Le città dell'Oriente romano e le invasioni barbariche del III secolo d.C., in «Mediterraneo Antico. Economie Società Culture» IX 1, 2006, pp. 241-266

«mediterraneo antico», ix, 1, 2006

Pavnta me;n h\n a[narcav te kai; ajbohvqhta.LE CITTÀ DELL’ORIENTE ROMANO

E LE INVASIONI BARBARICHE DEL III SECOLO D.C.

Laura Mecella

Teicw`n ge mh;n oujk hjmelhvsate, tau`ta de; th`/ ajrch`/ periebavlete, ouj th/` povlei ... 1 La possente rappresentazione dell’imperium come un’immensa città cinta

da mura – con la quale intorno alla metà del ii secolo d.C. Elio Aristide celebra-va la grandiosa costruzione politica realizzata da Roma – pur con i limiti di una laudatio retorica costituisce una significativa testimonianza della percezione di sicurezza ancora diffusa durante l’età antonina e dell’importanza rivestita agli occhi dei contemporanei dalle guarnigioni romane stanziate ai confini. Con la plastica immagine delle mura l’oratore esalta l’ingente spiegamento di uomini e mezzi posto lungo le frontiere, che nel modello strategico di età alto-imperiale, elaborato da Augusto e rimasto pressoché immutato fino al iii secolo, costituiva l’unico baluardo contro eventuali assalti esterni : per più di due secoli la difesa del territorio rimase affidata quasi esclusivamente alle milizie e alle imponenti opere di fortificazione dislocate ai margini dell’impero, mentre sulle aree interne vigi-lavano singoli distaccamenti acquartierati nei settori maggiormente rilevanti. 2

1 Ael. Arist. eij~ ÔRwvmhn 80 (Or. xxvi, 114 Keil) ; cfr. anche i §§ 81-85 (114-116 Keil). 2 Cfr. E. Gabba, Considerazioni sugli ordinamenti militari del Tardo Impero, in Settimane di studio del

Centro Italiano di studi sull’alto medioevo xv : Ordinamenti militari in Occidente nell’Alto Medioevo (Spole-to, 30 marzo-5 aprile 1967), Spoleto 1968, 65-94 ora in Id., Per la storia dell’esercito romano in età imperia-le, Bologna 1974, 43-74 ; Y. Le Bohec, L’armée romaine sous le Haut-Empire, Paris 1989, trad. it. L’esercito romano. Le armi imperiali da Augusto alla fine del iii secolo, Roma 1993 (da cui cito), 33-48 e 199-240 ; J. Elton, Frontiers of the Roman Empire, London 1996, passim ; B. Campbell, Power without Limit : ‘The Roman always win’, in A. Chaniotis - P. Ducrey (Eds.), Army and Power in the Ancient World, Stuttgart 2002, 167-180, partic. 171-178 ; K. Gilliver, The Augustan Reform and the Structure of the Imperial Army, in P. Erdkamp (Ed.), A Companion to the Roman Army, Singapore 2007, 183-200. B. Isaac, The Limits of Empire. The Roman Army in the East, Oxford 19922, 372-418 (ma dello studioso si vd. anche The meaning of the terms limes and limitanei, JRS 78, 1988, 125-147), ha tuttavia opportunamente richiamato l’atten-zione sui rischi di pericolose generalizzazioni : se le frontiere renano-danubiana e britannica poteva-no effettivamente presentare l’aspetto di una gigantesca muraglia (seppur con i limiti evidenziati da W.S. Hanson, The nature and function of Roman frontiers, in J.C. Barrett - A.P. Fitzpatrick - L. Macinnes (Eds.), Barbarians and Romans in North-West Europe from the later Republic to late Antiquity, Oxford 1989, 55-61), altrettanto non poteva dirsi per molti settori dell’Africa e dell’Oriente ; sulle diversità regionali del sistema difensivo romano insistono anche J.C. Mann, Power, Force and the Frontiers of the Empire, JRS 69, 1979, 175-183, partic. 179-180 ; J.-M. Carrié in Id. - A. Rousselle, L’empire romain en mutation des Sévères à Constantin. 192-337, Paris 1999, 616-621 e 632-634 ; O.D. Cordovana, Miles in limite. Frontiera e società nell’Africa romana, MediterrAnt 5, 2002, 427-442, partic. 432-435 ; C.R. Whittaker, Rome and its Frontiers : The Dinamics of Empire, London-New York 2004, 28-49. Per l’idea di frontiera non come semplice confine territoriale ma area privilegiata di interazioni sociali e culturali, oltre ai contributi

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Tale sistema difensivo rispondeva alle necessità di un impero stabile e privo di persistenti minacce, ma era destinato a cedere di fronte al susseguirsi di attacchi esterni. Già pochi anni dopo la stesura dell’orazione aristidea le invasioni dei Qua-di e dei Marcomanni dimostrarono l’inefficacia di una tattica basata sulla concen-trazione delle truppe in alcune aree di frontiera e rivelarono l’estrema debolezza delle difese romane : una volta penetrati entro i confini i barbari non incontrarono più ostacoli alla loro marcia e poterono spingersi fino a colpire alcuni centri ur-bani dell’Italia e delle province. 3 Il problema si ripresentò in tutta la sua gravità nel secolo successivo, quando la forte pressione delle externae gentes determinò il progressivo indebolimento dei presidi imperiali e la continua incursione di bande nemiche all’interno dell’orbis Romanus : la rapidità degli attacchi e la molteplicità dei teatri di guerra imposero ai Romani un significativo cambiamento di strate-gia, che in seguito alle drammatiche vicende del iii secolo avrebbe condotto alla definitiva riorganizzazione dell’intero apparato militare ad opera di Diocleziano e Costantino. 4 Sebbene oggi non sia più condivisibile l’idea di una netta dicotomia

presenti nel volume curato da P. Brun - S. van der Leeuw - C.R. Whittaker, Frontières d’Empire. Nature and signification des frontières romaines. Actes de la table ronde internationale de Nemours, 21-22-23 mai 1992, Nemours 1993, si vd. da ultimo M. Mazza, Identità etniche e culture locali sulla frontiera dell’Eufrate (II-IV sec. d.C.). Uno studio sui contatti culturali, in Id., Cultura Guerra e Diplomazia nella Tarda Antichità. Tre Studi, Catania 20052, 11-115.

3 Dell’ampia bibliografia sulle invasioni dei Quadi e Marcomanni nell’età di Marco Aurelio si vd. A. Degrassi, Il confine nord-orientale dell’Italia romana. Ricerche storico-topografiche, Bernae 1954, 113-125 ; J. Fitz, Der markomannisch-quadische Angriff gegen Aquileia und Opitergium, « Historia » 15, 1966, 336-367 ; J. Sµasel, Über Umfang und Dauer der Militärzone Praetentura Italiae et Alpium zur Zeit Mark Aurels, MH 31, 1974, 225-233 ; G. Alföldy, Noricum, London-Boston 1974, 152-158 ; K. Rosen, Der Einfall der Marko-mannen und Quaden in Italien 167 n.Chr. und der Abwehrkampf des C. Macrinius Avitus (Amm. Marc. 29, 6, 1), in B. e P. Scardigli (a cura di), Germani in Italia, Roma 1994, 87-104 ; A.R. Birley, Marcus Aurelius. A Biography, London-New York 2000, 159-183 e 249-255 ; M. Ichikawa, The Marcomannic Wars : A Recon-sideration of Their Nature, in T. Yuge - M. Doi (Eds.), Forms of Control and Subordination in Antiquity, Leiden-New York-København-Köln 1988, 253-258 ; K. Strobel, Aquileia im 2. und 3. Jahrhundert n.Chr. : zentrale Episoden seiner Geschichte, in G. Cuscito (a cura di), Aquileia dalle origini alla costituzione del Ducato Longobardo : Storia - Amministrazione - Società. Atti della xxii settimana di Studi Aquileiesi, 25-27 aprile 2002, Trieste 2003, 221-291, partic. 246-252. Per le rielaborazioni letterarie del tema dell’assedio di Aquileia nella Tarda Antichità si vd. ora S. Janniard, La résistance d’Aquilée dans l’Antiquité Tardive, entre modèle littéraire et réalité (iiie-ve siècle), in M. Ghilardi - Ch.J. Goddard - P. Porena (Édd.), Les cités de l’Italie tardo-antique (ive-vie siècle). Institutions, économie, société, culture et religion, Roma 2006, 75-89.

4 Sulle riforme militari dell’età tetrarchica e costantiniana, oltre ai classici lavori di Th. Mommsen, Das römische Militärwesen seit Diocletian, « Hermes » 24, 1889, 195-279 ora in Id., Gesammelte Schriften VI : Historische Schriften, iii, Berlin 1910, 206-283, R. Grosse, Römische Militärgeschichte von Gallienus bis zum Beginn der byzantinischen Themenverfassung, Berlin 1920, 23-220 e D. van Berchem, L’Armée de Dioclétien et la réforme constantinienne, Paris 1952 (con la replica di W. Seston, Du Comitatus de Dioclétien aux Comitatenses de Constantin, « Historia » 4, 1955, 284-296), si vd. D. Hoffmann, Das spätrömische Bewe-gungsheer und die Notitia Dignitatum, i-ii, Düsseldorf 1969-1970, partic. vol. I, 131-303 ; Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 165-179 e 615-649 ; P. Richardot, La fin de l’armée romaine (284-476), Paris 1998, passim ; P. Southern, The Roman Empire from Severus to Constantine, London-New York 2001, 154-158 e 268-279 ; Y. Le Bohec, L’armée romaine sous le Bas-Empire, Paris 2006, 16-37.

5 E.N. Luttwak, The grand strategy of the Roman Empire from the first century A.D. to the third, Balti-more-London 1976, trad. it. La grande strategia dell’Impero Romano dal i al iii secolo d.C., Milano 1981 (da

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tra una ‘difesa di sbarramento’ caratteristica della prima età imperiale (soprattutto a partire dai Flavi) e una nuova ‘difesa in profondità’ adottata dal iii secolo, alme-no nelle assiomatiche formulazioni con cui questo modello interpretativo venne proposto decenni orsono dal Luttwak, 5 resta comunque indubbio che, mentre durante il principato i conflitti contro i nemici esterni si erano concentrati prin-cipalmente nelle aree di frontiera, dopo l’età severiana lo stato romano si trovò a dover combattere vere e proprie « guerres territoriales, c’est-à-dire de guerres vi-sant a contrôler, à protéger ou à récupérer le sol impérial lui-même ». 6 In presenza di attacchi simultanei in settori anche molto distanti tra loro e di fronte a nemici che avevano nella cavalleria il principale punto di forza, gli imperatori si videro co-stretti a potenziare il ruolo delle unità mobili e a spostare all’interno del territorio il centro delle operazioni ; non potendo più garantire la sicurezza del confine, le truppe romane dovettero inseguire i barbari direttamente nel cuore delle provin-ce e adottare modelli di combattimento più vicini a quelli dei propri avversari. 7

cui cito). L’autore definiva ‘difesa di sbarramento’ il sistema fondato sulla resistenza delle opere di fortificazione e delle guarnigioni lungo i tratti di confine, mentre con ‘difesa in profondità’ indicava il metodo operativo basato « sulla combinazione di roccheforti autonome e reparti mobili di soldati dislocati davanti e dietro di esse » (176) : con quest’ultimo « il nemico si sarebbe trovato in una zona di combattimento di varia profondità, in cui esistevano roccheforti più o meno grandi, ma anche città circondate da mura, fattorie, granai e rifugi fortificati [...]. All’interno e al di là di questa zona erano dislocate poi le truppe mobili, pronte a combattere in campo aperto, ma sempre con l’appoggio del-le località fortificate » (178). Al contrario la storiografia più recente tende piuttosto a sottolineare gli elementi di continuità tra la concezione strategica dei primi secoli dell’impero e quella tardoantica, poiché anche dopo la konstantinische Wende non diminuì l’importanza dei dispositivi di difesa lungo le frontiere : si vd. in proposito Mann, Power, Force and the Frontiers of the Empire, cit., 180-183 ; Richar-dot, La fin de l’armée romaine (284-476), cit., 113-152 ; Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en muta-tion, cit., 629-634 ; Y. Le Bohec - C. Wolff (Édd.), L’armée romaine de Dioclétien à Valentinien ier. Actes du Congrès de Lyon (12-14 septembre 2002), Lyon 2004, 169-305. Per una discussione generale delle tesi del Luttwak, ampiamente dibattute presso la critica specialistica, cfr. soprattutto F. Millar, Emperors, Frontiers, and Foreign Relations, 31 B.C. to A.D. 378, « Britannia » 13, 1982, 1-23, ora in Id., Rome, the Greek World, and the East, II : Government, Society, and Culture in the Roman Empire, Chapel Hill-London 2004, 160-194, partic. 160-164 e Isaac, The Limits of Empire, loc. cit. (supra, alla n. 2).

6 Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 646.7 La necessità di intervenire rapidamente su più fronti e di opporsi ai corpi di cavalleria sia goti

che persiani indusse i Romani a ripensare i propri modelli di combattimento : lo sviluppo delle divi-sioni a cavallo, a cui già Alessandro Severo aveva dato impulso con il potenziamento delle unità di arcieri e della cavalleria pesante, caratterizza tutta la storia del iii secolo e trova il suo compimento nell’introduzione delle truppe comitatenses ad opera di Costantino. Sebbene oggi si tenda a negare la creazione di un’armata autonoma di cavalleria da parte di Gallieno e le sue vexillationes non vengano più considerate un significativo precedente per i corpi di guardia mobili del iv secolo, resta comun-que indubbio che l’opera di questo imperatore e più in generale l’età dei Soldatenkaiser rappresen-tano una tappa fondamentale nell’evoluzione del sistema militare romano tardoantico : sul tema si vd. Grosse, Römische Militärgeschichte, cit., 1-22 ; F. Altheim, Die Soldatenkaiser, Frankfurt a.M. 1938, 133-204 ; Maria R. Alföldi, Zu den Militärreformen des Kaisers Gallienus, in Limes-Studien. Vorträge des 3. Internationalen Limes-Kongresses in Rheinfelden/Basel 1957, Basel 1959, 13-18 ; T. Nagy, Commanders of the legions in the age of Gallienus, AArchHung 17, 1965, 289-307 ; A. Alföldi, Zur Kenntnis der Zeit der römischen Soldatenkaiser, i : Der Usurpator Aureolus und die Kavalleriereform des Gallienus, « Zeitschrift für Numismatik » 37, 1927, 197-212 ora in Id., Studien zur Geschichte der Weltkrise des 3. Jahrhunderts nach Christus, Darmstadt 1967, 1-31 ; L. De Blois, The policy of the emperor Gallienus, Leiden 1976, 23-119 ; W.

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2.

Se dunque il potere centrale tentò di fronteggiare la nuova minaccia attraverso una ridefinizione delle proprie strutture militari, anche le province dimostrarono una notevole capacità di reazione. Di fronte al progressivo sgretolamento della pax Romana e all’impossibilità dell’esercito di assicurare un completo controllo del territorio, gli abitanti delle regioni colpite dalle invasioni elaborarono auto-nomi modelli di difesa : essi dettero vita a numerosi tentativi di usurpazione e favorirono le istanze separatiste dell’imperium Galliarum e del regno palmireno, 8 ma trovarono anche una significativa espressione nella resistenza delle povlei~ del-l’Oriente romano agli attacchi dei nemici. 9

Nonostante il naufragio di gran parte della storiografia contemporanea, le fonti attestano esplicitamente l’attività militare dei principali centri urbani d’Oriente nel corso del iii secolo : la città di Tessalonica respinse nel 254 un attacco congiun-to di Sciti e Marcomanni 10 e pochi anni dopo offrì un’analoga prova di valore contro un nuovo assalto dei barbari 11 ; nel 268 Tomi mise in fuga una lega di Eruli,

Kuhoff, Herrschertum und Reichskrise. Die Regierungszeit der römischen Kaiser Valerianus und Gallienus (253-268 n.Chr.), Bochum 1979, 31-33 ; H.-G. Pflaum, Zur Reform des Kaisers Gallienus, « Historia » 25, 1976, 109-117 ; M. Springer, Die angebliche Heeresreform des Kaisers Gallienus, in Krise – Krisenbewußtsein – Kri-senbewältigung. Ideologie und geistige Kultur im Imperium Romanum während des 3. Jahrhunderts, Halle Saale 1988, 97-100 ; Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 133-137, 621-626 e 641-643 ; Southern, The Roman Empire, cit., 83-91 ; K. Strobel, Strategy and Army Structure between Septimius Severus and Constantine the Great, in Erdkamp (Ed.), A Companion to the Roman Army, cit., 267-285.

8 Sulla nascita di tali tendenze centrifughe per l’incapacità del governo centrale di garantire una valida difesa a tutto l’impero si vd. J.F. Drinkwater, The Gallic Empire. Separatism and Continuity in the North-Western Provinces of the Roman Empire A.D. 260-274, Stuttgart 1987, 239-256 ; F. Millar, The Roman Near East, 31 BC - AD 337, Cambridge (Mass.)-London 1993, 159-173 ; R. Stonemann, Palmyra and Its Em-pire : Zenobia’s Revolt against Rome, Ann Arbor 1992, 97-109 ; Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 101-105, 125-126 ; Southern, The Roman Empire, cit., 247 e 250-255.

9 Più controversa l’analisi della situazione nelle province occidentali, per le quali la scarsità della documentazione impedisce di formulare valutazioni adeguate ; sebbene le fonti sembrino attestare per il mondo greco una maggiore intraprendenza, « this suggestion of an acute disparity between Greek East and Latin West should not be pushed too far ; if nothing else, the very paucity of the evidence on either side forbids that » (Millar, Dexippus [cit. infra, alla n. 14], 296).

10 Zos. I 29, 2 : Skuqw`n de; ejx hjqw`n ajnastavntwn kai; Markomannw`n pro;~ touvtoi~ ejx ejfovdou ta; provsoika th`/ ÔRwmaivwn ajrch`/ cwriva lehlatouvntwn, eijj~ e[scaton me;n hJ Qessalonivkh perievsth kinduvnou, movli~ de; kai; su;n povnw/ pollw`/ th`~ poliorkiva~ luqeivsh~ tw`n e[ndon karterw`~ ajntiscovntwn, taracai`~ hJ ÔElla;~ ejxhtavzeto pa`sa.

11 FGrHist 101 FF 1-2 : poliorkiva Qessalonivkh~ uJpo; Skuqw`n. L’episodio, riportato dallo storico Eusebio, potrebbe essere datato al 268/269, nell’ambito dell’attacco condotto dai barbari contro le città di Tessalonica e Cassandrea descritto anche da Zos. i 43, 1 ; Amm. xxxi 5, 16 ; Zon. xii 26 (si vd. B. Baldwin, Eusebius and the siege of Thessalonica, RhM 124, 1981, 291-296, partic. 293) ; secondo H. Sivan, The Historian Eusebius (of Nantes), JHS 112, 1992, 158-163 la narrazione sarebbe invece relativa alla pre-cedente invasione gotica del 253/254. Contrario all’identificazione tra questo Eusebio e l’omonimo storico di Nantes G. Zecchini, La storiografia greca dopo Dexippo e l’Historia Augusta, in G. Bonamente - G. Paci (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Maceratense, Bari 1995, 297-309, partic. 309 n. 44 e Id., Qualche ulteriore riflessione su Eusebio di Nantes e l’EKG, in F. Paschoud (a cura di), Historiae Augu-stae Colloquium Genevense, Bari 1999, 331-344.


Peuci e Goti, 12 e più o meno nello stesso periodo anche Anchialo e Nicopoli fron-teggiarono un duro assedio. 13

In questo quadro appare particolarmente significativa la testimonianza di Dexippo, che nella sua monografia dedicata alle invasioni barbariche del iii se-colo (Skuqikav) sembra aver dato particolare risalto proprio alla capacità di resi-stenza delle comunità urbane agli assalti degli aggressori : sebbene la perdita di gran parte dell’opera impedisca di formulare valutazioni precise sulla natura del componimento, la lettura dei pochi brani superstiti desta l’impressione che nella prospettiva dell’autore furono soprattutto i poli`tai delle province a giocare un ruolo determinante nella difesa dell’impero. 14 Il frammento dedicato all’assedio di Marcianopoli descrive intrepidi cittadini che, sotto la guida di un abile coman-dante locale, respingono vittoriosamente le truppe nemiche ; a Filippopoli gli Sciti sono costretti a ritirarsi dopo aver tentato di espugnare la città anche con l’ausilio di macchine ossidionali ; nel 267 gli Eruli riescono a saccheggiare Atene, ma lungo la via del ritorno cadono vittima di un’imboscata tesa loro da duemila combatten-ti ; gli abitanti di Side contrastano l’incursione dei Goti e resistono anche di fronte all’impiego di torri d’assedio. 15

Tutta la narrazione di Dexippo è incentrata intorno al valore di civili che, in assenza di guarnigioni romane in grado di fornire una valida protezione, organiz-zano autonomamente una controffensiva : nella rappresentazione dello storico sono oiJ Mu`soi, oiJ Qra`/ke~, oiJ ∆Aqhnaiòi, oiJ ejn Lukiva/ a prendere le armi contro gli invasori e a respingerli dalla propria terra, forti soltanto del proprio coraggio

12 Zos. I 42, 1 : [scil. gli Sciti, gli Eruli, i Peuci e i Goti] Tomei` me;n teichvrei povlei prosbalovnte~ ajpekrouvsqhsan.

13 HA Claud. 12, 4 : sub hoc barbari, qui superfuerant, Anc<h>ialo<n> vastare conati sunt, Nicopolim etiam optinere. sed illi provincialium virtute obtriti sunt. Con questa testimonianza contrastano le in-dicazioni fornite da Amm. xxxi 5, 15 e Iord. Get. 108-109 (MGH AA v, 86) secondo cui le due città sarebbero cadute in mano nemica ; indipendentemente dall’esito dello scontro rimane comunque significativa l’enfasi con cui la Historia Augusta celebra il valore dei provinciali.

14 Gli Skuqikav narravano la storia dei conflitti tra i Romani e i Barbari presumibilmente dal 238 d.C. fino al regno di Aureliano e sono conservati soltanto in frammenti ; su quest’opera e la restante produzione di Dexippo di Atene si vd., oltre al classico saggio di F. Millar, P. Herennius Dexippus : the Greek World and the Third-Century Invasions, JRS 59, 1969, 12-29 ora in Id., Rome, the Greek World, and the East, ii, cit., 265-297, la recentissima edizione di G. Martin, Dexipp von Athen. Edition, Übersetzung und begleitende Studien, Tübingen 2006 (con la precedente bibliografia).

15 Risp. FF 22, 24, 25, 27 Martin (= FGrHist 100 FF 25, 27, 28a, 29). Ad eccezione di F 25 Martin (= FGrHist 100 F 28a), tratto dagli Excerpta de sententiis, tutti gli altri frammenti provengono dall’ano-nima raccolta intitolata de strategematibus, di cui rimane ancora incerta l’origine : mentre infatti C. Wescher, Poliorcétique des Grecs, Paris 1867, xx-xxiv si era espresso a favore di una sua autonomia compositiva, E. Schwartz, Dexippos (5), in RE v 1, 1903, 288-293, partic. 289 la riteneva legata agli Excerpta Constantiniana ; K. Krumbacher, Geschichte der Byzantinischen Litteratur von Justinian bis zum Ende des oströmischen Reiches (527-1453), München 18972, 260 si era limitato ad affermare che un « Zu-sammenhang mit Konstantins Enzyklopädie jedoch nicht sicher erwiesen ist », mentre in tempi più recenti né H. Hunger, Die hochsprachliche profane Literatur der Byzantiner, i-ii, München 1978 né J. Karayannopulos - G. Weiss, Quellenkunde zur Geschichte von Byzanz (324-1453), i-ii, Wiesbaden 1982, hanno più affrontato il problema.

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e delle difese cittadine. 16 Le truppe imperiali risultano assenti dagli scontri : la salvezza della città è affidata esclusivamente all’intraprendenza di leaders locali, che nell’ora dell’estremo pericolo mobilitano i propri concittadini conducendoli alla vittoria. A Marcianopoli nel 248 17 gli abitanti vengono guidati da un perso-naggio di nome Massimo, presentato come un intellettuale dedito alla filosofia ma capace di trasformarsi, al momento del bisogno, in prode soldato e valente condottiero : se il risalto conferito alla sua formazione culturale mira certamente a rimarcare quell’opposizione tra la civilitas dei Mesi e la ferinità degli invasori che

16 Sull’importanza rivestita dai dispositivi di protezione urbani, in primis le mura di cinta, nella lot-ta contro gli invasori insiste opportunamente A. Lewin, Studi sulla città imperiale romana nell’Oriente tardoantico, Como 1991, 9-51 ; sul tema si vd. inoltre le considerazioni svolte infra, n. 84.

17 È questa la datazione convenzionale per gli eventi narrati nel frammento : C. Müller, Frag-menta Historicorum Graecorum, iii, Parisiis 1849, 676 (d’ora in poi abbreviato FHG) ; B. Rappaport, Die Einfälle der Goten in das römische Reich bis auf Constantin, Leipzig 1899, 35 e 124 ; F. Gräbner, Eine Zosimosquelle, ByzZ 14, 1905, 87-159, partic. 120 ; F. Jacoby, Die Fragmente der Griechischen Histori-ker, ii C (Kommentar), Berlin 1926, 304-311, partic. 310 (d’ora in poi abbreviato Kommentar) ; Fluss, Marcianopolis, in RE xiv 2, 1930, 1505-1511, partic. 1509 e ibid. A. Stein, Maximus (13), 2541 ; Id., Die Legaten von Moesien, Budapest 1940, 103 n. 1 ; A. Alföldi, The invasions of peoples from the Rhine to the Black Sea, in CAH xii1, 1939, 138-164, partic. 143 ; E.A. Thompson, The Early Germans, Oxford 1965, 134 e 136 ; Millar, Dexippus, cit., 288-289 ; C. Habicht, Beiträge zur Prosopographie der altgriechischen Welt, « Chiron » 2, 1972, 103-134, partic. 129 ; R.F. Hoddinott, Bulgaria in Antiquity. An Archaeological Introduction, London-Tonbridge 1975, 154 ; B. Gerov, Marcianopolis im Lichte der historischen Angaben und der archäologischen, epigraphischen und numismatischen Materialen und Forschungen, in Id., Beiträge zur Geschichte der römischen Provinzen Moesien und Thrakien. Gesammelte Aufsätze, Amsterdam 1980, 289-312, partic. 300 ; G.E.M. de Ste Croix, The class struggle in the ancient Greek world : from the archaic age to the Arab conquests, London 1981, 653 n. 42 ; F. Paschoud, L’Histoire Auguste et Dexippe, in G. Bonamente - D. Noël (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Parisinum, Macerata 1991, 217-269, partic. 223 ; A. Haralambieva, Marcianopolis als Anziehungspunkt für Ostgermanen (Goten) vom 3. bis zum 5. Jahrhundert, in H. Friesinger - A. Stuppner (Hrsgg.), Gesellschaftliche Phänomene in der Frühge-schichte. Materialen des 13. Internationalen Symposiums “Grundprobleme der frühgeschichtlichen Entwicklung im mittleren Donauraum”. Zwettl, 4.-8. Dezember 2000, Wien 2004, 143-147, partic. 143-144 ; G. Depeyrot, La propagande monétaire (64-235) et le trésor de Marcianopolis (251), Wetteren 2004, 8-9 ; Martin, Dexipp von Athen, cit., 17 e 201-202. In assenza di qualsiasi riferimento interno al testo, tale cronologia si basa soltanto sul confronto con Iord. Get. 92 (MGH AA v, 81), dove viene rapidamente ricordato un assedio di Marcianopoli condotto dai barbari durante le incursioni in Mesia e Tracia guidate dal re Ostrogota ; tuttavia, mentre il brano di Dexippo si conclude con una schiacciante sconfitta dei barbari, secondo la testimonianza di Iordanes la città sarebbe stata risparmiata in seguito al pagamento di denaro. Non si deve inoltre dimenticare che una parte della critica tende oggi ad identificare la campagna di Ostrogota del 248 con quella condotta da Kniva due anni dopo (H. Wolfram, Storia dei Goti, ed. it. rivista e ampliata dall’autore a cura di M. Cesa, Roma 1985, 87-88 n. 12 ; B. Bleckmann, Die Reichskrise des III. Jahrhunderts in der spätantiken und byzantinischen Geschichtsschreibung. Untersuchungen zu den nachdionischen Quellen der Chronik des Johannes Zonaras, München 1992, 162) ; in tal caso si dovrebbe escludere qualsiasi riferimento al brano dexippeo, poiché il ritrovamento di un tesoro nei pressi della città con monete datate fino all’età di Decio porta a ritenere che in quella circostanza Marcianopoli sia stata espugnata (cfr. Al-földi, Invasions, cit., 145-146 ; Gerov, Marcianopolis, cit., 300 ; de Ste Croix, The class struggle, cit., 653 n. 42 ; Haralambieva, Marcianopolis, cit., 144). Non si può pertanto escludere l’ipotesi che i due brani facciano riferimento ad episodi differenti e che il frammento di Dexippo descriva un assedio della città verificatosi successivamente.


connota l’intero passo, 18 è significativo che dell’uomo non venga ricordato alcun titolo onorifico o incarico istituzionale.

Purtroppo il leader della resistenza marcianopolitana non sembra essere altri-menti noto ; il tentativo di proporne un’identificazione è reso particolarmente arduo sia dal silenzio delle altre fonti in proposito sia dal pessimo stato di con-servazione del testo dexippeo, che proprio nel passo a lui dedicato presenta una grave corruttela. Il manoscritto riporta infatti l’oscura formula Mavximo~, ajnh;r gevno~ me;n tw`n ajpovrw metakou, che Carl Müller tentò inizialmente di emenda-re in « tw`n ajpovrwn metalabwvn vel tw`n ajpovrwn metoivkwn » ; 19 nel iii volume dei Fragmenta Historicorum Graecorum lo studioso propose invece « num tw`n ajpovrwn metoivkwn ? tw`n eujpovrwn kai; megavlwn ? » 20, mentre negli Addenda dell’opera mutò di nuovo opinione e suggerì la soluzione « gevno~ me;n tw`n ajpo; ÔRwmetavkou (i.e. ÔRoimetavlkou) ». 21

Le prime due ipotesi, oltre ad essere piuttosto lontane dal testo tràdito, sembra-no poco plausibili anche sul piano logico : la leadership di Massimo viene presenta-ta quasi come una condizione naturale che non necessita di ulteriori spiegazioni, e questo si giustifica più facilmente in relazione ad un personaggio eminente per

18 Sul piano narrativo lo scontro tra la povli~ e i suoi avversari è operato su due livelli, poiché alla realistica descrizione del conflitto si sovrappone costantemente l’ideale contrasto tra il mondo di cultura rappresentato dai Marcianopolitani e la bestialità degli invasori. La vittoria degli assediati è infatti garantita sia dalla resistenza delle mura, simbolo tangibile della forza della città e dei valori da essa rappresentati, che dalla raffinata strategia di combattimento adottata dagli uomini al seguito di Massimo, che lasciano dapprima fiaccare i nemici in un vano assalto per poi passare ad un’improvvi-sa controffensiva : è tutto il mondo classico, con il suo patrimonio di intelligenza e di capacità tecni-che, che si contrappone alla superbia e al furor dei barbari. L’intera rappresentazione si basa dunque sulla convenzionale immagine del barbaro rozzo e primitivo che caratterizza tutti i frammenti degli Skuqikav : si vd. S. Mazzarino, L’impero romano, Roma-Bari 1984, 566 ; R. Calabrese, La concezione della storia in Dexippo di Atene, « Sileno » 4/1, 1978, 129-143, partic. 142 ; Bleckmann, Reichskrise, cit., 207-211 ; Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 93 e 95-98 ; H. Brandt, Dexipp und die Ge-schichtsschreibung des 3. Jh. n. Chr., in M. Zimmerman (Hrsg.), Geschichtsschreibung und politischer Wan-del im 3. Jh. n. Chr. : Kolloquium zu Ehren von Karl Ernst Petzold (Juni 1998) anlässlich seines 80. Geburtstags, Stuttgart 1999, 169-181, partic. 178 ; Martin, Dexipp von Athen, cit., 188 e 198-202.

19 Il testo dell’excerptum de strategematibus 4 venne pubblicato per la prima volta in un’Appendice curata da Müller nell’edizione Didot di Flavio Giuseppe : Flavii Iosephi opera graece et latine, recogno-vit Guilielmus Dindorfius, ii, Parisiis 1847, 12 (non vidi) ; sul codice latore del brano cfr. ora Martin, Dexipp von Athen, cit., 51-52.

20 FHG iii, 676 con la traduzione : « vir genere quidem e pauperum ( ?) familia oriundus » (ibid. 675).

21 FHG v, lix : « Literas codicis componas hunc in modum : gevno~ me;n tw`n ajpo; ÔRwmetavkou, in qui-bus corrigendum ÔRwimetavlkou vel ÔRoimhtavlkou, vir genere ex posteris Rhoemetalce. Intellige celeberri-mum Odrysarum regem qui sec. Tac. An. 2, 64 omnem Thraciae nationem tenebat (coll. Dion. Cass. 54, 20 et 34. 35, 30). Huius frater Rescuporis erat, cuius filius Roemetalces II sub Tiberio partem regni, deinde sub Calligula et ipse totam Thraciam accepit (Tac. An. 3, 38 sqq.) ». Questa lettura era già stata proposta dallo studioso nella sua recensione all’opera di Wescher, Poliorcétique des Grecs, cit., dove era invece preferita la formula tw`n ajpovrwn metakouvwn : « Ich lese tw`n ajpo; ÔRwmetavkou und verbessere den Namen in ÔRoimetavlkou oder ÔRoimhtavlkou. Rhoemetalces ist der Name zweier aus Tacitus und Dion wohlbekannter Thrakerkönige. Einen dritten ÔRoimhtavlkh~, der zu Hadrians Zeit König im Bosporus war, kennen wir aus einer Inschrift (C.J. n. 2108) » (GGA 1869. 1, 1-33, partic. 31-32).

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ricchezza e prestigio piuttosto che ad un oscuro cittadino presumibilmente di umili natali ; il nesso gevno~ me;n tw`n ajpo; fa inoltre pensare alla menzione di una determinata famiglia, mentre sia a[poroi che eu[poroi sono definizioni generiche che non alludono ad una specifica stirpe. Risulta perciò molto più convincente l’ultima delle proposte avanzate da Müller, che vede in Massimo un discendente dell’illustre famiglia dei ÔRoimetavlkoi, gli ultimi esponenti della monarchia tra-cia : essa non crea alcuna difficoltà sul piano testuale 22 e contribuisce a spiegare la preminenza sociale ed il delicato ruolo giocato dal personaggio al momento dell’assedio. 23

Sebbene tale ipotesi fosse stata accolta già da Ludwig Dindorf nell’edizione degli Historici Graeci Minores, 24 la sua assenza nella sezione dei FHG dedicata a Dexippo ne ha impedito un’ampia diffusione presso la critica specialistica ; Rap-paport dovette conoscerla grazie alla mediazione di Dindorf, ma nella sua mo-nografia dedicata alle invasioni gotiche parlò genericamente di un « Maximus aus thracischem Geschlecht », eliminando qualsiasi riferimento alla dinastia dei ÔRoi-metavlkoi. 25 Il vago accenno di Rappaport ad un « thracisches Geschlecht » e l’ado-zione del testo « gevno~ me;n tw`n ajpovrwn ( ?) metakou † » da parte di Jacoby 26 hanno determinato nella storiografia successiva la convinzione che Massimo fosse un uomo di umili natali e di origine trace (elemento che peraltro nel testo di Dexip-po non è specificato) ; 27 soltanto agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso

22 Sebbene la lezione ÔRwmetav<l>kou presumibilmente trasmessa dall’escerto differisca dalla più comune ÔRoimetavlkh~, le numerose varianti con cui è attestato il nome della famiglia (ÔRoimetavlkh~, ÔRwmetavlkh~, ÔRumhtavlkh~, ÔRumetavlkh~, ÔRumitavlkh~, Rometalca, Rhoemetalcaes, Rhomoetalces, Rumitalca) dimostrano che la presenza di w in luogo di oi e di e al posto di h poteva essere del tutto plausibile (si vd. in proposito la documentazione raccolta da Habicht, Beiträge zur Prosopographie, cit., 130-131) ; allo stesso modo anche la caduta del lambda non crea difficoltà.

23 Come sottolinea anche Habicht, Beiträge zur Prosopographie, cit., 129-130 « der Topos, daß er in der Stunde der Not nicht nur die Aufgaben des Feldherrn erfüllte, sondern auch wie ein einfacher Soldat kämpfte, läßt erkennen, daß seine Feldherrnrolle vom Autor als natürlich angesehen wurde, sei es, daß er höherer kaiserlicher Offizier, sei es, daß er dank seiner Herkunft berechtigt war, beson-dere Autorität zu beanspruchen ».

24 Historici Graeci Minores, edidit L. Dindorfius, i, Lipsiae 1870, 179.25 Rappaport, Die Einfälle der Goten, cit., 35 e n. 3 (per il riferimento a Dindorf ). Anche Stein,

Maximus, cit., 2541 menziona tramite Dindorf la congettura di Müller « ajpo; ÔRwmetav<l>kou », ma la definisce « recht zweifelhaften » ; Massimo viene presentato semplicemente come « ein philosophisch gebildeter Mann ... Stratege der Stadt » (cfr. anche Id., Die Legaten von Moesien, cit., 103 n. 1 : « ein ge-wisser Maximus »). 26 FGrHist 100 F 25, 2, p. 467.

27 Cfr. Jacoby, Kommentar, cit., 310 : « Mavximo~ : sonst unbekannt » ; Fluss, Marcianopolis, cit., 1509 : « unter Führung des Thrakers Maximus » ; W. Ensslin, The senate and the army, in CAH xii1, 57-95, par-tic. 92 : « Marcianopolis was besieged, but the city stoutly resisted, thanks to its renovated walls and the valour of its inhabitants who were led by a Thracian called Maximus » ; L. Schmidt, Geschichte der deutschen Stämme bis zum Ausgang der Völkerwanderung. Die Ostgermanen, München 19412, 205 : « da die Bewohner unter der Führung des Maximus sich tapfer wehrten » (non vidi) ; Millar, Dexippus, cit., 289 : « the leader of the defenders » ; PIR2 v, M. 427, 238 : « Maximus, e pauperum familia oriundus... » ; Hod-dinott, Bulgaria in Antiquity, cit., 154 : « valiant resistance led by Maximus, a philosopher and citizen » ; Gerov, Marcianopolis, cit., 300 : « Die Verteidigung der Stadt wurde von dem Philosophen Maximus, einem gelehrten Bürger thrakischer Herkunft geleitet » ; Depeyrot, La propagande monétaire, cit., 9 : « Maxime, un homme issu d’une famille pauvre... ».


Habicht ha riaperto il problema, ritornando alla dimenticata intuizione di Müller e dimostrandone con nuovi dati la validità. La sopravvivenza dei ÔRoimetavlkoi al-meno fino al iv secolo d.C. e l’attestazione del loro nome a Marcianopoli rendono altamente probabile l’appartenenza di Massimo all’antica dinastia ; la correzione gevno~ me;n tw`n ajpo; ÔRwmetav<l>kou sembra vantare il maggior grado di verosi-miglianza e può quindi essere accolta. 28

Sebbene la sua elevata condizione sociale lo destinasse ad una brillante carriera politica, l’assenza di qualsiasi riferimento ad eventuali uffici e di altro materiale documentario porta a ritenere che Massimo non abbia ricoperto alcuna magistra-tura nell’ambito dell’apparato statale romano : 29 non è quindi un rappresentante del potere centrale a guidare la lotta di Marcianopoli, ma un membro dell’élite urbana senza alcuna investitura imperiale.

Una situazione analoga si può ipotizzare per Filippopoli, sebbene anche in que-sto caso le lacune della tradizione manoscritta rendano particolarmente difficile la contestualizzazione del passo. La communis opinio lega il frammento alla cam-pagna di Kniva del 250-251, durante la quale la metropoli venne distrutta e molti dei suoi abitanti, tra cui numerosi senatori, caddero prigionieri : l’episodio suscitò vasta eco presso i contemporanei e rappresentò uno dei momenti più drammatici della guerra. 30 In mancanza di indizi interni al testo, tale interpretazione poggia soprattutto sull’assenza di riferimenti ad altri assedi della città nelle fonti lettera-rie ; 31 è tuttavia evidente la debolezza di un simile argumentum e silentio, ed inoltre mentre in quell’occasione i Goti portarono vittoriosamente a termine lo scontro, il racconto dexippeo si conclude con la disfatta dei barbari. Già Carl Müller aveva tentato di sanare questa contraddizione presupponendo che nel brano a noi con-servato fosse riportata soltanto la prima parte dell’episodio, mentre la narrazione

28 Habicht, Beiträge zur Prosopographie, cit., 129-134 e partic. 131-133 per le testimonianze relative alla storia dei ÔRoimetavlkoi dopo la provincializzazione della Tracia. Nella sua edizione di Dexippo Mar-tin sembra ignorare questa ipotesi, limitandosi a pubblicare il testo tràdito contrassegnandolo con le cruces e a proporne la consueta traduzione : « Maximus, ein mittelloser ( ?)*** » (pp. 108-109).

29 Come rileva anche Habicht, Beiträge zur Prosopographie, cit., 130 « daß er als Philosoph bzw. als aktiver Freund der Philosophie vorgestellt wird, paßt nicht gut für einen Beamten oder Offizier, weist aber mit ziemlicher Sicherheit auf einen Mann aus höheren Kreisen mit Ansehen und Vermö-gen ». Sul peculiare ruolo politico dei filosofi in età imperiale, che in virtù della parrhsiva legata alla propria condizione di sapienti potevano agire come mediatori tra cittadinanze e potere centrale, cfr. A. La Rocca, Il filosofo e la città. Commento storico ai Florida di Apuleio, Roma 2005, 35-49 e 64-77.

30 Sulla caduta di Filippopoli cfr. Dexippo F 17 Martin (= FGrHist 100 F 22) ; Amm. xxxi 5, 17 ; Zos. i 24, 2 ; Iord. Get. 101-103 (MGH AA v, 83-84) ; per la rilevanza dell’episodio nelle fonti coeve sono illu-minanti i vv. 815-820 del carme di Commodiano, su cui si vd. l’interpretazione di Mazzarino, L’impero romano, cit., 537-543.

31 Müller, FHG iii, 679 ; Rappaport, Die Einfälle der Goten, cit., 30 e 40 ; Gräbner, Zosimosquelle, cit., 119 ; Jacoby, Kommentar, cit., 310 ; Stein, Die Legaten von Moesien, cit., 103 n. 3 ; R. Hanslik, Priscus (18), in RE xxiii 1, 1957, 5-6, partic. 5 ; Thompson, Early Germans, cit., 133 (nel suo articolo Priscus of Panium, fragment Ib, CQ 39, 1945, 92-94, partic. 93 lo studioso aveva invece seguito l’opinione di Alföldi, su cui vd. infra) ; Millar, Dexippus, cit., 288-289 ; R.C. Blockley, Dexippus and Priscus and the thucydidean ac-count of the siege of Plataea, « Phoenix » 26, 1972, 18-27, partic. 19 ; Paschoud, L’Histoire Auguste et Dexip-pe, cit., 223 ; Bleckmann, Reichskrise, cit., 207-208 n. 179 ; Depeyrot, La propagande monétaire, cit., 10-15.

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originale si sarebbe conclusa con la descrizione di un successivo e vittorioso at-tacco dei Goti e la conseguente capitolazione della città. 32 Una simile ipotesi con-trasta tuttavia con il modus operandi degli excerptores bizantini, che pur eseguen-do dei tagli anche ingenti all’interno dei passi epitomati erano soliti riportare la conclusione della vicenda così come descritta nella propria fonte : 33 se dunque in questa circostanza Filippopoli fosse infine caduta, l’excerptor difficilmente avrebbe omesso dalla sua raccolta la narrazione del tragico epilogo. 34

Più convincente la soluzione avanzata da Andreas Alföldi : lo studioso sugge-riva per questi eventi una datazione intorno al 268-269, nell’ambito delle incur-sioni gotiche che funestarono la fine del principato di Gallieno ed il breve regno di Claudio II. 35 Nonostante la ricostruzione di queste campagne da lui proposta oggi non sia più condivisibile, 36 l’ipotesi di un attacco alla città verso la fine degli

32 FHG iii, 679. 33 Il confronto tra i testi di alcuni storici utilizzati negli Excerpta Constantiniana, e a noi noti da

altre tradizioni, e i passi corrispondenti presenti nella raccolta consente di affermare che alla base della silloge voluta dal Porfirogenito vi era un rigoroso principio di conservazione del testo : cfr. e.g. i casi di Cassio Dione (Cassii Dionis Cocceiani Historiarum Romanarum quae supersunt, edidit U.Ph. Bois-sevain, iii, Berlin 19552, 767-775), di Dionigi d’Alicarnasso (su cui da ultima V. Fromentin, Contribution à l’histoire de la tradition indirecte des Antiquités Romaines de Denys d’Halicarnasse : les fragments de la première décade, « Ktema » 29, 2004, 175-194, partic. 188-194) e Giovanni d’Antiochia (Ioannis Antiocheni Fragmenta ex Historia chronica. Introduzione, edizione critica e traduzione a cura di U. Roberto, Ber-lin-New York 2005, xxxvii-xlii) ; si vd. inoltre C. de Boor, Zu den Excerptsammlungen des Konstantin Porphyrogennetos, « Hermes » 19, 1884, 123-148 e Id., Suidas und die Konstantinische Excerptsammlung, i, ByzZ 21, 1912, 381-424 ; ii, ByzZ 23, 1914-1920, 1-127, partic. 4-12 ; E. Täubler, Zur Beurteilung der kon-stantinischen Excerpte, ByzZ 25, 1925, 33-42. Sebbene l’appartenenza degli Excerpta de strategematibus, da cui è tratto il brano, all’enciclopedia costantiniana rimanga ancora sub iudice (si vd. supra, n. 15), i redattori del volume sembrano essersi ispirati ai medesimi criteri compositivi adottati dall’équipe al servizio dell’imperatore.

34 L’osservazione di Jacoby, secondo cui « die exzerpte F 25, 27 scheinen am schluße, F 29 auch sonst, stärker gekürzt » (Kommentar, cit., 310), può essere considerata valida per le ultime sezioni del fram-mento in cui vengono descritte le modalità di difesa della città, ma l’affermazione finale kai; tou`to th/` poliorkiva/ tevlo~ toi`~ Skuvqai~ ejgevneto non lascia adito a dubbi sull’esito dello scontro ; come osserva anche Gerov, La carriera militare di Marciano, generale di Gallieno, in Id., Beiträge, cit., 121-145, partic. 141 n. 77 : « Al ricondurre questa descrizione al primo assedio di Filippopoli durante l’anno 250 osta la frase conclusiva kai; tou`to th/` poliorkiva/ tevlo~ toi`~ Skuvqai~ ejgevneto « e quella fu la fine dell’assedio degli Sciti ». Se veramente si fosse riferito a quell’assedio, Dessippo non si sarebbe espresso in questo modo, perché, in fin dei conti, la città venne conquistata durante il secondo assedio di quello stesso anno. Qui, invece, si tratta del ritiro definitivo degli Sciti ». È d’altro canto da escludere la perdita di un secondo frammento con un proseguimento del racconto, poiché il codice che ha trasmesso gli Excerp-ta de strategematibus non presenta a questo punto alcuna lacuna : Martin, Dexipp von Athen, cit., 51-52.

35 Alföldi, Invasions, cit., 144 n. 7, 149 e 161 (cfr. anche Id., Weltkrise, cit., 324-325), seguito su que-sto punto da Gerov, La carriera militare di Marciano, cit., 140-141 ; si vd. anche de Ste Croix, The class struggle, cit., 653 n. 42, Wolfram, Storia dei Goti, cit., 101 e A. Schwarcz, Die gotischen Seezüge des 3. Jahrhunderts, in R. Pillinger - A. Pülz - H. Vetters (Hrsgg.), Die Schwarzmeerküste in der Spätantiken und im Frühen Mittelalter. Referate des dritten, vom 16. bis 19. Oktober 1990 durch die Antiquarische Abteilung der Balkan-Kommission der Österreichischen Akademie der Wissenschaften und das Bul-garische Forschungsinstitut in Österreich veranstalteten Symposions, Wien 1992, 47-57, partic. 53-54, che pensano al 268 d.C.

36 Nonostante l’esplicita testimonianza degli autori antichi, secondo cui vi furono due distinte campagne gotiche, la prima verificatasi nell’età di Gallieno e terminata con la vittoria dell’imperato-


anni Sessanta vanta un maggior grado di probabilità rispetto a quella comune-mente accettata. In questa prospettiva Manfred Oppermann ha posto in relazione gli avvenimenti qui descritti con un’iscrizione onoraria rinvenuta nel sito dell’an-tica Filippopoli nel 1963, dove la città glorifica il protector di Gallieno Marciano come suo benefattore e salvatore (to;n eJauth`~ eujergevthn kai; swth`ra) : 37 poiché la definizione lascia presumere una precedente situazione di pericolo, verificatasi probabilmente nel corso della prima invasione erula e facilmente identificabile con un assedio, lo studioso riteneva che il frammento dexippeo descrivesse le ope-razioni svoltesi in quell’occasione e datava l’evento al 267. 38 Sebbene questa teoria possa vantare un buon grado di verosimiglianza, il silenzio di Dexippo sull’attività di Marciano solleva delle perplessità : come dimostrano altri passi degli Skuqikav, lo storico non era solito omettere la partecipazione dei funzionari romani alle operazioni e se l’intervento di Marciano fosse stato determinante per la difesa della città egli probabilmente non avrebbe mancato di sottolinearlo. 39 Già diversi

re lungo il fiume Nessos (Sync. Chron. 467 Mosshammer ; HA Gall. 13, 6-10 ; Zos. i 39, 1) e la seconda ascrivibile al regno di Claudio e conclusasi con la battaglia di Naisso (Zos. I 42-45 ; HA Claud. 6, 9 e 11 ; Sync. Chron. 469 Mosshammer), Alföldi ha sostenuto la storicità di un’unica invasione tra il 268 e il 269 d.C., a suo dire erroneamente duplicata nelle fonti letterarie : cfr. The sources for the Gothic Invasions of the years 260-270, in CAH xii1, 721-723, partic. 723 (ristampato in tedesco in Id., Weltkrise, cit., 436-439 ; in questo stesso volume si vd. anche Die Bewegungen der dakischen und germanischen Völ-ker am Pontus, an der Donau und am Rhein, 312-341, partic. 323-325). Per la confutazione di questa tesi si vd. ora soprattutto gli studi di T. Kotula, Nessos et Naissos : problème topographique et historique des campagnes de Gallien et de Claude II contre les Goths, « Eos » 79, 1991, 237-243 e E. Kettenhofen, Die Einfälle der Heruler ins Römische Reich im 3. Jh. n. Chr., « Klio » 74, 1992, 291-313.

37 AÉ 1965, 114 : ∆Agaqhì Tuvchi / to;n diashmovtaton / Markianovn, prothvkto/ra tou` ajneikhvtou despov/tou hJmw`n Gallihnou` Se(bastou`), / tribou`non praetwrianw`n / kai; dou`ka kai; strathlavthn / hJ lamprotavth Qra/kw`n / mhtrovpoli~ Filippovpo/li~ to;n eJauth`~ eujergevthn / kai; swth`ra ajnevsthsen. / Eujtucw`~. / Prwtarcou`nto~ PurjrJou ajpo; / [aj]rcierwsuvnh~ kai; logistou. Sul personaggio si vd. Gerov, La carriera militare di Marciano, cit., 127-142.

38 M. Oppermann, Plovdiv - antike Dreihügelstadt, Berlin 1984, 107 ; cfr. anche Schwarcz, Die gotische Seezüge, cit., 54. L’epigrafe è infatti precedente alla morte di Gallieno (Gerov, La carriera militare di Marciano, cit., 141 e Kettenhofen, Die Einfälle der Heruler, cit., 297-298), e d’altro canto l’attività di Marciano nel 267-268 è attestata dalle testimonianze della Historia Augusta (Gall. 13, 10 e Claud. 6, 1) e di Zosimo (I 40, 1). Una datazione delle vicende descritte dal nostro frammento al 267 era comunque già stata proposta da E. Demougeot, La formation de l’Europe et les invasions barbares, I : Des origines germaniques à l’avènement de Dioclétien, Paris 1969, 424-425 e n. 42, seguito da Luttwak, La grande stra-tegia, cit., 182.

39 L’attenzione rivolta dallo storico ateniese alla figura di Marciano sembra indirettamente con-fermata anche dalle notizie sul personaggio fornite dalla Historia Augusta e da Zosimo (citt. supra, al-la n. preced.), che in questo caso probabilmente derivano da Dexippo, direttamente o indirettamen-te, gran parte delle loro informazioni. L’uso di Dexippo da parte del redattore della Historia Augusta rappresenta uno degli aspetti più spinosi della Quellenforschung relativa alla raccolta, dal momento che mentre da un lato lo storico è stato considerato la principale fonte del biografo latino per tutto il periodo compreso tra il 238 e il 270 d.C. (F. Altheim, Literatur und Gesellschaft im ausgehenden Alter-tum, I, Halle Saale 1948, 175-192 ; Th.D. Barnes, The Sources of the Historia Augusta, Bruxelles 1978, 58-63, 71-75 e 109-111), dall’altro la stessa attendibilità di molte delle citazioni dexippee presenti nelle diverse Vitae è stata duramente contestata : cfr. Paschoud, L’Histoire Auguste et Dexippe, cit., passim ; A. Lippold, Kommentar zur Vita Maximini duo der Historia Augusta, Bonn 1991, passim ; H. Brandt, Kommentar zur Vita Maximi et Balbini der Historia Augusta, Bonn 1996, passim ; Id., Quellenbenutzung

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anni prima che apparisse lo studio di Oppermann anche Gerov aveva rilevato le difficoltà di conciliare i dati emersi epigraficamente con le informazioni fornite dagli Skuqikav ; pur riferendo la dedica alla seconda fase della guerra del 267-268, lo studioso aveva infatti negato una diretta connessione tra la liberazione della città dall’assedio ed un personale intervento del generale : « L’iscrizione indica che egli salvò Filippopoli da una nuova occupazione e saccheggio, quali la città aveva conosciuto 17 anni prima sotto Decio. Non si deve intendere tuttavia che tale suc-cesso sia stato conseguito senz’altro mediante un’azione diretta degli eserciti di Marciano contro gli assalitori della città, ‘Sciti’ o ‘Goti’, come vengono chiamati nelle fonti. Esso fu piuttosto la conseguenza di una vittoria riportata più lontano su taluni loro raggruppamenti, per cui, all’avvicinarsi dell’esercito romano, l’asse-dio vi fu tolto. Sotto tale luce diventa possibile connettere con un assedio della cit-tà nel 267 [...] la nota patetica descrizione dell’assedio di Filippopoli da parte degli ‘Sciti’ in Dessippo ». 40 Sembra dunque probabile che anche in questo caso la città abbia affrontato da sola i suoi assalitori, secondo uno schema che ricorre costante-mente negli Skuqikav e che sembra costituire la cifra caratteristica dell’opera.

Anche nel caso di Side non sembra essere attestata la presenza di truppe ro-mane al fianco degli assediati, sebbene la brevità dell’excerptum non consenta di trarre conclusioni certe. 41

in der Vita Maximi et Balbini, in G. Bonamente - F. Heim - J.-P. Callu (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Argentoratense, Bari 1998, 59-66 ; C. Bertrand-Dagenbach, Aux sources de l’Histoire Auguste à travers les fragments de Marius Maximus et de Dexippe, « Ktema » 29, 2004, 223-230. Se dunque la critica appare concorde nel presupporre da parte dell’Anonimo una diretta consultazione degli scritti dello storico ateniese, le modalità d’impiego di questo materiale rimangono ancora sub iudice. Ugualmen-te complesso è lo studio dei rapporti tra Dexippo e Zosimo : se la vecchia tesi di Rappaport (Hat Zosimus I, c. 1-46 die Chronik des Dexippus benutzt ?, « Klio » 1, 1902, 427-442) che vedeva in Dexippo la fonte diretta di Zos. i 1-46 non appare suffragata da sufficienti argomentazioni, come già Gräbner aveva acutamente rilevato (Eine Zosimosquelle, cit., passim), alcune corrispondenze tra il primo libro della ÔIstoriva neva e la produzione dello storico ateniese fanno comunque propendere per un uso del materiale dexippeo da parte di Zosimo attraverso la mediazione di altri autori : R.C. Blockley, Was the first book of Zosimus’ New History based on more than two sources ?, « Byzantion » 50, 1980, 393-402 ; A. Baldini, Le due edizioni della storia di Eunapio e le fonti della Storia Nuova di Zosimo, AFLM 19, 1986, 47-109 ; B. Girotti, Da Evagrio a Zosimo : nota sulle fonti del primo libro della Storia Nuova, RSA 32, 2002, 151-166. Rimangono invece scettici su un possibile ricorso a Dexippo da parte di Zosimo S. Mazzari-no, Il pensiero storico classico, II 2, Roma-Bari 19661 (d’ora in poi abbreviato PSC), 282-288 ; Bleckmann, Reichskrise, cit., 30-32 e Brandt, Dexipp, cit., 173.

40 Gerov, La carriera militare di Marciano, cit., 140-141 ; lo studioso prosegue affermando che « pos-siamo invece riportare l’omaggio reso a Marciano quale ‘benefattore’, a qualche servigio fatto da lui alla città sempre in relazione con quegli avvenimenti, al superamento delle difficoltà cagionate dalla guerra, per es. nell’approvvigionamento della popolazione, nella restituzione di prigionieri e di beni depredati, nella riparazione di mura smantellate, ecc. » (ibid. 141).

41 F 27 Martin (= FGrHist 100 F 29). L’episodio viene generalmente riferito alla campagna con-dotta dagli Eruli lungo le coste dell’Egeo e del Mediterraneo orientale durante il regno di Claudio II (Zos. i 46, 1 ; Amm. XXXI 5, 16 ; HA Claud. 12, 1), e datato nel 269 : Rappaport, Die Einfälle der Goten, cit., 90-91 n. 4 ; Jacoby, Kommentar, cit., 311 ; P. Damerau, Kaiser Claudius II. Goticus, Leipzig 1934, 73 ; Thompson, Early Germans, cit., 134 ; Luttwak, La grande strategia, cit., 182 ; Schwarcz, Die gotischen Seezüge, cit., 54 ; Kettenhofen, Die Einfälle der Herulen, cit., 304 ; Zosime. Historie Nouvelle. Tome i (Livres i-ii), texte établi et traduit par F. Paschoud, Paris 20002, 165 n. 74 ; H. Hellenkemper - F. Hild, Likien


Molto più articolata appare invece la situazione di Atene nel 267, a noi nota principalmente grazie al discusso frammento degli Excerpta de sententiis F 25 Mar-tin (= FGrHist 100 F 28a). Le varie sezioni del brano si presentano come parti di un discorso pronunciato sulle montagne dell’Attica al cospetto di circa duemila Ateniesi : l’inconsueto teatro dell’azione, l’incitamento alla resistenza armata in difesa della patria e la menzione dell’occupazione della città da parte del nemico lasciano presumere per Atene una situazione di estremo pericolo, che avrebbe costretto parte dei suoi abitanti a cercare rifugio nel territorio circostante e ad organizzare da lì una guerra di liberazione. 42 Pertanto, nonostante la perdita della parte iniziale del brano impedisca l’esatta ricostruzione del suo contesto origina-rio, la maggior parte della critica ha inquadrato senza esitazioni queste vicende nell’ambito dell’invasione erula del 267-268 d.C., poiché secondo le testimonianze di Sincello e della Historia Augusta proprio in quell’occasione i barbari riuscirono a conquistare Atene mettendola a ferro e fuoco, ma subirono poi gravi perdite per l’attacco condotto contro di loro dagli abitanti della città guidati da Dexippo. 43 Il brano è stato così considerato un frammento degli Skuqikav dello storico atenie-se, che nella propria opera avrebbe riportato l’orazione da lui stesso pronunciata in quella difficile circostanza per indurre i propri concittadini alla lotta. 44

und Pamphylien, « Tabula Imperii Byzantini » 8, I, Wien 2004, 107 e 374. Wolfram, Storia dei Goti, cit., 101 pensava invece all’anno precedente, mentre de Ste Croix, The class struggle, cit., 653 n. 42 più ge-nericamente riferiva l’episodio al 268-269. Del tutto isolata la posizione di Müller (FHG iii, 681), che datava l’evento al 270 collegandolo all’assedio di Anchialo menzionato in HA Claud. 12, 4, su cui si vd. tuttavia le osservazioni di Damerau, Kaiser Klaudius II. Goticus, cit., 74-75.

42 Secondo una convincente ipotesi di G. Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica, JHS 108, 1988, 48-59, la postazione descritta sarebbe da individuare nel massiccio dell’Aigaleos, catena montuosa situata tra il Parnete a nord-est e lo stretto di Salamina a sud-ovest ; tuttavia prima di lui già U. Kahrstedt, Das wirtschaftliche Gesicht Griechenlands in der Kaiserzeit. Kleinstadt, Villa und Domäne, Bernae 1954, 50 n. 2, aveva riconosciuto in questo paesaggio il Korydallos, per la cui identificazione con l’Aigaleos si vd. Honigmann, Korydallos (1), in RE xi 2, 1922, 1447.

43 HA Gall. 13, 8 : [scil. i Goti] atque inde Cyzicum et Asiam, deinceps Achaiam omnem vastarunt et ab Atheniensibus duce Dexippo, scriptore horum temporum, victi sunt ; Sync. Chron. : [scil. gli Eruli] ei\ta kai; ta;~ nhvsou~ Lh`mnon kai; Sku`ron dh/ou`si, kai; eij~ th;n ∆Attikh;n fqavsante~ ejmpiprw`si ta;~ ∆Aqhvna~ Kovrinqovn te kai; Spavrthn kai; to; “Argo~ kai; th;n o{lhn ∆Acaivan katevdramon, e{w~ ∆Aqhnaiòi katav tina~ stena;~ suscwriva~ ejnedreuvsante~ aujtou;~ pleivstou~ ajnei`lon (467 Mosshammer).

44 A. Mai, Scriptorum veterum nova collectio, ii, Romae 1827, xxviii, 329 n. 2, 330 n. 1 (lo studioso tut-tavia attribuiva il passo alla Cronikh; ÔIstoriva) ; Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae, editio emen-datior et copiosior, consilio B.G. Niebuhrii C.F. instituta, opera eisdem Niebuhrii, Imm. Bekkeri, L. Schopeni, G. et L. Dindorfiorum aliorumque philologorum parata, xiv, Bonnae 1829, xiv e 21 ; FHG iii, 680-681 ; Rappaport, Die Einfälle der Goten, cit., 70-71 ; Schwartz, Dexippos, cit., 288 ; Gräbner, Zosimosquelle, cit., 120 e 144 ; Jacoby, Kommentar, cit., 304 e 311 ; Alföldi, Invasions, cit., 149 e Weltkrise, cit., 324 ; Mazzarino, L’impero romano, cit., 361 e PSC ii 2, 211 ; C.G. Starr, The Roman Imperial Navy 31 B.C.-A.D. 324, Cambridge 19602, 195 ; Demougeot, Formation, i, cit., 423 ; Millar, Dexippus, cit., 288 e 291-295 ; Id., The Roman Empire and its Neighbours, London 19812, 217 ; G.E. Wilson, The herulian sack of Athens A.D. 267, diss. Washington 1971, 39-40, 71-76, 78, 80, 134-135 ; Gerov, La carriera militare di Mar-ciano, cit., 135 ; R.C. Blockley, Dexippus of Athens and Eunapius of Sardis, « Latomus » 30, 1971, 710-715, partic. 712 ; D. Armstrong, Gallienus in Athens, 264, ZPE 70, 1987, 235-258, partic. 237 ; J.J. Wilkes, Civil defence in third-century Achaia, in S. Walker - A. Cameron (Eds.), The Greek Renaissance in the Roman Empire. Papers from the tenth British Museum Classical Colloquium, London 1989, 187-192, partic.

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Alla fine del xix secolo tuttavia questa ricostruzione venne duramente contesta-ta da Bergman. 45 Come ricorda Fowden, 46 secondo questo studioso la perdita della sezione iniziale del frammento impediva di formulare fondate ipotesi sull’identità del leader protagonista dell’azione ; neanche la testimonianza fornita dai Gallieni duo poteva rappresentare una prova al riguardo, poiché per Bergman nel testo latino si sarebbe dovuto leggere indice/docente Dexippo in luogo del tràdito duce Dexippo. 47

In anni più recenti anche de Ste Croix ha definito il successo di Dexippo contro gli Eruli nel 267 « a probable fiction ... a modern myth, deriving from the Historia Augusta and a misunderstanding of Dexippus F 28a ». 48 Oltre a rilevare la non più giovane età di Dexippo all’epoca degli eventi, 49 lo studioso ha sottolineato la man-canza di riferimenti alla presunta leadership dello storico fra i testimonia relativi alla sua attività e in particolare in IG ii/iii2 3669, un’iscrizione onoraria che pur es-sendo certamente posteriore al 267 sembra ignorare l’epica impresa ; 50 infine, de

188-189 ; Paschoud, L’Histoire Auguste et Dexippe, cit., 223-224 ; Schwarcz, Die gotischen Seezüge, cit., 54-55 ; L. De Blois, Emperor and Empire in the works of Greek-speaking Authors of the Third Century A.D., in ANRW ii 34. 4, 1998, 3391-3443, partic. 3391-3393 (cfr. anche Id., The policy of the Emperor Gallienus, cit., 4 e n. 10) ; Bleckmann, Reichskrise, cit., 199-201 ; J. Marincola, Authority and Tradition in Ancient Histo-riography, Cambridge 1997, 199 e 205 ; Brandt, Dexipp, cit., 171 e 177 ; R. Waterfield, Athens. A History from ancient ideal to modern city, London 2004, 299-301 ; E.J. Watts, City and School in Late Antique Athens and Alexandria, Berkeley-Los Angeles-London 2006, 38 n. 68 ; Martin, Dexipp von Athen, cit., 37-41 e 185-187.

45 J. Bergman, De P. Herennio Dexippo et Gothorum illa in Atticam incursione quid scriptores et inscrip-tiones doceant, Stockholm 1897, 17-22 (non vidi).

46 Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica, cit., 51 n. 13.47 Si vd. l’apparato critico ad l. in Scriptores Historiae Augustae, edidit E. Hohl, editio stereotypa

correctior. Addenda et corrigenda adiecerunt Ch. Samberger et W. Seyfarth, ii, Lipsiae 1971, 92. Bergman, loc. cit. (supra, alla n. 45), avanzava anche la possibilità che il Dexippo citato nei Gallieni duo non fosse lo storico Dexippo, e comunque proponeva di identificare il capo della resistenza ateniese con il Cleodamo citato da Zonara xii 26 (su cui vd. infra).

48 De Ste Croix, The class struggle, cit., 654-655 n. 42.49 Sulla presunta età di Dexippo, nato verosimilmente nella prima decade del iii secolo, si vd.

Millar, Dexippus, cit., 278-281.50 T 4 Martin (= FGrHist 100 T 4). L’iscrizione, posta sulla base di una statua eretta dai figli di

Dexippo per il padre, consta di due parti : la prima, in prosa, ripercorre le principali tappe della carriera politica dell’onorato, mentre nella seconda un epigramma celebra la composizione della Cronikh; ÔIstoriva, una storia universale dalle origini fino al regno di Claudio II ; la menzione dell’ope-ra costituisce dunque un terminus post quem per la redazione dell’epigrafe, incisa probabilmente agli inizi degli anni Settanta. Oltre a questo documento, de Ste Croix (The class struggle, cit., 655 n. 42) cita FGrHist 100 T 1 e 2 (= T 1 e 2 Martin), dove Dexippo viene ricordato dalla Suda (s.v. Devxippo~) e da Eunapio (VS iv 3) soltanto come retore e uomo di cultura ; i due riferimenti sono tuttavia poco pertinenti, poiché in entrambi i casi l’interesse è concentrato esclusivamente sull’attività letteraria dello storico e non vengono menzionate nemmeno le altre cariche pubbliche (arcontato, sacerdozio, etc.) attestate dalla documentazione epigrafica. Se in Eunapio questo si giustifica in relazione alla brevità della menzione e alla natura stessa delle Vitae Sophistarum, nel caso della Suda tale specificità potrebbe essere dovuta alla dipendenza del lemma dall’epitome dell’ ∆Onomatolovgon h] Pivnaka tw`n ejn paideiva/ ojnomastikw`n di Esichio di Mileto, da cui presumibilmente deriva un’alta percentuale del materiale biografico presente nel lessico : cfr. L. Prandi, Tipologia e struttura dei lemmi di argomento greco nella Suda, in G. Zecchini (a cura di), Il lessico Suda e la memoria del passato a Bisanzio. Atti della giornata di studio (Milano 29 aprile 1998), Bari 1999, 9-28, partic. 17-19.


Ste Croix ha ritenuto inammissibile l’ipotesi che delle milizie locali si ponessero all’inseguimento dei barbari dopo l’assedio della propria patria. 51

Le obiezioni avanzate da Bergman e de Ste Croix contro la ricostruzione co-munemente accettata peccano tuttavia di eccessivo criticismo. La perdita dell’in-scriptio non è sufficiente a negare l’appartenenza del brano agli Skuqikav, poiché la figura dello storico è espressamente richiamata in F 26c Martin (= FGrHist 100 F 28d) che, pur non riferendosi all’orazione qui riportata, proviene certamente dal medesimo contesto e costituisce un’importante conferma della tradizionale attri-buzione del frammento. 52 Inoltre l’intero passo è ricco di legami intertestuali e di affinità stilistiche con la restante produzione dell’autore ateniese : 53 sono dunque i molteplici indizi interni, prima ancora che il confronto con le altre testimonianze, a suggerire inequivocabilmente la paternità dexippea del brano.

Anche l’informazione della Historia Augusta sulla preminenza assunta dallo sto-rico nei difficili momenti dell’invasione erula non può essere respinta soltanto sul-la base del silenzio di Sincello, l’unica altra fonte che, oltre al frammento in que-stione ed al passo dei Gallieni duo, ha descritto in maniera attendibile il corso degli

51 De Ste Croix, The class struggle, cit., 655 n. 42 : « ... cities might sometimes drive off their besie- gers, but I know of hardly an occasion on which they are reliably said to have pursued their attackers after their withdrawal. I would need much stronger evidence than we have, before accepting, on the strength of the Historia Augusta alone, a daring and successfull piece of military activity against fierce professional fighters, led by a man of letters who must have been in his sixties and had almost cer-tainly had no previous experience of warfare ». Questa tesi è stata condivisa da D.S. Potter, Prophecy and History in the Crisis of the Roman Empire. A Historical Commentary on the Thirteenth Sibylline Oracle, Oxford 1990, 73-74 e n. 18, che tuttavia curiosamente afferma anche che lo storico « was strategos » (ibid. 73), titolo che non viene attestato in nessuna delle iscrizioni a noi note e che potrebbe far riferimento soltanto alle vicende del 267 (su questo punto si vd. comunque le considerazioni svolte infra e n. 57).

52 F 26c Martin (= FGrHist 100 F 28d) : fhsi;n oJ Devxippo~ pro;~ tou;~ ”Ellhna~ dhmhgorw`n: kai; mhv tw`/ parasth`/ wJ~ ............. th`~ swthriva~ uJmw`n ....... ojye; ............ th;n divkhn. e[gnwn te ga;r ta; koinh`/ lusitelh` [o[nt]a eij dhv ti~ a[llo~ kai; pra`xa/ to; bouleuqevn. ajreth; de; a[rconto~ .. uJpaivtio~ o{tou ejsti;n ejpiskevyasqai ta; sunoivsonta kai; ejxergavsasqai. Il brano è conservato negli Excerpta de sententiis dopo F 25 Martin (= FGrHist 100 F 28a) e si presenta come parte di un discorso pronunciato dallo stesso Dexippo di fronte a un’assemblea panellenica : il riferimento alla swthriva si giustifica soltanto in riferimento ad una crisi militare, mentre l’esplicito richiamo alla leadership dell’oratore e alle sue prerogative attesta la preminenza assunta dallo storico in tale circostanza. Pertanto, sebbene la men-zione di Dexippo in questo passo non implichi necessariamente che egli fosse anche il protagonista di F 25 Martin, i due frammenti appaiono strettamente collegati e tutto lascia credere che quando venne pronunciata la demegoria ai Greci lo storico avesse già rivestito il comando conferitogli al termine della precedente orazione (F 25, 7 Martin = FGrHist 100 F 28a, 7) : sul problema cfr. anche Martin, Dexipp von Athen, cit., 39-40.

53 Sul piano formale l’intero brano si caratterizza per la presenza di alcuni elementi tipici della prosa di Dexippo, come la forte coloritura retorica e le numerose reminiscenze tucididee : Dindorf, Historici Graeci Minores, i, cit., xxxviii-xxxix ; F.J. Stein, Dexippus et Herodianus : Rerum scriptores quate-nus Thucydidem secutis sint, diss. Bonn 1957, 59-60 e 188 n. 85 ; Wilson, The herulian sack of Athens A.D. 267, cit., 71 ; De Blois, Emperor and Empire, cit., 3392. Inoltre anche l’esortazione al coraggio, la fiducia nell’aiuto divino e l’insistenza sul primato ateniese su cui è costruito il discorso rappresentano te-matiche care all’autore e ricorrono più volte nelle sue pagine : cfr. F 3 Martin (= FGrHist 100 F 32) ; F 6 Martin (= FGrHist 100 F 33f ) ; F 23, 5 Martin (= FGrHist 100 F 26, 5) ; F 26b Martin (= FGrHist 100 F 28c) ; F 28, 6-7 e 12 Martin (= FGrHist 100 F 6, 6-7 e 12).

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avvenimenti : 54 il cronografo bizantino, che presumibilmente ha attinto le proprie informazioni da una fonte intermedia in ultima analisi risalente a Dexippo, 55 può aver omesso il nome dello storico o perché già tralasciato dalla Zwischenquelle o per pure esigenze di sintesi ; d’altra parte la sua narrazione si caratterizza per l’assenza di qualsiasi indicazione di carattere prosopografico. Allo stesso modo la mancanza di espliciti riferimenti a questo episodio in IG ii/iii2 3669 non ha valore probante, poiché l’iscrizione mira soprattutto a perpetuare la gloria intel-lettuale dell’onorato ; 56 non si deve inoltre dimenticare che il comando rivestito da Dexippo in quest’occasione non venne conferito attraverso una regolare pro-cedura istituzionale, ma fu concesso per acclamazione dalle truppe riunite sui monti in una situazione di emergenza : 57 è dunque possibile che a determinarne l’omissione dalla dedica sia stata anche tale anomalia, poiché la mancanza di una regolare investitura distingueva questo ufficio dalle altre cariche menzionate nel-l’epigrafe. 58

54 Zosimo i 39, 1 accenna all’episodio troppo fugacemente per fornire utili informazioni al riguar-do, mentre alquanto sospetto si presenta il brano di Zonara xii 26, su cui vd. infra.

55 A partire dagli studi di Heinrich Gelzer l’ jEklogh; cronografiva~ è stata generalmente conside-rata una rielaborazione delle cronache di Panodoro e Anniano, i due monaci alessandrini di V secolo ripetutamente citati soprattutto nelle sezioni iniziali del componimento ; come altri storici pagani Dexippo sarebbe stato conosciuto da Sincello attraverso la mediazione di Panodoro, più incline del collega all’uso di fonti profane : H. Gelzer, Sextus Julius Africanus und die byzantinische Chronographie, ii : Die Nachfolger des Julius Africanus, Leipzig 1885, 176-249, partic. 185 ; Krumbacher, Byzantinische Litteraturgeschichte, cit., 340-341 ; Rappaport, Hat Zosimus..., cit., 433 ; Gräbner, Zosimosquelle, cit., 150-153 ; Damerau, Kaiser Klaudius II. Goticus, cit., 9-10. Secondo un’ipotesi di William Adler, tuttavia, Sincello non avrebbe attinto alla versione originale delle due cronache alessandrine, ma ad un corpus di escerti in parte filtrati dalla storiografia siriaca (Time immemorial : archaic history and its sources in Christian chronography from Iulius Africanus to George Syncellus, Washington D.C. 1989, 164-172 ; si vd. anche Id. - P. Tuffin, The Chronography of George Synkellos. A Byzantine Chronicle of Universal History from the Creation, Oxford 2002, lxvii-lxix) : in tal caso l’opera di Dexippo sarebbe giunta a Sincello solo dopo diversi stadi di rielaborazione.

56 Schwartz, Dexippos, cit., 289 ; Millar, Dexippus, cit., 282 ; E. Sironen, Life and Administration of Late Roman Attica in the Light of Public Inscriptions, in P. Castrén (Ed.), Post-Herulian Athens. Aspects of Life and Culture in Athens A.D. 267-529, Helsinki 1994, 15-62, partic. 18 ; Martin, Dexipp von Athen, cit., 39 e le osservazioni di Brandt, Dexipp, cit., 171 : « Das demonstrative Herausstellen intellektuel-ler Leistungen unter ebenso deutlicher Vernachlässigung der politisch-militärischen Verdienste des Geehrten gibt meines Erachtens einen signifikanten Hinweis auf das Selbstverständnis und den Wertekanon dieser Familie ». Non condivisibile la posizione di Elias Kapetanopoulos, P. Herennius Dexippos (I) Hermeios, « HOROS » 14-16, 2000-2003, 129-140 (tavv. 29-32), partic. 134-135, secondo cui « this absence of Dexippos I’s role against the Heruli ... seems to suggest that the repulser of the Heruli may not really be Dexippos I, the son of Herennius Ptolemaios Hermeios, but some other Dexippos of either Dexippos I’s family, or from some other related or non-related family » ; la testimonianza della Historia Augusta infatti non lascia alcun dubbio sull’identificazione del leader della resistenza ateniese con l’omonimo storico.

57 Sembra infatti di doversi escludere l’ipotesi avanzata da Th.Ch. Sarikakis, The Hoplite General in Athens, Princeton 1951, 49-50 (non vidi), secondo cui Dexippo avrebbe ricoperto in questo frangen-te il ruolo di strathgo;~ ejpi; ta; o{pla : come da ultimo ha osservato Kapetanopoulos, P. Herennius Dexippos (i) Hermeios, cit., 134 manca infatti qualsiasi attestazione dell’assunzione di tale carica da parte dello storico.

58 Cfr. W. Dittenberger, Die attische Panathenaidenära, in Commentationes Philologae in honorem


Del tutto ingiustificato è infine lo scetticismo del de Ste Croix sulla possibilità di una controffensiva all’indomani dell’assedio : i §§ 3 e 5 – con l’esplicito richiamo allo ptai`sma di Atene ed alla caduta dei beni più cari in mano nemica – attestano inequivocabilmente la posteriorità della guerriglia rispetto alla presa della città : 59 tale ricostruzione resterebbe invariata anche immaginando una diversa attribu-zione del discorso. Ugualmente inverosimile l’ipotesi che l’intera orazione sia sol-tanto un puro esercizio di stile, un pezzo di bravura senza alcuna aderenza alla realtà storica del tempo, dal momento che, come ha sottolineato anche Fowden, lo stesso de Ste Croix « fails to explain whose the fiction was, or who was supposed to be fooled, at so short a remove in time ». 60

Ancora una volta vediamo dunque intrepidi cittadini che di fronte all’estremo pericolo non esitano ad impugnare le armi ; l’unico riferimento all’esercito di Ro-ma si coglie al § 4 del discorso, dove l’oratore incoraggia i suoi uomini con la speranza di un prossimo intervento della flotta imperiale. 61 Secondo la ricostru-zione tradizionale, proposta da Rappaport e sostenuta da gran parte della critica, il contributo della marina sarebbe stato decisivo per il successo delle operazioni : unito alle milizie locali guidate da Dexippo il contingente navale avrebbe inflitto al nemico una pesante sconfitta, ricacciando gli invasori verso Nord e liberando l’Attica dalla minaccia barbarica. 62 Una notizia di Zonara, secondo cui dopo il sac-co della città un Kleovdhmo~ de; ∆Aqhnaiò~ sarebbe riuscito a sconfiggere il nemico in uno scontro sul mare, 63 permetterebbe inoltre di stabilire l’identità dei generali a capo della spedizione, poiché nell’ignoto personaggio menzionato dal crono-

Theodori Mommseni scripserunt Amici. Adiecta est tabula, Berlin 1877, 242-253, partic. 246 e Schwartz, Dexippos, cit., 289. In realtà alcuni studiosi hanno colto un’eco dell’eroica impresa del 267 nell’ome-rico ajlkh`/ con cui si apre l’epigramma, che alluderebbe allo straordinario coraggio dimostrato dallo storico in quell’occasione : si veda il commento nelle IG ii/iii2 3669, p. 159 ; Jacoby, Kommentar, cit., 304 ; PIR2 iv, H. 104, 72 ; Wilson, The herulian sack of Athens A.D. 267, cit., 74 ; Millar, The Roman Empire and its Neighbours, cit., 217 ; Schwarcz, Die gotischen Seezüge, cit., 55 ; Brandt, Dexipp, cit., 171 n. 8. In questo caso mi sembra tuttavia condivisibile l’obiezione di de Ste Croix, secondo cui il termine « is simply part of a description of the famous men of the land of Cecrops » (The class struggle, cit., 655 n. 42) senza alcun riferimento specifico all’attività di Dexippo : in un’iscrizione onoraria in cui vengono ricordate le principali attività del personaggio, se veramente si fossero volute celebrare anche le sue virtù militari si sarebbe adottata ben altra enfasi ; dello stesso avviso anche Sironen, Life and Admini-stration of Late Roman Attica, cit., 18.

59 Millar, Dexippus, cit., 293 ; E. Kapetanopoulos, The Family of Dexippos I Hermeios, AE 1972, 133-172, partic. 136 ; Bleckmann, Reichskrise, cit., 199.

60 Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica, cit., 51 n. 13.61 F 25, 4 Martin (= FGrHist 100 F 28a, 4) punqavnomai de; kai; th;n basilevw~ duvnamin th;n nautikh;n

oujc eJka;~ ei\nai ajrhvxousan hJmi`n, h/| suntacqevnta~ suneisbalei`n kravtista.62 Rappaport, Die Einfälle der Goten, cit., 70-71 ; Alföldi, Invasions, cit., 149 e Weltkrise, cit., 324 ; E.

Groag, Die römischen Reichsbeamten von Achaia bis auf Diokletian, Wien-Leipzig 1939, 96 ; Starr, The Roman Imperial Navy, cit., 195 ; Wilson, The herulian sack of Athens A.D. 267, cit., 39-40, 71, 76, 78, 80 ; Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica, cit., 51 n. 13 e 53 ; Wilkes, Civil defence, cit., 188-189 ; Bleckmann, Reichskrise, cit., 199-201.

63 Zon. xii 26 : Kleovdhmo~ de; ∆Aqhnaiò~ ajnh;r diadra`nai ijscuvsa~ kai; plh`qo~ sunagagw`n, meta; ploivwn ejk qalavssh~ ejph`lqen aujtoi`~ kai; pollou`~ ajnei`len, wJ~ kai; tou;~ perileifqevnta~ ejkei`qen fugei`n.

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grafo bizantino si dovrebbero riconoscere sia il Cleodamus che l’Athenaeus ricordati nei Gallieni duo e attivi nei pressi del Bosforo : 64 dopo aver ricostruito a Bisanzio il sistema di fortificazioni e vinto i barbari sullo stretto, i due ammiragli avreb-bero dunque immediatamente raggiunto l’Attica, riportando con la loro flotta un nuovo trionfo. A sostegno di questa tesi vi sarebbe anche la testimonianza di un’iscrizione ateniese, dove è ricordato il rifacimento di una torre di guardia da parte di un Panaqhnivo~ : 65 il testo è stato generalmente datato al iii secolo e posto in relazione all’attività di Ateneo nella zona, poiché il beneficiario dell’epigrafe è stato identificato proprio con il suddetto generale di Gallieno. 66

Sebbene suggestiva, a più attenta analisi tale interpretazione si rivela priva di so-lide basi. La connessione tra il frammento di Dexippo ed il brano di Zonara, intor-no a cui ruota l’intero ragionamento, non è così probante ; la scarsa attendibilità del racconto dello storico bizantino si evince soprattutto dall’errata collocazione cronologica degli eventi, ingiustificatamente ascritti al regno di Claudio. Zonara sembra aver confuso i dati relativi all’attività di Cleodamo nel Ponto con le noti-zie della battaglia navale di Veneriano e della presa di Atene da parte dei barbari, attribuendole poi al regno di Claudio probabilmente sulla base dei successi conse-

64 HA Gall. 13, 6. Il Kleovdhmo~ de; jAqhnaiò~ di Zonara sarebbe dunque l’esito della fusione tra i nomi dei due personaggi menzionati nella Historia Augusta : Rappaport, Die Einfälle der Goten, cit., 71 ; A. von Premerstein, Zu den Inschriften der Ostgermanen, « Zeitschrift für deutsches Altertum » 60, 1923, 71-80, partic. 79 ; A. Stein, Kleodamos, in RE xi 1, 1922, 674-675 ; Jacoby, Kommentar, cit., 304 ; Groag, Die römischen Reichsbeamten, cit., 96 n. 393 ; PIR2 ii, C. 1144, 272 ; PLRE i, Cleodamus (1), 216 ; Millar, Dexip-pus, cit., 292 ; G. Kerler, Die Außenpolitik in der Historia Augusta, Bonn 1970, 188 ; Barnes, Sources, cit., 73 ; A. Frantz, The Athenian Agora xxiv. Late Antiquity : A.D. 267-700, Princeton 1988, 10 ; Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica, cit., 51 n. 13 ; Schwarcz, Die gotischen Seezüge, cit., 54. È tuttavia più verosimile ipotizzare l’esistenza di un solo generale, l’Ateniese Cleodamo, erroneamente ‘sdoppia-to’ dal biografo latino : cfr. A. Alföldi, Redeunt Saturnia regna vii : Frugifer-Triptolemos im ptolemäi-sch-römischen Herrscherkult, « Chiron » 9, 1979, 553-606, partic. 594-595, che identificava Cleodamo con l’omonimo personaggio a cui Cassio Longino dedicò il suo scritto peri; oJrmh`~ ; J. Straub, Studien zur Historia Augusta, Bern 1952, 66-67 e 161 n. 90 ; Demougeot, Formation, i, cit., 423 ; G. Alföldy, Die Ortsnamen in der Historia Augusta, in BHAC 1979/81, Bonn 1983, 1-42, partic. 23 ; E. Birley, Some names in the Historia Augusta, ibid., 67-98, partic. 80 ; Bleckmann, Reichskrise, cit., 200-201 ; Histoire Auguste. Tome iv 2ème partie (Vies des deux Valériens et deux Galliens), texte établi par O. Desbordes et S. Ratti, traduit et commenté par S. Ratti, Paris 20022, 158.

65 IG ii/iii2 5201. 66 Premerstein, Zu den Inschriften der Ostgermanen, cit., 78 ; SEG i, 1923, 11 nr. 62 ; Groag, Die rö-

mischen Reichsbeamten, cit., 96-97 ; G. Barbieri, L’albo senatorio da Settimio Severo a Carino (193-285), Ro-ma 1952, 324-325 nr. 1813a (Athenaeus ~ Panathenius) ; Starr, The Roman Imperial Navy, cit., 207 n. 104 ; Hohl, Scriptores Historiae Augustae, ii, cit., 92 ; PIR2 i, A. 1286, 261 ; PLRE i, Athenaeus (1), 121 ; Kerler, Außenpolitik, cit., 188 ; B.E. Thomasson, Laterculi praesidum, I, Göteborg 19843, 196 nr. 53 ; Barnes, Sources, cit., 68. Sulla scorta di questa interpretazione è stato variamente spiegato il titolo hJgemoneuv~ attribuito a Panaqhnivo~ nell’epigrafe : Premerstain (loc. cit.) parlava di un « außerordentlicher kai-serlicher Legat », Groag (loc. cit.) lo considerava un equivalente del latino dux, ed anche nella PLRE (loc. cit.) si legge la definizione di « dux or corrector Achaeae » ; si tratta tuttavia di definizioni che non trovano corrispondenza nell’uso linguistico del tempo, secondo cui il termine indica il governatore provinciale : cfr. H.J. Mason, Greek Terms for Roman Institutions : A Lexicon and Analysis, Toronto 1974, 51 (hJgemoneuv~= praeses provinciae).


guiti dall’imperatore contro i Goti. 67 D’altra parte il testo della Historia Augusta è piuttosto esplicito nel circoscrivere l’attività dei due duces alla sola area del Bosfo-ro, 68 e sembra pertanto alquanto arbitrario attribuire loro iniziative anche in altre regioni dell’impero. 69 Anche la presunta iscrizione di Ateneo, che attesterebbe la presenza del comandante in città dopo il saccheggio, è in realtà un documento del tutto estraneo ai problemi qui affrontati e posteriore ad essi di almeno un secolo, come dimostrano indagini più recenti. 70 In assenza di qualsiasi indizio interno al testo, la sua datazione al iii secolo è basata esclusivamente su motivazioni di ca-rattere stilistico, 71 sulla presunta equivalenza tra Panaqhnivo~ e Athenaeus 72 e sulla convinzione che il rifacimento della torre di guardia menzionato nell’epigrafe sia riconducibile ai lavori di fortificazione intrapresi ad Atene dopo l’assedio del 267, quando la città venne dotata di un nuovo circuito murario. 73 Oltre alla debolezza

67 Si vd. il giudizio di M. Heil, Panathenius, Statthalter von Griechenland, « Klio » 79, 1997, 468-478, partic. 473 : « Denn Zonaras bietet sehr wahrscheinlich nichts weiter als eine literarische Kontamina-tion der gleichen, auf Dexippus zurückgehenden, Nachrichten, die wir noch jetzt in der Historia Au-gusta lesen können : Zonaras oder eine Zwischenquelle haben wohl den Abwehrkampf der beiden Byzantiner, die Seeschlacht des Venerianus und die Leistung des Dexippus so ineinandergeschoben, daß daraus eine einzige Begebenheit wurde. Ist dies richtig, besitzt die Zonaras-Stelle keinen eige-nen Quellenwert ». Analogo scetticismo in Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica, cit., 51 n. 13, e in Kettenhofen, Die Einfälle der Heruler, cit., 296 n. 36.

68 Come osserva Heil, Panathenius, cit., 471 n. 18 « Mit “Pontus” meinen sowohl die Historia-Au-gusta-Stelle als auch die Stelle bei Syncellus nur das Gebiet an der “Mündung” des Pontus (ostium Ponti), also die Region am Bosporus ».

69 A questo proposito si deve ricordare una recente ipotesi di Heil, Panathenius, cit., 471, secondo cui almeno inizialmente essi non avrebbero ricoperto alcun comando ufficiale : « Cleodamus und Athenaeus hatten zuvor – wie es scheint – keinerlei Funktion in der Reichsverwaltung inne. Den-noch erhielten sie, die vielleicht byzantinische Magistrate waren, ein außerordentliches kaiserliches Mandat. Möglicherweise haben sie die Abwehr der Barbaren spontan in ihre Hand genommen, ohne auf kaiserliche Befehle zu warten – was damals offenbar nicht ganz selten vorkam. Gallien hat wohl ihre Eigenmächtigkeit durch die Verleihung eines offiziellen Titels nachträglich sanktioniert ».

70 Heil, Panathenius, cit., passim.71 A. Wilhelm, Beiträge zur griechischen Inschriftenkunde mit einem Anhange über die öffentliche Auf-

zeichnung von Urkunden, Wien 1909, 101 nr. 86 e Premerstein, Zu den Inschriften der Ostgermanen, cit., 77-80 ritenevano che per la regolarità del dettato e l’eleganza della scrittura l’epigrafe non potesse essere posteriore alla metà del iii secolo (Wilhelm, loc. cit., seguito da O. Kern, Inscriptiones Graecae, Bonnae 1913, tav. 48, non escludeva nemmeno una datazione al ii secolo), e consideravano pertanto gli interventi sulle mura precedenti all’invasione erula. Le caratteristiche rilevate dai due studiosi so-no tuttavia riscontrabili anche nelle iscrizioni dei secoli successivi e non possono costituire un valido criterio cronologico : Heil, Panathenius, cit., 469 (con la relativa documentazione).

72 A sostegno della sua tesi Premerstein, Zu den Inschriften der Ostgermanen, cit., 79 ricordava il caso della figlia di Erode Attico, Athenais (PIR2 v, M. 259, 192-193), da Filostrato (VS 2, 1 ~ 65 Kayser) chiamata Panathenais : si tratta tuttavia dell’unico esempio finora noto.

73 Cfr. Groag, Die römischen Reichsbeamten, cit., 97, che datava l’iscrizione e l’attività di Ateneo in Attica dopo il 267. Per la costruzione di un piccolo muro di cinta sul lato settentrionale dell’Acropoli all’indomani dell’attacco (il cosiddetto ‘muro interno’) si vd. H.A. Thompson, Athenian Twilight : A.D. 267-700, JRS 49, 1959, 61-72, partic. 65 ; Wilson, The herulian sack of Athens A.D. 267, cit., 91-93, 134 ; D.J. Geagan, Roman Athens : some aspects of life and culture i. 86 B.C. - A.D. 267, in ANRW ii 7. 1, 1979, 370-437, partic. 410 ; Millar, The Roman Empire and its Neighbours, cit., 217 ; T.E. Gregory, Fortification and Urban Design in Early Byzantine Greece, in R.L. Hohlfelder (Ed.), City, Town and Countryside in the Early Byzantine Era, New York 1982, 43-64, partic. 44-51 ; Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica,

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delle prime due argomentazioni, contro questa tesi parlano soprattutto i risultati della ricerca archeologica : già Alison Frantz aveva escluso la possibilità che l’iscri-zione di Panatenio si riferisse alla realizzazione delle mura post-erule e preferiva connettere l’attività del presunto generale di Gallieno al restauro del più antico circuito murario. 74 In base alle ultime indagini di scavo tuttavia anche questa ipo-tesi si è rivelata piuttosto debole, dal momento che per l’ultimo trentennio del iii secolo non sembrano attestati interventi edilizi su questo tracciato di difesa. 75 Ap-pare dunque molto più convincente la soluzione avanzata da Heil, che ha riferito l’iscrizione al Panateneo onorato in un epitalamio di Imerio e datato il testo tra la fine del iv e l’inizio del v secolo d.C., in connessione con gli interventi strutturali effettuati in quel periodo sulla cinta muraria più esterna. 76

Alla luce di queste considerazioni l’ipotesi di un tempestivo arrivo della flotta subito dopo il sacco della città presenta un alto grado di incertezza : nessun do-cumento sembra attestare la presenza di truppe romane ad Atene, 77 ed il testo di Dexippo non fornisce alcuna indicazione sull’effettiva partecipazione di rinforzi alla guerriglia. La sicurezza con cui l’oratore si rivolge ai suoi uomini (punqavno-mai...) lascia credere che il comandante ateniese avesse avuto indicazioni certe sull’imminente intervento della marina imperiale ; 78 tuttavia la perdita della re-stante parte del frammento impedisce di avanzare fondate ipotesi sul prosieguo degli avvenimenti. Non sempre infatti i piani dell’imperatore e dei suoi genera-li potevano trovare attuazione ; è dunque anche possibile che le speranze in un aiuto da parte romana non si siano mai concretizzate e che gli Ateniesi abbiano dovuto affrontare del tutto autonomamente il pericolo erulo. 79 Anche il tentati-

cit., 50 e 53 ; Wilkes, Civil defence, cit., 190-191 ; Frantz, The Athenian Agora xxiv, cit., 5-11 e, nello stesso volume, l’Appendice curata da J. Travlos, The post-herulian wall, 125-141 ; Lewin, Studi sulla città impe-riale romana, cit., 23 ; M. Di Branco, La città dei filosofi. Storia di Atene da Marco Aurelio a Giustiniano. Con un’appendice su ‘Atene immaginaria’ nella letteratura bizantina, Firenze 2006, 67-72.

74 Frantz, The Athenian Agora xxiv, cit., 10-11. 75 Gli unici interventi effettuati nel III secolo sulle cosiddette ‘mura esterne’ (il cui impianto origi-

nario risale al V secolo a.C.) sono databili tra il 253 e il 260 : cfr. I. Baldini Lippolis, La monumentalizza-zione tardoantica di Atene, « Ostraka » 4, 1995, 169-190, partic. 171 e Heil, Panathenius, cit., 474-475.

76 Heil, Panathenius, cit., 475-477 ; dubbi sull’identificazione proposta da Premerstein erano co-munque già stati espressi da Barnes, Some Persons, cit., 148 e Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica, cit., 51 n. 13.

77 R.K. Sherk, Roman Imperial Troops in Macedonia and Achaea, AJPh 78, 1957, 52-62, partic. 62 ; Ge-rov, La carriera militare di Marciano, cit., 135 ; Armstrong, Gallienus in Athens, cit., 236, 239, 244, 249.

78 Ingiustificatamente scettico su questo punto Heil, Panathenius, cit., 472 n. 31, secondo cui l’affer-mazione di Dexippo sarebbe stata dettata soltanto dal tentativo di incoraggiare i propri uomini : « Mit dem Hinweis auf die nahende Flotte versuchte er die kleine Schar zum Widerstand zu ermutigen. [...] Überhaupt bleibt ungewiß, welchen Realitätsgehalt der Hinweis in der Dexippus-Rede besitzt ».

79 Non si deve inoltre dimenticare che dopo la presa di Atene i barbari si recarono nel Peloponne-so e soltanto lungo la via del ritorno furono attaccati e sconfitti dagli Ateniesi : contrariamente alla prima fase dell’invasione, condotta via mare, le operazioni successive ebbero dunque un carattere prevalentemente terrestre ed un eventuale intervento della flotta avrebbe avuto semplicemente una funzione di supporto ; si vd. Gerov, La carriera militare di Marciano, cit., 135-136 ; Fowden, City and Mountain in Late Roman Attica, cit., 51 e n. 14 ; Heil, Panathenius, cit., 472 n. 31.


vo, recentemente compiuto da Di Branco, di rivalutare il ruolo del proconsole d’Achaia Claudio Leontico Illirio nei difficili momenti dell’invasione non sembra aver condotto a risultati convincenti. 80 Secondo lo studioso il personaggio, an-ch’egli di origine ateniese, si sarebbe distinto nell’organizzazione della resistenza antibarbarica coordinando le operazioni difensive e svolgendo « nei giorni difficili della calata degli Eruli [...] una parte fondamentale » : 81 tali meriti nei confronti della cittadinanza sarebbero stati celebrati da almeno due statue onorarie, di cui ancora si conservano le relative dediche. 82 La connessione tra gli onori conferiti al proconsole dai propri concittadini e gli eventi del 267 sembra tuttavia piutto-sto labile : nessuna testimonianza attesta esplicitamente un suo intervento in quel frangente 83 e, come nel caso di Marciano a Filippopoli, l’appellativo eujergevth~ di cui Claudio Illirio è insignito nei testi epigrafici potrebbe anche non essere colle-gato ad una sua presenza in città durante le operazioni.

3.

L’insieme della documentazione permette dunque di cogliere la peculiare fisio-nomia del conflitto antibarbarico nel corso del iii secolo : la vittoria non viene più decisa soltanto in grandi battaglie campali ingaggiate da eserciti professionali, ma i combattimenti si articolano ormai intorno ai principali centri urbani del-l’impero, determinando l’intervento dei provinciali anche in assenza delle milizie imperiali. 84 In questa nuova ‘guerra d’assedio’ i cittadini diventano protagonisti

80 Di Branco, La città dei filosofi, cit., 72-77. 81 Di Branco, La città dei filosofi, cit. 76. 82 IG ii/iii2 3689 : to;n lamprovtaton ajnquvpaton / Klauvdion ∆Illuriovn, e[ggonon Leon / tikou` tou`

ajnqupateuvsanto~, / pai`d[a] Thv[r]ento~ tou` th;n ejpwv[nu] / mon ajrch;n a[rxanto[~ to;n] ajnquvpaton kai; ∆Areo[pageiv] / th;n kai; eujergevt[h]n hJ [povli~], / ejpimeloum[evnou Mavrkou ∆Iouniv] / ou Mhno[ukianou].vacat

; IG ii/iii2 3690 : [to;n lamprovta / ton ajnquv]paton / [Klauvdion ∆Il]luriovn, / [e[ggonon Lev]on[ti] / [kou` to]u` ajnqupa / [te]uvsanto~, pai`da / [Thv]rento~ tou` / [th;]n ejpwvnumon / ajrch;n a[rxanto~, / to;n ajn-quvpaton / kai; jAreopageivth[n] / kai; eujergevthn / hJ povli~, ejpime / loumevnou Mavr / kou ∆Iounivou / Minoukianou`. / vacat.

83 Il fatto che all’iniziativa di Claudio Illirio vada verosimilmente attribuita la costruzione delle mura post-erule (su cui vd. supra, n. 73) non basta a dimostrare la sua effettiva partecipazione alla difesa ateniese, dal momento che l’esatta datazione della cinta muraria rimane ancora controversa : se Di Branco (La città dei filosofi, cit., 71) la ritiene realizzata tra la fine del 267 e il 268 d.C., Frantz (The Athenian Agora xxiv, cit., 6) la considera invece dell’età di Probo, e sulla base di recenti indagini stratigrafiche non sono mancati nemmeno tentativi di spostarne la cronologia al v-vi secolo (Baldini Lippolis, La monumentalizzazione tardoantica di Atene, cit., 173-176, secondo cui l’Illirio indicato nei testi epigrafici come il costruttore delle mura e generalmente identificato con il proconsole di iii secolo sarebbe invece vissuto nel v sec. d.C.).

84 La diversa natura dello scontro si coglie anche dai significativi mutamenti che interessarono l’architettura urbana e militare in età tardoantica : alle semplici fortificazioni della prima età imperia-le, dotate di murature estremamente basse e sottili e sprovviste di adeguati sistemi difensivi, si sosti-tuirono delle vere e proprie roccheforti capaci di fronteggiare i ripetuti assalti dei nemici anche per periodi prolungati. Sul tema si vd. in particolare H. von Petrikovits, Fortifications in the North-Western Roman Empire from the Third to the Fifth Centuries A.D., JRS 61, 1971, 178-219 ; Luttwak, La grande strate-gia, cit., 212-226 ; S. Johnson, Late Roman Fortifications, London 1983 ; J. Lander, Roman Stone Fortifica-tions. Variation and Change from the First Century A.D. to the Fourth, Oxford 1984 ; Lewin, Studi sulla città imperiale romana, cit., 9-78 ; M. Zahariade - N. Gudea, The Fortifications of Lower Moesia (A.D. 86-275),

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dello scontro : da Marcianopoli ad Atene, da Filippopoli a Tessalonica non sono le truppe del princeps a proteggere il territorio dalle aggressioni degli hostes, ma gli stessi abitanti delle regioni colpite dalle invasioni si oppongono al nemico anche senza l’ausilio del potere centrale. 85

In realtà la partecipazione di civili ad operazioni belliche non costituisce un fenomeno esclusivo del iii secolo, poiché la possibilità di armare i privati in si-tuazioni di emergenza e la presenza di contingenti non strutturati nell’esercito ma in grado di contribuire alla difesa sono circostanze ben attestate fin dall’età augustea. 86 Tuttavia, mentre nella prima età imperiale la scelta di avvalersi del supporto di milizie improvvisate è compiuta dalle stesse autorità romane, che in casi estremi possono optare per il reclutamento di nuove leve tra i civili o i briganti, in epoca tardoantica il fenomeno acquista caratteristiche peculiari. La continua pressione dei barbari e la necessità di garantire la propria sopravvivenza inducono i provinciali ad intraprendere azioni militari anche senza il beneplacito dell’imperatore ; la controffensiva dei cittadini agli assalti degli invasori è spesso il frutto di un’iniziativa autonoma, non coordinata dal governo centrale. 87 Sebbe-ne l’effettiva incidenza di questi interventi sull’esito degli scontri sia difficilmente valutabile, 88 quel che emerge significativamente è la notevole capacità di reazio-ne delle comunità urbane, che organizzano la resistenza anche senza attendere ordini superiori : di fronte alle continue minacce delle externae gentes le povlei~ dell’Oriente romano acquistano una nuova coscienza della propria autonomia,

Amsterdam 1997, 53-64 ; Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 643-646 ; Southern, The Roman Empire, cit., 252-253 e 260-262.

85 Come osserva Alan Cameron « Yet from the late third century on, when the security of the Roman world was shaken, never entirely to recover, there is abundant evidence from all over the empire (though especially from the eastern provinces) of ordinary people defending their towns and cities against invaders and brigands » (Circus Factions : Blues and Greens at Rome and Byzantium, Oxford 1976, 110) ; sul tema si vd. il classico lavoro di R. MacMullen, Soldier and Civilian in the Later Roman Empire, Cambridge (Mass.) 1963, e, più recentem., le osservazioni di Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 646.

86 Per una rapida rassegna delle fonti cfr. E. Birley, Local Militias in the Roman Empire, in BHAC 1972/74, Bonn 1976, 65-73. Questi manipoli furono poi gradualmente assorbiti dalle truppe regolari : sul tema cfr. Th. Mommsen, Die römische Provinzialmilizen, « Hermes » 22, 1887, 547-558 ora in Id., Gesammelte Schriften, vi, cit., 145-155.

87 Come osserva Birley, Local Militias, cit., mentre nell’alto impero « for such forces to have any value for war there must necessarily have been standing arrangements for them to undergo a mea- sure of training, and for a suitable supply of arms to be available ... At it becomes plain that it was normally up to the governor of a province to decide that they should be called up in support of his regular troops » (66-67), nel iii secolo « were men of initiative who could call on local volunteers to take up arms in defence of their homes, and without necessarily waiting for authorisation by higher authority » (70).

88 Molto opportunamente Millar ricorda che « it would be fruitless to try to show that the barba- rian invaders everywhere met determined popular resistance in the Greek East. Our sources give nu-merous examples of cities taken, without mentioning such resistance » (Dexippus, cit., 295) ; ma è sta-to soprattutto G.E.M. de Ste Croix, The class struggle, cit., 485 e 653-655 n. 42 ad insistere sul carattere episodico delle azioni militari condotte dai provinciali e sulla contemporanea presenza, in molti casi, delle truppe regolari e delle guarnigioni romane di stanza nel territorio al fianco degli assediati.


rinnovando l’antico spirito di lotta dell’epoca classica. 89 Non a caso nel discorso pronunciato da Dexippo alla vigilia dello scontro con gli Eruli rivive la glorio-sa tradizione ellenica delle guerre persiane : per incitare i propri concittadini alla lotta l’oratore non si richiama alla grandezza di Roma signora del mondo ma all’eccellenza di Atene, tornata ad essere dopo secoli toi`~ ”Ellhsin ajreth`~ kai; ejleuqeriva~ paravdeigma. 90

Questo rinnovato slancio delle comunità locali doveva necessariamente con-durre ad una ridefinizione dei rapporti tra le amministrazioni periferiche e l’auto-rità centrale. L’organizzazione statale romana prevedeva che le città contribuisse-ro alle esigenze della difesa soltanto con il pagamento delle spese per il trasporto dell’annona militaris, 91 lasciando all’imperatore e al suo esercito l’onere della lotta armata : al contrario, la progressiva militarizzazione delle realtà urbane e il sem-pre maggiore coinvolgimento dei civili nello scontro determinavano la forma-zione di un apparato bellico alternativo a quello imperiale e dunque potenzial-mente pericoloso per la stabilità del potere. Veniva così ad incrinarsi quel delicato equilibrio tra la potenza egemone di Roma e gli abitanti delle province che aveva caratterizzato i primi due secoli del principato : ancora una volta è un frammento di Dexippo a illuminarci sulle complesse dinamiche tra il centro e la periferia del-l’impero che caratterizzarono quest’età di trasformazioni.

Negli Skuqikav viene riportato il testo di una lettera che Decio avrebbe inviato agli abitanti di Filippopoli alla vigilia dell’assedio condotto dalle truppe di Kniva : l’imperatore esorta gli abitanti a non ingaggiare contro i barbari alcuna battaglia campale, ma a resistere agli attacchi dei nemici dall’interno delle mura nell’attesa delle truppe di rinforzo da lui stesso guidate. 92

Dexippo interpreta il comando come un tentativo di limitare l’operatività delle milizie presenti a Filippopoli : nel giudizio dello storico Decio non agisce in vista del bene comune, ma cede al timore di una possibile insurrezione. 93 Poiché un

89 Come sottolinea Mazzarino, L’impero romano, cit., 553 : « Si era rivelata allora, nel momento più grave del pericolo, la capacità di resistenza delle città orientali, in cui la coscienza « politica » fu sempre (come sarà evidente anche nel basso impero) un elemento di prim’ordine per la costituzione di milizie cittadine ».

90 F 25, 6 Martin (= FGrHist 100 F 28a, 6) : kalo;n dh; gnwrivsai to; pavtrion hJmw`n sch`ma, kai; aujtou;~ toi`~ ”Ellhsin ajreth`~ kai; ejleuqeriva~ genevsqai paravdeigma kai; parav te toi`~ ou\si kai; toi`~ ejpi-gignomevnoi~ eujkleiva~ ajeimnhvstou metascei`n, e[rgw/ deiknuvnta~ wJ~ kai; ejn tai`~ sumforai`~ to; frov- nhma tw`n ∆Aqhnaivwn oujc h{tthtai. Come osserva anche Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 105 : « Sur le moment même, les difficultés de l’Empire ont réveillé le sens critique des populations helléniques et hellénisées d’Orient un moment ralliées au pouvoir romain unificateur politique de l’oikoumène dont un Aelius Aristide avaint chanté les louanges, mais qui retrouvèrent leur complexe de supériorité culturelle dès lors que la perte de l’indépendance n’assurait plus, en échange, la paix et la sécurité ».

91 Carrié in Id. - Rousselle, L’empire romain en mutation, cit., 174-175 ; sui problemi legati al riforni-mento dell’esercito nella Tarda Antichità si vd. recentem. F. Mitthof, Annona Militaris. Die Heeresver-sogung im spätantiken Ägypten : Ein Beitrag zur Verwaltungs- und Heeresgeschichte des Römischen Reiches im 3. bis 6. Jh. n.Chr., i : Darstellung, ii : Katalog, Firenze 2001, partic. vol. i, 37-81 per la storia del iii secolo. 92 F 23 Martin (= FGrHist 100 F 26).

93 F 23, 1 Martin (= FGrHist 100 F 26, 1) : oJ Devkio~ oJ basileuv~ ÔRwmaivwn ejn fovbw/ ei\ce th;n Qrav/kion

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successo contro i barbari avrebbe potuto destare spinte autonomistiche, l’impera-tore tenta di ridurre i rischi di una rivolta imponendo una mera strategia di difesa : legando al proprio arrivo le sorti della città, il princeps cerca di creare un valido deterrente contro la formazione di eventuali tendenze centrifughe e di assicurarsi la lealtà dei provinciali.

Per dissuadere i Traci da un’eventuale sortita fuori le mura l’imperatore pre-senta i combattenti di Filippopoli come del tutto impreparati alla guerra : già nel-la sezione iniziale del frammento i cittadini vengono sprezzantemente definiti a[nqrwpoi ajpovlemoi, secondo un topos letterario ampiamente diffuso che ben ri-flette la prospettiva imperiale, e nel corso dell’intero brano viene sottolineata più volte la presunta incapacità della popolazione di organizzare una difesa adegua-ta. 94 Questa peculiare caratterizzazione, il risalto conferito alla Qra/vkio~ duvnami~ da parte di Dexippo e le circostanze stesse in cui si immagina divulgata la lettera, letta nello stadio alla presenza dell’intero corpo civico, indicano che i destinatari della missiva non erano soldati romani di stanza in città, ma gli abitanti stessi della metropoli pronti a combattere contro gli assalitori. La presenza a Filippopoli di Prisco, aJrmosth;~ tw`n Makedonikw`n kai; Qra/kikw`n povlewn, 95 non deve generare fraintendimenti : poiché sia la Tracia che la Macedonia erano provinciae inermes e le truppe delle Mesie si trovavano sotto il comando di Treboniano Gallo, è alta-mente improbabile che al seguito del funzionario imperiale potesse esservi un rilevante contingente militare. 96 È dunque alla popolazione cittadina che l’impe-

duvnamin, ojrrwdw`n mhv ti ejx aujth`~ newvteron gevnhtai peri; th`~ ajrch`~ th;n katavstasin. kai; ejpeira`to di∆ ejpistolh`~ ajpokwluvein aujtou;~ ejpexievnai toi`~ polemivoi~, to; me;n boulovmenon th`~ dianoiva~ oujk ejmfaivnwn, ejkponouvmeno~ de; dia; devou~ a[gein, mh; peraitevrw proiovnte~ a[nqrwpoi ajpovlemoi ou|toi th`~ oujk eujkaivrou proqumiva~ th;n pei`ran lavbwsi pro; tou` th;n par∆ aujtou` ejpikourivan paragenevsqai.

94 F 23, 1 Martin (= FGrHist 100 F 26, 1) ; F 23, 4 Martin (= FGrHist 100 F 26, 4) ; F 23, 6 Martin (= FGrHist 100 F 26, 6) ; per il topos della scarsa idoneità alla guerra da parte degli abitanti delle città cfr. Veget. i 3.

95 L’esatto valore del titolo con cui viene designato Prisco è difficilmente precisabile, come emer-ge dalle indagini condotte da Mason, Greek Terms for Roman Institutions, cit., 25-26 : lo studioso attri-buisce alla carica il valore di praeses (proconsul), di IIIvir rei publicae constituendae, di consultor e di cor-rector, ma cita il testo di Dexippo solo come testimonianza di quest’ultima accezione. Su un miliario di Serdica dedicato a Decio viene tuttavia menzionato un T. Iulius Priscus [hJgem]oneuvwn th`~ Qra/kw`n ejparceiva~ (AÉ 1932, 28), mentre per lo stesso periodo Aurelio Vittore ricorda un « ... Lucio Prisco, qui Macedonas praesidatu regebat » (29, 2) : poiché, come sottolinea Potter, « economy of hypothesis dictates that there was only one man named Priscus in a high position of authority in this region in 250-1 » (Prophecy and History, cit., 86 n. 58), si può ragionevolmente suppore l’esistenza di un unico Iulius Priscus, erroneamente chiamato Lucius nel testo di Vittore, attivo durante il regno di Decio e a capo delle province sia di Tracia che di Macedonia. Sul personaggio, distinto dal fratello di Filippo l’Arabo, cfr. Barbieri, L’albo senatorio, cit., 283-284 nr. 1610 (T. Iulius Priscus) e 306 nr. 1706 (L. Priscus), e Thomasson, Laterculi praesidum, cit., 175 nr. 63.

96 Sebbene militari inquadrati nei ranghi dell’amministrazione imperiale fossero presenti in tutte le province, nelle aree prive di guarnigioni stabili essi erano in numero limitato e svolgevano pre-valentemente funzioni di polizia e di controllo, senza possibilità di garantire efficacemente la difesa di una città assediata ; sui soldati attivi nell’officium del governatore si vd. la sintesi di F. Jacques - J. Scheid, Rome et l’intégration de l’Empire (44 av. J.-C. - 260 ap. J.-C.), I : Les structures de l’empire romain, Paris 1990, 145, 159, 177. La successiva alleanza di Prisco con i Goti, su cui ci informano Aur. Vict. 29,


ratore intende rivolgersi, e soprattutto a quella neovth~ che costituiva il nerbo delle forze armate urbane. 97

Il brano esprime così eloquentemente le difficoltà incontrate dal governo cen-trale nel reprimere le molteplici istanze autonomistiche delle comunità locali, che nella continua lotta contro il nemico esterno avevano trovato nuovo vigore per rivendicare un più ampio margine di libertà : nella fosca rappresentazione dell’im-peratore, che secondo Dexippo avrebbe anteposto la tutela del proprio dominio personale alla salvezza della città, si coglie pienamente il dissenso nei confronti di un potere ormai incapace di comprendere i reali bisogni dei sudditi, mentre la decisione di Decio di impedire l’azione militare dei cittadini riflette tendenze diri-gistiche che già preludono alla ‘restaurazione autoritaria’ della fine del secolo. 98

Questo rapporto concorrenziale tra amministrazioni cittadine e autorità impe-riale 99 può essere dunque considerato un altro aspetto del più generale risveglio delle autonomie locali caratteristico della Tarda Antichità ; la persistenza del feno-meno nel iv e nel v secolo 100 dimostra pienamente la legittimità delle preoccupa-zioni imperiali, sfociate ben presto nella decisione costantiniana di concentrare le armate comitatenses nei centri di residenza imperiale. Nella prospettiva del princeps

2-3 e Iord. Get. 103 (MGH AA v, 84), non deve far credere che Decio già sospettasse il tradimento del magistrato, poiché in tal caso egli avrebbe raggiunto direttamente Filippopoli senza indugiare nel-l’inseguimento dei barbari sul massiccio dell’Emo.

97 Significative appaiono le parole con cui l’imperatore si rivolge agli abitanti : uJma`~ plhvqei te kai; neovthti ouj kata; kairo;n qarrou`nta~ (§ 4). Sul potenziale militare delle associazioni giovanili delle città sia d’Oriente che d’Occidente si vd. in partic. P. Ginestet, Les organisations de la jeunesse dans l’Oc-cident Romain, Bruxelles 1991, 93-111, 159-168 ; 185-191 e V. Marotta, Conflitti politici e governo provinciale, in F. Amarelli (Ed.), Politica e partecipazione nelle città dell’Impero Romano, Roma 2005, 121-201, partic. 144-148 (con ampia bibliografia).

98 M. Mazza, Lotte sociali e restaurazione autoritaria nel iii secolo d.C., Roma-Bari 19732, passim ; sulle derive autocratiche di questo periodo si vd. anche Southern, The Roman Empire, cit., 248-249.

99 Bleckmann, Reichskrise, cit., 208 : « Jedenfalls war dem attischen Autor das konkurrierende Ver-hältnis zwischen städtischer Selbstverteidigung und der übergeordneten kaiserlichen Gewalt be-wußt ».

100 Si vd. e.g. Socr. iv 38, 4 ; v 1, 2 e 5 ; Soz. vi 39, 3 (reazione degli abitanti di Costantinopoli all’assal-to dei Goti nel 378) ; Prisco frg. 5 (FHG iv, 75 : resistenza degli abitanti di Asemos all’attacco degli Unni nel 443) ; Sidon. Apollin. Ep. iii ; vii 7, 5 (difesa della popolazione di civitas Arvernorum contro le razzie dei Visigoti intorno al 470-475 ; sebbene in questo caso i residenti siano stati assistiti da una guarni-gione romana, il contributo di quest’ultima sembra essere stato esiguo). A partire dal iv secolo la capacità d’azione dei cittadini si esprime anche attraverso scontri armati con i barbari stanziati entro i confini : cfr. e.g. Amm. xxxi 6, 2-3 (376 : rivolta dei cittadini di Adrianopoli contro i Goti residenti in città) ; Zos. v 16, 4 (399 : in Panfilia oiJ tw`n povlewn oijkhvtore~ tentano di reagire ai saccheggi dei barbari guidati da Tribigildo). Sulla consapevolezza della propria forza e lo spirito d’iniziativa delle comunità urbane è illuminante la reazione degli abitanti di Nisibi alla decisione di Gioviano di cedere la città ai Persiani : et vertere solum extemplo omnes praecepti manus tendentes flentesque orabant, ne imponeretur sibi necessitas abscedendi, ad defendendos penates se solos sufficere sine alimentis publicis affirmantes et milite satis confisi affuturam iustitiam pro genitali sede dimicaturis, ut experti sunt saepe. et haec quidem suppliciter ordo et populus precabatur, sed ventis loquebantur in cassum imperatore, ut fingebat alia metuens, periurii piacula declinante (Amm. xxv 9, 2, dove significativamente torna la contrapposizione tra i provinciali decisi a difendere la propria terra e l’imperatore pronto a sacrificare una città per il consolidamento del proprio potere).

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la difesa e il mantenimento dell’ordine dovevano rimanere esclusivo appannag-gio dell’esercito, ormai stanziato all’interno delle mura ; il valore coercitivo del provvedimento emerge chiaramente dalla polemica di Zosimo, che a distanza di due secoli esprime ancora l’insofferenza dei provinciali di fronte alla presenza di truppe nelle città. 101

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101 Zos. ii 34, 2 : oJ Kwnstanti`no~ tw`n stratiwtw`n to; polu; mevro~ tw`n ejscatiw`n ajposthvsa~ tai`~ ouj deomevnai~ bohqeiva~ povlesin ejgkatevsthse, kai; tou;~ ejnocloumevnou~ uJpo; barbavrwn ejguvmnwse bohqeiva~, kai; tai`~ ajneimevnai~ tw`n povlewn th;n ajpo; tw`n stratiwtw`n ejpevqhke luvmhn..., con il commento di Paschoud, Zosime, cit., 252-253 n. 47.

Le città dell'Oriente romano e le invasioni barbariche del III secolo d.C., in «Mediterraneo Antico. Economie Società Culture» IX 1, 2006, pp. 241-266

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