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Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia ISTITUTO COMPRENSIVO N. 3 P.zza XXV Aprile, 1 - 98066 Patti (ME) Tel. 094121408 - Fax 0941243051 – email: [email protected] - www.icradicebellini.gov.it CODICE FISCALE : 86000830835 - CODICE MECCANOGRAFICO : MEIC849001 [email protected] PROGETTO: LA DONNA DALLA PREISTORIA AD OGGI
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PROGETTO: LA DONNA DALLA PREISTORIA AD OGGI DONNA... · 8 marzo giornata internazionale della donna comunemente detta festa della donna un giorno per riflettere sulle conquiste sociali,

Nov 02, 2019

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Page 1: PROGETTO: LA DONNA DALLA PREISTORIA AD OGGI DONNA... · 8 marzo giornata internazionale della donna comunemente detta festa della donna un giorno per riflettere sulle conquiste sociali,

Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca

Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia

ISTITUTO COMPRENSIVO N. 3

P.zza XXV Aprile, 1 - 98066 Patti (ME)

Tel. 094121408 - Fax 0941243051 – email: [email protected] - www.icradicebellini.gov.it

CODICE FISCALE : 86000830835 - CODICE MECCANOGRAFICO : MEIC849001

[email protected]

PROGETTO: LA DONNA DALLA PREISTORIA AD OGGI

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8 MARZO

GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA

comunemente detta

FESTA DELLA DONNA

UN GIORNO PER RIFLETTERE SULLE CONQUISTE SOCIALI,

POLITICHE D ECONOMICHE DELLE DONNE, MA ANCHE

SULLE DISCRIMINAZIONI E LE VIOLENZE CHE SUBISCE

ANCORA OGGI IN OGNI PARTE DEL MONDO.

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PERCHE’ PROPRIO L’8 MARZO?

Perché proprio l’8 marzo del 1908 a New York 129

operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per

protestare contro le terribili condizioni in cui erano

costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per

alcuni giorni finché l’8 marzo il proprietario Mr.

Johnson bloccò tutte le porte della fabbrica per

impedire alle operaie di uscire dallo stabilimento.

Ci fu un incendio doloso e le 129 operaie prigioniere

all’interno dello stabilimento morirono arse dalle

fiamme. Da allora l’8 marzo è stata proposta come

giornata di lotta internazionale a favore delle donne.

Fu CLARA ZETKIN a prendere la decisione nel 1910 a

Copenaghen di celebrare la giornata internazionale

della donna.

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PERCHE’ LA MIMOSA?

La scelta di utilizzare la mimosa come simbolo

della festa risale al 1946 quando l’U.D.I. ( Unione

Donne Romane )romana che organizzava le

celebrazioni cercava un fiore di stagione a buon

prezzo.Scelse la mimosa come fiore perfetto

per simboleggiare la festa della donna: infatti

cresce spontaneamente in molte parti d’Italia,

è economico ed è facile avere un rametto

piccolo da appuntare alla camicetta o alla

giacca.

Secondo gli Indiani d’America i fiori della

mimosa significano forza e femminilità. Non è

quindi un caso che sia stato eletto fiore simbolo

della festa della donna: non solo infatti fiorisce

proprio in concomitanza dell’8 marzo, ma ha

unsignificato in linea con la festa

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DONNA NEL PALEOLITICO

Nel Paleolitico i gruppi sociali erano nomadi, si procuravano il necessario per

vivere attraverso la caccia e la raccolta e si spostavano alla ricerca di cibo. La caccia

ai grandi animali era prerogativa degli uomini, più dotati fisicamente, ma non

costituiva una fonte di cibo sicura. La sopravvivenza della comunità era dunque

assicurata dalle donne: oltre che alla cura dei figli, esse si dedicavano anche alla

raccolta di erbe, radici e frutti, e alla cattura di piccoli animali. Le donne

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preistoriche riconoscevano le parti commestibili o le proprietà medicinali di ogni

pianta. Impararono che alcune di esse possedevano fibre robuste ed elastiche e

che altre potevano fornire tinture naturali. Conoscevano molto bene i cicli vitali

delle piante ed i luoghi in cui, a seconda della specie, esse crescevano più

abbondanti, conoscevano il tempo di maturazione dei frutti ed impararono i

meccanismi della riproduzione. Tutte queste conoscenze portarono alla scoperta

dell’agricoltura e dell’allevamento.

Gli archeologi hanno ritrovato molte statuette femminili risalenti al periodo

paleolitico. Si pensa che esse rappresentassero la capacità della donna di generare

la vita e che avessero un valore magico. Per tutti questi motivi, le comunità

paleolitiche riconoscevano alle donna un ruolo molto importante.

Quando le tribù da

nomadi divennero

stanziali le donne

ebbero più figli da

allevare e dovettero

lasciare agli uomini

il lavoro dei campi.

Mentre gli uomini si

dedicavano dunque

alla produzione del

cibo e di manufatti,

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le donne badavano ai figli e svolgevano attività all’interno della casa: cucinavano,

tessevano, lavoravano l’argilla. L'allontanamento dalle attività produttive e di

interesse pubblico portò ad escludere le donne anche dai luoghi o dalle situazioni

in cui venivano prese decisioni che riguardavano tutta la collettività.

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DONNA IN MESOPOTAMIA

La situazione delle donne in Mesopotamia, variava da città a città: in

genere avevano una posizione di sostanziale parità con l’uomo: potevano

occupare alte cariche e diventare anche sacerdotesse e regine. Le donne

di alto ceto, come le sacerdotesse e coloro che facevano parte delle

famiglie reali, sapevano leggere e scrivere. Anche le donne delle classi

meno elevate erano libere di andare nei mercati dove potevano comprare

e vendere, si occupavano delle faccende legali in assenza degli uomini,

potevano possedere proprietà, chiedere dei prestiti, occuparsi di affari in

proprio. Il potere e la libertà femminile diminuirono fortemente durante

la dominazione assira. Risale proprio a questo periodo un documento che

impone alle donne delle classi più elevate di portare il velo in pubblico.

Ecco alcune leggi del codice di Hammurabi che riguardano le donne:

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"Se una signora sposata mostra la sua faccia fuori dalla porta e insiste nel

comportarsi stupidamente, gettando discredito sulla sua famiglia, verrà

giudicata, e se suo marito decide di divorziare da lei, può divorziare senza

darle nulla come risarcimento per il divorzio".

DONNA EGIZIA

La donna egizia era considerata

pari all'uomo, tuttavia, erano gli

uomini a ricoprire quasi tutte le

cariche pubbliche, in ogni caso una

certa uguaglianza tra uomini e

donne si trovava solo nelle classi

elevate della società. Solo cinque o

sei donne diventarono faraone, ma

molte regine collaborarono

attivamente con i loro mariti nel

governo del regno. Anche le figlie

dei faraoni godevano di una

posizione invidiabile: una di loro divenne addirittura “grande

sacerdotessa”. Quando si sposavano le donne, continuavano a disporre

dei loro beni, e li mantenevano in caso di divorzio. Anche davanti alla

legge godevano degli stessi diritti e doveri degli uomini: erano

responsabili delle loro azioni e potevano essere portate in giudizio e

punite come gli uomini. Le principali fonti indicano che nell'Egitto antico,

tra le classi meno elevate, esisteva una divisione del lavoro in base al

sesso.

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I servitori maschi si occupavano degli uomini, le donne, invece, erano a

servizio delle signore. I servitori occupati nelle grandi tenute dei nobili o

nei templi partecipavano alla lavorazione del pane e della birra, ma le

donne erano specializzate nella filatura e nella tessitura. Un altro compito

esclusivo delle donne era quello della balia, la donna che allattava figli

non suoi; nel caso dei figli del re, soltanto donne appartenenti alla classe

nobile potevano esercitare questa funzione. Nelle campagne, le

contadine non partecipavano alla maggior parte delle attività agricole e

pastorizie, ma collaboravano alla raccolta del grano.

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LA DONNA EBREA

La Legge contenuta nella Torah sosteneva l’inferiorità della donna all'uomo sotto ogni aspetto. Per questa ragione la donne ebree non potevano partecipare alla vita pubblica, né testimoniare ai processi. L’occupazione della donna consisteva quindi nel disbrigo dei lavori domestici. Le donne non erano neanche tenute allo studio della Bibbia, che invece era richiesto agli uomini. Quando entravano nel Tempio non potevano oltrepassare il vestibolo, e nelle sinagoghe non partecipavano né alla lettura della Torah, né alle preghiere. I padri potevano decidere se vendere le figlie come schiave oppure stipulare un contratto di matrimonio. Le ragazze di solito si sposavano assai giovani, fra i 12 e i 14 anni. Il fatto di rimanere senza figli, era considerato una grande sventura, addirittura un castigo di Dio, per questo se dopo dieci anni di matrimonio non erano ancora nati figli, il marito poteva ripudiare la moglie. Le donne accusate di tradimento venivano condannate a morte per lapidazione, venivano cioè giustiziate scagliando contro di loro pietre fino a provocarne la morte.

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DONNA CRETESE

La donna cretese era tra le donne più libere del mondo antico, partecipava

alle feste e alle cerimonie pubbliche, era sacerdotessa e aveva un ruolo

sociale di tutto rilievo.

Era

considerata al pari degli uomini, godeva di una certa libertà, era libera di

uscire quando voleva e di lavorare ""alla pari"" con gli uomini nei campi o

nelle fabbriche di ceramica, guidava con le redini il carro tirato dai buoi,

girava liberamente nella città e poteva conversare in pubblico.

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Assisteva agli spettacoli sportivi e teatrali praticava la caccia e Assisteva

diversi sport ( perfino il pugilato e la corrida).

DONNA GRECA

In tutte le città greche le donne occupavano una posizione inferiore

rispetto a quella degli uomini. Esse dovevano massimo rispetto ed

obbedienza, prima al padre e poi al marito, non potevano permettersi di

interessarsi di questioni al di fuori

della famiglia, né possedere alcun

bene o proprietà. Le donne non

avevano la cittadinanza, quindi non

godevano dei diritti politici: non

potevano partecipare alle

assemblee, né votare, né

candidarsi alle cariche pubbliche.

Erano escluse anche dai giochi

olimpici che non potevano

neppure seguire come spettatrici. .

Le donne sposate delle classi più elevate, vivevano relegate nei ginecei, le

stanze destinate alle donne. Erano autorizzate a lasciare l’abitazione solo

per partecipare a nozze, processioni o funerali. In questi casi erano

sempre accompagnate da un parente maschio (il padre, il marito, il

fratello o il figlio) o in via del tutto eccezionale da uno schiavo. Quando

erano in pubblico dovevano tenere il capo e il volto coperti da un velo.

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Le fanciulle di condizione elevata trascorrevano la loro infanzia rinchiuse

tra le mura del gineceo giocando con bambole o con altri giochi, come la

palla, la trottola, l’altalena o il cerchio, ma crescevano completamente

ignoranti poiché non si riteneva necessario dare loro un’istruzione

regolare come si faceva con i figli maschi. Le bambine venivano promesse

in sposa dai padri fin dalla più tenera età. La promessa di matrimonio

consisteva generalmente in uno scambio di doni: spesso veniva scelto

come sposo chi offriva doni di maggiore valore, ma il consorte poteva

anche essere scelto in base al prestigio sociale di cui godeva. In cambio il

padre concedeva una dote. Le nozze, poi, si celebravano quando le

fanciulle avevano tra i 14 e i 16 anni. Il marito, invece era sempre molto

più anziano, l'uomo greco, infatti, si sposava all'età di circa trent'anni. I

due sposi spesso si incontravano per la prima volta il giorno stesso delle

nozze. Se restava vedova, la donna doveva dipendere dai figli, se erano

adulti, o doveva tornare sotto la protezione del padre o del parente più

prossimo.Il primo compito della moglie era quello di assicurare al marito

una discendenza, cioè di mettere al mondo dei figli. Il secondo compito

era quello di prendersi cura della casa. L’uomo infatti era spesso assente:

andava in campagna per sorvegliare i lavori, se possedeva dei campi,

oppure al porto, se era un commerciante, oppure si recava nell’agorà per

partecipare alla vita politica o per fare spese, mansione che le donne non

potevano svolgere. Durante il giorno la donna, insieme alle serve, si

recava alla fontana ad attingere l’acqua, si occupava del bucato,

ricamava, filava o tesseva al telaio e preparava il pranzo. Infine, nei

momenti di ozio poteva far visita alle amiche che abitavano nelle

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momenti di ozio poteva far visita alle amiche che abitavano nelle

vicinanze della casa.

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DONNA ETRUSCA

Per gli Etruschi la donna

aveva diritti pari a quelli degli

uomini, poteva partecipare ai

banchetti conviviali sdraiata

sulla stessa kline del suo

uomo, assistere ai giochi

sportivi, ed agli spettacoli ,

vestire in modo spregiudicato

ed era istruita. Fu, quindi, la

prima donna trattata con dignità, in un periodo in cui altre culture la

consideravano inferiore. Per i Romani questa eguaglianza era quasi

scandalosa e, per questo motivo consideravano le donne etrusche poco

serie.

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LA DONNA ROMANA

Nei primi secoli della storia di Roma e durante tutta l’epoca repubblicana,

l’uomo fu il capo indiscusso della famiglia, con un potere di vita e di

morte sulla moglie, sui figli e sulla servitù. Soltanto l'uomo godeva dei

diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, intraprendere la carriera

politica), la donna ne era del tutto esclusa. Anche per esercitare i diritti

civili (sposarsi, ereditare, fare testamento) aveva bisogno del consenso di

un uomo: prima il padre, poi il marito e, se restava vedova, il parente

maschio più prossimo. Le donne romane non avevano neppure diritto ad

un vero nome proprio. Mentre ai maschi venivano assegnati tre nomi, alle

femmine veniva attribuito solo il cognomen, cioè il titolo della famiglia a

cui appartenevano, usato al femminile. Se le figlie erano più di una,

ricevevano nomi come Prima, Secunda, Tertia, Maxima, Maior, Minor

(cioè Prima, Seconda, Terza, La più grande, Maggiore, Minore) Il nome

proprio di una donna, comunque, non doveva essere conosciuto se non

dai più stretti familiari, non doveva mai essere pronunciato in pubblico e

non veniva scritto neppure sulla sua tomba. Le fanciulle ricevevano in

casa una sommaria istruzione, che riguardava per lo più l'economia

domestica, fino all'età di 12-14 anni circa, quando venivano considerate

adulte e pronte per il matrimonio, che veniva contrattato dal padre con il

futuro marito. Durante la cerimonia nuziale, alla domanda “Qual è il tuo

nome?” la sposa rispondeva con il cognomen dello sposo, che sostituiva o

si aggiungeva al precedente cognomen paterno. Il dovere della donna

sposata era quello di essere fedele al marito, di dirigere la casa, di

partorire figli, di curarli e di istruirli fino all'età di sette anni, da quel

momento essi passavano sotto la tutela del padre e la madre non aveva

più nessuna influenza su di essi.

In età imperiale le donne cominciarono ad acquisire maggiori diritti anche

se continuavano ad essere ritenute inferiori agli uomini. Potevano

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muoversi e agire con maggiore libertà, uscivano per fare spese o per

andare a trovare le amiche, potevano partecipare ai banchetti, agli

spettacoli oppure recarsi ai bagni pubblici e godevano di maggiore

rispetto anche da parte dei figli. Le donne di classe più elevata seguivano

attivamente la carriera politica del marito. Numerose donne si

dedicarono alla letteratura e alla grammatica, riuscendo in alcuni casi a

superare in bravura e prestigio alcuni fra i più illustri letterati dell'epoca.

DONNA NEL MEDIOEVO

La società medievale fu decisamente una società maschile, la donna era

considerata un essere inferiore, cosa che era confermata e ribadita dalla

Chiesa. La nascita di una bambina era vista come una disgrazia, e

provocava nei padri l'angoscia per la dote, che le avrebbero dovuto fornire.

Accolta male, nutrita male e vestita peggio dei suoi fratelli, la sua vita era

vista come votata a due sole attività: le cure casalinghe e la procreazione.

L'educazione femminile era quasi totalmente trascurata e le ragazze

vivevano sempre chiuse in casa, fatta eccezione per i momenti in cui

accompagnavano la madre nella chiesa parrocchiale.

Si cercava di non lasciare mai del tempo

libero alle ragazze, poiché l'ozio era ritenuto un cattivo consigliere. Giunte

all'età giusta, se non erano inviate in convento, le ragazze venivano date in

sposa ad un uomo prescelto dal loro genitore

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. Una volta sposate, uscivano dalla tutela paterna per passare a quella del

coniuge e si spostavano a casa con il marito. Le più fortunate divenivano le

padrone del focolare domestico ma nella maggior parte dei casi si

spostavano a casa dei suoceri, dove potevano essere sorvegliate in assenza

del marito. La vita pubblica delle donne medievali era assai limitata. Alle

donne era vietato esprimersi in pubblico, tanto che, anche nelle cause

legali, queste dovevano farsi rappresentare da un uomo, ossia dal padre,

dal marito o dal parente maschio più vicino. Come abbiamo detto, le

ragazze che non venivano date in moglie a nessuno, se non erano messe a

servizio, venivano mandate nei conventi.

La clausura ha rappresentato, per lungo tempo, l'unica possibilità, per una

donna, di accedere alla cultura.

I conventi servivano anche da

ricovero per le donne bisognose. A partire dagli inizi del XIII secolo,

comparvero molte fondazioni di ordini e di monasteri per donne. Queste

comunità femminili di religiose vivevano soprattutto grazie ai compensi

ricavati dall'artigianato e dalla cura dei malati.

DONNA NEL RINASCIMENTO

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Con il Rinascimento assistiamo ad un profondo cambiamento della

posizione delle donne negli eventi politici e storici. Le donne iniziano ad

occupare anche spazi diversi, che le vedono protagoniste degli eventi

storici, ed in alcuni casi anche di guerre, entrano "in politica": sono

duchesse, marchese, principesse o regine. Il loro ruolo è ancora spesso

marginale, e l'educazione femminile è più modesta di quella degli uomini,

ma le figure femminili dominano il panorama politico e culturale di questo

periodo. Diventano sovrane rispettate, contesse temute o ideali letterari

a

come ad esempio Caterina de' Medici, La maternità era ancora considerata

come la funzione principale delle donne. In questo periodo era più gioiosa

la nascita di un figlio maschio perché perpetuava il nome della famiglia. Si

afferma come novità storica la figura della donna come artista: pittrice,

disegnatrice, scultrice.

. 1700, 1800 E 1900 IL CAMMINO CONTINUA

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Nel Settecento la donna acquisì una libertà maggiore rispetto alle epoche

precedenti. Pur restando fortemente soggetta alle leggi paterne, una volta

sposata era libera di esercitare una sorta di dominio. Andava ai ricevimenti

e ai concerti dove poteva incontrare il futuro marito.

Continuò a non godere degli stessi diritti dell’uomo, poteva essere solo

“figlia” o “moglie”di un uomo e non una persona autonoma e

indipendente. Verso la fine del secolo, però, le cose iniziarono lentamente

a cambiare: stanca di subire, stanca di vivere al di sotto dell’uomo, del

marito, stanca di essere considerata inferiore, stanca di non avere diritti

sociali e politici pari a quelli del “sesso forte”, la donna ha cercato di

liberarsi gradualmente ma in modo determinato della sua subordinazione,

ha cercato un’emancipazione sessuale e un’indipendenza sociale. Presso le

famiglie aristocratiche si diffuse l’idea che era importante garantire alla

donna una certa istruzione anche se inferiore a quella dei maschi, perché

una buona moglie doveva non solo fare figli, ma fare anche bella figura in

società e intrattenere gli ospiti con una conversazione colta e brillante. Tra

le classi più povere e soprattutto in città la donna iniziò a fare dei lavori

fuori casa: lavandaia, serva, cucitrice ecc. In questo modo iniziava ad

avere una vita autonoma al di fuori della famiglia. .

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La lotta delle donne non è stata una lotta facile, non è stata una lotta

breve, né tantomeno inutile. Spicca in questo secolo la figura di Olympe de

Gouges

((Montauban, 7 maggio 1748 – Parigi, 3 novembre 1793) una

drammaturga francese nel 1791 pubblicò la Dichiarazione dei diritti

della donna e della cittadina in cui dichiarava l'uguaglianza politica e

sociale tra uomo e donna. Si trattava di chiedere dei diritti, che erano

negati, di modo che le donne potessero diventare delle cittadine sotto ogni

aspetto. Essere dunque cittadine a pari titolo degli uomini. Olympe dedicò

la Dichiarazione a Maria Antonietta, regina di Francia, sostenendo che la

regina era una donna oppressa come le altre.

Il XIX fu il secolo che vide il sorgere dei movimenti di emancipazione

della donna, per la rivendicazione dei diritti sociali e politici. Numerose

furono le battaglie civili tra cui quella delle "suffragette" , che

chiedevano il diritto di voto universale, ossia anche per la donna.

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Negli ultimi decenni del XIX secolo, tuttavia, il movimento per

l'emancipazione della donna, si intrecciò strettamente a quello operaio e

socialista e con il congresso delle donne indetto nel 1908 a Roma dal

Consiglio nazionale delle donne nacque il suffragismo femminile

italiano.

Passò però ancora del tempo prima che la donna europea potesse

esprimere la sua opinione votando. Il primo paese europeo fu la Svezia, nel

1866, ma per la maggior parte degli altri Paesi europei la donna dovette

aspettare il 1945. In Italia si votò il 10 marzo1946 (ricorrono quest'anno i

sessant'anni ).

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Nel 1848 più di cento persone tennero a New York la prima assemblea sui

diritti delle donne sostenute dall'abolizionista Lucrezia Mottche si

opponeva alla schiavitù, e dalla femminista Elisabeth Cady Stanton,

Il Novecento è stato definito “Il secolo delle donne”, i movimenti

femministi dilagano in tutta Europa, in Italia nel 1946 le donne vanno per

la prima volta a votare.

La lotta per la parità dei diritti riprende negli anni 60/70 con i movimenti

femministi e dopo il diritto di voto, altri traguardi importanti sono stati la

possibilità di divorziare, la legalizzazione dell’aborto e l’indipendenza

economica.

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La donna scopre le gambe grazie all'invenzione della minigonna , diventa

più sicura di sé e vuole un riconoscimento maggiore in famiglia e nel

mondo lavorativo e politico.

LA CONDIZIONE DELLA DONNA NEL

MONDO OGGI

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Indubbiamente la vita della donna oggigiorno è molto diversa da quella

immutabile delle sue antenate,oggi è parte fondamentale della nostra

società, può svolgere lavori pari a quelli degli uomini, è dirigente di

azienda, corre per la presidenza degli Stati Uniti (come Hilary Clinton) ed

è finalmente rispettata non solo nell’Occidente sviluppato. Nonostante

questi grossi risultati,però, la donna combatte ancora per la difesa della

propria dignità soprattutto nel terzo mondo dove viene sottoposta a delle

vere mutilazioni e in zone come il Medio Oriente, l’Africa ed il

subcontinente indiano la sua condizione è ancora difficile e la parità un

sogno. Molte donne cercano di scappare da queste assurde condizioni di

vita cercandone altre migliori, ma poche vi riescono. Siamo nel 2016 e si

sentono ancora notizie di donne vittime di violenza, abusi sessuali e

stalking, non c’è giorno in cui anche in Italia delle donne non vengano

uccise da chi fino a poco tempo prima diceva di amarle.

Mariti o ex mariti, fidanzati o ex fidanzati che pensano di essere i

proprietari delle loro donne e che, non accettando un loro rifiuto le

picchiano fino ad ucciderle.

C’è dunque molto da fare anche nel nostro bel paese che pure molti passi

avanti ha fatto in tema di parità e rispetto dei diritti delle donne.

LA DONNA IN AFRICA

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Oggi in Africa ci sono due livelli di donna: c’è la donna della famiglia

tradizionale che ha una condizione a sé, è madre e custode del focolare

domestico e il più delle volte non ha avuto la possibilità di studiare, deve

combattere contro la siccità, la fame, l’aids e spesso vede morire i propri

figli davanti a sé senza poter fare nulla. In alcuni stati la situazione risulta

drammatica, come in Niger dove ancora oggi viene praticata la

“lapidazione femminile” come condanna a morte per aver commesso

adulterio.

La donna che vive in città, invece, ha la possibilità di andare a scuola e

rivestire in futuro incarichi con maggiori responsabilità nel campo delle

cariche istituzionali, del commercio, della giustizia e dell’insegnamento.

LA DONNA IN ASIA

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In molte zone dell’Asia accade ciò che accadeva nell’Antica Roma dove la

nascita di una figlia femmina era considerata una disgrazia e spessissimo

le bambine appena nate venivano abbandonate senza che la legge punisse

chi si macchiava di una tale colpa.Nell’India di oggi nonostante i

movimenti femministi degli anni Ottanta, la ratifica nel 1993 della

Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di

discriminazione contro le donne, Amnesty International denuncia il

persistere a tutt'oggi di tali discriminazioni all'interno della famiglia e della

società.

Anche se per legge la donna è uguale all’uomo da tutti i punti di vista, la

realtà è molto diversa. Infatti circa metà delle donne indiane è sottomessa e

subisce continuamente violenze fisiche e morali. Secondo le statistiche

circa la metà delle donne indiane tra i 10 e i 15 anni sono già sposate e il

10/15% delle adolescenti hanno già figli.

Le bambine non vengono nutrite né curate come i figli maschi, le donne

vengono sfruttate nelle attività domestiche e percepiscono salari inferiori

agli uomini, svolgono lavori durissimi. Le figlie sono considerate come

detto un peso per la famiglia.

LA DONNA IN AFGANISTAN.

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La condizione della donna in Afganistan è veramente molto drammatica.

Lo stesso termine “donna”viene usato dalle donne come un insulto. Le

famiglie festeggiano la nascita di un figlio maschio, ma non quella di una

femmina perché la femmina è considerata “stupida dalla nascita”.Ella è

una risorsa economica come la terra, la casa o il bestiame e appartiene

all’uomo. La donna vive reclusa nella casa, si prende cura dei figli e degli

anziani non ha diritto alla proprietà e all’eredità. La società afgana è

culturalmente “contro la donna”la quale non ha diritto al “sapere”.Nel

1994 con l’avvento al potere dei Talebani la situazione è precipitata,

perché hanno eliminato ogni segno di modernità e di libertà. Hanno privato

la donna dei più elementari diritti:

diritto all’istruzione (le scuole femminili sono state chiuse)

diritto al lavoro (i datori di lavoro sono stati minacciati di atroci

conseguenze se avessero assunto una donna)

diritto di spostarsi (nessuna donna può uscire da sola ma, solo

accompagnata da un membro scelto dalla sua famiglia)

diritto alla salute(nessuna donna può essere visitata da un dottore

maschio )

diritto di divertirsi (tutti i locali di divertimento sono stati chiusi, le

donne cantanti non possono cantare perché la loro voce provoca gli

uomini.

La donna, quindi, non è considerata un essere umano. Da quando i

Talebani sono al potere picchiare e maltrattare le donne è diventato legale,

normale. Costrette a vivere con ogni centimetro di pelle coperto da un

pesante velo, il burka che le nasconde agli occhi del mondo e permette loro

di vedere grazie ad una fitta rete all'altezza degli occhi.

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Donne fantasma che se scoprono anche solo un centimetro di pelle sono

frustate, riempite di botte,lapidate e spesso uccise, che si vedono tagliare le

dita delle mani per aver messo lo smalto alle unghie o che sono sfigurate

perché troppo belle.

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Questa foto ritrae il volto deformato di MalalaYousafzai, una ragazzina

pakistana che viveva felice nel nord del Pakistan e che voleva studiare pèr

diventare medico ma con i Talebani al potere andare a scuola era diventato

difficilissimo perché per loro la donna non ha nessun valore. Malala, però

ha alzato la voce, ha sfidato il potere, ha lottato per difendere il diritto allo

studio suo, di tutte le bambine del Pakistan e di tutte le ragazzine che non

possono farlo in molte parti del mondo per l’insensatezza dei grandi. Per

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questo ha rischiato la vita in un attentato preparato dal capo dei Talebani

ma lei, più forte di prima, ha continuato la lotta e piccola tra i grandi ( ha

appena 16 anni ) ha gridato il rivendicato il diritto allo studio dalla sede del

Parlamento Europeo e dal palazzo delle Nazioni Unite.

Da quanto detto si capisce che se è vero che tanto è stato fatto perché la

donna sia considerata pari all’uomo e portatrice di diritti tanto altro resta

ancora resta da fare in molte parti del mondo per arrivare ad una vera

parità tra i sessi e al riconoscimento della donna come entità giuridica.

CLASSE V A

SCUOLA PRIMARIA

PIAZZA XXV APRILE