21 marzo | 20 giugno 2014 per passione & dintorni PERIODICO DI CONTAMINAZIONE LOCALE concept & impaginazione: Print Studio Grafico snc via Martiri di Belfiore, 19 . 46026 Quistello (MN) tel. 0376 618 382 . www.printstudiografico.it contenuti: TuttoQui&dintorni associazione di volontariato www.tuttoqui.info | [email protected]FREE PRESS € ZERO con il Patrocinio di Comune di Quistello con il Patrocinio di Provincia di Mantova www.facebook.com/TuttoQuiedintorni @TuttoQuie20 tuttoquiedintorni ZERO8 Virgom Store Maestri dell’arrampicata e del mimetismo. Cambiano l’immagine di sè per apparire uguali all’ambiente circostante, eliminando i contorni e in qualche modo anche l’identità. Ma nel frattempo osservano tutto, per sapere tutto, per giudicare i pericoli e le opportunità, e muovono inaspettatamente la lunga lingua, pronti a ritrarla in un secondo. Niente da dire, c’è un notevole stato di evoluzione per uomini e camaleonti, protagonisti di giungle diverse e parallele. Ma se per i secondi l’adattamento è una questione di sopravvivenza Credits: CONCEPT TuttoQui&dintorni . PHOTO Stefano Baggio ART DIRECTION ED EVENTO Oui Darling Studio MAKEUP ARTIST Stella Tagliazucchi STYLING Oui Darling Studio e LaNicoDelleMeraviglie HAIR STYLING Fuori di Cresta continua a pag.02 che sfrutta una magia genetica, per i primi la mimesi è tutta un’altra storia, che sa un pò di opportunismo, di arrampicata sociale (e non arboricola), di ipocrisia. Però la genetica non è dalla nostra parte, e questo complica di molto le cose. Se gli animali vivono nell’inconsapevolezza delle mille gradazioni di colore che li adattano al mondo, noi abbiamo, da sempre, ampia possibilità di scelta circa la nostra identità.
magazine trimestrale di contaminazioni locali dell'associazione culturale Tuttoqui&dintorni. Il tema dello ZERO8 è "L'animale che è in te". 12 pagine di passione ed entusiasmo e amore per la comunicazione virale.
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21 marzo | 20 giugno 2014
per passione
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PERIODICO DI CONTAMINAZIONE LOCALE concept & impaginazione: Print Studio Grafico snc via Martiri di Belfiore, 19 . 46026 Quistello (MN)
tel. 0376 618 382 . www.printstudiografico.itcontenuti: TuttoQui&dintorni associazione di volontariato
Cambiano l’immagine di sè per apparire uguali all’ambiente
circostante, eliminando i contorni e in qualche modo anche
l’identità. Ma nel frattempo osservano tutto, per sapere
tutto, per giudicare i pericoli e le opportunità, e muovono
inaspettatamente la lunga lingua, pronti a ritrarla in un secondo.
Niente da dire, c’è un notevole stato di evoluzione per uomini
e camaleonti, protagonisti di giungle diverse e parallele. Ma se
per i secondi l’adattamento è una questione di sopravvivenza
Credits: CONCEPT TuttoQui&dintorni . PHOTO Stefano BaggioART DIRECTION ED EVENTO Oui Darling StudioMAKEUP ARTIST Stella TagliazucchiSTYLING Oui Darling Studio e LaNicoDelleMeraviglieHAIR STYLING Fuori di Cresta
continua a pag.02
che sfrutta una magia genetica, per i primi la mimesi è tutta
un’altra storia, che sa un pò di opportunismo, di arrampicata
sociale (e non arboricola), di ipocrisia.
Però la genetica non è dalla nostra parte, e questo complica di
molto le cose.
Se gli animali vivono nell’inconsapevolezza delle mille
gradazioni di colore che li adattano al mondo, noi abbiamo,
da sempre, ampia possibilità di scelta circa la nostra identità.
Dicembre 1917, carcere femminile di Breslavia, Rosa
Luxemburg, studiosa di origine polacca, condannata a due
anni di reclusione come capofila del movimento operaio
tedesco e della Lega di Spartaco, scrive una lettera alla
amatissima Sonja Liebknecht, moglie del leader spartachista
Karl Liebknecht, che due anni più tardi sarà assassinato con
la stessa Luxemburg dai soldati dei cosiddetti Freikorps, agli
ordini del governo del socialdemocratico Friedrich Ebert.
La lettera sarà salvata dal poeta Karl Kraus, che la pubblicherà
sulla rivista “Die Fackel” da lui diretta. Oggi è proposta ai
lettori italiani dalla casa editrice Adelphi in un volumetto
della Biblioteca minima intitolato “Un po’ di compassione”,
a cura Marco Rispoli.
Il testo ha il valore di una preziosa testimonianza e al tempo
stesso di una intensa riflessione morale. Rosa non chiede
consolazione, ma, al contrario, si preoccupa essa stessa di
confortare l’amica, rivelandole anzitutto un sentimento di
gioia interiore incomprensibile e sconosciuto, che a tratti la
invade mentre giace “tra nere lenzuola di oscurità, di noia
e di prigionia invernale”. Interrogandosi sul motivo segreto
di tanta gioia, Rosa confessa di immaginarlo racchiuso nella
vita stessa e nelle sue incantevoli manifestazioni: “[…] la
profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto
e anche nello stridere della ghiaia umida sotto i passi lenti e
pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello,
se solo ci si presta orecchio. […] Sonička, passerotto mio, vorrei
donarti un po’ della mia inesauribile letizia interiore, così da
poter essere serena riguardo a te, sapendo che attraversi la
vita avvolta da un mantello di stelle che ti protegge da tutto
ciò che è meschino, volgare e angosciante”.
Ma il cuore della lettera è costituito dalla breve narrazione di
un episodio accaduto pochi giorni prima nel cortile del carcere,
una scena che ha lasciato una piaga profonda nell’anima di
Rosa. Un carro enorme, trainato da bufali rumeni, animali
abituati alla libertà che i soldati hanno catturato e domato
e trasformato in bestie da soma; un carro pieno di sacchi,
accatastati a una altezza tale, che gli animali non riescono a
varcare la soglia della porta carraia. Uno dei conducenti, un
tipo brutale, inizia a percuotere selvaggiamente i bufali col
grosso manico della frusta.
La loro pelle, dura e resistente, si lacera e uno degli animali
comincia a sanguinare copiosamente. Durante le operazioni
di scarico, i bufali restano immobili, esausti; quello
sanguinante guarda fisso davanti a sé e nel muso nero,
negli occhi scuri e mansueti ha l’espressione di un bambino
che sia stato duramente punito senza capire il perché.
“Gli stavo davanti e l’animale mi guardava, mi scesero le
lacrime – erano le sue lacrime; per il fratello più amato non si
potrebbe tremare più dolorosamente di quanto non tremassi
io, inerme davanti a quella muta sofferenza. Mio povero,
amato fratello, ce ne stiamo qui entrambi, impotenti e torpidi,
e siamo una cosa sola nel dolore, nella stanchezza e nella
nostalgia della libertà”.
Nell’incontro fortuito, nell’immediatezza della relazione
empatica che lega la detenuta all’animale ferito leggiamo
non soltanto una vicolo profondo e naturale di solidarietà tra
le creature, ma anche una forma di resistenza, una risposta
alla violenza e alla barbarie degli umani.
Come in quegli anni lontani e terribili, anche per noi oggi non può esserci compito più nobile e urgente che immaginare un cammino di salvezza comune per uomini e animali e per tutta l’innumerevole famiglia dei viventi.
I BUFALI DI ROSA
Sono una formica. Ma non sono indaffarata a trasportare cibo alla
colonia, sono sola in un angolo buio. E mi trovo in un ambiente
chiuso ma enorme. Dall’alto filtra una sottile lama di luce, ma
non vedo colori. Sono sopra una sporgenza, in una di quelle
ambientazioni surreali di Guerre Stellari dove si aprono porte che
danno su precipizi assurdi. Un film in bianco e nero e sono una
principessa. Una principessa Leila, formica. E non c’è nessuno. E
quello che mi spaventa di più non è lo strapiombo di sotto, ma
l’altezza incredibile che mi sovrasta ed è come se tutta quest’aria
mi pesasse sulla testa, come se la forza di gravità fosse maggiore
di quella che è nella realtà, senza regole della fisica, senza un
senso concreto.
Ho impiegato molti anni e molto coraggio a rappresentare questa
angoscia che da piccola mi opprimeva e mi destava all’improvviso.
Ancora non sono sicura di riuscire a descriverla davvero.
Un frammento del passato resta confuso in quello spazio e non
riesce a prendere forma. Ora sono fuori e il mondo mi spaventa
sempre di più. Ho trovato la mia colonia? Il dubbio rimane, anche
se a fianco ho il mio Sky Walker, e riaffiora il ricordo della paura
nei momenti di sconforto. Continuo a camminare ora che sono
all’aperto. Ci vuole molto coraggio ad affrontare il cammino della
vita, ma la direzione giusta guarda sempre verso uno spazio
aperto, libero. Mi scopro intollerante verso ogni costrizione, verso
ogni forma di prigionia, struttura rigida o conformismo. Divento
impulsiva, irresponsabile, irriverente, ma in fondo sono una
formica, cosa potete aspettarvi da me? Molte briciole che tento di
trasportare mi cadono lungo la strada, il percorso è accidentato,
a volte mi sembra di non farcela proprio, a volte il viaggio è così
interessante che mi chiedo se poi è così importante arrivare... ed
a quel punto mi perdo. Non smetterò mai di pormi domande, non
ho certezze o convinzioni. Anche gli altri animali mi guardano
perplessi, specie quelli grossi che non possono uscire dalle
gabbie. Mi guarda anche il canarino e mi rattrista immensamente
il senso di impotenza e di inutilità che mi pervade nel non riuscire
a liberarlo. L’elefante nel circo che continua a dondolarsi sull’orlo
della pazzia per quella prigionia non meritata. La giraffa che non
ha mai conosciuto la savana per soddisfare la curiosità di altri
animali che si dicono più intelligenti. Anche loro hanno paura. Che
senso ha la paura se ci è preclusa ogni possibilità di fuga, mi chiedo.
E questo è un dolore grandissimo, una domanda senza risposta,
un’ombra che oscura ogni giornata, anche la più luminosa, quando
il sole ci regala la vita al massimo del suo splendore in una natura
che urla e reclama rispetto e devozione.
Sono una formica e pochi altri sono così vicini al cuore della terra;
ho bisogno di scavare per formare i cunicoli del mio formicaio.
Per gli altri è cosa da poco, per me, invece, è davvero un opera
grandiosa. Ci lavoro una vita per crearmi uno spazio, combatto
per guadagnarmi un briciolo di considerazione, anche se le mie
dimensioni sono microscopiche. Il mio cuore minuscolo ha un
ritmo che si unisce al ritmo immenso della vita in una melodia
universale, e mi fa gioire, mi strappa un sorriso, una lacrima di
speranza. Un ritmo musicale che unisce ed è un dono splendido
che sa alleviare la sofferenza di esistere.
Allora provo a sognare, dove le regole si infrangono senza rimorsi,
dove i confini si dilatano senza pericoli. Si sogna attraverso l’arte,
la letteratura, la poesia e si prova a stare in ascolto. Si osserva,
si annusa, si assapora, ci si abbandona al piacere dell’amore,
delle grandi passioni, delle piccole, di quelle minuscole che in
apparenza non hanno alcun peso, ma che in fondo, attraverso il
coraggio di aprirsi ad esse, scolpiscono la nostra anima.
SONO UNA FORMICA
L’ANIMALE CHE MI PORTO DENTRO
Una folata di vento quasi mi strappa il foulard
di dosso. Lo recupero infastidita alzando gli
occhi oltre i due metri di asfalto davanti a me.
Un uomo dal portamento elegante, vestito di
nero, incede con ampie falcate in direzione
opposta alla mia.
Indossa un soprabito aperto dal bavero rialzato. Gli orli svolazzano
disegnandogli un’aura d’ombre tutto attorno.
Registro veloce il suo aspetto mentre il mio sguardo è attirato
dall’animale che tiene al guinzaglio. Il mantello è nero e lucido.
È di grossa taglia. Se fosse un cane non si muoverebbe in quel
modo sinuoso. Se fosse un cane non farebbe ondeggiare le esse
della coda così in alto, dietro le proprie spalle. Gli occhi di un cane
non brillano al buio.
Mi stanno raggiungendo.
La sagoma dell’animale si fa via via più definita.
La visione ha dell’incredibile.
Alzo gli occhi e fisso il volto dell’uomo. All’inizio vedo solo l’ovale
chiaro della pelle, i punti scuri degli occhi, la linea sottile delle
labbra. Ma passo dopo passo mi è sempre più chiara l’espressione
severa, indispettita. I capelli sono scuri e trasandati, li ha lasciati
crescere troppo senza curarsene, li ha pettinati all’indietro forse
questa mattina, ora si sono liberati dal gel e si arricciano in onde
casuali scomposte dal vento. Il viso ha lineamenti puliti, ma il
velo di occhiaie sotto gli occhi castani dai contorni affilati lascia
immaginare che abbia già superato i quaranta. Il suo aspetto è
quello di un ragazzo ribelle, un po’ sciupato, un po’ invecchiato
forse, ma in fondo ancor più bello perché dannato.
Dalla manica del soprabito spunta una mano dalle lunghe dita
inanellate poggiate sul cappio di cuoio del guinzaglio, una breve
catena prosegue fino a un collare scintillante attorno al collo
possente dell’animale.
Mi domando come mai, dietro e davanti a me, gli altri pedoni sul
ponte non facciano caso a una coppia formata da un uomo e una
pantera. Ma così è: nessuno li sta notando.
Estratto da
Ogd, ovvero il lato B di ogni cosa
l’ultimo romanzo
di Anna Giraldo
NESSUNO NOTA LA PANTERA
di Anna Giraldo
di Elisa Sivieri
Qualche anno fa, quando ancora facevo l’archeologo,
mi capitò di trovare in uno scavo alcune sepolture
protostoriche che non avevo mai visto prima. Erano in
terracotta grezza e avevano una forma ellittica lunga e
stretta ma apparivano evidenti per tutta la lunghezza
anche delle scanalature. Una volta scavate e pulite
adeguatamente, divenne evidente che riproducevano un
bozzolo.
Lo stupore che ebbi allora, lo porto ancora dentro, insieme
a quel rispetto per il mondo naturale che l’uomo, fin da
tempi antichissimi, ha tentato di avere con ciò che lo
circondava.
Il bozzolo, infatti, rappresenta il primo stadio larvale
dell’evoluzione che il bruco svolge per diventare farfalla e
simboleggia il ciclo continuo di rinascita dopo la morte.
Questo ciclo continuo, questo senso di rinascita, questa
farfalla è quello che dobbiamo recuperare oggi, quell’unione
di opposti che significa equilibrio ed armonia senza
dimenticare, come scriveva il poeta RabindranathTagore
che “La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo
il suo breve tempo le basta”.
Deboli raggi di luce filtrano dalla finestra socchiusa. E’ quasi
l’alba e una nuova giornata sta per iniziare.
Ho ancora gli occhi socchiusi ma sono vigile e attento,
mentre mi “stiracchio” le membra penso a tutto quello che
mi troverò ad affrontare, mai e poi mai avrei pensato che la
mia vita sarebbe stata così monotona e priva di avventure.
Ricordo quando ero piccolo, ma non ricordo la mia mamma,
la vidi solo per pochi minuti, ci separarono troppo presto e
di lei non seppi più nulla... passarono così tanti giorni, tutti
uguali, sempre chiuso in quella grande casa, non ero certo da
solo e qualche volta ho anche giocato con i miei amici.
Ma l’erba, la terra ed il sole non sono mai stati il mio mondo...
li vedevo solo da quella finestra.
Ora non sono più piccolo, sono cresciuto ed ho una gran
forza ma continuo a stare qui, nel solito posto, passo le mie
giornate a mangiare e dormire. Basta. Non faccio altro.
Ecco, sento dei passi, è proprio lui, mi viene vicino e con il
lungo bastone mi tocca sul fianco, mi sposto di lato e un pò
impaurito inizio a correre, corro insieme ai miei amici verso
quel grande portone, mi arrampico su per quella salita e
dopo un attimo ci ritroviamo tutti stretti gli uni agli altri in
una prigione di ferro...
Si muove e un fragoroso rumore mi perfora la mente. Ho
paura.
Devo riuscire a scappare, sfondare quelle pareti di ferro e
vivere correndo sull’erba. Mi piace pensare che nonostante
tutto ci riuscirò.
Paolo Gavioli
NONOSTANTE TUTTO CI RIUSCIRÒ
Se navigate quotidianamente sul web, circa un mese fa vi sarete
imbattuti in una storia amara che ha rimbalzato nel mondo,
facendo trasalire le coscienze e insorgere numerose proteste: è
la storia di Marius, una giraffa di 18 mesi uccisa con un colpo di
pistola alla testa, nello zoo di Copenaghen per impedire al giovane
esemplare di riprodursi.
Si è letto in numerosi siti che la motivazione era il sovraffollamento
dello zoo, una motivazione vaga che ha prodotto sconcerto,
rabbia, numerosi dibattiti e poche risposte. Quando una notizia
fa così tanto rumore, è difficile ricostruire una versione obiettiva
della storia, anche perché internet, e soprattutto i social network,
ci bombardano ogni giorno di notizie flash, che per mancanza
di tempo ci facciamo bastare, ma queste spesso mirano più a
sconvolgere la massa che a offrire un’informazione fedele ed
esaustiva.
Ho letto numerosi articoli sull’argomento, non per cercare una
giustificazione a difesa dei direttori dello zoo, ma per scoprire
ciò che sta dietro al fatto in sè, che spesso è solo la punta
dell’iceberg, espressione di un problema molto più complesso
e difficile da svelare chiaramente e risolvere. È un sistema che
utilizza spesso la televisione, soprattutto quando si parla di
politica, per focalizzare l’attenzione del pubblico su un certo fatto,
creare molto rumore su di esso, in modo da distrarre da tutto ciò
che sta intorno, che spesso è molto più grave.
Insomma, ciò che mi sono chiesta è: se lo zoo di Copenaghen
avesse accettato di vendere Marius a un altro zoo, la storia sarebbe
stata a lieto fine e avremmo vissuto felici e contenti?
Marius era nato da due parenti stretti e se si fosse riprodotto con
altre giraffe avrebbe portato a una nuova generazione più debole.
E anche per questo motivo non era possibile affidare l’animale
a un altro zoo. I responsabili dello zoo hanno spiegato che non
usano sistemi contraccettivi perché essi comportano numerosi
effetti collaterali che peggiorano le condizioni di vita degli animali.
Il corpo è stato poi sezionato di fronte ai visitatori, anche bambini,
in una macabra lezione di anatomia. Alla fine dello “spettacolo”
i resti della giraffa sono stati utilizzati come cibo per leoni e altri
carnivori.
La mentalità di numerosi paesi nord europei, peraltro spesso
indicati come antesignani dei valori civili, è completamente
diversa da quella latina che ci appartiene.
La giraffa, che tutti i bambini possiedono nel loro corredo di
peluche, con quei grandi occhi dolci, quelle lunghe orecchie a
fiamma, quell’eleganza nell’incedere lento e meditativo su zoccoli
che sembrano intarsiati da un fine artigiano, quei cornetti che
spuntano su un collo che svetta nel cielo, è un animale intoccabile
per bambini e adulti. Hai voglia sostenere che un “brutto” facocero
o una “brutta” iena hanno la stessa valenza biologica di una
giraffa.
La realtà è che l’immagine di certi animali (l’orso, il panda, il lupo,
l’elefante, il delfino) è molto più attrattiva di altre specie che
meriterebbero eguale interesse ma risultano, ai nostri occhi molto
più brutte (il facocero, il pipistrello, la iena, il ratto, il cammello), per
La sala al piano superiore del Tatanka è ancora nella penombra ma
tutto d’un tratto si accendono le luci. È già partita la musica e sale
in un continuo crescendo, l’atmosfera si scalda... Che la festa abbia
inizio! Sono le 21,00 e gli amici continuano ad arrivare accolti da un
“punto nero gigante” che verifica i biglietti di ingresso, mentre lo
sguardo cade sul tavolo della magia dove il cartomante mascherato
”Tavolestrette” e la sua assistente si preparano a predirci il futuro
davanti alla bocca della verità. I tarocchi sono una vera attrazione di
successo. L’atmosfera è coinvolgente e intrigante...
Non hai una maschera? Non ha importanza, per te c’è Lisa, la deliziosa
truccatrice pronta a trasformarti nel personaggio che nascondi sotto
la pelle... mentre appaiono poco alla volta i costumi dei nostri invitati,
così simpatici e curiosi da far invidia a quelli del carnevale di Venezia.
Nel frattempo Marco Carpani e il suo gruppo “Marco Carpani Rock
Quartet” si esibiscono in acustico con brani musicali raffinati Rock-
Blues perfetti per la serata, riproponendo grandi classici di Eric
Clapton, Gary Moore, Santana, Sting, Jimy Hendrix e Beatles. (Marco
insegna chitarra elettrica e acustica alla Scuola di Musica dell’Oltrepò
Mantovano ed è presente su Facebook digitando “Marco Carpani
Rock Quartet”).
Ottimo padrone di casa Pich arriva sorridente con grandi vassoi
stracolmi di “stuzzichini”, il barman Spumeggiante è a completa
disposizione e inizia l’aperitivo. Le maschere sono il punto centrale
e nevralgico della festa e vengono votate sia da tutti gli invitati che
dalla giuria che decreterà i vincitori dei premi messi in palio.
L’ambiente è gioioso e festaiolo, non mancano coriandoli e stelle
filanti, il buffèt a base di primi piatti ricchi e gustosi è così servito.
Dopo l’esibizione dancing fitness offerta dal gruppo Jezzercise, la
sfilata con presentazione delle maschere e la premiazione in grande
stile con i premi offerti dai nostri sponsor, ci si scatena fino a tardi al
ritmo della selezione electro-disco di Dj Dambo.
Stupenda serata, fantastici amici e impagabili ospiti, cosa dire di
più? Grazie. Grazie di cuore a chi ha partecipato, senza tutti voi non
sarebbe stata la stessa cosa!
Arrivederci dunque al prossimo evento.
La redazione TuttoQui&dintorni
È QuI LA FESTA!
Timore. Tremore. Sudore. Freddo. Sudore freddo. Il freddo
atmosferico dell’aria sottile di montagna in realtà è piuttosto
sopportabile. Il freddo dovuto all’eccessiva sudorazione invece
si rivela alquanto fastidioso. Lentamente elimino dal mio corpo
quella sgradevolissima sensazione iniziando a spogliarmi per
vestirmi di nuovi indumenti. Sconosciuti, poco intimi. Diversi.
Altri. Lentamente la sensazione di freddo-bagnato si discioglie
come un colpo di spazzola, elimina nodi tra capelli indisciplinati.
E questi miei capelli così maltrattati e poco avvezzi a coccole e
carinerie chiedono davvero parecchi colpi di spazzola. Il latente
tremore, guardingo, si fa vincere dalle lusinghe di un morbido
e pastoso rossetto color rubino, facendosi così mollemente
accarezzare la pelle del viso da tocchi rapidi e sapienti. Eppure,
come la bestia selvatica che non abbandona mai il suo timore
e i sensi le rimangono costantemente allertati alla fuga, così il
suono dolce di quella parola così strana alle mie orecchie non
riesce a vincermi, a farmi sua.
“Come sei bella”.
Bella risuona di note sconosciute, di vibrazioni mai prima
incontrate. Provate. Eppure così sembra. Eppure l’animale libero
stenta a farsi lisciare il pelo, a farsi sfiorare con gentilezza anche
da mani amiche. Eppure, sebbene per un attimo si conceda,
l’istante che segue è già nascosto nella penombra della sua
tana, schermandosi da tanta luce che lo rende vulnerabile. Nel
suo giaciglio tenta di ripetere a se stesso quella bizzarra parola:
ne pronuncia lentamente le lettere, soffermandosi su quelle due
elle così molli. Così scivolose.
Bella, così sembro. Così mi dicono. Non riesco a convincermene,
e il riso non trova spazio scoppiando su un volto che con un
grande sforzo accenna a qualche minimo, lieve sorriso. Gli
angoli della bocca impercettibilmente si alzano, ma gli occhi
rimangono fermi, scuri e fissi. La bestia, nel nero della sua pupilla
espansa nasconde e protegge tutto il suo essere, la sua natura.
PH Stefano Baggio
“COME SEI BELLA”
&tavoleSTRETTE
IL CONIGLIO
STERILEFare festa come matti
senza badar a possibili misfatti
rende il maschio bricconcello
e la femmina rapace
di ogni ardita acrobazia
è capace...
&tavoleSTRETTE
LA COZZAHai provato con il trucco
pure con un bel parrucco
ma se un mago del mestiere
non vuoi incontrare
resti sempre una cozza
e ti devi rassegnare!
SPECIALE CARTA DI BELLEZZA
&tavoleSTRETTE
LA CIMICE “ARBALTADA”La tua immagine vacillaa nulla vale interrogare la Sibilla.Se la panza tua borbottae con peto vuoi sfiatarefai attenzione al movimentoo nei guai finirai in un momento.&ta
vol
eSTR
ETTE
LA BESTIA
&tavoleSTRETTE
“GUGET NEGAR”
Per piacere, almeno per stasera
la tua vera natura non darla a vedere
anche se è carnevale un pò di decenza
nel gestire tutta questa esuberanza
devi avere un pò di pazienza.
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futu
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di Margherita Faroni
Graphic Designer - Illustrator
Vj Visual Performer
Pop Culture Expert - Song Writer - Poet
Change Maker
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Mag
azin
e
PH Matteo Zani
SEI UN FOTOGRAFO ? O SEMPLICEMENTE...
LA FOTOGRAFIA È LA TUA PASSIONE? SEI UNO STILISTA? UN MAKEUP ARTIST?
Martedì 20/05 17:30 Salute e benessere con Ballarini
Sabato 24/05 15:30 La cucina efficace
Sabato 07/06 dalle 10.30 Sfida ai fornelli
Sabato 14/06 15:30 Festa brasiliana:
aspettando i mondiali
(Gli eventi potranno subire modifiche nella data o nei contenuti.)
CUCINANDO SI IMPARA
RINGRAZIAMO BATMAN PER LA SUA PERFORMANCE E ANDIAMO AVANTI
CON LO SPETTACOLO,ORA È IL MOMENTO DI WOLVERINE.
FORZA PUBBLICO FATEGLI UN GROSSO APPLAUSO.
WOW! SÌ!.TRA POCO LO SPEAKERDIRÀ IL MIO NOME.SONO EMOZIONATO,
NON STO PIÙ NELLA MASCHERA. DOPO QUESTA PROVA DI CORAGGIO
LA MIA POPOLARITÀ USCIRÀ DALL’ANONIMATO...
FORZA! FORZA!
OK! ABBIAMO ORA SUL PALCO...UN PERSONAGGIO NUOVO SI CHIAMAIL DISEGNATORE MASCHERATO...
PUBBLICO! LASCIO A VOI GIUDICARE!
SIETE CURIOSI DI SAPERE COME RIUSCIRÀ IL DISEGNATORE MASCHERATO A OTTENERE LA
POPOLARITÀ? E VOLETE SCOPRIRE TUTTI I COSPLAYER CHE HA CONOSCIUTO?
ALLORA VEDIAMOCI SU WWW.TAVOLESTRETTE.IT
THE G
AME D
OCTO
RING
A, L’A
SSIST
ENTE
DI
LINDA DAL PAN
A CURA DI
“The Night of the Rabbit” è una nuova
avventura grafica sviluppata della prolifica
Daedalic Entertainment, casa di produzione
tedesca nota al grande pubblico per titoli come
“A New Beginning” e che continua a regalarci
successi come la trilogia di “Deponia” rilasciata
poi il 13|11|2013 dalla Adventure Productions.
Il gioco è disponibile sia per Pc che
per Mac scaricabile da Stream e dall’AppStore
o acquistabile online. Il genere è quello
dell’avventura fantasy “punta e clicca” in terza
persona in lingua inglese ma con sottotitoli
disponibili in italiano. Il protagonista della storia
è Jerry Hazelnut che sogna di diventare un mago
e il suo sogno sembra diventare reale quando
incontra il Marchese de Hoto, un coniglio bianco
con un portamento molto regale che lo prenderà
come apprendista conducendolo nel mondo
di Boscoratto (Mousewood), abitato da curiosi
personaggi: animali del bosco, dalle sembianze
antropomorfe e abbigliati di tutto punto.
Jerry sembra essere predestinato a un grande compito; in cui scoprirà che la magia non è solo
fantasia, ma molto reale e dovrà affrontare le sue peggiori paure per salvare se stesso e tutti quelli che conosce da una forza malvagia che sta infettando il modo reale. La Daedalic Entertainment è famosa per attenersi allo stile classico delle avventure grafiche
riproponendolo con nuove storie e trame coinvolgenti.
La struttura è quella classica. L’avventura si sviluppa in enigmi che come al solito si possono risolvere
combinando oggetti nell’inventario o con determinate azioni.
L’interfaccia risulta funzionale e pratica; si parla del solito puntatore intelligente che mostra le azioni
possibili da fare sui diversi hotspot.
La forza di queste avventure si sa è nella grafica degli scenari e nella storia che deve coinvolgere, e in questo sicuramente il gioco non ha pecche o mancanze, con una grafica accattivante in cui i vari
oggetti sono perfettamente integrati.
Lo stile è il cartoon 2D che ricorda molto un libro di fiabe. La storia è coinvolgente, ricca di enigmi che
danno un bel da fare, ma che non sono per nulla forzati nè inseriti nel continuum. Un piccolo difetto
sono i filmati forse troppo semplici.
Nel gioco sono inoltre presenti diversi bonus ed extra che rendono l’avventura più interessante e
porteranno di certo a il giocatore a tornare e nel mondo di Jerry. In sintesi un’avventura basata su
solide basi classiche, ma che sicuramente si proietta in una nuova ottica.
Seguite il coniglio bianco attraverso il buco e lasciatevi guidare nell’avventura!
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Qualcuno ha la più vaga idea di cosa significhi percorrere a
nuoto cento metri impiegandoci meno di un minuto, per l’esat-
tezza cinquantotto secondi e rotti? Significa addomesticare
come una lama tiepida il burro, barattare la fatica, masticare
il fiato, scandire le bracciate come un direttore d’orchestra il
tempo, significa confondere il tempo e renderlo inadeguato e
ridicolo. Questo fece Johnny Weissmuller il 9 luglio del 1922. E
fu il primo al mondo. In seguito si concesse quasi un centina-
io di altri record mondiali, medaglie olimpiche, titoli nazionali.
Niente male per uno nato a Timisoara, dove l’acqua quasi non
sapevano cosa fosse.
A fine carriera, ma ancora nel pieno delle sue brillanti funzioni
ormonali, mentre girava le Americhe firmando autografi, esi-
bendosi spavaldamente in assolate e gremite piscine, indos-
sando improbabili costumi da bagno, fu scoperto dalla Metro
Goldwin Mayer, prelevato, lasciato in mutande, attaccato a
due mani ad una liana e piazzato davanti ad una macchina
da presa. Era nato il più famoso Tarzan che la storia cinemato-
grafica ricordi.
Io Tarzan, tu Gein. Si legge Gein ma si scrive Jane ed è il “coup
de théâtre” di un romanzo favoloso, nato dalla penna im-
prevedibile di Edgar Rice Burroughs, nel lontano 1912. Colpo
di teatro, dicevo, perchè Tarzan delle scimmie, a quel punto
del libro, quando fa la comparsa la dolce Jane Porter, era in
una straordinaria condizione amniotica, a metà via tra l’idillio
e l’onnipotenza: capo di una banda di scimmioni inebetiti ed
obbedienti, dotati di una forza disarmante, re incontrastato di
una giungla sorniona e sleale, unico depositario dell’ambiguo
linguaggio dei primati, fine conoscitore di ogni più nascosto se-
greto del sottobosco, abile frequentatore delle più ardite altitu-
dini e capace utilizzatore delle infide liane, performanti mezzi di
trasporto dell’epoca, ma estremamente subdoli ed inaffidabili.
Orfano dalla più tenera età, aveva raggiunto quella maggiore
conquistandosi uno status pontificale unico al mondo: niente
vizi, niente tentazioni, niente distrazioni, niente abusi, pace e
serenità polari.
Sì, ogni tanto qualche animale feroce e vorace a rompere la
quotidianità con intromissioni extraterritoriali fuori orario ma
niente di che: un’urlatina, due o tre balzi da una fune all’altra,
un rotear di lame e la giungla tornava quella di prima. Finchè,
un bel giorno, nello stesso posto, (poi dicono il destino) pro-
prio nello stesso posto dove, ventun anni prima,
erano naufragati loro, i Greystoke, rinaufragano
uno scienziato sfigato, sua figlia Jane, per altro ed
ovviamente, ragazza più che piacente, la loro serva
che, manco a dirlo, si chiama Esmeralda e un ragaz-
zo che, ma tu guarda, è, a sua insaputa, il cugino di
Tarzan.
E quando vivi da ventun anni in mezzo a dei goril-
la che, quando e se va bene, hanno lo charme di
uno zerbino e arriva l’affascinante eroina di turno,
il fulmine inaspettato, l’angelica apparizione, beh,
mi sembra logico, ma anche un tantino naturale,
che tutti gli ormoni, nessuno escluso, danzino allo
sfinimento balli primitivi e beneauguranti e preten-
dano di essere indirizzati come palle di fucile verso
l’approdo sospirato. Ed è in questo momento che
l’animale si sveste, dismettendo la pelle come un
sommozzatore la muta umida e pesante, trasfor-
mandosi nell’essere più indifeso che la natura pos-
sa concepire. Nello splendido universo rovesciato
disegnato da Burroughs, fatto di mangrovie e tem-
pi biblici, piogge snervanti e rischiaramenti, l’uomo
scimmia, il vero disuguale in un mondo di pura per-
fezione, è costretto a mostrare la propria natura,
umile e tracotante ad un tempo: l’animale uomo. Il
primo istinto è fuorilegge, perverso e cinico, teso
ad eliminare chiunque si frapponga sulla strada del
soddisfacimento personale. Mors tua, vita mea, se
è pur vero che a tirare più di un carro di buoi è l’a-
gognato crine.
È così che Tarzan molla tutto, tutto il passato, tut-
to il sublime e cristallino, si straccia le vesti (poche,
per il vero) e, senza sentire ragione alcuna, per in-
seguire l’amata Jane, si catapulta addirittura negli
Stati Uniti d’America (e il salto boscaglia - Wall
Street è una capriola che avrebbe spezzato le reni
anche al più scafato dei Crocodile Dundee di tur-
no). E avrà anche il tempo, tra un invito a cena e
l’altro, di salvarle la vita una seconda volta (la pri-
ma era stata nella giungla dove uno scimmione dal
fare sbrigativo e determinato l’aveva impunemente
sequestrata), preservarla da un matrimonio di inte-
resse, concepito con un attempato uomo d’affari e
restituire a suo padre un tesoro, perduto anni prima
tra le pieghe dell’Africa nera.
Tutta questa dedizione e sfibrante attesa apre ad
un finale scontato? No. Jane non solo non paleserà
mai l’intenzione di allacciare analogie d’amorosi
sensi ma nemmeno di far intravedere - almeno -
quel cardine prezioso per cui gli astri, i pianeti e gli
infatuati tutti, muovono da sempre le loro orbite.
Anzi, in barba alla più sfacciata irriconoscenza, an-
drà in moglie, sfidando le più ferree leggi dell’happy
ending, al malcelato cugino Greystoke, naufrago
silente, avveduto stratega, corvo inopinato.
L’uomo, lupo per l’uomo.
Ma anche la donna, non scherza.
Grego Ricorso
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Arrivederci a sabato 21 giugno con il numero ZERO9... Il prossimo tema?! Sarà senza dubbio... folle! ;-)
Guardo Cezanne, Bacon, Giacometti, Rothko, De Dominicis, Richter e poi
guardo il mondo con le sue certezze e i suoi misteri; poi mi guardo allo
specchio.
Da una parte c’è l’uomo e dall’altra l’universo che lo forma e lo comprende. Successivamente guardo l’artista e la sua opera, chiedendomi a quale scopo e a quale preciso luogo è destinata la pittura in questo mondo; rispondo che occupa uno spazio come ogni altro corpo, ma solamente una cosa la differenzia: la costante meraviglia del dubbio. L’opera segna l’inizio di un costante percorso caotico ed unicamente intrapreso. L’artista onesto, già di per sé intraprende -una volta riconosciuto- il percorso che propone nell’opera e ad ogni tela rappresenterà l’ostacolo che gli ha impedito di proseguire; per questo al fruitore dell’opera è chiesto uno sforzo non indifferente: lui si trova sul ciglio di un dirupo e deve decidere se lanciarsi o più semplicemente voltarsi per andarsene. Rimanere fermi e articolare svariate sconclusionate associazioni, oggi è la pratica più diffusa.
Attraverso la pittura voglio creare un passaggio che lasci intravedere uno spazio fertile, un caos che cerco di scatenare avvalendomi delle strutture della pittura. Costantemente cerco di perdere per poi recuperare la figurazione mediante una vera e propria operazione di recupero all’interno della pittura. Il concetto di “figurazione ritrovata” che Deleuze teorizza guardando l’operare di Francis Bacon, credo sia il punto di partenza della mia operazione artistica. Localizzare spazi di caos vuol dire “rinchiudere” in un campo definito (uno spazio delle fasi infinite) una porzione di infinito; il “rinchiudere” visivo crea un appiglio, un punto fermo mediante il quale introdursi più facilmente nella pittura. La pittura deve essere una nuova immagine che aiuta a dimenticare, per poi proporre una costruzione.