2 SETTEMBRE t r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t 1 SETTEMBRE t r a v e l c a r n e t . i t t r a v e l c a r n e t . i t “Le Marlboro di Sarajevo” di Mljenko Jergovic di Bruga UN LIBRO UNA CITTÀ: SARAJEVO La cattedrale ortodossa costruita nel 1872 in stile neobizantino. A destra, la madrassa Gazi Husrev-berg, centro culturale musulmano dal 1537. Sotto a sinistra, l’interno di una casa ottomana d’epoca: a destra, la fontana della moschea Gazi Husrev- berg. Nella pagina accanto, sopra, lo storico ponte ottomano chiamato Latino, suo nome originale, durante l’era jugoslava. Sotto, la copertina di Le Marlboro di Sarajevo di Miljenko Jergovic nella versione italiana di Libri Scheiwiller pubblicato nel 2005. Q uesta raccolta di racconti sulla guerra in Bosnia, ripubblicata da Scheiwiller, ci aiuta a comprendere il dramma vissuto da questa città che, a 16 anni dall’accordo di pace di Dayton, tenta di rinascere e di conquistarsi un meritato posto fra le capitali del turismo culturale (www.visitsarajevo.ba). Non è ancora all’altezza di Praga o Budapest, e forse non lo sarà mai, ma certamente Sarajevo merita un weekend lungo o una visita nell’ambito di un giro più ampio della Bosnia, paese che nonostante la distruzione della guerra civile conserva molti aspetti interessanti, legati soprattutto alla particolarissima commistione di Oriente e Occidente, di stili, religioni e culture che neanche la guerra è riuscita a distruggere. La Sarajevo del 2011 mostra una downtown all’americana, Le Marlboro di Sarajevo di Mljenko Jergovic con la Twist Tower Avaz (un grattacielo di 36 piani, in cima al quale potete godere di una straordinaria vista (www.avaztwisttower.ba ), oppure l’altro grattacielo che ospita il Parlamento. Molti edifici, distrutti dalle bombe serbe che piovevano sulla città dalle colline circostanti, sono stati ricostruiti o restaurati, come quelli che ospitano il Museo Nazionale con una bellissima sezione archeologica (www.zemaljskimuzej.ba) e l’adiacente Museo Storico (www.muzej.ba). Quest’ultimo ha dedicato una grande sala alla guerra civile e ai tre anni dell’assedio: anni di follia e di capovolgimento totale della realtà, anni nei quali il vicino di casa poteva – una sera, all’improvviso – prenderti a fucilate. Non a caso, si preferiva vivere in stanze prive di finestre, e al posto dei vetri, introvabili e pericolosi perché trasparenti, si usavano dei teli di plastica semiopaca forniti dall’Onu… Un doveroso omaggio alla tragedia dell’assedio è stato reso dal “Museo del tunnel”, nei pressi dell’aeroporto: ci arrivate con un taxi (quelli di Sarajevo sono incredibilmente economici!). Una casa crivellata di colpi, di proprietà della famiglia Kolar era il capolinea di