasi linfonodali, sono esclusi dallo stadio II A e classsificati come stadio I B.

-M0 comprende M0(i+).

-La designazione pM0 non è valida; qualsiasi M0 dovrebbe essere clinica.

-Se una paziente si presenta con M1 prima di una terapia sistemica neoadiuvante, lo stadio è considerato IV e rimane IV

indipendentemente dalla

risposta alla terapia neoadiuvante.

-La designazione di stadio può cambiare se esami diagnostici per immagine rivelano la presenza di metastasi a distanza, a condizione

che siano stati eseguiti entro quattro mesi dalla diagnosi in assenza di progressione di malattia e che la paziente non abbia ricevuto

terapia neoadiuvante.

-I prefissi “yc” ed “yp” indicano la classificazione dopo terapia neoadiuvante. Nessun gruppo di stadio è assegnato nel caso di

ottenimento di una risposta completa patologica (ad esempio ypT0N0 cM0).

TABELLA 2 Classificazione in stadi del carcinoma mammario –AJCC 20095

STADIO T N M

STADIO 0 Tis N0 M0

STADIO IA T1* N0 M0

STADIO IB T0 T1*

N1mi N1m1

M0 MO

STADIO IIA T0 T1* T2

N1** N1** N0

MO

STADIO IIB T2 T3

N1 N0

M0

STADIO IIIA T0 T1 T2 T3 T3

N2 N2 N2 N1 N2

MO

STADIO IIIB T4 T4 T4

NO N1 N2

MO

STADIO IIIC OgniT N3 M0

STADIO IV Ogni T Ogni N M1

Tabella 3. Classificazione AJCC 2009 (settima edizione) Classificazione clinica TNM

Tumore primitivo (T): Tx: tumore primitivo non definibile T0: non evidenza del tumore primitivo Tis: carcinoma in situ: Tis (DCIS) Carcinoma duttale in situ Tis (LCIS) Carcinoma lobulare in situ Tis (Paget) Malattia di Paget del capezzolo non associata con carcinoma invasivo e/o in situ nel parenchima mammario sottostante(1) T1: tumore della dimensione massima fino a 2 cm T1mi: microinvasione della dimensione massima di 0,1 cm T1a: tumore dalla dimensione compresa tra 0,1 cm e 0,5 cm T1b: tumore dalla dimensione compresa tra 0,6 cm e 1,0 cm T1c: tumore dalla dimensione compresa tra 1,1 cm e 2,0 cm

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Tabella 3. Classificazione AJCC 2009 (settima edizione) Classificazione clinica TNM

T2: tumore superiore a 2,0 cm ma non superiore a 5,0 cm nella dimensione massima T3: tumore superiore a 5,0 cm nella dimensione massima T4: tumore di qualsiasi dimensione con estensione diretta alla parete toracica e/o alla cute (ulcerazione o noduli cutanei) (2) T4a: estensione alla parete toracica (esclusa la sola aderenza/invasione del muscolo pettorale) T4b: Ulcerazione della cute e/o noduli cutanei satelliti ipsilaterali e/o edema della cute (inclusa a buccia d’arancia) che non presenta i criteri per definire il carcinoma infiammatorio T4c: presenza contemporanea delle caratteristiche di T4a e T4b T4d: carcinoma infiammatorio(3) Linfonodi regionali (N): Nx: linfonodi regionali non valutabili (ad esempio, se precedentemente asportati) N0: linfonodi regionali liberi da metastasi N1: metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali mobili (livello I-II) N2: metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali (livello I-II) che sono clinicamente fissi o fissi tra di loro; o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili(4) in assenza di metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari N2a: metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali (livello I-II) fissi tra di loro o ad altre strutture N2b: metastasi solamente nei linfonodi mammari interni omolterali clinicamente rilevabili(4) e in assenza di metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari (livello I-II) N3: metastasi in uno o più linfonodi sottoclaveari omolaterali (livello III ascellare) con o senza coinvolgimento di linfonodi ascellari del livello I, II; o nei linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili(4) in presenza di metastasi nei linfonodi ascellari livello I-II clinicamente evidenti; o metastasi in uno o più linfonodi sovraclaveari omolaterali con o senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari o mammari interni N3a: metastasi nei linfonodi sottoclaveari omolaterali N3b: metastasi nei linfonodi mammari interni e ascellari N3c: metastasi nei linfonodi sovraclaveari Metastasi a distanza (M): Mx: metastasi a distanza non accertabili M0: non evidenza clinica o radiologica di metastasi a distanza cM0(i+): non evidenza clinica o radiologica di metastasi a distanza, ma depositi di cellule tumorali evidenziati mediante biologia molecolare o microscopicamente nel sangue, midollo osseo o in altri tessuti diversi dai linfonodi regionali, di dimensioni non superiori a 0,2 mm in una paziente senza segni o sintomi di metastasi M1: metastasi a distanza evidenziate mediante classici esami clinico e radiologico e/o istologicamente dimostrate di dimensioni superiori a 0,2 mm.

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Tabella 4. Classificazione AJCC 2009 (settima edizione) Classificazione patologica

pT: Tumore primitivo La classificazione patologica del tumore primitivo corrisponde a quella clinica. pN: Linfonodi regionali pNx: i linfonodi regionali non possono essere definiti (ad esempio: non sono stati prelevati o sono stati rimossi in precedenza) pN0: non metastasi nei linfonodi regionali identificate istologicamente (aggiungere (sn) se la classificazione e’ basata sul linfonodo sentinella senza la dissezione ascellare) Nota: si definiscono cellule tumorali isolate (isolated tumor cell= ITC) piccoli aggregati di cellule non più grandi di 0,2 mm o singole cellule tumorali o un piccolo raggruppamento di cellule con meno di 200 cellule in una singola sezione istologica. Le cellule tumorali isolate possono esssere evidenziate con i metodi istologici tradizionali o con metodi immunoistochimici. I linfonodi contenenti solo cellule tumorale isolate sono esclusi dalla conta totale dei linfonodi positivi ai fini della

classificazione N, ma dovrebbero essere inclusi nel numero totale dei linfonodi esaminati pN0 (i-): non metastasi nei linfonodi regionali all’istologia (con colorazione standard ematossilina eosina), negativo il metodo immunoistochimico pN0 (i+): presenza di cellule maligne (ITC) nei linfonodi regionali non superiori a 0,2 mm (evidenziate con ematossilina –eosina o con l’immunoistochimica) pN0 (mol-): non metastasi nei linfonodi regionali istologicamente accertate, RT- PCR (real time polymerase chain reaction)(6) negativa pN0 (mol+): RT-PCR positiva(6) ma non metastasi nei linfonodi regionali all’istologia o all’immunoistochimica pN1: micrometastasi; o metastasi in 1-3 linfonodi ascellari omolaterali; e/o metastasi nei linfonodi mammari interni omolaterali rilevate con biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili(5) pN1mi: micrometastasi (di dimensioni superiori a 0,2 mm e/o più di 200 cellule, ma non più grandi di 2 mm) pN1a: metastasi in 1-3 linfonodi ascellari, includendo almeno una metastasi delle dimensioni massime superiori a 2 mm pN1b: metastasi nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche o macroscopiche rilevate con la biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili(5) pN1c: metastasi in 1-3 linfonodi ascellari e nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche o macroscopiche rilevata con la biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili pN2: metastasi in 4-9 linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili(7) in assenza di metastasi nei linfonodi ascellari pN2a: metastasi in 4-9 linfonodi ascellari, includendo almeno una localizzazione tumorale delle dimensioni massime superiori a 2 mm pN2b: metastasi clinicamente rilevabili (7) nei linfonodi mammari interni in assenza di metastasi nei linfonodi ascellari pN3: metastasi in 10 o più linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi sottoclavicolari (livello III ascellare) omolaterali; o metastasi clinicamente rilevabili(7) nei linfonodi mammari interni omolaterali in presenza di metastasi in uno o più linfonodi ascellari positivi livello I-II; o metastasi in più di 3 linfonodi ascellari e nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche o macroscopiche evidenziate con biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili(5); o metastasi nei linfonodi sovraclaveari omolaterali.

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Tabella 4. Classificazione AJCC 2009 (settima edizione) Classificazione patologica

pN3a: metastasi in 10 o più linfonodi ascellari omolaterali (almeno uno delle dimensioni massime superiori a 2 mm); o metastasi nei linfonodi sottoclavicolari (linfonodi ascellari III livello) pN3b: metastasi clinicamente rilevabili(7) nei linfonodi mammari interni omolaterali in presenza di metastasi in uno o più linfonodi ascellari positivi; o metastasi in più di tre linfonodi ascellari e nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche o macroscopiche rilevate attraverso biopsia del linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili(5); pN3c: metastasi nei linfonodi sovraclaveari omolaterali

1) I carcinomi nel parenchima mammario associati con malattia di Paget sono classificati in base al diametro e alle caratteristiche della

malattia parenchimale, sebbene debba essere annotata la malattia di Paget.

(2) La sola invasione del derma non permette la classificazione del tumore come T4.

(3) Il carcinoma infiammatorio è caratterizzato da alterazioni cutanee tipiche che coinvolgono un terzo o più della cute mammaria. La

evidenziazione istologica di invasione tumorale dei linfatici del derma supporta la diagnosi ma tale caratteristica non è richiesta per la

diagnosi di carcinoma infiammatorio. L’invasione tumorale dei linfatici del derma senza caratteristiche cliniche tipiche non è sufficiente

per una diagnosi di carcinoma mammario infiammatorio.

(4) Clinicamente rilevabili = rilevati mediante studi di diagnostica per immagini (esclusa la linfoscintigrafia) o mediante esame clinico e

con caratteristiche altamente sospette per malignità o presunta macrometastasi patologica in base ad agoaspirato con ago sottile ed

esame citologico.

(5) Non clinicamente rilevabile = non rilevabile mediante esami di diagnostica per immagini (esclusa la linfoscintigrafia) o mediante

esame clinico.

(6) RT-PCR = reverse transcriptase/polymerase chain reaction. Sono stati effettuati studi con tecniche di biologia molecolare del

linfonodo sentinella, che permettono in base ad analisi di RT-PCR quantitativa l’individuazione di micro e macrometastasi. L’impatto

prognostico di tali risultati per la definizione della terapia oncologica deve essere ancora validato 22-24.

(7) Clinicamente rilevabile = rilevato mediante studi di diagnostica per immagini (esclusa linfoscintigrafia) o mediante esame clinico e

con caratteristiche altamente sospette di malignità o presunta macrometastasi patologica sulla base di una aspirazione con ago sottile

ed esame citologico.

Dal gennaio 2010 è in uso il sistema di classificazione TNM rivisto dall’American

Joint Commitee on Cancer (AJCC-settima edizione)5,6 (tabelle 3 e 4). In questa

versione viene raccomandata ai fini prognostico-predittivi (anche se non

determinanti nell’assegnazione dello stadio di malattia), la raccolta di informazioni

riguardanti rispettivamente:

Il grading istologico: in base al pleiomorfismo nucleare, alla formazioni di

tuboli e all’indice mitotico i CM vengono classificati in grado 1, grado 2, e

grado 3. Questi sono strettamente correlati con la sopravvivenza a 10 anni,

che dall’85% del grado 1, scende al 60% del grado 2, fino ad arrivare al 15%

nel grado 37;

Lo studio dei recettori ormonali per estrogeni e progesterone (ER e PgR);

Il grado di espressione del recettore 2 per il fattore di crescita epidermico

umano (HER2).

L’importanza dell’espressione dei recettori ormonali (ER e PgR) è legata alla

capacità degli estrogeni e del progesterone di intervenire in tutte le fasi del

processo di cancerogenesi mammaria: iniziazione/trasformazione, promozione e

progressione; questo ha portato alla routinaria ricerca immunoistochimica della

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presenza di ER e PgR normalmente espressa come percentuale di cellule positive

in un tumore mammario (le raccomandazioni ASCO considerano positivi per ER e

PgR i tumori con almeno 10% di cellule positive, soglia recentemente abbassata all’

1%)8.

Solitamente l’espressione del recettore PgR è strettamente dipendente da quella di

ER, infatti tumori che esprimono PgR ma non ER rappresentano meno dell’1% di

tutti i casi di CM9.

Si può affermare che sia la risposta terapeutica, che la prognosi sembra siano

migliori nel caso di positività di entrambi i tipi recettoriali (attualmente ricercati

all’interno dei nuclei cellulari). Ovviamente esiste una correlazione tra i livelli di

positività recettoriale ed i benefici ottenuti con i trattamenti ormonali, sia nella

malattia metastatica che nel setting adiuvante e neoadiuvante, risultando tanto

migliore la risposta quanto più elevata è l’espressione di entrambi i recettori, così

come migliore risulta essere anche la prognosi; questo anche in relazione al fatto

che i CM con aumentata espressione di ER e PgR presentano un maggior grado di

differenziazione10.

Notevole importanza riveste anche l’espressione di HER2. Questo recettore è il

risultato della trascrizione del proto-oncogene ErbB2 situato sul braccio lungo del

cromosoma 17. L’amplificazione di ErbB2 e l’iperespressione della relativa proteina

sono presenti nel 15%-20% dei CM11 a cui si associa un maggior rischio di

metastasi linfonodali, elevato grado istologico, negatività per i recettori steroidei,

esordio precoce e più in generale peggiore prognosi12.

I test attualmente impiegati per la determinazione dell’espressione di HER2 sono

l’immunoistochimica (ICH) e l’ibridazione in situ con immunofluorescenza (FISH).

Sono considerate una valida alternativa alla FISH anche le metodiche di ibridazione

in situ in campo chiaro (ISH) con sonda singola (per il gene HER2) o con sonda

doppia (HER2 e CEP17). I criteri d’interpretazione del risultato del test di FISH e

dell’ICH attualmente in uso sono illustrati negli algoritmi 1-2-3 di seguito

riportati13,14.

L’importanza dell’espressione di HER2 è legata al vantaggio terapeutico che i

carcinomi HER2 positivi traggono dal trattamento con anticorpi monoclonali quali

l’herceptin.

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Algoritmo n.1. Algoritmo per la valutazione dell’espressione di HER2 (recettore del fattore di

crescita dell’epidermide) con metodica immunoistochimica (IHC) della componente invasiva di un

campione del CM.

Sebbene possano essere create delle categorie immunoistochimiche di HER2 che non rientrano

in questa definizione, nella pratica queste sono rare e dovrebbero essere considerate come “IHC

2+ equivoche”. ISH=ibridazione in situ

NOTA: i risultati finali riportati presuppongono una non apparente discordanza istopatologica

osservata dal patologo.

(*)Valutata con obiettivo a basso potere di ingrandimento ed osservata all’interno di una

popolazione cellulare contigua invasiva ed omogenea.

Test HER2 (sulla componente invasiva) con metodica IHC validata

Appropriata colorazione nei controlli tessutali esterni ed interni

Colorazione

circonferenziale di

membrana completa,

intensa e in > 10% di

cellule tumorali*

Colorazione

circonferenziale di

membrana

incompleta e/o

lieve/moderata e in >

10% di cellule

tumorali* oppure

completa e

circonferenziale

intensa e in ≤ 10% di

cellule tumorali*

Incompleta

colorazione di

membrana ,

lieve/appena

percettibile e in > 10%

di cellule tumorali*

Nessuna colorazione

osservata* oppure

colorazione di

membrana

incompleta,

lieve/appena

percettibile ,e in ≤

10% di cellule

tumorali*

IHC 2+

equivoco

o

IHC 3+

positivo

IHC 1+

negativo

IHC 0

negativo

Deve essere richiesto un test riflesso (sullo stesso campione usando metodica ISH)

oppure un nuovo test (su un nuovo campione se disponibile, usando IHC o ISH)

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Algoritmo n.2. Algoritmo per la valutazione dell’amplificazione del gene del recettore del fattore di

crescita dell’epidermide (gene HER2) con metodica di ibridazione in situ (ISH) della componente

invasiva di un campione di CM usando metodica ISH a sonda singola. L’amplificazione nella

metodica ISH a singola sonda è definita esaminando il numero medio di copie HER2. Se c’è una

seconda popolazione contigua di cellule con aumentati segnali di HER2 per cellula e questa

popolazione cellulare è superiore al 10% delle cellule tumorali sul vetrino, deve essere eseguito

all’interno di questa popolazione cellulare (e riportato) un altro conteggio di almeno altre 20

cellule . Sebbene possano essere create delle categorie dello stato di HER2 con la metodica ISH

che non rientrano in queste definizioni, in pratica queste sono rare e dovrebbero essere

considerate come “ISH equivoche”.

NOTA: i risultati finali riportati presuppongono una non apparente discordanza istopatologica

osservata dal patologo.

(*) Osservato in una popolazione contigua e omogenea.

Test HER2 (sulla componente invasiva) con metodica ISH a sonda singola validata

Appropriata ibridazione in situ nei controlli tessutali esterni ed interni

Numero medio di copie

HER2≥6.0 segnali/cellule*

Numero medio di copie HER2≥4.0

e≤6.0 segnali/cellule*

Numero medio di copie

HER2≤4.0 segnali/cellule*

ISH

positivo

ISH

negativo ISH

equivoco

Si deve richiedere un test riflesso (sullo stesso campione usando metodica ISH a doppia

sonda o IHC) oppure un nuovo test (su un nuovo campione se disponibile, usando ISH o IHC)

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Algoritmo n.3 Algoritmo per la valutazione dell’amplificazione del gene del recettore del fattore di

crescita dell’epidermide (gene HER2) con metodica ibridazione in situ (ISH) della componente

invasiva di un campione di CM usando metodica ISH a doppia sonda. L’amplificazione nella

metodica ISH a doppia sonda è definita esaminando prima il rapporto HER2/CEP17 seguito dal

numero medio di copie HER2. Se c’è una seconda popolazione contigua di cellule con aumentati

segnali di HER2 per cellula e questa popolazione cellulare è superiore al 10% delle cellule tumorali

sul vetrino, deve essere eseguito (e riportato) un conteggio separato di almeno altre 20 cellule.

Sebbene possono essere create delle categorie di stato di HER2 con metodica ISH che non

rientrano in queste definizioni, in pratica queste sono rare e se incontrate devono essere

considerate “ISH equivoche”.

NOTA: i risultati finali riportati presuppongono una non apparente discordanza istopatologica

osservata dal patologo.

(*) Osservato in una popolazione contigua e omogenea.

Test HER2 (nella componente invasiva) con metodica ISH a doppia sonda validata

ISH

positivo

Appropriata ibridazione in situ nei controlli tessutali esterni ed interni

HER2/CEP17 ratio ≥ 2.0*

HER2/CEP17 ratio < 2.0

Numero medio di

copie HER2 ≥ 4.0

segnali/cellula*

Numero medio di

copie HER2 < 4.0

segnali/cellula*

Numero medio

di copie HER2 ≥

6.0

segnali/cella*

Numero medio di

copie HER2 ≥ 4.0

e < 6.0

segnali/cellula

Numero medio di

copie HER2 < 4.0

segnali/cellula*

ISH

positivo ISH

equivoco

ISH

positivo

ISH

negativo

Si deve richiedere un test riflesso (sullo stesso campione usando metodica IHC) test ISH con sonda

alternativa cromosoma 17, oppure richiedere un nuovo test (su un nuovo campione se disponibile,

usando ISH o IHC)

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Anche l’attività proliferativa della neoplasia riveste un ruolo importante dal punto di

vista prognostico. Questa può essere misurata sia mediante conta mitotica e/o

citometria a flusso (frazione di cellule in fase S), sia mediante la rilevazione

immunoistochimica di proteine cellulari prodotte durante il ciclo, come la proteina

Ki-67.

L’espressione di Ki-67 viene valutata mediante il Ki-67 labeling index (percentuale

di nuclei di cellule tumorali che si colorano con l’anticorpo per la proteina Ki-67,

codificata dal gene Ki-67).

Numerose evidenze sembrano suggerire come livelli di espressione di Ki-67

superiori al 14%, recentemente aggiornato al 20%, siano in grado di definire il

rischio in termini di prognosi peggiore15. Alti livelli di proliferazione cellulare sono

inoltre stati correlati con la negatività per ER e la positività per HER216.

La proteina Ki-67 avrebbe inoltre un ruolo predittivo, infatti carcinomi con alto indice

di proliferazione cellulare sembrerebbero rispondere meglio alla chemioterapia.17,18

Tuttavia ad oggi non è ancora possibile definire un valore soglia al di sopra o al di

sotto del quale il tumore possa essere definito a bassa od elevata attività

proliferativa al fine di predire l’efficacia della chemioterapia o dell’ormonoterapia,

questo principalmente in relazione all’assenza di un metodo standardizzato

d’analisi.

Proprio alla luce di quanto descritto si evince che il CM è una malattia eterogenea

e tumori apparentemente simili per caratteristiche clinico-patologiche possono

presentare evoluzione diversa in funzione delle loro caratteristiche molecolari che

da studi recenti si sono dimostrate piuttosto variabili, evidenziando come ogni

singolo CM abbia un suo preciso ed unico assetto molecolare19-23.

Quanto detto ha portato, attraverso metodiche di biologia molecolare, a suddividere

il carcinoma invasivo della mammella nei seguenti sottotipi molecolari23:

I luminali, che rappresentano circa il 70% dei carcinomi invasivi della

mammella, con pattern di espressione genica tipico delle cellule luminali

(CK8, CK18)24 a loro volta suddivisi in

o Luminal A caratterizzati da alti livelli di espressione di ER e/o PgR,

assente espressione di HER-2 e basso indice di proliferazione cellulare

(Ki-67 < 14 %);

o Luminal B/HER2 negativi caratterizzati da alti livelli di espressione di

ER e/o di PgR, assente espressione di HER-2 e alto indice di

proliferazione cellulare (Ki-67 > 14 %);

o Luminal B/HER2 positivi caratterizzati da alti livelli di espressione di

ER e/o di PgR, sovra-espressione o amplificazione di HER-2 in

presenza di qualsiasi indice di proliferazione cellulare (Ki-67).

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La classificazione dei carcinomi luminali è stata recentemente aggiornata, come

di seguito riportato, in base a quanto stabilito nella “St Gallen International

Expert Consensus on the Primary Therapy of Early Breast Cancer” del 2015:25-28

o Luminal A caratterizzati da alti livelli di espressione di ER e PgR,

assente espressione di HER-2 e basso indice di proliferazione cellulare

(Ki-67 < 20 %);

o Luminal B/HER2 negativi caratterizzati da alti livelli di espressione di

ER assente espressione di HER-2 e alto indice di proliferazione

cellulare (Ki-67 > 20 %) o bassa espressione di PgR;

o Luminal B/HER-2 positivi caratterizzati da alti livelli di espressione di

ER, sovra-espressione o amplificazione di HER-2 indipendentemente

dal valore della proliferazione cellulare (Ki-67) e dall’espressione di

PgR;

I carcinomi luminali presentano buona risposta alla terapia ormonale mentre

la risposta alla chemioterapia è variabile, con il fenotipo B che risponde

meglio del fenotipo A che presenta a sua volta però prognosi migliore22.

I basaloidi o basal-like o carcinomi a fenotipo basale: rappresentano il

10-20% dei carcinomi invasivi della mammella e sono caratterizzati

dall’espressione di citocheratine basali quali CK5, CK14, CK17 tipiche dello

strato basale/mioepiteliale della ghiandola normale29. Questi sono

caratterizzati nella maggioranza dei casi da perdita di espressione sia di ER

che di PgR che da una ridotta espressione di HER-2 e per questo vengono

detti “tripli-negativi”.

Spesso presentano elevati indici di proliferazione cellulare. Il fenotipo a

cellule basali triplo negativo è caratterizzato da un’alta probabilità di recidive

(metastasi polmonari e cerebrali) e da una sopravvivenza totale e libera da

malattia significativamente bassa essendo nella maggior parte dei casi

carcinomi duttali infiltranti di grado 3.

Esistono comunque all’interno delle neoplasie a cellule basali sottogruppi,

come le neoplasie a fenotipo mioepiteliale, che presentano prognosi migliore

rispetto a quelle con fenotipo basal-like triplo negativo30.

I tumori HER-2 positivi: sono caratterizzati dall’iper-espressione di HER-2 e

di altri geni come GRB7 e GATA4 con assente espressione di ER e PgG ed

elevata proliferazione cellulare. Questi costituiscono circa il 10%-15% dei

carcinomi duttali infiltranti, spesso di alto grado e caratterizzati da

interessamento linfonodale di malattia.

Presentano buona risposta alla terapia con trastuzumab e alla chemioterapia

con antracicline, ma tuttavia sono caratterizzati da una cattiva prognosi31,32

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I “claudin-low” ed i “normal breast”: sono due sottotipi di recente

introduzione. Il primo è caratterizzato da una bassa espressione di geni

coinvolti nelle adesioni intercellulari ed è sovrapponibile per alcuni aspetti ai

tumori basal-like presentando spesso alto grado con differenziazione

metaplastica o midollare e prognosi sfavorevole (circa il 12%-14% di tutti i

tumori della mammella).33,34

Il sottotipo “normal brest”, sulla cui esistenza esistono ancora dei dubbi,

esprimerebbe geni caratteristici del tessuto adiposo e avrebbe prognosi

intermedia fra i tumori luminali e quelli basali non rispondendo alla

chemioterapia neoadiuvante (circa il 5%-10% di tutti i tumori della

mammella).

Per ultimi fra i fattori prognostici, ma non per questo meno importanti, troviamo lo

stato dei linfonodi ascellari, l’invasione vascolare e l’eventuale presenza di

metastasi a distanza.

Lo stato dei linfonodi ascellari è molto importante in quanto rappresenta, in

assenza di metastasi a distanza, il principale fattore prognostico.35-37 In assenza di

interessamento linfonodale la sopravvivenza a 5 anni è nettamente più alta (circa il

99%) rispetto a quella delle pazienti con positività linfonodale (circa 84%, con

diminuzione in funzione del numero di linfonodi metastatici);36,37 importante inoltre è

la sede di diffusione metastatica linfonodale, con prognosi che peggiora in caso di

interessamento delle stazioni linfatiche extra-ascellari, come la catena mammaria

interna ed i linfonodi sovra-claveari.35 La valutazione clinica del coinvolgimento

linfonodale è inaccurata, sia per i falsi positivi che per i falsi negativi, pertanto la

biopsia si rende necessaria per un’ottimale valutazione e viene effettuata grazie ad

una tecnica nota come biopsia del “linfonodo sentinella”. Tale procedura

attualmente rappresenta la metodica principale nella valutazione dello stato

linfonodale locoregionale evitando, alle pazienti con biopsia negativa del linfonodo

sentinella, la morbilità legata ad una linfoadenectomia ascellare38.

Infine l’invasione vascolare rappresenta un indice di prognosi sfavorevole39 ed è

associata alla presenza di metastasi linfonodali. Anche la presenza di metastasi a

distanza peggiora la prognosi, riducendo la sopravvivenza a 5 aa a circa il 23%40.

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17

INDAGINI DIAGNOSTIHE

Anamnesi esame obiettivo ed indagini di laboratorio. La diagnosi di CM richiede alcuni steps importanti, il primo dei quali solitamente è

la visita senologica in cui si prende in considerazione l’anamnesi della paziente e si

procede all’esame obiettivo.

Il primo colloquio con la paziente è quindi molto importante perché fornisce

informazioni per quanto concerne il suo stato di salute generale, su eventuali

malattie pregresse, comorbidità associate e precedenti neoplasie, consentendo

soprattutto un’attenta valutazione dei diversi fattori di rischio.

È opportuno pertanto valutate l’età del menarca, il numero di gravidanze, la

distanza temporale tra le gravidanze, l’allattamento al seno, l’età della prima

gravidanza, la familiarità per tumore ovarico e per tumore mammario ed eventuali

trattamenti radianti precedenti. Nelle donne in pre-menopausa andranno raccolte

informazioni sulla data dell’ultimo ciclo, sulla lunghezza e sulla regolarità dei cicli ed

eventualmente sull’età di inizio dell’uso dei contraccettivi orali. Nelle donne in

menopausa andranno raccolte informazioni riguardanti l’età alla menopausa, il tipo

di menopausa (chirurgica o spontanea), l’uso di terapia ormonale sostituiva (HRT)

e la sua durata, e il tipo di HRT (solo estrogeni o combinata continua o

sequenziale).

Per quanto riguarda l’esame obiettivo, l’ispezione consente di controllare la

presenza di asimmetrie o variazioni di volume tra i due seni, lo stato della cute,

quello della ghiandola, del capezzolo e dell’areola.

La palpazione necessaria per valutare la presenza di noduli mammari e le loro

caratteristiche (se suggestive di malignità/benignità). Devono essere indicate le

dimensioni di ogni singola lesione clinicamente palpabile, la localizzazione, la

mobilità rispetto alla cute e al muscolo grande pettorale, la retrazione della cute, la

regolarità dei margini, la consistenza, la dolorabilità e il numero di lesioni

identificate. La palpazione si conclude con la valutazione delle stazioni linfonodali

ascellari, sovracleveari e sottoclaveari. Le linfoadenopatie palpabili dovranno

essere descritte riportandone il numero, la sede, le dimensioni, la mobilità e la

consistenza.

Per quanto riguarda gli esami di laboratorio è opportuno eseguire la ricerca dei

marcatori tumorali CA 15-3 e CEA; entrambi con sensibilità e specificità elevate,

vengono impiegati nelle varie fasi diagnostiche di malattia, anche se il numero delle

pazienti con marcatori positivi all’esordio è basso, in particolare nei primi stadi.

Esistono poi una serie di esami di laboratorio che rientrano nella normale routine

preoperatoria della paziente affette da CM. Sono esami semplici, poco costosi, ma

di elevata utilità nella stadiazione, in particolare la fosfatasi alcalina, (qualora

presenti valori elevati, può essere espressione di malattia metastatica sia a livello

epatico che scheletrico), le transaminasi, la gamma-GT e la bilirubinemia (qualora

elevate, possono essere segnale della presenza di malattia metastatica epatica).

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Cenni di imaging morfologico. L’imaging morfologico ha un ruolo fondamentale nel management delle pazienti

affette da CM (screening, stadiazione, ristadiaziazione, valutazione della risposta

alla terapia e follow-up).

La mammografia bilaterale e l’ecografia mammaria rappresentano le due

metodiche di diagnostica per immagini fondamentali per la ricerca e la

caratterizzazione morfologica di lesioni mammarie sospette. Attualmente i

programmi di screening prevedono l’esecuzione di mammografie a partire dai 50

anni con cadenza biannuale nella fascia d’età compresa fra i 50-70 anni, mentre

ancora discussa è l’utilità in pazienti d’età compresa fra 40-49 anni, le quali ne

trarrebbero beneficio solo in caso di aumentato rischio di sviluppare un carcinoma

mammario41 a scapito comunque di un’aumentata incidenza di falsi positivi e/o

sovradiagnosi.42,43 Non raccomandato risulta invece lo screening al di sopra dei 70

anni di età. Fra le metodiche mammografiche va ricordato come la mammografia

digitale, rispetto a quella analogica, sia in grado di aumentate il contrasto fra il

tumore ed il parenchima mammario sano circostante, in particolare nei seni densi,

migliorando la sensibilità della metodica nelle pazienti con età inferiore a 50 anni

con mammelle molto dense o eterogeneamente dense ed in quelle in pre- e peri-

menopausa44.

Una migliore e più completa definizione diagnostica delle lesioni mammarie

sospette, evidenziate tramite mammografia, è possibile grazie all’esecuzione di

un’ecografia mammaria bilaterale che consente sia un’ulteriore caratterizzazione

morfologica delle lesioni, che una definizione istologica di queste, permettendo una

“guida ecografica” target mirata durante l’esecuzione dell’agobiopsia45. Inoltre

l’esame ecografico può essere utile nella valutazione bioptica di linfoadenopatie

ascellari sospette per secondarismi di malattia, mentre rimane controversa la sua

utilità nella stadiazione dei linfonodi ascellari dove presenta sensibilità minore

rispetto sia alla PET/CT che alla LS-SLNB, questo probabilmente in relazione alla

grossa variabilità operatore dipendente che presentano le metodiche

ultrasonografiche46.

Sempre per quanto riguarda la fase di screening, quella stadiativa ed in minor

misura quella relativa alla valutazione della risposta alla terapia neo-adiuvante,

anche la risonanza magnetica nucleare con contrasto (RMN) può trovare

applicazione. Attualmente la RMN come metodica di screening (insieme alla

mammografia e all’esame clinico), trova indicazione nelle donne ad alto rischio

(mutazione BRCA1-BRCA2, lifetime risk del 20-25%, radioterapia della parete

toracica fra i 10-30 aa di età, sindrome di Li-Fraumeni, Cowden o Bannayan-Riley-

Ruvalcaba), in quelle con storia personale di carcinoma duttale in situ/iperplasia

duttale atipica/iperplasia lobulare atipica ed in quelle con mammelle

particolarmente dense47. In fase stadiativa la RMN può essere impiegata per la

miglior caratterizzazione delle lesioni mammarie, in particolare per quelle con

sospetto di multifocalità e/o multicentricità e nei casi in cui la diagnostica

tradizionale risultata inconclusiva.47 L’impiego della RMN al di fuori di queste

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limitate indicazioni può portare ad un aumento dei falsi positivi con un incremento,

nella pratica chirurgica, degli interventi di mastectomia e mastectomia

controlaterale profilattica48-52.

Sempre per quanto riguarda la fase di staging, altre metodiche di imaging

radiologico sono impiegate in funzione dello stadio di malattia. Per i pazienti affetti

da carcinoma duttale infiltrante stadio I-IIB è indicata, se presenti sintomi specifici

e/o alterazione degli esami di funzionalità epatica e della fosfatasi alcalina,

l’esecuzione di un esame TC/RMN addomino-pelvica; un’eventuale TC del torace è

da considerare in presenza di sintomatologia specifica. In caso di stadio III (A,B,C)

è opportuno eseguire routinariamente sia una TC toracica sia un esame TC/RMN

del distretto addomino-pelvico a cui è opportuno aggiungere una RMN cerebrale in

presenza di una malattia allo stadio IV in caso di sintomi sospetti per

interessamento del SNC6.

Gli esami di imaging radiologico vengono inoltre impiegati, in funzione dei dati

clinico-anamnestici, anche nelle fasi di ristadiazione, valutazione della risposta alla

terapia e follow-up con cadenze temporali specifiche in linea con quanto previsto

dalle attuali linee guida6.

Ruolo dell’imaging funzionale.

L’imaging funzionale riveste un ruolo importante nella gestione delle pazienti affette

da CM in quanto fornisce informazioni di tipo metabolico importanti per la diagnosi

e la terapia praticamente in tutti gli stadi di malattia impiegando metodiche sia di

imaging tradizionale che di imaging ibrido53.

Di seguito verranno descritte le principali metodiche medico-nucleari in uso nel

management del carcinoma duttale infiltrante della mammella.

Mammoscintigrafia con 99mTc-Sestamibi

Attualmente la mammoscintigrafia riveste un ruolo complementare alle metodiche

radiologiche nella flow-chart diagnostico-terapeutica delle pazienti affette da CM.

Tale metodica è impiegata principalmente in tutte quei casi in cui mammografia ed

ecografia mammaria risultano inconclusivi, la RMN non può essere eseguita

(presenza di pacemaker e/o protesi metalliche, claustrofobia ed obesità)54-56 ed in

alcuni casi nella valutazione della risposta alla chemioterapia neoadiuvante e della

farmacoresistenza glicoproteina-P mediata.

Le immagini vengono acquisite circa 10 minuti dopo la somministrazione ev di circa

740 MBq di 99mTc-Sestamibi (possibilmente nel braccio controlaterale alla

mammella da studiare) mediante modalità planare e se necessario tomografica con

gamma-camera tradizionale o in modalità planare impiegando gamma-camere

dedicate, equipaggiate con una nuova generazione di detettori a semiconduttore

allo stato solido (CdZnTe); in tal caso la dose viene ridotta a circa 370 MBq). Il

radiofarmaco, per le sue caratteristiche di biodistribuzione, tende ad accumularsi a

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livello mitocondriale in funzione del metabolismo cellulare ma anche del flusso

ematico, della neo-angiogenesi e dei potenziali di membrana plasmatica e

mitocondriale.57-62 Questi aspetti ne facilitano la concentrazione nelle cellule

tumorali, ma il radiofarmaco può legarsi anche in modo aspecifico, ad esempio in

nel caso di esiti chirurgici recenti, fenomeni infiammatori e di patologie benigne

della mammella (es. iperplasia atipica) dando luogo a risultati falsi positivi57,59,63,64,

anche se focali captazioni a livello di patologie mammarie benigne si sono

dimostrate in alcuni studi65, indicative di possibile futura evoluzione verso patologia

maligna.

Il recente impiego di gamma-camere dedicate, con detettori a semiconduttore allo

stato solido (CdZn Te), ha portato ad una serie di vantaggi rispetto alle gamma-

camere tradizionali che si riassumono in una maggiore efficacia di conteggio per il 99mTc (circa tre volte superiore), una riduzione della distanza fra mammella e

collimatore con conseguente maggiore risoluzione spaziale, diminuzione dell’attività

da somministrare al paziente ed una maggiore risoluzione di contrasto con

riproduzione di proiezioni mammografiche.64,66-68 L’uso di detettori a semiconduttore

consente quindi una migliore definizione diagnostica delle lesioni sub-centimetriche

e di quelle non palpabili con una sensibilità della metodica pari all’82%, una

specificità dell’85%69 ma soprattutto un elevato valore prognostico negativo (NPV)

che permette di ridurre inutili procedure diagnostico-bioptiche invasive70,71. Di

seguito, in figura 2, un esempio di mammoscintigrafia (CdZnTe) con 99mTc-

Sestamibi in paziente con riscontro RX di nodulo sospetto nel QII.

Figura 2: mammoscintigrafia in paziente con nodulo sospetto della mammella

Dx

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21

Linfoscintigrafia della mammella con 99mTc-Nanocolloidi

Lo stato dei linfonodi ascellari rappresenta il principale fattore prognostico nelle

pazienti affette da CM agli stadi iniziali e fornisce informazioni fondamentali per la

scelta della terapia chirurgica più adeguata72,73. Poichè tutte le metodiche di

imaging attualmente disponibili risultano poco sensibili nell’individuazione della

presenza di metastasi a livello dei linfonodi ascellari, al fine di evitare routinarie

dissezioni ascellari che possono comportare complicanze (quali linfedema, lesioni

al plesso nervoso, disfunzioni a carico della spalla ed altri effetti avversi a breve e

lungo temine), oggi viene impiegata una tecnica di chirurgia radioguidata nota

come biopsia del linfonodo sentinella. Tale metodica si basa sul fatto che il

drenaggio linfatico avviene in maniera sequenziale74 e che quindi il linfonodo

sentinella (SLN) rappresenta il primo/i linfonodo/i al/i quale/i il tumore diffonde, con

conseguente bassa probabilità di interessamento di altri linfonodi nel caso in cui il

SLN risulti negativo.

Si può affermare che ad oggi, la biopsia del linfonodo sentinella ha sostituito la

dissezione ascellare nella stadiazione del CM con linfonodi ascellari clinicamente

negativi, riducendo la morbilità associata alla linfoadenectomia ascellare75.

La modalità di iniezione del radiofarmaco è ancora oggi oggetto di discussione ed

esistono varie tecniche che prevedono rispettivamente l’iniezione profonda

(peritumorale o intratumorale) o quella superficiale (intradermica, subdermica,

periareolare o subareolare) anche se più diffusa è quest’ultima metodica sia perchè

consente una più rapida ed efficace visualizzazione dei linfonodi di drenaggio,

(senza necessitare di guida ecografica per l’iniezione del radiofarmaco), sia perché

permette lo studio scintigrafico di tumori multicentrici e multifocali76,77 in caso di

iniezione sub-retroareolare del tracciante.

L’esecuzione delle immagini scintigrafiche (modalità planare e se necessario

SPECT/TC) permette un aumento dell’accuratezza diagnostica della metodica ed

una minore morbilità post-chirurgica78,79 consentendo anche l’individuazione pre-

intervento di eventuali drenaggi linfatici extra-ascellari, per esempio a livello della

catena linfonodale mammaria interna (20% dei casi), ed in sede inframammaria,

infrapettorale ed infraclavicolare (rispettivamente il 6%, il 2% ed il 3% dei casi)80.

In sede intraoperatoria la ricerca del linfonodo sentinella richiede l’impiego di un

gamma-probe e la sua identificazione può essere basata sia sul numero di conteggi

assoluti del linfonodo, sia su un rapporto fra i conteggi del linfonodo in esame (in

vivo o ex vivo) ed il fondo radioattivo81,82. In letteratura, al fine dell’individuazione

dei linfonodi da asportare83-85, viene considerata valida come soglia un cut-off

inferiore al 10-20% dei conteggi dell’attività del linfonodo più radioattivo.

Secondo quanto riportato dalle linee guida 2016 del National Comprehensive

Cancer Network (NCCN) dovrebbero essere sottoposti a stadiazione linfonodale

ascellare mediante biopsia del linfonodo sentinella tutti i CDI della mammella in

stadio I,II e IIIA (T3,N1,M0), ed i CDIS per cui è previsto un intervento di

mastectomia radicale.

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22

Risulta inappropriato l’impiego della metodica in pazienti affette da carcinoma

infiammatorio, in quelle con tumefazioni linfonodali ascellari palpabili al momento

della diagnosi ed in pazienti con CDIS in cui è previsto un intervento conservativo.38

Di seguito in figura 3 un esempio di linfoscintigrafia della mammella con 99mTc-

nanoccoloidi.

Figura 3: linfoscintigrafia della mammella sn

PET/TC e PEM con [18F] Fluorodesossiglucosio ([18F]-FDG).

Come noto, la PET/TC è un esame medico-nucleare che consente di rilevare la

distribuzione “in vivo” di radiofarmaci marcati con isotopi emettitori di particelle β+

(positroni) tramite un imaging ibrido che fornisce sia informazioni metaboliche, che

morfologiche utili allo studio del distretto anatomico in esame. Tale metodica

utilizza radiofarmaci, cioè sostanze biologicamente identiche rispetto alla loro forma

nativa (traccianti biologici veri). La misura “in vivo” delle concentrazioni locali di tali

farmaci è resa possibile proprio dalla “marcatura” con radionuclidi β+, elementi la

cui instabilità deriva da un numero di neutroni inferiore a quello dei protoni e

pertanto soggetti a trasmutazioni nucleari spontanee (decadimenti radioattivi), che

permettono loro di raggiungere un nuovo rapporto N/Z tale da soddisfare le

condizioni di stabilità. In presenza di nuclidi con carenza di neutroni la stabilità

viene raggiunta con l’emissione di un positrone (β+), particella caratterizzata da

carica positiva e massa pari a quella di un elettrone. Il raggiungimento della stabilità

comporta la trasmutazione del nucleo in un altro elemento caratterizzato da massa

atomica identica e numero atomico diminuito di un’unità (Z-1). L’interazione fra le

particelle β+ e la materia determina una reazione di annichilazione positrone-

elettrone, (che avviene dopo un certo percorso nella materia chiamato positron

range), con la produzione di due fotoni ad alta energia (511 KeV) lungo la stessa

linea di volo ma con verso opposto. Le coincidenze, ovvero le registrazioni in

contemporanea dei due fotoni prodotti, sono determinate grazie ad un numero

elevato di detettori (cristalli di germinato di bismuto-BGO, o ortosilicato di lutezio-

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LSO, o ortosilicato di gadolinio-GSO, o ortosilicato di Lutezio-Yttrio-LYSO) disposti

su più file di anelli adiacenti, con un campo di vista (FOV) assiale di 15-20 cm.

Dalla registrazione di un gran numero di queste coincidenze, mediante l’impiego di

algoritmi di ricostruzione dell’immagine, si ottiene la distribuzione del radiofarmaco

all’interno del distretto corporeo esaminato, con una risoluzione spaziale di circa 4

mm. I raggi gamma subiscono, nell’attraversare il corpo umano, un’attenuazione

della loro intensità e quindi, volendo effettuare una stima quantitativa o

semiquantitativa dell’attività di radiofarmaco accumulata nei vari distretti corporei, è

necessario correggere i dati acquisiti nella scansione, per l’effetto causato

dall’attenuazione. Attualmente, con l’impiego di tomografi ibridi PET/TC,

caratterizzati da un tomografo PET ed un tomografo TC allineati lungo lo stesso

asse longitudinale e posti uno dietro l’altro, la correzione per l’attenuazione viene

realizzata mediante l’impiego dei dati TC. Le principali limitazioni dei sistemi

PET/TC in uso sono legate alla fusione delle immagini prodotte dalle due scansioni,

che seppur fisicamente separate, devono essere perfettamente sovrapponibili a

posteriori; ne segue che ogni possibile fonte di disallineamento deve essere evitata,

prestando particolare attenzione affinché vengano evitati eventuali movimenti

traslazionali errati del lettino, flessioni dello stesso legate ad eccessivo peso del

paziente e movimenti involontari da parte di quest’ultimo.

Il radiofarmaco attualmente più usato nella diagnostica PET è il [18F]-FDG. Questo

composto è un analogo del glucosio nel quale un atomo di [18F] sostituisce un

gruppo ossidrilico in posizione 2 e si accumula prevalentemente a livello dei tessuti

con intensa attività glicolitica come il cervello, le cellule neoplastiche, i processi

infiammatori e talvolta nel miocardio (non sempre evidenziabile in relazione al

metabolismo preferenziale delle cellule miocardiche per gli acidi grassi a digiuno).

L’uptake del radiofarmaco può essere influenzato da diverse condizioni clinico-

metabolico-iatrogene che modificano il metabolismo del glucosio e che quindi

devono essere tenute in considerazione. Al fine di realizzare un buon esame è

necessario quindi valutare:

La glicemia;

l’insulinemia;

la presenza nel sangue di farmaci che influenzano il metabolismo del

glucosio (insulina, corticosteroidi, acido valproico, carbamazepina, fenitoina,

fenobarbital e catecolamine);

l’attivazione adrenergica;

la presenza di un eventuale intervento chirurgico, di un trattamento

chemioterapico e/o radioterapico troppo ravvicinato rispetto all’esame PET

(di solito si raccomanda un tempo di sospensione di circa 3-4 settimane per

chemioterapia e di almeno un paio di mesi per la terapia radiante);

l’uso di fattori di crescita (G-CSF) che devono essere sospesi da almeno 5

gg.

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24

L’intrappolamento biochimico del [18F]-FDG all’interno delle cellule avviene grazie

alla sua affinità per i trasportatori GLUT I e III che non lo distinguono dal glucosio e

ne consentono l’ingresso nella cellula stessa, dove il radiofarmaco viene fosforilato

da un’esochinasi a formare [18F]-FDG-6-PO4. Tuttavia, mentre il vero glucosio-6-

fosfato può intraprendere una qualunque delle tre vie metaboliche possibili (cioè

sintesi del glicogeno previa trasformazione in glucosio-1-fosfato, glicolisi previa

trasformazione in fruttosio-6-fosfato, oppure shunt degli esosi-monofosfato previa

trasformazione in glucosio-6-fosfo-glucono-lattone) il [18F]FDG-6-PO4 non può

entrare in nessuna di queste vie metaboliche perché ognuno degli enzimi limitanti

coinvolti lo riconosce come diverso dal vero glucosio-6-fosfato a causa dell’assenza

del gruppo OH in posizione 2. A questo punto il radiofarmaco fosforilato non

potendo né attraversare la membrana cellulare né intraprendere una delle vie

metaboliche sopra descritte non può fare altro che accumularsi nella cellula o

sfruttare il meccanismo di riconversione a [18F]-FDG per mezzo della glucosio-6-

fosfatasi che però ha una cinetica troppo lenta per impedire l’accumulo

intracellulare del radiofarmaco in maniera proporzionale al fabbisogno cellulare di

glucosio.

In campo oncologico l’impiego della [18F]-FDG PET/TC è fondato su nozioni note

da più di 80 anni grazie agli studi di Warburg sul metabolismo delle cellule

tumorali86. Le neoplasie presentano infatti un alterato consumo di glucosio con una

spiccata attività glicolitica. Tale aspetto è legato sia ad una ridotta efficacia

metabolica dei tessuti neoplastici rispetto ai tessuti normali, che ad un fabbisogno

energetico aumentato in funzione dell’attività proliferativa. Questi due aspetti

determinano un’aumentata espressione del trasportatore GLUT sulla membrana

delle cellule tumorali ed un aumento degli enzimi glicolitici come l’esochinasi. In

base a tali caratteristiche l’uso della PET/TC ha preso sempre più piede nella

pratica diagnostica delle patologie oncologiche fatta eccezione per quelle neoplasie

con alto grado di differenziazione, tipo le neoformazioni cistiche e/o mucinose, che

non hanno una captazione particolarmente elevata di [18F]FDG.

In un paziente adulto, per eseguire un esame PET/TC, normalmente viene

somministrata un’attività di circa 3.7 MBq/kg di [18F]-FDG previo accertamento dello

stato di digiuno del paziente da almeno 6 h e valutazione del valore della glicemia

che deve essere inferiore a 200 mg/dl.87 Variazioni dell’attività somministrata

possono essere legate al peso del paziente, al tipo di tomografo impiegato ed al

tempo d’acquisizione. L’eliminazione del radiofarmaco avviene prevalentemente

per via renale tanto che circa il 20% dell’attività somministrata viene escreta con le

urine nelle 2 ore successive alla somministrazione; ne consegue che nelle

acquisizioni ottenute ad un’ora dalla somministrazione si ha un pressoché costante

accumulo fisiologico del radiofarmaco nell’intero sistema urinario ed in particolare in

vescica, che per questo viene fatta svuotare dal paziente subito prima dell’inizio

dell’acquisizione delle immagini, che avviene circa 60 minuti dopo la

somministrazione del radiofarmaco.

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25

A supporto della valutazione qualitativa delle immagini, esistono una serie di

parametri semiquantitativi fra i quali il SUVmax (Standardized Uptake Value max), il

SUVmean (Standardized Uptake Value mean) ed il TLG (Total Lesion Glycolisys).

Il valore del SUV si ottiene tramite la seguente formula:

( )

( )

Il SUVmax ed il SUVmean rappresentano rispettivamente la captazione massima e

la captazione media di [18F]-FDG rilevata all’interno di una regione d’interesse.

Questi due parametri, seppur utili ed ampiamente impiegati, sono influenzati da

molti fattori sia di natura tecnica (legati al tempo dell’acquisizione delle immagini e

all’attività somministrata), sia strettamente dipendenti dal paziente88. Inoltre il

significato della loro correlazione con i parametri clinico istopatologici non è ancora

chiaro. Nel caso specifico del tumore della mammella il valore dei parametri

semiquantitativi SUVmax, SUVmean può cambiare in base alle varianti molecolari

e in relazione alla normale captazione da parte del tessuto mammario sano89-95.

Il TLG viene calcolato con la seguente formula:

dove per MTV si intende il volume metabolicamente attivo del tumore. Il TLG

quindi fornisce informazioni sull’uptake di [18F]-FDG in relazione al volume tumorale

metabolicamente attivo. Questo è considerato attualmente un affidabile parametro

di valutazione clinico-prognostica in pazienti con neoplasie polmonari, orofaringee,

e rettali, così come per i linfomi96,97 mentre per altre neoplasie, come quelle della

mammella, c’è ancora una scarsa concordanza in proposito 98,99.

Secondo le attuali linee guida, l’impiego della PET/CT con [18F]-FDG nelle pazienti

affette da CM è raccomandato in fase di stadiazione in tutti quei casi in cui

l’imaging convenzionale risulti dubbio e/o sospetto6. Utile è anche il suo impiego nei

carcinomi infiammatori e nella valutazione della risposta alla terapia

(ormonoterapia, chemioterapia, radioterapia) in pazienti con malattia metastatica,

anche se ancora non c’è unanimità di consensi sui tempi di esecuzione della

metodica6.

La PET/CT con [18F]-FDG risulta invece non raccomandata in caso di malattia allo

stadio I, II, IIIA (T3, N1)6. Tuttavia alcuni studi hanno messo in evidenza come la

PET/TC con [18F]-FDG sia uno strumento importante in fase di staging anche dei

tumori in stadio IIB, IIIA perché in grado di rilevare la presenza di linfonodi

metastatici extra-ascellari e di eventuali metastasi a distanza46,100-109. Inoltre anche

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26

nella fase di restaging è utile eseguire un esame PET/TC per la sua alta sensibilità

e specificità rispetto alle tecniche di imaging convenzionali110.

Alcuni studi hanno messo in relazione i valori di SUVmax del tumore primitivo

mammario91,92,111,112 e/o delle linfoadenopatie metastatiche ascellari113 con la

prognosi dei pazienti, riscontrando un aumento del numero delle recidive

all’aumentare dei valori di SUVmax e viceversa una prognosi migliore nelle pazienti

con negativizzazione del quadro PET/TC dopo chemioterapia.

Si può quindi affermare che la PET/TC con [18F]-FDG abbia un ruolo fondamentale

nel managment delle pazienti affette da CM fornendo informazioni sia metabolico-

funzionali, che morfologiche utili nella fasi di staging, restaging, follow-up e di

valutazione della risposta precoce al trattamento.

Negli ultimi anni è stata introdotta una nuova metodica PET specifica per la

mammella, nota come Positron Emission Mammography (PEM); questa è in grado

di riprodurre immagini 3D aumentando la risoluzione spaziale fino a 2 mm, con

conseguente aumento della sensibilità, ma anche della specificità della metodica

nella diagnosi di CM. Alcuni studi hanno dimostrato come la sensibilità della PEM

sia superiore a quella della tradizionale PET, cosi come è risultato superiore anche

il detection rate rispettivamente pari al 95% vs 87% in donne con sospetto tumore

della mammella.114,115 Tuttavia la PEM seppur sembra possa avere un potenziale

importante in fase di screening e di valutazione del parametro T in fase di

stadiazione, presenta dei limiti legati alla valutazione della sola regione mammaria,

oltre che alla necessità di ulteriori studi per una sua più completa validazione.

Di seguito, in Figura 4,5 e 6 alcuni esempi di [18F] FDG PET/TC in pazienti con

carcinoma duttale infiltrante della mammella.

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27

Figura 4: PET/TC con [18F] FDG in paziente con grossolana formazione

mammaria dx ad elevato metabolismo glucidico.

Figura 5: PET/TC con [18F]-FDG in paziente con carcinoma metastatico della

mammella sn

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28

Figura 6: PET/TC con [18F]-FDG in paziente con metastasi ossee da carcinoma

della mammella.

Scintigrafia ossea con 99mTc-HDP.

Le metastasi ossee rappresentano circa l’80% dei secondarismi di malattia nelle

pazienti affette da CM metastatico116. Dal momento in cui viene diagnosticato un

interessamento metastatico osseo i pazienti presentano una sopravvivenza media

di malattia compresa fra 2.1 e 6 anni con relativa compromissione della qualità

della vita117; ne consegue che una valutazione della presenza di secondarismi

ossei è necessaria in fase di staging, di follow-up e di restaging al fine di migliorare

la qualità della vita e la sopravvivenza116,118,119. Secondo le attuali linee guida, la

scintigrafia ossea dovrebbe essere eseguita in fase di staging in tutti i pazienti con

carcinoma duttale infiltrante allo stadio I-IIB in presenza di dolori ossei localizzati

e/o innalzamento della fosfatasi alcalina e in quelli che presentano malattia allo

stadio III-IV6. L’esame dovrebbe inoltre essere ripetuto con cadenze prefissate in

funzione del quadro clinico del paziente e dell’interessamento osseo di malattia.

La metodica richiede l’iniezione e.v. di circa 740 MBq di 99mTc-HDP, radiofarmaco

in grado di legarsi ai distretti ossei caratterizzati da aumentato turnover

osteometabolico e quindi di individuare lesioni osteo-addensanti e lesioni miste120

tramite l’acquisizione di immagini whole-body e planari dopo circa tre ore dalla

somministrazione del radiofarmaco. Tale metodica presenta elevata sensibilità, ma

scarsa specificità che può comunque essere aumentata con la realizzazione di

immagini tomografiche ibride (SPECT/TC) che consentono, inoltre, un aumento di

accuratezza diagnostica in particolare a livello dello scheletro assiale118-121.

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29

L’elevata sensibilità della metodica al turn-over osteometabolico (in particolare

all’attivazione degli osteoblasti) consente anche di valutare la risposta a trattamenti

sistemici (chemioterapia ed ormonoterapia) e locali (radioterapia).

Di seguito in figura 1 viene riportato un esempio di scintigrafia ossea con 99mTc-

HDP in una paziente affetta da carcinoma duttale infiltrante della mammella che

presenta multiple lesioni scheletriche metastatiche.

Figura 1: scintigrafia ossea in paziente affetta da CM con metastasi scheletriche

con distribuzione pressoché ubiquitaria

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30

Scopo della tesi Il CM è una malattia eterogenea che comprende differenti varianti, caratterizzate da

diversi patterns biologici, da una differente risposta alla terapia e con prognosi

variabile122. È importante quindi identificare le varianti con prognosi peggiore al fine

di ottimizzare la loro gestione clinica. Come noto diversi fattori influenzano

l’aggressività del tumore e la prognosi; fra questi troviamo l’istologia, l’espressione

dei recettori ormonali (ER e PgR), l’espressione di HER2, l’indice di proliferazione

cellulare (Ki-67), la presenza di invasione vascolare peritumorale ed il grado di

differenziazione (Grading)123,124.

Lo scopo del presente studio è quello di correlare i vari parametri metabolici

semiquantitativi PET SUVmax, SUVmean, TLG Specific Breast Uptake Ratio

(SBUR) calcolato in relazione al fisiologico uptake glucidico della mammella sana

controlaterale), con i vari sottotipi molecolari in una popolazione di 58 pazienti

affette da carcinoma duttale infiltrante.

Materiali e metodi

Pazienti:

Sono stati analizzati retrospettivamente esami PET/TC con [18F]-FDG eseguiti a

scopo stadiativo in 58 pazienti con carcinoma duttale infiltrante della mammella

effettuati in un periodo fra il 2005 ed il 2012, presso il Centro Regionale di Medicina

Nucleare di Pisa, la Fondazione Gabriele Monasterio di Pisa e l’Istituto Oncologico

Veneto (IOV-IRCCS) di Padova.

Sono state escluse dalla studio tutte le pazienti che avevano già ricevuto terapia

per il CM, sia farmacologica che chirurgica (resezione parziale o totale) e quelle

inoperabili allo stadio IV (con metastasi a distanza al momento della diagnosi).

I principi di inclusione prevedevano l’arruolamento di pazienti in stadio cT1b-cT4,

indipendentemente dal coinvolgimento linfonodale (valutato tramite biopsia del

linfonodo sentinella seguita da dissezione ascellare in caso di metastasi ascellari).

Le caratteristiche delle pazienti valutate (età, dimensioni del tumore, istotipo, stato

linfonodale, espressione dei recettori per estrogeni e progesterone [ER, PR],

espressione di HER2, Ki-67 e grado di differenziazione) sono riassunte nella

Tabella 1.

I valori dei parametri semiquantitativi SUVmax, SUVmean, TLG ed il rapporto

SUVmean lesion/SUVmean background (SBUR) sono stati messi in relazione con

le dimensioni tumorali (T), il grado di differenziazione istopatologica, lo stato dei

recettori ormonali (ER e PgR), l’espressione di HER2 e della proteina Ki-67 ed il

coinvolgimento linfonodale ascellare.

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31

Numero totale di pazienti 58

Età media (range) 51(32-84)

Menopausa

No

Si

29

29

Istologia n (%) 58 (100)

Dimensione tumorale media in cm (range) 2.58±1.27 (0.8-6.00)

Dimensione media del tumore (range)

T1b

T1c

T2

T3

T4

4 (6.9)

16 (27.6)

29 (50)

7 (12.1)

2 (3.4)

Histological grade n (%)

G2

G3

16 (27.5)

42 (62.5)

ER n (%)

Positivi

Negativi

38 (65.5)

20 (34.5)

PgR n (%)

Positivi

Negaativi

29 (50)

29 (50)

HER n (%)

Positivi

Negativi

16 (27.5)

42 (62.5)

Sottotipi molecolari

Luminal A (HR+, Ki-67≤14%, HER2-)

Luminal B-HER2- (HR+, Ki-67≥14%, HER2-)

Luminal B-HER2+ (HR+, HER2+, qualsiasi Ki-67)

HER2+ (HR+ e HER2+)

Tripli Negativi (HR- e HER2-)

6 (10.3)

21 (36.2)

12 (20.7)

4 (6.9)

15 (25.9)

Tabella 1: caratteristiche dei pazienti coinvolti nello studio

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32

Protocollo di acquisizione ed analisi delle immagini: Tutte le pazienti dovevano essere digiune da almeno 6 ore prima dell’esecuzione

dell’esame con valore della glicemia ≤ a 170 mg/dl al momento dell’iniezione del

radiofarmaco.

Per minimizzare l’uptake del tracciante a livello muscolare le pazienti sono state

invitate a rimanere in silenzio, a non masticare e più in generale a non effettuare

attività muscolare prima dell’acquisizione PET.

Le immagini sono state acquisite con due tomografi PET diversi, rispettivamente un

tomografo Discovery ST/8 (GE Health Milwaukee, USA) in uso presso il Centro

Regionale di Medicina Nucleare di Pisa e la Fondazione Gabriele Monasterio ed un

tomografo Biograph 16 HT PET/TC (Siemens Medical Solution, Illinois, USA) in uso

presso l’IOV-IRCCS di Padova.

Al fine di evitare discrepanze di acquisizione e di elaborazione fra i due diversi

tomografi sono state messe in atto una serie di accortezze quali:

Calibrazione del fattore attività/conteggi basato su acquisizioni di un well

counter;

Correzione dell’effetto volume parziale in relazione al volume della lesione

tramite acquisizione di un fantoccio (International Electrotechnical

Commission [IEC]) contenente diverse sfere di raggio variabile di 5, 6.5, 8.5,

14 e 18.5 mm.

Una volta stabiliti i limiti della scansione dalla regione orbitaria a quella inguinale,

viene eseguita una TC e successivamente vengono acquisiti i dati PET in modalità

3D (3 minuti per lettino) circa a 60 minuti dall’iniezione endovenosa di un’attività di

[18F]-FDG pari a circa 3.7 MBq/kg. La correzione per l’attenuazione è stata

realizzata mediante i dati TC.

Successivamente viene eseguita la fusione fra le immagini PET e quelle TC

secondo l’asse trasversale, coronale e sagittale. Sia il well counter che il fantoccio

IEC sono stati acquisiti e ricostruiti usando gli stessi settaggi usati per i pazienti.

Le immagini sono poi state esaminate in doppio cieco da due distinti medici

nucleari, sia qualitativamente che semiquntitativamente. A questo scopo è stata

disegnata, in modo semi-automatico sulle immagini assiali in corrispondenza delle

lesioni tumorali, una VOI (volume of interest) di dimensioni poco superiori rispetto al

target. I bordi delle VOI vengono poi definiti manualmente tramite l’ispezione visiva

per evitare la sovrapposizione con la captazione di [18F]-FDG delle strutture

adiacenti (ad esempio siti di captazione fisiologica o altre lesioni).

Per ogni lesione è stato definito il SUVmax (inteso come massimo valore di uptake

nel singolo pixel normalizzato per il peso corporeo del paziente) ed il Metabolic

Tumor Volume (MTV), utilizzando per identificare quest’ultimo una soglia del 40%

dell’attività metabolica massima all’interno della lesione.

Tale soglia è stata determinata sperimentalmente tramite l’individuazione del valore

di cut-off nella misurazione del MTV delle sfere (a volume noto) di un fantoccio

acquisito e ricostruito usando gli stessi parametri impiegati per i pazienti.

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33

La scelta di utilizzare un metodo di segmentazione semiautomatica per determinare

le ROI assicura una migliore riproducibilità.

Il SUVmean è stato invece calcolato come media del SUV all’interno del MTV.

Si può quindi affermare che, per ogni lesione, il SUVmax il SUVmean ed il MTV

sono stati calcolati automaticamente, mentre Il TLG è stato calcolato come il

prodotto del SUVmean per il MTV (cm3).

È stato anche calcolato un altro indice semiquantitativo, lo Specific Breast Uptake

Ratio (SBUR) calcolato, tenendo conto che la mammella è principalmente

composta da tessuto adiposo con una relativa ridotta perfusione, correlando i valori

di uptake glucidico di VOI disegnate a livello della lesione tumorale con analoghe

VOI disegnate nel tessuto mammario sano controlaterale nel seguente modo:

SBUR = (MBq/ cm3 nel tumore)/(MBq/ cm3 nel fondo controlaterale). Tale

parametro è stato introdotto per cercare di ridurre la variabilità fra i vari pazienti

nella valutazione dell’uptake di [18F]-FDG nel tessuto mammario anche

considerando le diverse condizioni ormonali.

Analisi immunoistochimica e classificazioni in sottotipi

molecolari. L’analisi immunoistochimica dei pezzi operatori è stata realizzata in modo

automatico su sezioni incluse in paraffina di circa 3-5 µm di diametro impiegando il

sistema immunoistochimico di Ventana Benchmark (Ventana medical System,

Tucson, AZ) previo smascheramento dell’antigene tramite la soluzione Ventana

Cell Conditioning 1 (CC1).

Il segnale non specifico causato dalla biotina endogena viene bloccato tramite pre-

incubazione con il Kit di blocco della biotina endogena.

L’analisi immunoistochimica dei recettori degli estrogeni ER (clone SP1) e del

progesterone (clone 1E2) è stata effettuata utilizzando anticorpi monoclonali murini.

La via HER-2/neu (clone 4B5) è stata studiata utilizzando anticorpi monoclonali

murini anti-HER2 diretti contro il dominio interno della proteina stessa.

Anche per la valutazione dell’espressione della proteina Ki-67 è stato impiegato un

anticorpo monoclonale murino (clone MIB-1).

Lo stato dei recettori ormonali (ER e PR) è stato valutato prendendo come soglia

un valore d’espressione cellulare pari al 10%; la stessa soglia è stata impiegata per

la valutazione di HER2, considerando assente la sua espressione per un punteggio

immunoistochimico pari a 0/1+ o 2+ FISH non amplificato, mentre l’espressione è

stata considerata positiva in presenza di uno score sia 2+ FISH amplificato che 3+.

Lo stato dei linfonodi ascellari è stato classificato come positivo o negativo.

Il grading del tumore è stato assegnato usando la classificazione di Scarff-Bloom-

Richardson.

Le lesioni mammarie sono state classificate in 5 sottotipi molecolari mediante l’uso

di markers immunoistochimici (rispettivamente per ER, PR, HER2 e Ki-67) in

accordo con le raccomandazioni della XII Breast International Conference125:

Luminal A;

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34

Luminal B-HER2(-);

Luminal B HER2 (+);

HER2 (+);

Tripli negativi.

Analisi statistica I dati numerici, analizzati con i test di Kolmogorov-Smirnov e di Shapiro Wilk hanno

dato come risultato un valore di p <0.5 indicante quindi una distribuzione non

normale.

Per lo studio della relazione fra i parametri semiquantitativi PET (SUVmax,

SUVmean, TLG, SBUR) e le caratteristiche clinico-patologiche delle neoplasie

(pTNM, lo stato dei recettori ormonali (ER e PR), l’espressione di HER2, ed il

grading neoplastico) è stata eseguita un’analisi statistica usando il test di U Mann-

Whitney, mentre per la correlazione fra i parametri PET e l’espressione della

proteina Ki-67 è stato impiegato il test di Kruskal-Wallis.

SUVmax, TLG, SUVmean e SBUR sono stati messi in relazione con lo stadio della

neoplasia pTN, con lo stato di espressione dei recettori ormonali ER e PR, con il

grading e con l’espressione di HER2 usando un metodo di regressione lineare.

Inoltre sono state realizzate curve ROC (Receiver Operating Characteristic ) per

identificare i valori di cut-off di tutti i parametri metabolici in grado di discriminare fra

le varie categorie di Luminal.

L’analisi statistica è stata effettuata impiegando la versione 15.0 di SPSS per

Windows ed valore di p<0.05 è stato adottato come valore statisticamente

significativo.

Risultati Nello studio sono state reclutate 58 pazienti con carcinoma duttale infiltrante della

mammella che rispettassero i criteri di inclusione dello studio.

26 pazienti sono state reclutate dal Centro Regionale di Medicina Nucleare e dalla

Fondazione Gabriele Monasterio di Pisa mentre 32 dall’Istituto Oncologico Veneto

(IOV-IRCS) di Padova.

L’età media è di 51 anni (con range compreso tra 32 e 84 aa); il 50% delle pazienti

sono in menopausa (29).

La dimensione tumorale media è risultata paria a 2,58 cm ±1,27 cm.

La maggioranza delle pazienti (42/58 cioè il 72.4%) ha un tumore di alto grado e

49/58 con dimensione tumorale classificata fra cT1b e cT2. Il 48.3 % (28/58) delle

pazienti ha interessamento linfonodale (N+) accertato clinicamente o tramite

biopsia del linfonodo sentinella, inoltre 15 delle 58 pazienti (25.9%) sono triplo-

negative mentre 4/58 sono HER2+ (6.9%).

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35

Nello studio della correlazione fra i parametri semiquantitativi PET ed i fattori

prognostici clinico-patologici si è riscontrato che il SUVmax, il TLG e lo SBUR

hanno presentato valori più elevati nelle pazienti ER- ed elevato grading rispetto a

quelle con neoplasie ER+ e con basso grado (p<0.05) (figura 8, figura 9).

Non è stata riscontrata invece nessuna significativa correlazione fra il

coinvolgimento linfonodale e l’uptake glucidico espresso sottoforma di SUVmax nel

tumore primitivo (p=0.191), così come non è stata riscontrata nessuna correlazione

fra l’espressione di HER2 (anche dopo stratificazione delle varie categorie) nelle

lesioni mammarie e tutti i parametri metabolici semiquantitativi PET (p>0.05)

analizzati.

Per quanto riguarda invece il TLG, questo è risultato significativamente più elevato

nel gruppo delle pazienti triplo negative rispetto alle 3 categorie Luminal A, Luminal

B/HER2+ e Luminal B/HER2-.

In modo similare il SUVmax ed il SUVmean sono risultati più elevati nelle pazienti

triplo-negative rispetto a quelle Luminal B indipendentemente dall’espressione di

HER2.

Nessuna differenza statisticamente significativa del valore di SBUR è stata

dimostrata fra le diverse categorie istopatologiche ed immunoistochimiche di

carcinoma mammario, così come nessuna delle variabili semi-quantitative ha

mostrato significative differenze fra il gruppo delle pazienti in pre-menopausa e

quelle in menopausa anche se valori più bassi sono stati riscontrati nel gruppo

post-menopausa, fatta eccezione per il valore di SBUR che è risultato simile nelle

pazienti in pre e post –menopausa (SUVmax 8.2 vs 8.7 p>0.05) (tabella 3).

Una relazione statisticamente significativa è stata riscontrata tra l’espressione dei

recettori per gli estrogeni (ER) ed il SUVmax (r=0.373; p=0.004) ed il SUVmean

(r=0.343; p=0.008) e tra il parametro T ed il valore del TLG (r0.15; p=0.017), del

SUVmax (r=0.278; p=0.037) e del SUVmean (r=0.330; p=0.012).

Infine, l’analisi delle curve ROC ha evidenziato la presenza di valori soglia di

SUVmax pari a 8.00, di SUVmean pari a 4.00 e di TLG pari a 21.7

nell’identificazione delle pazinti triplo-negative con una sensibilità ed una specificità

rispettivamente dell’ 80% e 68% , dell’ 87% e 59% e dell’ 80% e 63 % .

L’area sotto la curva è risultata pari a 0.78 (p=0.001) per il SUVmax, a 0.743

(p=0.005) per il SUVmean e 0.767 (p=0.002) il TLG.

La tabella 2 mostra la correlazione fra i parametri metabolici semiquantitativi

(SUVmax, SUVmean, TLG e SBUR) e fattori prognostici istopatologici ed

immunoistochimici nel CM.

La tabella 4 illustra la correlazione tra l’espressione di ER, PgR, Ki67 ed i parametri

metabolici semiquantitativi, oltre che con il parametro T.

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36

Figura 8: distribuzione dei valori dei parametri semiquantitativi in funzione dello stato

dei recettori per gli estrogeni (ER)

Figura 9: distribuzione dei valori dei parametri semiquantitativi in funzione del grading

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37

Tabella 2: correlazione fra parametri metabolici semiquantitativi e caratteristice clinico–

patologiche. (*) U-Mann Whitney test; (**) Kruskal-Wallis Test

Risk factors N SUVmax P* TLG P

* SBUR P

* SUVmean P

*

pT T1-T2 T3-T4

49 9

8.40±5.21 8.57±6.44 0.838 48.11±96.36

68.44±95.46 0.923 8.52±5.49 8.31±8.17 0.414 4.37±2.25

4.79±3.23 0.889

N Negativo Positivo

30 28

7.33± 4.56 9.60 ±5.95 0.191 28.67±41.76

75.48±127.57 0.157 7.12±4.87 9.91±6.68 0.079 3.92±1.87

4.99±2.78 0.199

ER Negativo Positivo

20 38

11.17 ±5.55 6.98± 4.71 0.004 75.87±104.06

38.2±89.67 0.023 10.58±7.16 7.35±4.91 0.048 5.61±2.52

3.81±2.11 0.008

PgR Negativo Positivo

29 29

9.57± 5.70 6.98 ±4.71 0.102 72.70±124.66

29.84±46.26 0.260 9.83±6.68 7.11±4.81 0.148 4.97±2.64

3.90±2.03 0.104

HER2 Negativo Positivo

42 16

8.73± 5.52 7.63 ±4.97 0.548 48.57±81.04

58.34±129.44 0.357 8.80±6.34 7.614.75 0.774 4.55±2.51

4.12±2.11 0.560

Ki-67 <15% 15-30% >30%

11 25 22

6.58± 4.56 8.84 ±5.65 8.99 ±5.42

0.769 8.85±12.08

58.41±109.06 62.24±101.31

0.127 7.34±3.22 9.38±6.39 8.07±6.49

0.903 3.91±2.58 4.40±2.07 4.46±2.40

0.968

Grading G2 G3

16 42

4.80 ±3.01 9.81± 5.43 0.001 16.14±24.48

64.65±108.81 0.008 4.99±2.79 9.79±6.29 0.004 2.81±1.34

5.05±2.43 0.001

Luminal**

A B-HER2- B-HER2+ HER2+ TN

6 21 12 4

15

6.90± 5.01 6.85± 5.01 7.07 ±4.22 9.32 ±7.38 12.1 ±5.06

0.027

7.87±13.08 30.49±56.13

61.72±145.67 48.2±76.03

8.08±112.78

0.073

8.76±3.07 6.98±5.43 7.06±4.75 9.24±5.01 11.35±7.77

0.044

4.16±2.97 3.66±1.87 3.89±2.12 4.80±2.23 5.96±2.63

0.394

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38

Risk factors SUVmax

(P*)

SUVmean (P

*)

TLG (P

*)

SBUR (P

*)

Luminal A vs. Luminal B-HER2(-) 0.861 0.816 0.484 0.102

Luminal A vs. Luminal B-HER2(+) 0.708 0.925 0.851 0.061

Luminal A vs. HER2 (+) 0.522 0.522 0.831 1

Luminal A vs.TN 0.052 0.213 0.008 0.213

Luminal B-HER2(-) vs. Luminal B-HER2(+) 0.779 0.925 0.940 0.822

Luminal B-HER2(-) vs. HER2(+) 0.459 0.335 0.941 0.069

Luminal B-HER2(+) vs. TN 0.002 0.005 0.009 0.987

Luminal B-HER2(+) vs. HER2(+) 0.628 0.504 0.808 0.182

Luminal B-HER2(+) vs TN 0.017 0.036 0.032 0.380

HER2(+) vs.TN 0.317 0.317 0.194 0.317

Tabella 3: correlazione fra sottotipi molecolari e parametri metabolici semiquantitativi.

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Caratteristiche molecolari Coefficiente di regressione r(*)

P

Recettorre estrogeni vs. TLG SUVmax SUVmean SBUR

0.192 0.373 0.343 0.186

0.148 0.004 0.008 0.162

Recettore progesterone vs. TLG SUVmax SUVmean SBUR

0.164 0.210 0.240 0.220

0.218 0.113 0.070 0.097

Ki-67vs TLG SUVmax SUVmean SBUR

0.157 0.205 0.222 0.038

0.243 0.125 0.097 0.781

T size vs TLG SUVmax SUVmean SBUR

0.315 0.278 0.330 0.224

0.017 0.037 0.012 0.094

Tabella 4: correlazione fra caratteristiche molecolari e parametri metabolici semiquantitativi

(*) Coefficiente di regressione lineare.

Discussione e conclusioni In letteratura esistono numerosi studi, in pazienti con CM, in cui l’uptake di [18F]-

FDG (in termini di SUVmax e SUVmean) è stato correlato con diversi fattori clinico-

patologici, come la variante istologica, il parametro (T), il grading, lo stato dei

recettori ormonali (ER e PgR), l’espressione di HER2 e lo stato linfonodale. La

maggior parte dei lavori ha però portato a risultati non univoci la cui interpretazione

è ancora controversa89-91, probabilmente perché antecedenti alla classificazione in

sottotipi molecolari del CM e quindi realizzati senza tener conto delle varianti

molecolari e genetiche.

La XII International Breast Cancer Conference ha indicato come il CM possa

essere suddiviso in cinque sottogruppi molecolari in accordo con le diverse

combinazioni d’espressione dei recettori per estrogeni e progesterone (ER, PR), di

HER2 e della proteina Ki-67. Questa classificazione molecolare è stata anche

sostenuta ed aggiornata nella XIII St Gallen Internetional Breast Cancer

Conference del 201326 e nella St Gallen Consensus Conference del 2015 sulla

terapia primaria del tumore della mammella in fase iniziale28.

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40

Questa nuova classificazione è stata suggerita dalla consapevolezza dell’esistenza

di una certa variabilità genetica all’interno del carcinoma duttale infiltrante,

variabilità che dà origine a diversi sottotipi molecolari che a loro volta possono

essere inseriti in diversi algoritmi di trattamento, in particolare per quanto riguarda

la scelta del protocollo chemioterapico.

Al momento della realizzazione di questo studio, sebbene la suddivisione del

carcinoma infiltrante della mammella in sottotipi molecolari sia stata introdotta dal

2012, solo due lavori avevano ricercato una correlazione fra questi ed i vari

parametri metabolici semiquantitativi PET/TC99,126.

In uno di questi due studi99 gli autori hanno valutato un gruppo eterogeneo di

pazienti affette da variante lobulare o duttale invasiva di carcinoma della mammella

(includendo il IV stadio) ed usando il SUVmax dual time come unica misura

semiquantitativa.

Il gruppo di Yoon126 invece ha studiato 43 pazienti affette da carcinoma duttale

infiltrante della mammella diffuso o localmente avanzato cercando di correlare il

SUVmax ed il SUVmean con i vari sottotipi molecolari.

La ricerca di una correlazione fra i parametri metabolici semiquantitativi PET/TC ed

i vari sottotipi molecolari di carcinoma duttale infiltrante della mammella potrebbe

essere utile per predire la risposta alla chemioterapia e conseguentemente portare

ad un approccio terapeutico personalizzato (per esempio chemioterapia prima

dell’intervento chirurgico).

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di studiare un gruppo omogeneo di

pazienti con carcinoma duttale infiltrante della mammella, escludendo sia quelle

con carcinoma infiammatorio che quelle che presentavano metastasi a distanza; in

questa polpolazione abbiamo valutato alcuni parametri semiquantitativi in

particolare il TLG, il MTV e lo SBUR ricercando un loro possibile ruolo come

indicatori prognostici in base al diverso sottotipo molecolare, preferendo il MTV ed il

TLG al SUVmax ed al SUVmean perché considerati indicatori più validi della

valutazione del metabolismo glucidico nell’intero volume della lesione piuttosto che

in un voxel all’interno della lesione96,97.

I risultati ottenuti mostrano un incremento significativo del TLG nelle pazienti triplo-

negative rispetto a tutte le altre varianti molecolari, eccetto che per HER2+. Inoltre il

TLG è risultato uno strumento di valutazione più affidabile, rispetto al SUVmax, al

SUVmean e allo SBUR nella differenziazione tra il sottotipo molecolare Luminal A e

quello triplo negativo (con differente prognosi). Pertanto il TLG può essere

considerato un parametro semiquantitativo utile per differenziare i sottotipo

molecolare triplo negativo dai sottotipi Luminal impiegando un imaging di tipo

metabolico, utilizzando un cut-off pari a 21.7 (sensibilità e specificità

rispettivamente del 80% e del 63%).

È noto che l’iperespressione di HER 2 è correlata con l’aumentata aggressività

tumorale e quindi con una prognosi peggiore127, infatti sia il sottotipo molecolare

HER2+ che il luminal B-HER2+ hanno una maggiore incidenza di metastasi

cerebrali, epatiche, ossee e polmonari.128

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41

In letteratura esistono risultati discordanti a riguardo della correlazione fra

l’espressione di HER2 e l’uptake di [18F]-FDG nel carcinoma infiltrante della

mammella. Alcuni studi hanno riscontrato un incremento dell’attività metabolica di

[18F]-FDG nelle lesioni HER2+91,99,126, mentre nel presente studio, così come in

altri, non è stata riscontrata nessuna correlazione significativa fra l’iperespressione

di HER2 (sia come parametro molecolare indipendente che inserito all’interno di

una sottocategoria molecolare Luminal B-HER2+ o Luminal B-HER2-) ed i vari

parametri semiquantitativi PET/TC (SUVmax, SUVmean e TLG)94,127,129,130. Nel

presente studio, l’esclusione di pazienti M+ (allo scopo di creare un gruppo più

omogeneo possibile da sottoporre all’analisi dei dati) ha determinato l’inclusione di

solo 16 pazienti con iperespressione di HER2 e questo ha determinato

l’introduzione di un errore, sia per la scarsa casistica HER2+ studiata, sia perché le

pazienti HER2+ presentavano probabilmente un comportamento biologico di

malattia meno aggressivo. Un altro fattore di confondimento può essere dovuto al

metodo impiegato per la definizione dello stato di positività (come detto esistono

varie tecniche per la valutazione dell’iper-espressione di HER2). Livelli borderline di

espressione di HER2 (come gli ICH 2+ che mostrano una colorazione

circonferenziale di membrana incompleta e/o lieve/debole come intensità in più del

10% delle cellule o completa in < del 10% delle cellule) devono essere sottoposti al

test di FISH per classificare le neoplasie come HER2+ o HER2- ed attualmente non

tutti gli studi analizzati hanno fatto uso della FISH per l’ulteriore valutazione dello

stato di HER294,131 ed in quelli in cui questo è stato fatto, sono stati inclusi nella

stessa categoria d’espressione (HER2+) i carcinomi positivi alla FISH risultati sia

ICH3+ che ICH 2+ comportando l’inclusione nella stessa categoria, di neoplasie

con livelli di espressione di HER2 diversi (compresa fra il 10% ed il 30% delle

cellule)91,99,126,130,132,133.

In questo studio, nessuna correlazione statisticamente significativa è stata

riscontrata fra i diversi livelli di espressione di HER2 (perfino fra quelle neoplasie

classificate ICH0/1+, quindi HER2- e quelle ICH3+ ,quindi HER2+) ed i parametri

metabolici semiquantitativi PET.

La mancanza di correlazione fra parametri PET semiquantitativi ed HER2 può

essere spiegato dal fatto che sottotipi molecolari diversi di tumore mammario usano

diversi substrati metabolici.

Uno studio di Choi et al.134 ha identificato differenti patterns d’espressione di

proteine legate al metabolismo nei vari sottotipi molecolari di carcinoma della

mammella. L’aumentata espressione di HIF-1α, IGF-1 e MIF è stata notata nei

sottotipi molecolari di carcinoma mammario HER2+ così come è stata dimostrata

una più alta espressione di proteine legate al metabolismo della glutammina135, che

rappresenta l’amminoacido più importante nel plasma ed è una fonte addizionale di

energia per le cellule tumorali soprattutto quando l’energia derivante dalla glicolisi è

scarsa136. Quindi è possibile pensare che la variabilità dell’uptake di [18F]-FDG da

parte dei diversi sottotipi molecolari di carcinoma duttale infiltrante della mammella

sia legata alla loro diversa espressione proteica.

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42

L’impiego del SUVmax e del SUVmean presenta una serie di limiti in termini di

quantificazione dell’uptake tumorale di [18F]-FDG, il maggiore fra i quali è legato al

fatto che entrambi i parametri non tengono conto del fisiologico uptake da parte del

tessuto mammario sano (considerato come attività di fondo). È facile infatti notare

come donne in post-menopausa (che non ricevono la terapia ormonale sostitutiva)

presentano valori più bassi di SUV rispetto a quelli riscontrati in donne in età

fertile137 e che le mammelle più dense presentano gradienti di captazione maggiori

rispetto a quelle con componente ghiandolare meno rappresentata. Per ovviare a

questo problema, si è introdotto nel presente studio, il parametro metabolico SBUR

che ha il vantaggio di essere corretto per la diversa densità mammaria e lo stato

ormonale.

In questo lavoro però, contrariamente a quanto evidenziato da altri studi, nessuno

dei parametri metabolici semiquantitativi ha mostrato una significativa differenza in

relazione allo stato post menopausale, compreso lo SBUR che non si è dimostrato

utile nell’evidenziare una correlazione fra l’uptake di [18F]-FDG ed i diversi sottotipi

molecolari di CM (tabella 2).

È stata inoltre ricercata una possibile correlazione tra il parametro T, il parametro

N, l’espressione dei PgR e della proteina Ki-67 ed i paramentri metabolici

concludendo però che, se una correlazione esiste, questa è piuttosto debole senza

un significativo impatto clinico 91,94,126,127,130-132,138,139.

Ovviamente fra i limiti di questo studio c’è un limitato numero di pazienti, dovuto

alla necessità di reclutare una popolazione di pazienti omogenea, escludendo

quelle con un carcinoma invasivo metastatico; inoltre sia il reclutamento delle

pazienti che l’esecuzione degli esami di imaging sono avvenuti in tre centri diversi.

Quest’ultimo limite è però compensato dall’impiego degli stessi metodi

immunoistochimici, calibrazioni e degli stessi parametri di acquisizione e

segmentazione automatica delle immagini.

In futuro lo studio potrebbe essere perfezionato aumentando il numero dei pazienti

e acquisendo le immagini PET/TC con le pazienti in posizione prona, questo

perché, sebbene ad oggi non sia stato dimostrato nessun vantaggio

nell’identificazione delle lesioni primitive mammarie, tale tecnica potrebbe

migliorare la valutazione dei parametri metabolici semiquantitativi140.

Concludendo, si può affermare che le differenze riscontrate nei parametri

metabolici semi-quantitativi fra i diversi sottotipi molecolari di carcinoma duttale

infiltrante della mammella confermano l’idea che vi sia una correlazione fra i vari

fenotipi molecolari e quelli metabolici.

In particolare, i valori di TLG si sono mostrati più affidabili dei valori sia di SUVmax

che di SUVmean nel distinguere fra pazienti triplo-negative e tutti gli altri sottotipi

molecolari. Lo stato di HER2 non sembra influenzare l’uptake di [18F]-FDG nei

carcinomi duttali invasivi non metastatici della mammella.

L’impiego del parametro SBUR, nell’intento di correggere l’uptake di [18F]-FDG per

la fisiologica attività di fondo della mammella, non ha dimostrato nessun vantaggio

nella valutazione comparativa dei diversi sottotipi molecolari.

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Ulteriori studi saranno necessari per valutare l’attività metabolica in relazione ai vari

fenotipi molecolari.

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