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Uscire dalleuro si pu? auspicabile?Giorgio Rodano
Sapienza - Universit di Roma
Trento, 10 marzo 2015
Uscire dalleuro si pu?
Su questa prima domanda mi sbrigo. In termini generali, la
questione puessere presentata in due modi.
(i) Dato un regime di moneta unica (comune a pi paesi) si pu
passare aun regime in cui ciascun paese che prima faceva parte
dellunione riacquisti lasua sovranit monetaria (un proprio mezzo di
pagamento, una propria unitdi conto, una propria Banca centrale)?
La risposta banale ed affermativa,nel senso che gi successo. Ci
sono vari esempi storici. Ne ricordo alcuni: ladissoluzione
dellimpero Austro-Ungarico allinizio del secolo scorso; la
dis-soluzione dellUnione Sovietica alla fine del secolo scorso; pi
recentemente,la separazione della Repubblica Ceca e della
Slovacchia.1
(ii) Un singolo paese pu decidere unilateralmente di abbandonare
lamoneta unica? questa, ovviamente, la questione che ci interessa:
lItalia(o un qualunque altro paese dellEurozona) pu decidere di
uscire dalleuro?Il trattato di Maastricht non prevede clausole di
uscita, ma questa obiezionegiuridica lascia il tempo che trova
(basta pensare che, giuridicamente, con-sentito uscire dallUnione
Europea). Del resto, se fosse impossibile uscire, diche staremmo a
parlare? Semmai, perci, il problema tecnico: come si fa auscire
(sempre ammesso che si voglia uscire)?
Qui le posizioni degli studiosi sono divise. Per esempio Biasco2
ritiene im-probabile unuscita concordata con i nostri partner, ed
estremamente com-plicato e costoso un processo di uscita
unilaterale. Invece Bagnai3 la ri-tiene unopzione praticabile (e
auspicabile) che oltretutto, una volta decisa,
1Questa , naturalmente, lipotesi estrema: lunione monetaria si
dissolve e ciascunpaese riacquista la sua sovranit. Sono state
prese in considerazione anche ipotesi inter-medie, per esempio
quella di dividere larea delleuro in due, quella che gravita
attorno allaGermania (leuro del nord) e quella che gravita attorno
ai (leuro del sud). A partela difficolt di mettere daccordo tutti i
paesi dellEurozona per dar vita a una soluzionedel genere (e a
parte la questione non banale di dove collocare la Francia),
andrebberoaffrontati molti altri problemi rilevanti. Ne cito solo
una, quella del regime di cambio trai due euro. Cambi variabili?
Parit fisse ma aggiustabili?
2Salvatore Biasco (2015), Abbiamo lopzione di uscire dallEuro?,
Il Mulino, gennaio(scaricabile allindirizzo
http://ideecontroluce.it/uscire-e-unopzione-che-non-abbiamo/).
3Alberto Bagnai (2012), Il tramonto dellEuro, Imprimatur
Editore, Reggio Emilia.
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costringerebbe i nostri partner a fare buon viso a cattiva
sorte. A mio parerelanalisi di Biasco forse un po troppo
pessimistica mentre quella di Bagnai probabilmente un po troppo
ottimistica. Resta il fatto che il problematecnico di come
implementare il processo di uscita dalleuro stato ogget-to di
numerosi studi.4 Mi limito a citarne due, quello di Bootle5 e
quellodi Sapir6. La conclusione di entrambi che leventuale processo
di uscita tecnicamente complesso ma gestibile (certo non sarebbe
una passeggia-ta). Rinviando eventualmente alla discussione per i
dettagli (se ne avremoil tempo), concludo su questo punto con due
osservazioni. La prima. Perun paese uscire dalleuro comporterebbe
cambiamenti istituzionali molto ri-levanti (per esempio: andrebbe
messa in discussione lindipendenza della ri-costituita Banca
centrale; andrebbe limitato, soprattutto in una prima
fase,lutilizzo del contante; ecc.) e comporterebbe interventi
drastici sul funzio-namento dei mercati (per esempio: quasi
certamente andrebbero introdottivincoli di portafoglio alle banche;
controlli sui movimenti internazionali deicapitali; blocchi
temporanei dei prezzi e dei salari; ecc.). La seconda. Standoa
tutti gli studi sullargomento, condizioni necessarie per il
successo dellope-razione sono la segretezza nella preparazione e la
rapidit nellesecuzione. Al-trimenti i costi sarebbero elevatissimi
e i benefici attesi sarebbero largamentevanificati, in anticipo,
dalle reazioni dei mercati.7
Ma quali sarebbero i costi e i benefici che un paese pu
attendersi dallu-scita dalleuro? Qui veniamo alla seconda domanda
che compare nel titolo diquesta lecture, quella veramente
importante: uscire dalleuro auspicabile?Quali sono, cio, i costi e
i vantaggi che si pu attendere un paese che decidadi lasciare la
moneta unica? In questo caso penso soprattutto alla situazionea
regime, quella che si determinerebbe, per il paese, una volta
completata lafase transitoria che, per quanto gestita con capacit
tecnica e sangue freddo, ragionevole attendersi piuttosto
tumultuosa. A mio avviso, il modo miglioreper provare a rispondere
allinterrogativo se convenga o meno uscire dalleuro allora quello
di cominciare facendo un passo indietro. utile partire, cio,
4Sicuramente, molti studi sono stati predisposti dai vari
governi dellEurozona, ma, perovvi motivi, restano segreti. Lo
stesso ministro tedesco delleconomia, Schuble, qualcheanno fa ha
lapidariamente affermato che i governi deleurozona sarebbero
stupidi senon avessero gi pronto un piano B (Bagnai, 2012).
5Roger Bootle (2012), Leaving the Euro: a pratical guide
(scaricabile
allindirizzohttp://www.policyexchange.org.uk/images/WolfsonPrize/wep%20shortlist%20essay%20-%20).roger%20bootle.pdf
6Jacques Sapir (2012), Sil faut sortir de lEuro ..., Document de
travail, Centredtude des Modes dIndustrialisation (-) (il testo
scaricabile
allindirizzohttp://www.econ-pol.unisi.it/petri/SapirSortie_de_l_euro.pdf).
7Al riguardo, lesperimento in corpore vili delle vicende greche
degli ultimi mesi largamente istruttivo.
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cercando di rispondere alla domanda simmetrica; chiedersi quali
sono i costie i vantaggi che un paese pu attendersi dalla sua
partecipazione a ununionemonetaria.
Lunione monetaria: i suoi costi e i suoi vantaggi
Non c bisogno di ricordare che due o pi paesi costituiscono
ununionemonetaria quando il mezzo di pagamento impiegato per le
transazioni eco-nomiche sia allinterno dei singoli paesi sia tra
paesi (tra i residenti di unpaese e i residenti degli altri paesi)
lo stesso. Per dirla in un altro modo,allinterno dei paesi che
partecipano allunione monetaria la moneta coin-cide con la valuta.
Quando si parla di unione monetaria si pensa subitoallEurozona. Ma
gli esempi di unione monetaria sono molto pi numerosi.
Qualche esempio di unione monetaria: (i) gli Stati Uniti
dAmerica(dopo la guerra di secessione della seconda met
dellOttocento); nellecono-mia americana, appunto, il dollaro viene
usato sia per le transazioni allin-terno di un singolo Stato, come
la California o il Texas, sia per le transazionitra californiani e
texani; (ii) lItalia (dopo le guerre di indipendenza); men-tre
prima dellunificazione ogni Stato della penisola aveva la sua
moneta, dalmomento in cui venne costituito il regno dItalia, tutte
le transazioni ven-nero effettuate in lire; (iii) lEurozona; come
sappiamo bene, dal 1 gennaio1999 leuro ha sostituito le monete
nazionali di undici paesi. Il loro numero successivamente aumentato
fino agli attuali diciannove.8
Unione monetaria versus cambi fissi. Per molti aspetti il
funziona-mento di una unione monetaria analogo a quello di un
regime di cambifissi. Vanno sottolineate, per, almeno tre
differenze importanti: (i) comeabbiamo detto sopra, nellunione
monetaria manca la distinzione tra moneta(mezzo di pagamento
allinterno del paese) e valuta (mezzo di pagamento perle
transazioni tra paesi); (ii) c una sola Banca centrale, che
sostituisce (oincorpora) le Banche centrali nazionali e controlla
lofferta di moneta dellin-tera area;9 (iii) lunione monetaria ha un
grado di irreversibilit molto pi
8Altri esempi interessanti di unione monetaria sono quella tra
marco dellovest e marcodellest in seguito allunificazione tedesca
(il secondo venne sostituito dal primo con uncambio uno a uno); e
quella che diede vita, nel 1848, al franco svizzero (in precedenza
ildiritto di battere moneta era attribuito ai singoli cantoni).
9Negli Stati Uniti, lautorit monetaria esercitata dalla Federal
Reserve (). So-pravvivono per anche numerose Banche centrali dei
singoli Stati, i cui rappresentantisiedono nel consiglio della .
Anche la Banca centrale europea () ha una strutturafederale, per
certi versi anche pi accentuata, nel senso che le Banche centrali
degli Stati
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elevato di quello di un regime di cambi fissi, allinterno del
quale semprepossibile decidere unilateralmente, oppure concordare,
un cambiamento deltasso di cambio, svalutando o rivalutando la
singola moneta.10 Va sottolinea-ta invece una caratteristica che
accomuna la moneta unica al regime di cambifissi, soprattutto
quando i mercati finanziari internazionali sono caratteriz-zati da
perfetta mobilit dei capitali. Anche in cambi fissi, infatti, il
singoloStato perde il controllo dellofferta della propria moneta.
Lunica eccezioneal riguardo stata quella degli usc nel sistema di
Bretton Woods. Ma questoavveniva perch la moneta dello Stato, il
dollaro, svolgeva anche la funzionedi valuta, ossia di moneta
internazionale.11
Come nasce ununione monetaria. Una premessa: lo Stato che
parte-cipa a ununione monetaria perde il diritto di battere moneta
(che unodegli attributi della sovranit). Non un caso che lutilizzo
della creazionedi moneta per finanziare le spese dello Stato venga
chiamato signoraggio.Per questo motivo, nella stragrande
maggioranza delle esperienze storichelunione monetaria stata
realizzata attraverso unimposizione da uno Statoallaltro (o agli
altri). In genere lo Stato vincitore di una guerra che imponela
propria moneta allo Stato sconfitto. Cos avvenuto negli USA dopo
laguerra di secessione. Cos avvenuto in Italia dopo le guerre di
indipendenza.
Da questo punto di vista lEurozona fa eccezione.12 Nel suo caso
la ri-nuncia alle monete nazionali e la loro sostituzione con la
moneta unica (econ ununica Banca centrale) avvenuta con un accordo
tra gli Stati, rati-ficato con un trattato internazionale (firmato,
come sappiamo, nel 1992 aMaastricht). Ci si deve chiedere allora
come sia stato possibile arrivare aun accordo del genere. Il
criterio della teoria economica per stabilire se unaccordo per
realizzare ununione monetaria conviene quello di confrontarne
membri hanno voce in capitolo (che in qualche circostanza pu
quasi spingersi a forme diveto) sulle decisioni della . Molto
spesso, si pensi alla Bundesbank, le Banche centralidegli Stati
membri si fanno sentire in modo forte e chiaro (forse troppo).
10Come suggerisce, fin dal titolo, anche il tema di questa
lecture, negli ultimi tempi laconvinzione dellirreversibilit della
partecipazione alla moneta unica si quanto menoindebolita, anche
sullonda delle forti tensioni emerse allinterno dellEurozona.
Diversa-mente da quel che si riteneva quindici anni fa, attualmente
nellEurozona lopzione exitnon ha pi probabilit praticamente nulla.
Come vedremo pi avanti, il fatto stesso che sipossa considerare
lipotesi che un paese possa decidere di uscire dallEuro (o sia
costretto afarlo) ha conseguenze non banali sul funzionamento dei
mercati in regime di moneta unica.Resta comunque il punto che
quella di uscire da un sistema di cambi fissi (o comunque
dicambiare la parit centrale della propria moneta rispetto alle
altre) senza alcun dubbiouna decisione pi semplice e rapida.
11Per qualche informazione in pi sul funzionamento del sistema
di Bretton Woods, sirinvia allAppendice 1.
12Unaltra eccezione quella che ha visto la nascita del franco
svizzero.
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i benefici e i costi. Ha senso realizzare lunione quando i primi
superano isecondi.
I costi dellunione monetaria. La questione pu essere discussa in
ter-mini generali (per economie qualsiasi), oppure nello specifico,
considerandogli incentivi che hanno spinto alcuni paesi dellUnione
europea (non tutti)a dare vita allEurozona. Vediamo prima la
questione generale, comincian-do dai costi sopportati dai singoli
paesi che devono valutare se aderire o noallunione. I principali
costi sono i seguenti.
(i) Perdita dello strumento della politica monetaria, che viene
delegatoalla Banca centrale dellunione, la quale non pu che
esercitarlo nellinteressedellintera area e non dei singoli paesi
che la compongono.
(ii) Perdita dello strumento del cambio: rimane un solo tasso di
cambio,quello della moneta unica nei confronti delle altre
valute.
Non si tratta di perdite di poco conto. Il controllo della
moneta e quellodel cambio rappresentano, assieme alle politiche di
bilancio (prelievo fiscale,spesa pubblica, trasferimenti), il modo
attraverso cui le Banche centrali e igoverni gestiscono (a) il
livello della domanda aggregata e perci, in ultimaanalisi, il
livello del prodotto nazionale, (b) il livello dei prezzi
(linflazione)e (c) lequilibrio dei conti con lestero (la bilancia
dei pagamenti). Entrandoin una unione monetaria le possibilit del
demand management risultanofortemente ridimensionate. Se poi, come
il caso dellEurozona, le clausoledellunione prevedono anche
significative limitazioni alla discrezionalit dellepolitiche di
bilancio, allora la rinuncia alluso del demand management quasi
completa.13
I benefici dellunione monetaria Sempre ragionando, per ora, in
ter-mini generali, riferendoci cio a una unione monetaria qualsiasi
(e non allasituazione specifica dellEurozona), i principali
vantaggi di un regime dimoneta unica per il gruppo di economie che
vi partecipa sono i seguenti.
13Nel caso dellEurozona, come si dice nel testo, gli strumenti
della politica monetariae del cambio vengono gestiti (sia pure
nellinteresse dellintera unione) dallautorit mon-etaria (nel caso
specifico la ). Invece non esiste un corrispondente soggetto
policymaker per quanto riguarda la possibilit di gestire le poste
di bilancio a fini di politicaeconomica. In altri termini
nellEurozona non esiste un Dipartimento del Tesoro (o qual-cosa di
equivalente). Questo fa, come vedremo, una grande differenza per
quanto riguardale possibilit di demand management tra lEurozona e,
per esempio, gli Stati Uniti (altredifferenze emergono quando si
considerano le diverse possibilit di intervento della edella ).
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(i) Riduzione dei costi di transazione. Lidea di base semplice:
vi sonobeni (i cosiddetti beni di relazione) che sono tanto pi
utili quanto mag-giore il numero dei soggetti che li usa. Lesempio
tipico un programmadi videoscrittura come Word.14 La stessa cosa
vale, a veder bene, per lamoneta, la cui utilit cresce appunto col
numero di soggetti che se ne serveper le proprie transazioni. E ci
vero per tutte le monete, quella che siusa allinterno di una
singola economia ma anche, appunto, quella che servea effettuare
transazioni allinterno di un gruppo di economie.15 Va aggiuntoche,
quando una moneta anche valuta, si risparmiano i costi connessi
allac-quisto e alla vendita di questultima (e, come sa chiunque sia
andato in unabanca ad acquistare o vendere valuta, non si tratta di
cifre piccole). Associatialla riduzione dei costi di transazione ci
sono importanti effetti indiretti : iprezzi diventano pi
trasparenti (ricordiamoci che una funzione della moneta quella di
essere unit di conto) e i mercati diventano pi ampi, con ovvi
van-taggi per venditori e compratori. Qui ne va sottolineato
soprattutto laspettomacroeconomico: come risulter pi chiaro quando
illustreremo un semplicemodello delleconomia di un paese che
partecipa a una unione monetaria, latrasparenza dei prezzi, la
crescita dei mercati e laumento della concorrenzahanno leffetto di
accrescere sia il prodotto effettivo (quello di breve periodo)sia
il prodotto potenziale (quello di lungo periodo).16
(ii) Riduzione dellincertezza degli scambi. Quando si effettuano
transa-zioni tra residenti e non residenti, (soprattutto quando il
pagamento o lincas-so differito nel tempo (si pensi ai titoli), non
pi necessario prevedere even-tuali svalutazioni o rivalutazioni del
cambio. Questo favorisce le transazionistesse. Anche in questo caso
ci sono degli effetti indiretti analoghi a quellievidenziati nel
punto precedente. Ne consegue un miglioramento dellefficien-za, una
diffusione delle transazioni e, in definitiva, un aumento del
prodottoeffettivo e di quello potenziale.
(iii) Riduzione dei tassi di interesse. Questa si verifica perch
lunionemonetaria elimina il rischio di cambio, soprattutto se
percepita (o finch
14Ma nellera digitale gli esempi si possono moltiplicare a
piacere: si pensi a Facebook, aTwitter, a Google. Del resto proprio
questa loro caratteristica che contribuisce a spiegarela loro
diffusione esplosiva.
15Detto tra parentesi, questo contribuisce a spiegare perch
leuro sia risultato un at-trattore per molti paesi dellUnione
europea esterni allEurozona. Sembra esserlo meno,invece, per i
paesi che nellEurozona stanno da pi tempo, forse perch il vantaggio
dellariduzione dei costi di transazione stato metabolizzato, e
viene dato per scontato.
16Si tratta di una ben nota implicazione del modello della
domanda e offerta aggregata(AD-AS ), che viene studiato in tutti i
corsi di macroeconomia (per una illustrazione diquesto modello
rinvio alle mie Lezioni (allindirizzo ).
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percepita) come irreversibile17. I principali motivi per cui la
riduzione deitassi di interesse vantaggiosa sono i seguenti: (a)
stimola gli investimentie perci accresce il prodotto di breve
periodo (ricordiamo che gli investi-menti sono una componente della
spesa aggregata); (b) contribuisce anchealla crescita del prodotto
potenziale: gli investimenti, infatti, accrescono lacapacit
produttiva del paese (ossia il suo stock di capitale); inoltre,
incorpo-rando il progressso tecnico, accrescono la cosiddetta
produttivit totale deifattori () che il principale motore della
crescita economica.
(iv) Internalizzazione degli scambi. In regime di unione
monetaria,molte transazioni con lestero diventano transazioni
interne. Questo riducedrasticamente il cosiddetto vincolo
dellequilibrio esterno, ossia le limitazionialla politica economica
imposte dal pareggio della bilancia dei pagamenti.Questultimo
vincolo continua a valere per lunione nel suo complesso manon vale
pi per il singolo paese che vi partecipa.18
(v) Centralizzazione delle riserve valutarie. La Banca centrale
dellunioneacquista il controllo e la gestione di tutte le riserve
dei paesi aderenti, colrisultato di moltiplicarne lammontare.
Questo facilita la gestione del vincolodellequilibrio esterno
dellunione nei confronti del resto del mondo.
I fautori della fuoriuscita unilaterale dalleuro (e,
possibilmente, del suo com-pleto smantellamento) tendono a sminuire
limportanza di tutti questi van-taggi, mentre ovviamente
enfatizzano la rilevanza dei costi. Dal canto loro,i difensori del
regime di moneta unica tendono a ragionare in modo simme-trico. Il
brutto che, come diceva una vecchia canzone di cinquantanni
fa,lItalia un dolce paese, dove chi strilla pi forte ha ragione.19
Volendosfuggire a un confronto muscolare tipico dei talk show (e
alle drastiche sem-plificazioni tipiche dei social network) non
trovo di meglio (anche date le mie
17Lemergere negli ultimi anni di spread tra il tasso di
interesse sui bund tedeschi e itassi di interesse sui titoli degli
altri paesi una testimonianza del fatto che, appunto, sonocresciuti
i dubbi sullirreversibilit della moneta unica, dubbi che hanno
fatto emergereun rischio di cambio per i paesi dellEurozona. I
differenziali tra i tassi di interesse inpresenza di un rischio di
cambio sono unimplicazione della cosiddetta parit scoperta deitassi
di interesse. Un altro elemento che ha contribuito alla
lievitazione degli spread collegato allemergere di rischi paese,
ossia alla possibilit che le banche, le imprese e glistessi governi
dei paesi pi deboli dellarea (i ) non siano in grado di onorare i
propridebiti e ricorrano perci al default (questo argomento verr
ripreso pi avanti)
18In assenza di rischio di cambio e di rischio paese, qualsiasi
passivo delle partite correntipu essere finanziato al tasso
corrente sui mercati internazionali e, simmetricamente, qual-siasi
surplus delle partite correnti pu essere compensato collocando
leccesso di risparmiosui mercati esteri (anche questo punto verr
ripreso e approfondito pi avanti).
19Tra laltro, nella stessa canzone si dice anche che in questo
dolce paese chi sbaglianon paga le spese.
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competenze) che ricorrere ancora una volta alla teoria
economica; la quale,appunto, ci fornisce un criterio per provare a
pesare vantaggi e costi di unaunione monetaria. Mi riferisco alla
teoria delle aree valutarie ottimali.
Aree valutarie ottimali
Questa teoria, formulata originariamente da Robert Mundell
(premio Nobelper leconomia nel 1999) definisce appunto unarea
valutaria ottimale (opti-mal currency area)20 come quel complesso
di economie in cui i costi associatialla perdita del controllo
della moneta e del cambio sono cos bassi da esserecompensati dai
benefici associati al poter disporre di una moneta unica (oin
subordine allessere inseriti in un sistema di cambi credibilmente
fissi).Perch ci sia unarea valutaria ottimale occorre che siano
soddisfatti alcunirequisiti (come vedremo subito, sono due pi
due).
(i) Omogeneit delle economie. Con questa espressione si
intendequanto segue. Nel lungo periodo, due economie A e B sono
omogenee sehanno struttura e istituzioni simili. Un modo sintetico
(anche se semplificato)per visualizzare questo punto considerare
per ciascuna delle due economiela curva di Phillips, ossia la
relazione macroeconomica che lega il tasso diinflazione di un paese
(p) al suo tasso di disoccupazione u. Un modosemplice per
rappresentare la curva di Phillips 21
pt = (uL ut) + pet + t
In questa formula uL il tasso di disoccupazione di lungo periodo
(il cosid-detto usc) e nel nostro modello rappresenta la struttura
delleconomia(dipende dal livello del prodotto potenziale e perci,
in sostanza, dalloffer-ta di lavoro, dallo stock di capitale, dalla
e dal deficit di concorrenzanei mercati); (che misura linclinazione
della curva di Phillips) dipende dalregime contrattuale vigente nel
mercato del lavoro; in questo quadro puessere visto come un
indicatore delle istituzioni; pe il tasso di inflazioneatteso (che
nel lungo periodo uguale a quello effettivo); infine uno shockche
colpisce leconomia nel breve periodo (nel lungo periodo, per
definizione, nullo). Pertanto, nel lungo periodo le due economie A
e B si avvicinanotanto pi alla condizione di omogeneit, quanto pi
vicini sono i valori diuL e di , ovvero, pi in generale, quanto pi
sono simili la struttura e leistituzioni. In questa situazione,
infatti, un intervento di politica economica
20Nel suo lavoro in precedenza citato, Bagnai propone lacronimo
, vagamentedispregiativo anche se dotato di una certa
efficacia.
21Sul modo con cui questa relazione pu essere ricavata rinvio
ancora alle mie Lezioni(allindirizzo ).
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che va bene per un paese, andr bene anche per laltro.22 Nel
breve periodole due economie subiscono gli effetti degli shock t.
Quanto pi questi shocksono sono comuni a entrambe (e non locali,
nel senso che ne colpisconouna sola) tanto pi il requisito
dellomogeneit sar soddisfatto. In questocaso, infatti le due
economie hanno bisogno degli stessi interventi di politicaeconomica
di breve periodo.
(ii) Apertura dei mercati e integrazione delle economie. Se
leimprese di un paese vendono (e/o producono) anche in altri paesi,
la lorosalute dipende meno da come va leconomia del paese; questa,
perci pistabile e ha meno bisogno di interventi di politica
economica; e lo stessovale per gli altri paesi. C una evidente
analogia con la strategia per cui,in finanza, si tende a
diversificare il portafoglio per ridurne il rischio. Inquesto caso
la strategia di diversificazione riguarda i mercati di sbocco e
lalocalizzazione delle attivit produttive.23
Questi due requisiti non sono mai completamente soddisfatti,
neppure allin-terno di un singolo paese.24 Tuttavia, anche se non
sono pienamente integratee omogenee, le economie dellarea possono
ugualmente dar vita a ununionemonetaria se sono soddisfatti altri
due requisiti:
(iii) Flessibilit di prezzi e salari : Si tratta di uno dei
meccanismitipici con cui uneconomia pu reagire a uno shock locale.
Consideriamodue paesi, A e B in cui, per ipotesi, i prezzi e i
salari rispondono rapidamenteagli squilibri tra domanda e offerta.
Se nel primo si registra una buonacongiuntura e nel secondo una
cattiva congiuntura, i prezzi e i salari salirannoin A e
scenderanno in B, favorendo la convergenza delle due economie.
(iv) Mobilit degli input : Considerando la situazione del punto
prece-dente, la domanda di lavoro in salir A e scender in B. Se il
lavoro dispostoa spostarsi da uneconomia allaltra, questa
situazione alimenter un flussodi lavoratori da B ad A. E, se mobile
anche il capitale, ci sar un flussosimmetrico di questultimo da A a
B.25
22In particolare, i due paesi avranno, spontaneamente, la stessa
inflazione. Assumendoche la loss function dellautorit monetaria sia
L = p2 + (1 )u2, dove misura ap-punto il peso della perdita
imputabile allinflazione, si ottiene per linflazione di
equilibrioil valore p = 1
uL. Perci linflazione nei due paesi sar la stessa se A = B,
oppure
appunto se i due paesi hanno la stessa autorit monetaria.23Per
un approfondimento su questo punto si veda lAppendice 2.24In alcuni
casi, anche allinterno di un singolo paese i due requisiti sono ben
lontani dal-
lessere soddisfatti. Si pensi, per non andar lontano, ai
problemi secolari del nostro Mezzo-giorno. Un discorso simile pu
essere fatto per le due Germanie dopo lunificazione. Notareche
anche in quel caso, nonostante le differenze strutturali e la
mancanza di integrazione,si fatta subito lunificazione monetaria
(un solo marco).
25Perch il capitale si muove in direzione opposta al lavoro? In
un mercato perfetto
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LEurozona unarea valutaria ottimale? Qualche pagina fa
abbiamoconsiderato tre casi di unione monetaria: gli usc, lItalia e
lEurozona. Allaluce dei quattro requisiti appena illustrati,
possiamo dire quanto segue. GliStati Uniti li soddisfano in buona
misura, soprattutto per quanto riguardalintegrazione, la
flessibilit di prezzi e salari e la mobilit degli input. LItalia
messa meno bene, come mostrano i problemi ancora irrisolti del
dualismotra Centro-Nord e Mezzogiorno. Comunque il caso pi critico
, senza dub-bio, quello dellEurozona: esistono al suo interno aree
fortemente integrate eomogenee (per esempio il Benelux), ma non lo
n linsieme degli 11 paesifondatori n, tanto meno, linsieme dei 19
attuali partecipanti alla monetaunica. Nessuno dei quattro
requisiti (apertura dei mercati, integrazione delleeconomie,
flessibilit dei prezzi e e dei salari, mobilit del lavoro e del
capi-tale) risulta soddisfatto in misura adeguata. Di qui la
conclusione inevitabile:lEurozona non unarea valutaria ottimale.
Per lo meno non lo era nel 1992,quando si deciso di fare la moneta
unica; non lo era nel 2000, quando les-perienza delleuro iniziata;
non lo neppure oggi (anche se, come vedremo,qualche piccolo passo
in quella direzione stato fatto).
La logica della costituzione dellarea delleuro
UnEurozona a due velocit? Allinizio degli anni novanta del
secoloscorso, erano pochi i paesi dellUnione europea che si
avvicinavano al rispet-to dei requisiti per costituire unarea
valutaria ottimale. Lunico gruppo dieconomie che poteva essere
considerato tale era quello dei paesi appartenentialla cosiddetta
area del marco: appunto la Germania, pi il Benelux e, forse,qualche
altro paese delEuropa del Nord. Tuttavia, ladesione alla
monetaunica stata molto pi vasta: partita gi con 11 paesi
(compresi, fin dal-linizio, rappresentanti del Sud come Italia,
Spagna e Portogallo) si estesafino a raccoglierne 19. Come stato
possibile un accordo cos ampio? Inrealt, fin dallinizio, la
decisione di dar vita allunione monetaria statapresa per
liniziativa dei due paesi leader dellUnione Europea, Francia
eGermania. E non pensavano certo a un accordo allargato ai paesi
dellat-tuale Eurozona. Pensavano piuttosto a un accordo limitato,
cui avrebberodovuto partecipare, appunto, Francia, Germania e
Benelux (pi eventual-mente qualche paese nordico); un accordo che
escludesse in particolare ipaesi dellarea mediterranea, Portogallo,
Italia, Spagna e Grecia, in seguito
la risposta potrebbe essere la seguente. Si consideri una
tecnologia Cobb-Douglas Y =NK1. Dove il prodotto pi basso, la
produttivit marginale del capitale Y
K pi
alta, e perci pi alto il rendimento del capitale (se i mercati
sono concorrenziali, si haYK
= r + ). Peccato che i mercati non sono perfetti.
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raggruppati nella sigla .26 Il modello, cio, era quello di una
Eurozonaa due velocit. Come sappiamo, per, la storia andata
diversamente.
Il quartetto inconciliabile. Per comprendere le motivazioni
della de-cisione di Francia e Germania di dar vita a una unione
monetaria limita-ta dobbiamo tornare agli anni che precedono il
trattato di Maastricht, allafine degli anni 80 del secolo scorso.
In quel periodo, infatti, lequilibrioeconomico-politico tra i due
paesi era diventato instabile. Negli anni prece-denti, le relazioni
economiche internazionali tra i principali paesi dellUnioneEuropea
erano state regolate da un sistema di cambi fissi, lo . Eraproprio
lo che stava andando in crisi alla fine di quel decennio. Il
mo-tivo principale di quella crisi andava cercato nelle conseguenze
economichedellunificazione tra le due Germanie. Semplificando
drasticamente una que-stione molto pi complessa, ci limitiamo a
dire che quellunificazione avevafortemente accresciuto il peso
economico della Germania. E questo avevauna conseguenza importante
che la Francia non era disposta ad accettare: ilcontrollo
dellofferta di moneta nellUnione europea stava passando, di
fatto,nelle mani della Bundesbank.
C un pezzo di teoria economica che ci aiuta a capire questo
punto. Sitratta di una implicazione del modello Mundell-Fleming,
nota come teoriadel quartetto inconciliabile: non possibile avere
contemporaneamentelibera circolazione delle merci, perfetta mobilit
dei capitali, cambi fissi e unapolitica monetaria indipendente in
ciascun paese. Questultima viene gestitadalla Banca centrale del
paese col maggior peso economico. E appunto, dopolannessione della
DDR, questo paese era la Germania.
Lalternativa: fine dei cambi fissi o unione monetaria. Dalla
crisidellequilibrio franco-tedesco si poteva uscire in due modi:
(i) con un passoindietro, ossia con la fine del regime di cambi
fissi tra Francia e Germania (etutti gli altri paesi che avevano
aderito allo SME); (ii) con un passo avan-ti , ossia appunto con
lunificazione monetaria, nel quadro, naturalmente,di unEurozona a
due velocit, che lasciasse fuori tutti i paesi
consideratiinaffidabili. In questo modo si sarebbe sostituito il
controllo dellofferta dimoneta da parte della Bundesbank con quello
di una Banca centrale europeagestita di comune accordo da Francia e
Germania.
Il passo indietro era considerato troppo costoso e rischioso.
Sotto il profiloeconomico: non conveniva alla Francia perch avrebbe
frenato lintegrazionedei mercati europei; non conveniva alla
Germania perch linevitabile rivalu-tazione del marco avrebbe eroso
la competitivit della sua industria. Sotto il
26Oppre quando si aggiungeva al gruppo lIrlanda.
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profilo politico: avrebbe aperto una pericolosa competizione per
legemoniain Europa (che nei secoli scorsi aveva provocato ben tre
guerre, due delle qualisi sarebbero estese fino a coinvolgere
lintero pianeta). Francia e Germaniaoptarono per il passo
avanti.
Una difficolt: come escludere i paesi inaffidabili?
NellambitodellUnione Europea non era politicamente possibile
imporre una unificazionemonetaria limitata solo ad alcuni paesi e
che perci ne escludesse altri. Laproposta di aderire allunione
monetaria doveva per forza essere rivolta atutti gli Stati membri.
La soluzione trovata si basata su due elementi :(i) lasciare liberi
i singoli Stati membri di non aderire; (ii) imporre a tuttigli
Stati il rispetto di requisiti molto severi per poter far parte
dellunionemonetaria.
Si contava appunto sul fatto che tutti i paesi virtuosi (come
Francia,Germania, Benelux e paesi nordici) fossero in grado di
rispettarli e che tutti ipaesi inaffidabili (come Italia, Spagna,
Portogallo e Grecia) non fossero ingrado di rispettarli e perci
avrebbero scelto autonomamente di non aderire.Questa strategia si
tradotta nel Trattato di Maastricht (1992).
I parametri di Maastricht Il trattato di Maastricht stabiliva
cinque re-quisiti che ciascun paese doveva rispettare per poter
aderire allunificazionemonetaria: (i) convergenza dellinflazione:
il singolo paese doveva avereun tasso di inflazione non superiore
di un punto e mezzo rispetto alla me-dia dei tre paesi con
linflazione pi bassa; (ii) convergenza dei tassi diinteresse a
lungo termine: lo spread rispetto alla media dei tre paesipi
virtuosi (sotto il profilo dellinflazione) non doveva superare i
due punti;(iii) stabilit dei tassi di cambio: il singolo paese
doveva mantenere uncambio fisso con lECU (lunit di conto dello SME)
per (almeno) i due anniprecedenti lavvio della moneta unica; (iv)
riduzione del disavanzo delloStato, che, in rapporto al PIL, doveva
scendere almeno al 3%; (v) riduzionedel debito pubblico, che,
sempre in rapporto al PIL, doveva scendere al 60%(o almeno mostrare
una chiara tendenza alla discesa).
Come si detto, il trattato non aveva la finalit di trasformare
lEuropain unarea valutaria ottimale. Non aveva lobiettivo di
includere ma quellodi escludere. Una conferma di ci facilmente
rintracciabile da unattentalettura dei requisiti richiesti, a parte
quello, ovvio, della stabilit dei tassidi cambio. Primo requisito.
Linflazione di equilibrio di un paese dipendedalla sua struttura
(uL), dalle istituzioni () e dalle preferenze del banchierecentrale
(). La realizzazione di unarea valutaria ottimale richiede la
con-vergenza di uL e di ; per la convergenza dellinflazione
sufficiente la scelta
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di , ossia scegliere un banchiere centrale adeguatamente
intransigente.Secondo requisito. Dato che il tasso di interesse a
lungo termine una mediadel tasso a breve corrente e dei tassi a
breve attesi, e dato che il tasso diinteresse nominale la somma del
tasso reale e del tasso di inflazione atteso,la stabilizzazione del
tasso di interesse a lungo ha la finalit di stabilizzare
leaspettative di inflazione (vincolando il valore futuro di ).27
Quarto e quintorequisito. In unarea valutaria ottimale le politiche
di bilancio sono natural-mente convergenti. Se invece larea
valutaria non ottimale, la divergenzadelle politiche inevitabile, e
perci va impedita vincolando lautonomia deigoverni, prima della
costituzione dellEurozona, appunto imponendo la con-vergenza dei
saldi di finanza pubblica, e dopo la sua costituzione, vincolandoi
governi degli Stati membri con un Patto di stabilit.
I vizi di nascita dellEurozona. Il progetto di una moneta unica
europeanasceva dunque decisamente male. Il che si rifletteva anche
sulle istituzionipreviste dal trattato (e su quelle non previste)
per gestire la futura politicaeconomica nella costituenda Eurozona.
Come sappiamo, Il trattato di Maas-tricht affidava la gestione
della politica monetaria a una Banca centralefederale (la BCE),
assegnandole, per statuto, una funzione-obiettivo esplicita-mente
finalizzata alla stabilit dei prezzi (il tasso di inflazione
dellarea nonpoteva superare, in tendenza, il 2%). Inoltre alla BCE
era proibito acquistaretitoli pubblici degli Stati membri (aveva
facolt di intervenire solo sul mercatosecondario, e solo per
regolare lofferta di moneta). Il trattato non prevedevainvece
istituzioni per una politica di bilancio comune. Gli interventi
dellafinanza pubblica restavano prerogativa dei singoli Stati.
Oltre ai vincoli darispettare per poter aderire (i punti gia visti
su disavanzo e debito pubbli-co), il trattato prevedeva la
successiva istituzione di un Patto di Stabilit,che avrebbe imposto
ai singoli Stati di tendere al pareggio del bilancio, eprevedeva
sanzioni nel caso di disavanzi che superassero la soglia del 3%.
Lasorveglianza sul rispetto di quanto previsto dal patto di
stabilit da partedegli Stati membri era affidata, a consuntivo,
alla Commissione europea.
Questo conferma che lEuropa (o anche solo quella parte di essa
che co-stituisce larea delleuro) era stata concepita, e continua a
esserlo, come un
27Tecnicamente la relazione tra tasso a lungo e tasso a breve iL
= (iB + (n 1) iA) /n(dove iL il tasso a lungo, iB quello a breve e
iA il tasso atteso). La relazione tratasso di interesse e tasso di
inflazione i = r + pe (dove r il tasso di interesse realeche qui
possiamo assumere esogeno). La Banca centrale controlla il tasso a
breve e percilinflazione a breve. La stabilit del tasso di
inflazione nel lungo periodo assicurataappunto da un basso livello
del tasso di interesse a lungo termine (che riflette
appuntolaspettativa che i tassi di interesse a breve non saliranno
in futuro, ossia che non ci sarun aumento dellinflazione in
futuro).
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complesso di Stati indipendenti e sovrani. Era ed ancora molto
lontana,perci, dallassumere una struttura federale del tipo, per
intenderci, degliusc. Abbiamo un Parlamento europeo, ma con poteri
limitati. Gran partedel potere normativo attribuito a una
Commissione i cui membri sono aloro volta nominati dai singoli
Stati e i cui funzionari sono sostanzialmenteautoreferenziali. Del
resto, anche gli spazi di intervento della Commissionesono
piuttosto limitati. Dato che manca un governo europeo, le
decisionipolitiche pi rilevanti sono prese da un Consiglio composto
da un membroper ciascuno Stato, la cui presidenza assunta a
rotazione da uno Stato ognisei mesi.
In sostanza, per esprimerci col linguaggio delleconomia, non
esiste unafunzione-obiettivo dellEuropa, sicch le decisioni che
vengono prese sonomolto spesso il risultato di compromessi tra i
rappresentanti dei governinazionali, ciascuno dei quali agisce
sulla base della funzione-obiettivo delproprio Stato. Data la
disparit di queste funzioni-obiettivo su molti temirilevanti, e
data la complessit del processo decisionale, molti di questi
com-promessi finiscono col risultare di basso livello e favoriscono
una tendenzaallimmobilismo. In altri termini, molto facile che
qualche Stato mem-bro opponga il proprio veto a un cambiamento che
vada nella direzione diuna maggiore unit (cui corrisponderebbe, per
forza di cose, una cessionedi potere da parte degli Stati a favore
delle istituzioni comunitarie). Unquadro che non rappresentava, fin
dallinizio, una buona prospettiva per ilfunzionamento di unarea
tuttaltro che omogenea ma con una sola moneta.
LEurozona a una velocit Eppure, nonostante questi cattivi
auspici(che potevano essere colti, almeno in parte, fin da subito)
e nonostante laseverit dei requisiti richiesti dal trattato di
Maastricht, molti paesi, tra cuiItalia e Spagna (di cui si
prevedeva e si desiderava lesclusione), si sonoimpegnati a
rispettarli e sono (sostanzialmente) riusciti a realizzarli. Ne
risultatata una unione monetaria molto pi ampia del previsto, e che
si ulteriormente allargata nel corso degli anni. Data la distanza
dei punti dipartenza dai traguardi, limpegno sostenuto dai paesi
che il progetto franco-tedesco voleva escludere (politiche
monetarie e di bilancio molto restrittive) stato rilevante. Quali
vantaggi, allora, si ripromettevano dalla monetaunica? Limitando il
discorso allItalia, i principali benefici attesi erano:
(i)disciplinare la politica, imponendo ladozione di comportamenti
virtuosiattraverso un vincolo esterno; (ii) eliminare il rischio di
cambio, per ottenereuna riduzione dei tassi di interesse, coi
connessi vantaggi di abbattere il costodel servizio del debito
pubblico, che, in rapporto al PIL, restava uno dei pielevati
dEuropa, di accrescere le fonti di finanziamento, e di stimolare
la
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formazione di capitale e la crescita economica.28
Insomma, la storia del processo che ha condotto alladozione
delleuroconferma chiaramente che la decisione di dar vita alla
moneta unica non stata motivata da una valutazione dei vantaggi e
degli svantaggi per lecono-mia europea derivanti dalla sua
adozione, ma stata appunto lescamotagecon cui i due pi importanti
paesi dellarea (Francia e Germania) hanno po-tuto gestire un
complesso problema di equilibrio di potere; una soluzione acui gli
altri paesi (come lItalia) hanno aderito sulla base di
considerazioniguidate molto pi da interessi nazionali che da
interessi collettivi.29
Il modello di chi partecipa allunione monetaria
Dobbiamo ora studiare il funzionamento di una piccola economia
aperta al-linterno di ununione monetaria. Per farlo possiamo
utilizzare il frameworkdei modelli Mundell-Fleming, in particolare
la versione che studia il funzio-namento di una piccola economia
aperta in regime di cambi fissi e perfettamobilit dei capitali,
adattandola a una situazione in cui il livello dei prezzi endogeno.
Nel modello che costruiremo adesso il vincolo estero (Bp = 0)
nonimpone il pareggio delle partite correnti (Bc = 0): data
lipotesi di perfettamobilit dei capitali deve aversi Bc = Bk. In
assenza di rischio paese edata lipotesi di cambio fisso leconomia
pu finanziare il suo passivo di partecorrente importando capitali
al tasso (esogeno) rF, oppure pu compensareil suo surplus corrente
esportando capitali, sempre al tasso rF. Concludendosu questo
punto, il vincolo estero soddisfatto perch il mercato dei capi-tali
impone che si abbia r = rF (uguaglianza tra tasso di interesse
internoe tasso estero). Tenendo conto di quanto detto sopra,
lequazione che im-pone il vincolo estero ininfluente per
determinare lequilibrio del prodotto.Pertanto il modello si riduce
a due equazioni (scritte in logaritmi), la primadelle quali esprime
la domanda aggregata (AD) mentre la seconda esprimelofferta
aggregata (AS):
{(AD) y = v1 + v2 + 1 (m p) + 2 (e p)(AS) p = w x + (z + e)
(1)
28 . Gli incentivi della Spagna. Quelli dellIrlanda. Quelli
della
Grecia.29Che le cose siano andate cos lo si vede bene anche da
alcuni importanti aspetti della
struttura organizzativa della , a cominciare dal suo nome
ufficiale che , significativa-mente, Sistema europeo delle Banche
centrali : qualcosa di esplicitamente non monolitico,che ha
lasciato in vita le Banche centrali nazionali, i cui rappresentanti
siedono nel boardin cui vengono prese tutte le decisioni pi
importanti della , e allinterno di quel boardcercano di far valere
gli interessi delle economie da cui provengono.
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Nella AD il termine v1 misura leffetto sulla domanda aggregata
della spesaautonoma interna mentre v2 misura leffetto della spesa
autonoma del restodel mondo (compresi gli altri paesi dellunione).
Il terzo addendo, 1 (m p),rappresenta il consueto effetto sulla
domanda aggregata dellofferta reale dimoneta. Infine lultimo
addendo, 2 (e p), misura leffetto del tasso dicambio reale.30 Per
la AS abbiamo assunto che i prezzi siano determinati daunmark-up
sul costo del lavoro per unit di prodotto; per semplicit
abbiamoassunto che la produttivit media del lavoro x = y n sia una
esogena(e una costante nel breve periodo); nel mark-up abbiamo una
componenteesogena z e la componente di costo dovuta al tasso di
cambio nominale,che influenza il prezzo delle materie prime
importate; plausibile assumereche il parametro (che ovviamente
positivo) sia minore di uno. Infine,assumiamo la costanza, nel
breve periodo, dei salari nominali (che sono fissatiin contratti: w
= w). Nel modello (1) le variabili endogene sono y e p. Lealtre
grandezze sono esogene. In particolare, dato che vogliamo
descrivere ilcomportamento di una piccola economia che aderisce a
ununione monetaria,abbiamo m = m e e = e (il paese ha rinunciato
agli strumenti della politicamonetaria e del tasso di cambio, che
vengono gestiti dallautorit monetariadellunione). Assumiamo inoltre
che anche la politica di bilancio del paesesia sottoposta a vincoli
stringenti (un patto di stabilit); questi vincoli,tenendo conto
anche del fatto che si ha r = rF, impongono lesogenit di v1(quella
di v2 dipende dallipotesi di piccolo paese).
Per determinare il livello del prodotto, utilizziamo la seconda
equazionedel sistema (1) per eliminare p. Risolvendo per y,
otteniamo:
y = v1 + v2 + 1m (1 + 2) (w x + z) + [2 (1 + 2)]e (2)
La forma ridotta (2) consente di identificare i vari canali che
possonoprovocare un aumento (pi in generale, una variazione) del
prodotto y.Procedendo in ordine abbiamo:
(i) un aumento della spesa autonoma interna v1 > 0. Al
riguardo vasottolineato che la presenza di patti di stabilit
pregiudica la possibilit distimolare la spesa interna con le
politiche di bilancio (per lo meno in tutti ipaesi aderenti
allunione monetaria in cui tali patti siano binding). Restanoperci
solo il consumo autonomo e linvestimento (autonomo) il cui
livellodipende dallo stato delle aspettative sui redditi e sui
profitti futuri;31
(ii) un aumento della spesa autonoma estera v2 > 0. Qui si
devedistinguere tra la domanda che proviene dalle altre economie
appartenenti
30In quel che segue si assume la costanza del livello dei prezzi
esteri PF. Per semplificarele formule si posto PF = 1, e perci lnPF
= pF = 0.
31Questo punto verr ripreso pi avanti.
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allunione monetaria e quella che proviene dal resto del mondo.
In entrambii casi il peso di queste componenti della domanda
aggregata rilevante sullivello di y (in entrambe le direzioni).
Ovviamente la possibilit del paesedi influenzare direttamente
queste componenti della domanda aggregata trascurabile (o
quasi);32
(iii) un aumento dellofferta di moneta m > 0. Lo strumento
impor-tante ed efficace, ma la sua gestione non spetta al paese,
bens allautoritmonetaria dellunione;
(iv) il segno delleffetto di una svalutazione del tasso di
cambio nominalee > 0 ambiguo: la svalutazione sposta la AD verso
destra e la AS versolalto, sicch leffetto netto sul prodotto
dipende dai valori delle varie elas-ticit; positivo se < 2
1+
2
, ossia se leffetto del cambio sui costi, e percisui prezzi,
sufficientemente basso.33 Comunque anche il livello del cambionon
pu essere controllato dalla politica economica del piccolo paese
aderenteallunione ma solo dallautorit monetaria dellunione;
(v) una riduzione del salario nominale w < 0, un aumento
della produt-tivit x > 0, una riduzione della componente interna
del mark-up z < 0.Ciascuna di queste componenti agisce su y,
facendo diminuire il livello deiprezzi e perci provocando una
svalutazione del cambio reale. Essa influenzasia lofferta aggregata
(si riducono i costi unitari e la curva AS si sposta versoil basso)
sia la domanda aggregata (migliorano le partite correnti e la
curvaAD si sposta verso destra). Notare che allinterno dellunione
monetaria lospostamento in basso della AS si manifesta come una
riduzione del prezzorelativo (ovvero delle ragioni di scambio con
gli altri paesi dellunione).
In corrispondenza del valore di equilibrio y il saldo delle
partite correnti del-la piccola economia aperta descritta dal
modello pu presentare un passivo
32Resta la possibilit di influenzare indirettamente (per via
politica) le scelte di politicaeconomica degli altri paesi
appartenenti allunione.
33Il risultato intuitivo. La svalutazione del cambio nominale ha
tre effetti sul prodotto:(i) accresce la competitivit a parit di
prezzi (2); (ii) fa salire i prezzi provocando unariduzione della
competitivit (2); (iii) fa salire i prezzi provocando una
diminuzionedellofferta reale di moneta secondo il cosiddetto
effetto Keynes (1). Ne consegue che lasvalutazione del cambio
nominale fa crescere il prodotto se leffetto negativo
dellaumentodei prezzi sul prodotto provocato dalla svalutazione del
cambio, ossia (1 + 2), inferio-re alleffetto positivo della
svalutazione sulla competitivit e perci sul prodotto, appunto2. Si
osservi infine che la condizione che il parametro che misura
lelasticit del prodottodi equilibrio al tasso di cambio 2 (1 + 2)
sia positivo, ossia 2 > (1 + 2), puessere interpretata come la
condizione di Marshall-Lerner generalizzata a una situazione
diprezzi variabili (in una situazione di prezzi fissi la condizione
di Marshall-Lerner imponesemplicemente 2 > 0).
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(Bc < 0) oppure un surplus (Bc > 0).34 Nel primo caso il
paese un impor-tatore netto di capitali (Bk = Bc > 0); nel
secondo invece un esportatorenetto (Bk = Bc < 0). Quanto detto
vale per ogni paese aderente allunionemonetaria, ciascuno dei quali
pu presentare una situazione di passivo o disurplus. Assumendo, per
semplicit, una situazione di pareggio per lareavalutaria nel suo
complesso,35 si generano allora flussi di capitali dai paesi
insurplus (Bc > 0) verso quelli in passivo (Bc < 0).36 Il
ruolo di questi flussidi capitali per levoluzione dellarea
valutaria merita di essere approfondito.
Partite correnti, flussi di capitali e moneta unica
Abbiamo visto che in una piccola economia aperta, in regime di
monetaunica (o di cambi fissi), uno squilibrio delle partite
correnti (compensatoda un corrispondente flusso di capitali)
rappresenta la situazione normale.Allinterno dellarea valutaria, vi
sar una compresenza di paesi con partitecorrenti in deficit e paesi
con partite correnti in surplus; i capitali di questiultimi
auiscono appunto verso i paesi in deficit, sicch per entrambi i
tipidi paesi si ha alla fine Bc = Bk. Questi squilibri possono
accumularsi nelcorso degli anni (anche se non detto) generando per
i paesi del primo tipoun crescente debito estero, cui corrisponde
un crescente credito estero peri paesi del secondo tipo. Secondo
alcuni studiosi (per esempio, Bagnai) labipolarizzazione allinterno
di unarea valutaria caratterizzata da cambi fissi(o da moneta
unica) tra paesi con crescenti debiti esteri e paesi con
crescenticrediti esteri inevitabile, e rappresenta il terreno
fertile su cui tendono ascatenarsi, prima o poi, le crisi
finanziarie (e, alla fine, quelle valutarie).37
34Il saldo delle partite correnti dato da Bc = 0 1y + 2(e p),
dove 0 lacomponente esogena della domanda estera (0 proporzionale a
v2), 1 lelasticit delleimportazioni di merci rispetto al prodotto e
2 lelasticit delle partite correnti rispettoal tasso di cambio
reale. Il saldo perci dipende negativamente tanto dal livello di
y
quanto dal livello di p.35Ma nulla impedisce, naturalmente, che
lintera area valutaria possa presentare un
passivo o un surplus delle partite correnti. La cosa dipende,
tra laltro, dal regime dicambi tra larea valutaria e il resto del
mondo.
36Considerando, per esempio, lEurozona, la Germania ha
registrato, a partire dal-lavvento delleuro, crescenti surplus di
parte corrente; contestualmente altri paesi (inparticolare alcuni )
hanno registrato crescenti passivi. Questa situazione ha generatoun
crescente flusso di capitali dalla Germania verso i (negli ultimi
anni, per, lasituazione un po cambiata).
37Sostiene Bagnai che la crisi che ha colpito negli ultimi anni
lEurozona va imputataanche alla polarizzazione tra una Germania
caratterizzata come abbiamo visto da unsurplus strutturale delle
partite correnti che ha provocato, nel corso degli anni un
enormeaccumulo di credito estero, e alcuni (non lItalia),
caratterizzati da deficit strutturalidelle partite correnti e da un
corrispondente accumulo di rilevanti debiti esteri. Torneremo
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Secondo altri studiosi (per esempio Obstfeld & Rogoff) la
compresenza dipaesi con partite correnti in deficit e paesi con
partite correnti in surplusavrebbe invece conseguenze virtuose,
avvantaggiando entrambi i tipi dipaesi. Cerchiamo di capire meglio
i termini della questione cominciando dauna illustrazione
(semplificata) della posizione di chi vede positivamente ilruolo
degli squilibri.
Partite correnti e scelta intertemporale. Il punto di partenza
per il-lustrare la posizione ottimistica sul ruolo degli squilibri
delle partite correnti la nota uguaglianza macroeconomica secondo
cui, in equilibrio, il risparmioprivato S uguale alla somma degli
investimenti I, del disavanzo del bilanciodello Stato D e, appunto,
del saldo delle partite correnti Bc:
S = I + D + Bc
Tralasciamo per il momento il settore pubblico ponendo D = 0. Se
il paesepresenta un passivo delle partite correnti (Bc < 0), ne
consegue che i suoiinvestimenti sono finanziati, oltre che dal
risparmio interno anche dal capitaleestero (perch appunto si ha Bk
= Bc > 0):
Bc < 0 = S < I = I = S + Bk
Se invece il paese presenta un surplus delle partite correnti
(Bc > 0), ne con-segue che leccesso del suo risparmio rispetto
agli investimenti trova sboccoallestero (perch appunto si ha Bk =
Bc < 0):
Bc > 0 = S > I = S = I Bk
Ma perch questo dovrebbe avvantaggiare sia il paese in deficit
(ossia conBc < 0) che il paese in surplus (ossia con Bc > 0)?
Non sufficiente no-tare che laccoppiata partite correnti movimenti
di capitali consente di col-locare leccesso di risparmio (per i
paesi che appunto ne hanno troppo) odi trovare ulteriori risorse
per finanziare gli investimenti (se quelle del paesenon bastano).
Serve unanalisi in termini di benessere. Per farla
ricordiamobrevemente cosa afferma la teoria economica (standard) in
tema di deter-minanti del risparmio e dellinvestimento. Il modello
di riferimento quellodella scelta intertemporale.
Qui ne consideriamo una versione particolarmente semplificata
con agentiomogenei che effettuano le loro scelte con un orizzonte
temporale di due pe-riodi in condizioni di concorrenza perfetta.
Consideriamo allora una piccola
pi avanti su questo punto.
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economia aperta senza Stato in cui le imprese, che sono di
propriet dellefamiglie, producono un solo bene omogeneo con la
funzione di produzioneY = F (K) (con F > 0 e F < 0). Il bene
pu essere consumato oppureutilizzato come input nel periodo
successivo. Dato che leconomia aperta,lo stesso bene pu essere
comprato e venduto allestero. Facciamo anchelipotesi che il
prodotto impiegato come input si consumi integralmente nelcorso del
processo produttivo; perci il capitale disponibile nel periodo
futuro il prodotto non consumato nel periodo corrente (KF = I).
Partendo da unendowment iniziale K, nel periodo corrente viene
prodotta dalle imprese laquantit Y = F
(K). Essa viene venduta parte alle famiglie (costituisce il
loro consumo corrente C) e parte alle imprese che la utilizzano
come inputnel periodo successivo (costituisce il loro investimento
I). Dato che I = KF,nel periodo successivo verr prodotta la quantit
YF = F (I) che verr inte-gralmente consumata (YF = CF). Ricordando
che I = F
(K) C, possiamo
scrivereF[F(K) C
] CF = 0
che non altro che la curva di trasformazione della nostra
economia. Es-sa ci d tutte le combinazioni di consumo corrente e
consumo futuro che possibile ottenere dato lendowment iniziale K.
Dalle ipotesi fatte sullatecnologia segue che essa avr, ponendo C
in ascissa e CF in ordinata, il con-sueto andamento decrescente e
concavo. Notare che lintercetta sullasse delleascisse pari al
prodotto Y . Ogni suddivisione del segmento 0Y identificauna
distribuzione possibile tra consumo C e investimento Y C.
La scelta tra beni di consumo e beni di investimento (il punto
della curvadi trasformazione) effettuata dalle imprese (price
taker) massimizzando iIprofitto, ossia la funzione38
maxC
pi = C +1
1 + rF[F(K) C
]
La condizione che risolve il problema di massimo 39
F (KF) = 1 + r
38Il ricavo totale C + CF /(1 + r) (dove appunto 1/(1 + r) il
prezzo di mercato delconsumo futuro assumendo il consumo corrente
come numerario). Dato che c un soloinput K disponibile in quantit
data (K = K), il costo totale K (sempre assumendo ilconsumo
corrente come numerario). Perci, a rigore, la funzione del testo
(dove si usataluguaglianza CF = F
[F(K) C
]) rappresenta il ricavo totale. Ma, dato che il costo
totale fisso, la massimizzazione del profitto coincide con
quella del ricavo.39Per calcolare dpi
dC= 0 si applica la chain rule: dpi
dC= 1 + 1
1+rdCFdKF
dKFdC; si pu con-
trollare che dCFdKF
= F (KF) e che dKFdC = 1; utilizzando queste due derivate si
ottieneimmediatamente il risultato del testo.
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Si tratta di un risultato assolutamente standard: limpresa
rappresentativasceglie il punto della curva di trasformazione
identificato dalla curva di iso-ricavo pi alta (quella tangente).40
Indichiamo come (E, EF) le coordinatedi questo punto, che pu essere
interpretato come la combinazione di beni diconsumo e beni di
investimento prodotta dalle imprese.
In questa economia semplificata il benessere collettivo coincide
con quellodelle famiglie (che sono proprietarie delle imprese e
perci ne percepisconoi profitti). Le preferenze delle famiglie sono
rappresentate dalla funzione diutilit U (C, CF) e sono descritte
dalla solita mappa di curve di indifferen-za decrescenti e
convesse. Dato che leconomia aperta, le famiglie, il cuiendowment
appunto il paniere (E, EF) non sono obbligate a consumareC = E e a
risparmiare S = F
(K) E (che garantisce loro un consumo
futuro CF = EF) e che sufficiente a finanziare linvestimento I
pari anches-so a F
(K) E. Le famiglie possono decidere la propria combinazione
di
consumo e risparmio scegliendo qualunque punto della retta del
bilancio
C +1
1 + rFCF = E +
1
1 + rFEF
dove rF il tasso di interesse del mercato internazionale che,
data le ipotesidi piccolo paese e di perfetta mobilit dei capitali,
vale anche per il mercatointerno. Il punto scelto dalle famiglie
identificato dalla curva di indifferenzapi alta (quella tangente).
Se si trova a destra del punto (E, EF) si ha C > Ee S < I: le
famiglie accrescono il loro consumo acquistando beni dallestero,le
partite correnti sono in passivo (Bc = E C < 0) e i capitali
esterifinanziano leccesso dellinvestimento sul risparmio (Bk = I S
= Bc). Seinvece il punto scelto dalle famiglie si trova a sinistra
del punto (E, EF) lasituazione simmetrica: le famiglie consumano
meno di E, le partite correntisono in surplus, e leccesso di
risparmio prende la via dellestero.
Notare che in entrambi i casi le famiglie si collocano su una
curva diindifferenza pi alta di quella che avrebbero potuto
raggiungere in condizionidi autarchia. Se infatti leconomia fosse
chiusa agli scambi con lestero (oanche se lassenza di mobilit dei
capitali imponesse il pareggio delle partitecorrenti), il mercato
condurrebbe leconomia a un equilibrio identificato dallacurva di
indifferenza tangente alla curva di trasformazione.41 Di qui,
appunto,
40Dalla formula del ricavo Rt = C + 11+rCF, risolvendo per CF si
ottiene CF =
(1 + r)Rt (1 + r)C ossia lespressione della generica curva di
livello (appunto lisori-cavo). Si tratta di una retta decrescente,
la cui intercetta misura il ricavo (e perci, dato ilcosto fisso,
anche il livello del profitto) e il cui coefficiente angolare (in
modulo) il fattoredi interesse 1 + r.
41Dato r, le decisioni di produzione delle imprese, ossia (E,EF)
, e quelle delle famiglie,ossia (C, S), non sono necessariamente
coordinate: possiamo avere C = E e perci S = I.
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usc usc? 10-3-2015
la conclusione che lapertura delleconomia, e soprattutto quella
dei mercatidei capitali che consente squilibri (in entrambe le
direzioni) delle partitecorrenti, accresce il benessere.
C dellaltro. Consideriamo ununione monetaria composta da due
paesi,che etichetteremo come A e B, il primo con partite correnti
in surplus e ilsecondo con partite correnti in passivo. Secondo il
modello illustrato sopra, ilpaese A esporta capitali nel paese B
che vanno a finanziare gli investimenti diquestultimo. Di fatto, il
flusso di fondi dal paese A finanzia laccumulazionedi capitale del
paese B (che se leconomia fosse chiusa sarebbe limitata dal
suorisparmio) e in questo modo ne accelera la crescita (K > 0 YF
> 0).42
Il risultato di tutto ci che si mette in moto un processo di
catching-updi B verso A che promuove una convergenza tra i due
paesi. Un processodel genere richiede in genere pi di due periodi e
andrebbe quindi analiz-zato con modelli che prevedono un orizzonte
temporale pi lungo. Ma lasostanza del discorso chiara. Va aggiunto
che, grazie allaccumulazione dicapitale e alla conseguente crescita
del reddito e della produttivit, il paeseB pu, col tempo,
raggiungere una situazione di competitivit sui
mercatiinternazionali che inverte il segno delle sue partite
correnti: da importa-tore netto a esportatore netto. Obstfeld &
Rogoff riportano al riguardo duecasi storici molto istruttivi: (i)
il finanziamento della costruzione delle fer-rovie americane
nellOttocento da parte dei capitali europei (elemento
nontrascurabile dellunificazione del paese, dellallargamento del
mercato internoe del successivo boom delleconomia americana); (ii)
il finanziamento esterodellestrazione del petrolio norvegese del
Mare del Nord alla fine degli anniSettanta del secolo scorso, che
spiega il tipico andamento prima passivo esuccessivamente attivo
delle partite correnti della Norvegia.
Movimenti di capitale e bolle speculative Il modello della
scelta in-tertemporale illustrato nelle pagine precedenti molto
semplificato, forsetroppo. Per introdurvi un po di realismo,
dobbiamo inserire nel quadro al-meno quattro elementi: (i) un
orizzonte temporale pi lungo (infinito); (ii)un ambiente
stocastico, caratterizzato da shock e incertezza; (iii) la
presenza
In tal caso il mercato (interno) mette in moto un processo di
aggiustamento del prezzorelativo, ossia del tasso di interesse r;
le scelte di famiglie e imprese cambiano fino ache si arriva a un
tasso di equilibrio r in cui si ha C = E e perci S = I. Ilpunto
corrispondente identificato appunto dalla curva di indifferenza
tangente alla curvadi trasformazione (in coerenza con quanto
afferma il primo teorema delleconomia delbenessere).
42Naturalmente c un vantaggio (pi di breve periodo) anche per il
paese A: quellodi sostenere col surplus delle partite correnti la
propria domanda aggregata, e perci ilproprio prodotto, in una
situazione in cui la domanda interna sarebbe insufficiente (Bc =Y
(C + I)).
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usc usc? 10-3-2015
della finanza e degli intermediari finanziari; (iv) la presenza
del settore pub-blico. Fondere tutti questi elementi in un modello
di scelta intertemporale un compito troppo complesso per essere
affrontato in poche pagine. Tut-tavia possibile illustrare in modo
qualitativo alcune implicazioni della loropresenza.
Cominciamo dal primo.43 Per quanto riguarda le questioni che
stiamotrattando, la sua principale implicazione che gli squilibri
di parte correntenon si esauriscono necessariamente dopo un periodo
ma possono cumularsinel corso dei periodi, dando vita a ingenti
debiti e crediti esteri. La questionedel rimborso del debito,
ovvero della compatibilit delle scelte col vincolo dibilancio,
delegata al rispetto di due condizioni: una no-ponzi game
condition(che, in sostanza, preclude la possibilit per un paese di
indebitarsi senzalimiti) e una transversality condition (che, in
sostanza, preclude la possibilitper un paese di accumulare crediti
senza limiti), ma si tratta di due condizioniche si fanno sentire,
appunto, allinfinito e non impediscono, nel breve periodolaccumulo
di rilevanti debiti e crediti esteri.
In un ambiente deterministico e con agenti razionali, informati
e dotati diperfect foresight, le implicazioni del modello
continuerebbero a essere, nellasostanza, quelle della versione
semplificata illustrata in precedenza. In unambiente stocastico,
invece, le cose possono cominciare a cambiare. Infatti,i capitali
che auiscono nel paese (a compensazione del suo passivo di
partecorrente) non sono obbligati a finanziare progetti di
investimento sulla basedel valore attuale del flusso dei dividendi
attesi da questi ultimi, ossia delloro valore fondamentale
(fundamental). Possono infatti puntare su profittidi breve periodo
associati allemergere di bolle speculative (bubbles). Se
ilfinanziatore prevede che il prezzo di un asset (un titolo,
unabitazione, ecc.)salir nel prossimo futuro, si affretta ad
acquistarlo per rivenderlo non appe-na laumento del prezzo si sar
realizzato, lucrando appunto sulla differenzatra prezzo corrente e
prezzo atteso. Se questo comportamento diffuso trai finanziatori,
le loro richieste di acquisto fanno effettivamente salire il
prez-zo, mettendo in moto la bolla speculativa. Naturalmente, se
gli speculatoricominciano a vendere (prevedendo una diminuzione del
prezzo) la bolla scop-pia, il prezzo comincia a scendere (un
processo che pu essere molto rapido) egli ultimi ad aver acquistato
lasset subiscono delle perdite.44 Per completez-
43Osserviamo di passaggio che lintroduzione di un orizzonte
temporale infinito nel mo-dello unoperazione relativamente semplice
(ce ne una versione anche nelle mie Dispenseper il Dottorato, sia
pure per uneconomia chiusa). Di solito, assieme a quella di
orizzonteinfinito viene introdotta anche lipotesi che il capitale
sia durevole, ossia con un tasso diammortamento < 1.
44La matematica di una bolla speculativa (in un ambiente
semplificato e deterministico)pu essere illustrata nel modo
seguente. Il valore dellazione di unimpresa alla data
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za va aggiunto che lo speculatore che osserva un prezzo pi alto
del valorefondamentale potrebbe anche ritenere transitorio tale
scarto; data questa a-spettativa, per lui diventa razionale
decidere di vendere (prima appunto cheil prezzo torni indietro).
Quando fa cos, lo speculatore si comporta comearbitraggista e
contribuisce col suo comportamento a stabilizzare il prezzoattorno
al fundamental. In questo caso la bubble non si mette in moto.
La possibilit dellemergere di bolle speculative in una piccola
economiaaperta in cui una parte rilevante dei capitali proviene
dallestero introducenelleconomia alcuni importanti elementi di
instabilit. Per vederli meglioinseriamo nel quadro i mercati
finanziari. La loro presenza consente a unfinanziatore (estero) di
non limitarsi ad acquistare (parte di) un proget-to di
investimento, come nel modello semplificato delle pagine
preceden-ti.45 Il finanziatore pu infatti destinare i propri fondi
a un investimentodi portafoglio, ossia allacquisto di un asset
finanziario, o pi in generale diun portafoglio costituito da una
pluralit di assets, la cui consistenza e lacui composizione possono
essere fatti variare con estrema rapidita con ope-razioni di
compravendita nel mercato. Lorizzonte temporale di queste sceltedi
portafoglio di brevissimo periodo. Ci perch esse sono guidate da
dif-ferenze nei prezzi e nei rendimenti di dimensioni anche molto
piccole, datoche in un ambiente di perfetta mobilit dei capitali i
costi di transazione sonotrascurabili. Molto spesso gli operatori
si servono di intermediari finanziari(banche ma non solo). Nella
maggioranza dei casi, sono proprio questi in-termediari che
raccolgono il risparmio (e lo moltiplicano attraverso la
levafinanziaria) per destinarlo al finanziamento delle imprese,
dello Stato46 e, in
t descritto dallequazione alla differenze finite vt (1 + r) =
vt+1 + dt+1 che descrive lacondizione di arbitraggio (tra vendere
oggi lazione, incassando vt e collocando sul mercatola somma
ricavata al tasso r, oppure tenerla per un periodo, ottenendo il
dividendo dt+1oltre al valore dellazione nel periodo successivo
vt+1). Un po di calcolo mostra che lasoluzione dellequazione alle
differenze finite vt = (v0 v) (1 + r)
t+v, dove v0 il valore
iniziale e v il valore fondamentale che si ricava dal flusso dei
dividendi attesi dallazionestessa (v0 =
1dt (1 + r)
t, formula che si riduce a v0 = d/r nel caso semplificato
didividendo atteso costante). Si verifica subito che la traiettoria
descritta dallequazione alledifferenze instabile: quando, per
qualunque motivo, si ha v0 > v si ottiene v1 > v0,v2 > v1
e cos via. Appunto, si mette in moto la bolla speculativa.
45Investimenti di questo tipo esistono e sono importanti.
Vengono chiamati investimentidiretti esteri () e si caratterizzano
per due elementi: (i) hanno un orizzonte temporaledi lungo periodo;
(ii) guardano alla redditivit del progetto e perci anche al
quadroistituzionale del paese.
46I capitali (esteri) che auiscono allo Stato possono finanziare
investimenti (pubblicie/o privati), e in tal caso creano le
condizioni per una riduzione futura del debito estero;oppure
possono finanziare i consumi (pubblici e/o privati) e in tal caso
creano le condizioniper un ulteriore accumulo futuro di debito
estero. Ma allinvestitore estero (o allinter-mediario) la
destinazione del finanziamento non interessa: linvestitore (o
lintermediario)
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misura inferiore ma non trascurabile, anche delle famiglie (si
pensi ai mutuie, pi in generale, al fenomeno del credito al
consumo).
Se ora torniamo alla struttura macroeconomica di base e
riprendiamo,alla luce di quanto detto, la questione del saldo delle
partite correnti e delcorrispondente movimento di capitali, ci
rendiamo facilmente conto che la si-tuazione appare molto meno
semplice e tranquilla di come risultava quandola guardavamo
attraverso le lenti del modello semplificato.47 Consideriamo,per
esempio, un paese con un rilevante debito estero. Supponiamo che
dalresto del mondo si verifichi un improvviso ritiro di fondi.
Questo lascia lebanche del paese in crisi di liquidit, soprattutto
se avevano fatto un uso unpo troppo disinvolto della leva
finanziaria. La crisi si trasmette alle imprese,soprattutto quelle
pi dipendenti dal credito. Ne consegue un aumento dellesofferenze.
Per evitare una catena di fallimenti, lo Stato rifinanzia le
banche.In regime di moneta unica, questa operazione provoca una
trasformazionedel debito estero in debito pubblico. La crescita di
questultimo costringeil governo a politiche fiscali restrittive. Al
contempo, il suo aumento facrescere i tassi di interesse sul
mercato interno, il che fa s che le banchepreferiscano destinare le
loro (scarse) risorse residue nellacquisto di titoli deldebito
pubblico. Le imprese, a loro volta gi in difficolt, subiscono gli
effettidel credit crunch. Il risultato di tutto ci la
recessione.
Abbiamo visto che il processo appena illustrato viene innescato
da unritiro dei fondi esteri. Da che cosa pu essere provocato? Ci
limitiamo aconsiderare due possibilit. La prima uno shock che
colpisce il paese insurplus da cui provenivano i fondi esteri. Pu
trattarsi di una recessione cheriduce leccesso di risparmio.48
Oppure pu trattarsi di una crisi finanziariache colpisce gli
intermediari del paese in surplus e li costringe a ridurre laloro
esposizione verso il resto del modo. O pu trattarsi di una
combinazionedelle due. La seconda possibilit non riguarda la
situazione del paese in sur-plus, ma lammontare e la dinamica del
debito estero del paese in deficit.Losservazione di un debito
estero elevato e rapidamente crescente pu faremergere, presso
alcuni investitori esteri, la percezione (pi o meno giustifi-cata)
di un rischio paese crescente, ossia laumento della probabilit che
gliintermediari, le imprese e persino lo Stato non siano in grado
di far fronte ai
guarda soprattutto al rendimento atteso; in realt guarda anche
al rischio, che per, nelcaso di debiti sovrani stato a lungo
considerato trascurabile (una valutazione che negliultimi anni
drammaticamente cambiata).
47Quel modello mantiene una buona capacit esplicativa per quanto
riguarda il lungoperiodo (sempre che si faccia in tempo ad
arrivarci, o per lo meno ad arrivarci vivi, untraguardo che, come
diceva Keynes, tuttaltro che scontato).
48 il ben noto meccanismo dei libri di testo elementari di
macroeconomia: Y < 0S < 0.
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usc usc? 10-3-2015
loro debiti e siano indotti perci, prima o poi, a ricorrere al
default. La teoriaeconomica afferma che a livello individuale, le
risposte razionali a questo tipodi rischio sono due: laumento dei
tassi di interesse (la crescita dello spread)e il razionamento. A
livello aggregato queste risposte individuali, alimentateda
meccanismi di contagio,49 finiscono con laccrescere il rischio
paese e laprobabilit del default.
Possibili prospettive per lEurozona
Alla luce dei modelli illustrati nelle due precedenti sezioni si
possono trarrealcune conclusioni circa il funzionamento, la salute
e le prospettive delle-conomia delleuro.
LOCA endogena. Se la si lascia funzionare in condizioni
relativamentetranquille, lEurozona pu evolvere, sia pure
lentamente, nella direzione diaccrescere lomogeneit e lintegrazione
dei paesi membri, i due requisiti che lo abbiamo visto le
consentirebbero di avvicinarsi a essere unarea valu-taria ottimale.
Il tema quello della cosiddetta endogena.50 In breve,la questione
delle aree valutarie ottimali non va considerata in modo
statico.Neanche gli USA, in partenza, erano unarea valutaria
ottimale; lo sono diven-tati col tempo. Un processo del genere sta
interessando anche lEuropa. Perquanto riguarda il cammino verso
lintegrazione, esso favorito dallo sviluppodel mercato unico, che
sta interessando sia le merci sia le attivit finanziarie.Per quanto
riguarda il cammino verso lomogeneit, le forze che spingonoin
questa direzione sono quelle descritte dal modello di Obstfeld
& Rogoff.A esse va aggiunto limpulso proveniente da una
normativa comunitaria chepromuove una armonizzazione crescente
delle istituzioni che governano ilfunzionamento dei mercati.
Naturalmente i meccanismi dell endogenarichiedono tempo: risultati
significativi si ottengono solo nel lungo periodo. Enon vanno
neppure sottovalutati gli ostacoli. Ne ricordiamo alcuni. (i)
Man-ca una istituzione unitaria di governo dei bilanci dellarea,
che possa, nelbreve periodo, compensare con politiche regionali gli
squilibri di doman-da aggregata tra i paesi dellarea; e possa, in
una prospettiva di pi lungoperiodo, promuovere attivamente
interventi di superamento degli squilibri
49Nei mercati finanziari il ruolo informativo dei prezzi
particolarmente importante.La decisione di alcuni operatori di
ritirare i propri fondi che fa scendere il prezzo di alcuniasset,
pu essere interpretata dal resto del mercato come un segnale di
cattiva salute diquegli asset, e pu provocare perci una reazione a
venderli (al comportamento individuale associata una chiara
esternalit negativa).
50Per servirci la sarcastica definizione di Bagnai, il quale per
non nasconde il suoscetticismo su questa prospettiva.
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usc usc? 10-3-2015
strutturali tra paesi. (ii) Come abbiamo visto, il ruolo dei
mercati finanziarie degli intermediari non necessariamente
virtuoso: i movimenti inter-nazionali dei capitali, soprattutto
quando vengono guidati da prospettive dibreve periodo e da
considerazioni di carattere speculativo, possono destabi-lizzare i
mercati invece di favorire lallocazione efficiente delle risorse.51
(iii)Si ricorder anche che quando la gestione dei passivi delle
partite correnti affidata esclusivamente ai movimenti di capitale
provenienti dai paesi insurplus, possono emergere improvvise
difficolt di finanziamento che possonoanche non dipendere da
problemi interni del paese che le subisce e il cui e-sito pu essere
anche la recessione. Servirebbero allora istituzioni (e
fondi)adeguati per finanziare i paesi in difficolt, consentendo
loro di correggeregradualmente i propri problemi interni. Su questo
terreno lUnione Europeaappare ancora parecchio carente. Ma questo
uno dei casi tipici in cui ledifficolt nel breve periodo rischiano
di pregiudicare i risultati attesi per illungo periodo.
La gestione dellequilibrio macroeconomico di breve periodo.
Esa-minando lequazione (2), ossia la soluzione per y del modello
AD-AS relativoa una piccola economia aperta partecipante allunione
monetaria, abbiamovisto quali sono gli strumenti di cui dispone la
politica economica per control-lare il livello di equilibrio del
prodotto. Se non ha a disposizione gli strumentidella politica di
bilancio, il singolo paese che vuole contrastare una
recessioneresta con poche frecce al suo arco: pu intervenire sulla
posizione della sche-da AS, contenendo i salari (w < 0),
accrescendo la produttivit (x > 0)e accrescendo la concorrenza
(z < 0). Le autorit di policy dellunionehanno per altre armi, e
anche abbastanza potenti: possono agire sulloffertadi moneta (m
> 0) e sul cambio (e > 0). Il problema con questi stru-menti
che essi agiscono in modo indifferenziato; vanno bene per
contrastaregli effetti di uno shock generale, ma non per
contrastare quelli di uno shocklocale. Infine, il policy maker
dellunione potrebbe agire anche sulla spesaautonoma interna, ma
questo solo se dispone degli strumenti della politica di
51Quando le politiche economiche e istituzionali si confrontano
col tema dei mercatifinanziari, oscillano continuamente tra due
poli: quello di favorire la loro completa libera-lizzazione,
contando sulla loro capacit di allocare in modo efficiente il
risparmio, e quellodi intervenire per accrescere la loro
regolamentazione, al fine di frenarne i
comportamentidestabilizzanti. Negli ultimi decenni il pendolo ha
puntato nella direzione della liberaliz-zazione. In passato non
stato sempre cos: per esempio, per alcuni decenni del secoloscorso
(dalla fine degli anni 40 alla fine degli anni 70) i mercati
finanziari interni e in-ternazionali e pure gli intermediari erano
molto pi regolamentati. non detto chefosse poi cos male. Il premio
Nobel delleconomia James Tobin (lideatore della famosaTobin Tax)
sosteneva che un po di sabbia negli ingranaggi dei mercati
finanziari poteva,paradossalmente, finire col migliorarne il
funzionamento.
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usc usc? 10-3-2015
bilancio, nel qual caso, tra laltro, potrebbe intervenire anche
con politicheregionali per contrastare gli effetti di shock locali.
Questo in generale.Se rileggiamo quanto appena scritto alla luce
della situazione dellEurozona,vediamo subito che il numero degli
strumenti a disposizione si riduce net-tamente, e che mancano del
tutto quelli per contrastare gli shock locali.Le conclusioni su
questo punto sono allora le seguenti: (i) finch leconomiamondiale
va bene (nei termini dellequazione (2) si ha v2 > 0) allora
leeventuali difficolt dellEurozona tendono a diluirsi; e il breve
periodo nonostacola il lungo periodo; (ii) quando invece la domanda
mondiale non le duna mano, allora i problemi della politica
economica si fanno pi complicati;e lo diventano ancora di pi se le
singole economie dellarea presentano, perqualche motivo, dinamiche
divergenti.
Questi problemi possono essere gestiti in modo efficace solo se
lEuro-zona si dota di strumenti per effettuare interventi di
politiche di bilancio edi politiche regionali. Finch questi
strumenti mancano, al singolo paese nonrimangono che due strade: o
quella ardua e accidentata delle politiche del-lofferta (per
spostare in basso la propria scheda AS); oppure (soprattuttose
appesantito da un ingente debito estero e/o un ingente debito
pubblico)quella di sganciare il proprio destino da quello del resto
dellunione, sceglien-do, appunto, di uscire dalla moneta unica.
Cosa pu attendersi chi decide dipercorrere questa seconda
strada?
Il modello di chi esce dallunione monetaria
Un paese che decide unilateralmente di uscire dalleuro deve
anche fare de-fault (altrimenti la svalutazione del cambio farebbe
crescere lonere del debitoestero, pubblico e privato, che
denominato in euro). Di conseguenza il go-verno del paese non potr
finanziarsi sui mercati e, pi in generale, leconomiadel paese non
potr ricorrere ai capitali esteri. La transazioni col resto
delmondo restano possibili, ma le partite correnti devono essere in
pareggio.Abbiamo perci una piccola economia aperta, con cambi
variabili e senzamobilit dei capitali.
Prezzi fissi. Se assumessimo prezzi fissi, questa economia
sarebbe descrit-ta da una versione del modello Mundell-Fleming
(quella con cambio variabilee senza mobilit dei capitali) in cui,
apunto, il vincolo estero impone che lepartite correnti siano
sempre in pareggio (Bc = 0), mentre il livello di equi-librio di
breve periodo del prodotto nazionale determinato dalle IS e LM
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del mercato chiuso.52 Il pareggio delle partite correnti
compatibile con lequi-librio interno assicurato dalla variabilit
del tasso di cambio. Assumendouna specificazione loglineare per
lequazione Bc = 0 che descrive lequilibrioesterno, possiamo
scrivere
0 1y + 2 (e p) = 0 (3)
dove 0 la componente esogena delle esportazioni nette, 1 misura
lela-sticit delle importazioni rispetto al prodotto e 2 misura
lelasticit dellepartite correnti rispetto al cambio reale e p.
Assumendo P = 1 e percilnP = p = 0 (ipotesi di prezzi fissi)
segue
e = y
dove si posto = 12
e = 02. Qualunque sia il livello del prodotto y
determinato dalle politiche di bilancio e dalla politica
monetaria, c sempreun livello del tasso di cambio che garantisce
lequilibrio esterno. Ovviamenteil livello del cambio sar tanto pi
basso quanto maggiore la domanda estera (questultima non conta per
y ma conta per e).
Prezzi variabili. Vediamo come cambiano le cose quando assumiamo
prezzivariabili. Di fatto dobbiamo costruire un modello AD-AS con
cambi variabilie senza mobilit dei capitali. Assumiamo
provvisoriamente che i salari nomi-nali siano fissi nel breve
periodo (siano stabiliti in contratti); porremo ciow = w. Riducendo
il modello allessenziale, abbiamo le seguenti equazioni(scritte in
logaritmi):
(AD) y = m + v p(AS) p = w x + (z + e)(BB) 0 1y + 2 (e p) =
0
(4)
Per la AD abbiamo adottato la versione pi semplice: si assume
elasticitunitaria della domanda aggregata rispetto allofferta reale
di moneta m p(e perci anche rispetto ai prezzi); il parametro di
velocit v raccoglie ilcontributo di tutte le componenti autonome
della domanda interna. Notareche nella AD non compare n la
componente autonoma della domanda esteran il tasso di cambio
reale.53 Per quanto riguarda la AS abbiamo adottato la
52In generale lequilibrio del mercato dei beni impone la
condizione Y = C+I+G+Bc,ma dato che abbiamo sempre Bc = 0, si torna
alla condizione di equilibrio di uneconomiachiusa in cui le uniche
componenti rilevanti della spesa sono quella delle famiglie
(C),quella delle imprese (I) e quella dello Stato (G).
53 una conseguenza del fatto che le partite correnti devono
essere sempre in pareggio.
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stessa formulazione gi utilizzata nel modello (1). Anche in
questo caso, comenel modello (1), assumiamo la costanza, nel breve
periodo, della produttivitdel lavoro x e della componente interna
del mark-up z. Infine la BB non altro che la (3).
Eliminiamo il tasso di cambio dal sistema (4) risolvendo la BB
per e:
e = p + y
dove abbiamo posto = 12
e = 02. Sostituendo nella AS e risolvendo per
p otteniamo
p =1
1 (w x + z)
1 +
1 y
Raccogliendo le esogene e semplificando la notazione otteniamo
la seguentenuova versione della AS che, contrariamente alla
corrispondente versione delmercato chiuso, crescente:
p = + y
dove appunto abbiamo = 11
(w x + z) 1
e = 1
.Possiamo infine risolvere il modello costituito dalla AD e da
questa nuova
AS in modo da ottenere i valori di equilibrio del prodotto
nazionale e dellivello dei prezzi:
y = 11+
(m + v )
p = 1+
(m + v) + 11+
Infine, dati i valori di equilibrio y e p, otteniamo il tasso di
cambio cherende compatibile lequilibrio interno col vincolo del
pareggio delle partitecorrenti:
e = p + y
Il livello del tasso di cambio che assicura lequilibrio esterno
tanto maggiorequanto pi alto il livello del prodotto (come nella
versione a prezzi fissi)ma anche tanto pi alto quanto maggiore il
livello dei prezzi. Natu-ralmente, data la correlazione diretta tra
prodotto e prezzi, la svalutazionenecessaria a ristabilire
lequilibrio estero nel caso di politiche economiche e-spansive
(consentite dalluscita dalleuro e che giustificherebbero, appunto
lascelta di abbandonare la moneta unica) maggiore di quella del
modello acambi fissi. Nei termini del modello scritto sopra si
ottiene, dopo qualchesemplice passaggio, il seguente risultato per
lelasticit del tasso di cambionominale rispetto al prodotto:
de
dy=
de
dp
dp
dy+
de
dy=
1
1
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dove, lo ricordiamo, rappresenta il peso, sui costi, delle
materie primeimportate, mentre il rapporto tra lelasticit delle
importazioni rispettoal prodotto (1) e lelasticit delle partite
correnti rispetto al tasso di cambioreale (2).
54
A prima vista sembra che le conclusioni cui si perviene con la
versionedel modello AD-AS con cambi variabili e assenza di mobilit
dei capitalidescritta dal modello (4) siano qualitativamente le
stesse cui si perviene conla corrispondente versione del modello
con prezzi fissi.55 In entrambi i casiotteniamo una relazione e = f
(y) con f > 0, che ci d il livello del tassodi cambio che rende
compatibile il vincolo estero con lobiettivo interno: ilcontrollo
dello strumento del cambio consente di garantire il pareggio
dellepartite correnti (della bilancia dei pagamenti) per qualunque
livello di prodot-to e perci di importazioni si voglia raggiungere
manovrando gli strumentidalla politica monetaria e/o della politica
di bilancio per stimolare la do-manda aggregata interna. Come
abbiamo visto sopra, quando il livello deiprezzi endogeno, la
svalutazione del tasso di cambio (a parit di crescita delprodotto)
deve essere maggiore, perch le politiche di sostegno della doman-da
interna fanno crescere anche i prezzi.56 Ma questo non sembra
impedire ilraggiungimento di un qualunque obiettivo y fissato dalla
politica economica.Le cose, tuttavia, non sono cos semplici.
I salari. Qual leffetto sul salario reale di una politica
economica chealimenta la domanda aggregata interna per far crescere
il prodotto e lasciasvalutare il cambio nominale per garantire che
il vincolo estero sia soddisfat-to? La risposta che si ricava
subito dal modello : il salario reale (w p)diminuisce.
Precisamente, dato che nel breve periodo il salario nominale fisso
(w = w), la diminuzione del salario reale pari allaumento dei
prezzi,ossia p. Al riguardo, vale la pena osservare due cose:
(i) questa diminuzione del salario reale al crescere del
prodotto non hanulla a che vedere con quella che si verifica nelle
versioni concorrenziali delmodello AD-AS, in cui cio la produttivit
marginale decrescente. Nelnostro modello, infatti, la produttivit
marginale costante, sicch, se ci si
54Lelasticit del cambio e rispetto a y il prodotto di due
termini: il primo 11
> 1
mentre il secondo = 12
che minore di 1 dato che nel modello si assume che lacondizione
di Marshall-Lerner sia soddisfatta.
55Qualche differenza c. Si noti, per esempio, che in questo
modello in cui i prezzi sonovariabili la domanda estera conta (
dy
d0
= dyda
dad
dd0
> 0) perch un suo aumento, rendendomeno stringente il vincolo
delle partite correnti, sposta in basso la AS.
56 facile verificare che nel corrispondente modello a prezzi
fissi lelasticit del tasso dicambio rispetto al prodotto pari a ,
ed perci pi piccola.
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usc usc? 10-3-2015
trovasse in un mercato chiuso, il salario reale non diminuirebbe
al cresceredel prodotto;
(ii) la flessibilit dei salari uno dei requisiti (di riserva)
perch ununionemonetaria funzioni come unarea valutaria ottimale.
degno di nota, allora,che lefficacia delluscita dallunione
monetaria finisca col basarsi sullo stessorequisito. il caso,
comunque, di sottolineare una differenza tra le duesituazioni:
allinterno dellun