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CATENA ELEMENTARE Tutti i meccanismi che legano cibo, mercato, ambiente e salute PERIODICO DI APPROFONDIMENTO VERSO L’EXPO 2015 03|2012 GIUSEPPE DE SANTIS Quel sapere contadino che ci salverà INTERVISTA A MARCO BIANCHI Assaggia. Vediamo se ti piace... AGRICOLTURA BIOLOGICA PESCA SOSTENIBILE INDUSTRIA ALIMENTARE CULTURA
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Milano 2015 n.2

Mar 06, 2016

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Milano 2015

Catena Elementare, tutti i meccanismi che legano cibo, mercato, ambiente e salute.
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Catena elementare tutti i meccanismi che legano cibo, mercato, ambiente e salute

periodico di approfondimento verso l’expo201503

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2

giuseppe de santis

Quel sapere contadino che ci salverà

intervista a marco bianchi

assaggia. vediamo se ti piace...

agriColtura biologiCa

pesCa sostenibile

industria alimentare

Cultura

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n°2 marzo 2012Chiuso in redazione il 23.03.2012

Periodico di informazioneReg. Tribunale di Milano n° 434 del 03.08.2011Distribuito gratuitamente

direttore responsabileGiusy Palumbo

CoordinamentoMartina Milani

Hanno collaboratoGianpiero Calzolari, Giuseppe De Santis, Myriam Finocchiaro, Alessandra Guidi, Silvio Greco, Riccardo Luciani, Duccio Mondanelli, Umberto Montano, Laura Radice, Renato Rossi

CopertinaIllustrazione di Brunella Baldi

Webwww.2015milano.net

[email protected]

progetto graficoEDA Servizi - Firenze

stampaGlifo Associati s.c. – MilanoStampato su carta riciclata

Gli articoli e i testi di questo numero sono disponibili sotto la licenza Creative Commons, Attribuzione - Non CommercialeCondividi allo stesso modo 3.0

direttore editorialeMarco Tognetti

editoreLAMA - Development and Cooperation Agency

ufficio di milanovia Magolfa, 21 – 20143 MilanoTel: +39 3333386022

sede legalevia B. Latini, 73 – 50133 FirenzeTel/Fax: +39 055576962

www.agenzialama.eu

Catena elementare

Qualche tempo fa durante un viaggio di lavoro in India mi sono

imbattuto in un libro dal titolo “How to make business and friendship

in Europe”. Nel capitolo sull’Italia, sia sul fronte business che su quello

friendship, ampio spazio era dato al rito del mangiare, all’importanza

delle discussioni intorno alla tavola, agli apprezzamenti sulla varietà

e tipicità dei prodotti che l’ospite straniero vi avrebbe trovato. Inutile

ricordare quanto nella trasformazione del cibo si esprima una

cultura, e quanto l’Italia in questo mostri il suo essere Arlecchino.

E che dire della produzione alimentare? Piccolo è bello contro le

ragioni dell’industria? Tutela del territorio contro soddisfazione

del mercato? Le prossime pagine sono un giro sulla giostra del cibo

che aziona a sua volta la catena salute, mercato, ambiente, relazioni

internazionali, cultura e impresa.

Il risultato? C’è da divertirsi e anche molto di cui discutere nelle

prossime cene.

marco tognetti presidente di lama

doVe troVare la riVista

ACLI – Sede Provinciale Milano, Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB) Lombardia, Associazione LAST, ALTIS – Università Cattolica del Sacro Cuore, Cascina Cuccagna, Circolo 02PD, Circolo ARCI ARTEMISIA Cicco Simonetta, Circolo ARCI BITTE Milano, Compagnia delle Opere Milano, Cooperativa CMB, EXPO 2015 S.p.a., Fondazione Casa della Carità, Fondazione La Triennale Di Milano, Fondazione per l’Arte Contemporanea MUDIMA, Fondazione PLEF, Istituto di Psicoterapia del Bambino e dell’Adolescente, ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, ITIS – Istituto Tecnico Industriale ”Ettore Molinari”, Libreria Coop, Legacoop Lombardia, Ospedale dei Bambini Milano (OBM) ONLUS, Ostello Bello, R&P Legal, Teatro Franco Parenti, The Hub Milano, Università Commerciale Luigi Bocconi.

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il puntomorire di cibo La globalizzazione che ha investito già sul nascere il terzo Millennio non

ha risparmiato il settore alimentare, che si sta trasferendo nel villaggio

globale portando con sé una moltitudine di problematiche e generando

nuove contraddizioni.

Oggi non mangiamo più per vivere: vogliamo mangiare bene per vivere

meglio. Per questa ragione cerchiamo gli alimenti con le migliori caratteri-

stiche nutrizionali, motivo per il quale, ad esempio, sono aumentati i con-

sumi di pesce. Il pesce però, lo facciamo arrivare da zone distanti migliaia

di chilometri, quando alcune specie ittiche a km zero delle nostre coste

sono poco conosciute e sottoutilizzate, nonostante la loro ottima qualità e

la loro potenziale importanza per l’economia locale.

Importiamo alimenti da Paesi dove il forte aumento della capacità produt-

tiva non si è evoluto di pari passo con le buone pratiche di produzione e

di controllo, ma cerchiamo di arginare, qui in Italia, gli inconvenienti igie-

nico sanitari dovuti alle abitudini e alle pratiche alimentari di comunità di

immigrati presenti sul nostro territorio e provenienti da quegli stessi Paesi.

Ci appassioniamo al ristorante etnico di moda senza aver mai compreso

appieno, o magari dimenticando, l’eccellenza e l’importanza del patrimo-

nio gastronomico di casa nostra.

Cerchiamo il cibo genuino, ci orientiamo verso il prodotto biologico, ma ci

arrendiamo di fronte all’invasione del fast (molto spesso anche trash) food

che fa impennare i numeri relativi alle patologie legate a cattiva o eccessi-

va alimentazione con costi sociali e umani in continua crescita. Infatti, al

giorno d’oggi si muore più di cibo che di fame. E a dirlo è l’Organizzazione

Mondiale per la Sanità!

Tutto questo non può non farci riflettere sul fatto che in questo villaggio

globale qualcosa deve cambiare e per cominciare a farlo dobbiamo inve-

stire sull’arma più potente che possiamo usare: l’educazione.

Perché solo se investiamo in formazione, a partire dai bambini, avremo la

speranza di generare consumatori consapevoli, produttori responsabili e

controllori affidabili, e mai dimentichi che il cibo, la sua preparazione e il

suo consumo custodiscono valenze culturali e sociali talmente importanti

che vanno ben oltre la mera soddisfazione di un bisogno biologico.

renato rossiPer tutto il bio del mondo

silvio grecomessaggi dal mare

giuseppe de santisQuel sapere contadino che ci salverà

gianpiero CalzolariParole d’ordine: qualità e innovazione

umberto montanol’Italia a tavola

intervistamarco bianchi

“assaggia. Vediamo se ti piace…”

pillole dal web

notizie dall’eXpo

voci da milano

sommario

4

5

6

8

9

12

1415 16

l'opinione di

alessandra guidi professore associato di ispezione degli alimenti presso l'Università di pisa e direttore del Centro Sino italiano per la Sicurezza alimentare (CSiSa)

www.cerere.vet.unipi.it

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focus

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La Regione Lombardia ha recentemente promosso due importanti progetti che si annunciano come un coerente viatico allo sviluppo del tema dell’EXPO 2015 “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Si tratta di queste due iniziative: Sportello mense bio e Metti il bio nella tua mensa.

Per “bio” si intendono gli alimenti provenienti dall’agricoltura biologica di cui, in tutta Italia, c’è una forte e crescente domanda (+13% nel 2011). E sono soprattutto i genitori che, quando i loro bimbi sono a scuola, preferiscono ci sia il cibo bio nelle mense. Purtroppo le aziende agricole biologiche italiane, nonostante siano leader in Europa, sono ancora poche per soddisfare la domanda interna dei consumatori, tanto che è necessario sopperire a questa mancanza con le importazioni. Ma vista la forte richiesta, perché le aziende agricole tradizionali non si convertono in biologiche?Svolgere un'agricoltura industriale, concimando con fertilizzanti chimici, servendosi di pesticidi per le malattie delle piante e usando sistematicamente i farmaci negli allevamenti, è molto più semplice. L’agricoltura biologica invece è più complessa. Gli imprenditori agricoli bio sono tesi a produrre alimenti sani e nutrienti, mantenendo e aumentando la fertilità del suolo, senza usare prodotti chimici di sintesi e tanto meno OGM. Per fare questo devono attuare tecniche agricole con prodotti compatibili con la sa-lute ambientale. Inoltre, allevano gli animali senza ormoni per la crescita e senza antibiotici, nel rispetto di uno standard di vita non stressante, cercando di mantenerli in buona salute e limitando gli interventi veterinari. L’imprenditore agricolo bio si rivolge per lo più ai mercati locali e ai Gruppi di Acquisto Solidali (GAS), promuovendo la vendita diretta e le produzioni locali, rispettando il terri-torio, l’ambiente e la dignità del lavoro: concetto che passa sotto la definizione di Sovranità Alimentare.Il rispetto del regolamento europeo (Reg. CE 834/2007) consente di poter certificare i pro-dotti aziendali con il marchio di qualità bio, strettamente controllato. E tutto ciò richiede un’alta tecnologia moderna che, combinata agli antichi saperi contadini, produce una filosofia aziendale rivolta al bene comune. Questo tipo di agricoltura infatti, al contrario di quella industriale, tende ad aumentare i livelli occupazionali, avendo necessità di più mano d’opera ed essendo molto attenta al sociale. Per finire, è necessario rimarcare che numerosi studi internazionali hanno provato che l’agricoltura biologica è anche in grado di mitigare il tragico cambiamento climatico in atto, contribuendo a ridurre il riscaldamento globale del pianeta dovuto all’effetto serra.Il bio quindi, non è un tornare all’indietro, “ai tempi del medioevo”, anzi è l’inevitabile sviluppo del futuro agricolo mondiale, avendo ormai dimostrato di possedere anche ottime capacità produttive. L’agricoltura biologica non è solo una tecnica agricola che produce cibo sano ma un servi-zio ambientale e sociale di cui beneficia tutta la comunità. Purtroppo, come già accennato, le aziende agricole biologiche lombarde sono ancora poche in confronto alla domanda espressa dai consumatori. E se si riconoscessero consistenti contributi e incentivi per i ser-vizi ambientali e di salute pubblica che le imprese bio svolgono, probabilmente gli impren-ditori agricoli industriali sarebbero stimolati a convertirsi in aziende biologiche.Nei riguardi dei giovani cittadini e consumatori invece, sarebbe molto utile introdurre corsi di educazione alimentare in tutte le scuole, emancipando così le nuove generazioni verso buone pratiche nutrizionali.

Per tutto Il bIo del mondol'emanCipazione alimentare paSSa attraverSo Un Cibo Sano

renato rossi

agronomo, direttivo aiab associazione italiana agricoltura biologica

www.aiablombardia.it

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Sono diverse le analisi che documentano lo stato di salute dei mari e tutte registrano la stessa grave patologia che, essendo ormai riconosciuta, non possiamo più scegliere di ignorare.

La ventinovesima sessione della Commissione della Pe-sca della FAO ha divulgato un dato incontrovertibile: il sovrasfruttamento delle risorse di pesca e il conseguen-te progressivo impoverimento dei mari. Pavan Sukhdev, del Programma ambientale dell’ONU, ha recentemente dichiarato che “tra 40 anni gli oceani saranno senza pe-sci”. Prima di lui, molti biologi hanno dimostrato che per intere specie si sta avvicinando la scomparsa definitiva. Anche il Millennium Ecosystem Assessment ha messo in luce un impressionante depauperamento degli stock ittici (e questo anche a causa del miglioramento delle tecniche di pesca e delle tecnologie di navigazione utilizzate senza limite né controlli).Attualmente nel mondo sono oltre 78 milioni le ton-nellate di pesci, crostacei e molluschi selvatici pescate ogni anno. E dove vanno a finire tutte queste risorse rinnovabili che scompaiono dai nostri mari? Semplice: le mangiamo! Un miliardo e duecentomila persone ha come unica fonte di alimentazione i prodotti della pesca e solo la restante parte integra la propria dieta con altri prodotti.In Italia, il consumo di pesce rappresenta l’8% della spe-sa alimentare delle famiglie e il settore era fino allo scorso anno in continua crescita, anche perché principale alleato della nostra salute. Nel 2011, nel nostro Paese, sono state consumate 223mila tonnellate per un valore di circa 2 miliardi di euro. Al grande quantitativo però, non corri-sponde una varietà altrettanto vasta. La scelta si orienta tra pesci, crostacei e molluschi appartenenti a non più di dieci specie (a fronte delle oltre duecentocinquanta esi-stenti). Le più richieste sono: tonno, spigole, orate, sogliole, nasello, triglie, seppie, calamari, polpi, gamberi. Discorso a parte quello che riguarda i filetti, comunemente presentati sui banchi dei supermercati: nella maggior parte dei casi si tratta di pesce persico e pangasio (che altro non è che il pesce gatto), ambedue allevati in acqua dolce.Oltre che alla disponibilità delle specie, il mercato è certa-

messaggI dal mareCoSe da Sapere prima di entrare in peSCheria

mente poco attento (come per i prodotti della terra) anche al fattore della stagionalità.Per questo è oltremodo auspicabile la predisposizione di politiche che, informando sulla sostenibilità dei sistemi di cattura, determinino nel consumatore maggior consa-pevolezza nell’acquisto, più attenzione ai prodotti locali, e dunque regole di trasparenza sull’origine e la tracciabilità del pesce. Tutto questo aiuterebbe a promuovere anche il consumo di specie locali di scarso interesse commerciale, il cosiddetto “pesce povero”, il cui pregio e le cui qualità or-ganolettiche non hanno nulla da invidiare alle specie più conosciute.Anche l’ultimo rapporto della FAO su pesca e acquacol-tura ci ricorda che il mare, con i suoi abitanti, è seriamen-te malato. Specie d’alto mare sono in grave pericolo di

estinzione e un quarto delle popolazioni ittiche sono so-vrasfruttate o depauperate: oltre il 50% di queste è al li-vello massimo di cattura (al di sopra inizia il processo di diminuzione, ovvero si va verso l’estinzione), il 20% è tra quelle moderatamente sfruttate, e soltanto il 3% è sottosfruttato. In particola-re i tonni e alcune specie di merluzzi sono in una situa-

zione molto critica, e a fare loro compagnia in questo de-clino penoso ci sono gli squali. Il mare è alla mercé di un uomo che si comporta senza rispetto né cognizione di causa. La natura ha i suoi tempi: quelli della vita, che non possono confondersi con quelli del mercato. Se il ciclo vitale del tonno è di venti anni, che cosa signifi-ca pescarlo a soli due anni, quando ancora non si è ripro-dotto? E cosa ne sarà delle interazioni con le altre specie animali e vegetali?È giunta l’ora di dare il buon esempio. Facciamoci promo-tori di una vera rivoluzione perché i nostri piccoli gesti, uniti insieme, possano invertire una tendenza nefasta! Per noi, che apparteniamo al cosiddetto “mondo ricco”, cosa mettere nel piatto è ancora una scelta: possiamo e dobbiamo compierla consapevoli che il nostro bene e il nostro destino sono legati alla salute della terra e del mare e di chi, insieme a noi, li abita.

il mare è alla merCé di Un

Uomo Che Si Comporta Senza

riSpetto né Cognizione di

CaUSa. la natUra ha i SUoi

tempi: qUelli della vita, Che

non poSSono ConfonderSi

Con qUelli del merCato

sIlVIogreCo

biologo marino, presidente

del Consiglio scientifico di

Slow fish

www.slowfish.it

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Buono da mangiare, buono da pensare, buono da coltivare. Intorno a questo triangolo virtuo-so si è giocata per secoli la pratica quotidiana del consumo e della produzione del cibo.

L'avvento della modernizzazione agricola, oltre all'indub-bio risultato di svincolare l'umanità dal dramma dell'in-sicurezza permanente tramite importanti risultati nella crescita delle produzioni di alimenti a livello mondiale, ha rotto l'equilibrio che legava il cibo all’esperienza della sua coltivazione, emancipando le città dalle campagne, dividendo chi consuma da chi produce e concentrando il “sapere agricolo” in un numero limitato di operatori. Paradossalmente, tale abbondanza è ancora ricca di dise-guaglianze, rese evidenti dalla denutrizione di un miliardo di persone, ma anche dai nuovi conflitti scatenati dal con-trollo delle risorse, dalla questione ambientale, dall’urbaniz-zazione degli spazi rurali, dagli investimenti in tecnologia, dalla competizione tra cibo, acqua e agrocarburanti. Tali temi sono tornati al dibattito pubblico dopo la crisi alimentare del 2007, portando i governi a interrogarsi su quale fosse il modello agricolo più adeguato a sfamare il mondo e quali le politiche alimentari necessarie ad assicurare il pieno diritto al cibo. Per tentare di rispon-dere a queste domande, è utile ripercorrere alcune delle principali contraddizioni attribuite al modello agricolo industriale oggi dominante.

La prima riguarda il controllo delle risorse alimentari: chi (e dove) produce? Chi (e dove) consuma? Il calo dei prezzi alimentari registrato a livello mondiale tra la metà degli anni ‘70 e il 2005 ha giustificato un maggiore ricorso ai mercati internazionali da parte delle singole nazioni. La disponibilità di cibo a basso costo, derivante dalla sovrapproduzione agricola sovvenzionata dai Paesi sviluppati, ha facilitato l'incremento delle importazioni quale strategia di sicurezza alimentare, inducendo così molti Paesi in via di sviluppo a ristrutturare i propri setto-ri agricoli interni separando la produzione dal consumo e adattando i sistemi a una mera logica di esportazione. In-tere comunità hanno finito per abbandonare gli alimenti tradizionali in favore di prodotti provenienti dall’estero. Emblematico, a questo proposito, è il caso della diffusione delle farine di frumento nelle nazioni dell’Africa sub-sa-hariana, che sono oggi forti importatori netti di alimenti. I prodotti hanno iniziato a muoversi attraverso interme-diari, trasformatori e catene distributive, percorrendo grandi distanze (con un dispendio energetico enorme) ed eludendo la sovranità delle politiche nazionali. La fine dell'era del “cibo a buon mercato” e l'aumento dei prezzi delle commodities hanno presto evidenziato l'insoste-nibilità strutturale di questo modello, che sempre più determina fenomeni di instabilità sociale (si pensi alle recenti rivolte per il cibo in diverse parti del mondo).

merCato globale del Cibo: Contraddizioni e SCenari fUtUri

Quel saPere ContadIno Che CI salVerà

agronomo, project manager Settore food Security and food Sovereignty di aCra

www.acra.it

gIusePPede santis

focus

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Un secondo elemento di contraddizione, interno al modello ‘buono da vendere’, è quello che lega la sicurez-za alimentare alla qualità nutrizionale dei prodotti. A partire dagli anni '70 del secolo scorso infatti, la qualità della dieta alimentare mondiale ha subito un sostanziale cambiamento: l'incidenza della carne e degli oli vegetali è aumentata esponenzialmente a scapito di frutta e verdu-ra. Anche le previsioni sul futuro confermano la crescente rilevanza di tali alimenti che, insieme allo zucchero, apro-no la strada a una nuova forma di insicurezza alimentare, non più legata alla carenza di cibo, ma alla mancanza di qualità. Questa investe non solo i Paesi ricchi, dove continua a crescere il numero di persone obese, ma anche le grandi aree urbane del Sud del mondo.Un altro aspetto, oggi sempre più centrale nel dibattito sui modelli agricoli, è quello del clima. Si prevede che, a causa dei mutamenti climatici, nei prossimi cinquanta anni in ampie zone del pianeta la produttività agricola calerà di oltre il 50%, con conseguenze drammatiche sulla sicu-rezza alimentare. In quest’ambito, le soluzioni proposte rispondono a strategie complementari: limitare il danno, mitigando la velocità del cambiamento oppure tentare di adattarsi al clima che cambia. In entrambi i casi, il mo-dello dell'agricoltura contadina familiare appare quello più adatto e flessibile. La presenza attuale di un miliardo di piccoli agricoltori (che già oggi producono la maggiore parte del cibo nel mondo) equivale a disporre di un ricco serbatoio di saperi e possibili risposte resilienti a uno scenario futuro ancora largamente sconosciuto. La mitigazione dei conflitti qui brevemente accennati passa dunque attraverso il rispetto della diversità dei sistemi agricoli, il rafforzamento delle produzioni del territorio e il loro ricollegamento alle comunità. Qualcu-no comincia già a identificare questa nuova opportunità strategica in una nuova “Agricoltura Sapiens”. Cercare un’alternativa al modello agroindustriale infatti, non vuol dire perseguire un immaginario, romantico e anacronisti-co, pauperismo contadino. Si tratta piuttosto di assumersi una responsabilità collettiva nei confronti dell'agricoltura in quanto bene comune e non risorsa privata. E ritrovare un legame virtuoso con un cibo buono da mangiare, buono da pensare, buono da coltivare.

sunugal, assoCIazIone Italo senegalese, ha sCelto dI utIlIzzare Il tema del CIbo Come terreno dI CondIVIsIone e dIalogo tra PaesI. si intitola “le ricette di sunugal”, il vademecum prodotto in collaborazione con Fondazione Cariplo e Comune di milano, che illustra specialità, bevande e preparazioni della cucina tipica senegalese. Il buy, frutto del baobab, la Jaxatu, melanzana africana, e lo Yeét, mollusco essiccato al sole, sono alcuni degli ingredienti che potrete conoscere grazie a questo libro e ricercare al supermercato o nei negozi specializzati delle grandi città. da sempre sunugal – spiega il presidente moudou gueye - lavora per costruire ponti tra le culture e, in questo senso, il cibo si dimostra una delle forme più forti di comunicazione universale. nel ricettario, disponibile presso la sede dell’associazione milanese (via F. Casati 33/a), si trova anche una bella panoramica delle attività e dei progetti di cooperazione portati avanti in questi anni. Per maggiori informazioni: www.sunugal.it

riCette per il dialogo

scambio di sapori e saperi

bUono da mangiare, bUono da penSare, bUono da Coltivare

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focus

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Parole d’ordIne: QualItà e InnoVazIonel’eSperienza di Una grande indUStria alimentare italiana

In un’Italia che pare avere appena ritrovato un mini-mo di credibilità di fronte agli altri Paesi europei, ma il cui il Pil è in calo (-1% vs anno precedente) e nel quale il tasso di disoccupazione si aggira intorno al

9%, le famiglie in difficoltà riducono tutti gli acquisti. La spesa alimentare torna quella di trenta anni fa in termini di cifre: 2.400 Euro/anno per famiglia. A un calo dei con-sumi corrisponde anche uno spostamento su prodotti a inflazione più bassa (spesso quelli delle private label o le proposte dei discount) e a entrare in sofferenza sono i pro-dotti di marca.Nonostante uno scenario di mercato a tinte fosche e un mercato lattiero-caseario che sta fortemente cambiando (ricordo che dalla scorsa estate Parmalat è in mano a un’a-zienda francese di nome Lactalis), Granarolo cresce più del mercato. In Italia è il primo produttore di latte fresco, il secondo produttore di latte UHT e il terzo operatore nel segmento degli yogurt e dei caseari. A chi mi chiede quale sia il nostro segreto, rispondo che si tratta della sintesi di due ingredienti: qualità e innovazione.La qualità è data dal presidio dell’intera filiera produttiva

che permette di attuare alla stalla, insieme agli allevatori, una programmazione mirata e forte-mente orientata all’eccellenza del prodotto “lat-te” grazie a un sistema incentivante - introdotto sin dal 1982 - che prevede una remunerazione variabile al produttore, in funzione di parame-tri qualitativi ottenuti. Il modello di filiera con-

sente da un lato la migliore valorizzazione del produttore e del latte italiano tutelando così il territorio e il patrimo-nio agroalimentare nazionale, dall’altro di ottenere elevati standard qualitativi, oltre ad assicurare ai consumatori un prodotto raccolto, lavorato e distribuito minimizzando l’impatto ambientale dell’intero ciclo.L’altro ingrediente fondamentale per la reputazione di cui Granarolo gode sul mercato è la sua capacità di innova-re. E’ infatti d’obbligo per un’azienda che lavora materia prima comprata a un prezzo più alto di quello dei com-petitori e che deve quindi conquistarsi un ruolo diverso sul mercato, comprendere prima di tutti gli altri i trend a breve e a lungo termine.

L’innovazione non è solo nello stabilimento, ma dalla stal-la (e non c'è in Italia un altro operatore del settore delle no-stre dimensioni che possa fare altrettanto). Prevede infatti un forte contributo dei soci conferenti che partecipano in maniera attiva, con piani tesi a produrre latte destinato a precisi tipi di lavorazione. Un esempio per farmi capire: Granarolo sta lanciando una linea di prodotti per bimbi da 1 a 3 anni. Si tratta di un latte di crescita post svezza-mento, di uno yogurt, di dessert formulati in termini di ingredientistica e di porzioni per rispondere correttamen-te ai fabbisogni nutrizionali di quella fascia di età. Il latte utilizzato per produrre questi alimenti ha caratteristiche specifiche (ad esempio, le aflatossine molto basse rispetto al latte “per i grandi”) e l’ingredientistica è totalmente ispi-rata a principi di naturalità.In termini di numeri, l’obiettivo di breve termine di Gra-narolo è quello di raggiungere già nel 2012 un peso dell’in-novazione sul fatturato totale del 5%, pari a 50 milioni di Euro, che per una azienda food delle nostre dimensioni è una mèta ambiziosa. L’obiettivo di lungo termine vede la realizzazione di pro-getti che passano attraverso una attenta analisi dei cam-biamenti socio-demografici dei prossimi 5-10 anni, degli stili di vita e di consumo che genereranno nuovi bisogni. Saper interpretare questi nuovi bisogni e dare risposte con prodotti rappresenterà una leva di crescita e sviluppo che ci permetterà di aumentare ancora di più il peso dell’inno-vazione portandolo al 10% del fatturato complessivo.La strategia di innovazione del Gruppo si basa su cinque assi strategici che si integrano tra loro:

1) Valorizzazione della materia prima;

2) Nuovi target e nuovi momenti di consumo;

3) Nuovi mercati;

4) Servizio al consumatore.

gIanPIeroCalzolari

l’innovazione

non è Solo nello

Stabilimento, ma

dalla Stalla

presidente di granarolo

www.granarolo.it

la qUalità è data dal

preSidio dell’intera

filiera prodUttiva

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Da poco più di un anno l’UNESCO ha pro-clamato patrimonio dell’Umanità la gastro-nomia francese, la cucina tradizionale mes-sicana e la dieta mediterranea nella quale

rientra l’Italia, che condivide l’ambito riconoscimento con altri tre Paesi che affacciano sul Mare Nostrum: Gre-cia, Marocco e Spagna. Per molti addetti del settore però, è in dubbio il vantaggio che si potrà trarre da questo importante titolo: la condi-visione potrebbe produrre confusione e non si esclu-de che i benefici più consi-stenti possano non andare all’Italia. Questo timore, comprensibile al di là di ogni polemica, scaturi-sce dal dato sconfortante che ci vede al primo posto sul podio dei contraffatti d’Europa. In altre parole, si imbroglia di più con i prodotti della nostra tavola che con quelli del Marocco, della Grecia e della Spagna. Si poteva fare di più per portare l’UNESCO a definire un’identità territoriale precisa che andasse a vantaggio dell’Italia, riconoscimento internazionale che ha un chia-ro e positivo effetto sull’export di qualsiasi Paese: che sia patrimonio dell’umanità la gastronomia francese e non la nostra, non va proprio giù a quelli che lavorano con pas-sione in questo settore. Come non considerare che la cucina italiana è diventata, nel mondo, un modello da imitare tanto per la realizza-zione dei piatti quanto per gli ingredienti, per le tecniche di cottura come per il modo in cui si consumano i pasti? Per quanto la nostra sia una cucina essenzialmente con-tadina, dobbiamo tenere presente che l’Italia ha anche la più ricca tradizione di vita urbana del pianeta. Si pensi, a questo proposito, alle molte preparazioni che prendono il nome di città: fiorentina, genovese, milanese, napoletana, parmigiana, romana. Per secoli, le città italiane sono state il luogo in cui si incontravano tutti gli elementi possibili per fare grande una cucina: non solo ingredienti e competen-

umbertomontano

ristoratore e direttore del Centro

internazionale per gli Studi e la Cultura della dieta

mediterranea, promosso dalla

Camera di Commercio di

matera

ze, ma anche potenza, ricchezza e competizione sociale. Da questi elementi sono scaturite importanti e preziose diversità nelle nostre tradizioni gastronomiche, tali da far ritenere che in fondo una ‘cucina italiana’ non esista o che questa rischi di essere una definizione un po’ riduttiva.Si tratta piuttosto, di una vera e propria Civiltà della Tavo-la rappresentata da un insieme di aspetti che ci portano a identificare la storia della nostra cucina con la storia del nostro Paese, fatta di molte divisioni ma anche di bellezze

uniche e creatività. Sono queste caratteristiche ad aver generato una cucina di immensa e inimitabile varietà. Nessuna regione italiana è esclusa da que-sto primato di eccellenza: dai maccheroni alla nor-ma alla bagna cauda, dal risotto alla milanese alle orecchiette con le cime di

rapa, ai prodotti come il parmigiano e la mozzarella di bu-fala, per non parlare di olio, pane, pasta… l’elenco è infini-to. Vogliamo deciderci a dare un nome a questa straordi-naria varietà? Preferiamo intenderla come una divisione o un patrimonio comune? Diamole il nome che si merita, “Civiltà”, che ogni paesino, città, regione, da nord a sud, isole comprese, può vantarsi di interpretare e condividere; perché abbiamo il diritto di vedere custodite queste risor-se entro un unico, prezioso giacimento nazionale. Valorizziamolo, dunque, questo patrimonio e propo-niamo a una prossima assemblea UNESCO un nuo-vo riconoscimento tutto nostro. Lavoriamo perché il Ministro (quale?) faccia valere le ragioni antiche ed eccellenti che dovranno portare i nostri sfidanti ad ammettere che la “Civiltà della Cucina Italiana” è un patrimonio dell’umanità.

l’ItalIa a taVolaoriginalità e valore di Un patrimonio UniCo

per qUanto la noStra Sia

Una CUCina eSSenzialmente

Contadina, l’italia ha anChe

la più riCCa tradizione di vita

Urbana del pianeta.

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Informazione pubblicitaria

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Il Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down nasce nel 2003 con lo scopo di attivare e promuovere azioni di comunicazione unitarie e condivise tra diverse associazioni italiane - oggi sono in totale 75 - che si occupano di tutelare i diritti delle persone con sindrome di Down.Ogni seconda domenica di ottobre il CoorDown organizza la consueta Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down, appuntamento che vuole sensibilizzare l’opinione pubblica per creare una nuova cultura che superi i pregiudizi e luoghi comuni e che vuole promuovere l’integrazione sociale delle persone con sindrome di Down, soprattutto a scuola e nel mondo del lavoro, presupposti necessari e indispensabili per una vera autonomia.In occasione della passata Giornata Mondiale sulla sindrome di Down, celebrata il 21 marzo, il CoorDown e l’agenzia di pubblicità Saatchi & Saatchi hanno promosso, in un modo unico, l’importanza dell’integrazione: realizzandone un esempio eccezionale.Delle campagne pubblicitarie di alcuni tra i più importanti marchi nazionali ed internazionali - Averna, Carrefour, CartaSi, Enel, Illycaffè, Pampers, Toyota - è stata realizzata una versione alternativa, pianificata solo nella giornata del 21 marzo 2012.Nella versione alternativa, un attore dello spot originale o della campagna stampa, è stato sostituito da un attore con sindrome di Down. Con lo stesso spirito, persone con sindrome di Down sono stati protagonisti di presenze e partecipazioni all’interno di vari programmi televisivi, tra cui Le Iene, La Prova del Cuoco e Coffee Break.Le persone con sindrome di Down, se messe nelle condizioni migliori, possono integrarsi nella società e contribuire attivamente al suo sviluppo: possono laurearsi, possono lavorare con impegno e soddisfazione, possono guidare l’auto, possono suonare uno strumento, possono fare sport, anche a livello agonistico.L’integrazione delle persone con sindrome di Down è davvero possibile, non solo negli spot, ma anche nella vita reale.

Perché essere differenti è normale

sostiene i progetti di CoorDown

Firma la dichiarazione dei redditi e indica il Codice Fiscale 97378930586

del CoorDown o individua l'associazione sul territorioa te più vicina sul sito: www.coordown.it

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insomma marco ma è vero che il salutista è un tipo

noioso?

Sì forse un po’ lo siamo! (ride). Se però fanno tutti come me che invitano a casa gli amici e mostrano loro come si possono preparare cose buone, il gioco è fatto. Quando si va al risto-rante poi, bisogna essere un po’ elastici…In effetti “le ricette dei magnifici 20”, l’ultimo libro che

ha confermato il grande successo di pubblico di marco

bianchi, traghettandolo verso i canali televisivi di

Foxlife, che gli ha affidato la conduzione di un program-

ma, è una collezione di piatti niente affatto deprimenti

dove compaiono polpette, paté, crostate, crocchette e

tortini da acquolina in bocca.

ma cosa sono i “magnifici 20”?

Sono venti famiglie di alimenti che, se consumati in maniera corretta, si dimostrano un forte alleato per la salute. Perciò è utile imparare a cucinarli nei modi più disparati!

Ce ne dà un assaggio?

Tra le cose di cui non dovremmo fare a meno ci sono i cereali integrali, soprattutto quelli in chicco. Vanno benissimo il farro, l’orzo, il kamut, il riso, poi la pasta integrale, di grano duro e di grano saraceno. Ci servono tre porzioni giornaliere di verdura e due di frutta. Poi c’è il pesce, non di allevamento però, ma il pescato.e fin qui, tutto abbastanza risaputo e probabilmente già

catalogato nella nostra personale e affannosa lista di

“cose da fare”. C’è però anche un’altra dimensione su

cui occorre aggiornarsi e che riguarda quello che “non”

intervista a marco bianchi

assaggia. vediamo se ti piace… di martina milani

dovremmo fare. ad esempio? assumere latte e formag-

gio tutti i giorni.

perché non si può?

Dovremmo limitarci a poche porzioni a settimana di tutti i grassi e proteine animali, riducendo non solo il consumo dei derivati del latte ma anche delle carni rosse. Ne abusiamo senza accorgercene ma una dieta ricca di questi elementi rende l’organismo più suscettibile all’insorgenza di determi-nate patologie (come il diabete, i problemi tiroidei, i difetti a livello del tessuto adiposo, le malattie cardiovascolari e infine i tumori).

eppure, vivere in italia ci dovrebbe aiutare a rispettare

una dieta sana…

Per quanto riguarda alcune materie prime, sì. Penso all’olio extravergine di oliva che è il miglior condimento possibile essendo ricco di grassi insaturi che combattono gli effetti ossidanti dei radicali liberi e abbassano il livello di colesterolo cattivo (LDL), innalzando quello ‘buono’ (HDL). Penso alla pasta e al riso, i cosiddetti carboidrati complessi, che ci danno la giusta benzina per affrontare la giornata. e le mamme italiane? sono un ostacolo o un alleato alla

salute? Ciò che combinano le mamme è veramente un po’ esagerato nel senso che, purtroppo, vivono ancora nell’idea che il mangiar tanto sia sinonimo di benessere. Spesso cucinano piatti eccessivi che hanno troppe calorie, grassi, proteine, zuccheri e che sono anche molto sapidi. Oppure, ed è peggio, utilizzano

ammettiamolo, diversamente dal rincaro carburanti, dalla costante mancanza di sapone nelle toilette dei treni e dagli schizofrenici andamenti dello spread, lo stare in salute dipende in gran parte proprio da noi stessi. sarà per questo, per la fatica di mettersi in discussione, che preferiamo rifugiarci in considerazioni di comodo, tipo: “non si può controllare tutto nella vita”, “i salutisti sono persone noiose”, “ho già tanti problemi di cui occuparmi che almeno a tavola lasciatemi fare quello che voglio”. (già, ma molte malattie sono fortemente correlate proprio all’alimentazione).si tratta di alibi a cui ci affidiamo spesso salvo decidere, magari per via dell’arrivo dell’estate, di intraprendere all’improvviso una maratona di insalate e yogurt.Così faccio io prima di incontrare marco bianchi, biochimico ed esperto di nutrizione: mi libero dai miei peccati di gola affrontando un pranzo solo a base di radicchi misti e cavolo. ma ho sbagliato tutto. Chi conosce marco bianchi sa che il mangiare sano è una questione di grande equilibrio e non di estremismi, è una scoperta di nuove combinazioni e sapori e non una condizione di rinunce.

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prodotti già preparati senza neanche informarsi su cosa c’è dentro.

Qual è il trucco per rendere un piatto sano, anche gu-

stoso e divertente per i bambini?

Il trucco sono i genitori: il loro esempio, il loro reale impegno ed entusiasmo per una cucina sana spinge il bambino a se-guirli e ad emularli. Un’altra cosa che consiglio sempre è fare la spesa, cucinare e sperimentare insieme ai bambini perché scegliendo e manipolando i prodotti fin dall’inizio, poi riman-gono più attratti dal risultato e vogliono assaggiare quello che hanno preparato.

Quali sono le altre cattive abitudini delle famiglie italiane?

Fanno tutti poco movimento. Gli adulti stessi si giustificano dicendo che non possono o che non hanno tempo ma la cosa grave è che, per questi stessi motivi, costringono anche i bam-bini a rinunciare a qualsiasi attività. A volte basterebbe sapersi gestire meglio nei tempi o solo camminare di più. Ho visto famiglie che salgono in auto anche per percorrere 200 metri!

Come si impara uno stile di vita sano?

Dipende da noi. Dobbiamo informarci, leggere e non essere pigri nel cercare di scoprire cose nuove. Di sicuro occorrereb-be più educazione nelle scuole; i bambini imparano in fretta e hanno una grande curiosità in cucina.

l’eXpo del 2015 avrà come focus tematico proprio il

cibo. Cosa si aspetta da questo evento?

Spero che arrivi tanta gente nella nostra città che è ancora troppo poco visitata e che si voglia far vedere quanto siamo aperti alle nuove frontiere alimentari. Spero siano tanti anche i ristoranti che decideranno di eliminare molti ingredienti ‘velenosi’ per la nostra salute.

Cosa vorrebbe trovare nell’italia del 2015?

Il doppio dei vegetariani.

Cosa invece non vorrebbe più?

Mi piacerebbe non trovare più prezzi alti per tante cose e che ci fosse un vero rapporto qualità – prezzo. Si deve fare in modo che la salute sia davvero accessibile a tutti!

marCo bianCHi nasce a milano nel 1978. bambino in leggero sovrappeso, coltiva fin da piccolo la passione per la cucina. Crescendo impara a tenere a freno gli eccessi di gola e a combinare l’ispirazione culinaria con le conoscenze acquisite grazie agli studi in biochimica.nel 2010 pubblica “I magnifici 20. I buoni alimenti che si prendono cura di noi”, al quale fa seguito nel 2011 “le ricette dei magnifici 20”, entrambi editi da Ponte alle grazie.attualmente lavora presso la Fondazione IFom -Istituto FIrC (Fondazione italiana per la ricerca sul Cancro) di oncologia molecolare di milano, collabora con lo Ieo (Istituto europeo di oncologia) per il quale segue, tra le altre cose, corsi di cucina negli ospedali, e fa parte della Fondazione umberto Veronesi per cui si occupa di educazione alimentare nelle scuole.dallo scorso novembre è il conduttore della trasmissione “tesoro, salviamo i ragazzi!” , in onda sui canali della Fox (canale 114 di sky), un reality che vede lo scienziato entrare nelle case delle famiglie italiane per aiutare bambini obesi e in sovrappeso ad uscire da una spirale di sedentarietà e cattive abitudini.

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pillole dal web a cura di duccio mondanelli

www.foodspotting.comPerché consigliare un ristorante, quando puoi consigliare un piatto? Il social network Foodspotting propone, tramite un'applicazione mobile, la condivisione di fotografie e commenti sui piatti più buoni mai mangiati, geolocalizzandoli e creando così una guida culinaria personalizzata.

il fotovoltaico eticamente sensibileCoopwork è un’impresa no-profit che realizza integrazione sociale e lavorativa offrendo servizi alla persona finalizzati all’inserimento lavorativo di persone in stato di svantaggio.Riduci le tue emissioni inquinanti! Con Coopwork il tuo impegno nella difesa dell’ambiente contribuirà allo sviluppo di programmi di integrazione sociale.

via Lacerra 124, Sesto San Giovanni - MItel. 02/27300747 - 02/26224201cell. 346/0388059 - 347/8199027 www.coopwork.org

www.wefeedback.orgQuante persone potresti sfamare con quel piatto di sushi? e con la pizza che hai mangiato l'altro giorno? Il sito wefeedback calcola questo, sfruttando i dati del World Food Programme (WFP). l'utente ha poi la possibilità di “restituire” i pasti facendo una donazione volontaria all’organizzazione internazionale.

www.wired.com nell’edizione di Wired dedicata al ‘Futuro del cibo’ (vedi archivio on line) è consultabile un'accurata infografica sui consumi alimentari e le risorse naturali globali. Il risultato? la domanda cresce sempre di più e gli agricoltori non sono in grado di soddisfarla. e’ tempo di nuove idee e tecnologie! e’ tempo di una nuova rivoluzione Verde!

www.ted.commichael Pritchard, ingegnere inglese, ha trovato una nuova soluzione per l'approvvigionamento d'acqua potabile. anche nei contesti più attrezzati infatti, succede che le reti idriche siano messe ko da improvvisi disastri ambientali. In un breve talk, visibile su ted.com, l’inventore presenta “lifesaver”, una bottiglia autofiltrante in grado di fornire acqua potabile istantaneamente e ovunque.

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notizie dall’eXpo

la dorsale verdenell’anno in cui si aprirà l’eXPo, la città di milano avrà sembianze diverse. sarà attraversata da nuove vie d’acqua, circondata da più aree verdi e percorsa da numerose strade ciclabili. Questo grazie agli interventi di riqualificazione idrica e urbana previsti dal progetto “le Vie d’acqua e il Parco dell’expo”.un canale secondario di circa 20 km collegherà il Volloresi al naviglio grande e un sistema di aree verdi andrà a connettere il Parco groane al Parco agricolo sud milano. Questa nuova dorsale sarà percorribile grazie a un lungo tracciato ciclo-pedonale che avrà nella darsena il porto ideale di partenza e arrivo.Il progetto “le Vie d’acqua” si presenta inoltre come un esempio concreto di attuazione delle linee guida ambientali per le municipalità, recentemente ribadite anche al World Water Forum di marsiglia.

in attesa del 2015Cosa ti aspetti dall’eXPo? Come credi che cambierà il volto della città nei prossimi anni? Quali occasioni di lavoro e conoscenza si apriranno? I giovani milanesi potranno rispondere a queste domande con un breve video e partecipare così al concorso “eXPo generation, in attesa del 2015”. l’iniziativa, promossa dall’associazione Carta giovani insieme alla Provincia di milano, la società expo 2015, e in collaborazione con sts student travel schools, mira a coinvolgere le nuove generazioni nella costruzione di proposte per la prossima esposizione universale. I ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni possono partecipare insieme alla propria classe con un video della durata massima di 5 minuti. mentre i giovani tra i 18 e i 30 anni possono iscriversi come singoli e realizzare uno spot di 3 minuti. In entrambi i casi, il filmato dovrà essere girato in lingua inglese. C’è tempo per consegnare i lavori fino al 14 settembre 2012. tra i premi in palio, buoni per l’acquisto di libri e un soggiorno-studio a londra. tutte le informazioni su: www.cartagiovani.it

milano sarà una smart citY saranno anche le tecnologie digitali a rendere la prossima espo-sizione universale un’esperienza unica. grazie al contributo del nuovo partner tecnologico Cisco, i contenuti, le idee e le opere saranno condivisibili virtualmente e nei modi più vari. Qr code, realtà aumentata e visualizzazione in 3d permetteranno ai fre-quentatori dell’eXPo di avere informazioni contestualizzate re-lative a dove si trovano e a ciò che vedono. l’obiettivo è quello di raggiungere un miliardo di visitatori proprio grazie alla messa on line dei contenuti.tutto ciò sarà possibile grazie alla predisposizione di una rete wireless a banda larga, capace di sostenere le migliaia di accessi contemporanei e di mantenere la smart city in costante dialogo con il capoluogo lombardo.

lo spettacolo “la darsena ritrovata. le Vie d’acqua”, andato in scena nel febbraio scorso al teatro dal Verme, ha evocato gli scenari futuri della città. (Foto di lorenza daverio)

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voci da milano a cura di Giusy Palumbo e Laura Radice

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"non mangio mai oStriChe. il Cibo mi piaCe morto. non malato, né ferito, morto”. provoCati da Woody allen Ci Chiediamo qUanto Siano vivi e vegeti gli alimenti Che mettiamo in tavola e qUanto Sia allenata la noStra edUCazione alimentare. aiUtati da eCo-food blogger, ortiSti Urbani, gaS, riStoratori ed eSperti, riSCopriamo Che il Cibo è la noStra mediCina.

ecocucina,laboratorio di ricette a impatto (Quasi) zero

bucce di pomodoro, lische di pesce e semi di zucca non sono mai stati così appetitosi, parola di lisa Casali, per gli internauti lisca, trentenne romagnola d’adozione milanese. Il suo blog, ecocucina, è un laboratorio di ricette, tutte rigorosamente a base di scarti o avanzi, cioè quello che i libri di cucina dicono di buttare via, dalla scorza d’anguria d’estate ai noccioli di ciliegie in primavera. Il suo primo libro "la cucina a impatto (quasi) zero" dispensa consigli sulla scelta degli ingredienti e sulle modalità di cottura, esplorate anche nel successivo "Cucinare in lavastoviglie", un metodo rivoluzionario per esaltare profumi e sapori senza sprecare energia. avanzi Popolo è il nuovo eco-inno. www.ecocucina.org

libero orto contadini urbani nell’eX paolo pini

l’achilea protegge il sistema immunitario del giardino, le ortiche rendono morbido il terreno, gli archi del sambuco aiutano il compostaggio. Questi e altri segreti s’imparano nel "libero orto" de Il giardino degli aromi, associazione onlus nata nel 2003 dall’iniziativa di un gruppo di donne con esperienza di coltivazione e raccolta di piante aromatiche. nell’orto comunitario, con sede nel parco dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, si intrecciano diverse attività, dalla produzione e vendita di piante aromatiche, officinali e orticole all’ortoterapia per persone svantaggiate, dai corsi di formazione all’educazione ambientale per le scuole. Per tutti gli ortisti (e gli allergici) urbani, è in preparazione un corso sul riconoscimento delle erbe spontanee.www.olinda.org

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le strade del Frescorete solidale e Filiera corta per acQuisti sostenibili

Prodotti biologici a idea d’uomo, recita il biglietto da visita della cooperativa le strade del Fresco, nata da una rete solidale tra persone, famiglie e associazioni aderenti e non ai gas e coltivatori, trasformatori e allevatori biologici. alla distribuzione si affianca la vendita diretta nella sede di legnano e quella online con consegna a due giorni dall’ordine. dalle mele di Postal al grano senatore Cappelli, tutto ciò che va nel carrello è biologico, certificato e al giusto prezzo. non ultimi gli eventi, bioaperitivi, degustazioni, approfondimenti sull’educazione alimentare e serate di addio all’inverno. a maggio aprirà il bioristoro, un “posto delle fragole” dove mangiare e trascorrere il tempo.www.lestradedelfresco.it

erba bruscaorto e cucina a due passi dal naviglio

al confine tra campagna e città, dove una volta c'erano marcite e acetosella, ora c’è il ristorante erba brusca, con orto e cucina vista naviglio. un modo umile per riconciliarci con il mondo della produzione, raccontano i gestori del locale, in quanto trasformatori, a metà strada tra chi consuma e chi produce, abbiamo deciso di rimanere legati a una dimensione del cibo più immediata, connessa alla stagionalità e alla cura della materia prima. e per ovviare a ciò che l’orto non produce ci sono le cascine del Parco agricolo sud e produttori consapevoli. se è vero che mangiare è un atto agricolo ed ecologico (Wendell berry), questo è il posto giusto dove ordinare.www.erbabrusca.it

cibolandol’educazione alimentare spiegata ai ragazzi

mr eat è un cuoco italo americano che sul suo camper-cucina viaggia attraverso le regioni italiane alla scoperta dei corretti principi nutrizionali, dei prodotti tipici e delle professioni legate al cibo, con una missione segreta: sconfiggere Fat god, l’antagonista della cattiva alimentazione. Questa la storia e i protagonisti del progetto Cibolando, piattaforma e-learning realizzata dalla Fondazione Italiana accenture attraverso un concorso per idee lanciato su ideatre60.it e articolata in un percorso fatto di racconti settimanali, giochi e quiz rivolti a tutti i ragazzi dagli 11 ai 14 anni con l’obiettivo di portarli a una maggiore consapevolezza alimentare.www.cibolando.it

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