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La bambina di carta Monica Tavarner LIBRO + CD
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LA BAMBINA DI CARTA di Monica Tavarner

Mar 15, 2016

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Mirko Visentin

Libro + CD.
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La bambina di carta

Monica Tavarner

LIBRO + CD

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Ad Alice mia

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Proprietà letteraria riservataMonica Tavarner, La bambina di carta © 2009

Disegni di copertina di Monica Tavarner

Prodotto da Spazio SputnikGrafi ca e impaginazione: Mirko Visentinwww.spaziosputnik.it

Finito di stampare nel mese di ottobre 2009presso Laser Copy Center di Peschiera Borromeo (MI)per conto di MiMiSol Edizioni – www.mimisol.it

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Monica Tavarner

La bambina di carta

LIBRO + CD

www.monicatavarner.it

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I l sibilo del vento s’infrangeva sul vetro della fi nestra mentre la pioggia scen-deva piano piano, zampettando sul

tetto in punta di piedi. Un lampo attraver-sò la fi nestra facendo entrare nella stanza le ombre del giardino ed illuminando un vec-chio quadro appeso alla parete. Nel quadro c’era una bambina di carta, ritagliata da chissà quale mano gentile che le aveva dato la vita, l’aveva creata, le aveva dato una forma ed assegnato un luogo dove vivere.

La bambina di carta dormiva nel suo lettino caldo di carta, quando arrivò il tem-porale. Un rombo lontano trafi sse la not-te, facendo tremare il mondo, ma la bimba scambiò la voce del tuono per le fusa di un gatto ed il sibilo del vento per una ninna

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nanna, perché stava dormendo, e stringen-do il suo caro orsacchiotto tra le braccia so-gnava: sognava la sua mamma.

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Un piccolo uccellino dalle piume di rame si posò sul davanzale e co-minciò a strillare forte, allungan-

do il collo e frugando con lo sguardo fra le ombre della stanza.

– C’è nessuno qui?La bimba balzò giù dal letto arruffata

sporgendosi un poco per vedere meglio. – Ci sono io – rispose agitando le braccia

per farsi scorgere. Per quanto l’uccellino si sforzasse, non

riuscì ad intuire alcun movimento nella stanza. Così, quando la vocina lo pregò di accomodarsi, fece no con la testa perché la mamma gli aveva vietato di entrare nelle case degli umani e quella voce senza corpo poteva essere una trappola!

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Stava quasi per andarsene quando la bimba lo implorò di alzare lo sguardo verso il quadro. L’uccellino fi nalmente la scorse e subito dimenticò gli avvertimenti della sua mamma decidendosi ad entrare nella stan-za per volare da lei.

Uno di fronte all’altra, separati dal vetro che proteggeva il disegno, si guardarono a lungo, poi si sorrisero e subito nacque una grande amicizia.

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Cippy attendeva trepido sul ramo più vicino alla casa dell’umana. Attendeva che s’aprisse la fi ne-

stra! Allora entrava guardingo nel salone e trascorreva ogni momento parlando e can-tando con l’amica di carta.

– Canta ancora! – le chiedeva l’uccellino incantato dalla bella voce dell’amica.

Così la bimba cantava e Cippy si trat-teneva ancora un poco in quella casa ed il tempo trascorreva veloce e la mamma di Cippy attendeva il suo piccolo invano.

Un giorno, dopo aver atteso fi no al tra-montar del sole, la mamma di Cippy lasciò il nido per andare a cercarlo.

Il suo richiamo insistente giunse subito all’udito dell’uccellino, che si rabbuiò pen-

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sieroso: chissà che sfuriata, la mamma, se l’avesse visto uscire dalla fi nestra di quella casa proibita.

– È la mia mamma! – disse dispiaciuto. – Devo proprio andare!

Spiccò il volo e si portò sul davanzale, ri-volto al giardino, rivolto alla sua mamma.

Quando lo vide, lei lo rimproverò con lo sguardo ma subito si raddolcì e svelta se lo portò via.

La bimba li osservò a lungo, mentre si allontanavano insieme. Poi, rimasta im-provvisamente sola, si coricò silenziosa nel suo lettino caldo.

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Era lì, nel suo lettino, a giocare as-sorta con le orecchie dell’orsac-chiotto preferito mentre lo sguardo

vagava nel buio catturando pensieri come farfalle: Cippy... la sua mamma... quel suo dolce richiamo... il volo che li univa in una somiglianza straordinaria mentre si allon-tanavano insieme.

Mentre la notte posava ancora una volta il suo manto sul mondo, la bimba scese svelta dal suo lettino caldo, rimboccò le coperte al suo caro orsacchiotto e gli disse piano: – Ora dormi. Tornerò presto con la mamma!

Andava nel mondo degli umani! Diede un ultimo sguardo alla sua stanzetta e poi, con fare deciso, cercò un’apertura nel qua-dro, vi s’infi lò e si lasciò cadere.

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Scendeva dolce dentro il buio della notte, assaporando il silenzio nella grande casa, volteggiando leggera fra le braccia dell’aria e addormentandosi esausta nel caldo giaci-glio che questa le porgeva.

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Fu un allegro cinguettio a svegliarla. La bimba si ritrovò nel giardino, e sorpresa restò ad osservare a lungo

la distesa verde che si estendeva davanti al suo sguardo: come aveva fatto ad arrivare fi n lì? Si voltò a guardare la casa e riconob-be chiaramente la fi nestra spalancata da cui probabilmente era volata fuori, mentre dormiva.

Oltre la fi nestra, c’era il vecchio quadro appeso alla parete con dentro un orsac-chiotto spelacchiato e solo.

Non dimenticava, la piccola, il motivo del suo viaggio, ma quel giardino era così luminoso, e colorato, e profumato di fi ori, e caldo di sole, che non poté fare a meno di avventurarsi nella sua fi tta trama. Sbatté le

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piccole braccia di carta, come ali, imitando il suo amico del cuore, e cominciò a volare, leggera leggera, appena sopra i fi li d’erba, appena sopra i fi ori.

La brezza del mattino accompagnò su un fi l di fi ato quel piccolo pezzetto di carta, dalla voce di bimba.

Rideva, la bimba, di una piccola risata innocente, volando sul giardino e conqui-stando il cuore di tutti i suoi abitanti.

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Dopo molto tempo, affaticata da quel volo e dalle tante emozioni, la bimba si posò esausta sopra

un fi ore dallo stelo lungo. Da lì riusciva a vedere l’intero giardino ed in fondo, ormai lontanissima, la casa dell’umana, la sua casa. Il fi ore ondeggiava dolce, mosso dal-l’aria, e sembrava quasi invitarla a canta-re. Chissà dov’era Cippy. Chissà se poteva udire quel canto che improvviso le usciva dalla bocca.

Il caso volle che Vento passasse di lì pro-prio in quel momento. Appena udì quel canto meraviglioso, si avvicinò arrogante, spazzando via ogni cosa e si fermò di fronte a lei fi ssandola insistente.

– Chi sei? – le chiese severo.

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La bimba lo salutò educata e si presentò per bene.

Anche Vento si presentò, sforzandosi d’essere cordiale e le chiese, senza troppi giri di parole, di cantare per la sua padro-na, la potente e temibile Tempesta.

– Se canterai per lei, potrà esaudire ogni tuo desiderio! – concluse.

La bimba non sapeva che fare. In fondo doveva solo cantare, cosa poteva accade-re? E poi Tempesta: lei poteva esaudire i desideri. Ecco perché la bambina di carta accettò di andare con Vento e di cantare per la sua padrona.

– Verrò con te! – gli rispose annuendo. Allora Vento l’afferrò stringendola forte,

e la portò via con sé.

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Dopo un lungo viaggio, Vento ar-rivò ad un ghiacciaio e s’infi lò in una grotta di cristallo. Lì, atten-

deva Tempesta, la sua padrona. Tempesta, a forma di piccola stella, tin-

tinnava ad ogni respiro perché le punte acuminate e taglienti che spuntavano dal suo corpo erano fatte di cristallo.

La bimba fi ssava quei cristalli tremuli che rifl ettevano bagliori iridescenti e qua-si avrebbe voluto allungare una mano per toccarli se non fosse stata imbrigliata fra le dita di Vento.

Ad un cenno di Tempesta, il fedele aprì le mani liberando e porgendole la piccola.

– Mia Signora, questa bambina canterà

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per voi se esaudirete un suo desiderio! – le disse solenne.

La bimba, fi nalmente libera, dispiegò le braccia stropicciate come una farfalla ed iniziò a svolazzare nella grotta, gorgheg-giando felice.

– Sei coraggiosa, Bambina. Tutti hanno paura di me. Tu non ne hai? – chiese Tem-pesta, e la terra rabbrividì, a quelle parole, perché la padrona di Vento faceva tremare il mondo con la sua voce.

– No – rispose lei, continuando a volteg-giare distratta.

– Dev’essere grande il tuo desiderio per averti spinta fi n qui! Canterai per me? – chiese ancora.

La bimba fi nalmente si posò a terra.

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– Sì – rispose, perché aveva un sogno nel cuore e fremeva per realizzarlo.

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Tempesta s’avvicinò a Vento e gli disse qualcosa all’orecchio. Poi, con un cenno del capo ed una

complice occhiata, lo esortò ad andare. Vento si allontanò svelto mentre la bim-

ba si guardava attorno curiosa. Cominciava a sentire freddo. L’umidi-

tà di quel luogo aggrediva il suo corpo di carta. Tremava mentre Tempesta, muta, la scrutava.

Quando tornò, Vento le porse un calice di cristallo e le chiese di cantarci dentro.

– Ma prima esprimi il tuo desiderio, che Tempesta possa ascoltarlo e chiedere con-siglio alle Forze!

La bambina di carta intrecciò le mani sul petto e chiuse gli occhi.

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– Desidero... – disse ispirata – ... trovare la mia mamma!

Poi iniziò a cantare, ed il calice si riempì di note e voce. I suoni che le uscivano dal-la bocca venivano catturati da una forza oscura, senza forma, e bloccati nel fondo di una coppa incantata.

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Eccola! La voce della bambina di carta: fl uttuante e vaporosa den-tro un calice di cristallo.

Tempesta si tuffò nella coppa, avida, ingorda, ne bevve il contenuto tutto d’un fi ato e subito la sua voce si fece morbida e dolce, proprio come quella della bambina di carta.

Anche la voce della bimba mutò, diven-tando aspra e roca come quella di Tempe-sta. La piccola, con aria innocente, interro-gava con lo sguardo i due complici mentre intuiva in silenzio, capiva il tradimento, comprendeva la sua sventura.

– Non esiste una mamma per te, bambi-na! – esclamò Tempesta che assaporava la sua nuova voce adempiendo alla falsa pro-

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messa. – Chi ti ha disegnata ha sicuramente pensato che non ne avessi bisogno! – Poi le voltò le spalle e saltò sulla groppa di Vento che imboccò l’uscita e se ne volò via.

La bimba rimase lì, delusa, tradita, con la sua sola innocenza, ad attendere un de-stino che si era scelta, per un sogno forse più grande di lei. Dal profondo, lacrime di carta si riversarono nei suoi occhi e la piog-gia cominciò a cadere sopra la grotta e den-tro l’anima della bambina di carta.

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Si poteva udire da lontano. Un pian-to disperato, un grido. Dalla grot-ta usciva amplifi cato, come se non

fosse uno solo ma tanti. Brezza si disse che quel pianto non po-

teva essere di Tempesta. Certo, la voce era la sua, ma la tristezza no. Per questo decise di andare a vedere cosa stava accadendo. Abbandonò il giardino e seguì quel pianto fi no a giungere ai piedi di un ghiacciaio, dove una grotta s’apriva sprigionando un profondo lamento. Brezza seguì quel pianto tuffandosi nell’apertura offerta dal ghiac-ciaio e trovò la piccola e la riconobbe.

La bambina di carta aveva pianto tutte le lacrime e consumato gli occhi. Infreddolita ed inzuppata d’acqua, si lasciò accarezzare

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da quella creatura già incontrata nel giar-dino, ma non riuscì a rispondere al sorriso che questa le offriva.

Brezza iniziò a soffi arle aria sul volto, sul vestito di carta, sulle mani, sui piedini. Quando la bimba fu completamente asciut-ta, la prese con delicatezza e, accarezzan-dole la testa con il tocco gentile di chi sa tante cose, volò via.

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Sapeva, la bimba, che ogni suono emesso dalla sua bocca, ogni mu-golio, ogni sospiro, ogni fi ato ed

ogni silenzio non le appartenevano più. Una voce orribile usciva dalle sue labbra! La bambina di carta non avrebbe mai più parlato, mai più cantato! Ma poco a poco il ghiacciaio, la neve, il freddo, svanirono sot-to di loro cedendo il posto ai fi ori, i prati, le foreste, i suoni della terra. E senza render-sene conto la sua bocca parlò: una parola incerta, due, un’altra ancora ed ecco che il discorso prese forma. In pochi minuti la bimba raccontò la sua sventura a Brezza.

– Sei davvero una bambina fortunata! – esclamò inaspettatamente la nuova amica. Infatti, le spiegò, invece di provare a do-

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minarla, Tempesta aveva preferito disfarsi della propria voce. Ma quella voce non ave-va nulla di sbagliato. Se non funzionava era solo colpa di Tempesta, troppo impulsiva e irascibile per poter tentare di controllare i suoni che le uscivano dalla bocca.

– Non esiste voce più bella che quella della natura! – concluse.

Quindi la esortò a sperimentare quella nuova voce, che non era poi così orribile, dopotutto, bastava saperla controllare... un po’ d’aggiustamenti nei bassi, un po’ di sintonizzazione negli acuti... un po’ d’equi-librio mentale, ed ecco fatto! La sua nuo-va voce era anche più bella di quella vec-chia. Ora la bimba era pronta per tornare a casa.

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L’aria sfi orava il volto della bimba accoccolata esausta fra le brac-cia di Brezza. Dormiva appena,

di un tiepido sonno ristoratore dopo aver lottato con se stessa e domato la sua nuova voce. Dormiva e sognava. Sapeva, la bim-ba, che lì, in quel sogno, l’avrebbe incon-trata. Eccola infatti, col suo sorriso dolce e le carezze gentili.

– Sei davvero la mia mamma? – le chiese socchiudendo gli occhi.

– Chiedilo al tuo cuore, amore, lui non può mentire! Devo andare ora. Proteggi i tuoi sogni, tesoro, non permettere a nessu-no di portarteli via! – disse. Poi svanì.

– Fermatevi! – tuonò una voce alle loro spalle.

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Quell’ordine obbligò la bimba ad uscire dal suo torpore. Si aggrappò a Brezza e si guardò attorno sorpresa: erano ancora in volo. Sotto di loro c’era il fi ore dallo ste-lo lungo ed in fondo, lontanissima, la casa dell’umana, la sua casa. Alle loro spalle qualcuno le inseguiva.

– Fermatevi! – ordinò di nuovo quella voce. Un tintinnio familiare risvegliò la memoria della bambina di carta che rico-nobbe Vento e Tempesta.

La voce di Vento rompeva l’aria, mentre correva veloce verso di loro portando con sé Tempesta e tutti i suoi servitori. Dietro di loro le nubi si ammassavano oscurando il cielo come mai si era visto prima.

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– Siamo tornati nella grotta, ma tu non c’eri più. Tutta-via non è stato diffi cile rin-

tracciarti: è stato suffi ciente seguire la tua voce! – disse Vento raggiungendola.

– Che cosa volete? – chiese la bambina di carta.

– Volevo restituirti la voce, bambina – continuò nervosa Tempesta.

– Cosa? – chiese stupita la bimba. – No grazie, quella nuova mi piace di più!

Tempesta non poteva credere alle sue orecchie: la voce della bimba era stupen-da... come diavolo aveva fatto? Questo pensiero unito al rifi uto inaspettato la fece andare su tutte le furie. La rabbia le ac-cecava la mente e dalla bocca le uscì un

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rantolio. Le parole le sfuggivano in alto e in basso senza controllo.

– Pioggia, precipita. Grandine, trafi ggi. Nubi, tuonate. Fulmini, bruciate! – grac-chiò.

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Uno scroscio di risate improvviso interruppe il silenzio sordo che circondava il mondo.

– Pioggia, precipita. Grandine, trafi ggi. Nubi, tuonate. Fulmini, bruciate! – ripeté per la seconda volta.

I servitori di Tempesta non potevano obbedire agli ordini, perché erano troppo impegnati a ridere di lei e della sua nuo-va voce. Era, infatti, così ridicola che non riusciva ad accendere in loro la rabbia ne-cessaria per scagliarli contro la bambina di carta.

Allora la padrona si trovò costretta ad agire da sola. Si strappò di dosso, ad una ad una, le punte acuminate e le scagliò contro la bimba, trafi ggendola.

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I cristalli confi ccati nel corpicino del-la piccola, la resero improvvisamente più pesante e Brezza non fu più in grado di sorreggerla. La bimba scivolò dalle sue mani, trapassandole come se improvvisa-mente Brezza fosse diventata un fantasma, e cominciò a cadere, cadere, sprofondan-do in uno strano torpore. Ma subito si ri-prese. Raccolse tutte le sue forze e con la voce terribile di Tempesta ordinò alla piog-gia di piangere, alle nubi di tuonare for-te, alla grandine di trafi ggere, ai fulmini di bruciare, ed a tutti di scagliarsi contro Tempesta, e fu così convincente che questi s’infi ammarono e si abbatterono sulla loro padrona, incapaci di arrestare il loro istin-to distruttivo e obbligandola a fuggire. Un

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momento dopo la bambina di carta aveva perso i sensi.

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L’uccellino di rame si dibatté du-ramente liberandosi dalla presa della sua mamma. Volò verso

Brezza, che se ne stava lì, a fi ssare la pic-cola senza poter fare nulla. Prese al volo la bimba nel suo becco e svelto attraver-sò il giardino, oltrepassando nuovamente il confi ne proibito. Entrò impacciato nella casa dell’umana e si posò sul freddo pavi-mento cinguettando a piena voce.

Finalmente l’umana di casa, una vecchi-na mezza sorda, si precipitò nella stanza.

– Ma questa è la mia bambina di carta! – esclamò sorpresa, non appena raccolse il pezzetto di carta che Cippy le indicava con insistenza e ne riconobbe la bimba che lei stessa aveva disegnato e ritagliato molti

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anni prima. Mentre la rigirava con estrema delicatezza e sapienza fra le mani, cercan-do di sfi lare le punte di cristallo impigliate nel vestito, udì una vocina vaga e triste.

– Mamma!Ma chi era? Da dove proveniva? La vec-

china si guardò attorno sorpresa senza riu-scire a scorgere nessuno, a parte Cippy, che restava lì a guardarla attento mentre lei cu-rava la bambina.

– Sai, uccellino caro – gli disse mentre riponeva la bimba, ancora priva di sensi, dentro il quadro – adesso come allora ho la sensazione che manchi qualcosa in que-sto disegno! Ma proprio non riesco a capire cosa.

– Mamma! – piagnucolò di nuovo la

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bimba, mentre la vecchina indugiava nel suo mondo dai suoni ovattati.

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La bambina di carta non ne vole-va proprio sapere di svegliarsi. Continuava a dormire, rigirandosi

nel lettino e sorridendo di tanto in tanto. Quando fi nalmente riprese i sensi pensò di aver sognato, invece tutto era accaduto veramente. Si guardò attorno e subito ri-conobbe la sua stanza. Il suo orsacchiotto preferito era ancora accanto a lei. Lo prese e lo strinse forte a sé mentre i suoi occhi luccicavano tristi. Improvvisamente udì un respiro alle sue spalle. Si voltò. Lei era lì. Era come l’aveva sempre sognata. Con un balzo si gettò fra le sue braccia.

– Mamma – riuscì a dire. – Amore – riuscì a rispondere lei. Entrambe piangevano lacrime di carta,

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lacrime di gioia, mentre gli sguardi velati si frugavano, cercando di riconoscere ciò che già conoscevano attraverso i loro sogni.

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Ringraziamenti

Ringrazio mia sorella Michela e mio marito Gian Paolo, che hanno letto pazientemente tutte le versioni di questa fi aba, nell’attesa di quella de-fi nitiva, dandomi preziosi consigli.

Ringrazio Serena per il suo supporto morale ed i suggerimenti da vera esperta e Rudj, che mi ha spronata a cercare le soluzioni dentro me stessa.

Ringrazio Domenico Santaniello, Paolo Ven-dramin, Valentino Favotto, Nicola Fazzini e Gian Paolo Todaro, che hanno accettato di intraprende-re questo viaggio per la parte musicale.

Infi ne ringrazio Silvia Nanni che ha prestato la sua preziosa voce per rendere vivo questo rac-conto.

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Questo libro è stato composto in Bodoni (versione Bauer), disegnato dall’incisore, fonditore e tipogra-fo Giovanbattista Bodoni, direttore della Stamperia Palatina di Parma, negli anni ’60 del Settecento. Il Bodoni è la massima espressione del neoclassicismo tipografi co – che ha tra i suoi antecedenti i caratteri dell’inglese Baskerville – e può essere considerato il carattere italiano per eccellenza.

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LA BAMBINA DI CARTA (CD)

1. La pioggia e ’l sonno (parte 1 e 2) | 2. Cippy l’uccellino | 3. La bambina di carta | 4. Lento viaggio | 5. Il canto degli uccelli | 6. Vento | 7. Tempesta | 8. Brezza | 9. Il ritorno | 10. Ninna-a.

Silvia Nanni voce narrante

Monica Tavarner voce

Nicola Fazzini sax alto

Valentino Favotto pianoforte

Gian Paolo Todaro chitarra

Domenico Santaniello contrabbasso

Paolo Vendramin batteria

Testi, composizioni e arrangiamenti di Monica Tavarner.

Registrato e mixato nell’agosto 2008 da Gian Paolo Todaro presso il TGP Recording studio.

Disegno in copertina di Monica Tavarner.

Layout di Mirko Visentin.

Prodotto da Gian Paolo Todaro.

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– Dev’essere grande il tuo desiderio per averti spinta fi n qui! Canterai per me? – chiese ancora.

La bimba fi nalmente si posò a terra.– Sì – rispose, perché aveva un sogno nel cuore e fremeva per realizzarlo.