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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'AQUILA Facoltà di Psicologia indirizzo Psicologia in Scienze Psicologiche ApplicateTESI DI LAUREA Stili di Attaccamento ed Epilessia: analisi di una casistica in età evolutivaRelatore: Laureanda: Prof.ssa Tozzi Elisabetta Alleva Mazzilli Martina matr. 202042
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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'AQUILA · 5- Discussione e conclusioni 2 PARTE COMPILATIVA Cap 1 – INTRODUZIONE ALL’EPILESSIA 1.1 DEFIZIONE ... (trauma cranico aperto). Il rischio

Feb 21, 2019

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'AQUILA

Facoltà di Psicologia

indirizzo

“Psicologia in Scienze Psicologiche Applicate”

TESI DI LAUREA

“Stili di Attaccamento ed Epilessia:

analisi di una casistica in età evolutiva”

Relatore: Laureanda:

Prof.ssa Tozzi Elisabetta Alleva Mazzilli Martina matr. 202042

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Indice

PARTE COMPILATIVA Cap 1 – INTRODUZIONE ALL’EPILESSIA

1.1 Definizione

1.2 Cenni storici

1.3 Cause che generano l’epilessia

1.4 Classificazione delle epilessie

1.5 Semiologia delle crisi convulsive

1.6 Strumenti di valutazione dell'epilessia

Cap 2 – INTRODUZIONE ALL'ATTACAMENTO

2.1 Definizione

2.2 Cenni storici

2.3 Tipologie di attaccamento e Strage Situation

Cap 3- EPILESSIA, PSICOPATOLOGIA E QUALITA’

DELLA VITA

3.1 Correlati psicopatologici nei bambini

3.2 Qualità delle relazioni genitori-figli

PARTE SPERIMENTALE Introduzione

1- Scopo dello studio

2- Popolazione del campione

3- Materiale utilizzato e procedura

4- Risultati

5- Discussione e conclusioni

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PARTE COMPILATIVA

Cap 1 – INTRODUZIONE ALL’EPILESSIA

1.1 DEFIZIONE

Il termine epilessia deriva dall’espressione medica del verbo greco

“epilambanein”, (epilambano), che letteralmente significa prendere di

sorpresa, assalire all’improvviso. L’epilessia è una patologia neurologica

che si esprime in forme molto diverse tra di loro, tanto che è più corretto

parlare di sindrome epilettica, laddove le crisi sono sintomi di un disturbo

della funzione cerebrale che può essere riconducibile a diverse cause.

Questa notevole diversità di forme cliniche si traduce anche in prognosi

diverse: alcune forme di epilessia

(la maggior parte) sono infatti compatibili con una qualità di vita pressoché

normale; altre ( molto rare) sono invece di maggiore gravità. L’epilessia è,

tra le patologie neurologiche, una delle più diffuse, tanto che è riconosciuta

come malattia sociale dall’OMS.

Le epilessie colpiscono tutte le età della vita ma i maggiori picchi di

incidenza si hanno nei bambini e negli anziani.

1.2 CENNI STORICI

L’epilessia è una condizione patologica nota fin dall’antichità. L’origine di

essa riflette la storica lotta tra magia e scienza. Intorno al 400 a. C. venne

rifiutata da Ippocrate l’interpretazione sovrannaturale, da cui il nome

“morbo sacro”, con una riconduzione a una disfunzione cerebrale. Una

visione demonologica pervade però il popolo romano: venivano sciolti

persino i comizi e le assemblee popolari perché l'epilessia era considerata

di cattivo auspicio: il male comiziale. Questa visione fu consolidata nel

medioevo, improntando il pregiudizio popolare fino ai nostri giorni. Solo

nel’700 da Tissot viene riproposto un approccio scientifico.

La prima citazione certa, riguardante l’epilessia, giunge da un testo di

medicina babilonese, il “Sukikku”, ovvero tutte le malattie, datato 2000 a.

C., in cui viene enfatizzato il carattere soprannaturale della malattia e sono

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descritte le diverse forme di manifestazione delle crisi attribuendo a

ciascuna il nome di uno spirito o di un Dio, quindi accostando l’epilessia al

tema della possessione. In questo trattato babilonese, inoltre, si osservano

descrizioni molto dettagliate riferite agli aspetti temporali (frequenza degli

attacchi, forme diurne, notturne e clonica); ai sintomi (grido epilettico,

posizione della testa nella caduta, delle mani, dei piedi, degli occhi) e si fa

una precisa distinzione tra l’attacco maggiore “antasubba” e quello minore

“bel uri”. Anche nei papiri medici della civiltà egizia si rinvengono

riferimenti che sembrano richiamare le condizioni parossistiche della crisi.

Nel papiro di Ebers è citato uno stato detto “hyt”, ossia convulsivo,

identificato con la patologia “nsjt” per la quale è stata proposta una vaga

localizzazione dello spirito di un defunto o di un demonio, materia

peccans, all’interno del corpo del soggetto, causando una malattia simile

nella descrizione all’epilessia.

Ulteriori testimonianze sullo studio dell’epilessia risalgono alla civiltà

ebraica e giudaica. Risaliamo a tali informazioni da tesi quali la Bibbia e

Talmud.

Solo Ippocrate, conosciuto come il padre fondatore della medicina

moderna, rifiutò il carattere sovrannaturale dell’epilessia. Nel suo libro

”sulla Malattia Sacra” si oppose alla tradizione precedente, rifiutando in

toto le credenze riguardanti questa malattia, affermando un approccio più

scientifico. Nei suoi scritti, datati tra il V e IV secolo a. C. , vi sono

numerose teorie e descrizioni delle epilessie, che finalmente vanno a

sottolineare le basi fisiologiche del disturbo, affermando che la sede di

questo male risiede nelle sofferenze del cervello.

1.3 CAUSE CHE GENERANO L’EPILESSIA

Alla base della crisi epilettica vi è un’eccessiva attività sia di singoli che di

grossi gruppi di neuroni. I neuroni sono le più importanti e numerose

cellule nervose e comunicano tra loro attraverso scambi biochimici che si

traducono poi in correnti elettriche. Quando i neuroni, per qualche ragione,

diventano iperattivi, scaricano impulsi elettrici in modo eccessivo e ciò può

provocare una crisi epilettica. Le crisi epilettiche rappresentano quindi una

modalità di risposta anomala in senso eccitatorio di alcune aree cerebrali o

di tutto il cervello, per una disfunzione su base sconosciuta o per cause

lesionali di diverso tipo.

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Fattori lesionali

Secondo l’epoca di insorgenza, possono essere distinti in prenatali,

perinatali e postnatali.

-Lesioni Prenatali In casistiche non selezionate, a lesioni prenatali possono essere attribuiti

circa l’1-2% dei casi. Tali lesioni possono essere distinte in due categorie:

a) Embrio-fetopatie: sono causate da agenti patogeni trasmessi dalla

madre durante la gravidanza, principalmente attraverso la rosolia, herpes

simplex, virus citomegalico e toxoplasmosi. Tali fattori determineranno

un’encefalopatia “fissa”, associata spesso ad epilessia e ad anomalie di

sviluppo del cranio (microcefalia e idrocefalo).

b) Malformazione congenite: quelle più comunemente associate ad

epilessia sono la sclerosi tuberosa, la malattia di Sturge Weber e la malattia

di Aicardi.

-Lesioni Perinatali Costituiscono le cause più comuni di epilessia, circa il 15% dei casi. La

sofferenza cerebrale può essere prodotta da molti fattori: anossia, trauma

da parto, emorragia intracranica, meningite, disordine metabolici

(principalmente ipoglicemia). La prematurità e l’immaturità ne favoriscono

e ne aggravano gli effetti.

-Lesioni Postnatali

a) Infiammazioni: causano circa il 5% delle epilessie. Sono

rappresentate dalle encefaliti, dalle menengiti (sia batteriche che

tubercolari) dagli eccessi e dalle tromboflebiti.

b) Stati di male epilettici: causano il 5% delle epilessie. Si

manifestano prima dei tre anni e sono di solito causati da febbre alta, più

raramente da altri fattori (traumi cranici, tromboflebili).

Lo stato di male consiste generalmente di convulsioni cloniche unilaterali,

seguite da emiplagia, che può essere transitoria o permanente. L'attività

epilettica prolungata dell’emisfero cerebrale causa profonde perturbazioni

metaboliche e circolatorie (edema diffuso) a cui fa seguito un’atrofia,

diffusa a tutto l’emisfero o circoscritta ad una parte di esso. Dopo un

periodo di latenza di circa 2-3 anni, può manifestarsi un' ‘epilessia parziale'

(con crisi complesse, emicorporali o secondariamente generalizzate)

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c) Traumi: in casistiche non selezionate, i traumi cranici causano circa il

5% delle epilessie. Perché un’epilessia possa essere causata da un trauma,

è necessario che esso abbia avuto un’intensità tale, da produrre una lesione

corticale. La gravità del trauma può essere valutata in base alla presenza

dei seguenti criteri : 1. Coma o amnesia post-traumatica di durata superiore alle 24 ore;

2. Frattura infossata della volta cranica;

3. Crisi epilettiche precoci( durante la prima settimana);

4. Difetti cerebrali focali (ad esempio emiplegia);

5. Dimostrazione neuroradiologica o neurochirurgica di una lesione

cerebrale, (emorragia o lacerazione) o (trauma cranico aperto).

Il rischio di epilessia post-traumatica è del 3% se c’è stata solo un’amnesia

superiore alle 24 ore ed aumenta progressivamente in presenza di altri

fattori, fino a superare il 40% per i traumi con lacerazione durale. La

latenza tende ad essere più breve negli anziani (pochi mesi), più lunga nei

bambini (fino ad oltre cinque anni.)

d) Tumori: le epilessie tumorali rappresentano circa 5-10% delle forme

tardive, che iniziano dopo i 25 anni. In circa1/3 dei casi, l’epilessia

costituisce il primo sintomo del tumore, talora per vari anni. I tumori più

epilettogeni sono quelli soprasensoriali, ad accrescimento lento situati in

prossimità della corteccia.

e) Angiomi: gli angiomi sono lesioni altamente epilettogene: in circa 1/3

dei casi si manifestano con crisi epilettiche. Le crisi iniziano di solito tra i

10 e i 40 anni e possono restare a lungo isolate, prima della rottura o della

comparsa dei segni deficitari focali.

f) Ictus: le epilessie sostenute da lesioni cerebrali sequele di infarti o di

emorragie rappresentano circa il 10 % delle forme che iniziano dopo i 50

anni.

Fattori genetici

Esistono due modalità con cui i fattori genetici possono intervenire

nell’etiologia delle epilessie:

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1)Trasmissione della predisposizione all’epilessia. Tale modalità interviene nelle epilessie “primarie” ( generalizzate o parziali) :

nel 10-30% di tali casi esiste una familiarità positiva per l’epilessia, spesso dello

stesso tipo.

2)Trasmissione della malattia epilettogena. Con tale modalità sono trasmesse le epilessie secondarie insieme ad alcune

encefalopatie metaboliche (come la malattia di Tay- Sachs), degenerative

(come la sindrome di Ramsay-Hunt) o mal formative ( come la sclerosi

tuberosa).

1.4 CLASSIFICAZIONE DELLE EPILESSIE

Le varie forme epilettiche sono state ordinate e classificate (Classificazione

Internazionale delle Epilessie e delle Sindromi Epilettiche, ICE 1989) in

base a due criteri fondamentali, la semeiologia e l’eziopatogenesi. In base

alla semeiologia delle crisi, le epilessie si dividono in forme parziali e

generalizzate (Ibidem). Un terzo gruppo comprende le epilessie

indeterminate, che non possono essere assegnate a uno dei due gruppi,

perché i malati presentano sia crisi parziali che crisi generalizzate, o perché

non è possibile stabilire il tipo di crisi. In base all’eziopatogenesi, le

epilessie si dividono in forme idiopatiche, e criptogenetiche. Le epilessie

idiopatiche non sono causate o precedute da altre malattie, non hanno un

substrato lesionale, ma sono sostenute da alterazioni funzionali. Sono

epilessie legate all’età, con frequente predisposizione genetica, caratteri

EEG- clinici ben definiti, assenza di difetti neuro-psichici e di alterazioni

neuro-radiologiche, evoluzione di regola benigna. Le epilessie

sintomatiche al contrario, sono sostenute da lesioni del cervello, la cui

causa è nota o sospettabile, in base all’anamnesi e agli esami neuro-

radiologici. Non sono legate all’età, si possono associare a difetti neuro-

psichici, non hanno caratteri elettroclinici ben definiti, hanno un’

evoluzione non omogenea: accanto a casi che guariscono, ve ne sono altri

che resistono alle terapie e altri migliorano più o meno sostanzialmente.

Le epilessie criptogenetiche sono sostenute da lesioni cerebrali, di cui non

è nota la causa. Per il resto, hanno gli stessi caratteri delle forme

sintomatiche.

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EPILESSIE PARZIALI

Sono caratterizzate da crisi parziali, definite con EEG-clinici della

“Classificazione delle crisi epilettiche” (1981). La sede da cui prendono

origine le crisi può essere una piccola e circoscritta area della corteccia

(focus epilettogeno con o senza lesione anatomica): si tratta allora di vere e

proprie epilessie” locali”. In altri casi , le epilessie possono prendere

origine la “loci” variabili nell’ambito di lesioni corticali meno ben definite.

Nelle epilessie parziali sintomatiche e criptogenetiche la lesione

epilettogena è localizzata in una parte dell’emisfero; nelle epilessie parziali

idiopatiche ci possono essere due foci epilettogeni “funzionali”,

localizzate in regioni omologhe dei due emisferi.

A. Epilessie Parziali Idiopatiche.

1) Epilessia benigna infantile con punte centro-temporali o

Epilessia Rolandica E’ la più frequente delle epilessie parziali idiopatiche. Esordisce tra i 5-14

anni con crisi parziali-motorie semplici : convulsioni tonico o cloniche con

topografia emifacciale, facio-branchiale, più raramente emicorpale o

secondariamente generalizzate. A questi fenomeni si associano spesso

ipersalivazione, suoni gutturali e parestesie orali, che sono l’elemento

caratterizzante questo tipo di epilessia, infatti il paziente, pur mantenendo

integro lo stato di coscienza non riesce a parlare. Solitamente gli attacchi

insorgono nel sonno, la frequenza della crisi è minima e l’EEG intercritico

mostra punte e punte-onda di alto voltaggio in sede centro-temporale,

spesso in sequenze pseudo ritmiche, unilaterali o bilaterali asincrone.

L’evoluzione è costantemente benigna e le crisi cessano definitivamente tra

i 15-16 anni.

2) Epilessia benigna infantile occipitale tardiva( tipo Gastaut) E’ un’epilessia idiopatica che inizia tra i 5 e i 15 anni. Le crisi sono

caratterizzate da una semeiologia visiva( fosfeni, scotomi, illusioni o

allucinazioni) pura o seguita da convulsioni o da incoscienza, con

automatismi in rapporto alla diffusione della scarica dalla regione

occipitale a quella centrale o temporale. L’ EEG mostra punte e punta-onda

di alto voltaggio in successione pseudo ritmica nella regione occipitale di

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uno o di entrambi gli emisferi, presenti ad occhi chiusi, bloccate

all’apertura degli occhi. Le scariche sono inibite dalla fissazione visiva e

attivate dal buio, che può scatenare una crisi vera e propria (epilessia

scotosenitiva). La prognosi è favorevole con remissione entro i 2-4 anni

nella metà dei casi e con buona risposta alla terapia.

3) Epilessia benigna infantile occipitale precoce ( tipo

Panayiotopoulos) E’ un’epilessia idiopatica del lobo occipitale ad insorgenza precoce (1-8

anni). Le crisi sono caratterizzate prevalentemente da fenomeni autonomi

(vomito ripetuto), che si possono associare a deviazione convulsive

emicorpale o generalizzata. Nel 2/3 dei casi le crisi si manifestano nel

sonno. Di regola hanno una lunga durata, oltre 10 minuti; in circa la metà

dei casi durano oltre 30 minuti. L’EEG intercritico mostra parossismi

occipitali bloccati dall’apertura degli occhi. Molto spesso coesistono altre

anomalie epilettiformi extra-occipitali (in particolare, rolandiche).

L’evoluzione è benigna con cessazione delle crisi alla pubertà.

4) Epilessia da lettura (Ibidem) E’ un’epilessia idiopatica che inizia tra i 15 e i 30 anni. Le crisi sono di

tipo parziale motorio ed interessano i muscoli masticatori (clonie della

mantibola o chiusura forzata della bocca); possono evolvere in seconda

generazione. Le crisi sono provocate elettivamente dalla lettura,soprattutto

se viene fatta a voce alta e per un periodo di tempo lungo. L’EEG

intercritico mostra punte e punta-onda nella regione temporo-parieto-

occipitale dell’emisfero dominante. L’evoluzione è benigna : le crisi sono

spontaneamente rare e rispondono alla terapia.

5) Epilessia da musica Questo tipo di epilessia non è inclusa tra le epilessie parziali idiopatiche,in

quanto alcune volte è secondaria ad una lezione; nella maggior parte dei

casi, tuttavia, possiede i caratteri di un’epilessia idiopatica. Le crisi sono di

tipo parziale complesso e sono evocate dall’ascolto della musica, spesso di

uno specifico brano prodotte da uno particolare strumento. L’EEG mostra

un focus epilettogeno temporale (destro o sinistro), verosimilmente

espressione dell’attività epilettica delle aree acustiche.

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B. Epilessie Parziali Criptogenetiche e Sintomatiche

Circa il 60% degli epilettici soffrono di un’epilessia parziale di natura

lesionale la cui causa è nota (forme sintomatiche) o ignote (forme

criptogenetiche).

Le forme più comuni si riscontrano :

1 ) Epilessia del lobo temporale E’ frequente una familiarità positiva per l’epilessia ed il riscontro di

convulsioni febbrili nell’infanzia. L’esordio avviene di solito in età

infantile e giovanile. Le crisi hanno la tendenza a ricorrere in grappoli.

1.5 SEMIOLOGIA DELLE CRISI CONVULSIVE

Da un punto di vista semeiologico le crisi convulsive vengono divise nel

seguente modo:

-assenze, tipiche e atipiche;

-convulsioni tonico-cloniche;

-spasmi;

-crisi miocloniche;

-crisi atoniche;

-crisi toniche;

-crisi parziali semplici e complesse.

ASSENZE

Sono caratterizzate da una perdita improvvisa e ripetuta di contatto con

l'ambiente.

Durano pochi secondi - da 10 a 20 - e sono caratterizzate da fissità dello

sguardo.

Possono essere semplici e complesse. Nelle assenze complesse sono

presenti automatismi (movimenti della mano, della bocca, deambulazione

a piccoli passi) o mioclonie (palpebrali o buccali) Le assenze sono la

manifestazione clinica dell'epilessia-assenza ma possono essere presenti

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anche in altri tipi di epilessia generalizzata o parziale. All'EEG si rendono

evidenti con scariche di punte-onde lente sincrone e simmetriche di 3 c/s.

ASSENZE ATIPICHE

Hanno inizio e fine più graduale, durano un po' di più e si accompagnano a

modificazioni del tono muscolare come caduta del capo o del tronco,

mioclonie palpebrali o buccali. Il paziente talora continua la sua attività ma

in maniera rallentata. All'EEG sono presenti scariche di punte- onde lente

di 1-2 c/s. Sono frequenti nella Sindrome di Lennox – Gastaut ma anche

nelle epilessie miocloniche.

CONVULSIONI TONICO-CLONICHE

Le convulsioni tonico-cloniche sono caratterizzate da improvvisa caduta al

suolo e da movimenti bruschi e continui di flessoestensione degli arti con

ipertonia del tronco. Costituiscono l'espressione clinica più classica delle

crisi di tipo GM (grande male). Le crisi tonico-cloniche si manifestano in

tre fasi successive. Fase tonica, fase clonica e fase postcritica. Nella fase

tonica si ha riflessione degli arti superiori ed estensione di quelli inferiori

con arresto del respiro e manifestazioni di tipo vegetativo. La fase clonica

segue quella tonica e si caratterizza per la presenza di contrazioni

muscolare progressivamente meno frequenti e dura circa 30 secondi. La

fase postcritica o di recupero dura qualche ora. Il paziente è ipotonico

confuso o incosciente, può perdere il controllo sfinteriale o lamenta

cefalea.

SPASMI

Gli spasmi sono caratterizzati da movimenti brevi e bruschi di riflessione o

estensione degli arti superiori ed inferiori sul tronco e hanno la durata di 1-

2 secondi. Possono essere flessori, flessori ed estensori o, più raramente,

solo estensori, simmetrici e asimetrici. Di solito si ripetono a salve al

risveglio o all'addormentamento e sono seguiti da pianto. Sono

l'espressione clinica della Sindrome di West, che viene anche definita

Sindrome degli spasmi infantili, ma possono essere presenti anche in

soggetti con epilessia parziale.

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CRISI MIOCLONICHE

Le crisi miocloniche sono caratterizzate da una brusca e involontaria

contrazione muscolare di breve durata (generalmente meno di 100 msec)

singolare e ripetitiva che determina la perdita del tono improvvisa, seppur

momentanea, del capo, di un arto o di tutto il corpo con o senza perdita di

coscienza. In base al loro verificarsi si distinguono mioclonie a riposo e

d'azione; mentre facendo riferimento alla distribuzione si possono

distinguere in parcellari (uno o più muscoli), segmentarie (un arto), globali

o massive (più distretti muscolari). Le mioclonie sottocorticali sono

massive mentre quelle corticali sono generalmente parcellari e interessano

un muscolo o un gruppo di muscoli di un lato, colpiscono in maniera

predominante le palpebre, i muscoli del viso e del collo, gli atri superiori

più che quelli inferiori. Fatto precipitanti sono la deprivazione del sonno, la

fatica, lo stress e la stimolazione luminosa. Le crisi miocloniche

costituiscono l'espressione clinica di tutte le epilessie miocloniche da

quelle benigne all'epilessia di Janz. All'EEG queste particolari crisi si

associano alla presenza di polipunte-onde spesso sincrone con le scosse.

MIOCLONO NON EPILETTICO

Il mioclono non epilettico può variare da quello normale fisiologico

dell'addormentamento (mioclonie ipnagogene) a quello più grave e

disabilitante che determina gravi alterazioni del movimento. Il mioclono

non epilettico non si associa ad alterazioni EEG.

CRISI ATONICHE

Le crisi atoniche sono caratterizzate da brusco cedimento posturale per

improvvisa riduzione o abolizione del tono muscolare e clinicamente sono

indistinguibili dalle crisi miocloniche . Sono frequenti nelle epilessie

miocloniche e nella Sindrome di Lennox-Gastaut.

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CRISI TONICHE

Le crisi toniche sono caratterizzate da contrazione muscolare persistenti

dalla durata di pochi secondi ad un minuto. Sono crisi che insorgono

soprattutto di notte e sono presenti in associazione alle crisi atoniche e

miocloniche nella Sindrome di Lennox-Gastaut. Sono frequenti anche nei

bambini prematuri e nei pazienti con emorragia intraventricolare. All'EEG

possono essere evidenti scariche reclutanti di polipunte.

CRISI PARZIALI SEMPLICI E COMPLESSE

Le crisi parziali si definiscono semplici se non vi è perdita di conoscenza e

complesse quando questa, invece, si verifica. L'espressione clinica della

crisi è sopratutto in relazione alla sede d'origine del focolaio epilettogeno:

frontale, temporale, centrale, parientale, occipitale. Inoltre posso essere a

prevalenza motoria o sensoriale (allucinazioni uditive o visive, sensazioni

olfattive e gustative) oppure somatosensoriali (torpore, formicolii,

parestesia) o vegetative (ipersalivazione, tachicardia, nausea,

arrossamento) o, infine, psichiche con disfunzioni delle funzioni corticali

superiori senza interessamento della coscienza (afasia, stato sognante,

pensiero forzato, paura e ansia).

1.6 STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELLA

EPILESSIA

Uno degli strumenti utilizzati per monitorare l'epilessia è

L'elettroencefalogramma ( EEG).

Esso registra l'attività elettrica celebrale tramite elettrodi di superficie

posizionati sulla testa. Normalmente gli elettrodi vengono montati secondo

uno schema fisso (sistema 10-20) su tutte le parti del cuoio capelluto. Gli

elettrodi sono connessi con i cavetti ad una macchina che amplifica e

registra l'attività elettrica cerebrale sotto forma di una serie di linee

ondulate tracciate da una serie di penne su un foglio di carta scorrevole o

come immagine sullo schermo del computer. Questo esame ha una durata

di minimo 20 minuti ed è caratterizzato da due stimolazioni (HIP

iperventilazione e SLI stimolo (luminoso). Esse sono molto importanti, in

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quanto ci aiutano ad osservare come il cervello risponde a differenti forme

di stimolazione. Nei pazienti con epilessia, questi stimoli posso scatenare

delle crisi. Poiché ogni elettrodo riflette in prima linea l'attività della parte

cerebrale più vicina, l' EEG è in grado di fornire informazioni non solo su

attività elettriche anomale, ma anche sulla loro localizzazione.

Non è invasivo e può essere eseguito per :

-diagnosticare un'epilessia e determinare il tipo di crisi.

-Identificare la localizzazione di un possibile tumore

cerebrale,infiammazione, infezione (quali encefalite o meningite).

-Valutare periodi di perdita della coscienza o valutare i disturbi della

memoria (come nella demenza).

-Studiare i disturbi del sonno,quali la narcolessia.

I risultati dell' EEG, portano a vari tipi di onde cerebrali :

-Onde Alfa che hanno una frequenza di 8-12 cicli al secondo, sono presenti

solo nello stato di veglia quando gli occhi sono chiusi. Scompaiono con

l'attività visiva.

-Onde Beta che hanno una frequenza da 13 a 30 cicli al secondo, sono

normalmente riscontrate quando si è in stato d'allerta o sono state assunte

alte dosi di certi farmaci come i farmaci anticonvulsivanti.

-Onde Delta che hanno una frequenza di meno 3 cicli al secondo, sono

riscontrate in soggetti che dormono e nei bambini.

-Onde Theta che hanno una frequenza da 4-7 cicli al secondo, sono

normalmente trovate solo nei bambini o durante il sonno.

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Cap 2 – INTRODUZIONE ALL'ATTACAMENTO

2.1 DEFINIZIONE

L'attaccamento può essere definito come un sistema dinamico di

atteggiamenti e comportamenti che contribuiscono alla formazione di un

legame specifico fra due persone, un vincolo le cui radici possono essere

rintracciate nelle relazioni primarie che si instaurano fra bambino e adulto.

In psicologia, il termine attaccamento è legato alle ricerche sullo sviluppo

e sull'infanzia, in relazione ai legami che si creano con le figure di

accudimento. Il primo a proporlo come concetto cardine, per spiegare il

comportamento dei bambini, fu John Bowlby, secondo il quale, il

bambino, appena nato, è tendenzialmente portato a sviluppare un forte

legame di attaccamento con la madre o con chi si prende cura di lui (figura

definita dallo psichiatra con il termine di caregiver).

2.2 CENNI STORICI

E' stato Jhon Bowlby, psichiatra inglese, a richiamare l'attenzione sul ruolo

della madre nell'organizzazione emozionale del piccolo e sulla funzione

particolare del legame affettivo madre-bambino ai fini dello sviluppo della

competenza sociale e dell'autonomia.

Bowlby affermò che il legame madre-bambino è il risultato di un sistema

di schemi comportamentali a base innata, il cui significato adattativo va

rintracciato nella protezione dai predatori e dai pericoli offerta al piccolo.

Egli riconduce l'attaccamento alla madre ad una motivazione intrinseca,

primaria, basata sulla necessità del bambino di stabilire uno stretto contatto

fisico con questa figura. Comportamenti come il pianto, aggrapparsi,

sorridere, sono chiamati “comportamenti di attaccamento” vengono

considerati da Bowlby come schemi pre-programmati.

2.3 TIPOLOGIE DI ATTACCAMENTO E STRAGE

SITUATION

Mary Ainsworth ha condotto un lungo studio longitudinale, basato su

osservazioni sistematiche e ripetute nel tempo delle interazioni madre-

figlio durante il primo anno di vita del bambino, e ha misurato con una

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15

metodica da lei sviluppata, detta “Strage Situation”, l'impatto della storia

della loro relazione affettiva sulla successiva capacità del piccolo di

provare, segnalare e regolare certe emozioni, di usare la madre come “base

sicura” per l'esplorazione e di essere disponibile a sentirsi confortato dalla

sua figura di attaccamento (Ainsworth,Blehar,Walter e Wall,1978).

La Strange Situation è una procedura inizialmente messa a punto da

Mary Ainsworth e poi usata in maniera capillare negli Stati Uniti, Gran

Bretagna, Germania, Olanda, Istraele, Giappone e Italia.

Essa si basa su otto episodi,ciascuno di tre minuti,durante i quali il

bambino viene sottoposto a stress,in una situazione che rappresenta per lui

un progressivo accumulo di tensione.

Nel primo episodio il bambino viene introdotto con la propria madre in una

stanza di laboratorio contenente una varietà di giocattoli.

Nel secondo episodio il piccolo ha la possibilità di esplorare l'ambiente in

presenza della madre e di giocare con lei

Nel terzo episodio entra un estraneo che siede prima in silenzio,

poi parla per un minuto con la madre e quindi coinvolge il piccolo in

qualche gioco.

Nel quarto episodio la madre esce e il bambino rimane con l'estraneo.

Nel quinto episodio la madre ritorna e l'estraneo se ne va senza fare rumore.

Nel sesto episodio la madre lascia di nuovo il piccolo,ma stavolta senza

l'estraneo.

Nel settimo episodio entra l'estraneo e cerca di consolare il bambino,se

necessario.

Nell'ottavo episodio la madre rientra.

La classificazione del tipo di attaccamento che lega il bambino alla madre

si basa sull'osservazione del comportamento esplorativo e delle reazioni

emotive del bambino in presenza e assenza della madre e delle sue risposte

alla riunione con essa dopo la separazione.

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16

Cap 3- EPILESSIA, PSICOPATOLOGIA E QUALITA’

DELLA VITA

I malati di epilessia sono ancora oggi oggetto di pregiudizio e di

incomprensione,tanto è vero che la malattia rimane una caratteristica della

propria identità e un peso morale da portare, fonte di discriminazione e

nello stesso tempo, di ansia e di vergogna.

3.1 CORRELATI PSICOPATOLOGICI NEI BAMBINI

L'epilessia, nonostante sia una malattia accessuale ed episodica, influenza

più o meno direttamente tutta l'esistenza di chi ne è affetto. Questo

condizionamento si basa tanto su aspetti temperamentali,quanto su fattori

psicologici e sociali, che possono condurre il paziente a sentirsi

“cronicamente” malato. Per quanto riguarda i fattori di tipo psicologico,

l'età d'esordio della malattia, la frequenza degli attacchi ed il relativo

controllo farmacologico hanno sicuramente un notevole impatto sul

vissuto soggettivo e sulle modalità d'interazione personale.

E' ampiamente provato che i bambini con epilessia presentano un rischio

cinque volte maggiore, rispetto ai bambini della popolazione generale, di

sviluppare psicopatologie. Una recente analisi ha rilevato che essi sono

maggiormente a rischio di sviluppare sia problemi comportamentali

relativi alla depressione e sia disturbi d'attenzione. Inoltre, si pensa che

diversi fattori che caratterizzano l'epilessia, come per esempio le

alterazioni neurologiche e l'uso dei medicinali possano contribuire allo

sviluppo di psicopatologie e che proprio tali alterazioni costituiscano la

causa primaria nell'etiologia della psicopatologia. Diverse ricerche hanno

indagato quali problemi psicopatologici sono maggiormente diffusi tra i

bambini con epilessia, e si è dimostrato che risultano più frequenti i

disturbi somatici, deficit dell'attenzione,del pensiero,ansia e depressione,

nonchè comportamenti aggressivi e antisociali, anche se questi ultimi

risultano essere meno diffusi. Bambini con una nuova diagnosi di epilessia

hanno mostrato di avere un rischio maggiore per i disturbi di iperattività e

dell'attenzione ( Williams et al.,2002)

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3.2 QUALITA' DELLE RELAZIONI GENITORI-

FIGLI

In passato, l'obiettivo dei clinici è stato quasi esclusivamente quello di

tenere sotto controllo la malattia, con trattamento farmacologico che

avesse conseguenze negative minime o pochi effetti collaterali. Oggi,

l'orientamento abbastanza diffuso, anche se non prevale, è quello di

consentire alla persona con epilessia e alla sua famiglia di condurre una

vita il più possibile libera dalle complicazioni mediche psicologiche.

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PARTE

SPERIMENTALE

INTRODUZIONE

L’attaccamento, come già esplicato in precedenza, è un sistema di

comportamenti e di emozioni che permette la costruzione di uno specifico

e significativo legame tra due persone.

L’attaccamento ha origine dalla prima relazione che il bambino stabilisce

con la figura di accudimento (durante i primi anni della sua esistenza) e

determina il modo in cui quel bambino si metterà in relazione con tutte le

figure per lui significative negli anni successivi.

Un attaccamento sano ed equilibrato permette al bambino, e all’adulto in

seguito, di stabilire relazioni sane in cui è presente un equilibrio dinamico

tra il bisogno di individuazione ed il bisogno di appartenenza (di

accudimento e di contenimento).

Un attaccamento patologico, al contrario, determina modalità relazionali

disfunzionali in cui emerge uno squilibrio tra il bisogno di indipendenza ed

il bisogno di intimità. Tale squilibrio è possibile che si manifesti in un

eccessivo bisogno di indipendenza (a discapito di un’assenza del bisogno

di intimità) oppure in un patologico bisogno di simbiosi (a discapito di

un’assenza del bisogno di autonomia) nel soggetto.

E' solo grazie alla presenza di un giusto equilibrio tra il bisogno di auto-

realizzazione (autonomia) e quello di appartenenza (riconoscimento) che si

possono formare una buona autostima ed una sicurezza interiore stabile.

Le prime esperienze di attaccamento, quindi, sono fondamentali, in quanto

determinano il modo in cui il soggetto affronterà il processo di

individuazione e di crescita psicologica.

Il bambino che ha avuto la possibilità di sperimentare un attaccamento

sano ha un’immagine di sé positiva, si reputa degno di essere amato ed ha

una buona autostima; nelle relazioni, il bimbo, è in grado di riconoscere le

persone di cui potersi fidare ed è empatico.

Il soggetto “sano”, dunque, è in grado di costruire relazioni interpersonali

significative, da cui può avere momenti di scambio e di crescita.

Quando l’attaccamento risulta “disfunzionale” (in quanto la figura di

accudimento si è rivelata non responsiva, indisponibile o maltrattante) il

bambino, e l’adulto in futuro, non potrà non sviluppare una serie di

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strategie difensive che mirano ad evitare il disagio ed il dolore della

mancata accettazione. Queste strategie rigide e disfunzionali vengono

ripetute nel tempo e portano all’insorgenza di deficit nel funzionamento

cognitivo ed emozionale.

Numerosi studi, dopo aver analizzato il rapporto tra stili di attaccamento

nell’infanzia e patologie psicologiche in età adulta, hanno determinato un

legame diretto tra tipologia dell’attaccamento e presenza di disturbi della

personalità/disturbi psicologici.

Stili di attaccamento insicuro e disorganizzati sono spesso correlati a

disturbi del tono dell’umore, a bassa autostima, a scarsa fiducia in sé e

negli altri, a dipendenza eccessiva, a disturbi Somatoformi, a disturbi

sessuali, a disturbi alimentari, a disturbi d’ansia e ad altro ancora.

Il disturbo Paranoide o Schizoide di personalità può generarsi quando il

bambino ha vissuto, nei primi anni della sua esistenza, con una figura di

attaccamento trascurante ed incapace di empatia che lo ha portato a

trasformare la rabbia in disprezzo, in freddezza ed in distacco emotivo.

Questi soggetti per non correre i rischi che una relazione emotiva

necessariamente comporta, si rifugiano in un mondo prevedibile e ordinato

che non lascia spazio all’incertezza.

Una figura di attaccamento incapace di contenere e di stabilire limiti e

confini nelle relazioni può essere causa nel bambino dell’insorgenza del

disturbo Antisociale, del disturbo Borderline o del disturbo Narcisistico di

personalità. I soggetti con queste patologie mancano della funzione del

controllo e ciò è dimostrato dal fatto che non sono in grado di auto-

controllarsi emotivamente e di mantenere un equilibrio mentale.

Questi sono solo alcune delle possibili “strade” a cui possono condurre le

tipologie di attaccamento Insicuro. Gli attaccamenti insicuri, purtroppo,

sono un fattore di rischio molto incisivo per l’insorgenza di problematiche

di natura psicologica. Ovviamente è possibile riportare “sulla retta via” i

percorsi devianti. Questo è possibile con interventi precoci, tempestivi,

mirati e validi su tutti quei soggetti che non hanno potuto (per motivi

diversi) essere in relazione con figure di attaccamento “sufficientemente

buone” (riprendo le parole del pediatra inglese Donald Winnicott, uno

degli esponenti più illustri della psicologia dinamica). Importante mi

sembra partire dalla valutazione (e dall’eventuale intervento) su alcune

popolazioni “a rischio”. La mia attenzione è rivolta a quella dei soggetti

con epilessia.

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1. SCOPO DELLO STUDIO

In questa ricerca mi sono proposta due obiettivi.

1) Stile di attaccamento valutato attraverso una metodica osservazionale.

2) Valutare la presenza di un trattamento farmacologico al momento della

valutazione, l’insorgenza della patologia nei primi 5 anni di vita, la

familiarità di primo grado o la tipologia delle crisi se Generalizzate o se

Focali siano determinanti nel generare le tipologie di attaccamento

prevalenti.

2. POPOLAZIONE DEL CAMPIONE

22 soggetti, nel dettaglio 10 maschi e 12 femmine, di età compresa tra i 6

ed i 18 anni,affetti da Epilessia, formano il campione. I pazienti non sono

di prima diagnosi, ma già noti e seguiti da più di 1 anno.

Periodo di osservazione: Marzo-Luglio del 2016.

Ho spiegato ai genitori i fini della ricerca ed il tipo di tesistica utilizzata e,

una volta datomi il consenso, né ho valutato lo stile di attaccamento

attraverso la versione modificata del SAT (Separation Anxiety Test, 2001).

3. MATERIALE UTILIZZATO E PROCEDURA

Ottenuto il consenso, ho condotto i soggetti in una delle diverse stanze

presso il reparto allestite per la valutazione diagnostica. Nei primi minuti

dell’incontro ho cercato di stabilire un transfert positivo (riprendendo uno

dei concetti fondamentali di Anna Freud, esponente della psicologia

dinamica) con il paziente, discorrendo di vari argomenti come ad esempio

della scuola, dello sport e della cerchia di amicizie (tenendo conto dell’età

anagrafica e del genere). Una volta creato un rapporto di reciprocità ho

dato inizio alla somministrazione della versione modificata del Separation

Anxiety Test.

Il SAT è un test semi-proiettivo che permette di capire il tipo di

attaccamento ed il grado di ansia da separazione che “caratterizza” colui

che è sottoposto al test.

A coloro che hanno partecipato alla mia ricerca ho somministrato sia “il

bambino ipotetico” sia “il bambino reale” perché numerosi studi hanno

evidenziato che i campioni clinici, rispetto ai campioni di controllo,

quando devono rispondere alle stesse domande (quelle del bambino Reale)

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evitano di esprimere le emozioni, hanno meno strategie per affrontare lo

stress da separazione, richiedono minor supporto da parte degli altri ed

hanno una maggiore propensione a fare una distinzione tra le emozioni e le

reazioni attribuite al bambino ipotetico e quelle attribuite a se stesso. Essi,

quindi rivelano la tendenza ad assumere prospettive diverse e ad escludere

difensivamente le emozioni dolorose. Nei soggetti clinici, dunque, si

registra un cambio di prospettiva dall’“altro” al “self” ed una maggiore

tendenza a vedere se stessi come diversi dal bambino ipotetico. In

particolare il gruppo con patologie medie-severe attribuisce in maggior

modo al “self” emozioni che sono spia di evitamento e all’”altro”

emozioni dell’attaccamento; i soggetti del gruppo di controllo, invece,

utilizzano emozioni dell’attaccamento anche per il “self”. La presenza di

differenze tra ciò che viene ammesso per il “self” e ciò che viene attribuito

all’ “altro” ha quindi, per l’autrice del test, un valore diagnostico.

Il SAT è composto da 12 vignette:

• sei per maschi (B1, B2, B3, B4, B5, B6)

• sei per femmine (G1, G2, G3, G4, G5, G6)

Prima di iniziare a mostrare le vignette, ho recitato ai bambini la seguente

formula: “vorrei che tu mi aiutassi a capire cosa provano i bambini,

quando qualche volta i genitori devono andare via e devono lasciarli per un

po' di tempo. In genere alcuni bambini si sentono soli, altri sono comunque

contenti, altri si arrabbiano, altri hanno paura. Ho qui dei disegni in cui c'è

un bambino/a della tua età, e ora ti farò delle domande” mentre agli

adolescenti e agli adulti “siamo interessati a sapere cosa provano i bambini

quando i genitori li lasciano per qualche periodo. In genere alcuni bambini

si sentono soli, altri sono comunque contenti, altri si arrabbiano, altri

hanno paura. Ora le mostrerò alcuni disegni e le farò delle domande”.

Subito dopo ho mostrato al soggetto le immagini che rappresentano

situazioni in cui un bambino (o una bambina) si separa dalla madre o da

entrambi i genitori per periodi di tempo più o meno lunghi. Le immagini

che si riferiscono a separazioni più brevi vengono definite situazioni

moderatamente tranquille (M; la seconda, la quarta e la sesta) mentre

quelle che si riferiscono a separazioni più lunghe si definiscono situazioni

severe (S; la prima, la terza e la quinta). L’attribuzione del punteggio

dipende anche dal grado di intensità emotiva che la tavola esplicita.

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Presentata una vignetta ho descritto la situazione ed i personaggi ed ho

posto le seguenti quattro domande per il “bambino ipotetico” (ognuna

delle quali indaga diverse aree):

(D1) Secondo te cosa prova questo/a bambino/a?

(D2) Perché pensi che provi questo?

(D3) Che cosa pensi che faccia ora questo/a bambino/a?

(D4) Secondo te cosa farà questo/a bambino/a quando rivedrà

i genitori? Le prime due domande (D1 e D2) analizzano la reazione emotiva del

soggetto e la sua giustificazione sulla stessa. La terza domanda (D3)

indaga il modo in cui il soggetto fronteggia la separazione e le strategie di

coping messe in atto mentre la quarta domanda (D4) valuta la modalità

relazionale del soggetto nel momento del ricongiungimento.

Una volta terminato ho chiesto al soggetto di rispondere in base al proprio

punto di vista (bambino Reale) alle seguenti domande:

(D1) Cosa proveresti se fossi tu questo/a bambino/a?

(D2) Perchè pensi che proveresti questo?

(D3) Tu, ora cosa faresti?

(D4) Che cosa faresti al momento della riunione con i tuoi

genitori (o con tua madre)?

La Tavola I rappresenta il momento in cui i genitori stanno andando

fuori per la serata e lasciano il/la bambino/a a casa. Si tratta di una

Separazione Severa, anche se gli adolescenti e gli adulti possono

considerarla una situazione moderata.

La Tavola II raffigura il momento in cui la madre lascia il/la bambino/a

in classe il primo giorno di scuola.

La Tavola III rappresenta la circostanza in cui i genitori vanno via per il

week end e lasciano il/la bambino/a dalla zia.

La Tavola IV raffigura Il/la bambino/a al parco con i genitori nel

momento in cui essi gli chiedono di allontanarsi perché se ne vogliono

stare per conto loro a parlare.

La Tavola V rappresenta la circostanza in cui i genitori lasciano un

regalo al/alla bambina poco prima di partire in vacanza per due settimane.

La Tavola VI raffigura il momento in cui la madre porta il/la bambino/a

a letto, lo/la saluta e poi lo/la lascia nella stanza.

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Le reazioni emotive dei soggetti, ricavate dalla risposta al primo e secondo

quesito, inizialmente vanno classificate nelle seguenti 17 categorie:

1. Solitudine

2. Tristezza

3. Rifiuto

4. Rimprovero per se stesso

5. Rabbia

6. Colpevolizzazione degli altri

7. Benessere

8. Incredulità

9. Evitamento

10. Evasione

11. Paura generalizzata/Ansietà

12. Reazione somatica

13. Fame

14. Paura di catastrofi/Paura irrazionale

15. Preoccupazione inversa

16. Risposte bizzarre

17. Risposta confuse.

Successivamente le ho raggruppate nelle seguenti otto classi:

1. Attaccamento

2. Mancanza di autostima

3. Ostilità

4. Fidarsi di se stesso

5. Evitamento

6. Ansia

7. Ansia incontrollabile/Angoscia

8. Confusione.

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Ad ogni classe viene assegnato un punteggio tra -2 e +2.

Alle risposte che implicano “mancanza di autostima, angoscia ed

evitamento” (dal punto di vista teorico sono riconducibili ad attaccamenti a

rischio, disorganizzati o evitanti) viene attribuito un punteggio di -2.

Alle risposte che rimandano ad un comportamento “ambivalente” viene

assegnato un punteggio di -1.

Alle risposte che sono indicative di reazioni emotive normali ad una

separazione ma leggermente esagerate rispetto al tipo di separazione viene

attribuito un punteggio di +1.

Ho assegnato, infine, un punteggio +2 alle risposte che riconducono a un

attaccamento sicuro, come per le risposte che riconducono alla classe

Attaccamento, o le risposte benessere in situazioni di separazione

moderata.

Per l'attribuzione del punteggio ho valutato le reazione emotive del

soggetto (risposta alla prima domanda) e la giustificazione fornita dal

soggetto (risposta alla seconda domanda) mentre per quanto riguarda le

attività indagate nella terza domanda "Che cosa pensi che faccia ora

questo/a bambino/a?" viene assegnato il punteggio di -1 per almeno 3

risposte di “attività inappropriate”.

Le risposte alla terza domanda le ho codificate in base alla seguenti

categorie:

attività appropriate (es. guarda la televisione);

attività di controllo (es. va a cercare i genitori, è un'attività

appropriata soprattutto in situazioni severe, mentre può essere

inappropriata in situazioni moderatamente tranquille);

attività inappropriate;

pessimismo irrealistico (es. pensa che i genitori non torneranno);

ottimismo irrealistico (es. i genitori non andranno via);

evitamento (es. scappa);

mancanza di azione (es. si butta per terra e si mette a piangere);

pessimismo catastrofico (es. i genitori muoiono).

Alla risposta alla quarta domanda non viene attribuito alcun punteggio,

essa serve per permettere una più precisa valutazione descrittiva da parte

dell’esaminatore.

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Le categorie permettono di identificare con precisione le classi a cui, come

detto, vengono assegnati i punteggi utili per effettuare lo screening.

Solitudine e Tristezza (es. "Sono triste, perché mamma e papà sono usciti;

mi sento solo perché i miei genitori non ci sono, ...") appartengono alla

classe I, Attaccamento, poiché fanno riferimento a sentimenti che sono

normalmente vissuti dai bambini nei momenti di separazione dai genitori.

Risposte che indicano modi di reagire adeguati alla situazione (come ad

esempio la ricerca di una persona di fiducia con cui giocare, l’attività di

svago nell'attesa del ritorno dei genitori o le azioni sottese a ripristinare il

contatto con i genitori nelle situazioni severe) quindi sono riconducibili ad

un attaccamento sicuro.

Le risposte che indicano attaccamento ma non sono accompagnate da una

giustificazione adeguata che riconduce alla separazione dai genitori (come

ad esempio "Sono triste perché mi annoio"), vanno codificate nella classe

Evitamento. Questo perché il bambino attribuisce la tristezza non alla

separazione dai genitori ma ad un’altra causa.

Quando le risposte manifestano azioni inappropriate e mostrano

un’incapacità da parte del soggetto di affrontare la situazione appartengono

alla classe Ansia. Sono “ansiogene” anche quelle reazioni che

“riferiscono” emozioni ambivalenti.

Rifiuto e Rimprovero per se stesso sono indice di Mancanza di

autostima. La Mancanza di autostima si evidenzia quando il soggetto

ritiene di non meritare l’affetto dei genitori perché non si sente degno di

essere amato e si rimprovera per questo. In questa situazione ho attribuito

un punteggio di -2.

L’Ostilità è presente quando la risposta del soggetto esplicita un

sentimento di Rabbia ed Accusa verso gli altri o esprime il desiderio di

punire/vendicarsi dell’altro (come ad esempio "Sono arrabbiato perché i

miei genitori mi lasciano solo"). In questo caso ho attribuito un punteggio

di -1.

Il Benessere è presente quando la risposta del soggetto si riferisce ad

emozioni positive (come ad esempio "il bambino sta bene perché sa che i

genitori torneranno presto"). La risposta Benessere appartiene alla classe

Fidarsi di se stesso a cui nelle situazioni moderate viene assegnato un

punteggio di +2 (il soggetto dimostra di aver fiducia nelle sue risorse

personali) mentre in quelle severe uno di -2 (poiché l’eccessivo voler

stare da solo è indice di un comportamento evitante).

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Al bambino che non si mostra triste e solo, nelle normali situazioni di

separazione dai genitori, viene assegnato un punteggio di -2.

2 viene attribuito anche a quelle risposte “miste” che non esprimono in

maniera coerente i sentimenti provocati dalla separazione (ad esempio

come “sto bene e sono triste per diverse ragioni” oppure “ sono triste

perché mamma e papà sono andati via ma sto bene perché so che mi

verranno a prendere”).

Se nella risposta l’emozione positiva è ricondotta alla presenza di un’altra

persona (come ad esempio "sto bene perché c'è mia zia... o mia cugina..."),

le risposte appartengono alla categoria Benessere, ma va attribuito un

punteggio di -1.

Incredulità, Evitamento ed Evasione appartengono alla classe Evitamento

poiché le risposte sono un modo che il soggetto utilizza per evitare il

contatto con emozioni generalmente negative. In questo caso, infatti, il

soggetto tenta di normalizzare, negare o spiegare l’emozione provata

attraverso motivazioni che non hanno nulla a che vedere con la

separazione dai genitori (come ad esempio "è triste perché deve rimanere

con la zia"). I silenzi, i tentativi di cambiare discorso e gli sforzi di

focalizzarsi su aspetti irrilevanti sono anch’esse strategie da parte del

soggetto per evitare di affrontare temi connessi alla separazione. In tutti

questi casi ho attribuito un punteggio di -1 alla risposta.

Paura generalizzata, paura somatica e fame appartengono alla classe Ansia

mentre paura di catastrofi/paura irrazionale, preoccupazione inversa,

risposte bizzarre rientrano nella classe Ansia incontrollabile/Angoscia.

L’angoscia è presente quando sono espresse reazioni emotive esagerate ed

immotivate di paura per la madre o per i genitori (come ad esempio "sono

terrorizzato perché i miei genitori potrebbero morire in un incidente e non

tornare più a prendermi") ed è un fattore di rischio per l’insorgenza di

psicopatologie. A queste risposte va attribuito un punteggio di -2.

Le risposte confuse sono quelle che rimandano ad un senso di confusione,

in quanto il soggetto dice di provare emozioni miste e contrastanti, prende

in considerazione varie ipotesi e per ognuna presuppone l'emozione

adeguata. Queste risposte sono indicative di una difficoltà da parte del

soggetto di potersi vivere l’emozione a pieno e di dover sempre controllare

la situazione prima di lasciarsi andare. Il punteggio dato a questo tipo di

risposte è di -2.

Una volta attribuito il punteggio a tutte le risposte ed effettuato lo scoring

si è in presenza di un:

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Attaccamento sicuro se il punteggio totale è > +4

Attaccamento insicuro - ambivalente se il punteggio totale è

compreso tra +3 e +1

Attaccamento insicuro - evitante se il punteggio totale è compreso

tra 0 e -2

Attaccamento disorientato - disorganizzato se il punteggio totale è

< -3

Alla fine di ogni conteggio ho riportato i punteggi in una tabella di

correzione.

4. RISULTATI

Il campione clinico di questa ricerca presenta grande eterogeneità per le

tipologie di epilessia presentate.

Le forme di epilessia che ho maggiormente riscontrato sono l’Epilessia

Generalizzata Idiopatica e l’Epilessia Focale idiopatica, entrambe presenti

in 6 soggetti ovvero nel 27,3% della popolazione clinica:

4 pazienti sono risultati affetti da Epilessia Assenza (incidenza del 18,2%).

6 soggetti presentano rispettivamente l’Epilessia Assenza Atipica,

l’Epilessia Generalizzata Criptogenica, l’Epilessia Focale Criptogenica,

l’Epilessia Focale Occipitale, l’Epilessia Mioclonica e l’Epilessia

Generalizzata farmacoresistente (incidenza del 4,5%).

Le incidenze le ho rappresentate nel grafico che segue.

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Grafico 1 – Incidenza delle tipologie

La codifica del SAT Ipotetico ha evidenziato i seguenti risultati:

2 soggetti presentano uno stile di attaccamento Sicuro (incidenza

del 9,1%),

9 soggetti uno stile di attaccamento Insicuro Evitante (incidenza

del 40,1%),

2 soggetti uno stile di attaccamento Insicuro Ambivalente

(incidenza del 9,1%)

9 soggetti uno stile di attaccamento Disorganizzato (incidenza del

40,1%).

Il grafico permette di avere una visuale chiara della distribuzione delle

varie tipologie di attaccamento all’interno del mio campione.

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Grafico 2 - Grafico riepilogativo delle tipologie di attaccamento

riscontrate nel SAT Ipotetico.

La codifica del SAT Reale ha mostrato risultati leggermente diversi:

2 soggetti presentano un attaccamento Sicuro (incidenza del 9,1%),

5 soggetti un attaccamento Insicuro Evitante (incidenza del 23%),

4 soggetti un attaccamento Insicuro ambivalente (incidenza del

18%)

11 soggetti uno stile di accudimento Disorganizzato (incidenza del

50%).

Anche in questo caso, il grafico a permette di avere una chiara visuale su

quale sia la distribuzione degli stili di attaccamento.

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Grafico 3- Grafico riepilogativo delle tipologie di

attaccamento riscontrate nel SAT Reale

Il campione clinico è formato da 17 soggetti che sono attualmente in

trattamento farmacologico e da 5 soggetti che non assumono farmaci.

L’analisi del SAT Ipotetico mostra i seguenti risultati.

Tra i diciassette soggetti in farmacoterapia è presente 1 solo caso di

Attaccamento Sicuro (incidenza del 5,9%), 6 casi di attaccamento Insicuro

Evitante (incidenza del 35,3%), 2 casi di attaccamento Insicuro

Ambivalente (incidenza del 11,8%) ed 8 casi di attaccamento

Disorganizzato (incidenza del 47,1%).

Tra i cinque soggetti che non utilizzano farmaci, invece, ho riscontrato la

presenza di 1 caso di Attaccamento Sicuro (incidenza del 20%), di 2 casi di

Attaccamento Insicuri Evitanti (incidenza del 40%), di nessun caso di

Attaccamento Ambivalente e di 2 casi di Attaccamenti Disorganizzati

(incidenza del 40%).

Per capire se il trattamento farmacologico sia la causa che determina le

tipologie di attaccamento prevalenti (Insicuro Evitante e Disorganizzato)

nel grafico che segue ho messo in relazione le incidenze degli stili di

attaccamento da una parte di coloro che sono in trattamento farmacologico

e dall’altra di coloro che non lo sono.

Analizzando la rappresentazione grafica si evince che in entrambe le

situazioni prevalgono sia l’attaccamento Insicuro sia l’attaccamento

Disorganizzato. Il trattamento farmacologico, quindi, non sembra essere

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determinante degli stili di attaccamento più presenti nel mio campione nel

SAT Ipotetico.

Grafico 4 – Grafico di incidenza dei casi con e senza trattamento

farmacologico nel SAT Ipotetico

La codifica del SAT Reale mostra un trend leggermente diverso.

Tra i diciassette pazienti che assumono farmaci 2 soggetti si caratterizzano

per la presenza di un Attaccamento Sicuro (incidenza dell’11,8%), 4

soggetti per un attaccamento Insicuro Evitante (incidenza del 23,5%), 3

soggetti per un attaccamento Insicuro Ambivalente (incidenza del 17,6%)

ed 8 soggetti per un attaccamento Disorganizzato.

I cinque pazienti senza trattamento farmacologico non presentano alcun

Attaccamento Sicuro, 1 Attaccamento Insicuro Evitante (incidenza del

20%), 1 Attaccamento Insicuro Ambivalente (incidenza del 20%) e 3

Attaccamenti Disorganizzati (incidenza del 60%).

Rappresentate graficamente le incidenze, si evidenzia come in entrambe le

situazioni sia presente una bassa percentuale di Attaccamenti Sicuri (pari

allo zero nei soggetti non assuntori di farmaci), una percentuale del 20%

circa per gli attaccamenti Insicuri e una percentuale superiore al 50% per

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gli attaccamenti Disorganizzati. Ovviamente bisogna tener conto del fatto

che sono solamente 5 i soggetti non in trattamento; nonostante questo

limite la presenza o meno di una terapia farmacologica non sembrano

essere il fattore causale dello stile di attaccamento Disorganizzato nel SAT

Reale.

Grafico 5 – Grafico di incidenza dei casi con e senza

trattamento farmacologico nel SAT Reale

Nella Teoria dell’Attaccamento Bowlby postulò che il sistema di

attaccamento tra il bambino e la sua figura di accudimento si stabilisce nei

primi cinque anni di vita dell’infante. Per capire se l’età di insorgenza

influisca sulla tipologia di attaccamento che si determina, quindi, ho

suddiviso il campione clinico in due gruppi; in uno sono presenti i 9

soggetti che hanno avuto la prima crisi nei primi cinque anni della loro

esistenza mentre nell’altro i 13 soggetti la cui patologia si è manifestata

dopo il compimento del sesto anno di vita.

Lo scoring del SAT Ipotetico mostra i seguenti risultati.

E' emerso che nei nove pazienti che hanno avuto la prima crisi durante il

“periodo sensibile” non vi è alcun attaccamento Sicuro, 3 sono gli

attaccamenti Insicuri Evitanti (incidenza del 33,3%), 1 l'attaccamento

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Insicuro Ambivalente (incidenza dell'11,1%) mentre si contano 5

attaccamenti Disorganizzati (incidenza del 55,6%).

Per quanto invece riguarda i 13 individui che hanno manifestato la prima

crisi dopo “il periodo sensibile” ho invece riscontrato la presenza di 2

attaccamenti Sicuri (incidenza del 15,4%), di 5 attaccamenti Insicuri

Evitanti (incidenza del 38,5%), di 1 attaccamento Insicuro Ambivalente

(incidenza del 7,7%) e di 5 attaccamenti Disorganizzati (incidenza del

38,5%).

Dalla rappresentazione grafica delle incidenze dei due gruppi (tenendo

conto del fatto che lo scatenarsi della crisi nel “periodo sensibile” non si

associa ad alcun Attaccamento Sicuro) emerge una situazione simile. Lo

scatenarsi delle crisi prima o dopo i cinque anni si associa in egual modo al

rischio che si stabilisca un Attaccamento Insicuro o Disorganizzato. Nel

SAT Ipotetico, quindi, l’età di insorgenza non sembra essere la causa che

determina le tipologie di attaccamenti prevalenti.

Grafico 6 – Grafico di incidenza di coloro in cui la patologia è

insorta nei primi 5 anni dell’esistenza e di coloro in cui è insorta

dai 6 anni in poi nel SAT Ipotetico.

Questo il quadro dei risultati emersi dal SAT Reale.

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Tra i nove individui in cui l’epilessia è insorta nella prima infanzia ho

riscontrato la presenza di 1 attaccamento Sicuro (incidenza dell’11,1%), di

1 attaccamento Insicuro Evitante (incidenza dell’11,1%), di 2 attaccamenti

Insicuri Ambivalenti e di 5 attaccamenti Disorganizzati (incidenza del

55,6%).

Tra i tredici pazienti in cui la patologia si è mostrata dopo il quinto

compleanno, invece, sono presenti 1 attaccamento Sicuro (incidenza del

7,7%), 4 attaccamenti Insicuri Evitanti (incidenza del 30,8%), 2

attaccamenti Insicuri Ambivalenti (incidenza del 15,4%) e 6 attaccamenti

Disorganizzati (incidenza del 46,2%).

La rappresentazione grafica del SAT Reale mostra che anche in questa

situazione non è presente alcuna differenza tra i due gruppi; in entrambi i

casi l’incidenza di attaccamenti Disorganizzati è elevata.

Grafico 7– Grafico di incidenza di coloro in cui la patologia è

insorta nei primi 5 anni

dell’esistenza e di coloro in cui è insorta dai 6 anni in poi nel

SAT Reale.

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Gli stili di attaccamento prevalenti (Insicuro Evitante e Disorganizzato)

sono causati dalla familiarità?

Per sciogliere il punto interrogativo ho ho provveduto alla suddivisione del

campione clinico in due raggruppamenti. Nel primo si trovano i 4 soggetti

i cui genitori o fratelli sono affetti dalla patologia epilettica mentre nel

secondo ci sono i 18 soggetti che non hanno casi di epilessia all'interno del

nucleo familiare.

Il SAT Ipotetico mostra i seguenti risultati.

Tra quattro individui che hanno familiarità con la patologia non è presente

nessun caso di attaccamento Sicuro, si conta 1 caso di attaccamento

Insicuro Evitante (incidenza del 25%), non è presente alcun caso di

attaccamento Insicuro Ambivalente mentre 3 sono i casi di attaccamento

Disorganizzato (incidenza del 75%).

I diciotto soggetti che non hanno i genitori o i fratelli affetti da epilessia

contano, invece, 2 casi di attaccamento Sicuro (incidenza dell’11,1%), 7

casi di attaccamento Insicuro Evi-tante (incidenza del 38,9%), 2 casi di

attaccamento Insicuro Ambivalente (incidenza dell’11,8%) e 7 casi di

attaccamento Disorganizzato (incidenza del 38,9%).

Il mio campione annovera soltanto 4 pazienti che hanno familiarità con

l’epilessia; nonostante la limitatezza del numero di casi, la

rappresentazione grafica delle incidenze dei due raggruppamenti evidenzia

che in entrambe le situazione è elevata la percentuale di Stili di

attaccamento Insicuri Evitanti e Disorganizzati.

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Grafico 8 – Grafico di incidenza dei gruppi con e senza

famigliarità nel SAT Ipotetico.

La codifica del SAT Reale rivela il seguente trend.

I soggetti con familiarità per la patologia epilettica non presentano nessun

caso di attaccamento sicuro, contano 1 caso attaccamento Insicuro Evitante

(incidenza del 25%), non presentano alcun caso di attaccamento Insicuro Ambivalente e presentano 3 casi di attaccamento Disorganizzato

(incidenza del 75%).

Tra coloro che non hanno familiarità con la patologia, invece, si evidenzia

la presenza di 2 soggetti con attaccamento Sicuro (incidenza dell’11,2%),

di 4 soggetti con attaccamento Insicuro Evitante (incidenza del 22,2%), di

4 soggetti con attaccamento Insicuro Ambivalente (incidenza del 22,2%) e

di 8 soggetti con attaccamento Disorganizzato (incidenza del 44,4%).

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Anche nel SAT Reale la presenza o meno di familiarità prevede in

entrambe le situazioni una maggiore frequenza di attaccamenti Insicuri

Evitanti e soprattutto di attaccamenti Disorganizzati.

Grafico 9 – Grafico di incidenza dei gruppi con e senza

familiarità nel SAT Reale.

Per concludere la mia ricerca sui fattori che possono determinare le

tipologie di attaccamento prevalenti ho posto l'attenzione sul ruolo che

possono avere le forme di epilessia. Da una parte sono presenti i 14

soggetti con Epilessia Generalizzata e dall’altra gli 8 soggetti con Epilessia

Focale.

La codifica del SAT Ipotetico mostra i seguenti risultati.

Tra i quattordici pazienti con Epilessia Generalizzata si contano la

presenza di 2 casi di attaccamento Sicuro (incidenza del 14,3%), di 5 casi

di attaccamento Insicuro Evitante (incidenza del 37,5%), di alcun caso di

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attaccamento Insicuro Ambivalente e di 7 casi di attaccamento

Disorganizzato (incidenza del 50%).

Gli otto soggetti con Epilessia Focale non evidenziano, invece, nessun

caso di attaccamento Sicuro, 3 casi di attaccamento Insicuro Evitante

(incidenza del 37,5%), 2 casi di attaccamento Insicuro Ambivalente

(incidenza del 25%) e 3 casi di attaccamento Disorganizzato (incidenza del

37,5%).

Anche in questo caso sia l’Epilessia Generalizzata sia l’Epilessia Focale

portano ad una maggiore incidenza di attaccamenti Insicuri Evitanti e

attaccamenti Disorganizzati; quindi una forma di epilessia piuttosto che

un’altra non sembra determinare gli stili di attaccamento prevalenti.

Grafico 10 – Grafico di incidenza dei casi di epilessie

generalizzate e parziali nel SAT Ipotetico.

Per quanto riguarda il SAT Reale, la codifica mostra i seguenti risultati.

Nei soggetti con epilessia Generalizzata si contano 1 caso di attaccamento

Sicuro (incidenza del 7,2%), 2 casi di attaccamento Insicuro Evitante

(incidenza del 14,3%), 3 casi di attaccamento Insicuro Ambivalente

(incidenza del 21,4%) ed 8 casi di attaccamento Disorganizzato.

Per quanto riguarda i casi con epilessia Focale, invece, non si evidenzia

alcun caso di attaccamento Sicuro, si contano 3 casi di attaccamento

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Insicuro Evitante (incidenza del 37,5%), 2 casi di attaccamento Insicuro

Ambivalente (incidenza del 25%) e 3 casi di attaccamento Disorganizzato

(incidenza del 37,5%).

Dalla rappresentazione grafica delle incidenze dei due gruppi non risultano

discrepanze nelle distribuzioni degli stili di attaccamenti; in entrambe le

situazioni prevale sia l’attaccamento Insicuro Evitante sia quello

Disorganizzato (in maniera ancor più netta).

Grafico 11 – Grafico di incidenza dei casi di epilessie

generalizzate e parziali nel SAT Reale.

In conclusione, ho indagato gli stili di attaccamento dei soggetti con

Epilessia Assenza.

Nel mio campione clinico sono presenti solamente 5 soggetti affetti da

questa tipologia di epilessia.

Nel SAT Ipotetico si nota la presenza di 1 caso di attaccamento Sicuro

(incidenza del 20%), 1 caso di attaccamento Insicuro Evitante (incidenza

del 20%), nessun caso di attaccamento Insicuro Ambivalente e 3 casi di

attaccamento Disorganizzato (incidenza del 60%).

Come si può notare dal Grafico 12, l’Epilessia Assenza è un fattore di

rischio per lo stabilirsi di attaccamenti di natura Insicura e Disorganizzata

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(anche se non esclude la possibile direzione verso un attaccamento

Sicuro).

Grafico 12 – Grafico di incidenza dei casi di Epilessia Assenza

nel SAT Ipotetico.

Le Risposte Reali sono identiche.

Anche in questa situazione, infatti, emergono 1 attaccamento Sicuro

(incidenza del 20%), 1 attaccamento Insicuro Evitante (incidenza del

20%), nessun attaccamento Insicuro Ambiva-lente e 3 attaccamenti

Disorganizzato (incidenza del 60%).

L’Epilessia Assenza, quindi, è potenzialmente un fattore di rischio verso lo

stabilirsi di attaccamenti di natura Insicura e Disorganizzata anche se non

è esclusa la possibilità dell’insorgenza di un attaccamento Sicuro nel

soggetto affetto da questa forma di epilessia.

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Grafico 13 – Grafico di incidenza dei casi di Epilessia Assenza

nel SAT Reale.

5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Questa ricerca si è posta come obiettivo quello di capire quali siano gli stili

di attaccamento più frequenti in una popolazione clinica specifica, quella

dei soggetti con epilessia.

L'analisi delle Risposte Ipotetiche e delle Risposte Reali del Separation

Anxiety Test ha reso evidente che nel campione clinico sono prevalenti gli

Stili di attaccamento Insicuro (in particolar modo Evitante) e

Disorganizzato. Dal test effettuato sembrerebbe che l'Epilessia, dunque, sia

causa dell’instaurarsi di attaccamenti disfunzionali che hanno gravi

ripercussioni sullo sviluppo dell’identità e della personalità.

I soggetti con attaccamento Insicuro Evitante si caratterizzano per

l’assenza di una base sicura e di una sicurezza affettiva. Hanno una

visione del Sé basato sull’idea che sono persone non degne di essere amate, che devono solo contare solo su Se stesse e che la loro figura di

attaccamento non è una persona fidata. Gli individui Evitanti sono

terrorizzati dal pensiero di farsi coinvolgere emotivamente dalle relazioni

interpersonali e, per questo motivo, sono spinti dal desiderio di conquista

dell’autonomia e di autosufficienza. Cercano di ricorrere il meno possibile

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agli altri in quanto ritenuti dal soggetto inaffidabili. Dal punto di vista

emotivo sopprimono le loro emozioni per evitare di dover soffrire

nuovamente, come avvenne nei primi anni della loro esistenza con la

figura di accudimento.

I soggetti con attaccamento Disorganizzato, invece, elaborano durante lo

sviluppo modelli relazionali confusi ed incoerenti. In età adulta tendono a

distorcere gli eventi reali ed hanno una visone catastrofica della vita. Dal

punto di vista relazionale spesso scelgono partner inaffidabili con cui

hanno modalità comunicative fredde ed incoerenti.

Individuati gli Stili di attaccamento, sono stati analizzati diversi fattori

come possibili determinanti delle tipologie di attaccamento prevalenti. I

fattori presi in oggetto sono l’età di insorgenza, la presenza del trattamento

farmacologico, la familiarità e la forma di epilessia (Focale o

Generalizzata). Dall’analisi dei dati, anche se in una piccola casistica, si

evince che nessuno dei fattori considerati, presi singolarmente, è la causa

di uno Stile di Attaccamento Insicuro Evitante e Disorganizzato. La

presenza o meno di un trattamento farmacologico, l’età di insorgenza della

patologia precedente o antecedente al compimento del quinto anno, l’avere

o meno familiari affetti da questa patologia e il soffrire di epilessie

Generalizzate o Focali, quindi, si associano in egual modo alle tipologie di

attaccamento insicure.

Nonostante i limiti, questo studio permette di osservare che tra i soggetti

con epilessia sono presenti numerosi soggetti con attaccamento Insicuro.

Individuati questi soggetti precocemente è possibile evitare che si

stabiliscano in loro sequele psicopatologiche.

La presa in carico dei bambini con epilessia significa presa in carico di

tutto il nucleo familiare al fine di evitare lo strutturarsi di psicopatologie

e/o disfunzioni intrafamiliari. Questo è possibile attraverso l’intervento

con terapie ad indirizzo psicoanalitico o cognitivo in cui il terapeuta

fornisce al suo paziente una base sicura dalla quale il soggetto potrà

ripartire per la costruzione del suo mondo interno ed esterno.

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BIBLIOGRAFIA -Klagsbrun e Bowlby Ansia da separazione e misura dell'attaccamento

normale e patologico ( versione modificata e adattamento italiano del

Separation Anxiety test (SAT))

-Grazia Attili, Anna Silvia Bombi, Silvia Bonino, Luciano Mecacci,

Marinella Parisi, Guido Petter, Giuliana Pinto, Andrea Smorti Manuale di

psicologia dello sviluppo

-Glauco Mastrangelo, Manuale di Neuropsichiatria dell'Età evolutiva

Roma ; Pensiero scientifico editore,2 edizione,2002.

- ICE, Classificazione Internazionale delle Epilessie e delle Sindromi

Epilettiche, 1989

-G. Incorpora, le Epilessie e Sindromi Epilettiche

-Bernini La neurologia

-Vincenzo Guidetti, Fondamenti di neuropsichiatria dell'infanzia e

dell'adolescenza

-D'Amico, Rita- Cipulli, Mafalda- Lia Giancristofaro, Vivere con

l'epilessia, 2010

-Autieri Stefano, Meditazione, Key Book, Cina, 2011

-Paolo, Pazzaglia ; Clinica neurologica, Bologna, società Editrice, 6

ed.,2008

SITI WEB CONSULTATI -www.gipsicopatoLit/issues/2004/vol10-3/barisone.htm

www.lice.it/pdf/conoscere_epilessia.pdf

RINGRAZIAMENTI Vorrei ringraziare la mia famiglia per avermi sostenuto nel raggiungimento

di questo importante traguardo; in particolar modo mia sorella Giada che

mi ha incoraggiato nei momenti difficili. Un ringraziamento va anche alla

mia amica più cara, Chiara, punto di riferimento irrinunciabile.

Un pensiero particolare è rivolto alla città aquilana che mi ha dato modo di

conoscere persone straordinarie che mi hanno stimolato dal punto di vista

culturale e della formazione. Un ultimo grazie è per la Professoressa

Elisabetta Alleva Tozzi la cui preziosa guida mi ha permesso di

conseguire un'esperienza universitaria unica e proficua.

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