Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia ISTITUTO COMPRENSIVO N. 3 P.zza XXV Aprile, 1 - 98066 Patti (ME) Tel. 094121408 - Fax 0941243051 – email: [email protected] - www.icradicebellini.gov.it CODICE FISCALE : 86000830835 - CODICE MECCANOGRAFICO : MEIC849001 [email protected]PROGETTO: LA DONNA DALLA PREISTORIA AD OGGI
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PROGETTO: LA DONNA DALLA PREISTORIA AD OGGI DONNA... · 8 marzo giornata internazionale della donna comunemente detta festa della donna un giorno per riflettere sulle conquiste sociali,
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Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca
operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per
protestare contro le terribili condizioni in cui erano
costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per
alcuni giorni finché l’8 marzo il proprietario Mr.
Johnson bloccò tutte le porte della fabbrica per
impedire alle operaie di uscire dallo stabilimento.
Ci fu un incendio doloso e le 129 operaie prigioniere
all’interno dello stabilimento morirono arse dalle
fiamme. Da allora l’8 marzo è stata proposta come
giornata di lotta internazionale a favore delle donne.
Fu CLARA ZETKIN a prendere la decisione nel 1910 a
Copenaghen di celebrare la giornata internazionale
della donna.
PERCHE’ LA MIMOSA?
La scelta di utilizzare la mimosa come simbolo
della festa risale al 1946 quando l’U.D.I. ( Unione
Donne Romane )romana che organizzava le
celebrazioni cercava un fiore di stagione a buon
prezzo.Scelse la mimosa come fiore perfetto
per simboleggiare la festa della donna: infatti
cresce spontaneamente in molte parti d’Italia,
è economico ed è facile avere un rametto
piccolo da appuntare alla camicetta o alla
giacca.
Secondo gli Indiani d’America i fiori della
mimosa significano forza e femminilità. Non è
quindi un caso che sia stato eletto fiore simbolo
della festa della donna: non solo infatti fiorisce
proprio in concomitanza dell’8 marzo, ma ha
unsignificato in linea con la festa
DONNA NEL PALEOLITICO
Nel Paleolitico i gruppi sociali erano nomadi, si procuravano il necessario per
vivere attraverso la caccia e la raccolta e si spostavano alla ricerca di cibo. La caccia
ai grandi animali era prerogativa degli uomini, più dotati fisicamente, ma non
costituiva una fonte di cibo sicura. La sopravvivenza della comunità era dunque
assicurata dalle donne: oltre che alla cura dei figli, esse si dedicavano anche alla
raccolta di erbe, radici e frutti, e alla cattura di piccoli animali. Le donne
preistoriche riconoscevano le parti commestibili o le proprietà medicinali di ogni
pianta. Impararono che alcune di esse possedevano fibre robuste ed elastiche e
che altre potevano fornire tinture naturali. Conoscevano molto bene i cicli vitali
delle piante ed i luoghi in cui, a seconda della specie, esse crescevano più
abbondanti, conoscevano il tempo di maturazione dei frutti ed impararono i
meccanismi della riproduzione. Tutte queste conoscenze portarono alla scoperta
dell’agricoltura e dell’allevamento.
Gli archeologi hanno ritrovato molte statuette femminili risalenti al periodo
paleolitico. Si pensa che esse rappresentassero la capacità della donna di generare
la vita e che avessero un valore magico. Per tutti questi motivi, le comunità
paleolitiche riconoscevano alle donna un ruolo molto importante.
Quando le tribù da
nomadi divennero
stanziali le donne
ebbero più figli da
allevare e dovettero
lasciare agli uomini
il lavoro dei campi.
Mentre gli uomini si
dedicavano dunque
alla produzione del
cibo e di manufatti,
le donne badavano ai figli e svolgevano attività all’interno della casa: cucinavano,
tessevano, lavoravano l’argilla. L'allontanamento dalle attività produttive e di
interesse pubblico portò ad escludere le donne anche dai luoghi o dalle situazioni
in cui venivano prese decisioni che riguardavano tutta la collettività.
DONNA IN MESOPOTAMIA
La situazione delle donne in Mesopotamia, variava da città a città: in
genere avevano una posizione di sostanziale parità con l’uomo: potevano
occupare alte cariche e diventare anche sacerdotesse e regine. Le donne
di alto ceto, come le sacerdotesse e coloro che facevano parte delle
famiglie reali, sapevano leggere e scrivere. Anche le donne delle classi
meno elevate erano libere di andare nei mercati dove potevano comprare
e vendere, si occupavano delle faccende legali in assenza degli uomini,
potevano possedere proprietà, chiedere dei prestiti, occuparsi di affari in
proprio. Il potere e la libertà femminile diminuirono fortemente durante
la dominazione assira. Risale proprio a questo periodo un documento che
impone alle donne delle classi più elevate di portare il velo in pubblico.
Ecco alcune leggi del codice di Hammurabi che riguardano le donne:
"Se una signora sposata mostra la sua faccia fuori dalla porta e insiste nel
comportarsi stupidamente, gettando discredito sulla sua famiglia, verrà
giudicata, e se suo marito decide di divorziare da lei, può divorziare senza
darle nulla come risarcimento per il divorzio".
DONNA EGIZIA
La donna egizia era considerata
pari all'uomo, tuttavia, erano gli
uomini a ricoprire quasi tutte le
cariche pubbliche, in ogni caso una
certa uguaglianza tra uomini e
donne si trovava solo nelle classi
elevate della società. Solo cinque o
sei donne diventarono faraone, ma
molte regine collaborarono
attivamente con i loro mariti nel
governo del regno. Anche le figlie
dei faraoni godevano di una
posizione invidiabile: una di loro divenne addirittura “grande
sacerdotessa”. Quando si sposavano le donne, continuavano a disporre
dei loro beni, e li mantenevano in caso di divorzio. Anche davanti alla
legge godevano degli stessi diritti e doveri degli uomini: erano
responsabili delle loro azioni e potevano essere portate in giudizio e
punite come gli uomini. Le principali fonti indicano che nell'Egitto antico,
tra le classi meno elevate, esisteva una divisione del lavoro in base al
sesso.
I servitori maschi si occupavano degli uomini, le donne, invece, erano a
servizio delle signore. I servitori occupati nelle grandi tenute dei nobili o
nei templi partecipavano alla lavorazione del pane e della birra, ma le
donne erano specializzate nella filatura e nella tessitura. Un altro compito
esclusivo delle donne era quello della balia, la donna che allattava figli
non suoi; nel caso dei figli del re, soltanto donne appartenenti alla classe
nobile potevano esercitare questa funzione. Nelle campagne, le
contadine non partecipavano alla maggior parte delle attività agricole e
pastorizie, ma collaboravano alla raccolta del grano.
LA DONNA EBREA
La Legge contenuta nella Torah sosteneva l’inferiorità della donna all'uomo sotto ogni aspetto. Per questa ragione la donne ebree non potevano partecipare alla vita pubblica, né testimoniare ai processi. L’occupazione della donna consisteva quindi nel disbrigo dei lavori domestici. Le donne non erano neanche tenute allo studio della Bibbia, che invece era richiesto agli uomini. Quando entravano nel Tempio non potevano oltrepassare il vestibolo, e nelle sinagoghe non partecipavano né alla lettura della Torah, né alle preghiere. I padri potevano decidere se vendere le figlie come schiave oppure stipulare un contratto di matrimonio. Le ragazze di solito si sposavano assai giovani, fra i 12 e i 14 anni. Il fatto di rimanere senza figli, era considerato una grande sventura, addirittura un castigo di Dio, per questo se dopo dieci anni di matrimonio non erano ancora nati figli, il marito poteva ripudiare la moglie. Le donne accusate di tradimento venivano condannate a morte per lapidazione, venivano cioè giustiziate scagliando contro di loro pietre fino a provocarne la morte.
DONNA CRETESE
La donna cretese era tra le donne più libere del mondo antico, partecipava
alle feste e alle cerimonie pubbliche, era sacerdotessa e aveva un ruolo
sociale di tutto rilievo.
Era
considerata al pari degli uomini, godeva di una certa libertà, era libera di
uscire quando voleva e di lavorare ""alla pari"" con gli uomini nei campi o
nelle fabbriche di ceramica, guidava con le redini il carro tirato dai buoi,
girava liberamente nella città e poteva conversare in pubblico.
Assisteva agli spettacoli sportivi e teatrali praticava la caccia e Assisteva
diversi sport ( perfino il pugilato e la corrida).
DONNA GRECA
In tutte le città greche le donne occupavano una posizione inferiore
rispetto a quella degli uomini. Esse dovevano massimo rispetto ed
obbedienza, prima al padre e poi al marito, non potevano permettersi di
interessarsi di questioni al di fuori
della famiglia, né possedere alcun
bene o proprietà. Le donne non
avevano la cittadinanza, quindi non
godevano dei diritti politici: non
potevano partecipare alle
assemblee, né votare, né
candidarsi alle cariche pubbliche.
Erano escluse anche dai giochi
olimpici che non potevano
neppure seguire come spettatrici. .
Le donne sposate delle classi più elevate, vivevano relegate nei ginecei, le
stanze destinate alle donne. Erano autorizzate a lasciare l’abitazione solo
per partecipare a nozze, processioni o funerali. In questi casi erano
sempre accompagnate da un parente maschio (il padre, il marito, il
fratello o il figlio) o in via del tutto eccezionale da uno schiavo. Quando
erano in pubblico dovevano tenere il capo e il volto coperti da un velo.
Le fanciulle di condizione elevata trascorrevano la loro infanzia rinchiuse
tra le mura del gineceo giocando con bambole o con altri giochi, come la
palla, la trottola, l’altalena o il cerchio, ma crescevano completamente
ignoranti poiché non si riteneva necessario dare loro un’istruzione
regolare come si faceva con i figli maschi. Le bambine venivano promesse
in sposa dai padri fin dalla più tenera età. La promessa di matrimonio
consisteva generalmente in uno scambio di doni: spesso veniva scelto
come sposo chi offriva doni di maggiore valore, ma il consorte poteva
anche essere scelto in base al prestigio sociale di cui godeva. In cambio il
padre concedeva una dote. Le nozze, poi, si celebravano quando le
fanciulle avevano tra i 14 e i 16 anni. Il marito, invece era sempre molto
più anziano, l'uomo greco, infatti, si sposava all'età di circa trent'anni. I
due sposi spesso si incontravano per la prima volta il giorno stesso delle
nozze. Se restava vedova, la donna doveva dipendere dai figli, se erano
adulti, o doveva tornare sotto la protezione del padre o del parente più
prossimo.Il primo compito della moglie era quello di assicurare al marito
una discendenza, cioè di mettere al mondo dei figli. Il secondo compito
era quello di prendersi cura della casa. L’uomo infatti era spesso assente:
andava in campagna per sorvegliare i lavori, se possedeva dei campi,
oppure al porto, se era un commerciante, oppure si recava nell’agorà per
partecipare alla vita politica o per fare spese, mansione che le donne non
potevano svolgere. Durante il giorno la donna, insieme alle serve, si
recava alla fontana ad attingere l’acqua, si occupava del bucato,
ricamava, filava o tesseva al telaio e preparava il pranzo. Infine, nei
momenti di ozio poteva far visita alle amiche che abitavano nelle
momenti di ozio poteva far visita alle amiche che abitavano nelle
vicinanze della casa.
DONNA ETRUSCA
Per gli Etruschi la donna
aveva diritti pari a quelli degli
uomini, poteva partecipare ai
banchetti conviviali sdraiata
sulla stessa kline del suo
uomo, assistere ai giochi
sportivi, ed agli spettacoli ,
vestire in modo spregiudicato
ed era istruita. Fu, quindi, la
prima donna trattata con dignità, in un periodo in cui altre culture la
consideravano inferiore. Per i Romani questa eguaglianza era quasi
scandalosa e, per questo motivo consideravano le donne etrusche poco
serie.
LA DONNA ROMANA
Nei primi secoli della storia di Roma e durante tutta l’epoca repubblicana,
l’uomo fu il capo indiscusso della famiglia, con un potere di vita e di
morte sulla moglie, sui figli e sulla servitù. Soltanto l'uomo godeva dei
diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, intraprendere la carriera
politica), la donna ne era del tutto esclusa. Anche per esercitare i diritti
civili (sposarsi, ereditare, fare testamento) aveva bisogno del consenso di
un uomo: prima il padre, poi il marito e, se restava vedova, il parente
maschio più prossimo. Le donne romane non avevano neppure diritto ad
un vero nome proprio. Mentre ai maschi venivano assegnati tre nomi, alle
femmine veniva attribuito solo il cognomen, cioè il titolo della famiglia a
cui appartenevano, usato al femminile. Se le figlie erano più di una,
ricevevano nomi come Prima, Secunda, Tertia, Maxima, Maior, Minor
(cioè Prima, Seconda, Terza, La più grande, Maggiore, Minore) Il nome
proprio di una donna, comunque, non doveva essere conosciuto se non
dai più stretti familiari, non doveva mai essere pronunciato in pubblico e
non veniva scritto neppure sulla sua tomba. Le fanciulle ricevevano in
casa una sommaria istruzione, che riguardava per lo più l'economia
domestica, fino all'età di 12-14 anni circa, quando venivano considerate
adulte e pronte per il matrimonio, che veniva contrattato dal padre con il
futuro marito. Durante la cerimonia nuziale, alla domanda “Qual è il tuo
nome?” la sposa rispondeva con il cognomen dello sposo, che sostituiva o
si aggiungeva al precedente cognomen paterno. Il dovere della donna
sposata era quello di essere fedele al marito, di dirigere la casa, di
partorire figli, di curarli e di istruirli fino all'età di sette anni, da quel
momento essi passavano sotto la tutela del padre e la madre non aveva
più nessuna influenza su di essi.
In età imperiale le donne cominciarono ad acquisire maggiori diritti anche
se continuavano ad essere ritenute inferiori agli uomini. Potevano
muoversi e agire con maggiore libertà, uscivano per fare spese o per
andare a trovare le amiche, potevano partecipare ai banchetti, agli
spettacoli oppure recarsi ai bagni pubblici e godevano di maggiore
rispetto anche da parte dei figli. Le donne di classe più elevata seguivano
attivamente la carriera politica del marito. Numerose donne si
dedicarono alla letteratura e alla grammatica, riuscendo in alcuni casi a
superare in bravura e prestigio alcuni fra i più illustri letterati dell'epoca.
DONNA NEL MEDIOEVO
La società medievale fu decisamente una società maschile, la donna era
considerata un essere inferiore, cosa che era confermata e ribadita dalla
Chiesa. La nascita di una bambina era vista come una disgrazia, e
provocava nei padri l'angoscia per la dote, che le avrebbero dovuto fornire.
Accolta male, nutrita male e vestita peggio dei suoi fratelli, la sua vita era
vista come votata a due sole attività: le cure casalinghe e la procreazione.
L'educazione femminile era quasi totalmente trascurata e le ragazze
vivevano sempre chiuse in casa, fatta eccezione per i momenti in cui
accompagnavano la madre nella chiesa parrocchiale.
Si cercava di non lasciare mai del tempo
libero alle ragazze, poiché l'ozio era ritenuto un cattivo consigliere. Giunte
all'età giusta, se non erano inviate in convento, le ragazze venivano date in
sposa ad un uomo prescelto dal loro genitore
. Una volta sposate, uscivano dalla tutela paterna per passare a quella del
coniuge e si spostavano a casa con il marito. Le più fortunate divenivano le
padrone del focolare domestico ma nella maggior parte dei casi si
spostavano a casa dei suoceri, dove potevano essere sorvegliate in assenza
del marito. La vita pubblica delle donne medievali era assai limitata. Alle
donne era vietato esprimersi in pubblico, tanto che, anche nelle cause
legali, queste dovevano farsi rappresentare da un uomo, ossia dal padre,
dal marito o dal parente maschio più vicino. Come abbiamo detto, le
ragazze che non venivano date in moglie a nessuno, se non erano messe a
servizio, venivano mandate nei conventi.
La clausura ha rappresentato, per lungo tempo, l'unica possibilità, per una
donna, di accedere alla cultura.
I conventi servivano anche da
ricovero per le donne bisognose. A partire dagli inizi del XIII secolo,
comparvero molte fondazioni di ordini e di monasteri per donne. Queste
comunità femminili di religiose vivevano soprattutto grazie ai compensi
ricavati dall'artigianato e dalla cura dei malati.
DONNA NEL RINASCIMENTO
Con il Rinascimento assistiamo ad un profondo cambiamento della
posizione delle donne negli eventi politici e storici. Le donne iniziano ad
occupare anche spazi diversi, che le vedono protagoniste degli eventi
storici, ed in alcuni casi anche di guerre, entrano "in politica": sono
duchesse, marchese, principesse o regine. Il loro ruolo è ancora spesso
marginale, e l'educazione femminile è più modesta di quella degli uomini,
ma le figure femminili dominano il panorama politico e culturale di questo
periodo. Diventano sovrane rispettate, contesse temute o ideali letterari
a
come ad esempio Caterina de' Medici, La maternità era ancora considerata
come la funzione principale delle donne. In questo periodo era più gioiosa
la nascita di un figlio maschio perché perpetuava il nome della famiglia. Si
afferma come novità storica la figura della donna come artista: pittrice,
disegnatrice, scultrice.
. 1700, 1800 E 1900 IL CAMMINO CONTINUA
Nel Settecento la donna acquisì una libertà maggiore rispetto alle epoche
precedenti. Pur restando fortemente soggetta alle leggi paterne, una volta
sposata era libera di esercitare una sorta di dominio. Andava ai ricevimenti
e ai concerti dove poteva incontrare il futuro marito.
Continuò a non godere degli stessi diritti dell’uomo, poteva essere solo
“figlia” o “moglie”di un uomo e non una persona autonoma e
indipendente. Verso la fine del secolo, però, le cose iniziarono lentamente
a cambiare: stanca di subire, stanca di vivere al di sotto dell’uomo, del
marito, stanca di essere considerata inferiore, stanca di non avere diritti
sociali e politici pari a quelli del “sesso forte”, la donna ha cercato di
liberarsi gradualmente ma in modo determinato della sua subordinazione,
ha cercato un’emancipazione sessuale e un’indipendenza sociale. Presso le
famiglie aristocratiche si diffuse l’idea che era importante garantire alla
donna una certa istruzione anche se inferiore a quella dei maschi, perché
una buona moglie doveva non solo fare figli, ma fare anche bella figura in
società e intrattenere gli ospiti con una conversazione colta e brillante. Tra
le classi più povere e soprattutto in città la donna iniziò a fare dei lavori
fuori casa: lavandaia, serva, cucitrice ecc. In questo modo iniziava ad
avere una vita autonoma al di fuori della famiglia. .
La lotta delle donne non è stata una lotta facile, non è stata una lotta
breve, né tantomeno inutile. Spicca in questo secolo la figura di Olympe de
Gouges
((Montauban, 7 maggio 1748 – Parigi, 3 novembre 1793) una
drammaturga francese nel 1791 pubblicò la Dichiarazione dei diritti
della donna e della cittadina in cui dichiarava l'uguaglianza politica e
sociale tra uomo e donna. Si trattava di chiedere dei diritti, che erano
negati, di modo che le donne potessero diventare delle cittadine sotto ogni
aspetto. Essere dunque cittadine a pari titolo degli uomini. Olympe dedicò
la Dichiarazione a Maria Antonietta, regina di Francia, sostenendo che la
regina era una donna oppressa come le altre.
Il XIX fu il secolo che vide il sorgere dei movimenti di emancipazione
della donna, per la rivendicazione dei diritti sociali e politici. Numerose
furono le battaglie civili tra cui quella delle "suffragette" , che
chiedevano il diritto di voto universale, ossia anche per la donna.