1 LA METODOLOGIA APPLICATA DALL’AGENZIA PIEMONTE LAVORO PER L’ATTUAZIONE DEL SIA Franca Pizzo e Giorgio Luigi Risso * SIA E POLITICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTA’: VERSO UNA GOVERNANCE MULTILIVELLO Paper per la X Conferenza ESPAnet Italia “Il Welfare e i perdenti della globalizzazione le politiche sociali di fronte a nuove e vecchie diseguaglianze” Forlì, 21-23 settembre 2017 * Franca Pizzo, Agenzia Piemonte Lavoro [email protected]* Giorgio Luigi Risso, PhD Università di Modena e Reggio Emilia, Agenzia Piemonte Lavoro [email protected]
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LA METODOLOGIA APPLICATA DALL’AGENZIA PIEMONTE LAVORO … · 1 la metodologia applicata dall’agenzia piemonte lavoro per l’attuazione del sia franca pizzo e giorgio luigi risso
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LA METODOLOGIA APPLICATA DALL’AGENZIA PIEMONTE LAVORO
PER L’ATTUAZIONE DEL SIA
Franca Pizzo e Giorgio Luigi Risso *
SIA E POLITICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTA’: VERSO UNA GOVERNANCE MULTILIVELLO
Paper per la X Conferenza ESPAnet Italia
“Il Welfare e i perdenti della globalizzazione le politiche sociali di fronte a nuove
Il modello teorico di riferimento tiene conto delle interazione tra persone e ambiente con un “approccio
ecologico”, i termini che prendono in considerazione l’atteggiamento proattivo, l’autoefficacia,
l’autodeterminazione, l’inclusione attiva sono collegati al concetto di resilienza inteso come capacità di
riorganizzare sé stessi, le proprie risorse e il proprio sistema di attribuzioni.
Uno degli elementi centrali di questa misura è quello di considerare la famiglia come un organismo nella
sua globalità, prevedendo una complessiva presa in carico delle difficoltà ed una piena condivisione degli
obiettivi proposti dall’Equipe Multidisciplinare in fase progettuale. E’ infatti essenziale che Il cambiamento
non sia imposto e che i progetti sostengano un approccio personalizzato ed una gradualità di interventi
che tengano conto dei bisogni e delle necessità rilevati.
Altro aspetto fondamentale di questo approccio è la costituzione di un’Equipe Multidisciplinare e
l’attivazione di interventi integrati. Il modello favorisce la funzionalità del sistema dei servizi sociali e si
basa sulla capacità dell’operatore di attivare le risorse dell’individuo e quelle presenti sul territorio. Quindi
si tratta della condivisione del progetto in tutti i suoi aspetti, della promozione e della partecipazione
della rete dei servizi tra cui i Centri per l’Impiego che rivestono un ruolo centrale nel favorire, attraverso
interventi personalizzati di orientamento, la collocazione nel mercato del lavoro anche attraverso
l’attivazione di percorsi formativi e di progetti di inserimento lavorativo.
Si prevedono due ipotesi di intervento: la presa in carico “leggera” o “integrata”. Nel primo caso si tratta
di nuclei familiari non ancora segnati da gravi difficoltà e multi problematicità, che necessitano di una
presa in carico preventiva che intervenga per evitare la trasformazione di situazioni contingenti in
cronicizzate o particolarmente complesse. La presa in carico “integrata” si attiva in presenza di particolari
fragilità e vede necessario un approccio psicologico, sociale e lavoristico attraverso il coinvolgimento nel
processo di progettazione e realizzazione di più servizi e professionisti.
Altro aspetto determinante nel processo è la predisposizione del progetto personalizzato da parte dei
Comuni (o Ambiti territoriali, Enti gestori dei servizi socio-assistenziali) che dovranno attivare un sistema
coordinato di interventi e servizi sociali. Gli Ambiti territoriali dovranno attivare accordi di collaborazione
di rete con le amministrazioni competenti in materia di servizi per l’impiego, tutela della salute e
istruzione/formazione e con soggetti privati attivi sugli interventi di contrasto alla povertà.
Le linee guida entrano nel dettaglio del processo specificando il ruolo dei servizi di Segretariato sociale
per l’accesso e il servizio professionale per la presa in carico fornendo indicazioni rispetto alle modalità di
coordinamento ed al modello organizzativo e sottolineano l’importanza di porre in essere accordi di
collaborazione in rete tra le diverse amministrazioni rinviando alle discipline regionali in materia.
Vengono presentate, rispetto all’attivazione dei progetti personalizzati, le fasi di costruzione del progetto
che si avviano con la fase di Pre-assessment (pre-analisi) che consenta di orientare gli operatori e le
famiglie nella decisione sul percorso da svolgere per la definizione del progetto di inclusione attiva e nel
conseguente coinvolgimento di altri attori dell’Equipe Multidisciplinare. L’Equipe Multidisciplinare (EM)
opera considerando il nucleo familiare in maniera globale e unitaria utilizzando le distinte competenze
specialistiche degli operatori. Ogni EM ha il compito di realizzare la micro-progettazione degli interventi e
delle azioni ed è responsabile della realizzazione operativa del programma per tutta la sua durata. Le
Linee guida definiscono la sua composizione con la presenza di un assistente sociale o altro operatore
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sociale individuato dai servizi sociali competenti, un operatore dei servizi per l’impiego e altre possibili
figura professionali stabilite nella fase di Pre-assessment sulla base dei bisogni rilevati. Viene identificato
un responsabile dell’EM e almeno un membro della famiglia come referente da coinvolgere nel processo di
definizione del progetto.
Questa fase si definisce attraverso l’Assessment (Quadro di Analisi) che deve fornire un quadro teorico di
riferimento ed essere uno strumento di supporto per gli operatori al fine di giungere a una comprensione
unitaria dei bisogni e delle potenzialità di ogni famiglia. L’Assessment deve raccogliere elementi utili a
definire un progetto in grado di valorizzare e attualizzare le competenze di tutti i componenti del nucleo,
identificando anche le risorse formali e informali della comunità in cui la famiglia vive.
La fase finale è quella della Progettazione che si concretizza con un programma personalizzato
d’interventi che individua l’insieme di azioni finalizzate al superamento delle condizioni di povertà,
all’inserimento lavorativo ed all’inclusione sociale dei componenti del nucleo familiare. Il programma
potrà prevedere un sistema coordinato di interventi a partire da azioni finalizzate all’inserimento
lavorativo, all’orientamento, a percorsi di formazione ma anche di attivazione sociale.
Altro aspetto determinate è la definizione della Governance di sistema suddiviso per funzioni in
corrispondenza con gli attori coinvolti (Comuni, Ambiti Territoriali o Enti gestori, Regioni, raccordi inter-
istituzionali e interprofessionali, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’INPS, le Poste Italiana) in
considerazione della struttura gestionale e di governance complessa.
4. IL PROTOCOLLO REGIONALE E I PROTOCOLLI TERRITORIALI
La Regione Piemonte – Direzione Coesione Sociale e L'Agenzia Piemonte Lavoro in funzione del ruolo di
coordinamento dei Centri per l’Impiego della Regione Piemonte (L.R. n.23 del 29/10/2015 art. 16 e dalla
L.R. n. 26 del 22/12/2015 art. 57) hanno siglato un Protocollo d‘intesa per la costituzione di una RETE
REGIONALE PERMANENTE TRA I CENTRI PER L’IMPIEGO E I SERVIZI SOCIALI DEGLI ENTI GESTORI
DELLE FUNZIONI SOCIO ASSISTENZIALI della Regione Piemonte (approvato con D.D. n. 813 del
16/11/2016 della Direzione Coesione Sociale ), mirata alla collaborazione e cooperazione strutturata per la
gestione dei soggetti beneficiari del SIA. L’obiettivo principale del protocollo era la costituzione di una
Rete permanente tra i Servizi Sociali ed i Centri per l’Impiego (CPI) costituendo in tutti gli Ambiti
Territoriali un’Equipe Multidisciplinare di base ed un coordinamento regionale tra i due settori al fine di
consentire una governance di sviluppo e mantenimento di un sistema coordinato di interventi di
inclusione sociale e lavorativa.
Lo scopo della Rete è quello di coordinare le attività dei Servizi al fine di dare attuazione al SIA e
promuovere una presa in carico dei nuclei familiari con minori, in condizione di povertà, nell’ottica di un
miglioramento del benessere della famiglia e della predisposizione di interventi che possano favorire
l’uscita dalla povertà. Il fine della Rete permanente è quello di costituire in tutti gli Ambiti Territoriali
l’Equipe Multidisciplinare (EM) che, tenendo conto dei bisogni e delle potenzialità dei destinatari, può
coinvolgere altre figure professionali onde poter attivare un sistema coordinato di interventi di inclusione
sociale e lavorativa.
Il protocollo regionale sottolinea inoltre l’importanza di ampliare l’accordo attraverso la sottoscrizione di
Patti territoriali utili a non disperdere le diverse esperienze e ad allargare, laddove possibile, la platea
degli interlocutori e degli stakeholder. Il Piemonte si è strettamente attenuto alle linee guida nazionali
che, nella fase iniziale, suggerivano di ricercare ed adottare modalità di coordinamento, anche in
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riferimento alle prassi già in essere, che potevano costituire un utile riferimento per la definizione di un
modello omogeneo su scala regionale.
Nelle diverse realtà territoriali piemontesi vi erano, peraltro, consolidate forme di collaborazione in rete
fra servizi sociali e CPI in riferimento al lavoro sul collocamento mirato e fra servizi per l'impiego,
istituzioni scolastiche e formazione professionale. L'approccio multidisciplinare indicato nelle linee guida
prevedeva il coordinamento di tutte queste linee di collaborazione che spesso non dialogavano
direttamente.
A partire da gennaio 2017 in Piemonte, dove esistono 30 ambiti territoriali, sono stati siglati Patti
territoriali che, nella gran parte, hanno anche avuto la funzione di formalizzare alcune reti informali che
già collaboravano per alcuni progetti dedicati ad utenti svantaggiati o fragili. Gli accordi territoriali
consistono nella formalizzazione di modelli organizzativi partecipativi in cui ogni soggetto interviene
apportando il proprio contributo sulla base delle proprie funzioni e competenze. Il modello piemontese
prevede la costituzione di un gruppo di progettazione che, oltre agli attori istituzionali, coinvolge gli
stakeholder che si occupano del “sociale” e che sono in grado di mettere in campo risorse per supportare
le famiglie in difficoltà.
Tra gli obiettivi previsti si possono annoverare il:
• favorire l’accesso dei destinatari alle misure di inclusione attiva, secondo un approccio in rete;
• supportare il funzionamento dei Servizi nella presa in carico multidisciplinare;
• riequilibrare le disparità sul territorio, secondo un approccio di “Welfare di comunità e
prossimità”;
• rilevare i fabbisogni, monitorare e valutare gli interventi.
Alcuni Ambiti hanno proposto la costituzione di un “Polo” prevedendo in fase di progettazione PON risorse
utili per la costituzione di una Cabina di Regia e per costruire un raccordo attraverso il PATTO
TERRITORIALE. La volontà è quella di costruire un PATTO PER IL SOCIALE.
Le linee guida sottolineano l'importanza dell'approccio personalizzato al fine di graduare gli interventi
sulla base dei bisogni rilevati evitando di mettere in campo azioni complesse quando non siano
necessarie. Quando non sussistono le condizioni per un percorso finalizzato al lavoro, gli Ambiti si
prefiggono di dare priorità ad un eventuale percorsi terapeutici, a progetti di sostegno alla genitorialità e
di supporto alla conciliazione famiglia/lavoro, a lavori di pubblica utilità se il profilo di occupabilità è basso
a percorsi formativi di qualificazione, di supporto alla ricerca attiva e di definizione di percorsi di tirocinio
finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro.
5. LE ESPERIENZE CONSOLIDATE DI RETE
Elemento determinante per la realizzazione del SIA nelle sue linee organizzative è la componente
connessa all’Equipe Multidisciplinare, su questo aspetto, centrale per l’attuazione del progetto individuale,
si aprono alcune considerazioni rispetto ad esperienze positive realizzate nell’ambito territoriale della
Regione Piemonte. In tema di sinergie interistituzionali e rapporti di rete si possono esprimere diverse
esperienze positive realizzate su diversi ambiti, sia rispetto ad interventi in campo di politiche sociali che
di politiche del lavoro.
Rispetto agli interventi di natura sociale si segnalano le esperienze derivanti dall’applicazione della
L.328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” ed in
particolare la programmazione a livello locale di Piani di Zona. La realizzazione dei Piani di Zona ha
portato alla costituzione, per ogni contesto territoriale, di Gruppi di Lavoro finalizzati ad analizzare,
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approfondire e presentare delle proposte su determinate linee di intervento in tema di minori, giovani,
adulti, disabili e anziani. La composizione dei Gruppi di Lavoro, a guida degli Enti gestori dei servizi socio
assistenziali, è stata variegata a seconda del contesto locale e del tema in oggetto; la condivisione delle
scelte e delle politiche di intervento in questo caso ha permesso una forte partecipazione degli attori
presenti sul territorio a partire dalle parti sociali, i comuni, il Centri per l’Impiego e la componente legata
al mondo del terzo settore e dell’associazionismo. I risultati sono stati differenti a seconda dei contesti e
della composizione dei Gruppi di Lavoro, risulta in ogni caso evidente come il fattore rete e l’apertura al
confronto e alla collaborazione abbiano fornito elementi di contributo ai risultati delle programmazioni
proposte. Altro elemento istituzionale è la gestione associate delle politiche sociali, con la Legge
Regionale n.1/2004 in attuazione della Legge n.328/2000, la Regione Piemonte individua infatti nella
gestione associata, ed in particolare in quella consortile, la forma idonea a garantire l’efficacia e
l’efficienza degli interventi e dei servizi sociali di competenza dei Comuni.
In precedenza i servizi socio assistenziali, sulla base delle Leggi regionali n. 20 del 1982 e n. 65 del
1995, erano delegati alle Unità Socio Sanitarie Locali e successivamente alle Aziende Sanitarie Locali. La
scelta di gestire le funzioni socio-assistenziali mediante i Consorzi fu a suo tempo effettuata dalla maggior
parte dei Comuni piemontesi per riappropriarsi del ruolo di indirizzo e di controllo che consideravano
troppo debole nella delega al settore sanitario.
Rispetto alle politiche del lavoro e agli interventi di politica attiva realizzati dal sistema pubblico per
l’impiego attraverso la rete dei Centri per l’Impiego si sottolineano gli ampi spazi di collaborazione che a
livello locale sono diventate prassi consolidate. Partendo dagli interventi di promozione dell’occupazione,
dalla gestione dei servizi di incontro domanda e offerta ed in generale rispetto ai servizi rivolti alle
dinamiche del mercato del lavoro si sono creati nel corso degli anni dei rapporti di rete consolidati su
diversi ambiti lavoristici, sociali e collegati al sistema dell’istruzione e della formazione professionale.
E’ già stato anticipato l’ambito sociale nella programmazione dei Piani di Zona Locali, a questo si allineano
interventi ordinari in tema di progettazione su casi sociali, interventi di ricollocazione, azioni integrate
sull’assistenza familiare, interventi di orientamento e un forte raccordo sugli interventi in tema di
disabilità finalizzati all’inserimento lavorativo (ai sensi della Legge 68/99).
In questi ambiti si sono aperte collaborazioni dirette con i Comuni (sportello unico delle attività
produttive, uffici lavoro), il terzo settore, associazioni di categoria e i Servizi sanitari (Servizi
Tossicodipendenza-Alcologia e Centri di Salute Mentale). Le collaborazioni sono state connesse a specifici
interventi progettuali finanziati nell’ambito del sistema pubblico (FSE, fondi nazionali, regionali) e privato
(il sistema delle Fondazioni bancarie); è stato possibile attivare degli interventi comuni, con le diverse
competenze dei soggetti interessati, con la creazione di sportelli di mediazione, la costruzione di progetti
di inserimento lavorativo personalizzati, interventi di orientamento specialistico, servizi di
accompagnamento al lavoro e tutoraggio.
A livello di rapporti con le amministrazione comunali e con gli Enti gestori sono stati definiti dei protocolli
di intesa per interventi mirati, progetti condivisi sui cantieri di lavoro, su servizi specialistici di consulenza
e recruitment in caso di nuovi insediamenti produttivi; parallelamente sono stati realizzate delle
progettazione mirate con la partecipazione ai Tavoli di Crisi (con la presenza delle associazioni sindacali e
di categoria) finalizzati ad interventi di outplacement con attivazione di percorsi professionalizzanti.
Abbinando i due ambiti (lavoro e sociale), che risultano ora strettamente e formalmente connessi, è
possibile esprime alcune considerazioni rispetto alla sinergia e alla condivisione di risorse, professionalità
e politiche. E’ opportuno sottolineare la necessità di attuare una politica che sia fusione coerente delle
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logiche sociali, formative e occupazionali, che dovrà vedere lo sviluppo su ambiti territoriali, ambiti che si
trasformino in luoghi di elaborazione, realizzazione e sviluppo di sistemi coordinati di interventi e servizi.
In particolare in una logica di intervento aperto, rispetto allo sviluppo di modelli collaborativi e
partecipativi si potrà tenere conto:
- della capacità di lavorare insieme dei diversi soggetti pubblici e privati chiamati a concorrere alla
programmazione, realizzazione e valutazione degli interventi cofinanziati dal Fondo Sociale
Europeo e da altri fonti di finanziamento;
- della valutazione multidimensionale dei bisogni (dei beneficiari diretti ma anche un’analisi più
articolata verso il nucleo familiare nel suo complesso);
- della promozione di accordi di collaborazione in rete con le amministrazioni competenti sul
territorio in materia di politiche occupazionali attive e passive, tutela della salute e istruzione,
nonché con soggetti privati attivi nell’ambito degli interventi di contrasto alla povertà, con
particolare riferimento agli enti non profit;
- dell’attivazione di flussi informativi efficaci fra i diversi attori territoriali;
- della messa in atto di interventi e servizi per l’inclusione attiva, l’orientamento al lavoro,
l’assistenza educativa e formativa con l’integrazione in rete delle filiere amministrative;
- della promozione dell’innovazione sociale e della complementarietà delle risorse private e del
terzo settore rispetto all’azione pubblica, valorizzando le esperienze territoriali (e in questo senso
il ruolo che stanno acquisendo in misura sempre più significativa le Fondazioni bancarie).
6. IL RUOLO DELL’AGENZIA PIEMONTE LAVORO E IL SISTEMA DEI CENTRI PER L’IMPIEGO
Per rafforzare e dare sostanza a questo quadro attuativo, la Regione e l’Agenzia Piemonte Lavoro hanno
deciso di approvare un Vademecum per i Centri per l’Impiego (CPI) contenente indicazioni operative per
l’attuazione del SIA, nel rispetto delle norme e delle Linee Guida nazionali, a garanzia della coerenza e
uniformità del loro contributo sull’intero territorio regionale.
Questo paragrafo riprende i contenuti del Vademecum per illustrare con attenzione il ruolo dell’APL e dei
CPI nell’applicazione del SIA su ambiti lavoristici, tutto ciò in stretta connessione con il ruolo attribuito ai
CPI con il D.Lgs. 150/2015 e nel riconoscimento di un ruolo strategico nella gestione dell’attivazione di
politiche attive del lavoro.
Al fine di rendere maggiormente chiara la caratterizzazione del modello APL-CPI si riporta in sintesi,
attraverso una rappresentazione grafica, le principali fasi della filiera di attuazione del SIA definite dalle
Linee guida nazionali.
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Fig. 1 Il processo di funzionamento del SIA
Fig. 2 La presa in carico integrata
Nel dare attuazione al SIA sono state garantite le fasi definite a livello nazionale, quello che viene posto
in evidenza di seguito è il ruolo dei CPI nella partecipazione e nel contributo al lavoro dell’Equipe
Multidisciplinare e l’attivazione per la realizzazione dei percorsi lavoristici.
Riprendendo lo schema grafico e la singola descrizione delle sezioni si possono illustrare i contenuti nel
dettaglio partendo dalla fase di Pre-Assessment. Il Pre-Assessment (Pre-A) è la fase del primo contatto
con i nuclei destinatari del SIA che, attraverso una profilazione leggera, permette di inquadrare il bisogno
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del nucleo e di coinvolgere le competenze necessarie alla Presa in Carico e alla definizione del Progetto
Personalizzato.
Qualora il nucleo familiare (o alcuni suoi componenti) sia già conosciuto dai servizi sociali di accesso,
questa fase potrà svolgersi in back-office attraverso la raccolta della documentazione pertinente e la
condivisione della stessa con gli operatori dei CPI e di altri servizi territoriali che saranno coinvolti
nell’Equipe Multidisciplinare (EM) nominata nella fase di Pre-A. L’Equipe è costituita dai Comune/Ambito
territoriale (SSC)1 e per ogni Equipe avviene l’assegnazione del Responsabile del caso (RC). È possibile
prevedere già nella fase di Pre-A la presenza del CPI nella realizzazione di alcune attività con il SSC, tra
cui i colloqui con il nucleo, al fine di avviare fin da subito l’inquadramento multi-dimensionale del bisogno
dei componenti del nucleo destinatario. Nel caso il CPI non abbia però la disponibilità per garantire la
presenza di un proprio operatore in questa fase, potrà avvalersi di strumenti che gli permettano di
contribuire al lavoro del SSC anche a distanza, ad esempio schede di rilevazione delle esperienze
formative, professionali, dei vincoli e disponibilità dei componenti del nucleo.
L’Agenzia Piemonte Lavoro, per garantire coerenza e uniformità nella rilevazione delle informazioni,
fornirà un modello condiviso ad uso di tutti i CPI. Le principali attività del Pre-A, in coerenza con quanto
previsto dalle Linee Guida nazionali sono rappresentate dal seguente schema:
PRE-ASSESSMENT
Raccolta e analisi documentazione e Colloquio/i di Pre-Assessment
Obiettivi Individuare il bisogno del nucleo, definire la costituzione dell’EM e della Presa in Carico integrata
Attività
1) Raccolta della documentazione pertinente sul nucleo in possesso dei servizi
2) Convocazione e gestione colloquio/i con il nucleo e somministrazione dello strumento di Pre-A
3) Valutazione dei bisogni/caratteristiche peculiari del nucleo
4) Costituzione equipe multidisciplinare (EM) e assegnazione al responsabile del caso (RC)
5) Chiusura del Pre-A e consegna del “quadro di pre-analisi”
Referente attività e altri soggetti coinvolti
SSC eventualmente in compresenza di altri operatori, CPI e servizi territoriali.
La fase di Pre-A si conclude con l’avvio del percorso di Assessment. Per i casi in cui la fase di Pre-A possa
essere considerata esaustiva, in quanto il nucleo non presenta delle caratteristiche complesse e i bisogni
rilevati appaiono chiari e ben definiti, l’EM può procedere direttamente alla fase di Progettazione.
La sezione seguente è l’Assessment, che si concretizza con la fase di analisi approfondita delle
caratteristiche e dei bisogni del nucleo, in continuità con la scheda prodotta durante il Pre-A. Viene
condotta dall’EM e di altri servizi territoriali pertinenti con le esigenze del caso emerse durante il Pre-
Assessment. La fase di Assessment non si esaurisce col colloquio ma prevede momenti di consultazione
inter-servizi per predisporre le ipotesi di Progettazione Personalizzata e sarà un processo che seguirà
1 Dicitura adottata dalle Linee Guida nazionali si fa riferimento agli Enti Gestori delle Funzioni Socio-Assistenziali.
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l’intero percorso di attivazione. Oltre allo strumento specifico per l’ASS, può essere utile somministrare
altre schede di valutazione (già in uso presso i servizi) per inquadrare al meglio le caratteristiche del
nucleo (in presenza di disabilità gravi, problemi di dipendenza, abbandono scolastico, ecc.) che esplorino
le dimensioni rilevanti per i nuclei familiari, al fine di raggiungere un benessere di lungo periodo, che
sono:
− i bisogni della famiglia e dei suoi componenti, con particolare riferimento al benessere dei minori
nella sfera dell’istruzione, della salute e della socialità;
− le risorse funzionali dei componenti che possono essere attivate per soddisfare tali bisogni;
− i fattori ambientali che possono influenzare e sostenere questo percorso;
− la valutazione dell’occupabilità in particolare per i casi in cui si riscontri prioritariamente la
necessità di attivazione lavorativa, al fine di favorire la loro emersione dalla condizione di
povertà.
In questa fase il CPI ha il ruolo di sostenere l’EM nel valutare il grado di occupabilità delle persone e ha
l’opportunità di utilizzare strumenti di valutazione in uso nei servizi per l’impiego o messi a disposizione a
livello nazionale (nelle Linee Guida si fa riferimento al Profilo Professionale di Occupabilità, ex art. 20
d.lgs. n. 150/2015). Segue lo schema riepilogativo della fase di Assessment.
ASSESSMENT
Analisi del caso e Colloquio/i di Assessment
Obiettivi Valutare le potenzialità del nucleo, le sue peculiarità, e definire la programmazione della successiva fase di Progettazione Personalizzata
Attività
1) Individuazione di elementi di pertinenza dalla documentazione in possesso, per orientare il/i colloquio/i di ASS
2) Contatto con servizi specialistici nell’ipotesi di un loro coinvolgimento attivo in EM e condivisione informazioni sul caso
3) Convocazione a colloquio e somministrazione dello strumento di ASS e eventuale altra strumentazione definita con i servizi specialistici
4) Somministrazione del Profilo Personale di Occupabilità o di uno strumento analogo in uso ai CPI
5) Valutazione in Equipe dei bisogni/caratteristiche peculiari del nucleo
6) Calendarizzazione della fase di Progettazione Personalizzata
7) Eventuali integrazioni successive del “Quadro di Analisi”
Referente attività e altri soggetti coinvolti
RC in raccordo con EM e gli operatori in essa coinvolti, CPI e servizi territoriali
La fase di Assessment si conclude con l’avvio del percorso di Progettazione Personalizzata. La definizione
di un Progetto Personalizzato (PP) d’interventi dirige il nucleo e l’EM verso un percorso di superamento
della condizione di povertà e di tutela del benessere del nucleo e la sua adesione e sottoscrizione del PP
diventa la prima condizionalità per il godimento del beneficio economico.
Il RC può individuare un referente del nucleo familiare e coinvolgerlo nella stesura del PP che al suo
interno dovrà prevedere azioni rivolte a tutti i singoli componenti in base alle loro caratteristiche e
peculiarità.
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Quindi, nonostante possano essere avviate “micro-progettazioni” riferite a singoli componenti, il PP sarà
unico per il nucleo preso in carico.
L’impegno previsto dal PP richiede di svolgere determinate attività, fra cui:
− mantenere i contatti con i servizi, indicativamente 2 volte a settimana, in funzione del
monitoraggio dello svolgimento delle azioni previste dal PP;
− partecipare a iniziative di formazione o riqualificazione professionale, di politica attiva, di
preparazione ai colloqui di lavoro, redazione del curriculum, ecc.;
− occuparsi a tempo pieno alla ricerca attiva di lavoro;
− accettare offerte di lavoro congrue;
− aderire a progetti di integrazione sociale e lavorativa;
− vigilare l’impegno scolastico dei minori;
− attuare comportamenti di tutela della salute, di prevenzione e cura.
Le Linee Guida per la progettazione personalizzata prevedono:
PROGETTAZIONE PERSONALIZZATA
Definizione e strutturazione del PP
Obiettivi Programmare le azioni che compongono il progetto personalizzato e avviare le attività ivi previste a favore del nucleo.
Attività
1. Definizione delle priorità per il nucleo e/o i singoli componenti 2. Ricerca degli interventi da attivare in base ai bisogni del nucleo (interventi sulla
famiglia e sui singoli componenti) 3. Definizione delle modalità di adesione agli interventi da parte del nucleo e di
registrazione delle attività svolte 4. Per ogni singolo intervento previsto, l’EM deve assegnare un operatore di
riferimento, nonostante il RC rimanga il coordinatore del PP 5. Indicazione nel PP dei servizi competenti e degli operatori coinvolti, le prestazioni
erogabili e le reciproche responsabilità (servizi e nucleo), le tempistiche di esecuzione del PP, nonché elencazione degli attori privati coinvolti (specialmente enti non-profit) e loro ruolo
6. Adesione al PP e sottoscrizione da parte del nucleo Referente attività e altri soggetti coinvolti
RC in raccordo con EM e gli operatori in essa coinvolti, CPI e servizi territoriali e altri eventuali attori che parteciperanno alla realizzazione degli interventi
L’EM deve garantire di attivarsi essa stessa per migliorare le condizioni di benessere del nucleo mettendo
in atto altri interventi personalizzati di consulenza, orientamento, monitoraggio, attivazione di prestazioni
sociali e interventi in rete con altri servizi pubblici e privati del territorio, (sostegno all’alloggio, educativa
domiciliare, sostegno a spese ordinarie etc.).
Infine l’EM potrà prevedere l’attivazione e il supporto all’accesso, per uno o più componenti del nucleo, a
interventi di inclusione sociale, di natura formativa e lavoristica, che possono afferire alle seguenti
tipologie:
a) interventi di inclusione sociale (PASS, borse per tirocini di inclusione, progetti di pubblica
utilità, cantieri, etc.), la cui attivazione è di pertinenza dell’Equipe Multidisciplinare che
supporta la persona nell'accesso ai servizi e misure a loro dedicate, in raccordo con il CPI e gli
altri servizi coinvolti;
b) percorsi di istruzione e formazione professionali (recupero obbligo formativo, diploma e
qualifica anche in apprendistato), la cui attivazione è di pertinenza dell’Equipe
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Multidisciplinare che supporta la persona nell'accesso ai servizi e misure a loro dedicate, in
raccordo con il CPI e gli atri servizi coinvolti;
c) servizi di orientamento professionale e accompagnamento al lavoro, la cui attivazione è di
pertinenza del CPI, in raccordo con l’EM, che supporta la persona nell'accesso ai servizi e
misure al loro dedicate.
Le informazioni sul Progetto Personalizzato devono essere inviate dai Comuni all’INPS secondo le regole
contenute nelle Linee guida nazionali nonché le modalità di monitoraggio dei progetti.
Nel caso in cui nel Progetto Personalizzato l’EM abbia valutato opportuno indirizzare uno o più componenti
del nucleo familiare verso interventi di natura lavoristica, il Centro per l’impiego ne garantisce l’accesso a
servizi e alle misure disponibili. Il CPI procede alla presa in carico della persona e la sottoscrizione del
Patto di Servizio Personalizzato (ex art. 20 d.lgs. n. 150/2015) e pianifica il percorso che verrà realizzato,
in coerenza con quanto indicato dalle Linee guida nazionali e in raccordo con l’RC e l’EM. In base alla
valutazione dell’occupabilità e alla disponibilità della persona a seguire i percorsi proposti, il CPI realizza
in linea generale i servizi previsti nell’art. 18 del d.lgs. 150/2015 e attiva le misure di politica attiva del
lavoro eventualmente finanziate. Il CPI dovrà erogare i servizi di orientamento di base funzionali alla
firma del Patto di servizio e alla definizione del piano di azioni che si concorderà di realizzare.
Il CPI potrà erogare a seconda dell’occupabilità della persona:
− servizi di orientamento specialistico, ricerca attiva, accompagnamento al lavoro, promozione dei
tirocini e incrocio D/O;
− informazione e invio a servizi dedicati all’autoimpiego, alla formazione e sulle misure incentivanti
etc.;
− servizi di politica attiva del lavoro realizzati dai CPI a valere su programmi nazionali e regionali
(GGN, POR, FRD);
− informazione e invio o attivazione dei servizi a valere sulla programmazione nazionale e regionale
realizzati dagli operatori pubblici/privati accreditati ai servizi per il lavoro.
I servizi che il CPI potrà realizzare sono esemplificati e descritti nella tabella che segue, con indicazione
delle sue modalità di erogazione.
PERCORSO DI ATTIVAZIONE DEI SERVIZI DI POLITICA ATTIVA DEL LAVORO
Presa in carico e
orientamento di 1° livello
[attività obbligatoria]
Colloquio di orientamento per l’aggiornamento della scheda anagrafico-
professionale, l’accertamento dello stato occupazionale, firma del Patto di servizio
personalizzato e pianificazione dei servizi che verranno realizzati.
Nel caso di persona con disabilità certificate ai sensi della legge 68/99 vi sarà anche
la presa in carico del collocamento mirato o il possibile invio verso percorsi di
certificazione.
Orientamento di 2° livello e
ricerca attiva del lavoro
Eventuale, deciso in base alla valutazione effettuata nella presa in carico, successivo
colloquio e/o incontro di gruppo per l’approfondimento sull’occupabilità della
persona, la definizione dell’obiettivo professionale, il supporto nella ricerca attiva del
lavoro.
Attivazione di tirocini e pre-
selezione
Eventuale, deciso in base alla valutazioni sopra effettuate, redazione del Curriculum
Vitae, promozione del tirocinio e inserimento nei servizi di preselezione sulle
vacancy delle imprese
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Accesso alle misure
lavoristiche finanziate sulla
programmazione nazionale e
regionale
Nel caso di persone in possesso dei requisiti e disponibili ad essere inseriti nei
percorsi finanziati: informazione e invio, o supporto nell’accesso, ai percorsi di
orientamento, ricerca attiva e accompagnamento al lavoro finanziati dal:
− Buono servizi Laboratori per Disoccupati da meno di 6 mesi
− Buono servizi lavoro per Disoccupati da più di 6 mesi
− Buono servizi lavoro per lo Svantaggio
− Garanzia Giovani Nazionale e Disabili
− Percorsi per la disabilità a valere sul Fondo Regionale Disabili
Referente attività e altri
soggetti coinvolti CPI in raccordo con RC e EM e servizi territoriali coinvolti
L’Agenzia Piemonte Lavoro nel suo ruolo di raccordo e coordinamento definisce le modalità di
registrazione delle attività erogate che saranno tracciate nel Sistema Informativo Lavoro (SILP). Altro
elemento utile ai fini dell’attuazione del SIA da parte della rete dei servizi coinvolti è la formulazione di
uno schema di sintesi che raccoglie i principali atti della programmazione regionale che finanziano misure
lavoristiche e formative a supporto dell’inclusione nel mercato del lavoro delle persone.