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UFFICI oeL*cGioanaLe 0 VIA SOLFERINO , N°2
| urea romene neono: ESrero:
anno ca VITO a. SEMESTRE —L.2,50 L* lor n del CORRIERE DELLA SERA | | vIA SOLFERINO 0re38.
Anno I. - N. 11. 7 Marzo 1909. Cent. 10 il numero.
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IL MODERNO GALATEO. Ge ì e norme di vita femminile contemporanea » Eleganza » Bellezza + Amore » Usi sociali scelta dal Catalogo. i ar Morale - Educazione - sE = Storia - Coltura. -- Della celebre scrittrice italiana Jolanda. I
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La Carola: — Ebbene, Rapetta mia, come va la vita? lù”D' fibibite: «LaRapa: — Male, malet Tutti mi !9 &'UDrICA-
La Caroia; — Consolati, amica pero fur ciù, mia; sl'esser creduti duri d'intell: ponete sul fo- tenza non è disonore! Per me, ine glio tré soldi vece, è peggio. Non c'è più nessuno * Lat. ia 4 che mi voglia credere, e tuiti mi, *‘*PPresentani- rispordono invariabilment:: « Va là, uil peso di che ti conosci*mo, comare!... Non (&iGUMU 15; 11 sei stro cne una... carota! » vostro appa
= “ roeechio si af-
fonderà di una data potzioncina;"e Voi no- terete, con un segno di màlità ben nera,
saletterd . bel
ba CORRIBRE
dell’ ip: irec =i
il vostro po!
DEI PICCOLT
la linca di affioramento del liquido. Una volta graduato il vostrosstrumento, ritira- te i soldi e mettete nel vassoio la lettera che volete pesare, Su il segno della matita rimane al disupra del livello dell'acqua, la lettera pesa meno di 15 grammi; all'oppo sto, se il segno fatto-colla matita pesca nell'acqua, la lettera peserà più di 15 garanuni.
Due lineatte al basso, due merlettini în cima; ed or poco assomiglia al disegno di primo,
Ecco una brocca, attenti; sappiatemi imitare, ed io con po.hi tratti un gufo vi fo fare.
Sn
Se quindi alla figura gli occhi in fronte farete, un gufo senza penne
dinanzi a vvi vedrete,
Credetemi, a vestirlo, non ci vuol gran fatica; due sgorbi a dritta e a marca; la figura è finita,
Problema da proporre al babbo dopo il pranzo. Si prendano in un mazzo di
carte da giuoco i quattro assi, ì quattro due, i quattro tre e quatro quattro. Si di- spongano queste sedici carie, in quattro serie d’ugtual numero una sotto l'altra, in modo tale da ottenere; sommando i. punti di tutte le colonne orizzontali e verficali,
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nonchè le. due diagonali del quadrato che si otterrà, un identico totale. (3)
Di a è una bella bambina di quattro annî, è vivace, intelligente, ma va malvalen-
tieri all’asilo; leri, do po d'aver pensato un piro, dice lla mamma :
Minimi la nonna è la tua mamma? — Si — dice
lei,
— lu soi la mia tanam da, nevvero?
— Si ri- sponde di nuuvo lu mamma.
— El iodi chi suno mamma?
Della tun bambola.
i \ilora, --
finita totta al- legea = io non vado a scuola.
Perchè?
— Perchè In - nonna non va n — Poldino, la tua trombetta scuola, tu non mi dà fastidio. Se continuerai a vii a’scuola per- suonarla, te la leverò,
chè sti In mam- ,-,, 512 trascuillo, papà. Non - È dubitare che la suonerò solamente
ma ced io non va- Quando tu dormi, do: u-scuola per- chè sono. da manna. della
E chi andrà allora a scuola? bambola.
I bambola che nòn è mamma di | nessuno. A
INDOVINELLO.
on un. gutte nero formate un istru- mento inusicale. (4)
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nesno: ESTERO UP.LEM | 1 CORRIERE DELLO SERA | LLUUSTRATO YWFFICI DEL GIORNALE
Peaiatiolle | 1 CORRIERE DELLO SERA | SERA | (vid Solesino ee | Anno I. - N. lr. 7 Marzo 1909, Cent. :0 il numero.
1. Va Spscconi andace a faro Ei non voole ari di sorta v 2. Va festoso sulla nere Bo che suscita in un orso
a cacciare l'orso nero. Sol due "sky,, sul monti porta, ]) corre gulzza via lieve. dell'invidia acuto dl morso.
(77, LALA ’
SÉ 074
sa
3. Anche l'orso vuol provere «Sor Spacconi molte astulo 4 ” vorria fermar la fera, Il bestion senza giudizio è. Può Spacconi calmo andare Così fu che audace è Nero
Il piacere di 'skyate,, = quosto caso ba prevedato. 3 è incapace e sì dispera . piomba giù nel precioizio. la gran prego a raccatiare, Egli prese l'orso nero. PI
UNA CORSA DI RAGAZZI INTORNO AL MONDO
ragazzi di New York sono in grande orgasmo. Un grande giornale di quel. la città sceglierà ed equipaggerà due
schiere di scolari per un viaggio intorno al mondo, con lo scopo precipno di su- perar la prova di nn ragazzo di Chicago, che, otto anni fa, fece il giro del pianeta in sessanta giorni. Non ci saranno impedimenti per nes-
suno: i ragazzi debbono avere: sedici an- ni compiuti, essere in buona salute, fre- quentare le scnole di New York, cd es- sere scelti dui compagni a far parte delle due schiere. Il viaggio non costerà loro un soldo. Le dne schiere saranno accompagnate da guide sperimentato», è
viaggoranno con tutti i comodi possibili, in cabine di prima classe per mare, in vetture letto per terra, e con automobili
in regioni dove non esistono ferrovie. Otto amni fa, per fare il giro del mon-
do in meno di sessanta giorni, non esi- stevano le condizioni favorevoli odierne. Oggi si traversa PAUantico in quattro giorni, si va da New York a Chicago in diciotto ore, in quattro giorni si arriva da New York alla costa del Pacifico, £ con dieci giorni dalla costa del Pacifico si arriva al Giappone. Sarà una corsa più importante d'una
Maratona, è certo un grande evento nella vita di quei ragazzi che avranno la for- tuna di parteciparvi. Mu più che fortuna sarà merito. Giac-
chè se dovramno essere eletti dai com- pagni, In scelta non cadrà sui pigri e sui fannniloni, ma su quelli che avranno dato: tali prove di diligenza sullo studio, di bontà d'animo @ di cortesia nei tratti, da goder tutta la simpatia dei compagni.
Le elezioni, i ragazzi, le fanno con gran- de serietà. *
N: prossimo numero fascicolo 12! combini: ceremo la pubblicazione di un delizioso
lavoro di LUIGI BARZINI . . . .
Le Avventure di Fiammiferino È la prima volta che Luigi Barzini scrive
per i piccini, malo fa în modo superbo, e rosì da interessare anche le mamme, i babbi e i monni, Chi coniincerà a leggere le Avventure di Fiammiferino, aspetterà con la più viva impazienza il ‘seguito,
| sono sempre cenpaci di disporli
CORRIERE DEI PICCOLI
La costruzione di un caleidoscopio
! caleidoscopio vi divertirà moltissi- mo, Intorno al caleidoscopio, che è il più famoso giocattolo
flel mondo, c'è quasi un'a- ria di mistero: molti adulti non sanno spiegarsi come sì possano far apparire tutte quelle belle cose che il ca- leidoscopio mostra. Caleidoscop.o è una parola
piuttosto Inngheita e noi dovremmo comprendere ciò che significa, prima di co struire l'oggetto che essa rappresenta. E' una parola composta. ‘Tre parole gre- che la compongono e so- no kalos, bello; cidos, forma; e skopco, in veggo.
Alcuni costruiscono dei grandi caleido- scopi, € se Vi sono in casa Vostra tre
specchi grandi, potrete farne uno grande anche voi. Se mettete tre
specchi insie- me in modo da formare un
triangolo e vi mettete in mezzo altrian- golo, Vedrete la vostra per- sona moltipli- Legate i tre pezzi di vetro insieme,
come nella ligura, prima di metterli acl tubo. cata in uni
folla immen- si. Nello specchio non vedrete soltanto la vostra immagine, ma anche limma- ine dellé vostre immagloi ripetuta molte volte. Agitate il fazzoletto, e vedrete cen- tinaia di fazzoletti. Se gli specchi sono inclinati l'uno verso l’altro, l'effetto è ancora più consi- derevole. Ma non sono molti quelli ch=
posseggono questi grandi spec. chi, e quelli che li hanno non
in forma di triangolo. Così noi faremo nn caleidoscopio di piccole dimensioni, che si possa
tenere in mano e serbare, al- l'occorrenza, in tasca, E non ci costerà molto,
Occorre avere nna piccola sca- tola di Jatta, tonda: servirà ot- timamente una scatola in cui
bu
| ci sin stato del cacao. Prendete un chiedo
rer_ru_o ee rr mt ri] Cos Pe Edo i all
gr
con una punia aguzza e fate un bnco
nel centro del fondo della scatola, E poi cercate con qualche altro strnmento di allargare ll furo, in modo che non sia
a triangolo, nella sca- tola, i loro angoli qua- si aderiscano alla pa- rete. Se potete avere
L'a tue tre pezzi di lastra da a a Di “hi n rerno del coleitescaie, specchio, tatto maglio. come upparirtbbe, se ne Hi ( ro co-
fosse tagliato un pezzo. !!UNe, incollate della carta nera sul Into ester-
no di cinscuno. Se non vi è possibile ave- re del vetro, potete servirvi d'un pezzo di latta piegato in due parti, così da formare
Traforate il fondo d'un tubo di latta con un chiodo bene appuntito.
La Figura mostra la posizione dei tre pezzi di vetro nel tubo.
un triangolo. Ma supponiamo che vi ser- Viute del vetro, con della carta incollata
sulla superficie esterna, Il miglior modo di trovare
la dimensione giusta dei tre pezzi di vetro è di tagliare dei pezzi di cartone, tutti
esattamente simili, e iispo- sti a triangolo, assicurando- vi che S'adattino alla scato- la. Fatto ciò, non c'è che da dirigersi n nin vetralo 0 a un rivenditore di cornici, è@ mostrando il modello di car tone, farsi dare i tre vetri, che vi saranno venduti per circa venti centesimi.
Prima di mettere i vetri nella scatola, legateli insieme in forma di triangolo con un pezzo di corda, e incollatevi in-
carta in torno intorno una striscia di modo che rimangano nella giusta posizione, E poi metteteli nella scatola. Se ivetri sono della giusta dimensio- ne giungeranno a cir- ca un centimetro dal- l'orlo della scatola. Ora si deve prendere Wi pezzo di vetro ro-
tondo che entri fa. cilmente nella latta e si disponga sugli di orli dei tre pezzi di Mettete l'anello di car-
tane fra i dischi o vetro. Su questo vetro ‘"” Di dj vesca non dev'essere incollata della carta nern. Fate poi un sottile anello di cartone e fissatolo intorno all'orlo della scatola, in modo che impedisca al pezzo di ve-
tro di uscirsene. Ed ora occorre un al tro disco di vetro, ma opaco: quella specie di vetro bianco attraverso il
quale non si vede. Lo disporrete sul- l'altro pezzo rotondo di vetro; ma tra l'uno e l'altro metterete dei pezzettini di vetro colorato, delle perline o altri oggettini simili. Fito in modo che il secondo disco fli vetro stia forma, enon
se n'esca, guendo farete girare ln scatola. Ci sono dnée mezzi di fer- marlo: piegare nn poco l'orlo del- Ja scatola, o ingommmre il vetro alla scatola con ilelle striscioli- ne di carta; mn badando che le striscioline non giungano in di
rezione del triangolo che è all'interno, E° bene coprire la Jatta con della carta
colorata, e Îl caleidoscopio è costruito. Guardate per il foro nel fondo, tenendo Valtra estremità verso la lance, fate girare il tubo, e vedrete miglia: di disegni. Non fini- reste mai di conta- re i disegni che si ‘eggono nel calei- loscopio. Essì non sono mai gli stes-
si, e potete averne
di nnovi continui mente, 1 pezzettini di vetro colorato sono riflessi nei tre specchi molte volte, e tutte le immagini formano un di- sogno,
1 disegnatori di tappeti e di altri oggetti spesso usano un caleidoscopio a trarne ispirazione per i loro lavori.
La figura mostra come con della carta si fissi l'ultimo disco di vetro.
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CORICINLE Re 64 ARMADILLO
[ questa è una storia di tempi re-
motissimi. C’ora in quei tempi un Riccio che viveva sulle ri-
ve del torbido Amazzone, man-
giando lumache col guscio ed altro, Ed egli aveva un'amica,
una Tartaruga, che viveva sul.
le rive del torbido Amazzone, mangian-
do lattuga ed altro. E così andavano avan-
ti tranquiHlamente. Ma anche allora, in quei remotissimi
tempi, viveva un Giaguaro picchiettato,
che abitava sulle rive del torbido Amazzo-
ne, divorando tutto ciò che poteva acchiap- pare. Quando non poteva acchiappare ca-
prioli e scimmie, mangiava rane e sca-
rafaggi; quando non poteva acchiappa re rane e scarafaggi, andava da sua ma-
dre e le domandava come duvesse fare per mangiare ricci e tartarughe. Essa gli aveva tante volte detto, agitando grazio»
samente la coda; « Figlio mio, quando trovi un riccio, gettalo nell'acqua ed esso si svolgerà, e quando acchiappi una turta- ruga, cavala con le gampe fuori dal
guscio, n E così si andava avanti tran-
quillamente.
na bella notte sulle rive del torbido Amazzone, il Ginguaro picchiettato tro-
vò il Riccio e la ‘Tartaruga seduti sotto il tronco d'un albero caduto. Essi non potevano fuggire, e il Riccio s’avvolse a guisa di palla, e la Tartaruga ritirò più che potè la testa e i piedi nel guscio.
« Ora, sentite un poco — disse il Gia- guaro picchiettato, — perchè è una cosa importante. La mamma mi ha detto che se incontro un Riccio, debbc gettarlo nel- l'acqua perchè si apra, e se incontro una ‘Tartaruga debbo con le zampe cavarla fuorì dal guscio. Ora chi di voi è il Riccio e chi di voi è la Tartaruga? Perchè, a dirvi la verità, io non lo so. »
« Sej sicuro di ciò che ti ha detto la mamma? — disse il Riccio. — Sei pro- prio sicuro? Forse essa ti ha detto che quando apri una Tartaruga, devi sgusciar. la dall'acqua con una pala, e che quando calpesti un Riccio, devi gettarlo sul gu- scio. »
« Sei sicuro di cià che ti ha detto la mamma? — disse la ‘Tartaruga. — Ne sci proprio sicuro? orse essa t'ha detto che quando inalfi un Riccio, devi avvolgerlo sulla zampa, e che quando incontri una Tartaruga, devi sgusciarla finchè si
SII PIO)
CORRIERE DEI PICCOLI
« Non credo che abbia detto così, — disse il Giaguaro picchiettato; pensoso, perchè si sentiva un po' imbrogliato: — | Di grazia, ditemelo un’altra volta, un po’ più chiaramente. »
« Quando cavi l'acqua con la zampa, devi sgomitolarla con un Riccio — disse il Riccio. — Ricordatelo, perchè è im- portantissimo ».
« E -- disse la Tartaruga — quando tu calpesti il tuo cibo, lascialo cadere in una tartaruga con una pala... Come! non capisci? »
« Mi fate dolere le macchie — disse il ' Giaguare picchicttato. — E poi non ho bisogno dei vostri consigli. Voglio sapere soltanto chi di voi è il Riccio e chi la Tartaruga.
« Io non te lu dirò — disse il Riccio. — Ma se ti piace puoi cavarmi dal guscio. »
u Ah! — disse il Ginguaro picchiettato, soddisfatto. — Ora lo so. »
Il Giaguaro picchiettato sporse la zam- pa inguantata nell’atto che il Riccio si raggomitolava e naturalmente il Giagua- ro picchiettato si riempì di aculei. Deg- gio; egli spinse rotoloni il Riccio lontano lontano, tra le macchie e i cespugli, do- ve era troppo buio per scovarlo, Allora | si mise la zampa inguantata in bucca, e gli aculei gli facevano male peggio che mai, Appena potè parlare disse: « Ora so bene che non è la Tartaruga. Ma... — e qui si grattò la testa con la zampa piena di aculei — come faccio ora a sapere se quest'altra è la Tartaruga? »
« La Tartaruga sono io — disse la Tartaruga. — "Tua madre ha ragione. Essa t'ha detto che dovevi con la ziunpa cavarmi fuori dal guscio. Avanti!
« Un minuto fa non dicevi così — dis- se il Giaguaro picchiettato succhiandosi la zampa per trarne gli aculei. — Tu di- cevi che essa aveva detto diversamente. »
« Bene, supponi che tu dica che io ubbia detto che essa abbia detto diver- samente; perchè se essa ha detto ciò che tu dici che io abbia detto che essa abbia detto, è lo stesso come se io abbia detto ciò che essa ha detto d'aver detto. D'al- tra parte, se tu pensi che essa disse che tu dovevi sgomitolarmi con una pala in- vece di calpestarmi a gocce con un guscio, io che ci posso fare? »
« Ma tu hai detto che volevi essere ca- vata dal guscio con la mia zampa » — disse il Giaguaro picchiettato.
« Se rifletti meglio, comprenderai che |
io non ho detto nulla di simile. lo ho detto semplicemente che tua madre ti hu detto che tu duvevi cavarmi dal guscio » — disse la Tartaruga.
« E che accadrà se lo faccio? n — dis- se molto cautamente il Giaguaro.
« Non »o, perchè finora non sono stata
mai cavata dal guscio; ma in verità ti dico che se vuoi vedermi nuotare, nen hai da far altro che getttrni nell'acqua. »
a Non lo credo — disse il Giaguaro
picchiettato. — Tu hai imbrogliato tal- mente le cose che mia madre mi ha detto di fare, con quelle che mi hai domandato
se io son sicuro che essa non abbia detto, che non so più se penso con la testa o con la coda; ed ora che tu mi d'ci qual- che cosa che posso capire mi trovo più imbrogliato di prima. Mia madre mi ha detto di gettare uno di voi due nell’acqua, e siccome tu mi sembri così ansiosa di esservi gettata, indovino che non sei tu che debbo gettare. Ora salta nel torbido Amazzone, e vediamo. »
« T'avverto che tua madre se ne di- spincerà. Non dirle che l'ho detto î0 » — disse la Tartaruga,
« Se dici un'altra parola di ciò che ha detto la mamma... — rispose il Giaguaro picchiettato, ma non ancora aveva finito, che già la ‘Tartaruga quietamente s'era immersa nel torbido Amazzone e, nuo- tando sott'acqua per un lungo tratto, eri giunta alla riva dove il Riccio stava aspet- iandola.
tabbiamo scampata bella — disse il Ric-
cio. —- Il Giaguaro picchiettato non mi va a verso. Che gli hai detto d'essere? »
u Gli ho detto la verità: che sono la Tartaruga, ma non ha voluto credermi; e mi ha fatta saltare nel fiume per vedere se fossi proprio io; e siccome ero io, è rimasto a bocca aperta! Ora è andato a dirlo alla mamma, Senti! »
Essi potevano udire il Giaguaro pic- chiettato che ruggiva su e giù fra gli alberi e i cespugli sulla riva del torbido Amazzone finchè fu udito dalla mamma.
« Figlio, figlio! — diceva la madre, agitando graziosamente la coda — ; che co. sa hai fatto che non dovevi fare? »
« Mi son provato a cavar ciò che do- veva esser cavato fuor del guscio con la zampa, e la zampa mi s'è piena di spine » — disse il Giaguaro picchiettato.
« Figlio, figlio! — disse la madre agi. tando graziosamente la coda — dalle spi-
« ... Il Giaguaro picchietiato ruggiva fra gli alberi è i cespugli.,»
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ne che hai nella zampa comprendo che era un Riccio. Dovevi gettarlo nell’ac- qua. »
« Nell'acqua ho gettato quell'altra; mi disse d'essere una ‘Tartaruga, cd era ve- ro; ima io non volli crederlo, ed era vero e s'è immersa nel torbido Amazzone e non n'è ritornata più, ed io non ho avuto sulla da mangiare, e penso che sarebbe meglio cangiar di paese. Sono troppo astu. ti nel torbido Amazzone per me, puve- retto! » .
« Figlio, figlio! — disse la madre, agi- tando graziosaumente ki coda, — ora sta at- tento e ricorda ciò che ti dico. Un Riccio s’avvolge a guisn di palla e i suoi aculei s'appuntano subito in ogni direzione. Da quesio si riconosce il Riccio. »
« Questa vecchia non mi piace allat- to — disse il Riccio, sotto l'ombra di una larga foglia. — Vorrei sapere che al tro sa!»
« Una Tartaruga non può raggomito- larsi — continuava la madre del Giagua- ro, agitando graziosamente la coda. — Essa sa ritirare Ja testa e i piedi nel guscio, Da questo si riconosce la Tarta- ruga, »
« Questa vecchia non mi piace affatto affatto — disse la Tartaruga. — Il Gia- guaro picchiettato non può dimenticare questi contrassegni, E'un peccato, Riccio
mio, che tu non sap. piu nuotare, »
« Non me ne parli lare disse il Ric- cio. Pensavo ap- punto quanto sarebbe meglio che tu potessi raggomitolarti. E'un peccato! Ascolta il Giiaguaro picchietta- to, »
CORRIERE DEI PICCOLI
balena. Ora, se vuoi incomodarti a slac- ciarmi il dorso e a tenermi separate un po’ più le due piastre d’'osso, mi proverò a fare quella curva che dici così facile. Chi sa come rimarrà il Giaguaro picchiet- tato! »
« Benissimo — disse il Riccio, tutto ba gnata dall'acqua del torbido Amazzane. — C'è da scambiarti con uno dei miei po: renti. Un po’ più separate, hai detto? Un po’ più d'espressione, di grazia; e nun sof. fiar tanto; se no, il Giaguaro picchiettato ci sentirà. Quando avrai finito, io voglio provarmi in quella lunga immersione che tu ritieni così facile. »
E così il Riccio s'immerse, e la Tarta- ruga gli nuotò a fianco.
« Benissimo disse la Tartaruga. Un po' più d'attenzione nel trattenere il respiro, e sarai capace di mettere casi sul fondo del torbido Amazzone. Ora fa- rò l'atto di avvolgermi le gambe intorno al collo, che. tu dici sia così particolar. mente delizioso. Chi sa come rimarrà il Giaguaro picchiettato. »
u Benissimo — disse il Riccio — ma
peo
« Buon giorno — disse il Riccio, -- e come sta, la tua graziosa mamma, sta-
mane? » « Benissimo, grazie — disse il Giagua.
ro picchiettato. — Ma devi perdonarmi se in questo momento non ricordo il tuo nome, »
« Non è gentile da parte tua, quando ieri provasti con.la zampa a cavarmi fuo ri dal guscio. »
« Ma tu non avevi guscio. Ei tutto aculei — disse il Giaguaro picchiettato. Lo so ben ora. Guardami la zampa! »
« Tu mi dicesti di gettarmi nel torb'- do Amazzone per annegarmi disse Ia Tartaruga. — Perchè sei così sgarbato e smemorato oggi? »
« Non ricordi, quel che t'ha detto È i mamma » — disse il Riccio:
« Non s'aggomitola, ma può nu:tare: la Tartaruga da quesio appare. Si raggomitola, ma il nuoto ignora: è proprio il Riccio che viene allora? »
Entrambi si raggomitolarono e rotola- rono intorno al Giaguaro picchiettato, che spalancò gli occhi grandi come ruote di
1 Giaguaro picchiet. di 2 « Figlio, figlio! — tato, seduto sul- « Subito trovarono il Giaguaro picchiettato... Oh il naso del Giaguaro picchiettato! » disse la madre del
le rive del torbido Giaguaro, agitando Amazzone, e succhiandosi la zampa ove s'era infitti gli aculei, diceva a sè stesso:
« Non s'aggomitola, ma può nuotare: lu Tartaruga da questo appare. Si raggomitola, ma il nuoto ignora: è proprio il Riccio che viene allora. »
« Egli non lo dimenticherà mai — dis- se il Riccio. — Tienimi un po’ la pelle, Tartaruga. Voglio provare a imparare a nuotare. luò servire. »
« Benissimo » — disse la Tartaruga; € teneva la pelle del Riccio, mentre questi faceva delle sgambettate nelle acque del torbido Amazzone.
« Tu diventerai un celebre nuotatore — disse la Tartaruga. — Ora staccami un poco le piastre del dorso della ancia. Voglio provare ad aggomitolarmi. "uò servire. » Il Riccio aiutò la Tartaruga a staccar
si le piastre; così che col piegarsi e lo sforzarsi, la Tartaruga subito pervenne ad avvolgersi un pochino.
« Benissimo — disse il Riccio — ma direi di non continuare per ora. Diventi tutta nera in faccia. Conducimi, per gen- tilezza, ancora una volta nell'acqua, cd io mi proverò ad eseguire quel colpo di fianco che tu dici così facile. »
E così il Riccio fece, e lu Tartaruga gli nuotava accanto.
« Benissimo — disse la Tartarugi. —- Con un po’ più di pratica sarai una vera
è uno sforzar troppo le tue piastre. In vece d'essere perfettamente connesse, si sono disgiunte. »
« E' il risultato dell'esercizio — disse la Tartaruga. — To ho osservato che i tuoi aculei si fondono l'uno nell'altro, e che tu sembri piuttosto una pigna che un riccio di castagna, come una volta. »
« Dici il vero? — disse il Riccio. — | E” perchè mi esercito nell'acqua. Oh, co- me rimarrà il Giaguaro picchietiato! »
Essi continuarono nei. loro esercizi aiu- tandosi l'un l'altro, fino alla mattina; e quando il sole fu alto, si misero a riposare e si asciugarono. Allora s'accorsero che erano affatto diversi da ciò che erano stati,
« Caro Riccio, — disse la ‘Tartaruga, dopo colazione. — lo non sono ciò che ero ieri; ma credo che io possa divertire il Giaguaro picchiettato, »
« Stavo pensando la stessa cosa — dis- se il Riccio. — Credo che le scaglie siano un magnifico progresso in confronto degli aculei, senza dir nulla della capacità di nuotare, Oh il naso del Giaguaro picchiet. tato! Andiamo a trovarlo. »
ubito trovarono il Giaguaro picechietta- to che si medicava ancora la zampa
inguantata, ferita dagli aculei la sera in- nanzi. Egli fu così meravigliato che gi- rò tre volte sulla coda picchiettata senza fermarsi.
raziosamente la coda, — un Riccio è un iecio e non può essere che un Riccio;
e una Tartaruga è una Tartaruga, c non può esser altro. »
« Ma non è nè un Riccio nè una Tar- tarugaj; è un pezzettino dell'uno e del l’altra, e non so come si chiami, »
« Sciocchezze — disse la madre del Gia. guaro. — Ogni cosa ha il suo nome. Lo chiameremo Armadillo, finchè non sco- priremo il suo vero nome, e non gli darai la caccia. »
Così il Giaguaro picchiettato fece come aveva detto la madre, specialmente intor- no al non dargli la caccia; ma la cos singolare è che da quel giorno a questo, nessuno sulle rive del torbido Amazzone ha chiamato quell’animale mai Riccio 0 ‘Tartaruga, ma Armadillo. Vi sono Ricci e Tartarughe in altri luoghi naturalmente (ve ne sono anche nel mio giardino), ma quelli della vecchia e astuta specie con le scaglie che si sovrappongono come squa- me di pigne, e che vivevano sulle rive del torbido Amazzone nei vecchi e remotissi mi giorni, sono sempre chiamati Armadil li, perchè suno così scaltri. Tanto meglio, non è vero?
Rudyard Kipling.
—_®& +
b-
-
3 s
|] arte delle L )mbre è
semplice e
pre: pignone
e con un
po” di pratica mò diventare
molto attraente.
Dipende molto
tnt giuoco dei
muscoli delle di- ta e della mano
che debbono es-
sere aljuanto esercitati, in modo che le
dita possano lavorare singolammnente £
Il cigno.
indipendento-
., Monte,
dr, E difficile ai più far lavorare
indipendentemente le dita. Sporgete, per|
eseinpio la mano è piegate il mignolo,
‘Un bambino che regna |
Ti ralche mese fa è salito sul trono
Il | del più grande impero della ter
| ra, gnello della Cina, un bambino
ll di tre anni. Non si sa molto di ciò
| ll che accadde nel palazzo imperia
(att le di Pekino, nel momento del
i l'avvento del nuovo potere, dopo
la morte dell'imperatore Cuang-su e di
sua zia Zu-sì, perchè sì lasciò ignorar
tutto ni diplomatici europei. I giornali
cinesi si mantennero riservati, ma il (Ce-
pao diede dei particolari divertenti.
« |l 2 novembre esso scrisse nel
momento del suo nvvento al trono, il
muovo imperitore, dell'età di tre anni,
avendo senuto delle fucilate, delle can
nonate è degli spari di mortaretti, pian
geva è gridava d'aver panra. U prin-
Cipe reggente, suo padre, lo teneva, ab-
bracciato, esortandolo di non aver pun
riu e di non piangere. Più di auemila
funzionari, - che assistevano a quella
grsuule cerimonia, lo adoravano rispet
tosamentoa, »
Perchè in Cina intta la vita dello Sta
to è concentrata nell'imperatore. Fgli è
il figlio del Cielo, e 1 suoi ordini e le
CORRIERE DEI PICCOLI n
paravento \
spitza muovere il medio è
l'indice. A bella prima, vi | A
Cavallo e fantino. sarà difficile, e quasi im
possibile
piegate il pollice, l'indice mostrerà una |
Similmente se
leggera tendenza a seguirlo
Per riuscire 1 fare delle buone ombre, |
ilovete vincere queste cattive inclinazioni
delle dita, e regolare la mano in mado
Che tutte le dita, singolarmente, faccetano
ciò che volete
Mettete una luce viva innanzi a Un
muro bianco o a un paravento, inettete
la mano fra lu Ince e il muro e movete le |
dita insieme, finchè non formiate im'om
bra che rassomigli a qualehe oggetto, a
| qualehe animale. Mora, cono gli occhi
sull'ombra,. fate in modo da correggere le
imperfezioni, c d'avere un immagine per
| quanto più vi sarà possibile esutin del
vostro soggetto. Poi, ritirate In mano o le
mani subito, e provute di nuovo intorno
| allo stesso soggetto, con lo scopo di ot
tenerlo ino più rapida maniera. Conti
nuate nd esercitarvi, finchè non ne sarete
perfettamente padroni. Potete anche giu varvi di ritagli di carta, di quialeho fn
CERRPERTEPEREEE RE I
Il coniglio.
scello, e di tutti quegli sunmii
nicoli che Vimmaginazione vi
suggerirà. Quando sarete ca
paci di dare una ventina d'oni
bre diverse, potrete invitare i vostri anti
ci n una rappresentazione
Questa forma di trattenimento è adat tissima ui ragazzi, perchè ha ira i shot
requisiti, una bel
lu semiplicità non
idiscara 1 ZIO-
vanio vecchi
I fanciulli che hauno vedtito una rappresentazione di
onmbrogrigla, sentiriagiio il bisogno di pru
vare la Jato abilità in casa e avranno
un'eccellente opportunità di esercitare i
museali delle dita è di tenersi oecupati
in maniera piarevole e innocua
La chiocciola.
su 400 milioni di uomini
sue leggi debbono essere obbediti come
comandi divini, e da lui deriva ogni go
verno, E' adorato come un essere sopran
nnturale; innanzi ai suoi altari brucia Vin
censo; chiunyne lo avvicini fdieve toccai
con la fronte tre volte it suolo. Ma Vimy:
ratore deve fursì degno di questi onori
con eccellenti qualità: deve in tutte Ie
cose farsi guidare dalle leggi, dai costu-
mi e dagli esempi dei tempi antichi; de
ve evitare ogni arbitrio e rimettersi slla pubblica opinione; e come gindice supre-
nio ha il dovere, non soltanto di piasiro |
vizi, ima di compensare le virin, Comes
lìiglio del Cielo, Vimperatore deve riflette
re in Ince celeste nelle sue azioni Iinoritti,
ed essere il rappresentante visibile del
nascosto potere del Cielo,
‘Tutto questo, naturalmente in teoria,
perchè Tunperatore ora non comprende
che le chicche è i trastulli, come nn bam
bito comune. Forse comprenderà gli ulti doveri del
Vantorità imperiale suo padre, principe
reggente, il quale terrà il potere Ino alla
maggiore età del figliuolo, E sì può au-
gurarlo per Ia prosperità della Cina.
-
5
— dr —____mryrm————__tm
CORRIERE DEI PICCOLI
ccenninmo brevemente alla storia
P. pren Era il 6 novembre 1780,
quando L. A. Galvani, illustre pro-
fessore bolognese, maravigliò osservando
che allo scoccar della scintilla elettrica, singolari sussulti scotevano le membra
di una rana morta, che gli stava accanto.
La infilzò allora in tili metallici, e anco»
ra convulse apparenze di vita apparvero nei membri giù di pelle è capo seemi delle rauche di stagni abitatrici.
Su questo strano fenomeno Alessandro
Volta, celebre comense, siudiò e riflett>
Segnalazioni a mano, ,
a lungo. E, frutto dei suoi studi fu nei is00 una macchinetta: la pila di Volta, da eci venne poi, di scoperta in scoperta, il telegrafo, ala dell'umana parola.
Dei pali, dei fili, qualche macchina, e il mosiro pensiero vola oggi lonta- no centinnia è centinaia di chilometri, con la celerità del fulmine. E' anzi la stessa forza misteriosa, generatrice del fulmine, che si fa umile e veloce mes- saggera del nostro nensiero, come ct illumina nella notte le case e le vie, € muove innnminerevoli macchine in vasti
vpifici. Contate mno, ilue, e l'elettricità, questa inaga onniposserte che conoscia mo appena da un secolo, e da un se-
colo abbiamo fatto nostra schiava, avrà percorso in questo minimo spazio di tem. po, olo volte il giro della terra, certo volte il viaggio fra VEuropa e l'Ameri- ca. Ed è grazie a questa velocità sbalor- ditiva che noi possiamo comunicare an- che coi popoli più lontani, e mandare rapidamente ni fratelli, ai parenti, agli amici, il nostro saluto, la nostrit parola. Ma è solo da poco che possiamo far questo. La prima linea ielegrafica venne infatti inaugurata in America nel mag- gio del 1844, appena 65 anni fa!
I mostri bisnonni s'ingegnavano alia meglio, e divulgavano le buone e le cat- tive novelle, lanciando delle grida nello spazio, da uomo a uomo, da villaggio a villaggio.
(irandi fuochi accesi sulle sommità del- le torri, sulle vette, o lungo i pendii delle montagne, erano segnali d'allarme o di guerra. E come frequente si segui- vano allora que fuochi, quando diffi. denza e paura tenevano luogo di giu- stizia e di civiltà!
+ Ma come ci palono lontani que' tempi,
lenti que’ mezzi! e come ci par misera cosu a petto del telearafo elettrico, quel- lo a segnali o aerco che cominciò a fun- cionare in Francia nel 1794! E l'onore d'averlo regalato alla Francia e al mon- do, tocco... indovinate? a tre giovani
scolari, i fratelli Chappe. Studiavano in due collegi separati, po-
sti di faccia, ma lontani dune chilometri. La separazione li addolorava. Il maggio- re immaginò di parlare ni due fratelli dalla finestra con tre regoli, Le diverse posizioni di questi regoli formarono pre- sto parole e frasi che i fratelli compre sero guardando con un cannocchiale. L'annunzio della nascita del re di Ro-
ma, figlio dì Napoleone I, arrivò a Mt lano a traverso il Sempione ed il Motta rone col telegrafo a segnali. Ma di not. te, e quando la nebbia avvolgeva in un fitto velo ogni cosa, esso laceva, Così, se
ln nebbia fosse durata una settimane, un mese, come avveniva, per una sett.mana, per un mese i nostri nonni rimanevano senzia notizie. Ora invece il telegrafo elettrico parla sempre, col sole, con le tenebre, fra le nebbie, sui monti, a tra- verso gli oceani, ovunque.
re. Dai due bastimenii pariono dei col- pi di cannone che vogliono dire: Ferma, ferina! N naviglio intende, dà macchina
indietro e s'arresta per miracolo a qual. che metro dal cavo. Finalmente il vias- gio è compiuto, e il primo dispaccio at traversa TOcceano, La giola è universa le.... ma dura poco. Dopo im mese il cavo si guasta e rimane muto! Risogno
ricominciare, rifarsi da capo, Guglielmo
Marconi non aveva ancora, glorificando l'iinaiia, inventato il feleyrafo senza fili che porta senza pali, senza fili, senza cavi il mostro pensiero al di li deg! oceani! E occorsero sette anni per racco- gliere i milioni necessuri a tabbricire un nuovo cavo. Fu pronto nel ISGò, e si carico sn un bastimento solo, questa vol- ta, il Leviathan.
Il Leviathan salpò serso VAmerica col cavo. Ma ecco; solo dopo 24 ore dalla partenza, sì scopre un cuneo di ferro cen
ficcato nel cavo da mano nemica. E per
tre volte il malvagio che si appiattava sconoscinmio nel hastimento tenta così di far fallire Vimpresa. Por tre volte il
cavo si ripara, e l'ardua Inmersione con- tinua. Qualche giorno ancora e la vit- toria sorriderà finalmente alla costanza. Mu iniprovvisamente il cavo sj rompe è
sparisce fra i gorghi del mare immen- so. Per dieci giorni si tenta di ripescar lo. Invano! E il Lerialkan ritorna in In- ghilterra donde era partito, Che amarez- zal che sconforto! Tutto è perduto, dun- que? Non ancora. Resta, ragazzi Miei, un tesoro inapf.rezzabile, una forza misterio- sa, possente, inesauribile: la perseveran za. 1128 Inglio 1866 il LeriatRan ferma glo- riosamente il cavo in terra americana. Un mese più tardi anche il primo cavo è ri- pescato, E l'uno sccanio all'aliro, In fon- do all'Ucenno, queste due enormi braccia, corse da una rapida e invisibile corren- te, sì stendono come un legame d'amici- zia e di pace fra i due mondi, Quale alta e nobile vittoria umana!
M, Arcati.
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nel regno delle Chimere, ove i pueti ed i fanciulli
Regina con una figliuola as-
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Ga Roma Da |
errano spesso tenendusi
per mano, erano un Re ed una
sai giovane ed assai bella. Or avvenne che un cantore
ramingo, di quelli che vanno
di contrada in contrada e non dimorano 2 |
lungo in nessun luogo, agitati senza tre
gua da una lontana memoria o da una
lontana speranza, udì narrare del Re dalla
bella figliuola e venne di lungi a veder
la maraviglia. Giunse al tramonto, Entrò nel giardi-
no rotondo che cingeva la reggia come un
anello, e ri- stette mara»
viglinto in- nanzi allo spettacolo
ch? prima ce. Livagli 11 sie- pe. Per tutto il vasto re- cinîo non era- | no ch: gigli, quali appena in boccio, |
quali in pie- no fiore, an.
siosi della
« ... piantò in una commessura delle notte che
pi.tre il giglio luminoso.» scendeva a
versare nei loro calici la rugiada e nel
cuor degli uomini la pace.
Dimorava egli ancora stupito dalla su-
bita visione della candida flora, quando
vide apparire ad un piccolo marmoreo bal.
cone una fanciulla piena di bellezza che |
nel lincamento del volto e della persona
aveva un che di regale. Certo era la Re-
ginella di bellezza famosa. Ella stette an-
cora al balcone fin che l’ultimo raggio del
sole si spense ; poi si ritrasse senza scor-
gere colui che la mirava rapito.
Il cantore, come l'apparizione disparve, |
arrò a lungo per l'ombra del giardino, te- |
nendo sotto il braccio il fido liuto. Infi-
CORRIERE DEI PICCOLI
sero cadute dal cielo in pioggia
sui purissimi fiori. Infine si scosse, si le-
vò, guardò al balcone chiuso che bian-
cheggiava a pena nell'ombra folta, guardò
intorno ai minuscoli fochi: erano sciami
di lucciole, lucciole innumerevoli, che vo-
litavano accendendosi e spegnendosi al-
l'improvviso tra il candere dei gigli di-
schiusi, Allora egli raccolse nel cavo della mano
quanti potè di quei luminosi animali; li
guardò un istante, miseri piccoli vermi,
splendere nella sua palma che ne sentiva
il fremito, indi li lasciò cadere nell'ampio
calice di uno splendido giglio che supera-
va gli altri di tutto il fiore. Schiantò lo
stelo alla base, alzò con gesto solenne
la nuova lampada, si fermò in quell’atto
a contemplarla. Indi mosse verso il chiu-
so balcone che non molto era alto sul
giardino : reggendosi alle sporgenze del
« Altine il balcone si schiuse ed apparve la bella biancovestita, »
ne s'abbandonò tra i gigli e languidamen- | muro e alle rame delle piante arrampi-
te s'addormi, Quando si destò la notte era discesa.
Egli, supino, non vide che il cielo immenso
sul suo capo.
Luna non c'era,
stelle infinite palpitavano. Ma come volse in- torno a sè lo
sguardo, stupì : d'ogni lato infi- nite piccole luci sì movevano in
silenzio tra gli steli., Come il velo del sogno teneva ancora il suo Spirito, cre. dette sognare che le stelle fos- {a bella addormentata. »
canti giunse alla balnustrata, piantò in
una commessura delle pietre il giglio lu-
minoso. Poi discese, tolse di terra il liuto,
e con esso discretamente accompagnandosi
prese a cantare. Sperava egli che il suo
canto destasse la bella addormentata. Il fiore ergevasi solitario e rigido sul
bianco del marmo come sul piano d'un altare. Le lucciole a sciami ig accendendosi e spegnendosi all'improv-
viso. Alfine il balcone si schiuse ed apparve
la bella biancovestita, Come scorse il fiore luminoso, che stava innanzi a lei come una lampada innanzi ad un’ima- gine sacra, n'ebbe si dolce stupore che di- morò immota nella duplice givia del vedere e dell'udire. Ma îl cantore, assor- to dalla visione di lei, aveva interrotto il canto e la sua mano era rimasta immota
D [I 3 G V 2 | cRoc Boo |
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sulle corde ancor tremule del liuto.
La reginella, alla quale bat- teva il cuore, ascoltò l'eco del- l’interrotta meludia che si per- deva nell’aria, indi si ritrasse e chiuse.
Come l'alba venne, andò la Reginella al Re e gli disse: — Padre mio, ascoltate il sugno della
vostra figliuola. E narrò quanto aveva visto ed udito, Poi
soggiunse : 9h, quella melodia! non potrò mai
dimenticarla ! E* la più dolce ch'io abbia mai udito. Padre, fate ch'io la rioda... fate
che vengano d'ogni parte i cantori più esperti... se
alcuno tra di essi saprà far- mi riudire la musica che m'è nel core,
io sarò la sua
sposa, — E sia —
disse il Re, che nulla ne. gava alla fi- glia diletta. | > Fu bandita la | \y gara e d'ogni — parte vennero 4 — Padre mio, ast tate il acgno musici, e della vostra tigliuola. »
ognuno portava in sè la segreta speranza — e uno la segreta certezza — d'essere il prescelto. La prova ebbe luogo nella più vasta sala della reggia. Ciascuno dvi pre- tendenti avanzavasi, cantava In sun più
bolla canzone, poi ritraevasi guntando con ansia al volto tediato della figlia del Re.
Quasi tutti s'eran provati, e per nessuno ella s'era scossa. Venne avanti Vultimo. Era giovinetto e sottile. Lo guardava la
Reginella con una curiosità vaga pur non avendo speranza,
Mau com'@egli levò la voce toccando il liu to, ella sembrò trasalire : attenta divenne,
senza volere si protese, pervasa dall'onda della melodia a lei nota. i
Egli cantava a voce spiegata, senza guardarla. Alfine, come il canto si tacque, ella sorse con un giocondo grido tenden- do le braccia : il giovinetto venne ad in-
ginocchiarsi leggiadramente dinanzi a lei, ed ella lo carezzò sulla fronte.
Si sposarono €... furano @felici!
Giacomo Gigli.
NECA dx
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«... ed ella lo carezzò sulla fronte. »
pa inn _ i
= dita. sto did ian
1. Mimmo, Mar.mola e Medoro or s'accingono al lavoro.
PIA a
x a > % SSA dr A DPS" | as
. Lo zio Carlo è molto stanco. . Or lo legano ben stretto
Dolce cosa un letto bianco! Mimmo e Mammola sul letto,
in dai tempi più antichi, i fiori del giardino e gli or- taggi, si vedono di mal o0c- chio; e pensare. che sono condannati n vivere pressa
poco nelle stesse regioni è talora anche vicini... Ecco come nacque questa inimi.
5 cizia. Una volta, nell'ainola di un giardino,
vera un rosaio dì nna grande bellezza, — Io credo che il sole splenda proprio
per noi — disse uma mattiun di maggio la bella rosa rossu ad un ciuffo di ga- rofani suo vicino.
- Ne sono persuaso io pure — fu la risposta.
-- Credo anche che gli uccelli cantino soltanto per le nostre bellezze, e che am- mirino noi soli; le farfalle, pui, ci udo- rano.
—- (lie colori smaglinnti, che profumi abbianio noi! — soggiunse ln rosa, scuo- tendo dai petali una brillante goccia di
(OLI
rugiada. — Compiango ì nostri poveri vi- cini, gli ortaggi.
— Non NI invidio — esclamò il gelso- mino.
— Non ce ne curiamo — aggiunse ui
ridente popolo di verbene, purtutaclie e petunie. Una folata di vento ripetè il discorso
agli abitanti dell'orto. 1 fagiuoli ed i piselli che rigogliosi si nrrampicavano sui loro solidi sostegni, si scossero pieni di risentimento e di sdegno.
— A noi mancano. i bei colori? -, si udi mormorare, — E anche i profumi,
-
PICCOLI CORRIERE DEI
No, bimbi. Se nel sonno, all'improvviso, Eco vi giunge d'ignoto rumore, Non fate bianco di sgomento il viso, Non vi batta sì forte il picciol core.... Queti, piccini, è un trepido sospiro, Un sospir che s'attenna e poi si tace, D'anime umane che dimandan pace.
Pace! Cos'è? un tesoro favoloso, Imprigionato nel castel d'un Mago,
| Che. sol possa rapirgliclo un-famoso | Guerrier antico, cavalcante un drago ? | O un tesoro sepolta in fondo al mare ? O un ben per.luto in qualche astro lontano, | Che de mortali il cor lo speri invano ?
è LA fPPACE e
Nu, bimbi, bimbi! Forse Ell'è nascosa Là dove l’uomo non la cerca più; Ne' rai del sol, nel grembo d'una rosa, Fra miti affetti è picciole virtù. Forse un sottile odor di lui sprigiona Il ramoscel d'olivo benedetto r Che la nonna vappende a capo al letto.
Ma Ell'è, forse, ne' vostri occhi ridenti, Pieni di fresca e vivida bontà... l'anciulli! rame d'olivo viventi Sui foschi sogni dell'umanità. Noi la cerchiamo altrove... esta racchiusa Nella carezza delle vostre mani Ta pace che domandano gli umani.
Anita Ferraresi. =—__—_ ——=—= ===-==- e n —=———————————————————— =
forse eselamarono l'aglio, le cipolle e le erbe aromatiche,
ì — Chi brontola? Che succede? — chie- se nn girasole,
— Non senti gli insniti e gli oltraggi che ci lanciano i fiori Qi giardino? — fu la risposta.
— Ognuno ha i meriti suoi e le bel- lezza sue, non mette conto di prendere lu cosa tanto a cuore, puce! pace! — esor- tò il girasole. — Tuci, grate cooistu! — s'intese ré-
plicare — dovresti prendere le difese di tutti noi; non hai amor proprio, non lai coraggio, sei vile!
Il pranile egoista tacque; si contentò di rimanere tranquillo e sorridente a guardar il sole, godendone la luce ed il enlore: pensando in cuor suo che i fiori del giardino si sbagliassoro, avessero tor- to. Il sole splendeva per tutti indistinta- mente: lo adorava Imi il sole, il benelteo sule, ec riconoscente per il bene che ne ri- cevevao, lo seguiva nel suo cammino.
Ba disputa intanto contintava senipre più accanita.
— Noi siamo ricercati e ammirati sem- pre e ovunque; mani delicate ci dispon- gono in leggiadri mazzi e corone: dal giardino noi passiamo nei vasi dorati del- le ricche sale fra ninnoli preziosi.
— Voi amppagate In vista, l'odorato e nul. la più. A questo merito noi une aggiun- giamo un altro: siamo utili all'uomo.
-- Nessun animale immondo osa avvi- cinarel: le farfalle ci sfforano con deli- catezza, Je api ci sono riconoscenti per Valimento che offriamo loro, gli insetti ci sussurrano le loro lodi. Nessun bruco, nessuna lumaca, nessun lombrico ci av- vicina, nè ci dilania senza pietà, nè ci rode come fa di voi, poveri infelici! — Siete vani! — Siete abbicttil! — Io sto per gli ortaggi — dichiarò la
vecchia tartaruga, che da molti anni si aggirava ne;ll'orto, menandovi una vita tranquilla e pacifica.
— To pure — assenti in bruco nascosto ira le foglie di um grasso cavolo.
— lo no davvero! — disse sprezzante una balla farfalla di passaggio sull’orto
— Ricorda il tno passato — l'ammoniì il broco, — Fosti tn pure un bruco, fo- St protetta e nutrita tu pure da cotoste foglie, vanerella.
La bianca farfalla volò nel giardino vi cino @ si pose sul fiori più belli che l’accolsero con grande gioia.
ll vento quella mattina ebbe un gran da fare per riferiro i discorsi reciproci dei nemici. Stanco e seccato finalmente del suo compito, segui il consiglio del gi- rasole e se ne ando lontano.
Poco per volta, la disputa si calmò, entro nell'animo dei litiganti la convin- zione che ognuno abbina i meriti suoi, le bellezze proprie e che la cosa più saggin Sia quella di non dare importanza alle critiche altrui.
Cari bambini, la guerra è finita, ma ton esistono necordo ed amicizia fra gli ortaggi ed i fiori del giardino, benchè so- venti sì trovino vicini e vivano in appu- rente perfetta armonia. L'antagonismo @
spiccato fra i reciproci coltivatori; i giar- dinieri moderni si considerano superio ri agli ortolani. Domandate ad uno det primi quali piunte semini e curi; con un sorriso di compiacenza, con una specie di orgoglio vi enumererà unu sequela di nomi latini da sbalordire e intimorire un povero studente ginuasiale, ed i nu- mi mirabolanti non corrispondono che ai fiori comuni che tutti noi conosciamo. Interrogate un ortolano e vi dirà sempli- comente che egli coltiva rape, carote, ci- polle, ece. Punto erudizione latina.
Cc. Gi. Chi di essi ln ragione?
I —_ —— _-««—_. ———
La
ER @| A PINA |@ e
iS
(Contmuazione è fine, vedi N. ro, bag. 11-12)
CAPITOLO XX
Pove si racconta una pericolosa avventura.
Apina si mise a piangere, Le sue lagri. me scorrevano sulla guancia di Giorgio ed erano lagrime di felicità: essa vi mi- schiava degli scoppi di risa e mille gra- ziose parole che non avevano senso, st mili a quelle che balbettano i bambini. Non pensava che lo spettacolo della sua felicità rattristare il cuore di re Lucci.
— Mia diletta le disse Giergio — ti ritrovo come ti desideravo : la
Seguito).
potesse
più bella c la migliore d Ile creature. "Tu mi vuoi hene! Grazie al cielo, tu mi vuoi be- ne. Ma Apina, non vuoi tu be- ne anche un poco a re Locco
che m'ha tratto fuori dalla prigione di vetro dove le On- dine mi tenevano lungi da te?
Apina si valse verso re Locco :
— Piccolo re Locca, tu hai fatto ciò esclamò — tu mi volevi bene co tu hai liberato colui che io amavo e che mi
Uumiva... Essa non potò aggiungere al-
tro ec cadde in ginvechio, con la testa fra le mani.
Tutti i piccoli uomini, te- stimoni di questa scena, spar- gevano lagrime sulle loro ba- lestre. Solo re Loceco rimane va in atteggiamento tranqui'- lo. Apina, scoprendo in lui
tanta gramdezza e bontà, sen- tiva per lui l'affetto d'una fi-
glia per il padre. Prese la ma- no dell'innamorato e disse: — Giorgio, ti vaglio hene;
Giorgio, Dio sa quanto ti vo- flio bene. Ma come lascine il
piccolo re Locco? — Nito là! voi siete entram-
bi mici prigionieri — esclamò re Locco con voce terribile.
Aveva ingrossato Tu voce per divertimento e pero fare uno scherzo, Ma in realtà non era adirato. Francore gli si avvi- cinò, mettendo un ginocchio in terra.
Sire — gli disse — che piaccia a Vo- stra Maestà di farmi dividere la prigionia dei padroni che io servo.
Apina, riconoscendolo, gli disse: — Sei te, mio tnon Francare? came
son contenta di rivederti. Hai un pen- nacchio molto brutto. Dimmi, hui fatto altre canzoni?
abito d'imperatore, andò presto a rag- giungerli, come aveva promesso. Era se- Buito dai suoi ufficiali con armi e pellic- ce di selvaggia magnificenza ed elmi sui quili s'agitivano delle ali di cigno. I Na- ni, accorsi in folla, entravano per le fine- stre, gli spiragli e i cunini e s'insinuavie no sotto le panche.
Re Locco salì su una tavola di pietra, su un'estremità della quale cerano dispo sti nappi, caraffe, doppieri d'oro fino, d'un lavoro meraviglioso, Fece cenno ad Apina e Giorgio di avvicinarsi e disse :
| — Apina, una legge della nazione dei | Nani, vuole che una straniera, ospitata | nelle nostre dimore, sia, dopu sette anni,
libera. Tu hai passato sette anni fra noi, Apina, e sarei un cattivo cittadino e un re colpevole se ti ritenessi più oltre. Ma prima. di lasciarti andare, voglio, non vendo potuto sposarti, fdanzarti io stes- so a colui che ti sei scelto, Lo faccio con ginia, perchè io ti amo più di me stesso e perchè la min tristezza, se me ne rimane, è come una piccola ombra che la tun fel'cità fa svanire. Apina dei Cla- ridi, principessa dei Nani, dammi la tua mano; @ tu, Giorgio di Biancalanda, dammi la tut
Messa In mano di Giorgio in quela di Apinin re Locco si rivolse al popolo è disse con voce forte;
ltornimo insieme €
Piccoli uomini, figli miei, voi sicie testimoni che i due che san qui si obbli- gino di sposarsi sulla serra. Che vi ri
che vi facciano insieme | fiorire il coraggio, la modestia e la fedil-
«— Picculi nomini, figli miei, vol siete testimoni che i due c'è son qui si obbligano ci sposarsi sulla terra ».
TI ti, come i buoni giardinieri fanno viare le garofani e i priparveri,
N queste parole i Nani cacciarono alte grida, e nun snpendo se dovessero pian- gere o ridere, erano agitati da sentimenti contrari. Re Locco si voise di nuovo ai fidanzati e mostrando loro le caraffe, le coppe, tutti i bei gioielli :
Ecco — disse i doni dei Nani.
Prendili, Apina, ti ricorderanno i oi piccoli amici: è la luro offerta e non la min Saprai fra poco ciò che voglio do- narti.
Pust,
Vi fu un lungo silenzio, Re Locco con- temiplò con una magnifica espressione di
tenerezza Apina, che chinava la bella testa raggiante, coro. nata di rose, sulla spalla del fidanzato.
Poi riprese così: — Figli miei, non basta
umarsi molto; bisogna amarsi bene. Un grande amore è buo. no senza dubbio; un bello amo-
re è migliore. Che il vostro sia dulce e forte; che non gli man chi nulla, neanche l'indulgen- zia, e che vi si mischi un poco di pietà. Voi siete giovani, bel- lie buoni; ma voi siete uomi» ni, €, per tons.guinza, soggetti a molte miserie. Perciò, se non entra delli pietà nei sentimenti che voi provate l'uno per lat- tro, quei sentintenti non saran- no appropriati a tutte le circo- sbinze della vostra vita coni ne; saranno come gli abiti da
che non difendono dal vento e dalla pioggia. Non si amano con sicurezza che quelli che si amiamo fin nelle loro de- Lolezze e nelle loro miserie, Ri- sparmiare, perdonare, conso- lare, coco tutta la scienza del- l'amore.
Re Locco si interruppe, in- vaso da una commozione for- te e dolce. Poi ripruse :
Mentre egli parlava, Pico, Tado, Digo, Bobo, ‘Trucco e
Pao sospesi al manto bian- co d'Apina, coprivano di baci le brac- cia nude e le mani della giovinetta, sup- plicandola di non abbandonarti. Allora re Locco trasse didia cintola un anello con una gemmni che irradisva fasci di luce. Era Panello magico che aveva aperto ln prigione delle Ondine. Lo infilò al dito di Apina, dicendo :
Apina, ricevi da me questo anello che vi permetterà d'entrare ad ogni ora, a fe ea tuo marito, nel regno dei Nani. Vi sarete ricevuti con gioia e aiutati in tutte le maniere. Insegnate, in compenso, ai ligli che avrete, a non disprezzare i piccoli uomini innocenti e laboriosi che vivono sotterra.
FINE,
Anatole France.
- "de ra =
- eta
= OMOBONO E
E
Omobono il secondo, il primo Cattiveria Eran fratelli nati nella stessa miseria: Il babbo era pastore, la mamma cra assai vecchia E tutto il dì filava nella sua catapecchia ; Filava sino a notte la lana bianca e nera Che davano le greggi tosate a primavera. Fin che fu vivo il padre le cose andaron bene: Di bianco fior di latte eran le secchie piene, Cresceva in alte pile il cacio pecorino Che il babbo poi vendeva al mercato vicino. Non c’era da scialare; non dico questo, ma....
Vivean meglio di tanti che scialano in città.
Ma il babbo s'ammalò d'una puntura al petto Presa una notte, fuori, e morì, poveretto | Restarono le greggi, restò la mamma vecchia, I due ragazzi, Fido, la rozza catapecchia,
Per lunghe e lunghe sere? la vecchia lasciò il fuso, S'udian lunghi singhiozzi, e le pecore il muso Tenevan chino a terra, tutte smarrite in cuore Per non veder più l'ombra cara del lor signore. Fido uggiolava in casa come un'anima in pianto E facea strane gite attorno al camposanto... Non c'era più di babbo che la memoria buona, I panni di frustagno, senza la sua persona.
Passati alcuni giorni, il fratello minore Si rasciugò le lacrime, (ma gli piangeva il cuorc); Mamma riprese il fuso, (lo prillava pian piano; E pensando al suo uomo le tremava la mano). Ma il grande che rimasto era sempre in un canto Tutto incupito in faccia, con gli occhi senza pianto, Mentre Omobono stava per uscir con il gregge In piedi s’alzò, il tristo, e volle dettar legge: — Ora che il babbo è morto, il padrone sono io, Tutto quello che è in casa, pecore, roba è mio! Pur vi lascio due pecore, di più la catapecchia A te perchè sei piccolo, a mamma perchè è vecchia.
CATTIVERIA 4=
II.
La mamma ed Omobono si cercaron con l'occhio, Ad essa cadde il fuso, a lui tremò il ginocchio! Sentir quelle parole fu peggio che morire, Ma non dissero nulla: lo lasciaron partire, Egli lasciò nel chiuso due pecore soltanto Due pecorelle nere, accucciate in un canto; E tutte l'altre ormai cerano già lontane Quand'egli tornò addietro, chè voleva anche il cane! E lo cerca per tutto, lo chiama, lo minaccia, Ma Fido s'è nascosto, non se ne trova traccia. Solo quand’egli è fuori, lontan lontan lontano, Jl cane sporge il muso di sotto un canterano.
l’assò lento l'inverno, coi ghiacci e con le nevi, Con le nottate lunghe, e le giornate brevi. Dinanzi alla fiammata si raccogliean la sera La mamma ed Omobono, e, iuori, la bufera Rauca strideva; i due si chiedevano spesso; « Dove sarà a quest'ora?» «Che gli sarà successo?» Gli volean sempre bene! Lo seguian coi pensieri Del mondo così vasto pei lontani sentieri... Una sera Omobono mettendo al fucco il bricco Del latte, disse: « Io credo sia diventato ricco, Avrà una casa grande, avrà una bella sposi Avrà di che mangiare, di che vivere, a iosa... »
E invece Cattiveria ritornò su una notte Con quattro cenci addosso e con le scarpe rotte; .E s'era fatto magro, e in viso giallo, brutto! Domandò: « Mi volete? Ho scialacquato tutto, Le vostre belle pecore ho giocate e vendute; Non mi resta più nulla: nemmeno la salute!» Ripetè: « Mi volete ? ». Allora, mamma in pianto, « Se ti si vuole, figlio! Perchè hai tardato tanto?
Ti si è pensato sempre, mentre ch'eri lontano Ti si è atteso ogni sera, tutto l’inverno, invano! »
Ed Omobono disse: « Entra, fratello mio: Quello che è stato, è stato. Ora viviamo in Dio »,
Luigi Ambrosini.
LORRIERE DEI PICCOLI xe
« LA PALESTRA DEI LETTORI »
—— =" AVVERTENZE : === ==== == I paragrafi della ‘ Palestra, debbono essere indirizzati: “ Palestra, Casella Postale 913, Milano. ,, |
| 1 lavori stampati in questa rubrica sono compensati agli autori con una cartolina vaglia di lire 5. (Scrivere chiaro il nome | &l'indirizzo con tutte le indicazioni necessarie per il recapito della cartolina vaglia del compenso). '
Non si accettauo che i lavori scritti su cartolina postale, cartoncino delle stesse dimensioni o biglietto postale. | Le cartoline debbono essere usate da una sola parte e firmate sotto lo scritto. Se in una cartolina sì mandano più lavori, |
i la firma è l'indirizzo debbono essere ripetuti solto ciascun lavoro. :
| Lo cartoline, d'ora in avanti, per una maggiore sicurezza di recapito e di distribuzione, debbono | portare questo indirizzo; ‘‘ Palestra dei lettorì ,, Casella Postalo 918, Milano. | (I ne re ==" === Pr —@—x£—_—m—E€<EA\O = SI
traccate al picciuolo di una pera un filo | fili al lembo superiore del ventaglio, con a lesina infissa nella fronte. e legatelo al soffitto. Scommetteie con | un po' di cera, ed all'altro capo legate una La lesina si compone di un manico
un amico di bruciare il filo e mandare la | farfalla di carta velina. Posate la vostra | vuoto e di un filo di ottone ben diritto pera a tagliarsi sulla lama di un coltello | farfalla sulla mano, e prendete il venta. | nella sua parte estrema, ma girato a spi- che sarà preparato sotto,. In precedenza, | glio coll'altra, agitatelo pian piano. La | rale nella parte nascosta dentroge tico:
ontro l: quando ln pera sarà ben ferma, bagnatela | farfalla comincerà a muovere le ali; agi- Quando la punta è appoggia e dove cadrà la goccia d'acqua fate un | tate più forte, e pren- segno colla matita e lì mettete il coltello. | derà il volo; cessate,
a poco a poco, di agi Ss magro e grasso; a niun so far del male tare il ventaglio, ela Mi e 7
chè nel mia corpo non ho un osso al mondo; farfalla sì poserà sul. a Î anzi i mici fidi amici insino al fonilo l'atgett DE : - RT, et | invito a bere di bnon vin le fiale. | Ooggel o. che trova CA Un assassino col coltel m'assale VICINO. vw speso c non fiato; c beneh'io sia, secondo Cun un po' d’eser- che dir si vuole, grande, grosso e tondo cizio, riuscirete a diri- niun nebbe a giudicar mai senza sale. gerla benissimo, e a
Traggo da gigli c rose il mio colore, tirla posare secondo se togli il nereggiar di qualche neo, li vostra volantà- su e vesto bruno il manto come i frati. a deri In ceppi avviato al par d'un malfattore un mazzo di fiori, od nel viver corto che il destin mi fco una tavola, o qua- son trattato alla par degli impiccati! (1) unque altro Oggetto,
olete vedere un pesciolino che nuota da solo nell'acqua? Ecco, Prendete una
matita, e disegnate un pesciolino in un foglio di carta; ciò fatto, frastagliatelo, €, proprio alla punta della coda attacen- fe con della ceralicca un po’ di canfora, Il pesciolino deve essere lungo tre centi- metri circa, e il pezzetto di canfora deve essere grosso quanto un granellino di mi-
Volete ammaestrare per. benino un"
chetta di celluloide ? Si prende una ca-
lamita abbastanza po- tente, li si avvolge completamente in una mollica di pane
ilo, Ciò fatto, posate leggermente il pe fresco, lasciando fuo. CINEMATOGRAFO: SEMPLIFICATO Soli AOSTA ne P da Il 86 Star P* | ri un tantino della Da un foglio di grosso cartoncino bristol si ottiene un disco del diametro di circa sciolino in una catinella tE9DA a nd punta calamitata. Poi 10 centimetri e alla periferia si disegnano 11 fasi dell'azione di un cavallo che sat; lo vedrete correre nell'acqua velocemente. si prende una picco- più sotto ed equidistanti si incidono 12 fessure larghe 1 millimetro e nella parte cene
la ochetta di cellu- trale si tagliano 6 alette che si ripiegano in basso come per fare un piccolo ventilatore. loide, c le sì trafora AI tutto si fa un perno con uno spillo assicurato con ceralacca e si infila lo spillo in
la tasti con'ino chio: 2 Seni SR lara: SRI È Il cinematografo è fatto. Per usarlo ci si mette di faccia ad uno specchio c si dinv di ferro, in MO- guarda attraverso le fessure l'immagine riflessa del cavalli solliando verso il cen'ro do che lu punta di per mettere in movimento il disco. Si vedranno i cavalliui saltare lo fessure come questo esca un Lin- fossero ostacoli. L'apparecchio riesce assai meglio largo I5 centime'r?, coa 23 figure, tino dal becco dell'o- 24 fessure e 12 alette. Si possono variare i soggetti all'infinito.
chetta. Fatela ve- dere agli spettatori e dite loro che non si | fronte, In pressione la fa rientrare nell'in- tratta di un'ochetta viva e fate vedere | terno del manico. Gili spettatori che non che non è attaccata a nessun filo; pone- | conoscono questo meccanismo, si imma- tela vin un bacino abbastanza grande ripie- | ginano che la lesina sia entrata nella fronte. no d'acqua, poi mettete la mollica di pane | Quando poi si cessa di spingerlo, si fa fin. a poca «listanza dal chiodino che esce dal | ta di ritirarlo a poco a poco ed n ciù si becco dell'ochetta e vedrete che questa si | riesce con piena illusione degli astanti, muoverà sull'acqua per addentare la mol- | perchè l'elasticità della spirale di ottone lica. E’ un bellissimo e riuscitissimo giuo. | si presta perfettamente al giuoco, facendo co di società. riprendere alla tesina la sua posizione al
PA di fuori. l’er quanto semplice sia il giuo-
a mamma: — Dove hai la cartolina e non manca mai di produrre una certa pressione.
che ui ho mandato a comperare?
La mamma, entrando: — Ma cosa fai, Nino, con la pipa PRO SE Po Laagrer AI cimitero, una bimba dopo aver letto e il berretto del nonno? ù i in cento lapide: ottimo padre; buona
Nino (che crede di poter far ciò che fanno gli adult); madre ; eocellente sposa ; buon figlio; buon
ida end eg Lie estuale, di una cara bimbetta che co- | Marito; buon cittadino, ecc., si volta alla nosco. La mamma, che la porta in | Madre sua: sn q £
ì piacerebbe avere delle farfalle am- | collo per una salita, non può a meno di | — Mamma, i cattivi dove li soppelli- maestrate? Sì? Ebbene, con un po' di | ansimare e finisce col dirle : scono?
pazienza potrete averle. Procuratevi un — Lenuccia, ora ti metto giù, che mi 1 ventaglio piuttosto grande, e uno o due | fai softiare. FJ conosco una cosa larga un pivce e fili di seta finissima, lunghi circa sessanta — Non soffiare, mammina, poltami an_ lunga un piede che non è un quadrato. centimetri. Fisserete un capo dei vostri | cola, foffielò io pel te... uff... uff... Che cos'è? (2). { 9
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l CONCORDIA” «| SOCIETÀ MUTUA ITALIANA DI ASSICURAZIONI POPOLARI
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| Ogni buon padre affezionato alla famigliola, ogni mamma tenera per i bimbi, ogni tutore che voglia K; I dare prova d'afletto per i pupilli provvede sempre, nel limite dei suoi mezzi :
alla costituzione della dote per le bambine allorquando raggiungeranno l'età da marito; | alla formazione di nn canitale anche modesto perchè i yadazoria diventando uomini ed affrontando | | le battaglie della vita, trovino alquanto appianata Ja via, che va facendosi ogni giorno sempre più scabrosa per |
le crescenti diflicoltà d'ogni natura. %
Le grandi Compagnie anonime d'assicurazione della vita, benemerite dell'umanità per avere da molti anni patrocinata la previdenza assicurativa, hanno provveduto e provvedono alle classi ricche cd agiate,
| Le Associazioni mutuo, e particolarmente le Secietà aventi vero carattere popolare cd esclusiva» | mente popolare, provvedono alle classi di media e di modesta fortuna.
La +“ (CONCORDIA " è Sovietà mutua, italiana e tratta esclusivamente le forme popolari : cessa pertanto si raccomanda sopra tutte all'attenzione del pubblico. |
La * CONCORDIA ? emette polizze d'assicurazione sulla vita: i i in caso di morte, miste e dotali fino a L. 5000; È con pagamento dei premi esclusivamente a rate mensili in forma popolare, da una lira mensile in più ; È senza visita medica. |
{ CONDIZIONI DI POLIZZA SEMPLICI E LIBERALISSIME, 1)
Ì crespi Comm. Dott. Silvio, Si ra = x s -” nd ce Presidente i | Messa Ing. Emilio sa de si di Direttore î Piazza Prof. Dott, Saul, Pi m" Matem atica finanziaria alli uiversità Temm. Bocconi .. Consulente tecnico
senza contrarre alcun impegno, per informazioni, schi a- j|Serivore, rimenti e preventivi alla Direzione della Società i» Milano, via Carlo Alberto, 2
LE GURE DI SALSOMAGGIORE 5... RICORDARSI SPECIFICARE
“ACQUE NATURALI MAGNAGHI per non confonderle con acque, pure di Salso, che sono in commercio
Nel richiedere
sotto altri nomi, le quali però son depauperate del cloruro di sodio. nn iii DR i iano co Sl le
Bagni, Inalazioni, Irrigazioni, Fanghi,
s bomicuo /z2/ezioni Apeder miche. tin
ESCLUSIVI:
D. MAGINAGHI x C. Corso Venezia, 78 mm MILANO m 73, Corso Venezia,
CORRIERE DEI PICCOLI
CORRISPONDENZA upete? oggi ho un aiutante di campo per far lo spoglio della « Cornispondenza!... » E vi assi- curo che ce n'era bisogno... Que. sto niutante è un mio niputino vero, che ha otto anni, (ma è Kià in ginnasio però) ed è ve-
nuto a passare le vacanze di carnevale con me... Si chiama... 0h! ha tanti nomi e nomini: si chiama Enrichetto dal ciuf- fo, 0 anche Chicchi o anche Chiecherotto. lo e perfino la Mimma lo chiama « Chie- Ghiriccehì » (guai però a chiamarlo così!) Dunque, Chicchi che già da quando è uscito il Corriere dei Piccoli si era tin Po ingelosito è ogni giorno mi voleva seri. vere anche lui una lettera, a gran dispo- razione della sua mamma, e mi tormen- tavn perchè lo facessi accettare alla « Pa lestra » (mentre gliel'ho detto mille volte che con la « Palestra » io non c'entro!) arlesso, dopo che è qui e dopo ch'io l'ho eletto mio segretario, si è tutto rabbonito ed entusiasmato: apre, legge le lettere, e giudica e manda anche ini come un Minosse! — Oh, zia Mariù, qui c'è uno lettera carina! Qui ce nè una buffa! A questa devi rispondere per davvero. Que- SLUaltra te la raccomando!... Ma.cì son due lettere che hanno ad-
diritinura più che incantato! sobillato il mio zoofilo nipotino. Una è di Maria Glotilde Mola (via Brera, 15, Milano), che Ita, figuratevi!, un « cagnolino piccolo fifteculo, torido tondo, con. nna lingnetia rossa e la tiene sempre fnori da nna parte perchè gli è cresciuta troppo e non gli entra più in bocca. Si chiama Pippot- tino, è molto bene educato e sta ritto sul le zampine di dietro, c se gli si dice uni certi pocsia, alla fine In un salto e nc chiappa al volo uno zuccherino... Quan do ul mio fratellino vuol fermare il suo inenà che corre, chiama Pippettino e gli dice « ferma! a; allora il cagnolino si met- to davanti al treno e lo ferma, »
L'altra lettera è di Anna Maria Gam: Mato (Livorno) che ha tante bambole e poi un cune danese grande come un ca-
vallino, che si chiama Joob, e un car- dellino che si chiama Lilli, e ha du ERtine e ha un gatto che si chiama Mu- setto ec ha (8 una cosa terribile per la zia. Mariù!) un cavallino vivo, vero!
Chicchi è rimasto abbagitato dall'idea di questa piccola arca di Noè: — E lo... io... ehe non ho niente! Né un cavallo vivo, nè un Pir.pettino, nep pnre nu. gallina E allurgava xià tl suo bronciarello. — Ma sai Chiechi — allora gli ho detto
— Che tu è tutti gli altri bambini pu tete esser padroni e unici lo stesso «delle più belle c care bestinoline del mundo, Voi dovete diventar i protettori e gli ami ci degli uccelli Mberi, dele rondini « der passerotti, «he fenno 1] joro nido mn tet- ti e sugli alberi intorno alle case - d'e- sinte dovete vigilare che nessuno idisturii e ‘distrugga "e covate, è d'inverno, cli è tempo di caresuu per gh uccelli, do vete provvedere al toro vettovagliamento cAllora Chicchi si è rasserenato.e per da merenda Si è fatto dare unn. doppia ra
zione di biscotti: una per sè e una per i suoi « mecellini dell'aria a.
Invece Chicchi è rimasto niolto sde- gmato, rosso rosso come unu Chicechiriehi ern diventato contro quei bambini come Pietrino Tofani (Prato) e Ferdinando Montagna (Corso Vittorio Emanuele, 114, Parma), e Maria Ruffoni (Canton Ticino) e Alfredo Bontempi (Lanciano) e » Un'ab bonata » i quali pretendono che la zii Mariù sia un uomo. Ma io ho, altre il mio Clicclierottolo, tutta una schiera di di- fensori naturali contro «questa insinna- zione offensiva. Sono i bambini semplici e buoni, sono le ragazzine grandi che han risposto con tanto ingenuo e caro ab bandono alla mia chiamata e mi han detto tante dolci cose come solo si di- cono ad nna donna. Edelweiss e Claru Annn (Bologna) e Nina Stiekel e Hilda Positano (Roma) e Rianea Meregali (Pinz- za Castello, 3, Milano) e Carlina Baroni e Clelin Ciocca (Milano) e Gisella Zuc- caro (£. Giacomo, Bergamo) e la mamma di Gonzaga e voi gentili Magori, voi ave- te intuito sì, come io sono @ che non mi infingo7 perchè anche solamente letiera- rin la finzione mi è odiosa!.. E i piccolit Oh 1 piecoli!... ho il tavolo coperto dalle loro Jetterone, e non li posso nominar
îuiti e dir iutite le espressioni così affet tuose con cui vogliono signiflcarmi il lu ro affetto, C'è una piccola Nany Ronzi «via Spontini, 6, Milano) che ha sette anni e mi scrive: a Tn non sei vecchia, io non lo credo: io ti. voglio tanto bene e vorrei che tu fossi la mia mamma per averti sempre vicina e baciarti tante volte, »
— Questa sì che ha indovinato! — dive Chiechi — e le devi rispondere innti baci anche per me. E di anche di quelli, zia Mariti, che ti scrivono e hm cinque o sei anni, e si vede che fatica fanno per seri. vere, che 1 bambini non la voglion mai fare la fatica, ec se non ti volessero molto bene non ti scriverebbero, E di' anche di quello che tha promesso se tu vai a casa sua di « farti mazzare una tacchina G mangiare, ma poi volo venire a rasa tua ». (Nicosia d'Aîri). — Digli che venga, zia Mariù — dic:
Chicchi, il quale considera la mia casa co- me la sua.
E iu, piccola Mene, sar che il Chicchi invita anche te a venire? dice che ti farà vedere la sua corazzata ammiraglia che va nella vasca da bagno, alla caccia dei pescicani (ti dico in un orecchio, sai Mene, che son turaccioli vecchi) e ammaz- zerà lui, colla sua pistola a cento colp:, quel brutto fantoccio sgangherato ché tu vuoi far mangiare dalle bestie feroci. Te e tutti gli altri dovete venire n trovar. inì, ma non al Corriere dei Piccoli che è il mio, come dire? il mio ufficio, dove bisogna lavorare; ma n casa mia. Core si fa? io VYho saputo trovare Ualtra volta il tabarro del diavolo zoppo... bisogna «he lo troviate anche voi.....
n dimenticarti, zia Mariù, quella pie- cola Linuccia — dice Chicchi che è uno
zelante. proteltore, dei picsoli, ma soprat. tutto delle bambine, Ì
—2%v°%
15,
Dunque la Linuccia Degiorgi (Milano) è stufa stufa di esser la più piccola di quattro sorelle, che tutte le comandano;: e non la lasciano stare in cucina, perchè dicono che quello non è il suo posto; e! non la lasciano andare al pianoforte per- chè è appena accordato; e Valtro giorno discutevano di bambole « e io che son pratica perchè gioco molto, dice la Linuce- cin, ho voluto parlare e salta su una dicendomi di tacere perchè io sen pico- cola... Oh, metti qualche sgridatina sul giornalino per le mié sorelle. » Sicuro che la metto, capite, sorelle gran-
di della Linucecia, e in materia di bam- bole, credo ch'essa sia pratied come voi...
Ma, s'intende, fuori del campo « bam. Lole » non capiterebbe qualche volta che la Linuccia avesse anche lei le sue pec- che? Percliè le sorelle grandi hanno qual- che volta tante cose serie dna fare, e compiti e lezioni e lavori, e le sorelle piccule son li ogni momento: « Mi righi la mia carta? mi temperi la matita? ami inburri } pane per la merenda ? » E allora im po’, un po’, si seccano, le su-
relle graniti, anche come la Maria Maggi (Milano, via Petrarca, 3) a cui piacciono tanio i hambini e lo dice così hene, è pure qualche volta confessa che le fan perdere In pazienza! Non potete imma. ginare che benedizione è la vita in una gran famiglia fitta di fratelli grandi e piecoli come quei Richard di Vallemosso che son sei (Mimi, Mario, Ugo, Enzo, Ser-. gio, Franco), e quei von Vunster di Se- riate (Bergamo) che son sette fra fratelli @- sorelle!... cd Emmanuelina Badano di
Finalmarina, ehe ha... dieci fratelli!.. Cer? to capita qualche volta. un bisticeio (e magari va... in pezzi Il Corriere dei Pic- coli) ma poi quanta gioin in cambio! Ve- do le vostre tavolate piene ii sussirrro, di risato, di discussioni; è i-grandi giuochi il giovedì. Non c'è bisogno di altri com- pagni per far ai soldati, alla commedia, alle bambole; e le sorelie maggiori niu- tano le più piccale, e le più npieente trat- tano le maggiori da manmunette; e intta la casa per tanti anni è fiorita di giovinez- za! La zia Mari è grande parmigiana del- le famiglie di 12 figliuoli!...
Così anche se i suoi nipotini Si motti Plicano così tremendamente come questa settimana fe l'ho passata tutta n spogliar le vostre lettere dello « sendo ») non si spaventa e vi vuol bene lo stesso,
Zia Mariù.
PICCOLA POSTA. Vinconzo Battaylini (Marina di Campo Elba),
Lina Rondi (Verona), Federico e Maria Fu. raretti (Villafranca Padovana), Lagfita Verguni (Roma), Floru Gurpiullo ‘Roma, Via WPnrifiea-
Bianca Meregali (Piazza Castello, 23, Milano), Mario Turrini (Palermo), Ebe Mar- zan (Alassio), e a moltissimi altri, grazio virissimo per le care gentili buono letterine. Ma non afenditevi se von posso serivere il nome di tutti, perchè... lo srazio menca, Cosarina Curti (Umbria, Narni: Ainalia Ril
li di Landorno (Breccia, “ Faustino, 56), iniontemon è che studentessa), Vinreazo Politi, futaro Giotto (Roma), Alberio liermoni (Vero. na, Corso Cavour, 31), Merio Lisdoro (Torino). Tmini Carrara (Brescia) Anno Maria Finzi (Brescia), Arnaldo Ronchi (Viale Valta, 2, Mi lano). Pounino Indelicato (Givgenti). e a mol. tissimi altri, mrazio per i bellissimi ritratti, 1} giornale non li può più pubblicare, ma la zii Marit li riterrà ecme graditissimo ricordo.
lawilacoli Marchionni (Firenze). Grazie vi vissime e nuguri di gnarira presto
Francesco Aria (Catamin). Nen è min facoltà (li accertare gli ATTIBOlI, gione ho giù detto.
Renato (iuttuzzi (Via Ponte alle Mosso, Fi renze). La Palestra è un'altra « parrocchia ». Ho trasmesso i tuoi desiderata alla Direzione. Mamme, Ho fatto tutto quel che ho potuto.
Spera che regni cat E R. d. yu. Ho tresmesso alla Direzione Moria Cadaszi (Milano), Brea Marcaoa (Pio
“nodi Sorrepto)» Una. lan na per « Corriîspon cda ‘0 po ptt o rai
zione),
— oa ei (Ri
ì. Presso ai pesci della vasca 2. Or la fata in sogno appare la Gigetta in sonno casca. e la vuol condur nel mare,
93. giù nel mar profondo, dove 4. Le carrozze son conchiglie hanno i pescì fogge nuove. e Gigetta tien le briglie.
S. Sa Gigetta quanto costa pestar sopra un'ara
a
ITA X . À CI)
ù ba ì. O SI A /
Sl BI ARDI DÈ II 7. La sua mano, ciel, chi salva
dall'orribile bivalva? 8. Si risveglia la Gigetta
con la man nel libro stretta.
ira L'ah
porsi int è - —
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" * CORRIERE DEI PICCOLI PO
= a CO D È Tn fi 7 Vi 7
n e A
N° prati”son, ne' pascoli ridenti, Lal
ma invanomi cerchi tra V'erbene è I fiori; nei iampi son che guizzano ropenti,
ma non nei loro vividi bagliori.
l
È N impi di battaglia ho semp:c uu posto, Ta in armi no: non son di guerre amico! 2% Die sia vero il mio dir non creili tosto ?... Eppur falso nou è quanto ti dico: (5) al
Ri accontavo l'altra sera in casa, di aver Ù IL MASSIMO COMUN DIVISORE.
visto a teatro un numero veramente
emozionante, costituito da dicci tigri dd Bengaln presentate in libertà.
Gigetto, che sta facendo le aste, alza il capo c nu domanda : | (— Papà, le tigri del Bengala fanno il ifumo rosso o verde?
I! m@estro raccomanda e grida agli :co-
lari che non copino i componimenti da libri. Ma Mario, un birichino come ve
ne sono pochi, dice : — Ma scusi, signor maestro, lei quando
ci dà i temj di componimento li copia da
im Tibro e noi invece coplamo lo” svolgi.
‘mesto. Dunque, non c'è poi tanta diffe.
cco qui un cappello a cilindro e preci- }.renza. i
“samente quello che adopera il vostro “==
wà nelle grandi occasioni, A chiunque do
facciate vedere,
Indovinello (1) a pag. 13: Il salame
Iugovinello (è)a pag. 13: La suola della scarpa. Problema (3) a pag. 2 della copertina ;
sembrerà che sia ai
‘più alto»che-largo, 5_Iudrt
non sulo, ma che 2 «Mps r2 ot
la differenza sin abbastanza nNate- vole,
Niente di più er- rato, invece. l’rowva- te a misurare 0 col
‘compasso 0 con una riga millimetrata la ‘massima altezza AB e la massima lar- | di febbraio: > 7 ghezza CI) e troverete, con stupore, che Andreina Ferrari. Milano — A. Taddio, Mi-
è nale gus DR VO lano — Mario Gazzini, Fossano Cappngi Al. {quella è qualche cosa più piccola, fredo, Firenze — IRellato De Nunno, Firenzo
Si sommi e si otterrà rostutte te volte. Indovinello (4) a pag. » della copertina: Gatto nero — organetto.
Iudoviuello (5) în questa pagina: La lettera /.
l i
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3
Caviglin Ernesto, Cuneo — Hla Marelli, Va rona Giulia Volanti, Aleazandrit a. l'uc-
Avv. Inti Costamante, Palermo Allborto Sileoui. Corueto Tarquinia — Kaloarit, Nodino, Cgrosro — Ferruccio Moro, Fisrnze AlLortini
#'itorlotfo, Vavallo — Giulia Scalabrini, Verona de Fivira Terzi, Milano — Achille Buglione di
Stefania Nuttui, Ancona — Maria Ailelaide Muzio, Savona Paolo Bru- muier, Firenze Licia Powtolli., V+gona
| tiorgio del Bianco», Fermo — Ras Buli. S Up | lombano nl Iambro — Mario Gramanttisi, (e. nova — Osiride Ruggeri, Bologna Podda Vit ginio, $. Giuseppe di Cairo A. BRahini, Mi lano — Carlotta Ros:'ni, Milams == Cipelletti Guido, Mondovi-Rreo — Mara Ugo, Busto Ar- zizio — }. Bianchi, Milano — Annetta Crcsnt, Pavia — Visam Garlo, Lutto — Cnsta Grego- tio, Camogli —_ Pierino Benetti, l'aglio per ‘iMulazzano — Alfred» lItora, lLoeco Macca- ferri Livio, boma — Cometta Anglo, Milano — Jicomelli ‘iuiei, Milano — Giulio Bni, Pi renzo Pio Malgurotto. Venezut Domenico Mostracia, Palermo Enzs Buronzo, Ho. logua — tmixi Craici, Milano Rosina Qua- rauta, Napoli Elio Ammirata, Milan + Capitano Riccardo Milani, Ronix — Andrea Rasori.. Parma -— Gaspare tabardo, Venezia
Gfuseppo Tessitore, Milano — E. Fratta. Milano Gino Cantiurelli, Mantova — Orcstit Itecchia, Verona Ines Sforza, Milano — Dal. maziò Scrivanich, Trieste — Adelo Quandotti, Napoli — Anguesta Gavi-i», Malnato Asterio Forrari, Aienova luigi Ronehi; Milano — Rag. Massalongo Pietro, Ferona — Î'ito Bian- chi, Firapzo Lila Marcora, Milano Aldo Nanticellt. Milano — Attilio Tarcani, Milano
Schiavi Pior Domenico, Tortona — Adolfe Franci, Firenze Sorellin» Rosa sl Ann: Madella, l’isa — Tito Repuano, Ancona — Dozzuti Mario, Venezia — Mario Bartoli. Fi- renze — @. Pneci, Palermo — Pierino Baldar- rarre, Milano —. Kiter, Montini, Milano, + Capuuno Erussto, Aticona — Itaffacle, Marsili, Roma — Domenico Augsloni, Napoli" Catto Dalon®, Toriny + Maria Nalis. di. Giova ni, Nanoli —.(tiovanvi Livoni, Itima -- Olt> Campini, Torino — Renato Turchettt. Sen- drio — Murco Filippo, Venezia U. A So. la Torguano IN Ealbri. Boeîigamo — Lo
Muss!, Milano — Gillo Va: ua, Potenza Manno collaborato alla « Palestra » nel meso Telit ndo Gobbi, Novi Liguro — Giaseppe
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