Matisse arabesque. Una recensione Lara Scanu 1 Figura 1: banner della mostra Apre in questo mese di marzo presso lo spazio espositivo delle Scuderie del Quirinale a Roma una importante mostra dedicata al celeberrimo artista Henri Matisse 1 , noto ai più per essere il caposcuola del gruppo di artisti che si denominarono Fauves 2 , ma che, all’interno della sua produzione, dimostra uno spiccato interesse nei confronti delle forme di arti applicate provenienti dai Paesi orientali e di vari manufatti scultorei provenienti principalmente dal continente africano, allora denominati primitivisti 3 . È lo spirito del confronto che ci offre la chiave di lettura di questo percorso espositivo: davanti alle opere di Matisse, artista occidentale, troviamo, all’interno di teche in vetro, manufatti di ogni genere, dalle stoffe alle piastrelle, dalle maschere lignee ai tappeti, per arrivare alle stampe del famoso artista giapponese Utagawa Hiroshige 4 , provenienti dall’oriente, che sono determinanti per il riconoscimento dei modelli decorativi che 1 Pittore, disegnatore, incisore e scultore, Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954. 2 Movimento artistico novecentesco del quale Henri Matisse fu uno dei massimi esponenti, in particolare a partire dal 1905, in cui i dipinti presentano colori enfatizzati, stesi per campiture piatte, che caratterizzano forme appiattite e linee controllate. 3 Quella del primitivismo fu una vera e propria corrente di pensiero, che affonda le sue radici nella cultura Settecentesca e, in particolare, nella figura di Rousseau, secondo la quale l’abbandono della modernità in favore di una vita primitiva e delle forme primitive sarebbe la realtà dell’essere umano e della società. 4 Incisore e pittore giapponese che esercitò una notevole influenza sull’arte occidentale a partire da Monet e Van Gogh, Edo, 1797 – Edo, 12 ottobre 1858.
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Matisse arabesque. Una recensione
Lara Scanu
1
Figura 1: banner della mostra
Apre in questo mese di marzo presso lo spazio espositivo delle Scuderie del
Quirinale a Roma una importante mostra dedicata al celeberrimo artista
Henri Matisse1, noto ai più per essere il caposcuola del gruppo di artisti che
si denominarono Fauves2, ma che, all’interno della sua produzione,
dimostra uno spiccato interesse nei confronti delle forme di arti applicate
provenienti dai Paesi orientali e di vari manufatti scultorei provenienti
principalmente dal continente africano, allora denominati primitivisti3.
È lo spirito del confronto che ci offre la chiave di lettura di questo percorso
espositivo: davanti alle opere di Matisse, artista occidentale, troviamo,
all’interno di teche in vetro, manufatti di ogni genere, dalle stoffe alle
piastrelle, dalle maschere lignee ai tappeti, per arrivare alle stampe del
famoso artista giapponese Utagawa Hiroshige4, provenienti dall’oriente, che
sono determinanti per il riconoscimento dei modelli decorativi che
1 Pittore, disegnatore, incisore e scultore, Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954. 2 Movimento artistico novecentesco del quale Henri Matisse fu uno dei massimi esponenti, in particolare a partire dal 1905, in cui i dipinti presentano colori enfatizzati, stesi per campiture piatte, che caratterizzano forme appiattite e linee controllate. 3 Quella del primitivismo fu una vera e propria corrente di pensiero, che affonda le sue radici nella cultura Settecentesca e, in particolare, nella figura di Rousseau, secondo la quale l’abbandono della modernità in favore di una vita primitiva e delle forme primitive sarebbe la realtà dell’essere umano e della società. 4 Incisore e pittore giapponese che esercitò una notevole influenza sull’arte occidentale a partire da Monet e Van Gogh, Edo, 1797 – Edo, 12 ottobre 1858.
presenziano all’interno delle composizioni dell’artista francese: certamente
emblematico è il caso delle tappezzerie che decorano le pareti e i
complementi d’arredo nell’opera Il pavimento moresco, le quali, se
raffrontate a delle piastrelle siriane o a un pannello turco in mostra,
esemplificano i forti punti di influenza delle forme artistiche orientali sui
dipinti di Matissse.
Figura 2:Mattonella con decori policromi, Siria, XVII secolo, Maiolica, Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Figura 3: Il paravento moresco, 1921, Olio su tela, cm 91,9 x 74,3, Philadelphia Museum of Art. Lascito di Lisa Norris Elkins,
5 Pittore francese precursore del Simbolismo, Parigi, 6 aprile 1826 – Parigi, 18 aprile 1898.
Analizzando il panorama artistico europeo contemporaneo a Henri Matisse
si può riscontrare una forte tendenza orientalista e primitivista da parte dei
maggiori artisti in attività.
L’influenza del Giappone aveva già fatto il suo ingresso nell’arte europea a
partire dalle Esposizioni Universali ed Internazionali, prima fra tutte quella
del 1851 a Londra, presso le quali gli artisti ebbero modo di apprezzare
stampe e manufatti del Sol levante, che assunsero come punto di partenza
dal quale trarre degli input grafici, compositivi e decorativi da riutilizzare in
opere originali e, per così dire, di maniera.
In tal senso risulta interessante registrare le frequentazioni dell’artista
francese, che si recava presso le gallerie dell’avanguardia per osservare ed
acquistare opere d’arte: emblematiche sono le vendite di Ambroise Vollard6
a Matisse di un disegno di Van Gogh7, di un busto in gesso di Rodin8 e di
due quadri, l’uno di Gauguin9, l’altro di Cézanne10, artista che egli riteneva
aver influenzato la sua arte molto più di Giotto, dell’Angelico, dei mosaici
bizantini e dell’arte persiana.
All’interno del percorso espositivo, che si snoda lungo dieci sale, il
visitatore è accompagnato non solo dalla visione delle opere matissiane e di
arte orientale, ma anche dai pensieri dell’artista sul suo lavoro, espressi nei
contesti più disparati.
A proposito del legame molto stretto con l’arte primitiva, nella seconda sala
vi è un’interessante affermazione estrapolata da un’intervista con Tériade
del 1952, che riporta una affascinante esperienza vissuta da Matisse in
prima persona:
Andavo spesso da Gertrude Stein11
in rue de Fleurus, e nel tragitto passavo ogni volta
davanti a un negozietto d’antichità. Un giorno notai in vetrina una piccola testa
africana, scolpita in legno, che mi ricordò le gigantesche teste di porfido rosso delle
collezioni egizie al Louvre. Sentivo che i metodi di scrittura delle forme erano gli stessi
nelle due civiltà, per quanto estranee l’una all’altra per altri aspetti. Acquistata dunque
6 Imprenditore e mercante d’arte, fu effigiato, intorno al 1910, da Pablo Picasso, di cui fu un importante promotore, Saint-Denis, 3 luglio 1866 – Versailles, 21 luglio 1939. 7 Pittore, Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890. 8 Scultore e pittore, Parigi, 12 novembre 1840 – Meudon, 17 novembre 1917. 9 Pittore, Parigi, 7 giugno 1848 – Hiva Oa, 8 maggio 1903. 10 Pittore, Aix-en-Provence, 19 gennaio 1839 – Aix-en-Provence, 22 ottobre 1906. 11 Scrittrice e poetessa statunitense, 3 febbraio 1874 – 27 luglio 1946.
per pochi franchi quella testina, l’ho portata a casa di Gertude Stein. Là ho trovato
Picasso che ne fu molto impressionato. Ne discutemmo a lungo: fu l’inizio dell’interesse
di noi tutti per l’arte africana – interesse testimoniato, da chi poco e da chi molto, nei
nostri quadri.
Quello era un tempo di nuove conquiste. Non conoscendo ancora molto bene neppure
noi stessi, non sentivamo il bisogno di proteggerci dalle influenze straniere, perché
queste non potevano che arricchirci e renderci più esigenti in rapporto ai nostri
individuali mezzi d’espressione.
Fauvisme, esaltazione del colore; precisione del disegno dovuta al Cubismo; visite al
Louvre e influenze esotiche filtrate attraverso il museo etnografico del vecchio
Trocadéro: tutte cose che hanno modellato il paesaggio in cui vivevamo, dove
viaggiavamo e da cui siamo usciti tutti. Era un’epoca di cosmogonia artistica.
In questo breve passaggio, Henri Matisse descrive la sensazione di
immersione nel proprio contesto culturale che un artista del primo
Novecento percepiva, che lui denomina paesaggio, una vera e propria
condizione in cui viaggiare per scoprire nuovi linguaggi, nuovi segni, nuove
forme espressive con le quali comunicare sulla tela le proprie idee sull’arte.
Matisse stesso, con il riferimento a Pablo Picasso12, offre un utile termine di
confronto attraverso questa sua affermazione, attorno alla quale ruota tutta
la disposizione della sala: a sinistra, delle teche conservano i manufatti
primitivisti dai quali gli artisti estrapolavano elementi disegnativi da
riportare nelle loro opere, a destra i quadri di Matisse, tutti databili agli anni
Dieci del Novecento, che ritraggono vari soggetti, ma che ricordano, nei
loro tratti, la geometricità e la spigolosità delle maschere africane.
Importante punto di snodo che manca visivamente nel percorso, ma che non
sfuggirà al visitatore leggendo il nome di Picasso, è sicuramente l’icona
dell’arte novecentesca Les Demoiselles d’Avignon, opera del 1907, che apre
la stagione delle influenze extra europee sull’arte occidentale.
Molto significativa è l’espressione utilizzata da Matisse al termine di questa
testimonianza, ovvero cosmogonia artistica: queste due parole rendono
perfettamente l’idea che gli artisti percepivano del loro periodo storico e
della loro arte, ovvero una fase artistica primordiale, quasi un novello big
12 Pittore e scultore, Málaga, 25 ottobre 1881 – Mougins, 8 aprile 1973.
bang culturale, dove l’artista si sente realmente creatore di un nuovo
linguaggio, e dove fenomeni, apparentemente molto distanti tra loro,
avevano delle matrici comuni. È singolare la consapevolezza con cui Henri
Matisse sente forte l’impegno della creazione di un nuovo linguaggio e la
piena immersione in questo brodo primordiale rappresentato dalla sua
contemporaneità, da cui tutti gli artisti hanno estrapolato i loro tratti
caratteristici, che si proponevano di riprodurre sulla tela.
La produzione matissiana proposta in mostra, pur rispecchiando a pieno
l’idea di arte espressa dal pittore francese, risulta brillante, innovativa e, a
tratti, inaspettata: immagini come quelle de La Danza13 o La Musica
14
vengono immediatamente soppiantate da una cromia variegata, dai toni
caldi, mediterranei, e da tratti disegnativi che, pur delineando un oggetto
ben definito, alludono ad una funzione strettamente decorativa.
In tal senso risulta veramente illuminante la visione dei disegni raffiguranti
alberi, nudi e varie figure femminili, degli studi per le acqueforti che
dovevano accompagnare una serie di poesie di Mallarmè, del 1932, di uno
studio per l’Ulisse di Joyce, del 1940, e dei bozzetti per la realizzazione dei
costumi e delle suppellettili che sarebbero stati utilizzati per la messa in
scena del balletto del poema sinfonico di Igor Stravinsky Le Chant du
rossignol, del 1920.
Nelle ultime sale si trovano proprio gli abiti realizzati per il balletto appena
citato e, anch’essi, ci aprono un vasto panorama sulle due matrici della
formazione artistica di Henri Matisse: la provenienza da una famiglia di
tessitori e da una zona con una notevole concentrazione di attività tessile e il
fascino per i costumi primitivisti e per i motivi decorativi orientali.
Il catalogo, che come la mostra è curato da Ester Coen, giocato sui colori
giallo e bianco, è strutturato anch’esso in base allo spirito della
comparazione: ai tradizionali saggi si alternano delle schede tematiche,
contraddistinte appunto dal colore giallo, in cui si riportano le parole di
Matisse relative ai grandi argomenti trattati all’interno della mostra. Le
opere esposte non sono analizzate singolarmente, ma inserite all’interno del
corpo testuale saggistico.
13 Dipinto di Matisse in due versioni: una prima, del 1909, custodita presso il MoMA di New York, la seconda, del 1931, custodita presso l’Ermitage di San Pietroburgo. 14 Dipinto di Matisse del 1910 custodito presso l’Ermitage di San Pietroburgo.
Al termine, tre apparati: l’elenco delle opere esposte, un glossario di
termini-chiave e una bibliografia generale.
LA MOSTRA
CURATORE: Ester Coen
DOVE: Scuderie del Quirinale, Roma , Via XXIV Maggio, 16.