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Libreremo
Questo libro il frutto di un percorso di lotta per laccesso alle
conoscenze e alla formazione promosso dal CSOA Terra Terra, CSOA
Officina 99, Get Up Kids!, Neapolis Hacklab. Questo libro solo uno
dei tanti messi a disposizione da LIBREREMO, un portale finalizzato
alla condivisione e alla libera circolazione di materiali di studio
universitario (e non solo!).
Pensiamo che in ununiversit dai costi e dai ritmi sempre pi
escludenti, sempre pi subordinata agli interessi delle aziende,
LIBREREMO possa essere uno strumento nelle mani degli studenti per
riappropriarsi, attraverso la collaborazione reciproca, del proprio
diritto allo studio e per stimolare, attraverso la diffusione di
materiale controinformativo, una critica della propriet
intellettuale al fine di smascherarne i reali interessi.
I diritti di propriet intellettuale (che siano brevetti o
copyright) sono da sempre e soprattutto oggi - grosse fonti di
profitto per multinazionali e grandi gruppi economici, che pur di
tutelare i loro guadagni sono disposti a privatizzare le idee, a
impedire laccesso alla ricerca e a qualsiasi contenuto, tagliando
fuori dalla cultura e dallo sviluppo la stragrande maggioranza
delle persone. Inoltre impedire laccesso ai saperi, renderlo
possibile solo ad una ristretta minoranza, reprimere i contenuti
culturali dal carattere emancipatorio e proporre solo contenuti
inoffensivi o di intrattenimento sono da sempre i mezzi del
capitale per garantirsi un controllo massiccio sulle classi sociali
subalterne.
Lignoranza, la mancanza di un pensiero critico rende succubi e
sottomette alle logiche di profitto e di oppressione: per questo
riappropriarsi della cultura che sia un disco, un libro, un film o
altro un atto cosciente caratterizzato da un preciso significato e
peso politico. Condividere e cercare canali alternativi per la
circolazione dei saperi significa combattere tale situazione,
apportando benefici per tutti.
Abbiamo scelto di mettere in condivisione proprio i libri di
testo perch i primi ad essere colpiti dallattuale repressione di
qualsiasi tipo di copia privata messa in atto da SIAE, governi e
multinazionali, sono la gran parte degli studenti che, considerati
gli alti costi che hanno attualmente i libri, non possono
affrontare spese eccessive, costretti gi a fare i conti con affitti
elevati, mancanza di strutture, carenza di servizi e borse di
studio etc...
Questo va evidentemente a ledere il nostro diritto allo studio:
le universit dovrebbero fornire libri di testo gratuiti o quanto
meno strutture e biblioteche attrezzate, invece di creare di fatto
uno sbarramento per chi non ha la possibilit di spendere migliaia
di euro fra tasse e libri originali... Proprio per reagire a tale
situazione, senza stare ad aspettare nulla dallalto, invitiamo
tutt* a far circolare il pi possibile i libri, approfittando delle
enormi possibilit che ci offrono al momento attuale internet e le
nuove tecnologie, appropriandocene, liberandole e liberandoci dai
limiti imposti dal controllo repressivo di tali mezzi da parte del
capitale.
Facciamo fronte comune davanti ad un problema che coinvolge
tutt* noi! Riappropriamoci di ci che un nostro inviolabile
diritto!
csoaTerraaTerra
Get Up Kids! Neapolis Hacklab csoa Terra Terra csoa Officina
99
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Matthew Phipps Shiel.LA NUBE PURPUREA.
Versione e prefazione di J. Rodolfo Wilcock.Titolo originale:
"THE PURPLE CLOUD".Copyright 1967 Adelphi Edizioni S.p.A.,
Milano.
PREFAZIONE.
1. Il romanzo.
In origine il linguaggio ha per scopo la comunicazione utile;
allo stato di interiezione la comunicazione utile ancora totale; a
partire da questo stadio ogni perfezionamento del linguaggio tende
alla comunicazione inutile; soltanto con un linguaggio altamente
perfezionato possibile la comunicazione zero, ossia
l'incomunicazione (una pagina intensa di Heidegger, per esempio, o
un saggio di critica letteraria concettuale). Se prendiamo come
ascisse la perfezione del linguaggio e come ordinata la capacit di
comunicazione, la curva dell'informazione orale assume la forma
asintotica caratteristica dell'iperbole, per cui a ogni progresso
del linguaggio corrisponde un ulteriore calo della comunicazione.La
letteratura, bench derivata dal linguaggio, non tuttavia la
derivata del linguaggio, n la derivata dell'informazione
(d'altronde costantemente negativa, come si vede dalla semplice
rappresentazione grafica della precedente curva); l'andamento della
sua funzione diverso. In origine il fatto letterario il canto o il
racconto rivolti a un pubblico presente; poi diventa canto o
racconto rivolti a un pubblico non presente; spinto al limite,
diventa canto o racconto rivolti a un pubblico zero. Nella sua
rappresentazione grafica non compare la comunicazione, perch la
letteratura ha con essa una relazione arbitrariamente variabile. Se
invece di rappresentarla in coordinate ortogonali, la
rappresentiamo in coordinate polari, con per vettore il "contatto
diretto con il pubblico" e per anomalia
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l'evoluzione letteraria, la funzione letteratura assume la forma
di una normale spirale logaritmica.Da una tale curva, sempre pi
avvicinantesi al suo centro di coordinate, si deduce che, cos come
l'evoluzione del linguaggio porta alla comunicazione zero,
l'evoluzione letteraria porta sempre pi strettamente al contatto
dell'autore con se stesso. Cio, al fatto di scrivere per se
stesso.Per questo motivo molte tra le opere letterarie pi notevoli
dell'Ottocento, e quasi tutte tra quelle del Novecento, sono andate
perdute. Esempio: in Italia, nei penultimi decenni, quasi nessun
poeta al di sopra del modesto livello detto ermetico-postermetico
ha fatto conoscere al pubblico le sue opere.Non si includono tra
queste perdite quelle dovute al silenzio; il silenzio totale, come
fatto sia linguistico che letterario, occupa nei riguardi della
parola detta o scritta il posto che occupa l'infinito nei riguardi
della retta: lo si pu pensare a destra, lo si pu pensare a
sinistra, ma agli effetti pratici non conteggiabile, e nemmeno
passibile, come gli altri punti di ordinamento.Il fenomeno qui
considerato non , dunque, l'autore di un niente, bens l'autore di
un'opera il quale non comunica adeguatamente al pubblico l'opera
creata. E non l'autore che la cela totalmente e irrimediabilmente,
perch in tal caso lo si dovrebbe annoverare tra gli emissori di
silenzio, gi eliminati; ma l'autore che in previsione di una vita
futura lascia i propri prodotti in luoghi pi o meno accessibili,
nella speranza che la vita futura sia tale da permettere, non fosse
che nel corso di brevi vacanze, il godimento delle proprie opere.
Giacch nessuno scrittore con senso artigianale scrive soltanto per
questa vita: sarebbe come scrivere soltanto per la televisione.Chi
fu Cyril Tourneur? Chi furono il compilatore dell'"Anonymus
Nilantianus", i veri poeti italiani tra il 1920 e il 1960, rimasti
ignoti? L'impossibilit di rispondere a queste domande retoriche
conferisce alle opere di tali sconosciuti una garanzia addizionale,
di solito non riscontrabile nelle opere dei moderni grandi famosi.
Dallo scrittore, il lettore vuole non solo ricevere indicazioni di
un livello di pensiero superiore, ma anche l'insegnamento, se
possibile, di come accedere a quel livello.E ovviamente, le opere
dei moderni grandi famosi un requisito almeno di questo accedere al
livello superiore non lo possono insegnare, e sarebbe questo: come
si fa a trattenere l'impulso se non vile puerile di, non appena
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fabbricato un alcunch, sedere sull'uscio di casa o del
padiglione nella fiera (con l'aiuto talvolta di altoparlanti,
volantini, ragazze discinte distribuenti inviti, lancio
elicotterico di assegni, spinte non metaforiche di scimmie
antropomorfe raccolte in gruppi statali o teologici), sotto la
scritta: "Godetevi per la burlesca somma di "x" sesterzi la
penetrante soddisfazione del mio alcunch. Se non lo fate siete
degli ignoranti. Vi supplico per la memoria di vostra madre e per
l'orgoglio della patria: ho moglie e bambini. Aiutate l'industria
nazionale: il mio alcunch sorpassa quelli precedenti".Queste
scritte ricattatorie possono naturalmente assumere gli aspetti pi
diversi, perfino un aspetto estremamente dignitoso (Joyce, Hugo von
Hofmannstahl); il fatto rimane che colui che se ne serve pu
insegnare tutt'al pi il proprio metodo per renderle meno grottesche
(il metodo Henry James, il metodo Mallarm, scarsamente rustici), ma
non pu insegnare la maniera di non servirsene: nessuno pu
contraddire il proprio passato, non appena l'ha reso pubblico. Tali
scritte e richiami sono cos normalmente accettati, d'altra parte,
che se un autore colpito di veggenza chiede come Kafka che le sue
opere vengano bruciate (cio non crede pi alla possibilit di tornare
in qualit di fantasma a godersi la fama futura), lo si considera
delirante e gli si nega la facolt di intendere e volere.Non sembra
ancora fattibile la creazione di un Istituto per il Ricupero di
Buone Azioni perdute, da distribuire tra i settori pi malvagi della
popolazione; possibile invece, sia pur con molte limitazioni di
carattere pratico, una modesta attivit nel campo del Ricupero di
Capolavori Ignorati. Resa inoltre necessaria dal fatto che, a
differenza della buona azione, il capolavoro si dimostrato ormai
articolo di vasto consumo, e perci, da quando stata abbandonata la
produzione artigianale, articolo rapidamente deperibile, da
sostituire.Queste considerazioni non sono letteralmente e
interamente applicabili al caso Shiel, come verr spiegato dopo:
infatti Shiel fece del suo meglio per mantenere il contatto con il
pubblico, invent arguzie e terrori che non potevano non colpire il
pubblico, scrisse perfino dei "serials", ci che per un romanziere
dei suoi tempi costituiva la forma pi diretta di contatto con il
pubblico; eppure le sue opere, bench apprezzate dagli scrittori,
furono immediatamente dimenticate dai lettori. Per ben tre volte,
come si vedr dopo, gli editori dovettero riscoprirle; per quel che
riguarda l'Italia, esse rimangono ancora da scoprire. Che "La nube
purpurea", pubblicata nel 1901, sia un capolavoro, continuamente pi
riuscito e trascendente di un
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qualsiasi romanzo di Emile Zola - per nominare a caso un grande
famoso sull'orlo del secolo - sembra non solo accertabile in sede
di lettura, ma anche dimostrabile in sede critica. Se si paragonano
gli argomenti profferii, nel romanzo di Zola troveremo
probabilmente una famiglia torbida, un padre ubriaco, una figlia
prostituta, la differita constatazione che i poveri sono poveri,
che gli avari sono avari e che i parigini abitano a Parigi: se a un
tratto apparissero tra i personaggi un egizio, o semplicemente un
pesce volante, ho l'impressione che il romanzo barcollerebbe, a
dimostrare la fragilit della sua struttura.Nel romanzo di Shiel
vengono proposte invece, tra molte altre cose, e senza barcollare:
1. la fine del mondo e relativa morte dell'umanit (con la singolare
eccezione della moglie del Sultano di Turchia); 2. la scoperta del
Polo Nord, che un lago pieno di occhi con nel centro un'iscrizione
che nessuno mai legger; 3. l'incendio e distruzione col tritolo di
Londra, Parigi, Bordeaux, Bombay, Pechino, Nagasaki, San Francisco
e Costantinopoli; 4. la scomparsa per affondamento dell'intera
Italia meridionale (con la singolare eccezione dell'isola di
Stromboli e di un frammento della provincia di Enna); 5. la Seconda
Consumazione del Peccato Originale nella cabina di una nave al
largo di Portsmouth; 6. la lotta ventennale tra i Geni del Bene e
del Male che si contendono gli ovvi vantaggi di questa ripetizione
della Caduta primigenia... In una pagina qualunque, il lettore
trover la stazione di Euston Road piacevolmente piena di una
poltiglia internazionale di cadaveri, qua e l schizzata sulle
colonne di sostegno; un tempio interamente costruito d'oro,
d'argento, d'ambra, di giaietto e pietre preziose, circondato da un
lago di vino rosso; l'unica donna sulla terra, carponi, nuda,
ventenne, vista da dietro... Ma il libro ha molte pagine e non
sembra possibile n conveniente elencarne tutte le sorprese: si
voleva soltanto segnalare che i normali romanzi della fine
Ottocento racchiudevano in genere eventi pi comuni, e racchiudevano
meno eventi.Tuttavia, non sarebbe bastata la sublimit della vicenda
a far del film "La Bibbia" uno spettacolo non risibile. Pu darsi
che a determinare la qualit di capolavoro del libro di Shiel
contribuisca lo stile di Shiel. Ne scelgo un esempio. Si sa che per
descrivere la donna amata anche i grandi maestri fanno ricorso
all'elenco, di rado informativo, dei suoi capelli, nasi e denti; si
veda con quale efficacia si serve Shiel degli stessi elementi nel
descrivere la sua donna: "Il balcone era una leggera struttura di
ferro, con una pensilina sorretta da tre esili colonnine a volute;
e abbracciata alla
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colonna centrale c'era una donna, in ginocchio, il viso rivolto
all'ins... le curve del busto e dei fianchi della donna erano
ancora abbastanza bene preservate dentro il vestito rosso, ormai
molto sbiadito; i suoi capelli rossicci volavano al vento come una
nube intorno al corpo; ma la sua faccia, cos esposta alle
intemperie, appariva rosa dal vento e dalla tempesta, che l'avevano
ridotta a un teschio senza naso, la mascella caduta in un sorriso
teso da un orecchio all'altro, in atroce contrasto con la grazia
del corpo e la cornice dei capelli. Sul marciapiede dirimpetto
rimasi a lungo quel mattino a guardarla, riflettendo; il medaglione
sotto la tua gola racchiudeva, lo sapevo, il mio ritratto,
Clodagh...". Dire che una descrizione degna di Poe una grande lode,
e in questo caso una lode meritata.Eppure dev'essere stato lo stile
di Shiel una delle ragioni principali per cui la sua opera non
riusc gradita ai lettori avventurosi contemporanei; quasi sempre
stracarico, a tratti raggiunge i confini, ammesso che esistano, tra
la metafora e il delirio: "La luna splendeva serena nel cielo
meridionale, a quell'ora, come una vecchia regina morente con
tutt'intorno la sua Corte che si affolla ma non osa avvicinarsi a
lei, diffidente, pallida, tremula, e tanto pi pallida quanto a lei
pi vicina; e osservavo le ombre delle montagne sulla sua faccia
piena e chiazzata, e il suo nimbo nebbioso, e i suoi raggi sul
mare, come baci striscianti nel regno del sonno, e tra le navi
calme, bianchi strascichi e spolverii di luce, strani, agitati,
come i corridoi di un palazzo in un abbandonato paese delle fate,
popolato da deboli sussurri, scandali, corse di qua e di l,
occhiate maligne e ansanti ultimi abbracci, e fuga della
principessa, e letto di morte del re...".In Inghilterra, nel 1900,
i lettori di romanzi fantastici non apprezzavano uno stile simile.
Non perch non fosse contemporaneo, se gli stessi languori concreti
affliggevano le figure malate di Beardsley (fu appunto Beardsley a
disegnare per Shiel la copertina di "Prince Zaleski", n si vorr
negare nel brano sopra citato l'eco di Maeterlinck, la preinfluenza
del Citati di: "I riflessi azzurrini, argentei e lattiginosi della
luna sulle acque trasparenti del mare..."); bens perch una tale
abbondanza doveva sembrare nonfunzionale; il genere (ma soltanto le
opere minori appartengono a un genere) richiedeva forse lo stile di
Wells, semmai quello di Chesterton.Lo stile di Shiel invece
estremamente lavorato (negli ultimi suoi romanzi questo lavoro
tendeva non alla complicazione bens alla concisione, e uno ne
scrisse, perfino, senza aggettivi); se ci non gli procur fama
ieri
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potrebbe procurargliela oggi. All'autore importa lo stile pi che
al lettore. Al lettore interessano anzitutto le vicissitudini del
racconto, che non conosce ancora; ma all'autore, che gi pi o meno
le conosce, interessano altre avventure, e in primo luogo quelle
della materia verbale di cui si serve: preme, nel gioco letterario
vincente, che ogni parola goda di buona salute etimologica, faccia
sentire la propria voce, viva indipendentemente dalle sue compagne,
si scontri con esse e con esse svolga una vita di relazione senza
soggezione.Lavorare lo stile: il resto in molti casi vien dato,
quasi ne fosse una conseguenza. Dove lo stile trascurato, il luogo
comune non riuscir mai a sollevarsi al di sopra del luogo comune;
dove lavorato - come nei critici laureati in lettere - per semplice
sovrapposizione e compressione del luogo comune, si ottiene il
succo del luogo comune, che ha come il vetro la propriet di essere
allo stesso tempo invisibile e impenetrabile. Appunto perch lo
stile di Shiel rifiuta il luogo comune, molte delle sue riuscite
appaiono involontarie, conseguenza del suo desiderio - non sempre
evidente - di concisione: "Feci qualche passo in cerca di un
oggetto contundente, trovai un manovale, gli tagliai via un
piede...".Le sue non-riuscite sono invece decisamente volontarie;
tra cui l'impiego dei vocaboli inglesi nel loro senso
elisabettiano, etimologico, arcaico; l'uso abusivo e spesso
agghiacciante di vocaboli francesi, turchi, dialettali, tecnici,
sostenuto da un coraggioso, ostinato cattivo gusto; la sua
puntigliosit scientifica, non sempre giustificata (esatta la sua
anticipazione delle teorie di Wegener, oggi saldamente confermate;
ma perch mai i vulcani dovrebbero essere pieni di cianogeno?, e
come pu una ragazza vivere fino a vent'anni nutrendosi soltanto di
datteri e vino bianco?, nel buio poi, che non permette
l'assimilazione della vitamina D: sarebbe diventata una nana
rachitica; e come fa una donna dalla pelle scura a coprirsi di
lentiggini...?). Questi furono difetti, probabilmente non lo sono
pi. E' logico che nel pi immenso cimitero mai raccontato - pi
totale perfino del Diluvio Universale - ci siano anche tombe
storte.Ma nemmeno le meraviglie e i guasti dello stile di Shiel
basterebbero a fare della "Nube purpurea" il capolavoro che . Il
tema grandioso, lo stile unico, ma quanto pi notevole Shiel stesso,
raffigurato nella persona di Adam Jeffson! Shiel travestito da
pasci, sovrano e satrapo del mondo, che si sceglie a dimora
imperiale Imbro, non gi sede dei Cabiri ma deserta isoletta turca,
e vi costruisce il tempio dei templi, il palazzo pi lussuoso del
mondo. Caratteristico dell'autore e della sua brillante stramberia
il
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fatto che questo palazzo sia non soltanto brutto, inabitabile e
ridicolo (con una sopraelevazione-glorietta sul tetto), ma piccolo
e grande allo stesso tempo. Il cortile interno misura metri 2.40
per 2.75, eppure vi entrano quattro finestre, due porte, una
immensa cisterna e otto serbatoi di vino a forma di obelisco; le
stanze attorno sono larghe tre metri, lunghe sei all'incirca,
eppure vi entrano i ventun dipinti pi notevoli del Louvre e altri
tre della National Gallery, ognuno dei quali circondato da un ovale
di opali, granati e topazi. Intorno a questo palazzo largo dieci
metri e mezzo, si alzano "48 pilastrini d'oro, alti 60 centimetri,
quadrati, affusolati a obelisco, con in cima una palla d'oro, e
queste palle sono collegate da catene d'argento, dalle quali
pendono migliaia di sfere che tintinnano al vento". Tutto ci sopra
una piramide azteca di gradini d'oro, con attorno un lago di vino
rosso, di 300 metri di diametro, sul quale un giorno Leda sdraiata
sui cuscini di una gondola turca suoner la "kittur"...Ammiro
comunque il palazzo d'oro nella cui costruzione Adam-Shiel perse
sedici anni di noia e tumulti d'animo. Egli stesso lo fa
sprofondare nel vino, distrutto da un terremoto; un terremoto degno
di lui e della sua megalomania, se riesce a sollevargli la
"Speranza" - con cui faceva il giro del mondo quando gli veniva la
voglia di bruciare una capitale oppure la Sicilia che per era
scomparsa - per lasciargliela incastrata tra due case nella strada
principale del villaggio di Castro, "a dodici metri dal suolo".
Grazie a lui il pianeta era diventato pi interessante, e come lui
strambo: "mi allontanai dalla locomotiva, per quei campi di
trifoglio la cui esuberanza celava ogni sentiero, coprendomi quasi
fino alle spalle". In Bulgaria, "in tre occasioni diverse, quando
la natura del terreno lo permetteva, lasciai quei brandelli di
rotaie e feci avanzare la locomotiva direttamente sulla terra,
finch non trovavo un altro tratto di binario sano; e in ogni caso
riuscivo a rimettere la macchina sulle rotaie", mentre Leda, nella
carbonaia arredata alla turca, suonava instancabilmente la stessa
melodia, con la cetra. "Vidi la Torre Genovese di Galata ascendere
obliquamente, descrivere una curva, come i fantocci che si fanno
saltare in aria e i folli razzi, e scoppiare in alto, con grande
boato".Per vent'anni Adam-Shiel vive nell'assurdo e nell'orribile;
verso la fine del romanzo riappare la Donna, con tutti i suoi
attributi: bugiarda, bella, studiosa di chimica, materna, vivace,
stupida, forte e astuta, e ogni sua mossa tende a ridurre l'assurdo
e l'orribile, fino a cancellarli. Il romanzo, fondato sull'assurdo
e sull'orribile, crolla assieme al palazzo d'oro con la sua
pergola-osservatorio; il dibattito infinito tra il Bene e il Male
viene
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risolto all'italiana (con una telefonata) dalla Donna; la quale,
forse fin dalla prima sua comparsa, non di un tale dibattito ma di
ben altro si interessa.
2. L'autore.
Non soltanto nella desiderata accettazione di questa resa, di
fronte alle esigenze materiali della Donna, dimostra
l'autore-protagonista la bont trasparente, fatta di speranza e di
compassione, della sua folle apparente malignit; la dimostra anche,
indirettamente, nella corretta struttura del suo romanzo. Questa
struttura non si rivela che a una seconda lettura; e fa piacere
allora scoprire come quest'uomo che sembrava un pazzo, non ha
trascurato quasi un particolare: poste le sue premesse, ne ha
tratto un'opera scrupolosamente logica. E a una mente logica si
accompagnano sempre, forse perch sottoprodotti dell'intelligenza,
la speranza e la compassione.Matthew Phipps Shiel nacque nel 1865 a
Montserrat, una delle Isole di Sottovento, nelle Indie Occidentali,
poi Federazione dei Caraibi: "una regione di uragani, terremoti,
ruscelli bollenti, solfatare e inondazioni". Otto sorelle l'avevano
preceduto; ogni volta che nasceva una femmina, Shiel padre radunava
la famiglia in salotto, perch pregassero insieme; nel corso della
cerimonia, diretta da un pastore Wesleyano, il padre ringraziava
Iddio e gli faceva capire discretamente che la prossima volta
avrebbe gradito l'arrivo di un maschio. "Finalmente, ultimo sforzo
della Natura, arrivai io".Figlio di un predicatore, M. P. Shiel
crebbe avvolto in una nube di religione. Tuttavia era sicuro di
essere molto pi religioso di suo padre, per il semplice fatto di
essere nato dopo; ci rappresentava un singolare vantaggio: "Quella
parte della religione che sorge dalla scienza reale, quell'altra
che scaturisce dalla speranza (ossia ignoranza) irreale... Per
adorare bisogna pure conoscere qualcosa dell'adorato; no?... La
vera religione sorge dalla conoscenza di due fatti: 1. che le
stelle sono altrettanti soli, cosa che incute terrore e soggezione;
2. che i passeri provengono dalle lucertole, come gli uomini, per
opera di un principio di Progresso inerente, il quale, una volta
conosciuto, non pu non farsi amare. Come potevano gli antichi
essere veramente religiosi? Non sapevano niente (quasi)! Ancora ai
tempi di Dante nessuno credeva che il sole e la luna fossero mondi!
Per Platone "il sole non era un dio, soltanto una pietra". Dei
nostri milioni di
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mondi, ne conoscevano soltanto uno, anzi, la met di uno; perci
il loro Dio era ancora piccolo, nella sua grandezza".A undici anni,
Shiel componeva e pubblicava un giornale, da solo: sette copie al
giorno, manoscritte, distribuite tra sette abbonati. Suo padre,
irlandese, discendeva da'uno dei molti re di Irlanda; ammirava
dunque i re, che il figlio invece fingeva di disprezzare. Per
festeggiare il suo quindicesimo compleanno, il genitore lo fece
incoronare re di Redonda, per mano del vescovo metodista di
Antigua, "circondato da navi - mio padre ne possedeva molte - e da
ubriachi". Santa Maria la Redonda era un'isoletta larga un miglio e
mezzo, tra Nevis e Montserrat, non reclamata ancora da nessun
governo; Cristoforo Colombo l'aveva scoperta nel suo secondo
viaggio, nel 1493. Circolare, alta pi di trecento metri, ancor oggi
popolata soltanto da topi, uccelli marini, iguane e capre dalla
barba lunga fino a terra. E' quasi inabitabile. Contiene giacimenti
di un fosfato chiamato redondite, che qualcuno, prima
dell'incoronazione di Shiel, tent di sfruttare; ma due uragani si
portarono via gli impianti della miniera, forse anche i minatori. I
geologi della compagnia, quando volevano raggiungere l'isola,
venivano issati direttamente dalla nave, in un cestino, con
pulegge. "I miei sudditi erano stormi innumerevoli di uccelli
marini che a un tratto decidevano di gettarsi vertiginosamente nel
mare come fiumi di meteore, oltre a undici sciagurati che
raccoglievano i loro escrementi per farne del guano. E questi
intrusi erano Americani! Poco dopo la mia incoronazione, il Governo
Britannico, preoccupato da queste invasioni americane, decise di
annettersi la mia isola; cio, ci piant sopra una bandierina -
nonostante le tremende proteste di mio padre - che il vento si sar
ormai portato via".Re Felipe Primo - con questo nome venne
consacrato Shiel - difese sempre i suoi diritti di priorit, che il
Ministero delle Colonie britannico "tacitamente riconosceva". "Cos
mi abituai all'idea di essere in qualche modo un re, un Re dei Re,
un Kaiser e un Cesare Imperiale; ma il fatto di credere vere le
fantasie provoca la met dei nostri guai, e quello di non credere
vera la realt, l'altra met". Ancora nel 1936, dopo una rapida
trasfusione di sangue eseguita con il temperino, re Felipe nomin il
suo successore nella persona del poeta John Gawsworth, poi re Juan
Primo; il quale sal al trono nel 1947, pochi mesi dopo la morte di
Shiel. Nel corso di quest'ultima cerimonia re Juan fece duchi di
Redonda Dylan Thomas, Eden Phillpotts, Frank Swinnerton e diversi
altri scrittori; conferm inoltre i titoli ducali gi concessi a
Lawrence Durrell, Henry Miller e Victor
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Gollancz; granduca di Redonda era allora il romanziere Carl Van
Vechten; arciduca, Arthur Machen.Il giovane re Felipe and in
Inghilterra a studiare medicina, ma a un certo punto lasci
l'Universit e si mise a scrivere "serials" per i giornali (a dodici
anni aveva gi composto un romanzo); i suoi modelli ideali
rimanevano pur sempre Poe, Carlyle e Giobbe. Conobbe Pierre Louys,
Stevenson, Wilde, Ernest Dowson; dopo di che, decise di non
scrivere pi per soddisfare il pubblico, ma per soddisfare se
stesso. Nemmeno il suo biografo Morse in grado di dire quanti
romanzi produsse Shiel (alcuni in collaborazione, altri sotto
pseudonimo); certamente pi di trenta. Dedic gli ultimi quattro anni
della sua vita alla stesura di un libro intitolato "Ges"; "Una (pi
vera) traduzione del Vangelo di Luca, con le mie critiche, e anche
la sua parte di "inchiesta poliziesca" grazie alla quale sono
riuscito a dimostrare, per esempio, che l'Apostolo Paolo era in
realt il noto Lazzaro, il quale, spinto da quella sua mania
anti-sadducea per la risurrezione, rimase quattro giorni nascosto
in una tomba". Un riassunto dei giudizi dei contemporanei di Shiel
(scrittori) sulla sua opera, potrebbe essere questo:Hugh Walpole:
Un genio fiammeggiante... il migliore scrittore romantico inglese
di oggi.Arnold Bennett: Un erudito, un filologo, un inventore, uno
stilista.L. P. Hartley: Un maestro della parola scritta.H. G.
Wells: Colossale... brillante.E. M. Benson: I suoi romanzi sono una
felicissima escursione nell'incredibile.Dashiell Hammett: Un
mago.Victor Gollancz: Autore di alcuni tra i pi meravigliosi
romanzi in lingua inglese, bench ignorato dalla massa dei
lettori.Ralph Straus: Splendidamente pazzo... c' della magia nella
sua opera.Rebecca West: Uno scrittore dall'immaginazione imperiale,
che sa combinare le qualit scientifiche di Wells con il mistero di
Poe.M. P. Shiel, come stato detto, venne riscoperto a pi riprese;
la prima volta in America, verso il 1928, e in pochi mesi furono
ristampati trenta romanzi suoi, quattro dei quali usciti lo stesso
giorno; la seconda volta nel 1948; la terza volta ebbe inizio nel
1963, con la ristampa della "Nube purpurea", ma essendo il ciclo a
quanto pare ventennale, la completa terza scoperta non avverr prima
del 1968.
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Egli possedeva in certa misura il dono di prevedere il futuro.
Nel suo primo libro, "Prince Zaleski", del 1895 - tre racconti di
mistero con un unico protagonista, un principe esteta che abita in
un'abbazia abbandonata del Monmouthshire, suona l'organo, ha per
servo un gigante etiope e fuma l'erba "cannabis sativa" - appaiono
(incredibilmente) i malvagi S.S. - cio i membri della Societ di
Sparta - che si radunano in camere sotterranee sotto il Tamigi e si
dedicano al compito di assassinare i membri deboli, invalidi e
incapaci della societ civile. Tre romanzi di Shiel, pubblicati tra
il 1898 e il 1913, hanno per argomento il pericolo cinese: nel
terzo romanzo, Edoardo Settimo (allora principe di Galles) invade
la Germania in aereo e si porta via il tesoro nazionale tedesco;
alcune battaglie si svolgono nell'aria e alla fine l'Inghilterra si
salva grazie alla scoperta di un raggio simile al laser.I suoi
personaggi, come Adam Jeffson, sono tirannici e tendono
naturalmente a diventare Imperatori del Mondo; quello di "The Lord
of the Sea" (1901), dopo essersi imbattuto in una meteorite piena
di diamanti, si impossessa degli oceani e infine viene nominato
Reggente della Gran Bretagna. Altri trovano strane morti; il
principe Zaleski conosceva quarantun modi di far morire i suoi
nemici, e un altro modo ancora - il quarantaduesimo - che soltanto
poteva venir eseguito in un'isola della Polinesia; in "The Weird
O'It", un personaggio muore dal gran ridere, un altro muore come
Ges Cristo.Nel notevole racconto "Monk Wakes an Echo" (1911), Sir
Saul, dopo aver tagliato la lingua a un giovane Pastore evangelista
di Cambridge, lo fa impazzire in laboratorio, per poter condurre
interessanti esperimenti sul suo cervello: "Come riuscite a fare
impazzire le vostre vittime?" gli domanda Monk. Risponde Sir Saul:
"Con la paura, la tortura, l'orrore; servono serpenti, un giaguaro,
una quaglia con quattro zampe, a volte basta il semplice
isolamento". Osserva J. Mac-Laren-Ross che soltanto Shiel era
capace di includere nell'elenco una quaglia con quattro zampe.Il
protagonista di "The Last Miracle" si occupa invece di provocare
false visioni della Crocifissione nelle chiese, e altri miracoli
finti, al solo scopo di minare e screditare il cristianesimo. Nella
raccolta dei suoi "Migliori racconti", del 1948, non mancano le
meraviglie: un lavoratore londinese che viene stuprato, la sera
delle sue nozze, dalla cognata morta; un cadavere imbalsamato che
si trasforma in un gigantesco gatto coperto di piume rosse; "uno
che se ne intende", chiamato a spiegare al lettore quali sono
bocconi pi prelibati del cadavere (l'ugola, specialmente); un
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-
giovane dall'udito soprannaturale, che da un rumore di
campanelli d'argento, nella cripta dove giace sua madre morta, pu
seguire i progressi compiuti dai topi rosicanti nell'interno della
bara. Nell'ultimo romanzo, "The Young Men Are Coming" (1937), Shiel
fa apparire per la prima volta degli esseri di oltrespazio:
evanescenti, immensamente caldi, tutto consumano, col risultato di
secernere continuamente delle sbarre di carbonio.Shiel dichiarava
che il pi grande genio e massimo poeta dell'umanit era Giobbe; che
il migliore prosatore era invece M. P. Shiel: vanit finta,
aggiungeva. La sua ultima creazione fu la "Religione della
Scienza", destinata a sostituire il decrepito cristianesimo. Pochi
mesi prima della sua morte, i testi fondamentali e segreti della
nuova religione scomparvero misteriosamente; ma nel 1963 John
Gawsworth riusc a ritrovarli, messi all'asta da Sotheby.
J. RODOLFO WILCOCK.
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INTRODUZIONE.
Nel maggio di quest'anno mi arriv per posta il pacco di
manoscritti pi straordinario che mi sia mai capitato tra le mani.
Il mittente era un amico, il dottor Arthur Lister Browne; il pacco
consisteva di quattro quaderni fittamente coperti di quei pazzi
segni detti "stenografici", che visti nell'insieme ricordano uno
sciame spaurito di insetti svolazzanti; peraltro scritti a matita,
e senza vocali: decifrarli non stato compito facile. Assieme ai
manoscritti mi arriv una lettera, anch'essa stenografata, anch'essa
scritta a matita, che ho deciso di pubblicare qui, come
introduzione al terzo quaderno, ossia quello segnato "III".Ecco la
lettera di Browne:
Caro vecchio amico,poco fa ero sdraiato sul letto e pensavo a
te; mi sarebbe tanto piaciuto che tu fossi qua, per poterti dare
un'ultima stretta di mano, prima di... "andarmene": perch, infatti,
me ne vado da questo mondo. Quattro giorni fa mi prese un dolore
alla gola; decisi di fare un salto fino allo studio chirurgico del
vecchio Johnson, a Selbridge, e gli dissi di darmi una occhiata;
quello borbott qualcosa come "laringite membranosa", il che mi fece
sorridere; ma di ritorno a casa mi accorsi di essere diventato
rauco e ormai non sorridevo pi; verso sera comparvero la dispnea e
lo "stridore laringeo". Allora feci venire Morgan da Londra, e tra
lui e Johnson si sono presi la fatica di aprirmi la trachea e di
verniciarmi internamente con l'acido cromico e col cautere; ma sono
un lupo troppo vecchio per non sapere come stanno le cose: i miei
bronchi sono lesi... "troppo lesi". Mi pare che Morgan accarezzi
ancora l'idea di aggiungere il mio caso alla sua statistica di
tracheotomie riuscite; ma la prognosi sempre stata il mio forte, e
se una soddisfazione ricaver dalla mia morte, sar soltanto quella
di sconfiggere uno specialista nel suo proprio campo.
Vedremo.Stamattina stavo mettendo un po' di ordine tra le mie cose,
quando a un tratto mi ricordai di questi quaderni: erano mesi che
volevo darteli, ma sai l'abitudine che ho di rimandare tutto, e
inoltre la signora che me li aveva dettati era ancora in vita;
adesso morta, invece, e sono certo che, come scrittore e come uomo,
il loro contenuto dovrebbe interessarti, se mai riesci a
decifrarli.
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In questo momento sono sotto gli effetti della morfina,
sdraiato, in un piacevole stato di languore, e poich posso
scrivere, ti racconter qualcosa di lei. Si chiamava Mary Wilson;
aveva trent'anni quando la conobbi, quarantacinque quando mor;
quindici anni, dunque, di Mary Wilson. Sai qualcosa sulla teoria
della "trance" ipnotica? Quella fu infatti la nostra relazione:
ipnotizzatore e soggetto. Prima di conoscere me, era in cura da un
altro: soffriva di un tic al quinto nervo; le avevano gi strappato
tutti i denti, e inoltre c'era stato un tentativo di asportarle il
nervo stesso, a sinistra, mediante recisione esterna. Ma non era
servito a niente: l'orologio dell'inferno continuava a battere
nella mascella di quella poverina, e per lei fu una vera fortuna
imbattersi in "me": a quanto pare, la mia personalit poteva
facilmente controllare la sua, e con pochi suggerimenti mi riusc di
espellere la sua legione di diavoli.Bene; sono certo che non avrai
mai conosciuto una persona pi straordinaria di questa mia amica,
Miss Wilson; stregone come sono, ogni volta che la vedevo provavo
tuttavia una specie di "shock": quella donna suggeriva cos
intensamente ci che chiamiamo "l'altro mondo", come un odore di
corruzione: era pi fantasma che donna! Eppure non saprei spiegarti
il perch di questa impressione; soltanto qualche scarno
particolare, per esempio la forma della sua fronte alta, delle sue
labbra sottili, del mento appuntito, delle guance cenerine. Era
lunga e magra, pietosamente emaciata: tranne i femori, tutte le
ossa del suo scheletro erano visibili; i suoi occhi avevano il
colore bluastro del fumo di sigaretta o di una soluzione di chinino
resa fluorescente dai raggi X, e il loro sguardo era il pi strano,
fievole, ultraterreno immaginabile; per il resto, a trentacinque
anni aveva tutti i capelli bianchi.Era una donna benestante; viveva
sola nella sua vecchia villa signorile di Wooding, a cinque miglia
da Ash Thomas; e io, che avevo scelto quella zona per "iniziarmi"
al mestiere, dopo non molto finii con l'andare a vivere nella
villa: voleva assolutamente che mi dedicassi soltanto a lei.Cos
scoprii che Miss Wilson, quando era in "trance", possedeva poteri
straordinari; non che questi poteri fossero di carattere peculiare,
ma straordinaria era la loro sicurezza, la loro precisione, la loro
portata. Anche un principiante nel campo della scienza psichica,
oggi, sarebbe in grado di tenere un discorso sui poteri di
informazione della mente nello stato di "trance"; un fatto che la
parapsicologia solo dopo infiniti studi ha deciso di considerare
scientifico, ma che nel Medio Evo la pi ignorante delle vecchie
comari conosceva perfettamente; tuttavia affermo che i poteri
di
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-
Miss Wilson erano "straordinari", perch credo che, "in genere",
questi poteri operino specialmente nello spazio, non nel tempo: lo
spirito vaga nel presente, viaggia per cos dire sulla pianura; ma
il dono di Miss Wilson era speciale appunto per questa sua capacit
di viaggiare in ogni direzione, e in tutte con facilit - tranne una
- sia a oriente che a occidente, in alto, in basso, nei passato,
nel presente, nel futuro.Di questo mi resi conto a poco a poco. A
un tratto cominciava a emettere un fiume di suoni - non oserei
chiamarlo "discorso" - un mormorio gutturale, mescolato a suoni
come scoppi di fiato tra le labbra languide, e il tutto
accompagnato da una contrazione intensa delle pupille, scomparsa
dei riflessi del ginocchio, rigidit, un'espressione rapita e
lontana; io rimanevo a lungo accanto al suo letto, affascinato,
cercando di capire il senso di quel linguaggio visionario che
usciva gracidante dalla sua gola, alitante e borbottante dalle sue
labbra, finch nel corso degli anni il mio orecchio impar a
distinguere le parole che diceva; "il velo si era strappato", anche
per me, e cos mi fu permesso di seguire, fino a un certo punto, i
voli del suo spirito errante e assorto.Un giorno le sentii dire
parole che mi erano familiari: "Con tali arti i Romani accrescevano
le loro conquiste e raggiungevano la palma della vittoria", dalla
"Decadenza e caduta dell'Impero Romano" di Gibbon, un libro che -
ne sono quasi certo - lei non aveva mai letto.Le dissi con voce
severa: "Dove si trova adesso?".Mi rispose: "Siamo a ottocento
miglia di altezza. Un uomo sta scrivendo. Noi si sta
leggendo".Debbo dirti due cose: anzitutto, che nello stato di
"trance" non si serviva mai del vocabolo "io", bens, non so per
quale motivo, adoperava questa forma "oggettiva", "noi": "noi si
sta", diceva, "noi si andati", e non certo come lo fanno a volte
gli inglesi illetterati, per cattivo uso del linguaggio; in secondo
luogo, quando viaggiava nel passato, diceva sempre di essere in
alto, "di sopra" (sopra la terra, forse?), e pi in alto saliva, pi
retrocedeva nel tempo; quando descriveva eventi presenti diceva di
essere "qua", "quaggi", e invece quando si trattava del futuro
invariabilmente dichiarava che "noi" si era tante miglia "dentro",
o "addentro".Ma, per quel che riguarda i suoi viaggi in
quest'ultima direzione, sospetto che ci fossero per lei dei limiti
molto definiti; e dico sospetto perch, nonostante tutti i miei
sforzi, lei non si allontanava mai di molto in questa direzione.
Tremila, quattromila "miglia", erano espressioni abbastanza
correnti sulle sue labbra per descrivere la "altezza" alla quale si
trovava;
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-
"dentro", invece, non si avventurava mai oltre le sessanta
miglia. Di solito diceva venti, venticinque; nei riguardi
dell'avvenire si comportava come un sommozzatore, il quale, pi
profondamente si immerge, pi risente della pressione, finch a pochi
metri di profondit questa resistenza diventa impossibilit, e pi in
basso non gli permesso di scendere.Purtroppo non ce la faccio pi a
scrivere; eppure potrei raccontarti tante cose di questa donna. Per
ben quindici anni, con intervalli pi o meno lunghi, si protrassero
queste mie sedute accanto al suo letto semibuio; finch alla fine il
mio orecchio esperto riusciva a interpretare il senso della sua pi
fievole esalazione. Cos dovetti ascoltare la "Decadenza e caduta"
dall'inizio alla fine; e anche se alcune delle sue relazioni
riguardavano argomenti incredibilmente futili, altre si facevano
ascoltare con inorridito interesse. Davvero posso dire di aver
sentito parole e discorsi stupefacenti, da quelle labbra spiritiche
di Mary Wilson. A volte, con la sola forza di volont, riuscivo a
ricondurla verso una data scena o un dato argomento scelti da me;
ma il pi delle volte l'imprevedibile capriccio del suo piede
vagabondo mi eludeva: la donna faceva resistenza, mi disubbidiva;
altrimenti avrei potuto inviarti non quattro quaderni, ma almeno
venti. Erano passati circa cinque anni, dal nostro primo incontro,
quando mi venne l'idea di prendere nota di questi suoi discorsi,
quelli pi coerenti in ogni caso, poich avevo imparato stenografia;
e questo il risultato. Il quaderno "III" corrisponde all'undicesimo
anno e ha una sua storia a parte: un pomeriggio la sorpresi a
bisbigliare col tono di voce che adoperava quando "leggeva"; le
domandai dove era e mi rispose: "Noi si sta dentro, quarantacinque
miglia addentro; noi si legge, un altro scrive...".Ma ho gi parlato
abbastanza di Mary Wilson: piuttosto sarebbe il caso di pensare
adesso al povero A. L. Browne, col suo tubo respiratorio inserito
nella trachea, e l'Eternit sotto il guanciale...
(La lettera del mio amico Browne prosegue trattando altri
argomenti che non possono interessare il lettore).
(Qui presento la mia trascrizione del quaderno stenografato
"III"; mi limiter a ricordare al lettore che queste parole
costituiscono il testo di un documento che sar scritto, o trover
giustificazione - secondo Miss Wilson - in quel Futuro che, n pi n
meno del Passato, fondamentalmente esiste gi nel Presente; per
quanto noi, come accade col Passato, non lo vediamo. Aggiunger
soltanto che il titolo, la
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-
punteggiatura, la distribuzione in paragrafi, eccetera, sono
stati introdotti arbitrariamente da me, per agevolare la
lettura).
(Qui comincia il quaderno segnato "III").
LA NUBE PURPUREA.
A quanto sembra sto perdendo la memoria. Come si chiamava, per
esempio, quel Pastore che poco prima della partenza del "Boreal"
fece quelle prediche sull'immoralit di ogni altro tentativo di
raggiungere il Polo Nord? Dimenticato! Eppure non pi di quattr'anni
fa quel nome mi era familiare, quasi quanto il mio.S, si direbbe
che gli eventi accaduti prima del nostro viaggio comincino a
confondersi nella mia memoria; mi sono sistemato qui, nella veranda
di questa villa in Cornovaglia, per stendere una specie di
relazione di ci che successo - con quale scopo, davvero non lo so,
dal momento che nessun occhio umano potr mai leggerla - e ancor
prima di scrivere una riga mi accorgo di non ricordare pi come si
chiamava quel Pastore.Era un individuo senz'altro strano, uno
scozzese dell'Ayrshire, alto, magro, dai capelli rossicci; spesso
girava per le strade di Londra vestito alla scozzese, con quella
stoffa ruvida tessuta a mano, il "plaid" piegato sulla spalla: una
volta lo vidi passare per Holborn, con le sue gambe lunghe, con
quel suo portamento piuttosto stravagante; aggrottava le ciglia e
mormorava da solo. Non appena arrivato a Londra aveva aperto una
cappella (mi pare fosse in Fetter Lane); presto il localetto
cominci a riempirsi di gente; qualche anno dopo, quando si trasfer
in un locale pi ampio, a Kensington, una folla di gente di ogni
sorta, alcuni venuti perfino dall'America e dall'Australia, si
accalcava per ascoltare i tuoni delle sue prediche, per quanto la
nostra non fosse un'epoca molto propensa a impazzire
dall'entusiasmo di fronte a quel genere di profeti e di profezie da
pulpito. Ma non si pu dubitare che quest'uomo sapesse svegliare i
sentimenti forti e oscuri che sonnecchiano in ogni cuore: i suoi
occhi erano molto strani e potenti; la sua voce, all'inizio un
bisbiglio, poi cresceva come una palla di neve e finalmente
scoppiava, direi quasi come i banchi
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-
di ghiaccio polare quando si frantumano; e i suoi gesti erano
rozzi e goffi come quelli di un selvaggio dei tempi primitivi.Bene;
quest'uomo... "come" si chiamava? Macintosh? Mackay? Mi sembra...
s, proprio cos! "Mackay". Dunque questo Mackay era giunto alla
conclusione che questo nuovo tentativo di raggiungere il Polo con
il "Boreal" era un'impresa abominevole; e cos per tre domeniche di
seguito, mentre i preparativi volgevano alla fine, aveva scagliato
i suoi fulmini, dalla sua cappella di Kensington, contro la
spedizione.L'entusiasmo popolare per quel che riguardava il Polo
aveva in quei giorni raggiunto un livello che potrei soltanto
chiamare "febbrile", se la parola riuscisse a esprimere l'estasi e
l'impazienza insolite che predominavano dappertutto; perch
l'interesse scientifico che agli uomini dapprima ispirava questa
regione sconosciuta, appariva adesso, improvvisamente, mille volte
intensificato da una nuova attrattiva: un tremendo interesse di
"denaro".E alla base di questo nuovo zelo non c'era pi, come prima,
un movente sano: perch adesso il meschino demone Mammona si era
intrufolato nella questione.Nel corso dei dieci anni precedenti la
spedizione del "Boreal", non meno di ventisette altre spedizioni
erano state organizzate, e tutte erano fallite...Il segreto di
questo nuovo furore esploratorio si celava nel testamento di Mister
Charles P. Stickney, da Chicago, quello sci degli eccentrici, di
cui si diceva fosse l'uomo pi ricco sulla terra; il quale era morto
dieci anni prima dell'impresa del "Boreal", lasciando un premio di
175 milioni di dollari, da assegnarsi al primo uomo, di qualsiasi
nazionalit, che riuscisse a raggiungere il Polo.Cos diceva
letteralmente il testamento: "...il primo uomo che raggiunger...",
e l'imprecisione con cui veniva definito il beneficiario aveva
immediatamente dato origine, sia in Europa che in America, a una
lunga e accanita controversia su questo particolare fondamentale:
si riferiva o no il testatore al "capo" della prima spedizione
fortunata? Finch i magistrati non decisero che la definizione era
da considerarsi valida nel suo senso letterale, ossia che il
"malloppo" spettava alla prima persona che avrebbe messo piede sui
90 gradi di latitudine, qualunque fosse il suo grado o la sua
carica nella spedizione.In ogni modo, l'entusiasmo aveva raggiunto,
come ho gi detto, il carattere di una febbre; per quel che riguarda
poi in particolare il "Boreal", ogni aspetto dei preparativi veniva
scrupolosamente registrato sui giornali,
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-
ognuno la sapeva pi lunga degli altri sul corredo della nave,
che ormai sulle labbra di tutti era diventata una scommessa, una
speranza, uno scherzo o una beffa; perch questa volta, finalmente,
intuivano che il successo non era lontano. E cos questo Mackay
poteva contare su un pubblico davvero interessato, anche se
leggermente allarmato, leggermente cinico.Tutto sommato doveva
essere un uomo dal cuore di leone, per osare di proclamare
un'opinione cos contrastante con lo stato d'animo generale! Uno
contro quattrocento milioni; tutti tiravano da una parte, lui
dall'altra, affermando che sbagliavano, che "tutti" sbagliavano!
Molti lo definivano un Giovanni Battista redivivo; e non c' dubbio
che facesse venire in mente qualcosa del genere. Un uomo che aveva
il coraggio di condannare pubblicamente la spedizione del "Boreal",
nel momento in cui perfino un sovrano sul suo trono sarebbe stato
lieto di accettare - ammesso che potesse farlo senza scapito della
sua dignit - un posto di semplice marinaio a bordo della nave.Una
di queste serate domenicali di scomunica, la terza della serie,
andai anch'io nella cappella di Kensington, ad ascoltare il
predicatore. Le cose folli che diceva! Sembrava in preda a un
delirio ispirato.Noi si rimaneva seduti in silenzio, mentre la voce
profetica dell'uomo percorreva, in alto e in basso, tutte le
modulazioni del tuono, dal borbottio affrettato fino al boato e
allo scoppio risonante: e anche quelli che erano venuti a deriderlo
rimanevano stupefatti.Secondo lui c'era una specie di destino o di
maledizione che vietava il Polo alla razza umana; i ripetuti
insuccessi, nonostante tutti gli sforzi fatti per raggiungerlo, ne
erano la conferma; quegli insuccessi rappresentavano una lezione -
"e un monito" - e trascurarli un grande rischio per l'umanit.Il
Polo Nord, diceva, non era tanto lontano, n la strada per
raggiungerlo, tutto sommato, insormontabile: l'ingegno umano aveva
portato a termine imprese mille volte pi difficili; eppure,
nonostante le sei, sette attrezzatissime spedizioni dell' '800, e
le trentuno gi tentate nel '900, l'uomo non vi era mai arrivato,
per quanto alcuni affermassero il contrario; eravamo sempre stati
frustrati, frustrati, apparentemente da qualche particolare
imprevisto... ma forse da una Mano che ce lo impediva; e questa
appunto era la lezione, "questo il monito". Straordinariamente
simile all'"Albero della Conoscenza" nell'Eden, diceva, era quel
Polo: tutto il resto della terra era aperto e concesso all'uomo...
ma "quello" invece rimaneva velato e "vietato"; come quando un
padre posa la mano sulla
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-
testa del figlio, e gli dice: "Non qui, figlio mio; dove ti
pare, puoi andare, ma non qui".Ma gli uomini, aggiungeva, erano
liberi di turarsi le orecchie, e di far sorda la propria coscienza
ai bisbigli e ai suggerimenti del Cielo; ed egli era convinto,
diceva, che fosse vicino il momento in cui l'uomo sarebbe stato
infine in grado di raggiungere quella latitudine 90, e di calcare
col suo empio piede il capo di questo pianeta... cos come era stato
concesso a "Adamo" di tendere l'empia mano verso l'"Albero della
Conoscenza"; tuttavia, aggiungeva - e la sua voce si gonfiava
risonante in un prolungato annuncio di atroce augurio - cos come
l'abuso di quel potere era stato una volta seguito dal disastro
immediato e illimitato, cos questa volta egli avvertiva l'intero
equipaggio dell'umanit che d'ora in poi non si aspettasse altro da
Dio che un cielo irritato, tuoni e tempeste.La frenetica sincerit,
la voce autorevole, i gesti selvaggi di quell'uomo non potevano
lasciare indifferente nessuno; per quel che mi riguarda, lo
confesso, era come se un messaggero del Cielo mi stesse rivolgendo
direttamente la parola. Eppure, non avevo varcato la soglia di casa
mia che gi tutta l'impressione del suo discorso era svanita,
scivolata via come l'acqua sulle penne di un'anitra. No, nel
ventesimo secolo i profeti erano un fallimento: Giovanni Battista
in persona, con la sua pelle di cammello e tutti i suoi attributi,
sarebbe stato accolto con una condiscendente alzata di spalle.
Cancellai il ricordo di Mackay con questo pensiero: "Dovrebbe
essere nato Secoli fa".Ma come mi sono dovuto pentire, dopo, del
mio atteggiamento, santo cielo...!
***
Circa tre settimane prima di quella predica domenicale, era
venuto a trovarmi Clark, il capo della spedizione; una visita
amichevole. Da un anno avevo aperto il mio studio in Harley Street
24, e a ventisei anni d'et, pochi medici in Europa potevano
vantarsi di una clientela elegante come la mia.Elegante... ma
ridotta: quel che mi bastava per mantenere la mia posizione
sociale, e continuare a muovermi nella cerchia delle persone che
contano; ma ogni tanto mi capitava di trovarmi in difficolt, e
proprio in quei giorni ero riuscito a sfuggire a una di queste
situazioni imbarazzanti soltanto grazie al successo del mio libro,
"Applicazioni della scienza nelle arti".
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Quel pomeriggio, mentre si parlava di questo e di quello, Clark
mi disse, "en passant"!"Sai che ieri notte ti ho sognato, Adam
Jeffson? Ho sognato che eri con noi nella spedizione".Immagino che
mi avr visto trasalire: quella stessa notte avevo sognato la stessa
cosa; ma non glielo dissi. Risposi con voce leggermente
balbettante:"Chi? Io? Nella spedizione? Non ci verrei, nemmeno se
me lo chiedessero"."Oh s, verresti!" fece Clark."No. Dimentichi che
sto per sposarmi"."Va bene, non il caso di mettersi a discutere,
dal momento che Peters gode di eccellente salute. Tuttavia, se
qualcosa dovesse capitargli, ti avverto che mi rivolgerei a te per
primo, Adam Jeffson"."Stai scherzando, Clark" gli dissi. "Non so
quasi niente di astronomia, n di meteorologia. Inoltre, sto per
sposarmi..."."Ma, caro amico, e le tue conoscenze di botanica?
Proprio in quel campo ci saresti utile; quanto all'astronomia
nautica, sciocchezze, un uomo con la tua preparazione scientifica
pu impararne tutto quel che serve in due minuti"."Parli come se
fosse una cosa seria, Clark" gli dissi sorridendo. "Un'idea simile
non mi passerebbe mai... Anzi tutto, c' la mia fidanzata..."."Ah,
l'importantissima contessa! Ma lei, per quel che so di questa
nobildonna, sarebbe la prima a costringerti ad accettare. La
possibilit di metter piede sul Polo non cosa che si presenti tutti
i giorni, figlio mio"."Sar meglio cambiare discorso!" dissi. "C'
Peters..."."S, naturalmente, c' Peters. Ma credimi, quel sogno che
ho fatto..."."Oh, i tuoi sogni!" risposi ridendo.S, lo ricordo:
fingevo di ridere, ma nel fondo del cuore sapevo, in quello stesso
momento, che in me si preannunciava gi una di quelle crisi che
hanno fatto della mia vita, fin dall'infanzia, la pi straordinaria
che abbia mai vissuta un essere umano su questa terra; e lo sapevo,
anzi tutto per via dei due sogni, e poi perch mentre mi infilavo i
guanti, dopo la partenza di Clark, per andare a casa della mia
fidanzata, udii chiaramente le due note voci di sempre; e una mi
diceva: "Non andare da lei adesso!", e l'altra: "S, va', vacci!".Le
due voci della mia vita! Se qualcuno leggesse questo, potrebbe
pensare che parlo semplicemente di due impulsi opposti... oppure
che sto delirando; perch nessun uomo di questo secolo sarebbe in
grado di capire
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-
fino a che punto sembravano reali quelle voci; come erano forti,
e quante volte le avevo udite contendere dentro di me, "pi prossime
del respiro", "pi delle mani e dei piedi vicine".Avevo all'incirca
sette anni, quando mi capit di udirle per la prima volta: una sera
d'estate, stavo giocando in un bosco di mio padre; a mezzo miglio
di distanza si apriva una cava a precipizio; e mi parve che
qualcuno, dentro di me, mi dicesse: "Va' a fare un giro fino alla
cava", e che un'altra voce dicesse: "Non andare da quella parte,
non andare!". Erano ancora bisbigli, che pi avanti negli anni
sarebbero diventati urli di collerica disputa. Quella volta andai
verso la cava, e ci cascai dentro. Qualche settimana dopo, quando
fui di nuovo in grado di parlare, dissi a mia madre stupefatta che
qualcuno "mi aveva spinto" sull'orlo, e che un altro "mi aveva
raccolto" in fondo!Una notte, poco prima del mio tredicesimo
compleanno, ero sdraiato su un divano, quando a un tratto mi venne
in mente l'idea che la mia vita doveva essere enormemente
importante per un essere, o cosa, o cose, che non potevo vedere;
che due Poteri, i quali si odiavano a vicenda, dovevano starmi
continuamente dietro: uno voleva uccidermi, l'altro salvarmi la
vita; uno voleva che facessi questo e quello, l'altro che facessi
proprio il contrario; che non ero un ragazzo come gli altri, bens
un essere a parte, speciale, segnato ed eletto per... qualcosa. Gi
a quell'epoca accertavo in me idee, umori passeggeri, istinti
fuggevoli, non meno occulti e primitivi, ne sono certissimo, di
quelli che avr provati il primo uomo su questa terra; al punto che
espressioni come: "Il Signore parl a Tizio e gli disse..." non
sollevavano mai in me il problema di come aveva fatto Tizio a
"udire" la voce; non mi riusciva difficile capire che, in origine,
gli uomini avevano pi di due orecchi, come le bestie e le "medium";
n mi sarei stupito se mi avessero detto che io, per quanto abitante
di questo secolo, somigliavo fino a un certo punto a quegli esseri
primigeni.Ma nessuna persona, tranne forse mia madre, si mai
sognata di vedere in me quello che, adesso lo confesso, ero certo
di essere: sembravo in tutto e per tutto un normale ragazzo dei
miei tempi, primo canottiere della mia squadra universitaria,
occupato a preparare esami, membro dei sodalizi universitari.
Quando fui costretto a scegliermi una carriera, nessuno avrebbe
sospettato la battaglia che si svolgeva nel mio petto, senza
intervento alcuno del mio cervello... quel conflitto tra due voci
litigiose che mi urlavano, la prima: "Studia medicina", l'altra:
"Studia legge, belle arti... "qualunque cosa" fuorch
medicina!".
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Cos diventai medico; feci i miei studi in quella che era
diventata la pi importante scuola di medicina, Cambridge; e l a
Cambridge dovevo imbattermi in un tale chiamato Scotland, il quale
aveva una strana concezione del mondo, e parlava sempre di certi
Poteri "Neri" e "Bianchi", finch la cosa divenne assurda, e gli
altri cominciarono a chiamarlo "Il misterioso Bianco-e-Nero", perch
un giorno qualcuno aveva parlato del "nero mistero dell'universo",
e Scotland gli aveva osservato che bisognava dire "il bianco e nero
mistero dell'universo".Questo Scotland, lo ricordo benissimo -
alloggiava nella New Court del Trinity College, dove era pi facile
trovare me e il gruppo dei miei amici - era la persona pi gentile
di animo che si possa immaginare; adorava i gatti, Saffo, e
l'"Antologia"; piccolino, dal naso romano, teso nel continuo sforzo
di reggere il collo dritto e la pancia contratta. Giurava che due
Poteri si contendono furiosamente l'universo; che quello Bianco il
pi forte, ma che le condizioni di questo nostro pianeta sono tali
da non favorire la sua vittoria; fino all'Et di Mezzo era riuscito
a mantenere in Europa il sopravvento, ma in seguito, lentamente,
ostinatamente, era stato costretto a cedere sempre pi terreno al
Potere Nero; e che alla fine questo avrebbe vinto - non
dappertutto, forse, ma "qui" di certo - e si sarebbe impossessato,
se non degli altri pianeti, per lo meno di "questo".Questa era la
dottrina di Scotland, e non si stancava di ribadirla; gli altri lo
ascoltavano, semmai, con una buona dose di tolleranza, e non
potevano certo indovinare con quale ardente, con quale intimo
interesse io, nonostante il sorriso cinico delle mie labbra,
assorbivo le sue parole. Parole che mi facevano una profonda,
un'enorme impressione.
***
Dicevo dunque che, subito dopo la partenza di Clark, mentre
infilavo i guanti per andare a trovare la mia fidanzata, la
contessa Clodagh, mi capit di udire molto chiaramente le due voci;
non di rado l'urgenza di uno dei due impulsi in me cos
irresistibile, che non c' modo di non ubbidire, e questa volta
vinse quello che mi ordinava di andare.Per strada, da Harley Street
a Hanover Square, udivo continuamente la voce che mi sussurrava
all'orecchio: "Non dire una parola della visita di Clark!", e
l'altra che ribadiva: "Diglielo, devi raccontarle tutto!".La lite
mi sembr fosse durata un mese; eppure pochi minuti dopo ero
arrivato a Hanover Square e Clodagh era tra le mie braccia.
23
-
Per me era la creatura pi stupenda del mondo, Clodagh... quella
gola orgogliosa, che si sarebbe detta continuamente intenta a
disprezzare qualcosa che si trovava proprio dietro alla spalla
sinistra... Superba! Eppure - adesso lo so - era una donna empia,
Clodagh, un cuore amaro.Una volta mi confess che il suo personaggio
storico favorito era Lucrezia Borgia; quando si accorse del mio
sgomento, soggiunse immediatamente: "Ma no, era uno scherzo!". Tale
era la sua duplicit; perch adesso capisco che si sforzava di
nascondermi il suo cuore abominevole. Eppure, pensandoci bene, fino
a che punto era riuscita a fare di me il suo schiavo!Al nostro
progetto di matrimonio si opponevano sia la mia famiglia che la
sua. La mia, perch suo padre e suo nonno erano morti in manicomio;
e la sua, perch, certamente, non ero un partito n ricco n nobile.
Una sua sorella, molto pi anziana di lei, aveva sposato un semplice
medico condotto, Peters, di Taunton, e questa cosiddetta
"msalliance" rendeva doppiamente detestabile, agli occhi dei suoi
parenti, l'idea della cosiddetta "msalliance" con me. Ma n le loro
minacce n le loro preghiere potevano spegnere la passione di
Clodagh. Che fiamma, tutto sommato, era Clodagh! A volte mi faceva
paura.Non era pi tanto giovane: aveva cinque anni pi di me, e
cinque anni pi di suo nipote, nato dal matrimonio di sua sorella
con quel Peters di Taunton. Questo nipote era Peter Peters, gi
prescelto per partecipare alla spedizione del "Boreal" nelle vesti
di medico, botanico e aiuto meteorologo.Quel giorno, non erano
passati nemmeno cinque minuti dal mio arrivo a casa di Clodagh, che
gi gliel'avevo detto:"Il dottor Clark... ahi ah!... venuto a casa e
mi ha parlato della spedizione... dice che se qualcosa dovesse
capitare a Peters, sceglierebbe subito me al suo posto... ha fatto
un sogno assurdo...".Mentre dicevo queste parole, mi sentivo sempre
pi consapevole della mia "malvagit", la mia subdola malvagit. Ma
sarebbe stato per me pi facile volare che trattenerla.Clodagh, in
piedi presso la finestra, con una rosa accanto alla faccia, rimase
un minuto senza rispondere; vedevo di profilo il suo viso florido,
immobile e leggermente chino a odorare il fiore; infine disse, con
uno di quei suoi scatti freddi e rapidi:"All'uomo che metter per
primo il piede sul Polo verr certamente conferito un titolo di
nobilt. Non parlo dei molti milioni... Vorrei soltanto essere un
uomo!".
24
-
"Non direi che la mia ambizione punti particolarmente in quella
direzione" dissi io. "Sono gi abbastanza felice nel mio caldo Eden,
con la mia Clodagh"."Non farmi pensare che sei un vile!" rispose
lei stizzita."Perch dovresti, Clodagh? Non scritto ch'io debba
desiderare di raggiungere il Polo Nord!"."Ma lo "faresti",
immagino, se potessi?"."Forse... ma... non ne sono sicuro. Dobbiamo
sposarci..."."Sposarci, certo! Sarebbe il solo modo di trasformare
queste nozze, per i miei quasi un'avventura biasimevole, in un
evento dieci volte trionfante"."Nel caso che fossi "io" a
raggiungere per primo il Polo; ma ce ne sono tanti, in una..."."Per
"me" lo farai, Adam...".""Lo far", Clodagh?" esclamai. "Dici: "lo
farai"? Ma se non c' nemmeno l'ombra di una possibilit...!"."Perch
mai? Mancano ancora tre settimane alla partenza. Ho sentito
dire...".Rimase un attimo in silenzio."Hai sentito dire che
cosa?".Soggiunse a voce bassa:"Che Peter prende l'atropina".Ah! Mi
alzai di scatto; lei si mosse dalla finestra e si sedette in una
poltrona a dondolo, a sfogliare un libro, senza leggerlo; cos
rimanemmo zitti, lei e io. Ero in piedi, la guardavo, e lei
sfogliava col pollice l'orlo delle pagine; poi ricominciava,
pensosa, e infine lasci scappare una risatina secca, folle."Perch
hai fatto quel salto quando ti ho parlato dell'atropina?" mi
domand, leggendo distrattamente."Io! Io non ho fatto nessun salto,
Clodagh! Da dove ti viene quest'idea? Non ho fatto nessun salto!
Clodagh, chi ti ha detto che Peters prende l'atropina?"."E' mio
nipote: se non lo so io. Ma non fare quella faccia sgomenta,
assurdo; non ho alcuna intenzione di avvelenarlo per vederti
diventare multimilionario, e pari del regno..."."Ma, mia cara
Clodagh!"."Non mi costerebbe mica tanto, per. Verr tra poco... con
Mister Wilson, questa sera".Wilson era l'elettrotecnico della
spedizione.
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-
"Clodagh," dissi "credimi, questi scherzi non mi
piacciono"."Davvero?" rispose, con quel suo gesto orgoglioso,
torcendo la gola. "Allora cercher di essere pi squisita. Ma certo,
non era che uno scherzo. Oggid nessuno trova ammirevoli le donne
che fanno queste cose"."Ah! ah! ah!... oggid nessuno trova
ammirevoli... Clodagh! Insomma, meglio cambiare argomento...".Ma
ormai Clodagh non riusciva a parlare d'altro. Quel pomeriggio volle
che le raccontassi la storia delle molte spedizioni polari degli
ultimi anni, fin dove erano arrivate, con quali mezzi, perch erano
fallite; i suoi occhi brillavano, mi ascoltava avidamente. E' vero
che gi prima si era interessata del "Boreal", del suo corredo e
delle sue forniture, conosceva diversi membri della spedizione; ma
adesso, improvvisamente, il suo interesse sembrava divampare, come
se la notizia della visita di Clark le avesse acceso in corpo la
febbre artica.Ricordo ancora l'ardore del suo bacio, quando poco
prima di sera riuscii a liberarmi dalle sue braccia. Tornai a casa
con un peso nel cuore.Bene; verso mezzanotte, da casa del dottor
Peter Peters, che abitava nella mia strada quasi dirimpetto a me,
venne il cameriere a chiamarmi, perch il dottore stava molto male;
andai di corsa e non appena vidi il suo allegro delirio e le sue
pupille dilatate capii che era in preda a un avvelenamento da
atropina.Wilson, l'elettrotecnico, che aveva trascorso la serata
con lui in casa di Clodagh a Hanover Square, ed era rimasto accanto
a lui, mi domand:"Ma che diavolo ha?"."E' avvelenato" risposi."Dio!
Atropina, non vero?"."Calmati: credo che se la caver"."Ne sei
proprio sicuro?"."S, Wilson... purch smetta di prendere quella
droga"."Come! Lui stesso si avvelenato?".Dopo un attimo di
esitazione, gli dissi:"Ha il vizio dell'atropina".Rimasi l per tre
ore, e Dio sa se non feci di tutto per salvarlo; quando me ne
andai, nel buio, poco prima dell'alba, avevo la coscienza a
posto.Dormii fino alle undici, e poi ritornai subito al suo
capezzale; c'erano nella stanza una delle mie due infermiere e
Clodagh, la quale, quando mi vide arrivare, si port un dito sulle
labbra e mi sussurr: "Zitto! Sta dormendo...".
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Poi mi si avvicin all'orecchio e soggiunse:"Ho saputo la notizia
stamattina presto... sono venuta per stargli accanto, fino... fino
alla fine...".Ci guardammo a lungo, negli occhi, fissamente, lei e
io; ma io abbassai lo sguardo prima di lei. Avevo una parola sulla
punta della lingua, ma non la dissi.Insomma, la guarigione di
Peters non fil cos liscia come avevo previsto. Dopo una settimana
di cure, era ancora molto gi; allora dissi a Clodagh:"Senti, la tua
presenza accanto al suo capezzale, non so perch, mi da fastidio,
alle volte... mi sembra cos superflua"."Superflua, certamente"
rispose lei. "Ma mi sempre piaciuto fare l'infermiera, e mi
appassiona assistere alle lotte dell'organismo. Perch ti
opponi?"."Oh, non so... E' un caso che non mi piace per niente:
spesso mi vien voglia di lasciarlo perdere"."E allora, lascialo
perdere"."E tu pure... torna a casa, torna a casa, Clodagh!"."Ma
"perch"! Non so che male faccio. In questi tempi di "corruzione
delle classi alte", e di decadenza romana in ogni cosa, voi giusti
che lottate contro corrente non dovete appunto incoraggiare ogni
forma di capriccio innocente? Mi procura un piacere sensuale,
scherzare con le droghe; come Elena, d'altronde, e Medea, e
Calipso, e le grandi donne dell'antichit, che tutte si
interessavano di chimica. Studiare la nave umana scossa dalla
tempesta, il lento dramma del suo naufragio... E vorrei che tu ti
abituassi a concedermi i miei piccoli capricci...".Mi carezz i
capelli, con un gesto cos altezzosamente scherzoso che riusc a
placarmi; ma in quello stesso momento lanciai uno sguardo sul letto
disfatto, e vidi che il malato stava veramente molto male.Ancora
oggi, mi viene la nausea a parlarne! Lucrezia Borgia, ai suoi
tempi, forse sar sembrata eroica; ma Lucrezia in questo secolo!
Viene da vomitare, perfino il cuore...Quell'uomo peggiorava sotto i
nostri occhi, veramente. Cos pass un'altra settimana. Una sera,
quando mancavano soltanto dieci giorni alla partenza della
spedizione, Wilson, l'elettrotecnico, era seduto accanto al letto
di Peters, e io arrivai, proprio mentre Clodagh si accingeva a
somministrare una dose di medicina al malato; ma quando mi vide
entrare lasci il bicchiere con la pozione sul tavolino da notte, e
mi si fece incontro. In quel momento osservai qualcosa che fu per
me come una coltellata: Wilson
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prese il bicchiere che Clodagh aveva lasciato, lo alz alla luce,
lo guard, lo annus; e tutto questo di soppiatto, con una specie di
subdola prestidigitazione, e uno sguardo di sbieco, e
un'espressione meschina che soltanto volevano dire, cos mi parve,
sospetto...Clark veniva tutti i giorni. Anche lui aveva la laurea
in medicina, e fu in quei giorni che tenemmo un consulto, con
Alleyne di Cavendish Square, sul caso di Peters, il quale ormai
giaceva in uno stato semicomatoso, interrotto soltanto da
violentissimi vomiti; non sapevamo che cosa pensarne. Io attestai
formalmente che il malato prendeva atropina, e che il suo primo
avvelenamento era stato provocato da questa droga; ma i sintomi che
presentava adesso difficilmente potevano far pensare all'atropina;
piuttosto a qualche altro veleno vegetale, o a un insieme di
veleni, non chiaramente identificabili."Che cosa misteriosa" mi
disse Clark quando Alleyne se ne and.""Io" non ci capisco niente"
risposi."Chi sono le due infermiere?"."Oh, persone che conosco,
altamente qualificate!"."In ogni caso, Jeffson, quello che ho
sognato di te si avverato. Mi sembra ovvio che Peters ormai non pu
venire".Mi strinsi nelle spalle."Perci ti invito ufficialmente a
prendere parte alla spedizione" disse Clark. "Accetti?".Di nuovo mi
strinsi nelle spalle."Bene, se questo vuol dire che accetti," disse
lui "ti ricordo che mancano solo otto giorni, e che in questi otto
giorni dovrai fare un mucchio di cose".Questo dialogo si svolgeva
nella sala da pranzo, in casa di Peters; uscendo, vidi Clodagh che
si allontanava, come scivolando, rapidamente, per il corridoio.Io
non le dissi una parola dell'invito di Clark; eppure mi domandavo
spesso: lo sapeva? Non aveva forse "ascoltato", e udito?Comunque
fosse, verso mezzanotte, inaspettatamente, Peters apr gli occhi,
sorrise; il giorno dopo, a mezzogiorno, la sua grande vitalit, la
stessa vitalit che lo faceva specialmente adatto a una spedizione
artica, aveva preso il sopravvento; lo trovai appoggiato su un
gomito, occupato a chiacchierare con Wilson; a parte la pallidezza
del viso e certi dolori forti allo stomaco, non si sarebbe detto
che era stato cos vicino alla morte. Per i dolori gli prescrissi
compresse di un centigrammo e mezzo di solfato di morfina, e me ne
andai.
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Orbene, David Wilson e io non ci eravamo mai voluti molto bene,
e fu appunto lui, quello stesso giorno, a provocare una situazione
piuttosto imbarazzante tra Peters e me: gli raccont cio che io
avrei preso il suo posto nella spedizione.Peters era molto
permaloso, e subito fece scrivere una lettera di protesta
indirizzata a Clark; Clark mi sped la lettera di Peters, con
accanto un grosso punto interrogativo tracciato con una matita
rossa.Dal momento che Peters aveva gi fatto tutti i preparativi per
il viaggio, ed io no, e inoltre gli rimanevano cinque giorni di
tempo per rimettersi in salute, scrissi a mia volta a Clark per
dirgli che, naturalmente, il fatto che la situazione si fosse
capovolta annullava la mia accettazione della sua proposta, per
quanto fossi gi incorso nell'imbarazzante disagio di dover
negoziare con un "locum tenens".Cos era deciso: Peters sarebbe
andato, e io sarei rimasto. Il quinto giorno prima della partenza
era un venerd, il 15 giugno; al mattino trovai Peters seduto nella
poltrona, in eccellente disposizione d'animo, ma col polso ancora
leggermente febbrile, e gli stessi dolori allo stomaco; ora gli
somministravo tre compresse di morfina al giorno. Quella sera
stessa, verso le undici, tornai a casa sua: stava fumando un sigaro
e conversando con Clodagh.Clodagh mi disse:"Ti aspettavamo, Adam:
non sapevo se fargli o no un'iniezione stasera. Che ne dici: s o
no?"."Lei che ne dice, Peters?" domandai."Non so, forse mi
converrebbe un altro centigrammo o due" rispose. "Ogni tanto
continua a venirmi questo dolore allo stomaco"."Allora, un
centigrammo e mezzo, Clodagh" ordinai.Mentre apriva la scatoletta
della siringa, lei disse come imbronciata:"Il nostro malato fa il
cattivo! Ha preso un'altra volta l'atropina".Mi arrabbiai
molto."Peters!" gli gridai. "Lei sa bene che non ha il diritto di
fare una cosa simile senza consultarmi! Lo rifaccia ancora una
volta, e non mi occupo pi di lei, lo giuro!"."Sciocchezze!" disse
Peters. "Perch se la prende cos? Un pizzichino da nulla... ne
sentivo il bisogno"."Se l' iniettata da s" soggiunse Clodagh...La
scatoletta foderata di velluto stava sul tavolino; Clodagh l'aveva
aperta, aveva preso la siringa e la fiala con le pasticche di
morfina, ed era andata
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-
verso la mensola del camino per sciogliere una pasticca
nell'acqua distillata; ci voltava le spalle, e cos rimase a lungo.
Io ero in piedi; Peters nella sua poltrona, fumava; Clodagh
chiacchierava di un "bazaar" o asta di beneficenza che aveva
visitato quel pomeriggio...Rimase a lungo, s, e nel frattempo, in
un angolo della mia mente, sorgeva la folle domanda: "Perch "tanto"
tempo?"."Ahi che fitta!" disse Peters. "Lascia perdere la festa di
beneficenza, zia, e sbrigati con la morfina".A un tratto mi prese
l'impulso irresistibile di balzare su di lei e toglierle dalle mani
siringa, compresse, fiala e tutto. "Avrei dovuto" farlo... ero gi
pronto a farlo, il mio corpo cominciava gi a muoversi, quando in
quel momento, dalla porta che era aperta dietro di me, una voce
disse:"Allora, come va?".Era Wilson, l'elettrotecnico; con la
velocit del lampo ricordai la sfumatura di sospetto che una volta
avevo scorta nei suoi occhi... Oh, insomma, non volevo, non potevo!
Io la amavo... Rimasi impietrito.Clodagh and verso Wilson
tendendogli sinceramente la destra, mentre con la sinistra reggeva
la fragile fiala dell'iniezione; i miei occhi, fissi sulla sua
faccia, la vedevano cos rassicurante, cos piena di libera
innocenza, che alla fine pensai: "Devo essere impazzito!".Poi segu
una conversazione delle pi normali, mentre Clodagh rimboccava la
manica di Peters, si inginocchiava e gli faceva la puntura nel
braccio; quando si rialz, ridendo di qualcosa che aveva detto
Wilson, la fiala con la droga le cadde dalle mani, e per un caso, a
quanto sembrava, and a finire sotto il tacco della sua scarpa,
frantumandosi. Mentre rimetteva la siringa tra molte altre simili
sulla mensola, osserv di nuovo, con lo stesso broncio di prima:"Il
malato ha fatto il cattivo, Mister Wilson... ha preso atropina,
un'altra volta"."Impossibile! Davvero?" disse Wilson."Oh lasciatemi
in pace, voi tutti" rispose Peters. "Non sono un bambino".Queste
furono le ultime parole intelligibili che pronunci: mor poco prima
dell'una del mattino, per avvelenamento da atropina, nonostante
tutta la morfina - antidoto dell'atropina - che aveva in corpo.Da
quell'ora fino al momento in cui il "Boreal" si mosse, con me a
bordo, verso la foce del Tamigi, tutto fu per me un sogno
disordinato, del quale non mi rimane quasi alcun ricordo. Rammento
soltanto che nel corso dell'inchiesta mi fecero testimoniare che
Peters si era iniettato lui stesso
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l'atropina; siccome la mia dichiarazione venne confermata da
Wilson e da Clodagh, il verdetto era prevedibile.E mescolate a
tutto quel caotico trambusto di preparativi, ricordo due sole altre
cose, ma molto chiaramente.La prima - e la pi importante - la
valanga di parole che udii dalle labbra sonore di Mackay quella
domenica sera, a Kensington. Che cosa mi avr spinto quella
domenica, con tutto quel che avevo da fare, in quel locale? Chiss,
forse lo so.Ero l seduto ad ascoltare, ed molto strano come mi si
stamp nella mente un brano del suo discorso quando, trascinato dal
furore profetico, proclam:"E cos come la prima volta all'abuso di
potere fece seguito il disastro immediato e illimitato, cos questa
volta avverto l'intero equipaggio dell'umanit di non aspettarsi
altro da Dio, d'ora in poi, che un cielo irritato, tuoni e
tempeste".E l'altra cosa che ricordo di quel tumulto di dubbi e di
corse: che proprio quando il "Boreal" cominci a muoversi con la
marea del pomeriggio, mi misero nelle mani un telegramma: un ultimo
messaggio di Clodagh, con queste sole parole: "Sii il primo - per
Me"; e io mi dissi: "La donna mi diede il frutto dell'albero, e io
lo mangiai".
***
Il "Boreal" lasci il molo di Saint Katherine, con un tempo
splendido, il pomeriggio del 19 giugno, carico di speranze, diretto
al Polo.Su tutti i moli attorno una folla di teste si stendeva fino
a perdersi nella lontananza innumerevole, e lungo il fiume, gi fino
a Woolwich, un continuo vociare e mormorare di api ronzava sulle
due rive come a incoraggiare il nostro viaggio.La spedizione era in
parte un'impresa di Stato, sovvenzionata dal governo; e non
avrebbero potuto trovare una nave pi adatta del "Boreal", solida pi
di qualsiasi nave da guerra, capace di speronare dieci metri di
borgognoni di ghiaccio, con provviste di carne disseccata, baccal,
pesce affumicato e roba del genere sufficienti a mantenerci per sei
anni almeno.C'erano diciassette uomini a bordo; i cinque direttori
(per cos dire) dell'impresa eravamo: Clark (il nostro capo), John
Mew (comandante), Aubrey Maitland (meteorologo), Wilson
(elettrotecnico), e io (medico, botanico e aiuto meteorologo).
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-
Avevamo l'intenzione di navigare verso est fino a raggiungere
una longitudine tra i 100 gradi e i 120 gradi; immetterci poi nella
corrente nordica; avanzare e allo stesso tempo lasciarci trascinare
verso nord; e una volta giunti alla banchisa, lasciare la nave (tre
di noi, forse quattro, con gli sci), e con l'aiuto di slitte
trainate da cani e da renne puntare verso il Polo.Era lo stesso
piano dell'ultima spedizione - quella del "Nix" - e anche delle
altre; la sola differenza stava nel fatto che, nei confronti del
"Nix", il "Boreal" era una nave pi svelta e pi squisitamente
disegnata.Il viaggio si svolse senza incidenti fino alla fine di
luglio, quando ci imbattemmo in una quantit di massi di ghiaccio
portati dalla corrente. Il primo agosto arrivammo a Kabarova, dove
incontrammo la nostra nave carboniera, e caricammo una certa
quantit di carbone, in caso di emergenza: il nostro propellente
vero e proprio era l'aria liquida; oltre al carbone, prendemmo a
bordo quarantatr cani, quattro renne, e il mangime per le renne.
Due giorni dopo volgemmo finalmente la prora verso nord, o
piuttosto verso nordest; sotto un vento frizzante attraversammo a
vela e aria liquida una distesa di borgognoni "sciolti" ma fitti, e
infine il 27 agosto ormeggiammo accanto a un grosso lastrone di
ghiaccio di fronte all'isola desolata di Tajmyr.La prima cosa che
vedemmo fu un orso, sulla costa, intento a pescare pesciolini;
subito dopo, Clark, Mew e Lamburn (meccanico) scesero a riva con la
scialuppa. Io e Maitland li seguimmo con la prania; ciascun gruppo
portava tre cani.Mentre ci arrampicavamo sui fianchi dell'isola,
Maitland mi disse:"Quando Clark lascer la nave per raggiungere il
Polo, porter con s tre di noi, non due, a quanto pare; cos, saranno
in quattro".Io: "Davvero? Ma chi l'ha detto?".Maitland: "Wilson ne
sicuro. Sembra che gliel'abbia detto Clark".Io: "Bene, meglio in
quattro che in tre. E chi hanno scelto?".Maitland: "Wilson quasi
certamente, ed probabile che il terzo sia Mew. Quanto al quarto,
scommetto che non sceglieranno me".Io: "Meno probabile ancora che
scelgano me".Maitland: "Comunque, la gara tra noi quattro: Wilson,
Mew, tu e io. Bisogna calcolare la resistenza fisica
dell'individuo, e inoltre la sua preparazione scientifica. Tu sei
un tipo troppo fortunato in tutto, Jeffson, perch ti lascino
fuori".Io: "Insomma, che importanza ha, purch la spedizione abbia
successo! Questo quel che conta".
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Maitland: "Oh, tutti bei discorsi! Ma non ti sembra piuttosto un
eccesso di affettazione, fingere di disprezzare 175 milioni di
dollari? Io "voglio" essere presente, nel momento culminante, e ci
sar, se mi lasciano"."Guarda!" sussurrai "un orso".Era una femmina,
con il suo orsacchiotto; con passo pesante e ostinato si
avvicinava, dondolando la testa bassa: indubbiamente aveva sentito
l'odore dei cani. Ci separammo immediatamente e ci andammo a
nascondere dietro ai macigni di ghiaccio, aspettando che l'animale
si avvicinasse alla costa, prima di ucciderlo; ma proprio mentre le
passavo vicino, l'orsa mi vide, avanz verso di me al trotto, e io
le ficcai una pallottola nel collo; immediatamente, ruggendo, si
rivolt e si mise a correre in direzione di Maitland. Lo vidi uscire
dal suo nascondiglio, a quasi cento metri di distanza, e puntare
col fucile; ma non udii sparo alcuno; mezzo minuto dopo lo scorsi
sotto la bestia, che con rapide zampate teneva a bada i cani;
questi abbaiavano, ma non osavano avvicinarsi. Maitland urlava
chiedendo aiuto; e in quel momento io, povero disgraziato,
angosciato pi di lui, mi misi a tremare come un malato: perch in
quello stesso istante era scoppiata nel mio petto la solita disputa
tra le due voci del mio destino, e una mi ordinava di correre in
aiuto di Maitland, e l'altra mi comandava appassionatamente di non
muovermi. Penso che la lotta sar durata qualche secondo soltanto;
poi mi precipitai, e colpii l'orsa di nuovo, questa volta alla
testa; Maitland si alz di un balzo, con la faccia sfregiata.Sorte
singolare, per! Qualunque cosa facessi - bene, male - il risultato
era sempre lo stesso: scura e sinistra tragedia! Il povero Maitland
era gi condannato, in quel viaggio, e il fatto di averlo salvato
non ebbe altra conseguenza che quella di portarlo pi sicuramente
alla morte.Credo di aver gi parlato di un tale chiamato Scotland,
che avevo conosciuto a Cambridge, il quale stava sempre a
discorrere di certi esseri "Neri" e "Bianchi", e di come si
contendevano la terra; orbene, a questo riguardo, ho un'idea, quasi
un capriccio della fantasia, che vorrei riportare qui; in poche
parole, sia i "Bianchi" sia i "Neri", sapevano benissimo che - come
nel caso di "Adamo" e dell'"albero" - se l'umanit riusciva in
qualche modo ad aprirsi la strada fino al Polo, infrangendo
l'antico misterioso divieto, certamente una grande disgrazia
avrebbe colpito l'intera razza umana; perci i "Bianchi", per
proteggere gli uomini, non volevano che questo avvenisse, e per il
bene della razza umana erano decisi a distruggere tutti i membri
della spedizione prima che essi raggiungessero la meta; ma i
"Neri", consapevoli di questa decisione dei "Bianchi", e
33
-
anche dei mezzi che intendevano impiegare, si servirono di me -
di "me" - per sventare questo piano; e in primo luogo facendo in
modo ch'io fossi uno dei quattro designati.Ma il puerile tentativo,
santo cielo, di leggere...! Il Nero-e-Bianco di Scotland roba da
ridere! La cosa non cos semplice.Dunque, quel giorno stesso
lasciammo l'isola di Tajmyr, e dicemmo addio sia alla terra che al
mare aperto. Fino all'altezza del Capo Celjuskin (che non riuscimmo
ad avvistare), non fu che un succedersi di cinture di ghiacci; Mew
stava tutto il giorno nella coffa di vedetta, a torturare il
campanello elettrico della sala macchine - l'ancora era sempre
pronta - mentre Clark scandagliava il mare. Avanzavamo molto
lentamente, e lentamente ci avvolgeva la notte polare, a mano a
mano che ci aprivamo una strada sempre pi difficile attraverso quel
mondo azzurro e scintillante di ghiacci; ormai avevamo rinunciato
alle coperte di pelle di renna e dormivamo nei sacchi a pelo; verso
il 25 settembre otto cani erano gi morti, e la temperatura era
bassissima. Nella zona pi buia della nostra notte, l'aurora polare
stendeva su di noi il suo solenne gonfalone, facendo tremare sul
firmamento il suo milione di mutevoli vistose frange.Nel frattempo,
le relazioni tra i membri del nostro piccolo equipaggio
continuavano a essere eccellenti; con una sola eccezione: David
Wilson e io non ci volevamo bene.C'era stato qualcosa - il tono
della voce - nella sua dichiarazione durante l'inchiesta su Peters,
che mi faceva infuriare, ogni volta che ci pensavo. Lui sapeva
benissimo che Peters aveva ammesso di aver preso atropina di
nascosto, ed era stato costretto a dichiararlo alle autorit; ma
l'aveva detto con tanta reticenza, che a un certo punto
l'istruttore gli aveva chiesto: "Mister Wilson, lei non mi nasconde
qualcosa?". Da quel giorno, credo, non ci eravamo detti pi di dieci
parole, nonostante la nostra forzata intimit sulla nave. Una volta
che ero solo sopra un lastrone di ghiaccio, mi udii che fischiavo
tra i denti: "Se quello l osasse sospettare che Clodagh ha
avvelenato Peters, potrei perfino "ucciderlo"...".Fino a 78 gradi
di latitudine il tempo si era mantenuto splendido, ma la notte del
7 ottobre - me ne ricordo fin troppo bene - si scaten una tremenda
tempesta. La nostra nave rollava come un'altalena, gli alti marosi
ricadevano sui cani piagnucolanti, ormai inzuppati, e sbattevano da
tutte le parti gli attrezzi sopra coperta; la scialuppa venne
strappata via, e a un certo punto la temperatura si abbass fino a
40 gradi sotto zero, mentre nel cielo il vento scapigliava l'aurora
boreale, in un ammasso di colori che
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-
faceva pensare alla tavolozza di un Raffaello furioso o a una
confusa mischia di serafini dai manti variopinti, e sembrava il
simbolo stesso della tribolazione, della tempesta, del naufragio e
della pazzia. Io, per la prima volta, soffrii di mal di mare.Avevo
perci la mente veramente annebbiata, quando finii il mio turno di
guardia e mi gettai sulla mia cuccetta. Mi addormentai presto; ma
il rollio e le scosse della nave, aggiunti al pesante "anorak"
groenlandese che avevo indosso, e al mio deplorevole stato fisico,
contribuirono a provocarmi un incubo terribile, nel quale ero
consapevole degli sforzi vani che facevo per muovermi, e anche per
respirare, perch il sacco a pelo era diventato un "iceberg" sul mio
petto. In sogno vedevo Clodagh, che versava gocce di un liquido
rosso come i semi del melograno in un bicchiere di pappa di
cereali, eppoi offriva il bicchiere a Peters. La bevanda, lo
sapevo, era velenosa come la morte; e nello sforzo per spezzare i
lacci del mio buio torpore, mi sentivo gridare