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ANNO XLII . N. 211 . MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 EURO 1,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/ BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158 L a stagione dei testacoda è lunga e com- plessa. Il «compagno» Fini che mandava a quel paese il principale era già una fol- lia. Il «compagno» Monti che usava la parola «equità» era una visione. E ora, come dovrem- mo catalogare il duro attacco della «compa- gna» Angela Merkel nientemeno che al molo- ch più potente e inafferrabile del pianeta, il fa- migerato mercato che tremare il mondo fa? «I mercati sono contro il popolo», ha detto la Me- rkel in Baviera, ospite dei soci-cugini della Csu. Una frase che probabilmente in tedesco suona benissimo, ma che pareva credibile sol- tanto – finora – se detta un secolo e mezzo fa da un filosofo con grossa barba e idee chiare non ancora passate di moda. Invece no. A tuonare contro i mercati che «hanno per- messo a pochi di arricchirsi e invece hanno im- poverito la maggioranza» è proprio Angela Me- rkel, e come testacoda non c’è male davvero. Contrordine, liberali! Avete presente quella ma- nina che tutto sistema, che tutto livella, che la- sciata senza regole se la lasci fare sistema tutto lei tipo Padre Pio in stato di grazia che fa il mira- colo? Ecco, invece era una falce sterminatrice, una specie di veleno che frega i molti per far feli- ci pochi, pochissimi, anzi, che possono essere felici solo nella misura in cui gli altri patiscono. Liberisti di tutto il mondo, pentitevi! Se lo dice Angela, che del mercato ha fino a ieri tenuto la bandiera, la spada e i cordoni della borsa (chie- dete ai greci!), allora i casi sono due. O il testaco- da è clamoroso e inaudito – qualcosa che po- trebbe cambiare gli equilibri europei, se non mondiali – oppure la tattica comanda, le elezio- ni si avvicinano, la Merkel e la sua Cdu annusa- no aria di disastro, e le parole in libertà non so- no una peculiarità solo italiana. La seconda ipo- tesi sembra la più probabile, ovvio, anche se la tentazione di alzare il ditino e dire: «Noi lo dicia- mo da sempre» è forte. Ma c’è un’altra possibili- tà da prendere in considerazione. Che la «com- pagna» Merkel, campionessa di un mercato fi- nora florido e vincente (industria, manifattura, fabbriche, prodotti), veda alfine lo strapotere di un altro mercato: finanza, speculazione, stru- menti avvelenati di economia senza produtto- ri. Insomma: ecco il padrone di un’economia materiale che si accorge (era l’ora!) che un altro mercato – non meno cinico, non meno baro – lo minaccia da vicino. Questo spiegherebbe il plurale (i mercati), ma rivelerebbe anche una vecchia immutabile realtà: che nel mondo del Capitale, ognuno è proletario a qualcun altro, che il mercato alla fine frega tutti, anche gli al- fieri del mercato che tirano i cordoni della bor- sa agli altri. Può sembrare giustizia, alla fine, ma è un abbaglio: è la solita ingiustizia del mercato, singolare o plurale che sia. LA COMPAGNA ANGELA Alessandro Robecchi VENEZIA 69 I nuovi rivoluzionari dopo il Maggio francese CRISTINA PICCINO l PAGINA 12 LAVORO | PAGINE 2, 3 I minatori si fidano ed escono dai pozzi Ora tocca a Monti Asservire il popolo FISICA Tra bosoni e stringhe Una risposta a Woit SAGNOTTI E TOMASSINI l PAGINA 10 T ranne che per i condannati minoren- ni, la pena dell’ergastolo è sopravvis- suta in Italia a ogni dubbio di costitu- zionalità. L’ergastolano, nell’argomento del- la Consulta, può sempre tendere a quella reintegrazione sociale in cui la nostra Carta, interpretata attraverso la norma penitenzia- ria, vede la finalità della pena. Può sempre aspirare alla liberazione condizionale, perfi- no nel caso in cui gravi su di lui il cosiddetto ergastolo ostativo, quello che esclude da qualsiasi beneficio di legge. Basta infatti che scelga di collaborare e l’accesso ai benefici tornerà nel suo orizzonte. A lui la decisione. E finché c’è decisione autonoma, c’è costitu- zionalità. CONTINUA |PAGINA 4 Anche il degrado dei luoghi ha un peso. I cu- muli di rifiuti nascondono esistenze e dram- mi, i vicoli stretti e bui allontanano persino i più curiosi. Un campo profughi palestine- se è così e tanti in Libano li evitano, fingono di non vederli più. Nulla però potrà nascon- dere e annullare la memoria di tremila uo- mini, donne e bambini, massacrati trent’an- ni fa a Sabra e Shatila. Quei volti rimarran- no scolpiti nella storia se la scrittura, come avvenne la prima volta con il grande scritto- re Jean Genet , ne testimonia l’orrore. E do- menica a scriverne, sulle pagine del Corrie- re della Sera, è stato anche un giovane auto- re importante come Paolo Giordano, che non era ancora nato quando i fucili e i col- telli dei massacratori fecero strage di palesti- nesi innocenti. Ma che nel testo trasmette la sensibilità di chi non è mai rimasto indiffe- rente al disastro dei palestinesi. Peccato che Giordano non abbia avuto modo di vedere, forse perché indirizzato male nella sua per- lustrazione, il memoriale fatto costruire, tra mille contrarietà, dall’inviato del «manife- sto» Stefano Chiarini e dal Comitato italia- no per non dimenticare Sabra e Shatila. «Il solo luogo di memoria si trova in un gara- ge, dietro un portone chiuso con un lucchet- to», ha scritto. Non è così, per fortuna. È un peccato anche che il significativo racconto di Giordano sia accompagnato da un’intervista allo studioso Eyal Zisser che non aggiunge alcun novità sulle re- sponsabilità di quel massacro. Zisser riba- disce una ben nota versione israeliana: «Il massacro, prima di tutto, ebbe luogo a ope- ra della Falange cristiana. Poi c’è il livello di chi avrebbe dovuto sapere», dice allegge- rendo le responsabilità di Ariel Sharon a quel tempo ministro della difesa di Israele e «mente» dell’offensiva “Pace in Galilea” in Libano. Più di tutto Zisser tace su di un punto centrale: spettava alla giustizia inter- nazionale e non a quella israeliana accerta- re le responsabilità che vanno ben oltre l’esecuzione materiale del crimine. Ariel Sharon e i suoi comandanti militari dove- vano spiegare davanti a giudici perché die- dero il via libera all’ingresso nel campo pa- lestinese di belve assetate di sangue e per- ché non fermarono il massacro che andò avanti per due giorni (le «40 ore» che titola- no il reportage di Giordano). Sharon fu sot- toposto al giudizio di una commissione d’inchiesta interna. Tenuto lontano per qualche anno dall’esecutivo, è poi tornato a dominare la scena politica. Non pochi gover- ni occidentali accogliendolo con il tappeto rosso, lo hanno proclamato «uomo di pace» dopo il ritiro di coloni e soldati israeliani da Gaza. Ai profughi palestinesi abbandonati al loro destino è rimasto solo l’impegno di chi non vuole dimenticare. A cominciare dalla scrittura. Per fortuna non è poco. S tallo sulla legge elettorale, le trattative nella strana maggioranza del governo Monti gira- no a vuoto. Il Pd si schiera contro il premio a una sola lista e prende coscienza che con la rifor- ma finto-proporzionale per prima cosa salterebbe- ro le primarie. Quelle che Bersani vuole a tutti i co- sti. Vendola: «No alla legge super-porcata che svuo- ta la consultazione popolare». Intanto Berlusconi convoca i suoi domattina e pensa a un accordo con i democratici per «salvare» il bipolarismo. Con tanti saluti per l’Udc. Il deputato democratico Ro- berto Giachetti riprende lo sciopero della fame: «Non si può tornare al voto con il porcellum» PREZIOSI E ROSSI |PAGINA 5 DAL CARCERE DI SPOLETO Ergastolani nella diaspora Susanna Marietti FOTO REUTERS Sabra e Shatila, oltre la solitudine Michele Giorgio Alla Carbosulcis di Nuraxi Figus gli operai sospen- dono l’occupazione. Il sottosegretario De Vincenti (Sviluppo) giura che si lavora al «carbone pulito». STALLO SULLA LEGGE ELETTORALE Le primarie che servono alla corsa di Bersani «I mercati distruggono la ricchezza del lavoro. Arricchiscono pochi ai danni di molti. Non sono amici del popolo». Bella scoperta. Angela Merkel non è passata a Occupy Berlino: la sua maggioranza vacilla e le speculazioni finanziarie vanificano il «rigore». Nel giorno in cui Draghi difende gli acquisti di titoli di stato dei paesi in crisi da parte della Bce ma solo a condizioni ferree PAGINA 6
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L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

May 14, 2023

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Mauro Gobbi
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Page 1: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

ANNO XLII . N. 211 . MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 EURO 1,50

CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/

BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158

La stagione dei testacoda è lunga e com-plessa. Il «compagno» Fini che mandavaa quel paese il principale era già una fol-

lia. Il «compagno» Monti che usava la parola«equità» era una visione. E ora, come dovrem-mo catalogare il duro attacco della «compa-gna» Angela Merkel nientemeno che al molo-ch più potente e inafferrabile del pianeta, il fa-migerato mercato che tremare il mondo fa? «Imercati sono contro il popolo», ha detto la Me-rkel in Baviera, ospite dei soci-cugini dellaCsu. Una frase che probabilmente in tedescosuona benissimo, ma che pareva credibile sol-tanto – finora – se detta un secolo e mezzo fada un filosofo con grossa barba e idee chiarenon ancora passate di moda. Invece no.

A tuonare contro i mercati che «hanno per-messo a pochi di arricchirsi e invece hanno im-poverito la maggioranza» è proprio Angela Me-rkel, e come testacoda non c’è male davvero.Contrordine, liberali! Avete presente quella ma-nina che tutto sistema, che tutto livella, che la-sciata senza regole se la lasci fare sistema tuttolei tipo Padre Pio in stato di grazia che fa il mira-colo? Ecco, invece era una falce sterminatrice,una specie di veleno che frega i molti per far feli-ci pochi, pochissimi, anzi, che possono esserefelici solo nella misura in cui gli altri patiscono.Liberisti di tutto il mondo, pentitevi! Se lo diceAngela, che del mercato ha fino a ieri tenuto labandiera, la spada e i cordoni della borsa (chie-dete ai greci!), allora i casi sono due. O il testaco-da è clamoroso e inaudito – qualcosa che po-trebbe cambiare gli equilibri europei, se nonmondiali – oppure la tattica comanda, le elezio-ni si avvicinano, la Merkel e la sua Cdu annusa-no aria di disastro, e le parole in libertà non so-no una peculiarità solo italiana. La seconda ipo-tesi sembra la più probabile, ovvio, anche se latentazione di alzare il ditino e dire: «Noi lo dicia-mo da sempre» è forte. Ma c’è un’altra possibili-tà da prendere in considerazione. Che la «com-pagna» Merkel, campionessa di un mercato fi-nora florido e vincente (industria, manifattura,fabbriche, prodotti), veda alfine lo strapotere diun altro mercato: finanza, speculazione, stru-menti avvelenati di economia senza produtto-ri. Insomma: ecco il padrone di un’economiamateriale che si accorge (era l’ora!) che un altromercato – non meno cinico, non meno baro –lo minaccia da vicino. Questo spiegherebbe ilplurale (i mercati), ma rivelerebbe anche unavecchia immutabile realtà: che nel mondo delCapitale, ognuno è proletario a qualcun altro,che il mercato alla fine frega tutti, anche gli al-fieri del mercato che tirano i cordoni della bor-sa agli altri. Può sembrare giustizia, alla fine,ma è un abbaglio: è la solita ingiustizia delmercato, singolare o plurale che sia.

LA COMPAGNAANGELA

Alessandro Robecchi

VENEZIA 69

I nuovi rivoluzionaridopo il Maggio franceseCRISTINA PICCINO l PAGINA 12

LAVORO | PAGINE 2, 3

I minatori si fidanoed escono dai pozziOra tocca a Monti

Asservire il popolo

FISICA

Tra bosoni e stringheUna risposta a WoitSAGNOTTI E TOMASSINI l PAGINA 10

Tranne che per i condannati minoren-ni, la pena dell’ergastolo è sopravvis-suta in Italia a ogni dubbio di costitu-

zionalità. L’ergastolano, nell’argomento del-la Consulta, può sempre tendere a quellareintegrazione sociale in cui la nostra Carta,interpretata attraverso la norma penitenzia-ria, vede la finalità della pena. Può sempreaspirare alla liberazione condizionale, perfi-no nel caso in cui gravi su di lui il cosiddettoergastolo ostativo, quello che esclude daqualsiasi beneficio di legge. Basta infatti chescelga di collaborare e l’accesso ai beneficitornerà nel suo orizzonte. A lui la decisione.E finché c’è decisione autonoma, c’è costitu-zionalità. CONTINUA |PAGINA 4

Anche il degrado dei luoghi ha un peso. I cu-muli di rifiuti nascondono esistenze e dram-mi, i vicoli stretti e bui allontanano persinoi più curiosi. Un campo profughi palestine-se è così e tanti in Libano li evitano, fingonodi non vederli più. Nulla però potrà nascon-dere e annullare la memoria di tremila uo-mini, donne e bambini, massacrati trent’an-ni fa a Sabra e Shatila. Quei volti rimarran-no scolpiti nella storia se la scrittura, comeavvenne la prima volta con il grande scritto-re Jean Genet , ne testimonia l’orrore. E do-menica a scriverne, sulle pagine del Corrie-re della Sera, è stato anche un giovane auto-re importante come Paolo Giordano, chenon era ancora nato quando i fucili e i col-telli dei massacratori fecero strage di palesti-nesi innocenti. Ma che nel testo trasmette lasensibilità di chi non è mai rimasto indiffe-rente al disastro dei palestinesi. Peccato cheGiordano non abbia avuto modo di vedere,forse perché indirizzato male nella sua per-

lustrazione, il memoriale fatto costruire, tramille contrarietà, dall’inviato del «manife-sto» Stefano Chiarini e dal Comitato italia-no per non dimenticare Sabra e Shatila. «Ilsolo luogo di memoria si trova in un gara-ge, dietro un portone chiuso con un lucchet-to», ha scritto. Non è così, per fortuna.

È un peccato anche che il significativoracconto di Giordano sia accompagnatoda un’intervista allo studioso Eyal Zisserche non aggiunge alcun novità sulle re-sponsabilità di quel massacro. Zisser riba-disce una ben nota versione israeliana: «Ilmassacro, prima di tutto, ebbe luogo a ope-ra della Falange cristiana. Poi c’è il livellodi chi avrebbe dovuto sapere», dice allegge-rendo le responsabilità di Ariel Sharon aquel tempo ministro della difesa di Israelee «mente» dell’offensiva “Pace in Galilea”in Libano. Più di tutto Zisser tace su di un

punto centrale: spettava alla giustizia inter-nazionale e non a quella israeliana accerta-re le responsabilità che vanno ben oltrel’esecuzione materiale del crimine. ArielSharon e i suoi comandanti militari dove-vano spiegare davanti a giudici perché die-dero il via libera all’ingresso nel campo pa-lestinese di belve assetate di sangue e per-ché non fermarono il massacro che andòavanti per due giorni (le «40 ore» che titola-no il reportage di Giordano). Sharon fu sot-toposto al giudizio di una commissioned’inchiesta interna. Tenuto lontano perqualche anno dall’esecutivo, è poi tornato adominare la scena politica. Non pochi gover-ni occidentali accogliendolo con il tappetorosso, lo hanno proclamato «uomo di pace»dopo il ritiro di coloni e soldati israeliani daGaza. Ai profughi palestinesi abbandonatial loro destino è rimasto solo l’impegno dichi non vuole dimenticare. A cominciaredalla scrittura. Per fortuna non è poco.

Stallo sulla legge elettorale, le trattative nellastrana maggioranza del governo Monti gira-no a vuoto. Il Pd si schiera contro il premio a

una sola lista e prende coscienza che con la rifor-ma finto-proporzionale per prima cosa salterebbe-ro le primarie. Quelle che Bersani vuole a tutti i co-sti. Vendola: «No alla legge super-porcata che svuo-ta la consultazione popolare». Intanto Berlusconiconvoca i suoi domattina e pensa a un accordocon i democratici per «salvare» il bipolarismo. Contanti saluti per l’Udc. Il deputato democratico Ro-berto Giachetti riprende lo sciopero della fame:«Non si può tornare al voto con il porcellum» PREZIOSI E ROSSI |PAGINA 5

DAL CARCERE DI SPOLETO

Ergastolaninella diaspora

Susanna Marietti

FOTO REUTERS

Sabra e Shatila, oltre la solitudineMichele Giorgio

Alla Carbosulcis di Nuraxi Figus gli operai sospen-dono l’occupazione. Il sottosegretario De Vincenti(Sviluppo) giura che si lavora al «carbone pulito».

STALLO SULLA LEGGE ELETTORALE

Le primarie che servonoalla corsa di Bersani

«I mercati distruggonola ricchezza del lavoro.Arricchiscono pochiai danni di molti. Non sonoamici del popolo».Bella scoperta. AngelaMerkel non è passataa Occupy Berlino: la suamaggioranza vacilla e lespeculazioni finanziarievanificano il «rigore».Nel giorno in cui Draghidifende gli acquisti di titolidi stato dei paesi in crisi daparte della Bce ma solo acondizioni ferree PAGINA 6

Page 2: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

pagina 2 il manifesto MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012

Costantino CossuCAGLIARI

L’occupazione della miniera di Nu-raxi Figus è terminata, ma non lamobilitazione dei lavoratori del-

la Carbosulcis, che vogliono avere rassi-curazioni sul futuro occupazionale e sulrilancio dell’azienda. I minatori, scesiuna settimana fa a una profondità di 373metri, stanno risalendo in superficie e og-gi riprenderanno la produzione.

La decisione di lasciare liberi i pozzi èstata presa ieri mattina al termine diun’assemblea che ha avuto come temaprincipale il progetto di rilancio della mi-niera, elaborato dalla Regione Sardegna,che il governo ha chiesto di rimodulareper renderlo sostenibile sul piano econo-mico. «Abbiamo chiesto alla Regione unincontro urgente per discutere del nuovoprogetto e dei futuri investimenti nellaminiera - ha detto Sandro Mereu, dellaRsu di Carbosulcis - la mobilitazione pro-segue, anche se si è deciso di togliere l’oc-cupazione». Lo stato di agitazione dei mi-natori passerà ancora per il blocco della

discarica di ceneri e gessi provenienti dal-la vicina centrale dell’Enel, si tratta dei re-sidui della lavorazione del carbone utiliz-zato per produrre energia.

«Ora che i lavoratori hanno deciso diinterrompere la protesta e l’occupazionedella miniera di Nuraxi Figus, il governomantenga gli impegni presi e non tradi-sca la fiducia dei minatori della Carbosul-cis. Ci sia davvero l’impegno per mante-nere i posti di lavoro e l’attività produtti-va della miniera»: così ieri il segretariodel Prc, Paolo Ferrero. E in effetti, il ruolodel governo come garante della trattativaè centrale.

Alla Regione Sardegna, proprietariadella Carbosulcis, la società che gestisce ipozzi, spetta il compito di ridefinire unprogetto che venga incontro alle richie-ste del governo di una drastica riduzionedei costi di gestione. I minatori tornanoal lavoro, ma la partita è ancora tuttaaperta. Soprattutto non è ben chiaro qua-li siano i margini che Roma ha intenzio-ne di concedere a Carbosulcis. Ancheperché le posizioni all’interno dell’esecu-tivo presieduto da Monti sono contra-stanti: da una parte i possibilisti, dall’al-tra i falchi. Tra questi ultimi, il ministroper l’ambiente, Corrado Clini.

Ieri il governo s’è fatto sentire attraver-so il sottosegretario allo sviluppo econo-mico Claudio De Vincenti: «Siamo felici,dal punto di vita umano, per la fine del-l’occupazione della miniera, e siamo sod-disfatti per il buon lavoro fatto con la Re-gione Sardegna. L’obiettivo è ora quellodi creare un polo tecnologico del carbo-ne pulito in cui anche la miniera di Nura-xi Figus abbia un futuro. Ci attende un la-voro impegnativo».

Resta invece sempre forte la preoccu-pazione degli operai dell’Alcoa. Il rappre-sentante dell’azienda di Portovesme, Giu-seppe Toia, ieri mattina ha confermato ilprogramma di fermata degli impianti.Per ora, hanno sottolineato i sindacalistiFranco Bardi (Cgil Fiom), Daniela Piras(Uil) e Bruno Usai (Cgil Fiom) si iniziacon tredici celle. Un’operazione che lamultinazionale vorrebbe concludere en-tro poche settimane. Intanto si preparala trasferta a Roma, prevista in un primotempo per domani e invece rinviata a lu-nedì delle prossima settimana per dare

più tempo alla trattativa con Glencore, ilgruppo svizzero interessato all’acqustodell’impianto di Portovesme. Lunedìprossimo i rappresentanti dei lavoratorisaranno al ministero dello Sviluppo eco-nomico per partecipare a un tavolo conil governo, la Regione Sardegna e l’azien-da. Con loro, giù in strada, ci sarannonon meno di 600 lavoratori e i sindaci delterritorio. Vorrebbero unirsi anche i com-mercianti e gli artigiani del Sulcis, ma ilviaggio presenta costi non indifferenti. Altavolo ministeriale la Glencore dovrebbeformalizzare una sua proposta per l’ac-quisto dello stabilimento sardo che gliamericani dell’Alcoa hanno deciso dichiudere.

Sebastiano Canetta, Ernesto MilanesiPORTO TOLLE (ROVIGO)

E’stata per decenni l’Ilva del Polesine:adesso qualcuno ha voluto trasformar-la nel ricatto ai minatori Carbonsulcis.

Paradosso da governo tecnico che deve sceglie-re dove la «Befana di Bruxelles» porterà il suo«carbone pulito». Il Veneto dell’Enel condanne-rà a morte la Sardegna? O viceversa? Sempreammesso che lo spread tecnologico del sistemacarbon capture and storage sia compatibile conl’orizzonte di Euro 20-20-20 (20% di fonti rinno-vabili, al 20% di CO2 in meno rispetto al 1990 e20% di risparmio efficiente entro i prossimi ottoanni), l’Italia si dimostra una volta di più prigio-niera del dilemma fra il lavoro delle tute blu e latutela dell’ambiente, della salute e del futuro.

La centrale Enel di Porto Tolle riproduce inscala rodigina le stesse scintille esplosive del Pe-trolchimico di Porto Marghera. E’ la storia del«modello veneto» della Prima Repubblica, del«progresso» come legge suprema, del «consumi-smo» del territorio. Una ciminiera con vista sul-la risacca naturale, gli impianti «rigenerabili» adispetto dell’impatto ambientale, l’insindacabi-le ragion di Stato che produce anche la legge adaziendam con il ministro Paolo Romani chedribbla la collega Stefania Prestigiacomo.

A Porto Tolle come a Taranto. E’ centrale l’in-dustria che accende l’economia rispetto al Par-co del Delta del Po. Conta la fabbrica del lavoronel lembo periferico della provincia più depres-

sa del Veneto, piuttosto delle sentenze di tribu-nali e delle inchieste della procura. Vale la salva-guardia del posto sicuro, perfino a dispetto del-le continue deroghe alle stesse norme ambien-tali dell’Unione europea. Con l’inedita «allean-za» fra il sindacato e il governatore leghista Lu-ca Zaia.

Giusto una settimana fa, la conferma dellasintonia istituzional-aziendale. Fulvio Conti,amministratore delegato Enel: «La conversionedella centrale di Porto Tolle da olio combustibi-le a carbone pulito è e rimane strategica per ilnostro gruppo». Chiosa Zaia: «Attendiamo chel’iter procedurale sia al più presto completato esi concretizzi finalmente per il Polesine quel-l’opportunità di sviluppo alla quale la Regioneha sempre lavorato con convinzione e impe-gno, superando problemi e vincoli che avevanobloccato il procedimento amministrativo. Io ela Regione continueremo ad essere al fianco deilavoratori così come abbiamo fatto a giugno, su-perando, grazie a una nuova norma regionale,la sentenza che bloccava la conversione dellacentrale».

Avanti tutta, a testa bassa. Il Veneto ha già «ri-modulato» la legge istitutiva del Parco del Deltain vigore dal 1997. Per decreto, non esistono più«conflitti» fra economia e ecologia. Esattamentequelli che avevano indotto il Consiglio di Statoa sentenziare contro la riconversione di PortoTolle in nome del rispetto della valutazione diimpatto ambientale.

In ballo, l’alternativa carbonifera al Sulcis

FINO IN FONDO

Impiantata fin dal 1980, la centraleEnel di Porto Tolle è una delle piùimportanti d’Europa. Dichiara una

potenza di 2.640 MegaWatt in grado di«coprire» l’8 per cento del fabbisognonazionale.

E’ costituita da quattro gruppi di cal-daie e turbine a vapore, mentre dopo ilgasolio dal 1995 come combustibile vie-ne utilizzato l’Orimulsion.

Il 5 gennaio 2011, in pieno governoBerlusconi, è stata autorizzata la con-versione a carbone da parte della Dire-zione generale per l’energia nucleare,le energie rinnovabili e l’efficienza ener-getica del Ministero per lo sviluppo eco-

nomico.Il 17 maggio 2011 con sentenza del

Consiglio di Stato viene annullata la de-cisione del Tar del Lazio che con il de-creto del 29 luglio 2009 del Ministerodell’Ambiente aveva dato parere positi-vo alla Valutazione di impatto Ambien-tale per la nuova opera.

Nel 2010, il governatore GiancarloGalan aveva indicato la riconversionedi Porto Tolle a centrale nucleare.

L’estate scorsa con una lettera aper-ta Greenpeace, Legambiente, WWF eItalia Nostra si erano rivolti direttamen-te al presidente della Repubblica Gior-gio Napolitano: «La conversione a car-

bone della centrale di Porto Tolle com-porterebbe l’emissione di oltre 10 milio-ni di tonnellate annue di anidride car-bonica, principale responsabile del ri-scaldamento globale; nonché la movi-mentazione, in un parco naturale giàfragilissimo, di 5 milioni di tonnellatedi carbone all’anno e di un altro milio-ne di tonnellate tra calcare, gessi e ce-neri. Tutto questo per salvare meno di200 posti di lavoro che potrebbero esse-re assorbiti da un equivalente impian-to a gas naturale, ipotesi più razionalevisto che accanto al sito della centrale èstato costruito il più importante termi-nale gasifero off-shore».

Crisi • La partita resta aperta, ma ora in ballo c’è ancora di più: la fiducia dei lavoratoriconcretizzatasi con il loro gesto, che punta a una vera soluzione

Fuori iminatoridiNuraxi

PORTO TOLLE · Storia della centrale Enel in Veneto, una delle più importanti d’Europa

Per quante tonnellate di anidride carbonica

PALERMO

Gli operai della Gesipbloccano stazione e traffico

LA PROTESTA DEI MINATORI DELLA CARBOSULCIS/FOTO REUTERS

ENERGIA · Da «Ilva del Polesine» al «carbone pulito»

La conversione di Porto Tollecondannerà la Sardegna?

«Il ministro Cancellieri ci ha detto che i 5milioni del fondo di protezione potrebberoarrivare ma sono vincolati a delle richiestedel governo. Siamo qui perché dobbiamorisolvere questa situazione. Vogliamo torna-re a lavorare», dice Massimiliano Fell, assi-stente al verde della Gesip. Gli operai dellaGesip di Palermo da sabato sono senza la-voro e senza stipendio. In mattinata aveva-no protestato lungo corso Vittorio Emanue-le, nei pressi di Palazzo delle Aquile, sededel Municipio. Poi hanno occupato per dueore la stazione ferroviaria, bloccando il traffi-co dei treni. Per spostarsi infine in centrocittà, dove si sono verificati alcuni tafferuglicon gli automobilisti in via Roma. Chiuse altraffico corso Vittorio Emanuele, via Maque-da e i Quattro Canti. Il sindaco Orlando haincontrato Cancellieri.

L’occupazione della minierain Sardegna è terminata,ma non la mobilitazionedei lavoratori della Carbosulcis.Hanno deciso di risalire dallaprofondità di 373 metri edi riprendere la produzione.«Ma adesso il governo Montideve mantenere gli impegni»

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MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 il manifesto pagina 3

con i finanziamenti europei. La «centralità» diPorto Tolle si traduce, sulla carta, in un proget-to da 2,5 miliardi di euro in cinque anni di can-tiere; 700 posti di lavoro «a regime» (con puntemassime dichiarate di 3.500); una potenza di1.980 megawatt nelle tre sezioni produttive. «Pa-rallelamente sarà avviata la progettazione dellostoccaggio di anidride carbonica in impiantimetaniferi dismessi, che rientra nei due proget-ti per cui l’Enel ha ricevuto un finanziamentoUe»: con buona pace della Sardegna?

Commenta Laura Puppato, capogruppo inRegione e responsabile nazionale ambiente delPartito democratico: «E’ una storia nata male.Una centrale inquinante, tenuta in vita dal go-verno Berlusconi sull’onda del black out e ora alcentro di speculazioni che stridono con il qua-dro effettivo della situazione. Enel con sede inLussemburgo è un gruppo internazionale: daconsumatori, sappiamo che spesso e volentieriproduce energia in base alla propria convenien-za. E niente mi leva dalla testa che a Porto Tollefa solo i propri interessi, anche con un pizzicodi tattica. D’altro canto, i dati ufficiali dimostra-no come l’Italia di fatto sia già autosufficiente

sul fronte energetico. E sullo stoccaggio delCO2 tutti sappiamo bene che si tratta solo diuna sperimentazione, per di più senza concretecertezze sui siti». Puppato punta l’indice su Za-ia, ma si sottrae all’inerzia del centrosinistra: «IlVeneto non ha un piano energetico e il governa-tore imita Ponzio Pilato: modifica lo statuto delparco e poi si appella a Roma. Nessuno parladel rigassificatore che invece funziona a mille,né di energia pulita o di Kyoto. E’ la politica sur-classata dai dati di fatto che si mantiene a forzadi illusioni, retaggi, convenienze. Per me, la cen-trale di Porto Tolle è morta e sepolta alla lucedella realtà. In un Veneto normale c’è da decide-re una vera e responsabile alternativa industria-le davvero compatibile con i fenicotteri rosa. Ailavoratori dell’Ilva, del Sulcis e di Porto Tolle vo-gliamo finalmente dire che il futuro sono l’autoad aria compressa, la green economy e l’abbatti-mento dell’inquinamento? Ecco, la politica veramette tutti intorno ad un tavolo e dà lavoro inbase alle necessità reali di un paese europeo».

Così anche da Porto Tolle si ritorna…a palaz-zo Chigi: «Il principio del governo è giusto: se lesocietà pubbliche hanno inquinato, allora loStato deve risarcire i territori. Sta succedendoper Taranto, adesso tocca anche a Porto Mar-ghera che finora non ha visto un euro dei 5 mi-liardi previsti per la riconversione dell’area indu-striale», evidenzia Gianfranco Bettin, assessoreall’ambiente del Comune di Venezia che ha se-guito il caso della centrale Enel fin dagli anni‘80.

Anche in Polesine sono agli atti sentenze edinchieste della magistratura. La presenza del-l’Enel ha acceso la lampadina delle verifiche sul-la salute della gente e sui pericoli che minaccia-no l’oasi del Delta. Tutto sull’altro piatto dellabilancia nel dossier del «carbone pulito». Nien-te di più nell’ingarbugliata matassa che si dipa-na a Porto Tolle e nel Sulcis, a Roma quanto aBruxelles. Soltanto una centrale in Veneto «con-tro» una miniera in Sardegna?

Chi toglie il lavoro a chi?Il mestiere del giornalista diventa complicato, se hai un editore come

Confindustria e magari sei uno stagista che deve fare un pezzo non firmato. C’è ilrischio di trasformarsi in ideologo, impegnato a piegare ogni notizia alla visionedella proprietà. È capitato ieri al Sole24Ore online, con un pezzo che riportava idati Istat sull’occupazione degli under 35 – diminuita del 20% in cinque anni –

intitolato «Gli adulti tolgono il lavoro ai giovani». Roba da incitamento allaviolenza fisica... Voi li vedete tutti questi «adulti» entrare in fabbrica o in ufficio

da disoccupati, sollevare di peso qualche pattuglia di trentenni e mettersi alavorare al loro posto? La cosa è sembrata eccessiva anche ai lettori del Sole, chepure facciamo fatica a immaginare come pericolosi sovversivi. I commenti sonostati tanti e piuttosto sgradevoli per il governo in carica, ma anche per il titolista

de Il Sole («Un titolo inaccettabile. Un falso ideologico», dice il più conciso). Aquasi tutti riesce semplice spiegare con l’aumento dell’età pensionabile – in pienacrisi economica, con ovvia riduzione dell’occupazione – la disperata condizione

giovanile. Qualche lavoratore over 55 confessa in effetti che «io me ne andreisubito in pensione per lasciare il posto a un giovane, ma la legge attuale non lo

consente». C’è chi è prigioniero del lavoro e chi non riesce a farsi catturare. C’è chiguarda in faccia la realtà per dare una notizia e chi, prima, guarda con

preoccupazione la foto del padrone appesa sopra la scrivania. Il secondo, misembra, toglie il lavoro a uno migliore. Di qualsiasi età. fucik

FINO IN FONDO

Industria • Tra i grande paesi, nella produzione l’Italiaè l’unico a regredire (ultimo indice Pmi)

ILVA · La procura di Taranto sollecita l’azienda: «Subito misure antinquinamento» Loris Campetti

«Al presidente dell’Italia dei valorichiedo un atto di generosità e diapertura. Due dei quattro quesiti

referendari annunciati dall’Idv riguardano illavoro, e in particolare l’art.18 con la richie-sta dell’abolizione delle modifiche introdottedal governo Monti che lo sterilizzano, el’art.8 della manovra di Berlusconi che can-cella di fatto il contratto nazionale, di cui sichiede l’integrale abolizione. La richiesta cheavanzo a Di Pietro è che questi due quesitivengano presentati da un arco di forze moltovasto e rappresentativo di aree sindacali, poli-tiche, intellettuali, giuslavoristi, soggetti edi-toriali che su queste questioni si sono battutee si battono». Gianni Rinaldini, coordinatoredell’area “la Cgil che vogliamo”, ha partecipa-to a tutti i passaggi e i confronti che si sonosvolti nelle scorse settimane per rendere - lapiù ampia possibile - la partecipazione a unabattaglia politica strategica sui temi del lavo-ro. Alla vigilia della deposizione dei quesiti, siappella a Di Pietro perché l’iniziativa nonvenga vissuta esclusivamente come un’inizia-tiva partitica, bensì aperta e coinvolgente deisettori e delle esperienze di movimento chesi battono contro le politiche neoliberiste in-

carnate ieri da Berlu-sconi e oggi dal go-verno Monti.

C’è poco tempoper raggiungereun accordo, anzipochi giorni.Per poter racco-

gliere le firme neces-sarie a ottobre, no-vembre e dicembree quindi poter svol-gere i referendumtra la fine del 2013 el’inizio del 2014, iquesiti devono esse-

re depositati entro questa settimana. Voglioricordare che i primi a lanciare la proposta diun referendum per abolire l’art.8 – il governoMonti non aveva ancora fatto cadere la man-naia sull’art.18 dello Statuto – furono alcunigiuslavoristi, economisti e intellettuali, daGallino a Rodotà ad Alleva, con un appellopubblicato dal manifesto. Poi la mobilitazio-ne si allargò, alla riconquista dell’integrità del-l’art.18 e coinvolse sindacati come la Fiom,movimenti e associazioni, intellettuali, gior-nali come il manifesto. Proprio qui, dopo l’an-nuncio dell’Idv dei 4 referendum, MaurizioZipponi che di quel partito è responsabileper il lavoro lanciò anche a nome di Di Pietrola proposta di un comitato promotore aper-to, allargato agli altri soggetti interessati, chedepositi i quesiti. Ora, è comprensibile cheun partito, in vista della campagna elettoralesia spinto a svolgere un ruolo da protagoni-sta in un contesto in cui non è chiaro conquale legge si andrà a votare e dunque qualisaranno le alleanze possibili, ma io chiedo aDi Pietro di ribadire quella disponibilità.

Vuoi ricordare le ragioni dell’opposizione al-l’art.8, dato che i lettori del manifesto quel-le in difesa dell’art.18 che prevedeva il rein-tegro dei lavoratori licenziati senza giustacausa, le conoscono fin troppo bene?L’art.8 della manovra d’agosto di Berlusco-

ni recepisce in toto il modello Marchionne at-traverso la sterilizzazione del contratto nazio-nale di lavoro. Ma la cosa meno conosciuta èche questo articolo, contestato dall’opposi-zione al governo di destra, è stata recepitadal governo Monti: con il meccanismo delleliberalizzazioni si è aperto a Italo di Monteze-molo il mercato nel settore ferroviario e si ècancellata l’obbligatorietà del contratto na-zionale di lavoro. Cosicché è targata Monti enon Berlusconi la prima applicazione del-l’art.8, naturalmente dopo la rottura pratica-ta da Marchionne a Pomigliano e poi estesa atutta la Fiat. Avviare la campagna referenda-ria a ottobre e proseguirla fino a fine anno si-gnifica entrare nel pieno della campagna elet-torale. E così ricordare ai partiti che i dirittidei lavoratori rappresentano un discrimineper la democrazia e lo saranno anche nelleurne. Chi propone un’alternativa alle destree una discontinuità con il governo Monti de-ve sapere che o si impegnerà a introdurre mo-difiche strutturali all’art.8 e a ripristinare nel-la sua interezza l’art.18, oppure dovrà veder-sela con i referendum.

Sei ottimista sulla possibilità che Di Pietroraccolga la tua proposta di costituire un co-mitato promotore aperto?Io sto ai fatti, agli impegni e alle proposte

avanzate da Zipponi anche a nome di Di Pie-tro. Un atto di generosità e di apertura del-l’Idv, del resto, consentirebbe di condurreuna battaglia politica con uno schieramentoe un insieme di culture ed esperienze all’al-tezza dell’obiettivo che ci si pone: riportare lademocrazia nei posti di lavoro. Tutti insiemepossiamo farcela.

Francesco Paternò

La benzina a due euro, la disoc-cupazione in costante aumen-to soprattutto tra i giovani, la fi-

ducia che non può esserci e poi tan-to altro, sempre di segno meno. Oggitocca all’automobile, che non cam-mina più. In agosto, il mercato italia-no si è fermato a -20,2%, -19,9% neiprimo otto mesi dell’anno. L’ammi-nistratore delegato di Fiat-ChryslerSergio Marchionne dice che un calocosì non l’aveva mai visto, le associa-zioni dei costruttori stranieri che inItalia rappresentano oltre il 70% delmercato, paragonano le vendite delpaese non più a quelle del 1979, maaddirittura a quelle degli anni ’60. In-somma il baratro sarebbe vicino, an-

che se Marchionne lavora nel settoresoltanto dal 2004 ed è piuttosto im-proprio mettere insieme i numeridell’Italia del boom post bellico conquelli della doppia recessione del ter-zo millennio.

Ma l’allarme resta. Anche a chinon interessa l’automobile o la vor-rebbe esclusivamente non inquinan-te, il dato di oggi fa tremare, perchémette a rischio il lavoro di migliaia di

persone. In tutta la filiera: molte con-cessionarie salteranno, l’Unrae (l’as-sociazione dei costruttori stranieri)stima almeno 10.000 posti di lavoropersi in questo settore al 31 dicem-bre, che riguarderanno anche il pro-duttore nazionale.

Poi ci sono i lavoratori diretti delgruppo Fiat, che restano in prima li-nea: il crollo del mercato è stato anti-cipato l’anno scorso dalla chiusuradella fabbrica siciliana di TerminiImerese. E il 2012 è stato finora unanno di cassa integrazione nei quat-tro stabilimenti Fiat, compreso ilnuovissimo Pomigliano d’Arco inCampania e nonostante la Panda

qui prodotta sia sempre il modellopiù venduto. Il ricorso alla cig fa ri-sparmiare l’azienda e taglia la produ-zione di auto che non si vendono,ma il prossimo passo minacciato daMarchionne è la chiusura di un’altrafabbrica.

A differenza del crollo dell’euro,nell’auto non ci sono paesi-cicala epaesi virtuosi, è tutto un pianto. Lacassa integrazione corre dalla Opelalla Ford, dalla Peugeot (che licenziaanche) alla Renault, con una sola ec-cezione a confermare la regola: inGermania, nelle fabbriche dei quat-tro costruttori nazionali, Volkswa-gen, Bmw, Mercedes e Porsche, i di-pendenti sono tutti al lavoro.

Tornando ai poveri numeri italia-ni, il gruppo Fiat-Chrysler (anzi Fiat-Jeep, considerando che le Lanciatranne Ypsilon e Musa sono Chryslerrimarchiate) ha perso il 20,5%, conuna quota del 29,6% a livelli quasi in-variati rispetto a quella dell’agostodel 2011. Consolazione anoressica,ma che regge il confronto con i crollidi concorrenti diretti, come la Ford a-35,4%, la Citroen a -43,3%, la Re-nault a -37,5%; al livello del -19,5%della Opel e del -17,1% della Toyota.Spulciando ancora, si nota che il ca-lo sta colpendo anche diversi marchidi lusso, probabilmente più per effet-to blitz a Cortina della Guardia di Fi-nanza che per cambiamenti di stiledi vita di chi compra questi modelli.-23,9% di Bmw, -14,5% di Mercedes,-11,1% di Porsche, -62,50 di Ferrari(in agosto ne sono state vendute 6 in-vece che delle 16 dell’anno scorso),-71,4% di Maserati (4 contro le 14 del2011); ma anche nessun calo perLamborghini - vendute 2, comeun’estate fa - e addirittura un balzoper Land Rover, +63,5%. Alla fine, fapiù impressione vedere come Dr Mo-tor, il marchio molisano che avrebbevoluto ingrandirsi acquisendo Termi-ni Imerese, sia quasi scomparso con-81,3 (27 auto vendute invece di145); come soffra anche il low cost diDacia con -6,4%; e come continuanoa vendere a razzo i sucoreani di Kia,+77,6%.

ITALIA · In agosto il gruppo Fiat perde il 20,5%, il mercato il 20,2%

Auto, tutti giù per terra

Figus La procura della Repubblica di Taranto ha notificato ieri mattina un atto in cui ai tre cu-stodi giudiziali ed al presidente Bruno Ferrante nella sua duplice veste di custode ammini-strativo e presidente del cda, i pm chiedono l’ottenimento nel minor tempo possibile,dell’elenco degli interventi necessari per fermare le emissioni inquinanti, con i relativi co-sti e i tempi d’esecuzione. Non un’ordinanza dunque, ma una semplice disposizione prati-ca di quanto deciso nel vertice di sabato in Procura, in cui si chiede di «procedere imme-diatamente alla adozione delle misure necessarie alla pronta eliminazione delle emissioninocive ancora in atto». Gli inquirenti della Procura che hanno la supervisione del lavorodei custodi, hanno giustificato la misura riprendendo i punti più significativi delle motiva-zioni del Riesame. «I tecnici - si legge nel dispositivo - possono valutare e adottare, tratutte le possibilità operative, quelle concretamente idonee a salvaguardare l’integrità e lasicurezza degli impianti e a consentire, in ipotesi, la ripresa dell’operatività dei predetti, incondizioni di piena compatibilità ambientale, una volta eliminate del tutto quelle emissio-ni illecite, nocive e dannose per la salute dei lavoratori e della popolazione e, in ogni ca-so, per l’ambiente circostante e quindi, come già rilevato, con espressa esclusione diogni qualsiasi facoltà d’uso a fine di produzione». A tal proposito, Fim, Fiom e Uilm diTaranto hanno chiesto un nuovo incontro ai custodi giudiziari. (Gianmario Leone)

2,5

Marchionne incredulo:«Mai visto un calo cosìpesante». Perdonoanche i marchi del lusso.Reggono solo i coreani

MILIARDI DI EUROE’ il valore del progetto per Porto Tollein cinque anni di cantiere; 700 postidi lavoro «a regime» (con punte massimedichiarate di 3.500); una potenza di1.980 megawatt nelle 3 sezioni produttive

I QUESITI SUL LAVORO

Rinaldini a Di Pietro:«Sui referendumapri oltre il tuo partito»

Page 4: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

pagina 4 il manifesto MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012

Anna Maria Bruni

Comincia oggi, con il presidiodei precari sotto il Miur controil famigerato concorso voluto

dal ministro Profumo, la mobilitazio-ne del mondo della scuola. Domani siaggiungeranno alla protesta i cosiddet-ti «inidonei», i docenti obbligati a di-ventare amministrativi o tecnici, senon addirittura dichiarati in soprannu-mero da un decreto inserito nella spen-ding review, per sole ragioni di salute.Il presidio andrà avanti fino a domeni-ca 9, giorno in cui il coordinamentodei precari terrà un’assemblea nazio-nale, per confluire lunedì 10 nella mo-bilitazione più generale contro la leggeAprea a Montecitorio, mentre è in di-scussione la «953». A Bologna, nel frat-tempo, il 7 si terrà la conferenza stam-pa che annuncia la partenza della rac-colta firme per il referendum sul finan-ziamento alle scuole d’infanzia priva-te. Di questa iniziativa il Comitato pro-motore «Articolo 33» intende fare unmodello da diffondere e replicare inquanti più Comuni possibile.

L’incontro nazionale organizzatodall’associazione «Per una buona scuo-la della Repubblica», l’altroieri a Bolo-gna, ha lanciato le prime mobilitazionisulla base di un appello comune stila-to nella stessa giornata, leggibile su car-ta e online, nel quale spicca l’appoggioreciproco alle iniziative. Numerose leassociazioni e i comitati partecipantiall’incontro, i Tavoli regionali di Tosca-na e Lazio, Prc, Fds e Idv, e docenti egenitori a titolo personale.

Una settimana fitta che prelude, nel-le intenzioni, all’organizzazione diun’assemblea nazionale domenica 23settembre a Roma (il giorno prima delconcorso). Quattro i nodi che AntoniaSani, dell’Associazione promotrice,lancia in apertura come prioritari do-po le decisioni prese in agosto da go-verno e consorteria varia. Oltre ai tregià denunciati dalle mobilitazioni –Concorso, legge Aprea e scuole d’infan-zia – anche il Servizio Nazionale di Va-lutazione, approvato sempre il 24 ago-sto. Corrado Maugeri, Fds nazionale,puntava il dito sulla «953» come l’ap-prodo dell’idea forte del Pd sulla scuo-la cominciato con la riforma Berlin-

guer e la Bassanini sull’autonomia. Inlinea con la politica più generale del«meno stato, più mercato», meno dirit-ti, aziendalizzazione e controllo autori-tario del governo mediante una buro-crazia sempre più invasiva.

Bruno Moretto, Scuola e Costituzio-ne di Bologna, vi ha aggiunto il sistemadi valutazione, che esautora le scuoleconsegnandole mani e piedi all’Invalsie alle successive indicazioni ministeria-li. Un altro tassello della «selezione diclasse», in cui la partita delle scuoled’infanzia rientra a pieno titolo. Ales-sandro, insegnante precario, riconnet-te precarizzazione del diritto allo stu-dio e al lavoro. Tanti gli interventi del-la giornata, molta convergenza nelleanalisi, ma non sul modo di procede-re. Dopo la pubblicazione dell’appelloe le mobilitazioni una parte – fra cuiMaugeri, Sani, Marcello Vigli – sposta-no l’attenzione sull’organizzazione diun seminario sull’«autonomia» e sulla

necessità del confronto con le forze po-litiche. Diversi altri invece – da PieroCastello, Coordinamento delle elemen-tari di Roma, presente a titolo persona-le, a Carlo Salmaso, Comitato Genitoriinsegnanti di Padova, a Beppe Zam-bon, Cesp di Bologna – sottolineano lanecessità di una pratica sociale quoti-diana come l’abc della costruzione del-le mobilitazioni, troppo poco discussain quella che invece sarebbe stata la se-de più adatta.

L’esempio poco ricordato è il refe-rendum sull’acqua pubblica, citato daAntimo Santoro, insegnante delle su-periori e Cobas di Bologna, per sottoli-neare il percorso di costruzione diquel successo. Proprio «l’Urlo dellascuola», nel marzo scorso, ha dato laparola in apertura ad Alex Zanotelli,«padre» di quell’iniziativa capace di se-minare una cultura della partecipazio-ne come non si vedeva da tempo, co-struita passo passo quotidianamente,nei quartieri, nei mercati, nelle scuole,fino ai paesi più sperduti. Un successoclamoroso con il quale le forze politi-che si sono dovute confrontare, dopoaver costruito quel potere contrattua-le. Un precedente da cui non può pre-scindere (su proposta di Loredana Fra-leone, del Prc) nemmeno l’ipotesi diuna manifestazione nazionale.

Roberto Ciccarelli

Solo dagli aspiranti medici e den-tisti, che oggi risponderanno al-le 80 domande di ammissione

ai corsi di laurea in medicina e odon-toiatria, gli atenei italiani ricaveranno4,5 milioni di euro. Aria pura per bilan-ci tagliati all’inverosimile dalla curaTremonti iniziata nel 2008 e mai mes-si in discussione dal governo Monti:1,4 miliardi di euro in meno in cinqueanni per il fondo ordinario di finanzia-mento (Ffo) significa spingere il mala-to (l’università) ad un’asfissia progres-siva e inesorabile.

Ormai anche i test per l’ammissio-ne ai corsi di laurea a numero chiusodiventano l’occasione per rastrellareun briciola di risorse dagli aspirantistudenti per rimediare al crollo diquelle ordinarie passate da 7,4 miliar-di a 6,1 miliardi di euro.

Il benvenuto nell’università del de-fault verrà dato a 77mila candidati me-dici e dentisti che si contenderanno ri-spettivamente 10.173 e 900 posti. Stes-so trattamento sarà riservato da do-mani agli architetti, ai veterinari e acoloro che vogliono cimentarsi con leprofessioni sanitarie. Da due anni iltest di ammissione viene sommini-strato nello stesso giorno in tutto il pa-ese per evitare che i candidati ne fac-ciano più d’uno spostandosi di città eateneo. Ciò non impedisce al 60% de-gli studenti di iscriversi a corsi di lau-rea contigui nella speranza di ritenta-re la sorte l’anno successivo con qual-che credito formativo in cascina.

Speranze, rimedi messi in scenaogni anno a inizio a settembre, quan-do gli atenei mostrano uno dei risulta-ti delle riforme (e dei tagli) dell’ultimo

ventennio: sono diventati aziende inpiena regola. Qui tutto è monetizza-to, lo dimostra una ricerca diffusa ieridal portale Skuola.net sui costi deitest di ammissione in medicina: negliatenei si spende, in media, 55 euro.L’ateneo più economico è quello diPadova con 27 euro. La più cara èl’università del Molise che ne chiede120. C’è anche il capitolo della con-correnza tra facoltà di medicina nellastessa città. Accade a Napoli dove Fe-derico II e Seconda università chiedo-no 50 o 100 euro.

Un altro problema rivelato dai testd’ammissione è l’accesso alle profes-sioni. Spinosissima, in presenza delpiù alto tasso di disoccupazione (e diinoccupazione) tra i giovani neo-lau-reati degli ultimi decenni che, per An-drea Lenzi - Presidente del ConsiglioUniversitario Nazionale (Cun) – dege-nera al momento dell’ammissione aicorsi di specializzazione. Il vero collodi bottiglia alle facoltà di medicinanon sono tanto i quiz iniziali ma l’ac-cesso alle specializzazioni e ai posti dimedicina generale messi a bando inItalia dal Servizio Sanitario. Su 10.173studenti che supereranno i test que-st’anno e conseguiranno la laurea fra6 anni (ritardo medio di 1 anno), reste-ranno disoccupate 3mila persone. Iposti disponibili per le scuole di spe-cializzazione sono infatti 5 mila e quel-li per medicina generale circa mille.

«Nessun Paese – afferma Lenzi -può più permettersi di fare iscrivere aMedicina i giovani senza garantire lo-ro una futura occupazione, è un costoeconomico e sociale insostenibile».Una situazione del tutto simile alle al-tre facoltà professionalizzanti, da giu-risprudenza ad architettura, travolteda quella che negli Stati Uniti è statadefinita «esplosione della bolla forma-tiva». In termini più semplici, il siste-ma formativo italiano, penultimo neipaesi Ocse per numero di laureati, neproduce più di quanti il mercato dellavoro possa assorbirne.

Ma la soluzione è davvero il nume-ro chiuso? Questa è la strada intrapre-sa da tempo. Oggi il 54% dei corsi dilaurea è a sbarramento. Lo conferma-no gli studenti del coordinamentoLink, che domani saranno all’ingres-so delle facoltà per controllare la rego-larità dei test. «Non ha senso espelleregli studenti dall’università – affermaLuca Spadon – impedendogli di dareun contributo alla società».

Sui test pende infine un altro ri-schio. Il ricorso alla Corte Costituzio-nale del Codacons secondo il quale,in caso affermativo, potrebbe dareluogo ad una class action per i nonammessi. Per questa ragione ieri ha in-viato una diffida al ministero del-l’Istruzione chiedendone l’abolizione.

Luce ManaraMILANO

Forse non è un caso se uno degli uomini di chiesapiù amati e stimati di sempre, il cardinale Carlo Ma-ria Martini, quasi un papa, poco prima di morire ha

lasciato in eredità alcune domande pressanti, quasi dispe-rate. Sono state raccolte nell’ultima in-tervista rilasciata lo scorso 8 agosto:«La chiesa è rimasta indietro di 200 an-ni. Come mai non si scuote? Abbiamopaura? Paura invece di coraggio?».

Sapeva parlare anche così il fine bi-blista, lo studioso di testi sacri, il pretepiù vicino agli ultimi che per 23 anni –dal 1979 al 2002 - è stato l’unica guidanon solo spirituale di Milano, la «capi-tale» della Diocesi più grande del mon-do. E i milanesi lo hanno riconosciutoe omaggiato per quello che era in que-ste tre giornate di lutto, sfilando inin-terrottamente lungo le navate del Duo-mo. La curia milanese parla di 200 mi-la persone, dieci volte tante quelle cheieri si sono raccolte nella cattedrale esul sagrato per le esequie. Come se cifossero stati due funerali, uno civile eugualmente sentito e uno religioso.

Adesso tutti se lo terranno ben stretto anche nel suo«giorno della nascita in Dio» (come Martini definì la mor-te). Le persone normali – per quello che possono... - le«personalità» politiche e non, che dicono di ispirarsi a luiogni giorno che il signore manda in terra, e soprattutto lealte gerarchie della chiesa cattolica. La cerimonia funebrenon poteva non aprirsi con il saluto di Benedetto XIV,«qui presente in spirito» come ha precisato il cardinale vi-cario del papa. «Lampada per i miei passi è la tua parola,luce sul mio cammino: le parole del Salmista possono rias-sumere l’intera esistenza di questo Pastore generoso e fe-dele della Chiesa. E’ stato un uomo di Dio, che non soloha studiato la Sacra Scrittura, ma l’ha amata intensamen-

te, ne ha fatto la luce della sua vita perché tutto fosse perla maggior gloria di Dio» - ha scritto il pontefice. E lo è sta-to, ha ricordato, «con uno spirito di carità pastorale pro-fonda... attento a tutte le situazioni specialmente quellepiù difficili, vicino, con amore, a chi era nello smarrimen-to, nella povertà, nella sofferenza». A seguire l’omelia delcardinale Angelo Scola, nominato da troppo poco tempo

per essere in sintonia con i milanesi, etroppo diverso da Martini: «Non sia-mo qui per il tuo passato ma per il tuopresente e per il nostro futuro». Dopol’eucarestia per i 6 mila presenti inDuomo, ha preso la parola – applaudi-to - il cardinale Dionigi Tettamanzi,l’ex arcivescovo di Milano, successoredi Martini, l’erede di quell’umanitàche non tutti sono capaci di trasmette-re: «Cosa dice oggi questa santa Chie-sa di Milano? Noi ti abbiamo amato!Per il tuo sorriso e la tua parola, per iltuo chinarti sulle nostre fragilità e peril tuo sguardo capace di vedere lonta-no, per la fede nei giorni della gioia ein quelli del dolore, per la tua arte diascoltare e di dare speranza a tutti».

A salutare per l’ultima volta il cardi-nale Martini – che è stato sepolto inDuomo sotto l’altare del crocifisso di

san Carlo – c’erano anche la sorella Maris e i nipoti Giuliae Giovanni. Molte le «autorità» presenti: il presidente delconsiglio Mario Monti e i ministri Lorenzo Ornaghi, PieroGiarda e Andrea Riccardi. Rosy Bindi, Roberto Formigoni(l’unico che non è riuscito a tacere nemmeno questa vol-ta), Pierferdinando Casini, Nichi Vendola e Giuliano Pisa-pia. Tra i «vip» anche Romano Prodi, Ferruccio de Bortoli,Moni Ovadia, Massimo Moratti, Saverio Borrelli, ValerioOnida, Edmondo Bruti Liberati e Livia Pomodoro.

Alla fine dell’omelia, dopo quasi due ore, il cardinaleScola è uscito sul sagrato del Duomo anche per salutare lepersone rimaste fuori: «Portate la benedizione della Trini-tà ai bambini, ai più bisognosi, agli emarginati».

ITALIA

UNIVERSITÀ · Con i tagli, i test di ammissione sono facile cassa per gli atenei. Ma il problema è dopo

Numero chiuso, caro e inutileOggi le prove: 77mila aspiranti mediciper 11mila posti. Partecipare costa 27euro a Padova e 120 in Molise. In 3milasanno già che saranno disoccupati

SANITÀ

Medici in scioperocontro il decreto

Ammesso e non concesso che tale argomenta-zione abbia una sua interna forza logica, non èdi sola logica che vive il diritto. La potenzialità

formale del recupero sociale deve riempirsi di contenu-ti. Deve farsi attualità attraverso il lavoro, l’istruzione, ilcontatto con il territorio, le relazioni famigliari e tuttequelle attività penitenziarie previste dall’ordinamento.

Nel caldo dell’estate, con la diffusa disattenzione cheinevitabilmente lo accompagna, il Dipartimento del-l’Amministrazione Penitenziaria ha preso una decisio-ne della quale si fatica a comprendere il senso.

Una sezione di ergastolani del carcere di Spoleto in-terpretava con grande vivacità lo spirito costituzionaledella carcerazione. Carmelo Musumeci, probabilmentel’ergastolano più noto d’Italia, nei mesi scorsi ha rag-giunto l’obiettivo della laurea in giurisprudenza, e conti-nuava con profitto a mantenere rapporti con i docentiuniversitari di riferimento nonché a pubblicare i suoibei racconti. Oggi si trova nel carcere di Padova. Giovan-ni Mafrica era iscritto al quarto anno scolastico dell’isti-tuto d’arte. Adesso è a Parma, in una galera dalla qualetroppe volte sono uscite testimonianze di condizioni divita interne indecenti, da dove denuncia che nessun cor-so scolastico è attivo e che non gli è dunque permessodi continuare il proprio percorso di studi. Domenico Pa-palia, dopo trentacinque anni di detenzione, si ritrovain una cella con altre cinque persone nel carcere di Nuo-ro. Esponenti della Comunità Papa Giovanni XXIII, cheavevano allacciato relazioni solide e proficue con gli er-gastolani ristretti a Spoleto, vedono vanificare il propriolavoro e quello dei tanti operatori del carcere.

È come quando l’Italia paga salatamente la formazio-ne culturale di qualche giovane brillante – il dottorato, icontratti di ricerca, il tempo dei docenti messo a disposi-zione – e alla fine di tutto gli stringe la mano e lo riman-da a casa. Scelte scellerate. Come quella di chiudere lasezione As1 di Spoleto. Tante energie pubbliche impie-gate, tante risorse economiche e umane dilapidate e fini-te nel niente. Oggi gli ergastolani che erano lì alloggiatisono sparsi in giro per l’Italia, con un grande danno arre-cato anche alle loro famiglie. Il blog degli ergastolaniostativi – «Le urla dal silenzio», gestito dal prezioso lavo-ro di Alfredo Cosco – offre racconti in prima persona.

E allora sorge un dubbio. Quanto è estraneo e quan-to no, alla decisione presa dall’Amministrazione Peni-tenziaria, il dinamismo – spesso critico, ma sempre ri-spettoso delle regole – espresso negli anni passati daCarmelo Musumeci e dai suoi compagni? Quanto è con-tata in questa imposta diaspora la petizione promossada Carmelo per l’abolizione dell’ergastolo, per non fareche un recente esempio, che ha superato a oggi le 6.500firme e che vede in calce i nomi di Stefano Rodotà, Um-berto Veronesi, Luigi Ferrajoli, Don Luigi Ciotti, Erri DeLuca, Margherita Hack, Agnese Moro, Bianca Berlin-guer, Giuliano Amato?

Ci auguriamo di cuore che l’Amministrazione ci ri-pensi. Che ci dimostri che i trasferimenti sono stati ilfrutto di una scelta non ideologica e poco ponderata,di un goffo tentativo di migliorare le condizioni di af-follamento riempiendo con più detenuti quelle celleche per gli ergastolani devono rimanere singole, di unerrore che si può riconoscere come tale e dal quale sipuò tornare indietro. Ci auguriamo che riunisca al piùpresto quel gruppo di persone che da anni aveva intra-preso un percorso comune e virtuoso nel pieno spiri-to costituzionale. * associazione Antigone

Carlo Maria Martini/ IN VENTIMILA PER L’ULTIMO SALUTO

Milano rende omaggio al cardinalepiù scomodo per la chiesa cattolica

CARCERE · Inspiegabile il trasferimento dei detenuti da Spoleto

La diaspora dei «bravi» ergastolani

IL MINISTRO PROFUMO. A LATO, POLITECNICODI MILANO, STUDENTI ALLE PRESE CON I TEST DIINGRESSO /FOTO ERMES BELTRAMI-EMBLEMA

Il nodo: quale confrontocon «la politica»,se la condizione attualeè l’approdo di duedecenni di «riforme»?

DALLA PRIMASusanna Marietti

SCUOLA

Da Bologna partela mobilitazionein tutta Italia

Camici bianchi sul piede di guer-ra contro il decreto sanità chemodifica il lavoro dei medici difamiglia. Ieri anche lo Smi, ilsindacato medici italiani ha an-nunciato di voler aderire allosciopero annunciato dai sindaca-ti di categoria contro il decretose il governo non farà marciaindietro. « Il problema è l'impian-to generale di questa riformache non tutela il rapporto tramedico e paziente», ha spiegatoil presidente Giuseppe Del Baro-ne. «Questo ministro non ha maiascoltato le istanze della catego-ria e più volte ha calpestato leesigenze professionali». Nei gior-ni scorsi è stato proclamato lostato di agitazione contro le pro-poste di modifica al decretoneavanzate dalle Regioni. «Unariforma dovrebbe puntare su unnuovo rapporto tra paziente emedico - ha detto Del Barone -.E invece si continua a colpire lacategoria, come se nella borsadel medico ci fossero sempre iquattrini per ripianare ai guastidella cattiva politica».

Page 5: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 il manifesto pagina 5

Cosimo Rossi

«Se devo essere l’unico escluso, tantovale che salti il tavolo e poi trat-tiamo direttamente con Bersani». Perché Berlusconi non vuole dav-vero far da notaio a una legge elettorale frutto dell’intesa prelimina-

re tra Pd e Udc. E, dal momento che a via dell'Umiltà è saltato il coperchiodella pentola in cui rosolava il ritorno al sistema proporzionale col premio dimaggioranza al partito, il cavaliere non vuol farsi sfuggire l’opportunità di

preservare il bipolarismo. Domatti-na riunirà i vertici del Pdl a palazzoGrazioli, in modo mettere a puntouna nuova strategia sulla riformaelettorale, il cui esame riprende nelpomeriggio al senato.

Il problema della riforma elettora-le, come spiega il senatore pdl Gae-tano Quagliariello, è che «le due ipo-

tesi sono una legge fortemente maggioritaria oppure una legge proporziona-le di transizione». La prima finora è stata impedita dall'Udc, con cui il Pd hasempre cercato un'intesa preliminare. La seconda è avversata in particolaredagli ulivisti. Perciò si era arrivati all'ipotesi di tipo tedesco, da sempre propu-gnata dall'Udc, con due terzi di eletti nei collegi e un terzo nelle liste bloccatee premio al partito. Nel momento, però, in cui il Pd si è riunito, per ragionidifferenti se non opposte, contro il premio al partito, Berlusconi ha colto l'oc-casione per sparigliare i giochi. Perché su una cosa tutti concordano: «Mante-nere il porcellum sarebbe un regalo sconsiderato a Grillo».

Saltando lo schema proporzionale, quindi, si riaffermebbero i modelli bi-polaristi: dal sempre più evocato ritorno al mattarellum, al doppio turno chepiace al Pd, al sistema spagnolo (proporzionale con circoscrizioni piccole,che penalizza le forze minori, centristi compresi). Ma per questo «devonopassare su diversi cadaveri», mette in guardia l’udc Roberto Rao. Di questo av-viso è anche Quagliariello. Che, da colomba delle larghe intese, ritiene chepossibile solo «un modello vicino al tedesco di cui avevamo discusso con Vio-lante». A meno che «non si scavalchi l'Udc con un accordo forte tra Pdl e Pd».

Daniela Preziosi

La legge elettorale finto-pro-porzionale di cui si è parlatoin queste settimane rende

superflue le primarie del centrosi-nistra. A meno che tutti i concor-renti, anche di partiti diversi (fi-no a qui Pd, Sel e Api) non finisca-no poi in un unico listone cheesprime un unico candidato pre-mier. Eventualità poco conve-niente e poco gradita dentro il Pde dentro Sel.

Ieri Romano Prodi, che qualchegiorno fa ha avuto un lungo con-fronto a tu per tu con Bersani, loha detto al Corriere della sera: «Sealla fine si arriverà a un modelloelettorale di tipo proporzionale al-lora lo strumento delle primarieverrà inevitabilmente svuotato». Èil segreto di pulcinella, che Veltro-ni prima e Prodi poi hanno detto avoce alta, e che ora ripetono unpo’ tutti come una verità ovvia:«In un sistema che non consentedi sapere chi governerà la sera del-le elezioni perché l’accordo sulpremier viene lasciato ai partiti do-po il voto, le primarie che dovreb-bero scegliere il candidato pre-mier non avrebbero più molto sen-so», ieri ha detto anche il veltronia-no Enrico Morando. Ma «le prima-rie le faremo», dice Nico Stumpo,molto vicino a Bersani e soprattut-to capo dell’organizzazione delPd, che quindi già si prepara alcompito di avviare il motore dellaconsultazione su tutto il territorionazionale. Bersani ha bisogno diun’investitura di popolo, comequella che ebbe Prodi nel 2005,vincendo poi con l’Unione, e equella che non ebbe Veltroni nel2008, che perse in coalizione conla sola Idv.

«Le primarie sono state indette,si svolgeranno e sono un momen-to importante», ha certificato ieriMassimo D’Alema alla festa delPd di Reggio Emilia, aggiungendouna stoccata a Matteo Renzi: «Ècandidato legittimamente a guida-re la coalizione, o il nostro partito,questo non l’ho capito perché hadetto che a lui le alleanze non inte-ressano. Noi abbiamo un candida-to migliore di Renzi, più adeguatoal compito di guidare il paese. Ab-biamo bisogno di creare un gover-no che si fondi sull’unità dei pro-gressisti e sulla collaborazionecon una forza moderata che inquesti anni ha lavorato con noi al-

l’opposizione del governo Berlu-sconi», ha aggiunto, riferendosi al-l’Udc.

Che poi è l’altro tema che agitail Pd. Ieri Vendola è tornato a boc-ciare di nuovo il patto con l’Udc.Senza per questo mettere in dub-bio il suo ruolo nell’alleanza con ilPd. E nelle primarie: «Devo darecredito alle parole di Bersani. Stia-mo scrivendo insieme le regoleper le primarie: sono una occasio-ne straordinaria per il centrosini-stra, non sono un capriccio», hadetto anche da Reggio Emilia. «Seil berlusconismo è stata un’epocadi passività per voltar pagina c’è bi-sogno di di protagonismo dal bas-so». Quanto alla legge elettorale«se per dibattito su di essa si inten-de la malefica idea di trasformareil porcellum in un superporcel-lum, in quel caso si sgonfia l’ideadelle primarie. È una tentazionediabolica che dobbiamo esorcizza-re e rimandare al mittente».

E forse non a caso nel frattem-po filtrano le notizie sullo stallo incui si è infilata la trattativa sullalegge elettorale. Il Pd ha definito lasua posizione contro il premio al-la sola lista. Domani sarebbe dovu-ta essere la giornata decisiva, main questi giorni gli sherpa delle for-ze politiche della strana maggio-ranza non hanno concretizzato.Quindi per ora la storia «non va afinire, va a continuare», dice il pre-sidente della commissione affari

costituzionali del senato Carlo Viz-zini. «Di certo non si può votarecon il porcellum. Ne trarrebbe be-neficio solo Grillo». E che la leggeelettorale sia un dovere morale èanche quello che pensa il Colle,che guarda con preoccupazionelo stallo. Dalla parte opposta DiPietro, contrarissimo a quella chedefinisce la «superporcata» del fin-to-proporzionale, lancia una paz-za idea: tornare al Mattarellum

con un voto parlamentare. Del re-sto per il quesito per la «reviviscen-za» del mattarellum, poi bocciatodalla Consulta, nel Pd avevano fir-mato in molti. Era della partita an-che la Sel di Vendola. Ma è appun-to un’idea improponibile perl’Udc e per il Pdl. La trattativa re-sta «una tela di Penelope», comela definisce Rosy Bindi, un giocodell’oca, in cui siamo tornati dun-que alla casella iniziale.

POLITICA

Domani vertice del Pdl.Gaetano Quagliariello:«O maggioritarioforte o proporzionaledi transizione»

Bravo Walter che sognava, io stavo a PragaNel Pd in cui la glasnost non è ancora arrivata forse è iniziato il

disgelo. Spirano inaspettate raffiche d’affetto fra dirigenti di lungo corsoda sempre non amici. Domenica scorsa D’Alema ha recensito l’ultimoromanzo di Veltroni, l’Isola e le rose. È una notizia per gli amanti del

genere, infatti l’Unità l’ha messa in prima. Il vicepresidentedell’Internazionale socialista, che non le ha mai risparmiate al Veltroni

politico, è generosissimo con il Veltroni scrittore, «straordinario»narratore «di una generazione alla quale egli si è iscritto giovanissimo»,

quella del ’68 e dei giovani utopisti falliti protagonisti del romanzo.«Viene persino da pensare: ma dov’ero io in quei mesi, dall’agosto

all’ottobre, in cui si decide il destino dell’isola?», si chiede D’Alema. Perrispondersi: ero a Praga, «in piazza, con il groppo alla gola, contro i

carri armati sovietici». Come dire: facevo politica, io. d.p.

Liste da vendereVogliamo vivere è un buon propositoper una persona di 81 anni. Nel paese

più vecchio d’Europa è anche unprogramma elettorale attraente.

Il movimento/partito/lista elettoralelanciato da Emilio Fede è il primo

segnale del contrattacco della destra.«Vogliamo vivere» prende utilmente le

distanze dall’impopolarità del Pdl,rende più articolato il fronte delladestra, l’orienta verso una nicchiaimportante di elettori delusi, potrà

giocare con più libertà d’azione e colpibassi, come Panorama insegna con il

presidente Napolitano.Soprattutto, invade il campo delpopulismo, quello che i sondaggi

stimano al 20% di consensi per BeppeGrillo (e i molti di più orientati al nonvoto). Chi poteva pensare che un simile

tesoretto di voti venisse lasciato alcomico genovese? La corsa a

saccheggiarlo è partita, Emilio Fede nonsarà l’unico dei contendenti (che fine ha

fatto la lista di Giuliano Ferrara?arriverà quella di Nicole Minetti?).

Sarà una corsa alle sparate piùmediatiche e antipolitiche: «istigano a

eliminarmi» è già il ritornello di Grillo.Ci farà parlare d’altro, sarà una

bizzarra distrazione dalla realtà deldeclino e delle disuguaglianze record

dell’Italia. Con il fumo populista negliocchi, alla fine, molti di quei votirientreranno in un centro-destra

peggiore di prima: più consenso per ilprivilegio, più invidia per i ricchi e

famosi, mani più libere per la finanza.Idee per il programma? «Legalizzerei la

prostituzione», dichiara al CorseraEmilio Fede. Che è accusato di

favoreggiamento della prostituzione alprocesso Ruby. Dopo la tragedia, la

farsa; dopo la farsa, Emilio Fede. m.pi.

Non sarà certo una telefonatain più o in meno a cambiarela sorte di Gianni Alemanno.

Il quale ben sa, lui come tutti, che traqualche mese non sarà più il sinda-co di Roma. Piuttosto, quel che co-mincia a palesarsi senza più veli e re-ticenze è quell’acidissima contesache da mesi (anni) si va consuman-do nella destra romana. Un conflittotra vecchie e nuove consorterie poli-tiche, destinato a infiammarsi ulte-riormente proprio intorno al rovino-so incedere di Alemanno. Ed è perfi-no ragionevole che si cominci a prefi-gurare una qualche via d’uscita, chenon sembri proprio una fuga ma ne-anche una resa.

L’esperienza in Campidoglio delladestra «di strada», quella che imper-versava negli anni Settanta sventolan-do le nere bandiere, è al capolinea. La-scia dietro di sé una scia di cialtrone-rie: di iniziative perniciose, di falli-menti imbarazzanti. Una sinistra pre-suntuosa e svuotata si era accomiata-ta senza neanche battersi e le aveva of-ferto un’occasione (speriamo) irripeti-bile. Eppure, non è bastato. L’ingordi-gia clientelare e l’incapacità ammini-strativa, unite a un furore ideologicorancoroso, hanno talmente intriso lepolitiche comunali da determinareun progressivo ma inevitabile declinodella città, spezzando la coesione so-ciale, indebolendo la tenuta civica, in-crinando l’impronta culturale.

È una responsabilità politica chedifficilmente potrà essere perdonata.

Tra queste macerie, non ci sarannoné giorgiameloni né gianniletta in gra-do di rigenerare uno schieramentopolitico tanto negativamente segna-to. Per riaffacciarsi sulla scena roma-na, la destra cercherà di mimetizzarsidietro qualche personalità moderata,dietro qualche corpo intermedio. Per-fino Alemanno non gradisce che si ri-peschi tra gli ex missini. E dunque cisi rivolgerà a qualche sacro soglio, aqualche salotto privato, a qualche cir-colo canottieri, per inventarsi unacandidatura diversa da quella fisiolo-gica. Quanto meno per non perderele elezioni in modo catastrofico e tira-re a campare negli anni che verranno.

Peccato che anche da sinistra ci simuova nella stessa direzione, alla ri-cerca di autorevoli esponenti papalinie/o provenienti dalle schiere padrona-li da affiancare al proprio candidato.C’è da espiare un millenario peccatooriginale, e dunque diventa necessa-rio sbiadire un po’ se stessi, presentar-si il meno connotati possibile e insom-ma apparire alquanto barzotti.

Difficile prevedere chi a Roma pre-varrà in questa grottesca competizio-ne. Se il Pdl nel suo affannoso tentati-vo di allestire una nuova credibilità, oil Pd con la sua tremebonda preoccu-pazione di arginare le spinte verso unvero cambiamento.

La sensazione tuttavia è che en-trambi non colgano gli impulsi dolen-ti di una città stremata, che resta deltutto indifferente agli artificiosi equi-librismi dei partiti, ai posizionamentipolitici, alle sfumature cromatiche.Vorrebbe, questa città, non solo unanuova amministrazione ma un’am-ministrazione nuova, che l’aiuti a ri-costruire fiducia in se stessa, valoriz-zi le sue risorse e rianimi infine unasperanza.

DEMOCRACK · Stallo sulla legge elettorale. Vendola: no alla riforma che svuota la consultazione

Primarie senza porcata

SENATO

Berlusconi cercal’accordo senza Udc

/FOTO EMBLEMA

CAMERA

Nulla di fatto, Giachettiriprende il digiuno

ELEZIONI A ROMA

Il vuotodopo Alemanno

Sandro Medici

Roberto Giachetti, il deputato Pdche prima dell’estate aveva già fat-to uno sciopero della fame per sen-sibilizzare le forze politiche sullariforma della legge elettorale, ripar-te con la sua iniziativa. «Mi pareevidente che sulla riforma dellalegge elettorale nulla è cambiatoda quando il 9 agosto, dopo 35giorni, ho sospeso lo sciopero del-la fame, il cui testimone è statopreso da una doppia staffetta: dauna parte quella di circa 30 parla-mentari e dall’altra quella lanciatasul web ed alla quale hanno parte-cipato oltre 200 persone. Tutti aparole dichiarano di voler cambia-re il porcellum, ma nella sostanzasi continua a fare un passo avantie due indietro, nonostante gli ap-pelli accorati del presidente dellaRepubblica e da ultimo anche delpresidente del Senato». «I tempistringono ed il rischio di tornare avotare con l’attuale legge è sem-pre più grande. Una eventualitàche, tra l’altro, confermerebbe latotale incapacità della politica diautoriformarsi ed il fallimento diuna fondamentale opportunità diricostruire un rapporto di fiducia ecredibilità con i cittadini». Per que-sta ragione dalla mezzanotte didomenica ha ripreso la sua «inizia-tiva nonviolenta» con lo stessoobiettivo, ha spiegato, «e cioè chei partiti rispettino gli impegni presicon gli elettori in questi mesi: cam-biare il porcellum».

Page 6: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

pagina 6 il manifesto MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012

Francesco Piccioni

La Merkel ha indossato per ungiorno i panni no global per ri-conquistare i suoi scalpitanti al-

leati cristiano-sociali di Baviera. Nellestesse ore Mario Draghi, presidentedella Bce, veniva «controinterrogato»dagli eurodeputati all’interno del Parla-mento europeo sulle misure che staper prendere per «salvare l’euro».

L’udienza di Bruxelles era a portechiuse, così il Draghi-pensiero è statoriportato da volenterosi deputati. Poi,in serata, le agenzie hanno potutoascoltare il discorso registrato. La noti-zia-bazooka è che la Bce considera l’ac-quisto dei titoli di stato «fino a tre an-ni» come perfettamente legittimo allaluce dei trattati europei; «non è crea-zione monetaria», ha precisato. La di-stinzione è sulle scadenze: se la Bcecomprasse bond a lungo termine «citroveremmo in una situazione moltodelicata, ma se compriamo titoli a bre-ve termine, con scadenza a 1, 2 o an-che tre anni, l’effetto di finanziamentomonetario è quasi nullo». Insomma,«ciò che la Bce sta facendo è la stradaper rispettare il nostro mandato: man-tenere la stabilità dei prezzi».

Ma ha anche avvertito che la Bcenon può farlo «in una situazione mol-to frammentata com’è quella attualedell’eurozona, caratterizzata da paesiin cui c’è molta liquidità e paesi in cuice n’è poca». In questa realtà «i cam-biamenti nei tassi di interesse riguarda-no solo un paese, al massimo due; ec-co perché dobbiamo ricostruire l’euro-zona» superando la frammentazione.

Quindi la Bce si appresta ad acqui-stare bond (spagnoli e italiani, in pri-mo luogo) «sul mercato secondario»,ma imponendo allo stesso tempo «con-dizionalità strette e effettive» ai paesiinteressati. Perché è vero che «certi pa-esi hanno fatto sforzi enormi per le ri-forme economiche, ma non possiamoescludere» che possano fermarsi a cau-sa della «fatica del risanamento».

Ma davvero questa operazione non

è «creazione di moneta»? Nelle alchi-mie contabili si nascondono molti dia-voli; se la Bce conteggia i titoli di statoa breve termine come «massa moneta-ria», allora l’affermazione ha un senso.Ma molti economisti potrebbe legitti-mamente affermare che si tratta solodi un gioco di parole che copre la crea-zione di nuova moneta. In ogni caso, ilsegnale politico è stato chiaro («la Bceinterverrà presto», con le borse subitoa festeggiare), delineando in parte leproposte che giovedì lo stesso Draghipresenterà al board di Francoforte.

Nel pacchetto ci sarà probabilmen-te anche una proposta di sorveglianzabancaria molto digeribile per i tede-schi, che non vogliono assolutamentel’occhio critico della Bce a curiosaresulle loro landesbanken. Draghi ha par-lato infatti di una «soluzione mista»,con Francoforte a vigilare sui 25 (o for-se qualcuno in più) grandi istituti «a ri-schio sistemico», mentre le circa 6.000banche di dimensioni medio-piccoledovrebbero restare nel recinto dellebanche centrali nazionali.

Draghi ha inoltre bocciato l’ipotesiche il fondo salvastati Esm possa rice-vere una licenza bancaria: «sarebbe unfinanziamento diretto agli stati». Ha co-sì tolto di mezzo l’ultimo teorico appi-glio a una improbabile bocciatura del-l’Esm da parte della Corte costituziona-le tedesca, la cui sentenza attesa il 12settembre. Lo stesso ministro delle fi-nanze, Wolfgang Schaeuble, si è dettoieri «sicuro» di una sentenza positiva.

È stata invece Angela Merkel a semi-nare panico tra i paladini del liberismofinanziario: «i mercati non sono al ser-vizio del popolo», negli ultimi cinqueanni «hanno consentito a poca gentedi arricchirsi a spese della maggioran-za». Addirittura «non bisogna consenti-re ai mercati di distruggere i frutti dellavoro della gente». Possibile sia lo stes-so premier che ha consegnato la Gre-cia e il suo popolo alla devastazione ge-nerale? Certo che sì. I governi, secon-do il suo discorso di ieri, «non devonodipendere dai mercati a causa del loro

debito eccessivo». Ma se si sono inde-bitati troppo allora bisogna riportarlisulla retta via, a suon di «riforme strut-turali» dolorose, vendita degli assetpubblici, privatizzazioni, ecc.

«La vera questione riguardo alla de-mocrazia è questa – ha spiegato – pos-siamo in Germania e in Europa vince-

re le elezioni quando congiuntamentestabiliamo di avere finanze solide equando non spendiamo più di quelloche incassiamo?». Sorge il sospettoche chi non rispetta la seconda frasedovrà fare a meno anche della demo-crazia, ritrovandosi un «programma digoverno» scritto altrove e contro.

EUROCRACK

Anna Maria MerloPARIGI

La visita di François Hollande aMario Monti, oggi a Roma, èun tassello del forsennato bal-

letto diplomatico europeo che ri-schia di assomigliare all’ultima dan-za sul Titanic Euro. Giovedì, il gior-no della riunione-chiave del consi-glio dei governatori all’Eurotower diFrancoforte, Merkel riceve lo spa-gnolo Rajoy, nel frattempo il presi-dente del Consiglio europeo Her-man Van Rompuy avrà visto Hollan-de mercoledì e poi Merkel. Hollan-de, dopo Madrid la settimana scorsae Roma oggi, sarà a Londra giovedìper un incontro con Cameron. Set-tembre sarà decisivo, le fila verran-no tirate al massimo al Consiglio eu-ropeo del 18 e 19 ottobre: l’estate èpassata senza troppi danni, grazie al-la magia di Mario Draghi, trasforma-tosi in uno stregone di cui «basta laparola» per frenare la frana.

Ma la riunione del 6 settembredei governatori della Bce è attesaper concretizzare le mezze promes-se: Draghi dovrebbe dare delle preci-sazioni sulle modalità di interventodella Banca centrale sullo spread.Già si sa, però, che il presidente del-la Bce non annuncerà un tasso mas-simo a partire dal quale la Bce do-vrebbe comprare obbligazioni deipaesi in difficoltà, come chiedonoItalia e Spagna. Draghi ha le mani le-gate, non solo dalla netta resistenzadi Jens Weidmann, presidente dellaBundesbank, che la settimana scor-sa ha minacciato le dimissioni (poirientrate per la pressione di Merkel edel ministro delle finanze Schäuble),ma anche dall’attesa della decisionedella Corte di Karlsruhe sulla costitu-zionalità del Mes (Meccanismo euro-peo di stabilità) il 12 settembre: laCorte ha preso tempo, ha rimandatola decisione in un primo tempo atte-sa nel luglio scorso, e questo signifi-ca che, se stabilirà la costituzionalitàdel Mes, porrà comunque delle con-dizioni drastiche (per i partner cica-le) alla sua applicazione. La Bce po-trebbe così limitarsi a fornire un’al-tra dose di aspirina, con un nuovo (ilsecondo in tre mesi, il quarto in me-no di un anno) ribasso dei tassi, giàai minimi storici.

Il 12 settembre ci sono le legislati-

ve olandesi, che l’estrema destra diGeert Wilders vuole trasformare inun referendum sull’Europa. Ma co-munque vada il voto in Olanda, pae-se che respinse il Trattato costituzio-nale nel 2005, una parte consistentedell’elettorato intende sottrarsi allecondizioni di austerità di Bruxelles,che Berlino pretende imporre a tut-ti. Hollande ha anch’egli le mani le-gate: fra un mese, il parlamento fran-cese deve votare per il Fiscal Pack ela maggioranza è profondamentespaccata. Il trattato di bilancio euro-peo rischia di passare grazie ai votidella destra e già il primo ministro,Jean-Marc Ayrault, mette in guardiai suoi (ala sinistra del Ps, ecologisti),tentati dal votare «no» assieme alFront de gauche, riproponendo la di-visione che spaccò la sinistra al refe-rendum sul Trattato costituzionaledel 2005 (che lo bocciò, affossando-lo per tutta l’Europa). Significhereb-be un indebolimento certo della po-sizione di Hollande, già in difficoltàper un crollo nei sondaggi e per lecattive notizie sull’occupazione (èstata raggiunta la cifra simbolica di 3milioni di disoccupati e superata lasoglia del 10% di senza lavoro).

Per completare il quadro dell’in-certezza, a settembre è al lavoro latroika in Grecia (Fmi, Bce, Ue), chedovrà decidere se Atene, che chiedeinutilmente più tempo per attuare idiktat del rigore, ha ancora i numeriper restare nell’euro. Malgrado le as-sicurazioni di Merkel, che assieme aHollande il 23 agosto ha ribadito che«la Grecia fa parte della zona euro evoglio che ci resti», la Germania sispazientisce, si alzano voci per chie-dere un referendum sull’Europa. Me-rkel evoca un nuovo Trattato, più esi-gente, mentre a Bruxelles si discutedel Two Pack, un nuovo giro di viteal già severo Six Pack. Bruxelles lavo-ra al testo «federalista» sull’unionebancaria, che per la Germania è unacondizione al via libera alla ricapita-lizzazione delle banche spagnole daparte del fondo salva-stati. Ma Com-missione e grossi stati (Germania eFrancia) sono coalizzati per limitarei poteri della Bce in questo nuovo di-spositivo e vorrebbero mantenereun margine di controllo nazionale.Cameron punta i piedi: non vuoleche le regolazioni mettano i bastoninelle ruote della City.

Draghi: «l’acquistodi titoli di stato abreve è nel mandatoBce, ma metteremocondizioni ferree»

GERMANIA · «I mercati non sono al servizio del popolo, bruciano il lavoro»

Una Merkel «no global»SPAGNA

L’Andalusia a pezzi,5 miliardi a Bankià

FRANCIA · Disoccupazione oltre il 10%

Hollande vede Monti,crescono solo i guai

MARIO DRAGHI E ANGELA MERKEL/FOTO REUTERS

Tre piccioni con una fava.Questo era l’obbiettivodel centrodestra europeo

quando lanciò due anni fa, sot-to la guida tedesca, la campa-gna per affrontare la crisi inci-piente dei debiti sovrani, addi-tando i paesi fiscalmente prodi-ghi come responsabili della cri-si. La Grecia innanzitutto ma an-che Spagna e Irlanda, paesi inve-ce fiscalmente in ordine primadella crisi.

L’arma a disposizione per af-frontare contemporaneamente,secondo il dogma liberista, tuttii lati della crisi era il cosiddettoconsolidamento fiscale, cioè l’eli-minazione accelerata dei deficitper ottenere un pareggio di bi-lancio, obbiettivo rinforzato dal-la sua costituzionalizzazione. Ilconsolidamento andava accom-pagnato da una riduzione diret-ta dei salari, e del costo indiret-to costituito dal welfare, il tuttochiamato pudicamente «svaluta-zione interna». In questo modosi sarebbe ripristinata la compe-titività, la disciplina fiscale equindi, secondo quella diagno-si, si sarebbe risolta anche la cri-si dei debiti sovrani, ritenuta ori-ginata dall’indisciplina fiscale.

Quello che era escluso in mo-do ferreo era un qualsiasi inter-vento della Bce. La crisi, secon-do la diagnosi di Bruxelles e diBerlino, era fiscale e andava ri-solta con metodi fiscali. Qualsia-si acquisto di titoli di stato, oltrea limitatissimi interventi tempo-ranei, come quelli attuati dalprecedente presidente dellaBce, Trichet, andava considera-to in violazione dei Trattati e del-lo Statuto della Bce, che vietatassativamente il finanziamen-

to dei bilanci degli Stati membridell’euro.

Erano tutte frottole, come gliavvenimenti successivi hannodimostrato. Se mai c’è stata unacrisi monetaria, e non fiscale,era questa dei debiti sovrani de-gli Stati della zona euro. Infatti –da quando nel 2010 la Germa-nia ha fatto capire di essere indi-sponibile a un salvataggio dellaGrecia – la divaricazione tra zo-ne euro forti e deboli non solo èdiventata evidente, ma è diven-tata la base di politiche divarica-te, e quindi la dissoluzione dellazona euro diventava un eventopossibile, da impensabile co-m’era prima.

Quando poi, nel 2011, si è vi-sto quale tipo di bail-out fossestato progettato per la Grecia, equindi in prospettiva anche pergli altri paesi in difficoltà, allorala rottura dell’euro è entrata nel-l’agenda della finanza mondia-le. Infatti, ci sono state due im-pennate degli spread tra titoli te-deschi e gli altri, nel 2010 e nel2011.

Quando questa accelerazionedell’attacco ha assunto dimen-sioni preoccupanti, nel novem-bre 2011, si è profilato l’interven-to della Casa Bianca, che ha tro-vato orecchie attente e disponi-bilità all’azione da parte del nuo-vo presidente della Bce, MarioDraghi. La preoccupazione diObama che un’esplosione del-l’euro creasse una catastrofemondiale, oltre che affondare lasua rielezione, si sposava con laconvinzione di Draghi che la cri-si andasse affrontata con stru-menti monetari sui mercati deititoli. Solo la dichiarazione di vo-ler violare i Trattati e lo Statutodella Bce mancava al primoprovvedimento di Draghi, il rifi-nanziamento illimitato dellebanche, concesso al preciso sco-po che queste sostenessero i cor-si dei titoli alle aste: anatemaper i fondamentalisti di Bruxel-les e Berlino.

Da allora si è sviluppata unaincessante sceneggiata di attac-chi dei fondamentalisti a Dra-ghi, che ha fatto ripartire la spe-culazione e ha costretto un nuo-vo intervento di Obama, culmi-nato con l’annuncio di Draghi,a fine luglio, di misure eccezio-nali: cioè acquisto di titoli suimercati, evidentemente senza li-miti precostituiti. Tanto per far-si capire, dopo ulteriori inteme-rate della Bundesbank, Draghil’ha ripetuto in tedesco, sulloSpiegel: «a situazioni ecceziona-li, mezzi eccezionali».

Non è di queste sceneggiateche bisogna preoccuparsi. La si-tuazione è bloccata e tale reste-rà fino a Novembre; poi si ve-drà. Se vince Obama, probabil-mente resterà tale, se vinceràRomney potrà succedere di tut-to, e quindi inutile arrovellarsi.Il punto è che il progetto di com-pressione sociale va avanti: è de-gli sbocchi futuri che bisognapreoccuparsi.

Due sono già stati delineati.Un economista, certo Gros, haprospettato l’idea che i creditidella Bundesbank verso banchecentrali di altri paesi venganotrasformati in diritti di appro-priazione dei beni di quei paesi.Come se il Massachussett, met-tiamo, in avanzo commercialecon lo Wyoming, se lo compras-se. Una proposta che è la nega-zione di una moneta unica, anzine prelude lo smantellamento.Un’altra ipotesi di sbocco del-l’austerità è stata avanzata dapolitici greci: creare zone econo-miche sul modello cinese. Do-po aver importato merci dallaCina importeremmo anche ilsuo capitalismo senza diritti esenza legge.

Questo è lo sbocco del liberi-smo che si pretende democrati-co e soprattutto moderno: unbel salto indietro di due secoli,alla galera per debiti.

La regione spagnola dell'Andalusiaha chiesto al governo di Madrid «unanticipo» di un miliardo di euro. Unportavoce del Governo andaluso haprecisato: «in attesa che venganodefinite le condizioni secondo cui leregioni possono accedere ai fondi,l'Andalusia chiede questo anticipoper avere liquidità». Nei giorni scorsile regioni di Catalogna e Valencia sierano già rivolte al governo di Madridchiedendo finanziamenti rispettiva-mente per 5,02 e oltre 4,5 miliardi dieuro. Il fondo di assistenza alla regio-ni preparato dal governo Rajoy am-monta a soli 18 miliardi, ma già si sache praticamente tutte le regioni chie-deranno a breve di potervi accedere.Il fondo per i salvataggi bancari spa-gnolo, il «Frob», inietterà invece ben4,5 miliardi di euro per rafforzare ilcapitale di Bankià, un istituto di cre-dito fallito che è stato nazionalizzatoin quattro e quattr’otto per evitarel’esplosione del sistema bancarioiberico. Per questo tipo di operazioniMadrid ha ricevuto assicurazioni euro-pee fino a 100 miliardi, ma fin quiritiene che gliene possano occorresoltanto 60.Il governo tedesco, comunque, comeprimo finanziatore di quealsiasi fon-do europeo, ha deciso di marcarestretto Rajoy. Il portavoce della Can-celleria, Stefen Seibert, ha spiegatoieri che Berlino «spera di poter avereal più presto ulteriori dettagli sullasituazione del settore bancario spa-gnolo», ricordando che «è quantovogliono sapere molti, in Europa».Nessuna apertura, invecem alla richie-sat di Rajoy di trovare una soluzionecomune per contenere gli spread,ovvero le fifferenze tra i tassi di intere-se pagati dai diversi stati per finan-ziarsi sui mercati. «Non è di aiuto anessuno – ha detto Seibert – decide-re a livello politico quanto devonoessere alti gli spread». Con un po’ dicattiveria ha aggiunto che «quandola situazione economica e quella delmercato del lavoro miglioreranno, siavranno ricadute anche sui tassi diinteresse». Piangi e spera.

Gabriele Pastrello

L’ANALISI

Quante sceneggiatecontro Mario Draghi

Page 7: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 il manifesto pagina 7

INTERNAZIONALE

Comincia la missione dell'invia-to Onu e della Lega Araba in Si-ria Lakhdar Brahimi, ma è

«quasi impossibile». È lo stesso diplo-matico algerino a usare queste paroleper descrivere alla Bbc il suo ruolo co-me mediatore di pace nella crisi siria-na che, sostengono i ribelli, ha causa-to oltre 20mila morti. Un ruolo che lo«spaventa», dice l'ex ministro degliEsteri di Algeri, mostrando un atteggia-mento decisamente pessimista rispet-to alla missione che lo aspetta. Nomi-nato al posto di Kofi Annan, che si è di-messo proprio per la consapevolezzadi non poter mediare con il regime diBashar al-Assad, Brahimi spiega di«aver iniziato questo lavoro con gli oc-chi ben aperti e senza illusioni». Inter-vistato dalla Bbc a New York, Brahimiha ammesso di «sapere quanto sia dif-ficile, quasi impossibile. Non posso di-re che sia impossibile. È quasi impossi-bile». Già inviato in Iraq e in Afghani-stan, il diplomatico algerino ammettedi «avere paura per il peso della re-sponsabilità (che gli è stata assegnata,ndr). Si sta già dicendo che le personestanno morendo e noi cosa stiamo fa-cendo?», ha detto riferendosi al ruolodella comunità internazionale per fer-mare lo spargimento di sangue in cor-so in Siria. «Non stiamo facendo mol-to - afferma - Già solo questo è un pe-so terribile». Brahimi ha poi spiegatodi non aver visto «alcuna crepa» nel«muro» che aveva sconfitto Annan, ungoverno siriano «intransigente»,un'escalation della violenza dei ribellie un Consiglio di sicurezza Onu para-lizzato dal veto di Cina e Russia.

Rivolgendosi al governo siriano,Brahimi ha descritto come «fonda-mentale e urgente» la necessità di uncambiamento politico. «Il cambia-mento non può essere cosmetico - hasottolineato - Ci sarà un nuovo ordi-ne, ma non so chi sarà a capo di que-sto ordine. Spetta ai siriani deciderlo».L'inviato Onu ci tiene anche a marca-re la distanza tra lui e i ribelli, che lohanno criticato per il suo atteggiamen-to cauto rispetto alla crisi. «Per favore,ricordate che io non aderisco al vostromovimento - ha detto rivolgendosi airibelli - Sto lavorando per due organiz-zazioni internazionali, le Nazioni Uni-te e la Lega Araba e non parlo il vostrolinguaggio».

E a livello internazionale si segnalala «preoccupazione» della Cina. Ieri ilportavoce del ministero degli esteri ci-nese Hong Lei in una conferenzastampa a Pechino ha detto che la Cinaè «seriamente preoccupata» per il pos-sibile «contagio» della violenza dallaSiria ai paesi vicini. «Siamo seriamen-te preoccupati per il conflitto armatosempre più violento, per il deteriorar-si della situazione umanitaria in Siriae per il crescente numero di rifugiatinei paesi vicini, che ha reso più gravigli effetti della crisi all'estero», ha affer-mato Hong.

Per affrontare l'emergenza nel pae-se dilaniato dai combattimenti, il nuo-vo direttore del Comitato internazio-nale della Croce rossa è arrivato ieri aDamasco dove ha incontrato il presi-dente siriano Bashar al-Assad.

Intanto ancora un giorno di san-gue. Un caccia siriano ha bombardato

un palazzo ad al Bab, città controllatadai ribelli nella provincia di Aleppo, eavrebbe ucciso uomini, sei donne edue bambini. Lo ha denunciato l'Os-servatorio siriano dei diritti umani(Osdh), l'ong con sede in Gran Breta-gna. All'esterno di un ospadale di Alep-po emergono i corpi senza vita di unuomo e dei suoi sette figli. Un'auto-bomba dei ribelli provoca invece seimorti e 31 feriti a Jarama, un quartierealla periferia sud-orientale di Dama-sco abitato da cristiani e drusi. Intan-to, gli attivisti denunciano la «primacampagna punitiva collettiva» intra-presa dal regime contro i quartieri dis-sidenti della capitale: i bulldozer del-l'esercito radono al suolo le abitazionie costringono la popolazione a sostitu-ire ai graffiti anti-Assad scritte inneg-gianti al presidente. e. n.

SUDAFRICA

Saranno rilasciatii 270 minatoriSaranno rilasciati i 270 minatorisudafricani che nei giorni scorsierano stati incriminati per la mor-te dei loro 34 colleghi rimasti ucci-si negli scontri in cui la polizia haaperto il fuoco. La decisione è sta-ta annunciata dopo che i procura-tori sudafricani hanno sospeso leincriminazioni per omicidio, basa-te su una legge che risale ai tempidell'apartheid, che avevano provo-cato un'enorme protesta nel pae-se e un intervento da parte delministro della Giustizia. Dopo ilrilascio di un primo gruppo di100 minatori oggi, gli altri saran-no scarcerati giovedì.

TURCHIA

Scontri esercito-PkkUccisi venti ribelliNove uomini delle forze di sicu-rezza turche e una ventina di ri-belli curdi sono stati uccisi neiviolenti combattimenti avvenutinella notte tra domenica e lunedìnel sudest della Turchia: lo hadichiarato il governatore di Sirnak(sudest), Vahdettin Ozkan. Ungruppo di ribelli ha attaccato confucili mitragliatori e lanciarazziun complesso della sicurezza aBeytussebap, uccidendo gli agen-ti. Polizia e militari hanno rispo-sto provocando violenti scontri.

ISRAELE/IRAN

«Sanzioni UeParalizzanti»Sanzioni paralizzanti controL'Iran: lo chiede agli europei ilpremier israeliano Benyamin Ne-tanyahu, secondo il quotidianoMaariv. Una settimana di intensaattività diplomatica attende Ne-tanyahu, che ieri ha chiesto allacomunità internazionale di impe-gnarsi con la massima determina-zione per bloccare i progetti nu-cleari iraniani e di tracciare unachiara «linea rossa» per le autoritàiraniane. Nel corso di una settima-na - fra il 5 e l'11 settembre - sirecheranno in visita a Gerusa-lemme i ministri degli esteri italia-no Giulio Terzi, tedesco GuidoWesterwelle, norvegese JonasGahr Store e bulgaro Nikolay Mla-denov. «Sarà come un blitz», rile-va il quotidiano Maariv. Il giorna-le ha appreso che Netanyahu siaccinge a far presente ai rappre-sentanti dei Paesi europei che «iltempo stringe» e che per bloccarei progetti atomici iraniani è neces-sario che l'Europa imponga subi-to sanzioni paralizzanti. Altrimen-ti, scrive Maariv, Israele nonavrebbe altra scelta che sferrareun attacco militare. Nei giorniscorsi la stampa locale aveva rife-rito con grande evidenza di unmonito severo giunto a Netan-yahu dalla cancelliera tedesca An-gela Merkel, affinchè Israele siastenga in questa fase da alcunainiziativa militare verso l'Iran.

PAKISTAN

Blasfemia, è statoun imamRischia l'ergastolo l'imam che haaccusato ragazzina Down di bla-sfemi perché le prove sono statefalsificate. Ma intanto Rimsah ri-mane in carcere. L'uomo, KhalidChisti, è stato arrestato sabatodopo che è emerso, dalla denun-cia testimoni che frequentano lamoschea, che potrebbe aver falsi-ficato le prove verso la ragazzina.Secondo l'ufficiale di polizia Mu-nir Jafferi, se il religioso risulteràcolpevole di aver dissacrato il Co-rano, potrebbe essere condanna-to all'ergastolo. La vicenda ha sca-tenato l'indignazione internazio-nale anche perché, secondo alcu-ne fonti locali, la bambina sareb-be affetta da sindrome di Down.Enel frattempo il giudice pakistanoMuhammad Azam Khan ha nuo-vamente rinviato l'udienza per lalibertà su cauzione della giovane.

Marina Dalla Croce

Parte oggi a Charlotte, in North Caro-lina, la convention democratica dacui Obama partirà alla ricerca della

conferma alla Casa Bianca. Alla vigilia, ilpresidente ha visitato gran parte degli«swing state» piccoli ma decisivi (soprat-tutto Ohio, Colorado e Virginia) oltre allaLouisiana post-Isaac.

La posta in gioco è altissima. Se è veroche ormai le convention sono poco segui-te dal pubblico (Obama dovrà vederselacon l’inizio del campionato Nfl di footballamericano) servono soprattutto a dare iltono delle sei settimane finali prima del vo-to di novembre. Lo staff del presidente as-sicura che non ci saranno «fuori program-ma» alla Clint Eastwood. Il messaggio dadare sarà duplice: 1) le ricette dei repubbli-cani sono vecchie e dannose per la classemedia («sembra di vedere la tv in bianco enero», ha detto Obama in un comizio); 2)l’impegno della Casa Bianca è tutto sullaclasse media e sui giovani, «hope» e «chan-ge» non sono stati solo slogan o «poster in-gialliti» come li hanno definiti Romney-Ryan a Tampa. Dietro le quinte però il la-voro è su constituencies decisive per Oba-ma: le donne, i giovani, gli ispanici, la co-munità glbt. L’incubo di Axelrod e Messi-na, i due uomini ombra del candidato de-mocratico, sono i dati di agosto sulla disoc-cupazione, che saranno diffusi come daprogramma appena 10 ore dopo il discor-so di Obama di giovedì sera a Charlotte.Un dato negativo (come è nelle attese) po-trebbe cancellare le promesse della con-vention come se non ci fossero mai state.

Gianni Proiettis

Proprio come nel 2006, sette giudici si sonosostituiti a più di 70 milioni di elettori e ve-nerdì hanno deciso, con l’autorità di una

sentenza inappellabile, chi sarà il presidente delMessico fino al 2018.

Le prove di brogli presentate dalla coalizione disinistra, che chiedeva di invalidare le elezioni pre-sidenziali del 1 luglio scorso sulla base di gravi irre-golarità, sono finite nel cestino del Tribunal Electo-ral del Poder Judicial de la Federación (Trife), mas-simo arbitro in questioni elettorali, “dopo un accu-rato e minuzioso esame”. I tre partiti del Movi-mento Progressista, che sosteneva per la secondavolta la candidatura di Andrés Manuel LópezObrador (Amlo), avevano presentato più di 350 ri-corsi corredati da prove, ma i giudici le hanno rite-nute “argomenti vaghi, imprecisi e generici”.

L’elezione è stata dichiarata valida e EnriquePeña Nieto presidente eletto, che entrerà in caricail prossimo 1 dicembre.

Eppure nella lista delle “irregolarità” commessedal Pri, il Partido Revolucionario Institucional, perriconquistare la presidenza perduta nel 2000, figu-rano la compera e la coazione del voto su grandescala, i falsi sondaggi d’opinione, l’intervento inde-bito dei governatori, i servizi pagati e manipolatidi Televisa, i finanziamenti illeciti, il riciclaggio dicapitali. I calcoli più realistici stimano sull’ordinedei 300 milioni di euro le spese di campagna delPri, una cifra che fa di questa vittoria elettorale lapiù cara nella storia del Messico, specie se si consi-dera che il tetto legale della spesa per partito eradi circa 20 milioni.

Ce n’era abbastanza per dubitare che le elezio-ni di luglio siano state “libere e autentiche”, comeprescrive l’articolo 41 della Costituzione, invocatodalla coalizione di sinistra. Ma i giudici non han-no visto niente e hanno consegnato la certificazio-ne di presidente eletto a Enrique Peña Nieto, cheè andato a ritirarla in elicottero nella sede del tri-bunale elettorale, blindato per l’occasione da bar-riere metalliche e decine di poliziotti in divisa e mi-litari in borghese.

Le proteste non si sono fatte aspettare. Fin dalpomeriggio di venerdì, centinaia di manifestantisi sono radunati per protestare contro una senten-za che rappresenta un grave colpo per la giustiziae la democrazia. All’annuncio del verdetto, miglia-

ia di giovani del movimento ‘Yosoy132’, formatoda 200 assemblee studentesche, hanno inscenatouna “marcia funebre” che è partita dalla città uni-versitaria in direzione al tribunale. Nel fine setti-mana, in decine di città si è manifestato control’imposizione di Peña Nieto e un’elezione ritenutafraudolenta dalla maggior parte dell’elettorato.

Sabato 1 settembre, con una seduta congiuntadelle due camere nella sede del Congresso, si èaperta ufficialmente la 62ª legislatura, in un’atmo-sfera tutt’altro che serena: a parte l’assenza di uncentinaio fra deputati e senatori, i rappresentantidella sinistra hanno occupato la tribuna protestan-do con slogan e cartelli contro la sentenza del su-premo tribunale elettorale. Mentre dai seggi delPri si lanciava il grido “Peña! Peña!”, i parlamenta-ri della sinistra rispondevano con “Frode! Frode!”.

In tutto questo, l’ultimo Informe annuale delpresidente Calderón alla nazione, che si presentatradizionalmente il giorno di apertura del nuovoCongresso, è passato inosservato. Anche perchéuna volta era lo stesso presidente che leggeva undiscorso di fronte ai parlamentari, che replicava-no poi attraverso un portavoce, ma dai tempi del-la presidenza di Vicente Fox (2000-2006), a cui funegato l’ingresso in aula dai deputati dell’opposi-zione, l’Informe viene consegnato per iscritto dalministro degli interni. Al voluminoso fascicolo –quasi un metro cubo - presentato dal ministroAlejandro Poiré, nessuno ha dato lettura.

Molta più diffusione, grazie alle reti sociali, haavuto il Contrainforme redatto dal movimento‘Yosoy132’ (che si può leggere in originale in www.

yosoy132media.org): “Sono passati sei anni daquando si è insediato Felipe Calderón, sei anni dimenzogne e promesse false, di simulazione, corru-zione, complicità e di uno stato d’eccezione che cihanno imposto. Sei anni in cui abbiamo visto unpresidente codardo parlare di coraggio, mentrenoi, la società, mettevamo i morti, i rifugiati, i se-questrati, i vessati dalle autorità. Sei anni, comesempre, di ricchezza oscena per alcuni, mentrenoi abbiamo fame, siamo esclusi, disoccupati, sia-mo giovani senza opportunità, sei anni in cui sia-mo stati derubati della nostra terra e delle nostrerisorse naturali. Sei anni in cui hanno voluto chevedessimo un Messico che esiste solo come versio-ne ufficiale.”

L’animo predominante fra gli elettori che si sen-tono defraudati è quello della resistenza e lo stes-so López Obrador, lungi dal disarmare e forte deisuoi 16 milioni di voti, ha convocato a un’assem-blea popolare nello Zocalo, la grande piazza dellacapitale, per domenica 9 settembre. Amlo ha giàdichiarato che non riconosce Peña Nieto comepresidente legittimo e ha annunciato un piano didisobbedienza civile da definire domenica prossi-ma. “Per quanto continuino ad attaccarci”, ha det-to, “accusandoci di essere dei cattivi perdenti, deipazzi, messianici, affamati di potere, preferiamoquesti insulti a convalidare o far parte di un regi-me ingiusto, corrotto e basato sulle complicità,che sta distruggendo il nostro paese.”

Agli antipodi del trionfalismo del presidenteuscente, che invade l’etere con spot autoelogiati-vi, la frustrazione e il malessere della società civilesono raccolti eloquentemente dall’editoriale do-menicale del quotidiano La Jornada: “Il ricordodel sessennio che sta per concludersi resta irrime-diabilmente legato alle decine di migliaia di morticausati dall’esplosione di violenza provocata a suavolta dall’attuale strategia poliziesca e militare; al-l’aumento e all’espansione del potere delle orga-nizzazioni criminali; al degrado dei corpi di pub-blica sicurezza; all’arbitrarietà e all’impunità concui le forze dell’ordine calpestano le garanzie indi-viduali e i diritti umani; alla generalizzazione delleestorsioni ai cittadini da parte della delinquenzaorganizzata; al riciclaggio di denaro e al traffico ir-refrenabile di sostanze illecite; agli omicidi di gior-nalisti; alla persistente epidemia di femminicidi invari punti del paese; alla proliferazione di seque-stri, massacri, mutilazioni.”

SIRIA · L’inviato Onu Brahimi «spaventato». Rimpallo di stragi, la Cina teme il «contagio»

Missione quasi impossibile

MESSICO · Sentenza della commissione elettorale contro il ricorso per brogli dell’opposizione di sinistra

Peña Nieto, «presidenziali valide»

GAZA · Giovane disoccupato si dà fuocoUn disoccupato di 20 anni della Striscia di Gaza è morto ieri per le feri-te riportate tre giorni prima quando si era dato fuoco. Mohamed AbuNada - questo il nome del ragazzo - si è cosparso di benzina di fronteall'ospedale Shifa. Fonti di stampa locale aggiungono che il padre delragazzo, Sufian Abu Nada, ha detto ad una radio palestinese che il gio-vane si è dato fuoco dopo essere stato «spronato» a cercarsi un lavoro.Il fatto ha suscitato grande impressione a Gaza. Anche perché nella Stri-scia di fatto ogni attività umana è condizionata dal blocco israeliano,valga per tutti l’impossibilità dei pescatori di uscire liberamente in mare.Soprattutto bisogna ricordare il deterioramento complessivo delle condi-zioni economiche e delle stesse fonti di sussistenza per un milione eottocentomila palestinesi. Secondo le Nazioni unite, l’Unrwa e l’Unhcr,tra otto anni «le condizioni dell’intera Striscia di Gaza saranno completa-mente invivibili» e in particolare la denuncia che l’acqua, invece entrocinque anni, sarà - visto l’elevato inquinamento dei suoli - completa-mente imbevibile.

DEMOCRATICI USA

Da oggi la conventiondi Obama a CharlotteL’esercito bombarda

i civili ad Aleppo,autobomba controil regime nelle zonecristiane a Damasco.La Croce Rossada Assad

L’INVIATO ONU LAKDAR BRAHIMI. AZAZ (SIRIA), CASE DISTRUTTE DAI RAID. SOTTO, PROTESTA LA SINISTRA MESSICANA/REUTERS

Page 8: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

pagina 8 il manifesto MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012

REPORTAGE

Un paese di cinquemilacase totalmenteautocostruito, inArgentina ai piedi delleAnde. Dove si pensa al«bien comun» e allacomunità indigena.Archiviando il liberismo

EVITA PERÓNSeconda moglie di Juan Domingo Perón,militare e presidente dell'Argentina dal 1946 al1955 e dal 1973 al 1974, dopo le nozzedivenne una celebrità in Argentina. Ma inEuropa divenne un’icona dell’estrema destra.

Nel«barrio»dei

LE ICONE DEL MOVIMENTO

ERNESTO CHE GUEVARADi Ernesto Rafael Guevara de la Serna si satutto: guerrigliero, scrittore, medico,rivoluzionario, ucciso in Bolivia il 9 ottobre del1967. Da allora è un’icona della sinistrarivoluzionaria mondiale. E non solo.

Enrico PuglieseSAN SALVADOR DE JUJUY

Messo in soffitta il neoliberismosfrenato dell’era Menem chel’aveva portata al crack del 2001,

l’Argentina vive oggi un vero e proprioboom economico e sociale. Una delle espe-rienze più interessanti, in questo clima, èrappresentata dal Movimento Tupac Ama-ru, anzi dalla Organizacion Barrial TupacAmaru. È difficile una traduzione correttadel termine barrial: in senso letterale sareb-be "di quartiere" o "di paese", ma la naturapolitica e lo spirito del movimento suggeri-scono "di comunità".

La Tupac è presente in tutta l’Argentinama ha il suo maggior radicamento nellaprovincia di Jujuy e nella città capoluogoche è San Salvador de Jujuy. In quest’area,alle pendici delle Ande e non lontano dalconfine boliviano, l’organizzazione eserci-ta in maniera capillare il suo intervento so-ciale. Per avere un’idea della forza e del ra-

dicamento basti pensare che le piccole coo-perative ad essa aderenti sono riuscite aprodurre, con un complesso meccanismodi autocostruzione finanziato dal piano dinazionale edilizia popolare, un intero vil-laggio di cinquemila alloggi per un pari nu-mero di famiglie. E altri villaggi più piccoliin tutta la provincia. I motivi alla base delsuccesso stanno soprattutto nella capacitàdei suoi militanti originari e degli attuali di-rigenti di dar voce alle popolazione indige-na, che peraltro costituisce la maggior par-te della popolazione locale.

Un movimento anti-ideologicoL’organizzazione prende il nome dal lea-

der che a fine Settecento - all’epoca dellelotte per l’indipendenza nazionale - avevaguidato la battaglia per i diritti e l’avanza-mento sociale delle popolazioni indigene:un cacique che portava anche un nomeispanico e che è ritenuto discendente del-l’ultimo re inca, del quale prese anche ilnome. Il mito di Tupac Amaru è diffuso intutta l’America del Sud: basti ricordare ilmovimento dei tupamaros in Uruguay ne-gli anni sessanta e settanta, dal quale peraltro provengono il presidente e autorevolimembri dell’attuale governo progressistain quel paese. Ma qui in Argentina, e in par-ticolare nel Jujuy, c’è un riferimento preci-so alla tradizione indigena, non un generi-co riferimento ideale a un eroe popolare.

Nel farsi portavoce delle aspirazioni del-la popolazione indigena, l’organizzazionenon manca di sottolineare il suo orienta-mento anti-ideologico. Anzi, essa è spessoin polemica con i marxisti locali. Per con-verso, ha ottimi rapporti con la sinistra pe-ronista di governo, in particolar modo conla ministra degli Affari sociali Alicia Kirch-ner. Essa infine si dichiara decisamente pa-cifista, nonostante sulle case che costrui-sce, sulle magliette dei suoi aderenti, sugliabiti da lavoro e sui muri degli asili infanti-li siano presenti le icone di Tupac Amaru,Evita Perón e Che Guevara.

In questo c’è una logica ben comprensi-bile. Che Guevara - che era argentino, fatto-re non secondario - è il Che della rivoluzio-ne latinoamericana, qui vista in versioneumanitaria. Sui muri dei saloni delle as-semblee e delle scuole popolari costruite egestite dalla Tupac si leggono frasi come«bisogna essere duri senza perdere mai lapropria tenerezza». Di Tupac Amaru hodetto. Quello che è più difficile da digerireper noi è il culto di Evita Perón, che nellastoria non è stata né il personaggio del filmdi Madonna e Banderas, né la fascista cheabbiamo in mente noi, né solo la grandepropugnatrice dei diritti dei popoli oppres-si come molti ritengono qui. Evita è moltoamata a sinistra e negli ambienti popolariperché ha prodotto una linea antioligarchi-ca e pro-sindacato (sia pure alla manieraperonista) e soprattutto a favore del welfa-re. E il welfare - cioè la spesa pubblica perpolitiche sociali - c’entra molto in questastoria (come in generale nella storia dell’Ar-gentina moderna).

I Tupac nascono, come molte organizza-zioni democratiche, durante la fase di gran-de disoccupazione ed estremo incrementodella povertà causato dalle privatizzazionie dalla scellerata politica monetaria di Me-nem (con conseguente chiusura massicciadi fabbriche e fallimento complessivo del-l’economia). All’inizio del movimento c’èla saldatura tra una pratica di intervento

politico-sociale e una di solidarismo che èquello della copa de leche. Una tradizionedi aiuto comunitario che non è specificadell’area del Jujuy: dei militanti si mettonoinsieme nel fornire un servizio di assisten-za, espresso appunto dalla tazza di latte aibambini, un piatto di riso e altri aiuti allefamiglie più povere, e facendo una propa-ganda organizzativa basata soprattutto sul-la questione del lavoro. D’altronde la lea-der indiscussa dell’organizzazione, Mila-gro Sala, proviene dalle fila del sindacato,anche se nel complesso della strategia at-tuale del movimento questo non sembraessere un aspetto determinante.

Le cooperative edilizieLa struttura di base originaria, la copa

de leche, è attiva tuttora con le stesse fun-zioni: mobilitazione, educazione politica eservizio sociale. L’altra struttura di basedell’organizzazione è rappresentata dallecooperative edilizie, costituite da un nume-ro ristretto di soci che esprimono un dele-gato. I delegati delle cooperative, delle fab-briche e delle copas de leche, insieme a de-legati degli insegnanti e di altre figure (so-prattutto tecnici occupati nei servizi: medi-ci etc.), formano l’assemblea, una sorta diparlamento che nomina una struttura didirezione al cui vertice sta Milagro, leaderindiscussa. Non manca certo un po’ di cul-to della personalità. Ma giova ricordare aquesto riguardo che anche la stampa indi-pendente mostra uno stupito apprezza-mento per quello che l’organizzazione èriuscita a fare sotto la sua leadership: «losmilagros de Milagro», «i miracoli di Mila-gro», titolava di recente un articolo. E biso-gna comprendere l’organizzazione e il mo-vimento nel suo contesto storico e locale.

Nel suo consolidamento e nella sua pra-tica aggregativa l’organizzazione si è inol-tre fondata sul riferimento all’identità "in-digena". Il riconoscersi in questa apparte-nenza è un valore che l’organizzazione pro-pugna proprio per rivalutare un’identitàculturale repressa e negata da sempre. Cre-do che anche il riferimento alla spiritualitàindigena – e gli stessi rituali e le feste che sicelebrano – vogliano sottolineare una recu-

perata dignità non inventando, bensì difen-dendo un’antica tradizione comunitaria.

La più grande concentrazione di aderen-ti vive nel quartiere di edilizia residenzialeal quale ho fatto riferimento prima, notoappunto come El barrio de la Tupac Ama-ru. Si ha l’impressione di una gated com-munity per poveri e lavoratori a causa diuna sorta di controllo all’ingresso (per al-tro solo in questo barrio), ma bisogna con-siderare che qui le provocazioni non man-cano. In compenso il Barrio è effettivamen-te una comunità, dovuta alla omogeneitàpolitica e culturale degli abitanti. Ma que-sto non mi pare un limite, a meno che nonsi voglia considerare tale la realtà dei paesicomunisti bracciantili e mezzadrili del Sude del Centro Italia di una volta. Infine i bar-rios della Tupac – non solo quello di SanSalvador – hanno tutti dei luoghi assemble-ari e delle strutture di servizio, mentre igrandi spazi destinati ad area di gioco han-no la funzione di consolidare la vita socia-le e comunitaria.

La casa e il lavoroMi sembra molto importante sottolinea-

re il nesso mobilitazione-lavoro-casa cheha permesso il successo e lo sviluppo del-l’organizzazione. Le casette unifamiliari apiano terra, tutte uguali secondo il detta-me del piano nazionale di edilizia popola-re, sono costruite dalle cooperative dellaTupac Amaru, le quali sono riuscite a farsiassegnare gli appalti grazie alla loro forzaconcorrenziale, legata a sua volta al fattoche agiscono come un sistema di autoco-struzione a prezzi molto contenuti. I salaridi base sono molto modesti, ma sono quel-li sindacali dell’edilizia. Le cooperative pro-ducono ricchezza per il fatto che non c’èprofitto e non c’è da pagar clientele. Nonc’è gran bisogno di tecnici, data l’estremasemplicità e standardizzazione del prodot-to edilizio. Inoltre, ci tengono molto a lavo-rare "dal basso" con maestros de obra inve-ce che architetti. Infine, nel Barrio TupacAmaru di San Salvador c’è anche una fab-brica cooperativa che produce i manufattiedilizi di base (blocchi di cemento, piccoletravi di cemento armato, monoblocchi dicucina), che riducono ulteriormente i costie danno occupazione ad altri lavoratori.

Per quanto riguarda poi il salario, la por-tata del miglioramento si può comprende-re solo tenendo conto delle condizioni dipartenza e di quelle che ancora esistononell’agricoltura e nelle altre attività locali.Pensiamo all’enorme zuccherificio presen-te a Calilegua, il cui padrone, Blaquier, staper essere condannato per crimini control’umanità perché consegnava gli attivistidel sindacato in fabbrica ai militari per undestino di torture e sparizioni. Anche ilconfronto tra il villaggio Tupac di San Pe-dro e l’aggregato di baracche (con una latri-

TUPAC AMARUFu l'ultimo sovrano del regno di Vilcabamba, nellaseconda metà del ’500. Il regno andino fu l’ultimotentativo di autogoverno degli inca dopo lacolonizzazione spagnola. Per questo Tupac Amaruè considerato un’icona dell’anticolonialismo.

AL CENTRO /FOTO DI MASSIMO BRICOCOLI

Page 9: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 il manifesto pagina 9

REPORTAGE

Alfabetobrasileiro

A come agua

E.P.

Molte cose stanno cam-biando nel Nuovo Mon-do. L’America latina vive

una esperienza inedita a livello po-litico e il nuovo vento progressistariguarda la maggior parte dei pae-si. In Argentina, paese emblemadel fallimento delle politiche neoli-beriste, il decennio trascorso ha re-gistrato un tasso di sviluppo mol-to elevato e un riassorbimento si-gnificativo della disoccupazione.Ma soprattutto qui non dominanella politica e nell’accademia ilpensiero unico neoliberista. Anzi,ormai si parla frequentemente dipost-neoliberismo. A parte l’orribi-le successione di prefissi (sarebbeil caso di inventare un terminenuovo) questo vuol dire che c’è undiverso modo di pensare anche sulpiano scientifico. Ho assistito al-l’Istituto Gino Germani di BuenosAires a un seminario su "Unioni-sm in Postneoliberal Latin Ameri-ca". Naturalmente non è tutto rosee fiori. Nel seminario si lamentava-no anche ritardi e collusioni nelsindacato. Ma mentre da noi le fab-briche chiudono nell’impotenzadei lavoratori e dei sindacati e nel-l’indifferenza generale, in Argenti-na da dieci anni resistono le "fab-briche recuperate", abbandonatedai padroni e gestite dai lavoratori.

Molte cose che da noi sembra-no un tabù in Argentina sono pra-tica e proposta politica operante.Penso alla spesa pubblica e all’in-tervento per lo sviluppo e per ilwelfare. Qui il keynesismo nonuna è parolaccia. E l’estensionedel sistema di welfare pubblico hariguardato anche le pensioni, men-tre il sistema pensionistico è statori-statalizzato. Così come sono statinazionalizzati grandi monopoli an-che stranieri. All’interno di una tra-dizione che ha riconosciuto grandevalore all’istruzione c’è ora un inter-vento a vantaggio della scuola pub-blica, compresa l’università che, co-me ha sottolineato Michael Bu-rawoy, presidente dell’ Internatio-nal Sociological Association, è stata-le, senza limiti agli accessi e senzatasse di iscrizione. C’è anche un pia-no per lavori socialmente utili, conincentivi positivi al lavoro e non pu-nitivi come nel caso del workfare.Non c’è da meravigliarsi quindi seil consenso è molto elevato.

Non è che manchino problemi,a cominciare da una inflazionemolto alta, peraltro connessa allaspesa pubblica. Il tutto è complica-to dal mancato superamento dipratiche clientelari che aggravanola situazione. E molte critiche del-la sinistra (come la denuncia deifenomeni di impoverimento lega-ti al costo della vita) sono giuste.Ma mi sembra che lo siano di me-no quelle di personaggi come E.Phelps (premio Nobel) che se n’èuscito con una sparata sul giorna-le della destra, La Nacion, parago-nando la situazione dell’Argenti-na a quella della Grecia. Mentreun altro premio Nobel, J. Stiglitz,sul giornale indipendente Pagina12 suggeriva all’Europa di appren-dere dall’Argentina di oggi. Nonsappiamo come andrà a finire maè certo che le ricette neoliberisteproposte per la Grecia dall’Euro-pa (con buona pace di Phelps)hanno già mostrato in Argentinala loro orribile natura.

IL SOCIOLOGO ENRICO PUGLIESE

Da Rossi Doria al Cnr,tra immigrati e terza età

i TupacAmaru

na ogni trenta persone e senza acqua in ca-sa) creato da un altro zuccherificio, La Espe-ranza, dà una chiara idea dei passi in avan-ti compiuti grazie alle lotte e alle mobilita-zioni della Tupac Amaru. La lotta inizialeper il lavoro ha trovato uno sbocco soprat-tutto nelle opportunità create dal piano na-zionale per l’edilizia popolare del governoKirchner, che è riuscito a saldare politicaper l’occupazione e politica di welfare.

L’edilizia è stato l’ambito nel quale que-sta lotta ha sfondato. Era la lotta «per unlavoro degno». E tale è quello che si svol-ge. Va inoltre considerata l’assenza o laminore alienazione (intesa sia in sensomarxiano che della sociologia). Si lavorainsieme «al bien comun», come dicevanouna volta i contadini spagnoli. E non c’è ilpadrone che, nello sfruttarti, organizzatempi e metodi.

Che fare? Il partito, o forse noQui si apre un problema pratico e di pro-

spettiva: che si farà quando la domanda dicostruzioni (al livello a loro accessibile) sa-

rà terminata? Che farà chi già da ora nonvuole, o non può, lavorare o, per la suaqualificazione, è sprecato nell’edilizia?Qualcuno ora è impiegato nelle fabbrichecooperative: nella fabbrica tessile hannoun appalto della Nación per confezionaregrembiuli per le scuole elementari pubbli-che e producono anche abiti da lavoro evestiti più raffinati che sono venduti inun loro negozio della capitale. Inoltrehanno una fabbrica metalmeccanica e al-tre attività minori all’interno dei barriospiù grandi. Ma è ancora poca roba. C’èpoi del personale di livello medio-alto im-pegnato nei servizi sociali gestiti a integra-zione di un welfare statale debole: scuoleprimarie e secondarie, ambulatori, in par-te importanti per la loro gratuità, in partecon una funzione anche da biglietto da vi-sita, ma con medici e infermieri al lavoro.L’utenza è generale, non esclusiva degliaderenti al movimento, i quali però han-no la precedenza.

Può comprendersi come questa situazio-ne, proprio per la sua rete di servizi e lasua organizzazione di comunità, possa da-re un’impressione di uno Stato nello Stato(e su questo insistono i critici malevoli).D’altronde c’è un effettivo rischio di isola-mento tanto più forte quanto più diventagrande il movimento. E probabilmente diquesto sono coscienti i suoi aderenti, cheora spingono in direzione della trasforma-zione in partito politico, investendo altretematiche e coinvolgendo settori più ampidella popolazione.

Non credo di aver esagerato, almenonon troppo. Di queste realtà - che mostra-no la portata dei cambiamenti in Americalatina - si sa poco da noi. Ha ragione Ro-bert Castel, che era parte della nostra dele-gazione, quando, intervistato dall’agenziadi stampa Telam, afferma che «l’esperien-za della Tupac è inedita e particolare. Pen-savo a qualcosa di molto più artigianale eimprovvisato che tentava di rispondere al-le esigenze della gente. Non è così: c’èuna istituzione reale con molto potere eun grande movimento». In effetti essaesprime il nuovo corso dell’Argentina edell’America latina.

Non la farò passar li-scia, d’ora in avanti,a chi mi dirà «la sco-

perta dell’acqua calda». Quil’acqua calda non è una ga-ranzia, né una sicurezza. Sela trovate consideratevi for-tunati. Di solito i lavelli reca-no una sola manopola sucui inesorabile compare lalettera F. La Q (che sta perQuente, «calda») la trovere-te assai di rado, come unasorta di meravigliosa appari-zione.

Si dirà: il Brasile è una ter-ra climaticamente (e non so-lo) calorosa, che bisogno c’èdell’acqua calda? Beh, nonè sempre calda, questa ter-ra, e anche nelle stagioni in-termedie, considerato co-me un dato acquisito pernoi europei nel vortice delProgresso, l’acqua calda, ri-nunciarvi, nella ricca regio-ne di Saõ Paulo o nella capi-tale Rio è un fatto di cui nonè facile darsi pace. Ma co-me? Non c’è neppure il rubi-netto?! Allora vi dirigete alladoccia, convinti di rimedia-re: invece la delusione saràsopravanzata dalla disillu-sione. L’acqua che esce dalbocchettone traforato largocome uno scolapasta, è amala pena tiepida. C’è unasorta di scaldacqua incorpo-rato, con una scomoda ma-nopolina sotto, che speran-zosi farete ruotare in ogni di-rezione, ma niente, l’acquaoltre i 30 gradi non arriva. Il

che vuol dire pressoché fred-da.

Fredda, ma abbondante,non v’è che dire. Il sistemache si usa per lavare bagni,scale, terrazze, androni, cor-tili delle abitazioni e degliedifici pubblici è straordina-rio: una manichetta attacca-ta alla presa d’acqua, e via!Un getto potentissimo inve-stirà tutto quel che si parasul suo micidiale percorso.Scansarsi o perire per anne-gamento.

Acqua che tra poco nellaprogettata diga di Belo Mon-te, nel cuore intatto della fo-resta amazzonica, sul fiumeXingu, rischia di provocareuno scenario da tregenda:una prospettiva di devasta-zione ambientale davanti al-la quale la nostra misera (einfame) Tav della Val di Su-

sa è una specie di gioco dibimbi sulla sabbia. Qui ilprogetto prevede 500 chilo-metri quadrati di acqua cheinvaderà terre abitate da in-dios che saranno costretti afuggire.

Sulla diga anche coloroche non guardano in modonegativo al presidente Lula,e alla sua delfina ora al pote-re, Dilma (Rousseff; ma quici si chiama tutti per nome,anche i presidenti!), espri-mono un preoccupato dis-senso, pur consapevoli di al-tre esigenze.

E poi c’è l’acqua dei tanti,tantissimi fiumi, gigante-schi, grandi, medi, piccoli, apartire dal fiume dei fiumi,il Rio per antonomasia,quello delle Amazzoni; untripudio di acque che ac-compagna la quotidianitàdei brasiliani, divenendoparte essenziale del paesag-gio. Fiumi, torrenti, laghi,persino canali e laghetti arti-ficiali, che ingentilisconol’ambiente, rendono menocalde le estati, meno secchigli inverni.

Acqua, il nostro "bene co-mune" per la cui tutela eproprietà pubblica ci battia-mo in Italia, e che è motoredi sviluppo, risorsa vitale,ma anche possibile flagello.E in ogni caso, se d’estate cipiace fresca, d’inverno lapreferiamo calda. Ho fattola scoperta dell’acqua cal-da?

FOTOELOISA D’ORSI

IDEOLOGIE

Nelle accademieil neoliberismoora è «post»

Allievo di Manlio Rossi Doria alla Facoltà diAgraria di Portici, dopo diverse esperienze inuniversità americane (dalla Columbia all’Uni-versità della California), Enrico Pugliese è sta-to professore di Sociologia del lavoro e presi-de della Facoltà di Sociologia a Napoli. Dal2002 al 2008 è stato direttore dell'Istituto diricerche sulla Popolazione e le Politiche Socia-li del Cnr. Il suo ultimo libro è La terza età.Anziani e società in Italia (Il Mulino, 2011).Attualmente è Professore ordinario di Sociolo-gia del lavoro alla Sapienza a Roma. Vecchiafirma del manifesto, in particolare sui temidell’immigrazione, in questa occasione havolentieri «sconfinato» in un territorio da luimai battuto.

Angelo d’Orsi

Page 10: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

pagina 10 il manifesto MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012

CULTURA

Augusto Sagnotti

Èdel luglio scorso un risultato sen-sazionale ottenuto all’accelera-tore LHC del Cern di Ginevra e

annunciato alla comunità scientificadai fisici Fabiola Giannotti e Joe Incan-dela in rappresentanza di migliaia di ri-cercatori. Questa scoperta, forse tra lepiù importanti nella storia della FisicaSperimentale delle Interazioni Fonda-mentali, ha concluso la prima fase diun lungo progetto che ha coinvoltoper anni intere generazioni di scienzia-ti, tecnici e ingegneri e ha richiestocontributi sostanziali di diversi paesi.E che – si badi bene – ha solo consenti-to una prima verifica di un quadro teo-rico proposto quasi cinquanta anni orsono. Cerchiamo di vedere brevemen-te come si sia giunti a questo punto.

Un lungo inseguimentoLa materia ordinaria risulta dalla com-posizione di atomi le cui proprietà,riassunte nella tavola di Mendeleev, so-no dettate dalla Meccanica Quantisti-ca e dalle interazioni elettromagneti-che. Gli atomi sono in un certo sensominuscoli sistemi solari in cui nubi dielettroni circondano le particelle benpiù massicce, protoni e neutroni, chesono fortemente legate nei nuclei. Sap-piamo dagli inizi del ‘900 che la Mecca-nica Quantistica associa alle forze elet-tromagnetiche un altro tipo di particel-le, i fotoni. Più recentemente abbiamoappreso che sia le forze «forti» che ten-gono insieme i quarks in protoni e neu-troni, e questi nei nuclei, sia le trasfor-mazioni «deboli» alla base della radia-zione solare coinvolgono ancora altreparticelle dette gluoni, W+, W- e Z.

Tutti questi costituenti, e altri che simanifestano in stati instabili della ma-teria, posseggono una proprietà intrin-seca detta «spin» che venne identifica-ta negli anni ’20 del secolo scorso. Eb-bene, le particelle elementari di mate-ria, che includono elettroni e quarks,hanno spin semi-intero e sono dettefermioni in onore di Enrico Fermi,mentre quelle responsabili delle lorointerazioni (fotoni, gluoni, W+, W- e Z)sono profondamente diverse, hannospin intero e sono dette bosoni in ono-re del fisico indiano Satyendra NathBose. O almeno questo era lo stato del-le conoscenze accertate prima del lu-glio scorso.

La scoperta annunciata al Cern hamostrato invece che esiste in naturaun bosone elementare di materia, e lesue implicazioni sono molto profon-de. Abbiamo infatti ragione di ritenereche la nuova particella, che sembra na-turale identificare con il cosiddetto bo-sone di Brout-Englert-Higgs, sia il chia-ro segnale di una sorta di banchetto co-smico che si è consumato nell’univer-so primordiale dando luogo alla mate-ria e alle forze che conosciamo. Il feno-meno indica inoltre che l’evoluzionecosmologica ha occultato alcune sim-metrie presenti nell’universo primor-diale. I fisici del Cern hanno inseguitoa lungo la nuova particella con unosforzo coordinato in modo incredibilee curato nei minimi dettagli. Non co-noscevano la sua massa, che è risulta-ta pari a circa 126 volte quella di un nu-cleo di idrogeno, ma cercavano da tem-po un bosone come quello trovato per-ché esso riveste un ruolo centrale inun elegante meccanismo proposto ne-gli anni ’60 del secolo scorso che spie-ga le profonde differenze tra interazio-ni elettromagnetiche e deboli. La sco-perta del Cern fornisce nuova linfa alModello Standard, una sorta di tavoladi Mendeleev delle particelle elementa-ri note che può anche dar conto in mo-do accurato delle loro interazioni.

Tra Europa e UsaLa ricerca scientifica è un processo len-to e dominato dall’incertezza, e quan-do negli anni ’60 gli scienziati esplora-vano teorie di questo tipo le loro moti-vazioni non erano sempre legate inmodo chiaro agli esperimenti. Sareb-be stato pertanto molto difficile valuta-re in modo congruo e in tempi brevi larilevanza dei loro risultati, e solo a di-stanza di mezzo secolo le loro idee sisono materializzate negli esperimentidel Cern, ma fu presto chiaro che essepotevano avere implicazioni di enor-me portata. Il progresso solleva peral-tro nuovi interrogativi, e per decenni ifisici hanno studiato possibili estensio-ni del Modello Standard motivate al-

meno in parte dalle profonde differen-ze tra le forze elettromagnetiche re-sponsabili della struttura atomica equelle gravitazionali che dominanol’Universo a grandi scale.

Alcune idee particolarmente affasci-nanti sono basate su estensioni dellesimmetrie del Modello Standard, e traqueste occupa un ruolo preminente laSupersimmetria, un principio in gradodi collegare bosoni e fermioni e di darconto in modo naturale della «materiaoscura» che permea l’universo ma è in-visibile ai nostri telescopi. In combina-zione con la Relatività Generale di Ein-stein, la Supersimmetria dà luogo allaSupergravità, e sostituendo alle parti-celle elementari piccolissime corde sigiunge in questo modo ad un princi-pio unico per la Teoria delle Stringhein dieci dimensioni. Supergravità estringhe costituiscono oggi il fulcro digran parte della ricerca sulle Interazio-ni Fondamentali, in un quadro straor-dinariamente fecondo ma irto di diffi-

coltà tecniche e concettuali. Se la Su-persimmetria è davvero presente nel-l’universo, sembra infatti che la naturala occulti in modo sottile, mentre il no-stro stesso universo è forse solo unadelle molteplici realizzazioni compati-bili con la Teoria delle Stringhe. I fisiciteorici italiani hanno contribuito inmodo decisivo a queste ricerche, alpunto che Bruno Zumino e Sergio Fer-rara sono associati in modo indelebilealle scoperte della Supersimmetria edella Supergravità, e Gabriele Venezia-no e Ferdinando Gliozzi a quelle dellaTeoria delle Stringhe e della profondarelazione tra questi argomenti.

Eccoci dunque al nocciolo della que-stione, che vorrei illustrare descriven-do alcuni eventi che ho visto da vicino.La Teoria delle Stringhe è stata all’ini-zio, e per oltre dieci anni,un argomen-to di nicchia studiato prevalentemen-te in Europa, dove i giovani ricercatorihanno goduto in passatodi una relati-va libertà di azione. Al contrario fu mol-

to difficile per John Schwarz, oggi rite-nuto a ragione uno dei padri fondatoridel campo, dedicarsi a lungo a questiargomenti negli Usa, fino a quandouna importante collaborazione con ilfisico inglese Michael Green portò lestringhe nel 1984, in modo assai repen-tino, al centro dell’attenzione della co-munità scientifica. La subitaneità diquesto rivolgimento mi lascia perples-so a distanza di anni, come il fatto chenegli Usa la Teoria delle Stringhe finìmolto rapidamente per comprimerelo spazio vitale di altri settori.

Peraltro, la proposta di un legametra stringhe e gravità, il contributo dimaggior spessore di Schwarz, risale auna sua collaborazione con un brillan-te fisico francese prematuramentescomparso, Joel Scherk, che ebbe luo-go ben dieci anni prima della sua con-sacrazione istituzionale e non ricevet-te la dovuta attenzione. Nel frattempoSchwarz avrebbe potuto abbandonarela ricerca come molti altri colleghi me-

no persistenti o fortunati, e sarebbestato probabilmente costretto a farlodalla rigidità del sistema americano senon avesse goduto a lungo dell’illumi-nato appoggio di uno scienziato al disopra degli schemi, Murray Gell-Mann.

È innegabile che un’organizzazionedella ricerca in grado di reindirizzarerapidamente grandi risorse possa pro-durre molteplici sviluppi in tempi bre-vi, ma il polverone che ne conseguepuò distogliere i più dal significato del-le nuove idee e soffocarne altre. Que-ste «rivoluzioni» si nutrono inoltre digrandi numeri di giovani in grado didedicarsi in modo assoluto alle nuoveortodossie per essere presto dirottatiin gran parte verso altri settori anchenon accademici, e la pressione psicolo-gica che ne risulta incoraggia spessocomportamenti poco edificanti.

Il peso dei premiLe tensioni che hanno accompagnatonegli Usa l’esplosione di interesse perla Teoria delle Stringhe trovano unagiustificazione in questo clima non idil-liaco, mentre l’Europa non ha prodot-to simili esasperazioni. Peraltro, que-ste idee affascinanti non sono state an-cora esplorate a fondo, e sottoporle alvaglio dell’esperimento richiederà pro-babilmente intensi sforzi, anche e so-prattutto per la loro enorme portataconcettuale. Non mi sorprende pertan-to la voce critica di Peter Woit, rispettola sua posizione, ma non è difficilescorgervi tracce della sua vicenda per-sonale e delle sue delusioni. Non con-divido comunque diversi passi del suoarticolo uscito di recente su questoquotidiano (Un miliardario russo inaiuto delle superstringhe, 8 agosto).

Gli esperti sanno bene, ad esempio,che il solo fatto che la nuova particellapossegga una massa pari a circa unavolta e mezzo quelle dei bosoni inter-medi W+, W-e Z rende assai delicata laricerca ad LHC della Supersimmetria,che potrebbe solo manifestarsi ai limi-ti superiori di energia garantiti da futu-ri aggiornamenti della macchina sen-za per questo perdere il suo potenzialeinteresse. E peraltro la Supersimme-tria semplifica di certo la Teoria delleStringhe, ma non esistono argomentipienamente condivisi che la rendanoun suo ingrediente inevitabile, a di-spetto di alcune affermazioni che ricor-rono in presentazioni rivolte a non spe-cialisti. Inoltre, non mi sento di esclu-dere a priori che i nuovi premi, di cuiWoit lamenta l’origine non istituziona-le, possano svolgere in futuro un ruolopositivo. Il peso mediatico di altri pre-mi la cui origine remota è peraltro si-mile è cresciuto a dismisura, e la pre-senza di più voci potenzialmente disso-nanti potrebbe restituire maggiore so-brietà a questi aspetti della scienza.

Cifre drammaticheIn conclusione, monitorare le ricerchedei giovani in modo troppo rigido puòrivelarsi spesso pericoloso e talvolta an-che diseducativo. È più semplice valu-tare intere strutture quando scelte eidee assumono contorni più definiti,per incidere anche con decisione sulloro sviluppo. Mi sembra questo lo spi-rito dell’Anvur, la nuova agenzia dele-gata a valutare la ricerca italiana, ma ri-tengo assolutamente urgente valoriz-zare al massimo la nostra creatività enon disperdere le eccellenze che riu-sciamo sorprendentemente a creare,lasciando da parte modelli di organiz-zazione della ricerca che non si adatta-no al nostro paese. Ad esempio, i giova-ni italiani sono oggi almeno il 30% deicandidati a posizioni di Fisica Teoricanel sistema francese, e molti sono statigià assunti negli anni scorsi. È una ci-fra drammatica che purtroppo non de-ve sorprendere, perché in passato ungiovane di valore poteva ottenere unaposizione equivalente in Italia, quelladi ricercatore, dopo tre anni di dottora-to e cinque o sei anni di esperienzapost-dottorale all’estero, mentre oggial suo ritorno troverebbe solo una se-rie di contrattini a tempo determinato.

Se davvero, come sostiene il nostroPresidente del Consiglio, inizia a intra-vedersi la fine del tunnel, mi auguroche questi giovani tornino ad essere se-lezionati, con rinnovato rigore, ma perentrare a pieno titolo nella loro profes-sione. Come avviene peraltro nella Ma-gistratura e in altri settori di alta qualifi-cazione dello Stato.

CONFRONTI

Un cambiamentodi paradigma

I clamorosi risultati ottenuti all’acceleratore LHC del Cerndi Ginevra suscitano domande che confermano quanto sia difficileverificare distinti percorsi scientifici. Un noto teorico delle stringherisponde alle obiezioni sollevate dal fisico americano Peter Woit

Cosa è successo veramente alLarge Hadron Collider (LHC) diGinevra? L’individuazione dellaparticella di Higgs è davverouna scoperta? Davvero ci lasciaintravedere nuovi, eccitanti mi-steri? Finora, ricordava PeterWoit su queste pagine all’iniziodi agosto, è unicamente possibi-le affermare che si tratta di unsuccesso sperimentale del Mo-dello Standard delle particelleelementari. In altri termini, dacirca cinquant’anni i teorici ipo-tizzavano che l’Higgs dovesseesistere e avere certe proprietà;gli sperimentali hanno piena-mente confermato tali supposi-zioni. Cosa c’entra la teoria del-le stringhe con tutto questo? Ilfatto è che per il momento al-l’LHC non è stato «visto» nien-t’altro e in particolare non è sta-ta rilevata alcuna traccia di unostrano ingrediente detto super-simmetria, senza il quale nessu-no sa come farla funzionare.Non sorprende dunque che Woitconsideri i risultati ottenuti aGinevra una conferma delle criti-che mosse in un libro dal titoloinequivocabile: «Neanche sba-gliata» (Codice edizioni, 2007).Un giudizio fondato sulla assen-za di conferme sperimentali, adetta di molti addirittura incapa-cità di fornire previsioni quantita-tive e dunque falsificabili. Consi-derando la centralità delle strin-ghe nella ricerca teorica degliultimi trent’anni, è certamentelegittimo chiedersi se non si siatrattato di un cambiamento diparadigma proprio al cuore del-le scienze dure: alla verifica dilaboratorio si sarebbe affiancatauna nuova considerazione per labellezza e coerenza matemati-che (da verificare, anche per ilModello Standard).Nulla di tutto questo sarebbepotuto accadere senza il mono-polio che le stringhe hanno gua-dagnato nelle grandi universitàamericane, vere e proprie mac-chine per la produzione di «con-senso scientifico». Con le strin-ghe, insomma, il meccanismo dicontrolli interni da sempre vantodella «Repubblica delle scienze»ha mostrato la sua fragilità. Esecondo Woit i consistenti pre-mi che il miliardario russo YuriMilner si dice pronto a concede-re sulla base del «riconoscimen-to della comunità scientifica»potrebbero aggravare il proble-ma. (luca tomassini)

Le imprevedibiliviedella ricerca

UNA ILLUSTRAZIONEDI SCOTT SWAYLEDA «AMERICAN SHOWCASE»

BOSONI E STRINGHE

Page 11: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 il manifesto pagina 11

CULTURA

Tiziana Migliore

Fino al XIX secolo il quadro distoria era il più acclamato:commemorava fatti di crona-

ca, coevi e non, e sussumeva altri ge-neri che poi si sarebbero autonomiz-zati: il ritratto, il paesaggio, la naturamorta. Questa stabile categoria arti-stica si è evoluta. «Quadro di visibili-tà» (Foucault), che anziché registra-re il già riportato, fa storia esso stes-so, competitor della disciplina uffi-ciale e dei media nel decidere cosa ecome notiziare. Al bando la tesi chel’opera esprima lo «spirito del tem-po». Dedurre dall’arte la trascenden-za della filosofia di un’epoca è servir-si di una comoda tautologia, con cuisi pretende di spiegare i fenomenisenza osservarli.

Oggi non pochi artisti narrano av-venimenti specifici, colmando man-canze e denunciando storture. Pu-re, in un clima di oscurantismo poli-tico, indotto dall’accentramento deipoteri nel capitale, è prezioso chi,nell’esporre, torna a interrogare ilsenso della cultura.

Alfredo Jaar interviene così. Re-stio alle performance e a ogni sortadi autoreferenzialità, teme l’arte co-me evasione, che incrementa l’indi-vidualismo, un male peggiore delconflitto, quando sono in causa dirit-ti sociali. E da architetto, esercita laprofessione di artista per offrire mo-delli di pensiero del mondo. Proget-ta il passato strappandolo al confor-mismo che rischia di soggiogarlo:l’utopia naturalista, l’ottimismo del-la ragione, il mito del progresso. Edegli eventi dona sfaccettature criti-che, che significa far conoscere, maanche far comprendere. Il compitodell’intellettuale, di intercedere perlo sviluppo di una società civile. Lacultura non è infotainment.

A rendere eloquenti le opere diJaar stenta una monografia, figuria-moci un coffee-table book. Vi si pre-

sta la formula della conversazione adue voci, che la collana «Tomogra-fie d’Arte Contemporanea», direttada Michela Becchis per Exòrma, spo-sa nell’ambito del fare storia, scan-dagliando le carriere di artisti attentialle dinamiche del potere. Questoquarto volume, Alfredo Jaar di Lo-renzo Fusi, conferma l’efficacia diuna «esplosione» del senso ottenutaattraverso il meccanismo dialogicoe asimmetrico (Jurij Lotman). Un ar-tista, Jaar, e un curatore, Lorenzo Fu-si, indagano insieme il produrre el’interpretare l’opera, evitando, daun lato, dichiarazioni di poetica, dal-l’altro letture idiosincratiche. Condi-vidono l’esperienza di un’arte re-sponsabile, prescrittiva nella sensibi-lizzazione ai problemi.

La prima metà del libro, che haun agile formato, da diario di bordo,presenta un’analisi approfonditadell’attività di Jaar. Fusi mostra ilcontributo al cambiamento perse-guito dall’artista. Le sue installazio-ni destano dall’assuefazione al bac-cano mediatico. E impegnano a cre-are varchi per condizioni di libertà oequità che sono state o sono tuttoraimpossibili. Belle illustrazioni corre-dano il testo. Jaar dà la parola ai con-nazionali cileni, piegati dalla dittatu-ra di Pinochet (Estudios sobre la feli-cidad, 1979-1981); fa luce sui com-promessi del fotogiornalismo nel ge-nocidio dei Tutsi (Rwanda Project,1994-2000); installa a New York, lun-go la linea della metro che va versoWall Street, immagini dei minatorid’oro in Amazzonia, immersi nelfango (Rushes, 1986); accatasta unmilione di passaporti per migranti erifugiati, respinti dalla Finlandia(One Million Finnish Passports,1995); alla frontiera tra Tijuana eSan Diego, solleva una nube di 3000palloncini bianchi, a ricordo dei lati-no-americani morti per aver volutoentrare illegalmente negli Stati Uniti(The Cloud, 2000).

Il dialogo che segue diverge dalbotta e risposta tipico dell’intervi-sta. Fusi non ha in mente un interlo-cutore «sfinge», da cui carpire segre-ti sugli enigmi dell’opera, sostituen-do l’interrogazione alla descrizione.Né vede in Jaar un guru, alle cui po-sizioni allinearsi; anzi, lo incalza suiparadossi della sua azione, destina-ta a circoli di collezionisti, spessocoincidenti con gli investitori finan-ziari che speculano sul Sud del mon-

do. Un punto cruciale è l’incapacità,da parte di artisti e intellettuali, diraggiungere collettivi ampi e comu-nicare con diversi strati sociali. PerJaar si tratta di un’esigenza, ottem-perata realizzando progetti pubblicie rinnovando la memoria di due fi-gure cardine, Gramsci e Pasolini, ri-spetto alle quali l’artista evidenziauna filiazione epistemica. Occorreconsiderare la cultura non uno sta-tus quo, ma un processo tensivo,l’atto faticoso e reversibile del mette-

re in forma per gli altri. Jaar investesia nei percorsi di apprendimentodel «noi» destinatario – QuestionsQuestions (2008) ha invaso muri,fiancate d’autobus e stazioni del me-trò di Milano con quindici doman-de sul ruolo della cultura – sia neipercorsi di istruzione del «noi» desti-nante – Searching for Gramsci(2004). Si menziona in proposito Leceneri di Pasolini (2009), crossoversulle orme dei due maestri, tra poe-sia, inchiesta politica e cinema, pro-

iettato da Jaar al Pavéllon de la Ur-gencia della Regione Autonoma del-la Murcia, durante la Biennale Artedi Venezia del 2009. La pregnanzaè un aspetto prioritario anche perFusi, che dal 2010 coordina «The In-ternational», sezione principale del-la Liverpool Biennial. Prossima al-l’apertura, l’edizione 2012 della ras-segna periodica di arte pubblicapiù importante al mondo esploreràil tema dell’ospitalità, il fronteggia-re l’inatteso, come competenza da

potenziare (The Unexpected Guest).Una smentita alle inutili provoca-zioni che atterrano le Biennali econsolano le mostre tipo Documen-ta, le quali, per inciso, ripropongo-no gli stessi circuiti. I discorsi sullegrandi esposizioni restano privi diconsistenza, finché gravitano attor-no al caos, invece di tagliarne e arti-colarne la massa. Lasciano gli even-ti illeggibili.

La battaglia per la diffusione ca-pillare dell’arte ha un fulcro nel con-cetto di frontiera, riferito nuova-mente al ductus dell’intellettuale.Fusi e Jaar, citando le teorie di Étien-ne Balibar, si addentrano in un di-battito meritevole di risonanza. Lerecenti politiche di immigrazionehanno chiarito che il razzismo è unproblema non di eredità biologicané di contesto geografico, ma di in-superabilità delle differenze di clas-se. Come attecchisce? Il singolo, inuna società a forte impronta indivi-dualista, idealizza una «sua» comu-nità, le cui frontiere sono dettate daun sistema deviato di identificazio-ne/esclusione. Consente permeabi-lità di saperi solo al simile. Una diqueste comunità transnazionali èl’odierna classe intellettuale, invisi-bile e di minoranza. Spende il tem-po a «postare» autoritratti e dall’agi-re è passata allo status, per titolo ac-quisito. L’élite: il contrario dell’acce-zione di intellettuale per Gramsci ePasolini.

La cultura si riscopre – ed è unonere oggi – se si rompe il fronte deipersonalismi e si mette il pensiero alservizio di tutti. Un bene che insegnia capire e guidare, in ciò che accade,comportamenti propri e altrui.

Dopo, ci si accorgeva che lasua presenza aveva segna-to momenti di grande auto-

rità. Era sempre così. Come con isuoi testi. Come con le sue parole.Come con tutto ciò che si muove-va intorno a lei negli eventi cultura-li. Eppure nei suoi discorsi, comenei suoi libri, non era mai asserti-va. Amava, piuttosto porre doman-de, e si metteva in ascolto, qualchevolta brontolava tra sé, e poi conti-nuava con le domande, seguendoun filo che non si interrompeva.Che lei non interrompeva. Nonavrebbe interrotto nemmeno sta-volta, alla Scuola estiva di filosofiadi Lecce cui avrebbe dovuto parte-cipare fra pochi giorni.

Françoise Collin è morta l’1 set-tembre a Bruxelles, dove venerdì siterrà la cerimonia ufficiale di com-miato. Lì era nata il 18 aprile 1928e aveva insegnato all’Università diSain Louis, e poi all’Istituto Supe-riore di Formazione Sociale. Ma lasua città era Parigi, dove aveva te-nuto i suoi seminari al Collège In-ternational de Philosophie e dovenel 1985 aveva organizzato un con-vegno su Hannah Arendt che se-gnò una svolta nelle letture e studiarendtiani sino ad allora chiusi nel-l’orizzonte di un limitato liberali-smo politico.

Filosofa, femminista, autrice an-che di racconti e romanzi, Collin siera interrogata sul senso della lette-ratura impegnata e sul rapportotra scrivere e agire, sostenendoche la scrittura ha la funzione di ve-gliare su ciò che il discorso domi-nante dimentica o preclude, per-ché là dove l’agire è impossibile,scrivere lo condensa. Reticente difronte alla nozione di «scritturafemminile», con cui spesso si pre-tende di definire ciò che veramen-te appartiene alle donne, Collinera in posizione critica rispetto aogni forma di idealismo, a comin-ciare da quelle della cultura ege-monizzata da Derrida, come purerispetto alle derive essenzialiste dialtre interpretazioni. Preferiva sot-tolineare che il femminismo non èné un’ontologia né una metafisicache definirebbe l’essere donna,

ma un movimento politico e poeti-co che spinge le donne e ogni don-na «a essere, senza pregiudicareciò che sarà o dovrà essere questoessere, senza definire le identità».In questa direzione, anche la que-stione del corpo e della corporeitàera sempre da lei posta non comeun dato, ma come un rapporto,che si significa nel linguaggio e neldispiegarsi del senso.

Nel 1973 aveva fondato e direttoLes Cahiers du Grif, la prima rivistafemminista in lingua francese, checontinuò a dirigere sino al 1993. Isuoi testi avevano affrontato i noditeorici e i problemi politici dellaquestione femminile e della diffe-renza tra i sessi. Ma il suo percorsoe impegno intellettuale era nella ri-cerca di un punto d’incontro e discontro tra sé e gli altri, le altre,che era poi il punto di incontro edi tensione tra sè e la realtà, e que-sto non per portarvi improbabili e

superficiali o dialettiche concilia-zioni o determinazioni, ma per tro-vare una misura di autenticità. Erail suo modo di fare, di essere, era lasua politica. Perché, come avevascritto giocando con le parole: «Es-sere qualcuno è essere non-uno».Cioè riconoscersi nella pluralità.Una pluralità che non dissolve lesingolarità, ma senza farne un’ico-na vittoriosa segna solo l’irriducibi-le singolarità di ciascuno, nella dif-ferenza, che ha il suo inizio costitu-tivo nella differenza dei sessi, ovve-ro nella prima forma di pluralità.

In tutti i suoi scritti Collin ha insi-stito nel chiarire che quella delladifferenza non è una questione teo-rica, ma una prassi. Una prassi pe-rò completamente diversa da quel-la marxiana che si richiama costan-

temente alla pro-duzione di ogget-ti o di beni econo-mici. Lei ci ha in-segnato a ricono-scere la differen-za come materiae fonte di ogni ini-zio, come dato in-controvertibile,

che si radica nella nascita, troppofrettolosamente liquidata come ri-produzione. Citando HannahArendt e, ancora una volta giocan-do con le parole, mostrava chequesto modo di intendere la prassinon ha nulla di ontologico, non fanessun richiamo all’essere o all’es-senza. Anzi ne è la negazione: «Lenaître, come le n’être, è la fonte del-la libertà, perché coincide con lacapacità che ognuno ha, nascen-do, di essere un nuovo comincia-mento». In questa direzione la suafilosofia politica esprime un inte-ressante tentativo di rifondazionedel mondo comune, che sostitui-sce alla ripetizione, causata dallaconvinzione della pluralità dei me-desimi, una pluralità di differentitesi alla valorizzazione della singo-larità e dell’impegno. Ognuno, es-sendo chiamato a giudicare e pren-dere delle decisioni, dà così corpoalla politica e alla cittadinanza.

Le letture sia di Arendt sia diMaurice Blanchot hanno nutrito ilpensiero di Françoise Collin. DiBlanchot aveva evidenziato e fattoproprio il rifiuto del sistema e dellecostruzioni che sviluppano proget-ti e programmi, a favore di una at-tenzione per la modulazione deitoni, in una prospettiva in cui il tut-to è sempre meno grande delle par-ti. Questo l’aveva portata al rifiutodell’unità sistematica che però la-sciava posto a un’altra concezionedi unità, aperta e relazionale, sen-za chiusure, ma «polifonica» e «plu-rale» come amava dire con due ter-mini che le erano cari. Polifonia epluralità che ritornano nel suo pen-siero interrogativo e critico, facen-do emergere il tema della libertà le-gato a quello della nascita. Perchéla nascita, scriveva, non è la condi-zione per cominciare, ma è iniziati-va, e l’iniziativa è nascita di qualco-sa, è condizione di un nuovo co-minciamento.

Come della nascita, anche delladifferenza ha voluto sempre evita-re ogni interpretazione ontologicao naturalista, che porterebbe ad as-segnare alle donne e agli uominiuna definizione precostituita. C’èuna differenza dei sessi, ed è in-scritta nel sociale e nel simbolico,ma questa differenza non si collo-ca in qualcosa o qualche luogo, sidéplace. Si spiazza e spiazza, comela dualità iniziale dei sessi, comel’agire, che è sempre plurale, e checonsente la trasformazione delleposizioni. Anche di quelle del fem-minismo. Un agire, dunque che sidistingue dal fabbricare perchénon ha alcun modello.

La sua lezione resterà quella checi invita a «mettere al mondo unmondo», mettendo noi stesse almondo e facendo avvenire eventie forme non ancora previsti. Infattii modelli secolari non sono più ve-ramente pertinenti, anche se fan-no parte delle nostre eredità, deinostri vissuti e del nostro immagi-nario; diventeranno nutrimento sesapremo allontanarcene. E tutta-via la prassi non fa mai tabula ra-sa, ma riceve e trasforma, è sem-pre un tra, tra passato e avvenire.

Nei saggi, come nei testi narrativi,la filosofa femminista belgaha invitato a «mettere al mondoun mondo» facendo avvenireeventi e forme non ancora previsti

LETTURE DEL FUTURO AL «PAROLARIO» DI COMOTema appassionante fin dalla più remota antichità, il futuroha, di bello (o di brutto, a seconda delle prospettive), che nonè – o almeno non lo è stato finora – conoscibile ed è quindiinesauribile: chiunque ne può parlare senza timori di essere

smentito. Si presta quindi molto bene a fare da filo conduttoreper un festival di fine estate, quando – chiusa la stagionedelle vacanze – appare naturale, se non obbligato, chiedersicosa ci si para di fronte. Questo devono avere pensato gliorganizzatori della dodicesima edizione di «Parolario» (in corso

a Como fino al 9 settembre), chiamando a raccolta scrittori esaggisti di vario genere per riflettere ad alta voce sul tempoche verrà. Tra gli ospiti, Giulio Giorello su «Il tradimento. Inpolitica, in amore e non solo» e Franca D’Agostini su «Filosofiae democrazia». Il programma completo su www.parolario.it.

MERCOLEDÌ DELL’ARTE

I paradossidi Diodato

oltretutto

ARTE · Un volume a cura di Lorenzo Fusi

Alfredo Jaar,l’esperienzadell’impegno

COMMIATI

Addio a Françoise Collin, polifonica e pluraleMarisa Forcin

In dialogo con il curatore,l’artista cileno riflettesu una idea di culturache non è «status quo»,ma tensione permanente,in una società a forteimpronta individualista

ALFREDO JAAR, «GOLD IN THE MORNING», 1985-2004

Nell’ambito dell’iniziati-va «I mercoledì del librod’arte» domani alle ore18.30, presso la SalaSanta Rita di Roma ver-rà presentato il volume«Baldo Diodato» di Fran-cesco Franco, edito perla collana Tac (Exòrma).Relatori, Walter Pedullà,giornalista e critico lette-rario, Stefano Gallo,docente di Storia dell’ar-te contemporanea al-l’Università Tor Vergatadi Roma e Michela Bec-chis, storica e criticad’arte (curatrice dellacollana). Fra le altreuscite di Tac, le mono-grafie sull’iraniana Man-dana Moghaddam e suFrancesco Arena.

Page 12: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

pagina 12 il manifesto MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012

Cristina PiccinoVENEZIA

Sul banco Gilles incide la A dianarchia mentre il professorelegge un passo di Blaise Pa-

scal: «Tra noi e l’inferno o tra noi e icielo c’è solo la vita che è la cosapiù fragile del mondo». Lui, Gilles ei suoi amici la vivono a perdifiato, ilpresente va veloce. Siamo all’iniziodegli anni Settanta, nella provinciafrancese, il Maggio 68 è ancora lì, so-gno vitale di un’utopia, gesto realedi una possibile rivoluzione, di unfuturo, e di un mondo da inventare.Gilles, Christine, Jean Pierre, Alain,Maria sono liceali che hanno fattopropria la sfida del tempo, la politi-ca, la lotta contro un sistema poli-ziesco repressivo, le scoperte dellavita: libertari contro i dogmi del par-tito comunista, diffidente nei loroconfronti se non ostile, dei genitori,del sistema...

In una manifestazione a Parigiproibita dalla prefettura (siamo nel1971) un ragazzo, Richard De-shayes, anarchico, perde un occhioper un colpo di granata sparato inpiena faccia (lo fanno ancora oggi,ricordate due anni fa Gatti?). Le bri-gate speciali picchiano duro, il mo-vimento dei liceali scende in piaz-za, Gilles e gli altri si scontrano coitrotzkisti che vogliono assorbirli nel-lo schematismo ideologico... AprèsMai di Olivier Assayas è un film ap-passionante e meraviglioso (in Ita-lia uscirà per officine Ubu), uno deirari momenti di emozione nel con-corso veneziano.

Autobiografia e autofinzione diuna sincera prima persona, con lacomplicità dei suoi attori, moltogiovani, molto bravi, quasi tuttinon professionisti, tranne LolaCreton che abbiamo visto in Unamore di gioventù di Mia HansenLove; da Clément Metayer, CaroleCombes, India Salvor Menez, FélixArmand...

Protagonista è dunque la genera-zione più giovane del Maggio, a cui

Assayas (classe 1955) appartiene,cresciuta in quell’epoca di batta-glie, cambiamenti ma anche disillu-sioni, in cui ogni scoperta, un libro,un film, un incontro divenivano unpezzo di vissuto, qualcosa di inti-mo e insieme collettivo, un perso-nale politico che affermava uno sta-re al mondo.

Gilles ha una ragazza Laure, bel-la e magrissima che lo lascia per an-dare a Londra, regalandogli Gasoli-ne di Gregory Corso. Poi c’è Christi-ne, che sembra non dubitare maidell’impegno nella sua dolce fer-mezza, il primo bacio con lei è nel-la sala buia (seduzione laterale) da-vanti allo schermo. Gilles è irrequie-to, vorace, da «Gli abiti nuovi diMao», critica alla Rivoluzione cultu-rale cinese, a Orwell ai situazionistie Deleuze, ogni lettura è una rivela-zione. Alla battaglia politica alternalunghi momenti di solitudine lavo-rando ai suoi quadri, pensa di iscri-versi alle Beaux Arts come l’amico

Alain. L’arte per Gilles, che è l’io delregista, è invenzione del mondo,non semplice replica delle cose cheesistono, anche se l’idea come le al-tre è ancora nel caos, in un magmasenza forma.

Più che un film «storico» peròAprès Mai è (quasi) un romanzo diformazione, il racconto della giovi-

nezza coi suoi slanci e i suoi errori,come sempre nel cinema di Assa-yas, radicati profondamente nel-l’epoca che racconta. Ed è questa lasua forza, e la sua libertà, che per-mette a Assayas di evitare la retori-ca della «ricostruzione» filtrata dalpresente. La sua voce non stigmatiz-za, e che differenza se pensiamo aLa meglio gioventù.

Anche quello voleva essere l’af-fresco di un’epoca, ma Giordana-Rulli-Petraglia usano, anzi manipo-lano le esperienze. Assayas invecei suoi personaggi li ama, e ne è nar-ratore e testimone insieme. «Il rea-le bussa alla mia porta e io nonapro», dice di sé Gilles/Assayas,che di questo assume fino in fon-do il punto di vista. Ognuno di lo-ro declina un passaggio di queltempo e di quelle generazioni, lalotta armata, l’eroina, la fascinazio-ne del viaggio, l’Oriente, Kabul do-ve Alain incontra Alighiero Boetti econosce i suoi «tappeti del mon-do», la fuga nell’altrove, i beat co-me Leslie e la sua danza tibetana.Lo scontro tra il cinema che mo-stra la realtà per denunciare (cosache fece odiare il documentarismoa tutta quella generazione) e il ci-nema che la reinventa perché solocosì si produce immaginario, co-me ha insegnato il ’68.

In filigrana, riconosciamo l’espe-rienza del collettivo Medvedkine di

Marker, che mise la macchina dapresa in mano agli operai, la criticache contesta il senso di «cinema im-pegnato» in Italia (Aprà, Menon, ci-nema e film), perché politico nel-l’immagine è altro, e il cinema èun’esperienza infinita anche quan-do è fantasy e pura serie B. L’omag-gio rosselliniano a Pompei nel viag-gio in Italia dei due protagonistiche come gli altri si separeranno. Ea Philippe Garrel, alla sua Cicatriceinteriore, al suo cinema che tornasempre al sessantotto, a sé e allesue ferite. Assayas è cinefilo (comin-ciò come critico sui Cahiers) ma ilsuo Maggio non somiglia ai quellodei Dreamers Bertolucci, e la suaprima persona è molto diversa daquella di Garrel, anche se il dolore eil sentimento della perdita attraver-sa profondamente le vite di tutti iprotagonisti. L’autofinzione scegliela cifra leggerezza, persino di frontealle rotture più violente. E forse èquel suo essere osservatore, o piùgiovane, che gli permette in questodifficilissimo confronto di arrivareal cuore, alla sostanza del vissuto edell’immaginario, senza retorica,con grazia e seducente meraviglia.Rendendo nelle sue sfumature, an-che le più segrete, quel sentimentoineffabile che fa una Storia, e l’in-tensità dei suoi vissuti, gli addii persempre e le nuove scoperte, la speri-mentazione della vita, fragile e perquesto sempre da reinventare.

In gara anche Susanne Bier conAll You Need is Love, star PierceBrosnan, la regista danese la defini-sce una «commedia romantica», eche sembra più l’ennesima varia-zione sul tema familiare che le ètanto caro. Certo siamo a Sorrento,il massimo del kitsch sdolcinato, sideve celebrare un matrimoni (guar-da un po’ che ossesisone a questaMostra!), i parenti di danno appun-tamento e ovviamente sarà un disa-stro orchestrato tra battutine di spi-rito e momenti melensi. Il punto èche il cinema di Susanne Bier nonsoprende mai, e tantomeno questavolta, in cui più del solito la registasembra appoggiarsi con sicuraastuzia a un impianto collaudato emolto, molto ammiccante.

Outrage Beyond è il ritorno diTakeshi Kitano al film di yakuzacontaminato dall’attualità, corruzio-ne politica e nel particolare al mini-stero dell’ambiente proprio in tem-pi di post-catastrofe nucleare. For-se non era da mettere in gara anchese Kitano ha sempre un tocco d’au-tore nel modo di confrontarsi col ge-nere, pure il più codificato, di cuirompe ritmi e azione, capovolgen-do il rapporto tra vuoti e pieni, nel-le pause dilatate e surreali di quel-l’universo maschile stralunato e unpo’ paradossale.

VISIONI

Gilles, l’inventoredella rivoluzione

69Protagonista èla generazionepiù giovanedel Maggio,a cui il registaappartiene,cresciutain quell’epocadi battaglie,ma anchedisillusioni,quandoun personalepoliticoaffermava unostare al mondo

VENEZIA

M. C.VENEZIA

Un’apparizione nella laguna, ilvascello fantasma di DanieleVicari, La nave dolce (fuori

concorso), dolce come lo zucchero abordo del mercantile che l’8 agosto1991 scaricò nel porto di Bari una follafestosa di albanesi, «turisti» che lascia-rono case, spiagge, fabbriche per corre-re verso il porto di Durazzo e salire sul-la Vlora. Il documentario è un thrillerdenso di emozioni nella ricostruzionedell’avvenimento che anticipò gli sbar-chi sulle coste italiane, prima grandeprova dei respingimenti di massa, eche ci mostra un «clandestino» gioiosa-mente accalcato sull’imbarcazione, finsopra i pennoni, ragazzi perlopiù in co-stume da bagno, urlanti «Viva l’Italia»,spinti dall’idea di libertà e di un paeseconosciuto sugli schermi tv.

Vicari intercala le immagini dell’epo-ca con le testimonianze di alcuni di lo-ro che sfuggirono al rimpatrio forzato,e che ci raccontano come i ventimila(ma nessuno li contò) viaggiaronostretti l’uno all’altro, cibandosi solo dizucchero, erano partiti all’improvvisosenza portare nulla con sé. Immaginibibliche, una massa di corpi esultantiche si tuffano in mare per raggiungerela banchina, e che vengono accolti constupore dai baresi. Primi soccorsi, ac-qua, molti si fingono malati per sfuggi-re alla calca e al sole che batte inferna-le, qualcuno ritrova amici e fratelli. Epoi la deportazione nello stadio dellacittà, dove gruppi di violenti sequestra-no il cibo lanciato sulla folla, impossibi-le distribuirlo diversamente, e l’atmo-sfera che si fa cupa, alcuni sfonderan-no le porte e fuggiranno. Nel raccontodi un «sopravvissuto», c’è un poliziottoche piange a sentire la storia del picco-lo albanese in cerca di lavoro e di liber-tà. Il sindaco di Bari è contrario al tra-sferimento nello stadio e propone unatendopoli sul molo, ma dal ministeroarriva l’ordine di spazzarli via, di seque-strare i 20mila, di ricacciarli indietro.

La dolce nave è un poema per im-magini e parole, fotogrammi di un rea-le che ci perseguita, soprattutto nel-l’incursione in scena dell’allora presi-dente della repubblica, FrancescoCossiga, che in un scena da film hor-ror si scaglia contro il sindaco di Bari,il disumano e l’umano, e lo minacciadi ritorsioni perché ha accolto quei ra-gazzi, i nostri vicini, i fratelli dell’altrasponda. Sarà difficile trovare qui allaMostra un’ inquadratura più crudelee insostenibile.

«APRÈS MAI» DEL FILMMAKER FRANCESEOLIVIER ASSAYAS; A DESTRA, HOPE DAVIS, JASON

BATEMAN IN «DISCONNECT» DELL’AMERICANOHENRY ALEX RUBIN E UNA SCENA DA «TO THE

WONDER» DI TERRENCE MALICK

«LA NAVE DOLCE»

Vicari, prime provedi sbarco di massa

La provincia francese e l’immediata eredità del ’68raccontata da Olivier Assayas nel suo appassionante «AprèsMai». In concorso, anche Bier con «All You Need is Love»

Page 13: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 il manifesto pagina 13

Rai1 Rai2 Rai3 Rete4 Canale5 Italia1 La710:35 TG2 INSIEME ESTATE Att11:20 IL NOSTRO AMICO

CHARLY Telefi lm12:10 LA NOSTRA AMICA

ROBBIE Telefi lm 13:00 TG2 GIORNO Notiziario 14:00 SENZA TRACCIA Telefi lm 14:45 ARMY WIVES Telefi lm 15:30 GUARDIA COSTIERA Tf16:15 BLUE BLOODS Telefi lm 17:00 90210 Telefi lm17:55 RAI TG SPORT -

TG2 Notiziario 18:45 COLD CASE Telefi lm 19:35 GHOST WHISPERER Tf20:25 ESTRAZIONI DEL LOTTO 20:30 TG2 - 20.30 Notiziario

21:05 SQUADRA SPECIALE COBRA 11 Tf

21:55 COUNTDOWN Telefi lm 22:50 SUPERNATURAL Telefi lm 23:30 TG2 Notiziario 23:45 LA STORIA SIAMO NOI

Documentario00:45 PARALIMPIADI LONDRA

2012 Evento sportivo

09:50 CARABINIERI 4 Telefi lm 10:50 RICETTE DI FAMIGLIA

Varietà11:30 TG4 - METEO Notiziario 12:00 UN DETECTIVE IN

CORSIA Telefi lm 12:55 LA SIGNORA IN GIALLO Tf 13:55 ANTEPRIMA TG4 Notiz14:00 TG4 Notiziario 14:45 LO SPORTELLO DI

FORUM Real Tv15:30 HAMBURG DISTRETTO 21

Telefi lm 16:35 MY LIFE Soap opera 16:55 TIERRA DE LOBOS Telefi lm 18:50 TG4 - METEO Notiziario 19:35 TEMPESTA D’AMORE

Soap opera20:10 SISKA Telefi lm

21:10 TIERRA DE LOBOS Telefi lm

23:30 MALÈNA FILM Con Monica Bellucci, Luciano Federico, Giuseppe Sulfaro

01:40 TG4 NIGHT NEWS Notiziario

08:50 MATTINO CINQUE Attualità10:00 TG5 - ORE 10 Notiziario 11:00 FORUM Real Tv13:00 TG5 - METEO 5 Notiziario 13:40 BEAUTIFUL Soap opera 14:10 CENTOVETRINE Soap

opera14:45 INGA LINDSTROM

- TANGO DI MEZZANOTTE FILM Con Robert Seeliger

16:30 POMERIGGIO CINQUE Att 18:30 LA RUOTA DELLA

FORTUNA Gioco20:00 TG5 - METEO 5 Notiziario 20:40 VELINE Varietà

21:10 CHIEDIMI SE SONO FELICE FILM Con Giacomo Poretti, Aldo Baglio, Giovanni Storti

23:10 UN SEGRETO TRA DI NOI FILM Con Julia Roberts, Ryan Reynolds, Willem Dafoe, Emily Watson

01:10 TG5 NOTTE - METEO 5 Notiziario

01:40 VELINE Varietà

06:30 IL MONDO DI PATTY Telefi lm

08:10 CARTONI ANIMATI 10:30 DAWSON’S CREEK

Telefi lm 12:25 STUDIO APERTO - METEO

Notiziario 13:00 SPORT MEDIASET

Notiziario sportivo 13:40 CARTONI ANIMATI 15:00 HELLCATS Telefi lm 16:45 MAKE IT OR BREAK IT

- GIOVANI CAMPIONESSE Telefi lm

17:40 LE COSE CHE AMO DI TE Telefi lm

18:10 LOVE BUGS 3 Sit com 18:30 STUDIO APERTO Notiziario 19:20 C.S.I. NY Telefi lm

21:10 C.S.I. MIAMI Telefi lm

23:00 HUMAN TARGET Telefi lm 01:45 NIP/TUCK Telefi lm 02:30 RESCUE ME Telefi lm03:10 STUDIO APERTO -

LA GIORNATA Notiziario

19:03 IL PUNTO SETTIMANALE Attualità

19:27 AGRIMETEO Notiziario 19:30 TG3 Notiziario 20:00 IPPOCRATE Rubrica 20:30 TEMPI SUPPLEMENTARI

Rubrica 20:57 METEO Previsioni del

tempo

21:00 NEWS LUNGHE DA 24 Notiziario

21:27 METEO Previsioni del tempo

21:30 MERIDIANA - SCIENZA 1 Rubrica

21:57 METEO Previsioni del tempo

22:00 INCHIESTA 3 Attualità 22:30 NEWS LUNGHE DA 24

Notiziario 22:57 METEO Previsioni del

tempo 23:00 CONSUMI E CONSUMI

Rubrica 23:27 METEO Previsioni del

tempo

06:45 UNOMATTINA ESTATE Attualità

11:00 UN CICLONE IN CONVENTO Telefi lm

12:00 E STATE CON NOI IN TV Varietà

13:30 TG1 Notiziario 14:00 TG1 ECONOMIA Notiziario 14:10 DON MATTEO 7 Telefi lm15:10 RICETTE D’AMORE FILM

Con Martina Gedeck, Sergio Castellitto, Maxime Foerste

17:00 TG1 Notiziario 17:15 IL COMMISSARIO REX

Telefi lm 18:50 REAZIONE A CATENA

Gioco20:00 TG1 Notiziario 20:30 TECHETECHETÈ Varietà

21:20 SUPERQUARK Documentario

23:35 MISS ITALIA 2012 Rubrica

00:20 CINEMATOGRAFO Rubrica00:50 TG1 NOTTE - CHE TEMPO

FA Notiziario

10:40 COMINCIAMO BENE Att 13:10 JULIA Telefi lm14:00 TG REGIONE Notiziario 14:20 TG3 - METEO 3 Notiziario 14:50 TGR PIAZZA AFFARI

Rubrica 15:00 LA CASA NELLA

PRATERIA Telefi lm 15:50 BONNIE AND CLYDE

ALL’ITALIANA FILM Con Paolo Villaggio

17:25 GEO MAGAZINE Doc 19:00 TG3 Notiziario 19:30 TG REGIONE Notiziario 20:00 BLOB A VENEZIA Varietà 20:15 COTTI E MANGIATI Tf20:35 UN POSTO AL SOLE Soap

opera

21:05 XVII FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CIRCO DI MASSY Varietà

23:15 TG REGIONE Notiziario 23:20 TG3 LINEA NOTTE ESTATE

- METEO 3 Notiziario 23:55 CORREVA L’ANNO

Documentario

07:30 TG LA7 Notiziario 09:40 COFFEE BREAK Attualità10:50 J.A.G. - AVVOCATI IN

DIVISA Telefi lm 11:40 AGENTE SPECIALE SUE

THOMAS Telefi lm12:30 I MENÙ DI BENEDETTA

Rubrica13:30 TG LA7 Notiziario 14:10 FBI: PROTEZIONE

TESTIMONI 2 FILM Con Bruce Willis, Matthew Perry, Amanda Peet, Kevin Pollak, Natasha Henstridge

16:10 IL COMMISSARIO CORDIER Telefi lm

18:05 L’ISPETTORE BARNABY Telefi lm

20:00 TG LA7 Notiziario 20:30 IN ONDA ESTATE Attualità

21:10 PRIME SUSPECT USA Telefi lm

23:40 OMNIBUS NOTTE Attualità00:45 TG LA7 SPORT Notiziario 00:55 NYPD BLUE Telefi lm 01:45 COLD SQUAD Telefi lm

Rainews

VISIONI

Mariuccia CiottaVENEZIA

«Il problema non è il contenu-to del film ma il contenutodel cinema», disse un poli-

ziotto intervistato dopo uno scon-tro di gang appena uscite da una sa-la di Brooklyn, e sembra che anchequi al Lido la storia si ripeta. Al di làdelle preferenze critiche, il termo-metro dei festivalieri, assiepato da-vanti al Palazzo in attesa di divinità,o in coda per le proiezioni, segna lozero. Fischi ai film «senza una sto-ria» e applausi alla narrazione main-stream. Allarme rosso per generazio-ni smemorate.

Spot pubblicitario per la comuni-tà ultra-ortodossa chassidica Fill theVoid (concorso) e contro i pericolidi Internet Disconnect (fuori concor-so) danno sollievo alla platea uscitadalla macchina volante di TerrenceMalick.

Le armi seduttive della cinepresache accarezzano i volti bellissimi de-gli ebrei ortodossi di Tel Aviv, la foto-grafia morbida (Asaf Sudry) e la mo-da vintage dei protagonisti è tuttoun balletto di amore-dolore nel chiu-so della più integralista delle concla-ve israelita, gelosa del suo mondo aparte, e che l’esordiente regista Ra-ma Burshtein celebra in Fill theVoid. Matrimoni combinati, ritualida setta segreta, donne in sottofon-do, rabbini e boss del «villaggio»pronti a elargire soldi e consigli, per-fino su quale cucina comprare – dueo tre fornelli? - per la vecchietta spau-rita... Chassidico è bello. Tutto giraintorno a una diciottenne, felice disposare un ragazzo che non ha maivisto – il matrimonio è il clou della vi-ta, ne sa qualcosa l’amica più agé eancora priva del turbante destinato

alle mogli – e che vede svaporare ilsogno quando la sorella muore diparto e lascia un vedovo bisognosodi madre per l’infante. Toccherà alei. Il dramma del non-amore haqualcosa di tragicomico a partire dalcopricapo di pelliccia a forma di sca-tolone indossato dal protagonista,un bel tipo dalla trecce fluenti che ri-manda inesorabilmente a Borat, mal’humour demenziale si dilegua neltrepidante melo di Rama Burshtein,devota ortodossa e portavoce, dicelei, di una comunità «muta». Quantoammalia questo balletto di vesti ma-gnifiche, di silenzi e turbamenti ero-tici, sotto i quali serpeggia un mici-diale atto di violenza, non solo la

pubblicità di una forma talebana didominio maschile, sempre in nomedi dio, ma la parodia della tradizio-ne yiddish di Scholem Aleichem, ilgrande drammaturgo de Il violinistasul tetto. E di quel cinema anni Tren-ta che metteva in scena la vita delloshtletl, la cultura, i riti e la comicitàaskenazite, Mamele e Der PurimShpiel di Joseph Green, per esem-pio. Risentire fuori tempo l’eco addo-mesticata di quella tradizione, spaz-zata via dal nazismo, è più disturban-te delle lacrime di gioia della diciot-tenne, che il film ci assicura sarà una«sposa felice».

Disconnect di Henry-Alex Rubin,giovane regista americano, ci portanell’insidioso iperspazio web, dove

adolescenti e mogli trascurati da pa-dri e mariti cercano rifugio. Attenti achattare con gli sconosciuti, l’avverti-mento è messo in scena attraversotre storie parallele. Un ragazzino sispaccia per una lei e porta al suici-dio un timido compagno di scuola,una bella madre che ha perso il fi-glioletto confessa on line l’arido rap-porto coniugale, una giornalista tvin cerca di scoop lo trova in una por-no-chat di minorenni. La web-camspia e spoglia, letteralmente, il priva-to e lo espone alla crudeltà colletti-va. Così lo studentello musicista in-compreso finirà sugli smart-phonedella scuola nudo e con la scritta«schiavo d’amore» tracciata sul cor-po, non gli resta che impiccarsi. Lamadre ritroverà l’attenzione del ma-rito in delirio bellico. La giornalistaimparerà che le fonti non si rivelanomai all’Fbi, nemmeno quando sitratta di un Brad Pitt in formato hot.

Montaggio a incastro per le avven-ture parallele che si dipanano in cre-scendo, cronistorie di attualità perun ipotetico schedario poliziesco.Gli agenti dell’ordine informatico,però, poco o nulla possono fare perrimediare ai «furti» emozionali e rea-li, meglio farsi giustizia da sé, con lapistola dell’ex marine che amavasparare agli arabi e che adesso «so-no solo un impiegatuccio», o con learmi dell’astinenza web . «Oggi chesiamo così vicini, siamo più distantiche mai» è il monito-slogan delfilm, lezione per chi non cerca in fa-miglia gli unici amici garantiti. Para-dossalmente, però, Disconnect, inci-ta all’abuso di chat, perché solo co-sì, leggendo la posta dei propri cari,addicted dei social networks, si pos-sono scoprire le carenze affettive e igusti dei familiari, e tornare all’ar-monia del reale.

Roberto SilvestriVENEZIA

Anche Antonioni e Resnais,Bene e Pialat facevano in-ferocire il pubblico. Buon

segno. I film davvero brutti li di-mentichiamo dopo un mesto so-spiro... I fischi prepotenti edestroversi circondano, adorna-no invece, rivivificano solo ciòche è «nuova armonia», speri-mentale, misterioso, insostenibi-le, incontrollabile. Davanti allapotenza delle immagini, dell’al-tro cinema, dell’oltre il cinema,si ha paura.

Un film non sul piacere, nonsul desiderio ma sull’incontrod’amore - sacro, profano o delterzo tipo - e sul perché non pos-sa che connotarsi come eterno,come To the Wonder (Verso ilmeraviglioso) di Terrence Mali-ck, in concorso, indipendente-mente dalla qualità della salache lo ha accolto in prima mon-diale (Toronto avrà più self con-trol), spaccando il pubblico, im-barazza e scandalizza. Fa discu-tere.

Eppure la storia è boy meetgirl. L’azione mette gli apici in epoché. Ma la forzadel film è nella presenza, non nell’azione. Il monolo-go off, sfasato dalle immagini, stile web-cam, prendeil posto di comando, animando l’inanimato ma conil procedimento che si usa nei dvd quando il registasovrappone fuori campo la sua voce agli eventi. Quiè come riempire di fumetti i silenzi e gli spazi dell’in-comunicabilità di Antonioni. E usare per i fumetti unpo’ di sostanza conoscitiva «cattolica» (il che se irritai cattolici impedirà la conquista del premio Ocic). E ilmonologo «vibratorio» che si costruisce tra le imma-gini e tra le immagini e i suoni, è affidato al personag-gio più misterioso e bisognoso di finish, quello cheaizza alla «ricezione attiva e creativa». Chi è? Cosa fa?Cosa pensa? Perché è infelice? Ovviamente è la «don-na amata». Che diventerà il nostro «Virgilio» spiegan-doci le cose un po’ come fa Roberto De Gaetano allafine di La potenza delle immagini: «l’incontro d’amo-re sospende la situazione, si fonda sul ’vuoto’, sul’nulla’, non ha nessun tipo di sostegno (né cause néeffetti preordinati), quindi richiede fedeltà, perché lasospensione della situazione e delle sue coordinatepuò avvenire solo se c’è una credenza che fa dell’in-contro un miracolo». Quello della vita eternamenteaffermata, più che il miracolo della vita eterna. Tor-niamo alla trama che, si dice, è vagamente autobio-grafica.

Il giornalista militante ecologista Neil (Ben Affle-ck), che se avesse più senso dell’umorismo sarebbeMichael Moore, alle prese con i disastri economico-sociali della Philips Petroleum Company, conosce econquista a Parigi, ama davvero a Mont Saint Michel(«La Meraviglia» circondata dalle acque) e porta finnel mortorio di Bartlesville, Oklahoma, cittadina fati-scente e cancerogena del Middle, la giovane bellezzadanzante Marina (Olga Kurylenko), ucraina sposatae divorziata, con figlia di dieci anni insofferente, Ta-tiana. Iniziano i primi problemi di coppia, forse Neilriapre una relazione con l’amica d’infanzia, la cow-girl Jane (Rachel McAdams) e il matrimonio con Ma-rina consacrato solo nei sogni, non risolve le cose.

Tatiana scappa in Europa, alle Canarie dal padre«vero». Un sacerdote cattolico che si dà da fare tra idiseredati e i carcerati della zona, padre Quintana,cioè Xavier Bardem, mette in discussione la sua voca-zione perché rimuginando sulla fede scopre che il ve-

ro peccato è la stasi, il non agire,non il rischiare, la scelta libera, ilcoraggio, a costo della semi-tra-sgressione (con una suora) e del-la punizione: il dio che perdonaè l’asso nella manica di una reli-gione davvero speciale...IntantoMarina tradisce Neil con unosmilzo come lei che le ha regala-to un’arpa eolica...

La colonna sonora minimali-sta, si condensa a tratti in orche-strazioni sinfoniche barocche...E il movimento e il cromatismobarocco del film, il gioco di inter-no invisibile e di esterno fanta-smagorico, i corpi che hannoqualcosa di scuro in loro, e con-temporaneamente anche zonechiare e distinte, porta alla verti-gine lo spettatore non attrezza-to. Bene, ricominciamo alloradai fondamentali, ricordandoche, in base all’articolo «La frasel’immagine, la storia» di JacquesRanciere, paragrafo uno commadue: «opporre la vita autonomadell’immagine, concepita comepresenza visiva, alla convenzio-ne commerciale della storia e al-la lettera morta del testo» To theWonder è comunque giudicato

«non colpevole».Un giorno il giovane Steven Spielberg scopre stu-

pefatto dall’esperto John Ford i segreti dell’arte cine-matografica. L’immagine «mobile» (non «in movi-mento», non è il «movimento» che cattura il cinema,ma le figure mobili) - gli spiega il regista di Ombre ros-se - deve rapportarsi alla linea dell’orizzonte. In ognipiano quella linea o è bassa o è alta, mai media. L’ar-te del cinema d’azione, di guerra, che è un cinema-fi-nestra e cinema conflitto, iscrive il personaggio den-tro (linea alta) o contro (linea bassa) la natura, espul-so o incastrato da una certa porzione di terra o di cie-lo, di acqua o di fuoco, svincolato o asservito (d)alleleggi che vorrebbero determinarne la sua collocazio-ne o impedirne la libertà e la ribellione. Avventuracontro civiltà, individualismo contro comunità, amo-re contro morte e soprattutto vertigine, informale,paesaggio del mentale, verso l’alto o verso il basso,mai equilibrio.... Seguite invece le piroette avulse diMarina, che piega l’aria, inseguita dalla web cam egiocate con l’orizzonte basso, alto e storto. E trovere-te il film eccitante, incalzante, epico, anche se nonsoddisferà mai... l’orizzonte di attesa dello spettato-re.

Forse Spielberg si sente ancora troppo «giovane» etroppo moderno per cimentarsi nel western, a diffe-renza di Terrence Malick, che fin dall’epoca di La rab-bia giovane, sa come cavalcare le terre cattive e i ma-ri in tempesta e come scavalcare oltraggiosamentequell’immaginaria Frontiera che è l’utopia mobileamericana. E ha scelto l’Oklahoma, il luogo piatto e aorizzonte totale dove cominciò la corsa all’oro e laconquista della Frontiera, la terra dei derelitti bian-chi, degli Oki, considerati peggio dei cani bastardi edei nigger, cui toccò in sorte la peggiore delle terrecoltivabile, come ci canta Woody Guthrie, migliorecomunque di quella assegnata alle tribù dei Lenapee degli Anadarko, strappata poi ai nativi perché vi siscoprì il petrolio...Ripensiamo, al buio, allo svolgi-mento di questo film. Perché ci ha turbato. Perchéquesto film non è più una finestra affacciata sul mon-do. Ma una tavola opaca d’informazione, sulla qualesi iscrive una linea cifrata, un tabulato di linee. Altricriteri per giudicare altri film. Ps. Bartlesville sarà or-renda, ma resterà nella storia della tv. Lì nacque lapay-tv. Nel 1957.

Tv, focus sugli anni Settanta

LIDO · «Fill the Void» di Rama Burshtein e «Disconnect» di Henry-Alex Rubin

La rete? È una trappolasolo per i carenti affettivi

«Correva l’Anno», in onda oggi alle 23.55 su Rai3, propone «Anni’70: di politica si muore» di Andrea Orbicciani. Una puntata suglianni Settanta racchiusa in quattro storie a loro modo esemplari deldecennio definito della «strategia della tensione» o degli «oppostiestremismi». Tutte le vicende sono legate a quella che viene ormaidefinita «la madre di tutte le stragi»: quella di Piazza Fontana a Mila-no. Si comincia dal ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, che appe-na tre giorni dopo la strage precipita dalla finestra del quarto pianodella Questura di Milano, dove era trattenuto per essere interrogato.«Ucciso innocente» o «innocente morto tragicamente», come si leg-ge nelle due diverse lapidi che oggi lo ricordano? Si prosegue conl’editore Giangiacomo Feltrinelli, che proprio a seguito di quella stra-ge decide di entrare in clandestinità e di diventare il principale finan-ziatore di gruppi che scelgono la strada della lotta armata. Moriràdilaniato da un’esplosione ai piedi di un traliccio dell’alta tensione:una morte misteriosa su cui si sono aperti nuovi retroscena. Il com-missario di polizia Luigi Calabresi è uno dei primi cui vengono affida-te le indagini su piazza Fontana: accusato da una parte dell'opinio-ne pubblica di essere il responsabile della morte di Pinelli, sarà uc-ciso da due colpi di pistola, a pochi passi da casa.

CONCORSO · «To the wonder» di Terrence Malick

Amore sacro e profano

Zoom compiaciutosulla comunitàultra-ortodossachassidica. E i rischidel web che «spia»

HAIFAA AL MANSOURA2, nuova società di distribuzione cinematografica, insieme alla Archibald di Vania ProttiTraxler - alla Mostra di Venezia col film di Ulrich Seidl «Paradise Glaube» - hannoacquistato il film «Wadjda», opera prima della regista saudita Haifaa Al Mansour, inconcorso nella sezione Orizzonti e candidato al Premio De Laurentiis.

ORWA NYRABIAIl cineasta siriano, anche produttore, Orwa Nyrabia è stato arrestato il 23 agosto all’aeroporto diDamasco, ma la notizia si è diffusa solo domenica scorsa. La notizia è stata diffusa dalla Cinémathéquefrançaise, che ha promosso una mobilitazione degli intellettuali e un appello affinché il filmmaker vengaliberato. Orwa è uno dei fondatori di Dox Box, uno dei più importante festival di documentari del paese.

Accolto con fischi, il filmva alla conquista

di una frontiera utopicaamericana e sceglie

l’Oklahoma per mostrarei naufragi sentimentali

Page 14: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

pagina 14 il manifesto MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012

❚La lettera

Per non dimenticare Angelo

Croce e GramsciCaro Manifesto, vorrei intervenire an-ch’io nel dibattito suscitato dall’artico-lo importante e «provocatorio» su Cro-ce di Marco D’Eramo. Lo faccio perun motivo di fondo: perché ritengo«appassionatamente» che non si pos-sa e non si debba affrontare quellache Gramsci chiamava la «questionepolitica degli intellettuali» sul terrenoideologico-valutativo dei gusti cultura-li, ricalcando la «critica ideologica»degli anni Cinquanta (ciò che è pro-gressivo e ciò che è reazionario: Sali-nari, il lukacsismo italiano ecc.) informe nuove ma pur sempre conver-genti (ciò che è europeo e ciò che èprovinciale, ciò che è raffinato e mo-derno e ciò che è arretrato e piccolo-borghese). Se Marx, invece del suoAnti-Hegel, e Gramsci, invece del suoAnti-Croce, avessero voluto fare gli«schifiltosi», quante ne avrebbero po-tuto dire sui loro due autori! Il siste-ma idealistico-crociano era per Gram-sci un sistema egemonico, capacenei tempi moderni di «esalare» un«morfinismo politico» e di passivizzareintere masse intellettuali e giovanili,in particolare nel Mezzogiorno, con ivalori dell’Arte e dell’etico-politico edella «religione della libertà». Per farequesto, Croce era dovuto diventare ilpiù grande revisionista europeo delmarxismo (più grande degli stessiBernstein e Sorel, con i quali, del re-sto, era in dialogo). La riduzione delmarxismo a economicismo e a purocanone empirico di interpretazionedella storia dava vita in Croce allastoria etico-politica, alla cattura diuna costante «eterna», cioè la funzio-ne dirigente delle élites: perciò eglidiceva che fare storia è un «memen-to» (ricordati che il mondo va così esempre andrà così). «La storia ridottasotto il concetto generale di arte»: nel1893 Croce scriveva questo testo perammonire che la storia è sempre sto-

ria dei momenti «catartici, artistici»,cioè, non della lotta ma dei momentidirigenti, ricompositivi e liberali, cioèdelle classi dirigenti.Gramsci parlava di «concordia di-scors» tra Croce e il fascismo, e senti-va il bisogno di decostruire criticamen-te il terribile apparato egemonico-moderato del «papa laico» e, anzi,segnalava questo compito critico-co-noscitivo come il compito a cui avreb-bero dovuto attendere due generazio-ni di comunisti. Mi fermo qui: possostare tranquillo (lo chiedo timidamen-te) che non scatti un qualche riflessocondizionato che magari faccia direche proprio per questo Gramsci eraun po’ provinciale, e anche subalter-no alla prosa di don Benedetto?Pasquale Voza, Università di Bari

Assunzioni nella scuolaSe alla carenza di agibilità statica eigienico sanitaria delle scuole del no-stro Paese si aggiunge quella di com-petenze disciplinari, didattiche e peda-gogiche, la situazione diventa allar-mante. E ne subiscono le conseguen-ze gli alunni, gli studenti, privati dellascuola inclusiva e formativa cui hannodiritto. Ma non è una novità che nelregime di mercato del neoliberismoglobale i diritti contino meno di merci.Tredici anni senza concorsi ordinari esenza assunzioni di personale in basea verifiche affidabili creano un vuotodifficile da colmare. Il tunnel senzaluce della scuola si allunga. Perchéistruzione e formazione di qualità altasono anche risorse per la prospettivadi portare il Paese fuori dalla crisi.Lavorare nella scuola significa ancheavere passione e soddisfazione nel-l’aiutare i giovani a conoscere e capi-re, per quanto si può, il mondo, l’uma-nità, la società, i diritti, i valori, il pen-siero critico, come riferimento trasver-sale a tutti gli insegnamenti. Per que-sto lavoro complesso e delicato il re-clutamento del personale attraversocorsi abilitanti gestiti localmente èuna esperienza che non ha dato esitipositivi di equità e di efficienza. Non èsemplice trovare soluzioni a un proble-ma che contrappone interessi e dirittidi giovani e meno giovani. Su duepunti si dovrebbe trovare consenso:non escludere nessuno, cioè i giovanilaureati; attribuire un punteggio ade-guato ai titoli di servizio. Chi scrive halavorato nella scuola 43 anni e havissuto l’esperienza dei concorsi nazio-nali biennali. Erano tempi diversi, an-che la scuola era diversa, ma il livello

medio di età del personale, di respon-sabilità e consapevolezza del rapportofra Costituzione e finalità del lavoroda svolgere, in molte scuole consenti-vano programmazioni condivise diefficace educazione inclusiva alla citta-dinanza.Pino Striglioni, Genova

Un titolo fuorvianteSono un’abbonata al Manifesto e vileggo sempre con molta attenzione.Volevo complimentarmi per aver dedi-cato domenica (2 settembre) la primapagina ai problemi della scuola e fat-to un po’ di chiarezza rispetto al con-corso che sta per essere bandito. Unsolo appunto: il titolo dell’articolo cherecita «è guerra tra precari e laureati»è fuorviante. I precari della scuolanon sono in guerra con i laureati, chehanno la legittima aspirazione a diven-tare insegnanti; dividerci è l’obiettivodel governo e non può essere assuntocome un dato di fatto. I precari sonoin guerra con il governo che annunciaassunzioni nella scuola tramite concor-so a scopo meramente propagandisti-co visto il numero esiguo dei postimessi a bando: 11mila in tutta Italia(i media parlano impropriamente di«concorsone») a fronte di 300milaaspiranti. Se il governo vuole veramen-te assumere dovrebbe ritirare i taglimessi a punto dalla Gelmini, nonchéle norme presenti nella spending re-view che comportano un’ulteriore dimi-nuzione di posti per precari docenti eAta e diminuire l’età pensionabile arri-vata a 67 anni, che bloccherà peranni l’accesso alla scuola a giovani emeno giovani. Noi precari chiediamoin primo luogo il ritiro dei tagli, le as-sunzioni dalle graduatorie a esauri-mento e un no secco al concorso truf-fa, e per tutti questi motivi da martedì4 saremo in presidio davanti al Miur.Questa per noi è l’unica strada pervenire incontro alle aspirazioni di tutti,di chi già nella scuola lavora e di chiha giustamente l’aspirazione di lavo-rarci in futuro.Rosalinda Renda, CoordinamentoPrecari Scuola- Roma

Caccia e siccitàC’è uno strano silenzio nelle campa-gne devastate dalla siccità. Pozze,ruscelli, stagni sono seccati da tem-po, i fiumi, anche grandi come il Teve-re, non scorrono più, sono acque sta-gnanti prive di ossigeno. L’ambientesoffre: coltivazioni, foreste, habitatsono allo stremo, almeno quelli rispar-

miati dagli incendi. E con esso soffrela fauna. In questo quadro tragicomolte regioni hanno avuto il coraggiodi decretare l’apertura anticipata dellacaccia; basta appostarsi presso leultime pozze d’acqua per fare stragedi animali che spesso, quest’ anno,non hanno terminato la nidificazione.Per fortuna in Italia c’è una societàcivile con le sue associazioni che sirivolge ad una magistratura (ancora)indipendente che sospende i calenda-ri venatori illegittimi e devastanti. Achi serve questo spreco di denaro perricorsi e avvocature? Perché non volervedere che il mondo sta cambiandoin modo drammatico? E delle conse-guenze devono farsi carico tutti, com-presi i cacciatori (almeno quelli piùconsapevoli) e i politici che sannovederli solo nell’ottica si serbatoi divoti.Francesco Mantero

Nessun ricattoConcordo pienamente con Viale sull’Il-va. Basta ipocrisie, silenzi, omertà.L’Ilva, come la Val di Susa, obbliga lasinistra politica e sociale a affrontarela «qualità» del lavoro, della produzio-ne, senza accettare il ricatto occupa-zionale (pur di lavorare va bene tutto)che ha gioco facile in un tempo chefa leva sulla crisi indotta dal «finanz-capitalismo». E bene fa la Fiom a di-stinguersi e cercare soluzioni o terzevie fra lavoro-salute, fra lavoro e deva-stazione ambientale.M. Campanini, Grecia

Vittima da spending reviewTagliati dal governo anche i fondi de-stinati all'Unar (Ufficio Nazionale Anti-discriminazione razziale). Il ridicolo èche Elsa Fornero si era sperticata inlodi, riconoscendo l’importante funzio-ne svolta dall'associazione a favoredelle vittime di discriminazione. Qual-che giorno dopo gli incensamenti del-la ministra (a cui bene si farebbe anon dare, in un futuro prossimo, nem-meno l’affidamento della più sganghe-rata delle bocciofile italiane), che fa ilgoverno Monti ? Si adombra nellapratica con cui meglio è riuscito adimostrare le proprie qualità. Quelladella potatura. Un ennesimo e velocezac e via i fondi destinati all’Unar, ilquale fino ad oggi aveva svolto, conrisultati eccellenti, un importante lavo-ro nel contrastare i fenomeni di razzi-smo, xenofobia e discriminazione disesso, religione ed etnia.Mimmo Mastrangelo

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EMILIA ROMAGNAMercoledì 5 settembre, ore 18POESIA Presentazione dell’ultimo volume dipoesie di Franca Righi «Statale 148 Pontina»e di altre opere dell’autrice. Conduce l’incon-tro Giuseppe Febbraro.■ Libreria Infoshop “Sante Vincenzi”,via Sante Vincenzi 13/A, zona Mirabel-lo, Bologna

Martedì 4 settembre, ore 21GIÙ AL NORD A Liberafesta dibattito «Giùal Nord»: come si manifesta la crisi economi-ca nei territori e nelle filiere produttive delNord del Paese, quali le cause e quali lesoluzioni possibili. Donatella Mungo incontraMatteo Gaddi, resp. Dipartimento Nord FdSed esperto di servizi pubblici locali■ Palagenius, Via B. Croce, quartiereCampanella, Imola (BO)

LAZIOMartedì 4 settembre, ore 16.00NO DEBITO Presso il Rialto occupato, incon-tro organizzato dal Comitato No Debito.Come organizzare l'opposizione al governoMonti e costruire una agenda di mobilitazio-ni.■ Rialto occupato, via di S. Ambrogio4 - p.zza Mattei, Roma

Da mercoledì 5 a venerdì 7 settem-bre, ore 9.00EUROPA E DEMOCRAZIA Convegno inter-nazionale «Humanitas: mercato, cittadinanza,comunità, libertà. Comparazione culturale einclusione sociale nell'Europa odierna» a curadel gruppo di ricerca diretto dal Prof. Giaco-mo Marramao. L'Europa e le emergenze eti-che, democratiche ed economiche connessealle nuove forme di mercato saranno i temial centro delle riflessioni di studiosi di famainternazionale come Christian Lazzeri, ManuelCruz, Giacomo Marramao, Angel Puyol, MartaNoguelores e Christoph Wulf, ed altri che siconfronteranno nel corso del convegno.■ Facoltà di Lettere e Filosofia, AulaVerra Università Roma Tre, via Ostiense234-236, Roma

Martedì 4 settembreYOU'RE RIGHT! Progetto di scambio artisti-co tra giovani palestinesi e giovani italiani.Marionette, giocoleria, espressione corporeama anche tecniche quali story telling, teatrodell’autonarrazione e giochi di ruolo: sono leattività che vedranno coinvolti i ragazzi, impe-gnati in una fitta serie di incontri, workshop elaboratori. L’obiettivo è quello di imparare adutilizzare le performance artistiche per lavora-re sulle proprie esperienze personali, spessotraumatiche. Per questo motivo sono giunti aRoma dieci ragazzi, di età compresa tra i 18e i 23 anni, provenienti da Nablush.10.00 Incontro con Luisa Morgantini, WajdiYaeesh e i ragazzi di YR!h.18.00 Parata dei Puppetz (partenza dalTeatro Valle e urban action a Campo deiFiori, Piazza Navona e Pantheon)h.21.30 Spettacolo al Teatro Valle Occupatoh.23.00 Dj set 99 Posse■ Teatro Valle Occupato, Via del Tea-tro Valle, 21, Roma

VENETOMartedì 4 settembre, alle 18.15NO GRANDI NAVI A VENEZIA Ci sarannoanche le voci e le immagini dei venezianicontrari al passaggio delle grandi navi perVenezia al Venice Film Meeting, in program-ma alla Multisala Astra dal 3 al 5 settembre.Il corto s’intitola «Misura il natante, è troppoimportante» per la regia di Loredana Spadone Massimo Vianello. Presenti in sala gli autorie il portavoce del movimento Silvio Testa.■ Multisala Astra, Via Corfù, Venezia

Segnalazioni a [email protected]

C’è un Istituto che ha fatto di Napolila capitale mondiale della filosofia.

C’è un Istituto che ha fondatonell’Italia meridionale 200 scuole di alta for-mazione.

C’è un Istituto che nei suoi 37 anni di attivi-tà ha assegnato oltre tremila borse di studio agiovani studenti e ricercatori di disciplineumanistiche.

C’è un Istituto che ha organizzato oltre40.000 seminari coinvolgendo le più autore-voli personalità della cultura e della scienzamondiali.

C’è un Istituto che ha aperto sedi interna-zionali in Germania, Austria e Francia.

C’è un Istituto che ha raccolto una bibliote-ca di oltre 300.000 volumi, sostenendo centi-naia di biblioteche locali con forniture gratui-te di libri.

C’è un Istituto che ha pubblicato 3.400 vo-lumi in varie lingue e creato un archivio au-diovisivo di 22.000 registrazioni delle lezionidei principali uomini di cultura e scienziatidel Novecento.

C’è un Istituto che, con lungimiranza, apartire dagli anni Ottanta, ha messo le tecno-logie digitali al servizio dell’alta cultura, rea-lizzando l’Enciclopedia Multimediale delleScienze Filosofiche, un’opera che gode delpatrocinio del Presidente dell’Assemblea del-le Nazioni Unite, dell’Unesco e del Consigliod’Europa.

C’è un Istituto di cui l’Unesco ha detto che«ha conquistato una dimensione che non tro-va termini di paragone nel mondo, contri-buendo a fare di Napoli una vera capitale del-la cultura».

C’è un Istituto che «ha promosso e incorag-giato, a Napoli e in Italia, ciò che c’è di più im-portante nel pensiero contemporaneo» (PaulRicoeur).

C’è un Istituto il cui fondatore, l’Avv. Gerar-do Marotta, è stato insignito dei massimi rico-noscimenti europei: dal Diploma d’Onoredel Parlamento europeo alla Medaglia Goe-the, dalla Medaglia Pietro il Grande alla Lé-gion d’honneur del Presidente della Repub-blica Francese.

Per tutti questi motivi riteniamo che sia ur-gente restituire all’Istituto Italiano per gli Stu-di Filosofici la dignità che gli spetta, garanten-dogli, attraverso un’iniziativa legislativa, unsostegno duraturo e un riconoscimento isti-tuzionale al pari delle più prestigiose istituzio-ni culturali del paese come l’Accademia dellaCrusca e l’Accademia dei Lincei.

Confidando sul senso di responsabilità delGoverno e del Parlamento, possiamo far no-stre le parole di Jacques Derrida, uno dei mas-simi filosofi del Novecento: «Un giorno gli sidarà ragione e si comprenderà che GerardoMarotta ha visto molto lontano e con grandeanticipo».

Primi firmatari:Renato Parascandolo(già direttore di Rai Educationale presidente di Rai Trade)Giuseppe Giulietti, Federico Orlando,Tommaso Fulfaro, Stefano Corradino(Articolo 21)Ugo Gregoretti, Francesco Maselli,Nino Russo (ANAC)Franco Siddi, Roberto Natale (Fnsi)Carlo Verna (Segretario UsigRai)Santo Della Volpe(Direttore Libera Informazione)Flavio Lotti (Portavoce Tavola della Pace)Vincenzo Vita(Vice Presidente Commissione Culturadel Senato)Barbara Scaramucci, direttrice Teche RaiCorradino Mineo, direttore Rainews

COMMUNITY

il manifestoCAPOREDATTORI

marco boccitto, matteo bartocci,massimo giannetti, giulia sbarigia,

micaela bongi, giuliana poletto (ufficio grafico)

DIR. RESPONSABILE norma rangeriVICEDIRETTORE angelo mastrandrea

Quella di Angelo Di Carlo è ilnome di un’altra di quelle sto-rie che troppo velocemente efacilmente abbiamo rimossodalla memoria d’inchiostro edai siti della nostra coscienzacollettiva. All’una di notte del-l’11 agosto, quasi a non volerdisturbare nemmeno il Parla-mento in ferie, Angelo era an-dato a darsi fuoco in PiazzaMontecitorio a Roma. Ottogiorni dopo moriva nel letto diun ospedale romano a causa delle forti ustioni che siera procurato. Angelo è il simbolo più alto e drammati-co delle vittime della crisi in corso, anzi dei sacrificiumani che il dio-mercato continua a pretendere e adottenere. A 54 anni Angelo era rimasto senza lavoro econ tre mesi di affitto e bollette in arretrato. Ogni altro

commento appare spaventosa-mente superfluo di fronte al ge-sto che i giornali non hanno man-cato di definire «insano». EppureAngelo De Carlo è il simbolo diuna disperazione - gridata senzaparole - in faccia alla politicasoggiogata dall’economia, allaspeculazione che detta leggi allanormalità, all’arroganza di chiscala i grafici della borsa di fron-te a chi ha vita precaria. Che cisia almeno un deputato o un

consigliere in Campidoglio che propongano di dedicar-gli quella piazza. Una provocazione o una memoriache ci faccia vergognare o che almeno indichi al Palaz-zo per quale ragione varrebbe la pena farsi eleggere edeliberare.

Tonio dell’Olio

L’arte della guerra

tPlutone riemerge dagli inferiManlio Dinucci

lele

ttere

APPELLO

SALVIAMO L’ISTITUTOITALIANOPERGLISTUDIFILOSOFICI

«Site Pluto» (sito Plutone) era, durantela guerra fredda, il maggiore depositodi armi nucleari dello U.S. Army in Ita-lia. Nei suoi sotterranei, all’interno diuna collina a Longare (Vicenza), sitenevano oltre 200 ordigni nucleari«tattici»: missili a corto raggio, proietti-li di artiglieria e mine da demolizione.Pronti a scatenare l’inferno nuclearesul territorio italiano. Dismesso ufficial-mente nel 1992 come deposito, il sitoè stato in parte adibito a comunicazio-ni satellitari. È andato, cioè, quasi inletargo. Ora però Plutone si sta risve-gliando, pronto a riassumere la suapiena funzione bellica. Sono in corsolavori all’interno del suo perimetro re-cintato e presidiato. Il progetto preve-de la costruzione di un edificio di 5mi-la m2, in cui saranno addestrati contecnologie d’avanguardia i soldati Usa,

soprattutto quelli della 173a brigatadi stanza a Vicenza. Nessuno sa peròquali reali attività si svolgeranno dietroil suo muro di «protezione», alto 6 me-tri. Né, tantomeno, a quale uso saran-no adibiti i sotterranei del sito. Conti-nuano così i misteri di Plutone, sottola cappa del segreto militare, garantitoal Pentagono dagli accordi segreti tra idue governi. Nessun mistero, invece,sul fatto che la riattivazione del sitorientra nel rafforzamento dell’interarete di basi militari Usa nel territorio diVicenza: qui si è insediato lo U.S. ArmyAfrica e la potenziata 173a brigata è

stata autorizzata nel 2007 dal governoProdi a costruire una nuova base nel-l’area del Dal Molin. Si apre a questopunto uno scenario ancora più inquie-tante: come dichiarato da FrancescoCossiga il 28 febbraio 2007 al senato,la 173a brigata è «strumento del pia-no di dissuasione e di ritorsione, an-che nucleare, denominato Punta didiamante». Gli Usa – conferma la Fede-razione degli scienziati americani in unrapporto del maggio 2012 – mantengo-no 50 bombe nucleari per aereo adAviano (Pordenone) e 20 a Ghedi Tor-re (Brescia). Non sono residuati bellici

della guerra fredda, ma efficienti bom-be B-61, oltre dieci volte più potenti diquella di Hiroshima, che a lotti verran-no sostituite da una nuova bomba nu-cleare, la B61-12, molto più potente.Le bombe sono tenute in speciali han-gar insieme ai caccia pronti per l’attac-co nucleare: F-16 statunitensi ad Avia-no e Tornado italiani a Ghedi Torre.L’aeronautica italiana ha partecipatoall’esercitazione Usa di guerra nuclea-re «Steadfast Noon», nel maggio 2010ad Aviano e nel settembre 2011 aVolkel AB in Olanda. Non è quindiescluso che il riesumato «Site Pluto»

servirà anche a esercitazioni di guerranucleare ed eventualmente, di nuovo,come deposito e centro di manutenzio-ne di armi nucleari. Soprattutto quan-do gli F-16 e i Tornado verranno sosti-tuiti dai caccia F-35 di quinta genera-zione, per i quali è stata progettata lanuova bomba nucleare B61-12. Al cuilancio si prepareranno anche gli F-35italiani. L’Italia continuerà così a viola-re il Trattato di non-proliferazione cheha sottoscritto, impegnandosi solenne-mente a «non ricevere da chicchessiaarmi nucleari, né il controllo su taliarmi, direttamente o indirettamente».Questo e altro si cela nei sotterraneidi «Site Pluto», sulla cui superficieverrà costruito un edificio che, si ga-rantisce, sarà a basso impatto ambien-tale, dotato di pannelli fotovoltaici pernon inquinare.

chiuso in redazione ore 21.30

tiratura prevista 56.048

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Page 15: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012 il manifesto pagina 15

L’articolo di Nicola Cipollapubblicato sul manifestodel 30 agosto, fra i vari ar-

gomenti che esaminava a proposi-to dell’Ilva di Taranto, riprendevaanche il discorso della trasforma-zione del ciclo produttivo.

La tecnologia a cui fa riferimen-to Cipolla è quella di cui si parlapiù approfonditamente nell’artico-lo pubblicato il 15 agosto, dal tito-lo «La cattedrale di metallo e vetrodove si lavora come 50 anni fa», co-nosciuta come smelting reduction(riduzione durante la fusione) dicui il Corex e il Finex, due brevettiSiemens, sono l’unico esempio fi-nora commercializzato e adottatoin diverse acciaierie dei paesiemergenti nella produzione del-l’acciaio, cioè Cina, Corea del Sud,India, Sud Africa.

La smelting reduction è una tec-nologia produttiva sviluppata daoltre un decennio, che sostituiscequella tradizionale dell’altofornorimuovendo tutti gli impianti checostituiscono l’area a caldo, accia-ieria esclusa, eliminando di conse-guenza del tutto le emissioni inaria e in acqua di diossine, idrocar-buri policiclici aromatici, polveridi coke, ammoniaca, cianuri (soloper citarne alcune) e abbattendosensibilmente le altre emissioninocive che quegli impianti produ-cono.

È giustissima l’affermazione diCipolla che si potrebbe già iniziarea programmare l’installazione diqueste tecnologie, a partire dallasostituzione dell’altoforno nume-ro 3, non in uso, con un moduloCorex o Finex di pari produzione(un modulo oggi può arrivare aprodurre circa due milioni di ton-nellate annue di ghisa, più o menoquanto la capacità produttiva del-l’Afo3). A catena potrebbero segui-re poi le altre sostituzioni fino allatrasformazione definitiva del cicloproduttivo dalla vecchia e inqui-nante tecnologia d’altoforno allapiù compatibile smelting reduc-tion (una compatibilità al 100%

per un’acciaieria è ancora impen-sabile).

Il costo di un impianto Corex dadue milioni di tonnellate è stimatointorno ai 300 milioni di euro. Acui vanno però opposti significati-vi abbattimenti nei costi di produ-zione della ghisa e un minor con-sumo energetico, derivato anchedal possibile utilizzo diretto, me-diante apposite centrali, del gas diexport che il processo rende dispo-nibile.

Nel frattempo, suggeriscono Do-nato Firrao, docente di metallur-gia al Politecnico di Torino, e Mi-chele Giuliani del Politecnico diMilano, citati nell’articolo di Cipol-la, si possono chiudere le cokeriedello stabilimento di Taranto ecomprare il carbon coke sul merca-to, continuando così la produzio-ne.

Questo è un compromesso chesi può ammettere solo per un peri-odo di tempo brevissimo, per unsemplice motivo: comprare il mi-nerale all’estero significa inevita-bilmente gravare sulla produzionedi coke di impianti che nella mag-gior parte delle volte sono colloca-ti in paesi dove le prescrizioni inmateria ambientale sono più per-missive di quelle in vigore da noi ei diritti dei lavoratori e delle popo-lazioni molto meno tutelati. Unasoluzione che in una prospettivaglobale non può essere accettata.

È, questo, uno dei motivi percui il comitato che a Taranto si oc-cupa dello studio delle nuove tec-nologie per la produzione dell’ac-ciaio preferisce ragionare sullaconversione sostenibile dell’accia-

ieria di Taranto e non parlare dichiusura e trasferimento della pro-duzione a caldo altrove, che risul-terebbe inevitabile data l’impor-tanza dell’acciaio nella nostra so-cietà.

Le emissioni di cokeria, in atte-sa di una sua chiusura definitivacon il cambio di ciclo produttivo,possono essere tenute sotto con-trollo applicando le migliori tecni-che disponibili, tra cui la sostitu-zione parziale, in altoforno, del co-ke con altri agenti riducenti (oliopesante, residui oleosi, carbone ingrani o in polvere, gas naturale o ri-fiuti di plastica): una tecnica am-piamente utilizzata in Europa e ap-plicabile sia negli impianti di nuo-va costruzione sia in quelli esisten-ti, ma apparentemente non utiliz-zata a Taranto se non per quelloche riguarda il carbone in polvere(dati desunti direttamente dal sitodell’Ilva di Taranto).

Un’altra tecnica di abbattimen-to delle emissioni inquinanti dellacokeria (soprattutto per quelloche riguarda gli idrocarburi polici-clici aromatici) è quella di aumen-tare i tempi di distillazione del co-ke fino a 20-22 ore. Sono solo duedelle tante tecniche adottabili intempi rapidi in attesa del cambiotecnologico.

L’altra annosa questione, oltreall’area a caldo, è quella dello scari-camento e trasporto dei mineralidal porto ai parchi, attualmente acielo aperto. Le uniche soluzioniserie da adottare sono la sostituzio-ne delle benne attualmente in usoper lo scaricamento dalle navi,con altro genere di scaricatori che

evitino la dispersione delle polve-ri, nelle condizioni attuali inevita-bile (basta guardare uno solo deifilmati-denuncia che affollano larete) e la copertura dei nastri e deiparchi, cosa finora ritenuta impos-sibile ma in realtà fattibile, comealcune immagini provenienti dal-l’acciaieria coreana Hyundai e am-piamente pubblicate (anche dalmanifesto) lasciano presupporre.

Infine la questione, poco tocca-ta in questi giorni, dell’acqua: adoggi l’Ilva di Taranto preleva aduso industriale 250 litri al secondodi acqua pura dai fiumi Sinni, inBasilicata, e Tara, in Puglia, sottra-endola di fatto ad altri scopi, comel’irrigazione in agricoltura. Unasentenza del Tar di Lecce delloscorso luglio, obbliga l’azienda apredisporre entro 24 mesi un siste-ma di distribuzione interna cheutilizzi le acque affinate degli im-pianti reflui civili di Taranto. Lasmelting reduction utilizza il circui-to chiuso delle acque di raffredda-mento permettendo quindi, an-che in questo caso, un sensibile ab-battimento delle necessità idriche.

Certo, è chiaro che la trasforma-zione tecnologica, così come la ne-cessaria bonifica, non si realizzain un anno e neanche in due, mase una conversione sostenibile del-l’acciaieria tarantina è possibile, ènecessario che questa possibilitàentri nel dibattito e a far parte del-le questioni relative alla concessio-ne della nuova Autorizzazione in-tegrata ambientale, per una suariedizione che finalmente tengaconto dei necessari processi di ri-strutturazione impiantistica che,in un ragionevole arco di tempo,consentano una radicale diminu-zione delle emissioni inquinanti.

Una soluzione che potrebbe poiessere adottata anche negli altri si-ti siderurgici che, in Italia, ancorautilizzano la tecnologia d’altofor-no e che sopportano, in forma me-no dirompente ma pur sempre pe-sante, le stesse conseguenze delterritorio tarantino.

Stefania Limiti

Trenta anni fa, nei primi giornidi settembre, il falco israelianoAriel Sharon, ministro della Di-

fesa di Tel Aviv, forse aveva già co-minciato a progettare, insieme ai mi-litari fascisti del Libano, una vendet-ta esemplare contro il popolo palesti-nese. L’efferatezza del massacro pia-nificato e realizzato nei campi profu-ghi palestinesi di Sabra e Shatila tra il16 e il 18 di quel mese, scattato pro-prio subito dopo la triste partenza innave da Beirut del capo della resi-stenza, Yasser Arafat, concordatacon le forze multinazionali, resta nel-le coscienze di tutti: non solo dellevittime, di chi subì i lutti o l’oltraggiosul proprio corpo e ne porta ancora isegni visibili sulla pelle, ma anchedel resto del mondo che guarda atto-nito, mortificato e impotente il com-piersi della strage per due lunghissi-mi giorni e due interminabili notti.Stefano Chiarini, una delle firme piùnote e amate del manifesto, ancoraoggi pianto in Palestina e nei campipoverissimi del Libano, sentiva pro-prio che doveva intestardirsi, comelui sapeva ben fare, e non lasciareche la memoria di quel delitto, il piùsimbolico dei tanti che hanno colpi-to i palestinesi perché frutto di unapura volontà di ritorsione e umilia-zione di quel popolo, scomparisse:fondò perciò, insieme a Kassem Ai-na, coordinatore delle Ong palestine-si in Libano, e Talal Salman, diretto-re del prestigioso quotidiano libane-se Al Safyr, e a tanti altri, il ComitatoPer non dimenticare Sabra e Shatila.

Da allora, era il 2000, ogni anno, fi-no a quando il suo cuore non si è fer-mato, nel febbraio del 2007, portavatanta gente a Beirut per commemo-rare la strage. Stefano aveva proprioragione, se oggi il principale quotidia-no nazionale, Il Corriere della sera,ha inviato uno scrittore importante,Paolo Giordano, nei vicoli dell’enor-me campo profughi che riunisce og-gi le due vecchie aree di Sabra e Sha-tila e ha pubblicatp nella prima pagi-na dell’inserto domenicale La letturaun suo bellissimo reportage che ri-corda quel crimine control’umanità a tutt’oggi completamen-te impunito.

Leggendo il racconto di Giordano,che riporta con autentica emozionele immagini raccolte durante il suoviaggio di conoscenza, sembravaquasi che gli occhi vivaci di Stefanouscissero da quelle pagine e mi, ci, di-cessero: «Avete visto?, Valeva la penatornare ogni anno in Libano, comme-morare la strage lì, con i palestinesi,ricordargli che non sono soli e chenoi continueremo a chiedere giusti-zia»». Sì, aveva ragione, non solo per-ché ogni anno continuano a venirein Libano moltissime persone che vo-gliono rivivere quella storia e stare ac-canto al dolore dei palestinesi (unadelegazione del Comitato, circa 70persone, partirà per Beirut il prossi-mo 16 settembre) ma anche perchéqualcosa forse (forse) è successo, seproprio quel giornale rende omaggioalle vittime palestinesi e pubblica im-magini di quella disperazione. Nonche non fossero mai tornati sulla vi-cenda: ma colpisce che da quelle pa-gine esca la sofferenza di questo po-

polo a cui è stata strappata la terra eche, profugo, continua ogni giorno aperdere i suoi figli, costretto ancora asubire una violenta occupazione mi-litare. Piace pensare che tutto questosia frutto anche dello sforzo di Stefa-no che più di ogni altro in Italia haimpedito che il significato storico, po-litico e il valore evocativo di quellastrage non si disperdesse.

E proprio per questo è necessariorendere omaggio al suo lavoro cor-reggendo l’errore di Giordano laddo-ve descrive il luogo della memoria:nel campo di Sabra e Shatila c’è unluogo dove grazie a Stefano, al Comi-tato Per non dimenticare Sabra eShatila e alle folte le delegazioni diquesti spesso solitari dodici anni, èoggi possibile portare un fiore sottouna lapide: era la fosse comune doveerano stati sepolti centinaia di cada-veri ed era usata come discarica. Og-gi lì c’è un piccolo prato, delle gigan-tesche foto, anche quella di Stefanoperché i palestinesi non dimentica-no quello che lui ha fatto. Paolo Gior-dano parla di «garage dietro un por-tone marcio chiuso con un lucchet-to» e lo indica come il solo luogo dimemoria del massacro: sarebbe mol-to bello se lo scrittore volesse unirsial Comitato per vedere il luogo reale,quello dove ogni anno si dirige la ma-nifestazione che ricorda quella trage-dia (quest’anno è prevista il 18 set-tembre). I palestinesi non possonodimenticare e noi non dobbiamo di-menticare né fare confusione. Ed infi-ne dico a Giordano: perché afferma-re che tutto ««il dolore di Sabra e Sha-tila, tutto il lutto e l’ira dei superstitisiano stati trasformati in propagan-da a favore della guerriglia antisrae-liana»»?

Ricordiamoci che quella strage,della quale parlò per primo il grandescrittore Jean Genet, non è mai statapunita nonostante sia da tempo tut-to chiaro: dove e chi fossero gli ispira-tori (Sharon e i suoi generali che con-trollavano militarmente i campi) e ilnome ed il cognome degli esecutori(i soldati di Samir Geagea, il massa-cratore di Sabra e Chatila). Ricordia-moci che quella gente, oltre 500 milapersone, vive senza futuro, in un pae-se dove non hanno cittadinanza edunque né lavoro né un proprio Sta-to dove tornare. E nonostante ciòproprio tra i campi profughi del Liba-no si impara che la resistenza di que-sto popolo non si è mai trasformatain vendetta. È invece uno degli inse-gnamenti più commoventi della sto-ria della resistenza palestinese chedura tenacemente da sessant’anni:Stefano Chiarini, così duro e raziona-le si commuoveva girando dentroquei vicoli, se incrociavi il suo sguar-do spesso aveva gli occhi lucidi.* Comitato Per non dimenticare

Sabra e Shatila

COMMUNITY

Antonella De Palma

Ilva, la conversionesostenibile

La Smelting reduction è una tecnologia sviluppatada oltre un decennio, che sostituisce quellatradizionale dell’altoforno, rimuovendo tuttigli impianti che costituiscono l’area a caldo

ed eliminando di conseguenza le emissioni nocive

GERMANIA

UN ISPETTORE osserva laGolf Volkswagen numero 17milioni prodotta, il 13 novembredel ’96, nello stabilimento diWolsfburg. Il nuovo modello diGolf (la settima generazione)sarà presentato oggi a Berlino esarà in vendita da novembre. Mai dati del mercato per il 2012sono disastrosi (foto Reuters)

La Golf fa17 milioni

Volkswagen no-limits

IL CORRIERE A SHATILA

ALLORA STEFANOAVEVA RAGIONE.ERA ORA, MA...

Page 16: L'esperienza dell'impegno. Lorenzo Fusi su Alfredo Jaar

pagina 16 il manifesto MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012

L’ULTIMA

PassaggioElda Martino

Analizzare l’opera letteraria di Maria-Teresa Di Lascia (Rocchetta San-t’Antonio 1954 - Roma 1994), a di-

stanza di quasi vent’anni dalla pubblica-zione del suo unico romanzo completo(Passaggio in ombra, "I Narratori" Feltri-nelli, Milano 1995) e delle recensioni cheseguirono il conferimento del Premio Stre-ga, nel 1995, è un’operazione di scavo inprofondità. Come riprendere un discorsospezzato e negletto su un fenomeno che,al suo apparire, sconvolse, sorprese e de-stabilizzò il panorama letterario italiano?Come non tener conto della tragica e pre-matura morte di MariaTeresa a soli qua-rant’anni, pochi mesi prima della pubbli-cazione del suo romanzo? Come non riper-correre la biografia, limpidissima e rigoro-sa, di una donna che, non è retorico riba-dirlo, spese la sua esistenza secondo unmodello di vita totalizzante, di estremosforzo, di uscita dai labirinti soffocanti e va-cui del proprio recinto? Di Lascia si iscrivealla facoltà di Medicina di Napoli col preci-so intento di diventare missionaria laica,abbandonerà questa strada per avvicinar-si alla politica e al Partito Radicale, del qua-le sarà deputato per una legislatura e vice-segretario nel 1982. È sua e di suo maritol’idea di fondare Nessuno tocchi Caino,con l’obiettivo dell’abolizione mondialedella pena di morte entro il 2000. Nel 1988scrive La coda della lucertola ma decide dinon pubblicare il romanzo, con la novellaCompleanno vince il premio "Millelire".Coloro che la conobbero la descrivono co-me una persona colma di un’urgenza ver-so l’esterno, animata dalla necessità e an-che dal piacere di indagare l’altro, attenta,mai cinica. Questa vita, sintetizzata qui inpoche righe, è anche racconto, ricordo me-diato nel romanzo, sostanza dolorosa cherisale a galla per necessità. È un segretocoltivato ostinatamente e con impegno, èscrittura.

MariaTeresa dedica molti anni della suaesistenza così breve a scrivere, lo fa in silen-

zio, a suo modo, lo fa, credo, per un’urgen-za fortissima. In quattro anni conclude ilsuo romanzo Passaggio in ombra, gli stessianni che la vedono impegnata sul frontepubblico per i diritti umani. La dicotomiasolo apparente è, in realtà, il segno di un ca-rattere complesso e non pacificato, capacedi interrogarsi a lungo nel pudore dell’inti-mità, una personalità lucida e in grado diosservare tutti con uno sguardo sempredubbioso, incerto. Un cuore implacabileverso se stesso, uno sguardo disumanizza-to, non pensato, non costruito, e per que-sto così assolutamente necessario in giornicome i nostri. Il superamento del genere èil primo passo per ritrovare in modo totalee generoso il valore della Di Lascia. Nelleletture critiche che seguirono l’uscita diPassaggio in ombra, frequente è il richia-mo al rapporto con i modelli, tutti ovvia-mente femminili.

«Scrittura al femminile»Il risultato è che a MariaTeresa Di La-

scia - come è accaduto a tutti gli scrittoridonna italiani - non è mai stato concessodi assumere il ruolo che le era dovuto. Ladefinizione costrittiva e limitante di "lette-ratura" o peggio "scrittura al femminile"vanifica la forza e il senso vero della capa-cità creativa assoluta di questa autrice edenuncia il vizio, mai dismesso, di una vi-sione dall’esterno, una visione riduttivaper definizione. L’opera letteraria e la vitadi MariaTeresa Di Lascia si pongono al difuori di una norma corrente, fuori dal-l’idea che l’esistenza sia pura contabilità,rispondono a una voce, a un’istanza eticadi fondo, in un sistema, che è prima esi-stenza e poi arte, coerente e rigoroso masempre umile, sempre comprensivo del-l’altro più che di sé. Per questo suo farsitestimonianza - da vita che era - si confer-ma come assai più potente e viva, assaipiù destabilizzante e impegnata. Leggen-dola, ci si trova di fronte a una scritturafatta col corpo e sul corpo, senza rispar-miare una minima goccia di sangue, ogniaccento in essa rimanda alle immaginidel san Sebastiano alla colonna, del Mar-sia scorticato da Apollo.

Passaggio in ombra è l’atto ultimo e atro-cemente vero di un essere umano in co-stante dialogo col mondo, con l’altro e -per questo - in costante conflitto con sestesso, nel tentativo di superarsi, addirittu-ra di annullarsi. […]Io sono, per mia con-danna, immersa e travolta dalla realtà.(MariaTeresa Di Lascia, Passaggio in om-bra, Milano 1995, p. 14). Immersa e travol-ta dalla realtà, così si definisce Chiara, laprotagonista, voce narrante del romanzo,già dalle prime pagine. MariaTeresa eChiara hanno evidenti tratti in comune.La prima nasce a Rocchetta Sant’Antonio,

quel rospo nero schiacciato sulla collinache, Chiara dice, si colloca in quell’alturache - su tre diversi sentieri - separa la Pu-glia dalla Basilicata e questa dall’Irpinia.Un luogo geograficamente definito e indi-viduato, come la grande casa di donnaPeppina Curatore, vicina al castello, i cam-pi coltivati a grano, la piazza del paese do-ve gli uomini si radunano per giocare a car-te nei bar, le masserie isolate sulla dorsale.È Rocchetta il paese di MariaTeresa, il pae-se di Chiara, quella stessa Rocchetta cheFrancesco De Sanctis aveva raccontato nelsuo Viaggio elettorale, riservandole alcunedelle più belle pagine del libro. Un paesedell’ultimo Appennino, posto dove l’alturainizia a diluirsi nella pianura pugliese, unibrido a metà tra due paesaggi, al limite dientrambi e mai dentro a nessuno di essi,col suo castello in cima alla rocca, popola-to di corvi e di gazze e le sue ripide salite la-stricate di bianca pietra lisciata dall’acqua.Il sud di Chiara e quello di MariaTeresacoincidono facendosi luogo ricordato piùche vissuto, descritto attraverso il filtro,lungo e lento, della memoria. La parte piùnascosta e intima, il grumo molle e delica-tissimo di un’esistenza diventa materia danarrare, forse come congedo dalla vita stes-sa, un congedo consapevole e doloroso,un atto dovuto e splendente di svelamen-to totale. La famiglia D’Auria è uno dei nu-clei nei quali si muove Chiara. FrancescoD’Auria, suo padre, era un uomo qualun-que che fece le cose che empiono le crona-che ordinarie della vita; molte di esse sonosquallide e volgari, ma portano il segno deitempi in cui viviamo. Francesco, che hafatto la guerra, che dà il suo cognome aChiara dopo la nascita senza sposarsi, chela rende sua complice di giochi, che abban-dona Anita, la madre di Chiara, il giorno

del matrimonio. Francesco è il figlio di Tri-poli, l’estremo limite del mondo maschilemeridionale, del tutto impenetrabile agliocchi della bambina. Francesco è il fratel-lo di Giuppina, violentata e messa in cintadal compare. Francesco è il nipote di don-na Peppina Curatore che alleverà Chiaradopo la morte di Anita, resa sterile dalla si-filide trasmessale dal marito. Anita, Giup-pina, Peppina, Rosina, la balia, Titina e al-tre donne, tutte con storie trasmesse sus-surrando, tutte rivolte verso Chiara, versoil suo futuro che dovrà essere a ogni costoluminoso, un riscatto per le loro esistenze

costrette o spezzate.Il nodo più doloroso del romanzo sta,

tuttavia, nel paragone con la figura di Ani-ta, la madre-eroina che vive i suoi sognistrenuamente fino a morirne, colei che, co-me una sorta di Antigone, non cede almondo della norma - che è norma maschi-le - scegliendo la morte. […]Un archeologodella psiche, uno scavatore delle coscienze[…]troverebbe proprio in mia madre, inquel coraggio che in lei scorreva innato, lasfida irraggiungibile a cui mi sottrassi; il co-raggio e la forza della madre contro l’inetti-tudine della figlia prigioniera della vita…

rimasta una creatura di confine.Ciò che vince Chiara, o che la ren-de già vinta sin dalla nascita, è lacolpa di non avere coraggio. Unavigliaccheria che si attribuisce dalprincipio e che le impedisce di ac-costarsi a ciò che ella crede sia lavita. Chiara non esplicita i suoi de-sideri, li lascia appassire nella di-mensione del sogno, dell’immagi-nario, della visione. La persistenzadella sua abiezione è l’unica for-ma di lotta che può scegliere con-tro la necessità del vivere. Abdica-re alla vita diviene la soluzione.Esiliarsi nel disordine di cose am-massate senza criterio. Eppurequesta condizione ultima deriva

da qualcosa di più profondo, da un deside-rio più intimo e nascosto che, solo da adul-ta, Chiara riesce a pronunciare; in questosuo narrare che è cercare l’inizio di ogni in-ganno, Chiara ammette di appartenere aquella specie di certe creature irrisolte, chedenunciano fin dall’aspetto il proprio ibri-do destino, a causa di questa discendenzaprima di tutto non le è mai stato possibilesmemorarsi di se stessa completamente.

Un premio in suo nome a FiuminatiAnche la cosiddetta denuncia sociale è

estranea alla scrittura della Di Lascia, peril motivo che questa scrittura possiede insé il germe del suo fallimento, quello diuna lettura individuale e soggettiva delmondo che pretende di farsi verità e realtàoggettiva, tale presunzione di verità non èpresente, l’autrice avverte questo pericoloe lo indica al lettore come sprezzatura delsuo scrivere, che corre sul filo del sogno edella suggestione, anche quando pare rac-contare il fatto in sé, la cosa in sé. La realtàè solo il velo ricamatissimo e prezioso chericopre la vera dimensione del racconto,che è fatto di scrittura immaginifica e visio-naria. Tutto si sbriciola sotto il peso di ri-cordi, relazioni, parole, suoni, odori, sensa-zioni tattili tutte mediate dal ricordo e dalsogno. La scrittura più bella si trova quan-do la tentazione di descrivere ciò che - so-lo ai nostri occhi - appare come materialecede il passo alla visione. Di Lascia nonconsente mai davvero al mondo, pure de-scritto, sezionato e analizzato in ogni suopiù minimo dettaglio, di prendere il postodella dimensione creativa, il posto della let-teratura e della storia interna. L’effetto èquello di una visione ampia che mano amano, in un processo di restringimentodel campo ottico, si focalizza su caratteri estorie individuali, prima solo accennate,poi descritte e narrate fino al parossismoripetitivo della ricorrenza, della variante. Èun romanzo, Passaggio in ombra, un belromanzo, è una storia in parte autobiogra-fica, è una riflessione sull’esistenza, sullostare nel mondo e sul come starci, sullepossibilità che ci vengono date e, poi, im-provvisamente, strappate via, è una do-manda costante e anche l’indicazione diun pericolo, è una richiesta di coraggio, divita. È un’opera complessa, giocata su piùpiani, elegante nella sua apparente sempli-cità, densa di respiro, densa di uno sguar-do verso l’Esterno, sbilanciata verso la vo-ragine del fuori da sé.

MariaTeresa Di Lascia ora riposa aFiuminati, il paese di sua madre, dovelei ha voluto essere seppellita. I suoi duepaesi, Fiuminati e Rocchetta Sant’Anto-nio, le hanno dedicato un premio lette-rario, la ricordano con quell’affetto mitee gentile di cui solo alcuni luoghi, nel-l’Appennino d’Italia, sono capaci. EChiara, nel suo silenzio apparente, forseattende ancora il giorno in cui, riveden-do suo padre, insieme, si abbandoneran-no a un sorriso, ormai pacificati e consa-pevoli che l’unica certezza è un luogo do-ve il futuro si è già compiuto.

Fondatrice dell’associazione contro la pena di morte Nessunotocchi Caino, militante radicale, scrittrice, morì ad appena40 anni, subito dopo la pubblicazione del suo primo romanzocompleto, che vincerà lo Strega nel 1995. Nei suoi paesidell’Irpinia ora la ricordano con un premio letterario

MARIATERESA DI LASCIAUNA BIOGRAFIA OSCURATA

IN OMBRA

BIOGRAFIA

Deputata radicale,scrittrice di talento

storie

Nata a Rocchetta Sant'Antonio, un comune pu-gliese vicino Foggia, MariaTeresa Di Lascia con-seguì la maturità classica e si iscrisse all'Univer-sità di Napoli alla facoltà di Medicina con loscopo di diventare missionaria laica. Abbando-nò tre anni dopo questa attività perché assorbi-ta dall'impegno politico all'interno del PartitoRadicale, a cui aderì nel 1975. Nel 1982 fueletta vicesegretario nazionale del partito, du-rante la segreteria di Marco Pannella, e deputa-ta durante la IX legislatura. Il 10 settembre1994, all'età di 40 anni, morì a Roma per untumore, pochi mesi dopo aver sposato SergioD'Elia ed aver pubblicato il romanzo Passaggioin Ombra, vincitore del Premio Strega nel 1995.

ILLUSTRAZIONE DI PEDRO SCASSASOPRA, UN RITRATTO DELLA SCRITTRICE