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la bambina di porcellana

Mar 12, 2016

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Marika Bessone

fiaba per bambini, la bambina di porcellana
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La Bambina di Porcellanadi Marika A. Bigoni

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Nel paese di Mudiana la vita scor-reva tranquilla , o almeno così sem-brava agli abitanti.A Mudiana il sole splendeva a volte pioveva e di rado nevicava.Ma la gente di Mudiana aveva una peculiarità:sputavano continua-mente fango.Questa pratica era così diffusa e ra-dicata che ormai il paese ne era in-festato. Se si chiedeva a Zio Leopoldo che era l’anziano più anziano di Mun-diana (ben 108 anni) quando fosse cominciata, lui rispondeva che non era nato neppure il nonno di suo

nonno.

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In un giorno di mezza pioggia nacque Pearl, una piccola bambina dai capelli fulvi, occhi scuri ed una faccia un pò paffuta. I suoi genitori si accorsero presto che era l’unica in paese a non rigurgitare fango e ogni volta che uno schizzo di questo la toccava diventava tutta mac-chie e le saliva la febbre.

Nei suoi primi anni di vita i genitori preoccupati cercarono di non rigurgi-tare mai davanti a lei e le loro bocche si gonfi arono sempre di più. In uno di quei giorni di pioggia, non

potendo uscire a sfogarsi, i genitori or-mai troppo gonfi esplosero con un fra-gore micidiale. Pearl rimase shoccata e sorda per giorni.

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Pearl piangeva sola e le sue lacrime allagarono la piccola casa. In un primo momento quasi riu-scirono a lavare via lo sporco causato dall’esplo-sione e l’impeto del torrente di lacrime, ruppe la finestra del salone e spazzò via i genitori della bimba. Ben presto le lacrime finirono e lo sporco vomitato dei genitori di Pearl si posò di nuovo ovunque seccandosi.

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Pearl si accorse che quel fango, una vol-ta seccato, non la faceva stare male. Ma doveva uscire e fuori era tutto un fiume di sporco. Decise quindi che quello stes-so fango sarebbe stato la sua armatura.

Prese quindi i trucchi della madre e si di-pinse una faccia e con quel nuovo guscio che si era fabbricata. Pearl visse così da sola e al riparo da tutto istruita dalla tv e senza mai giocare all’aperto con gli altri bambini. Dovette imparare a badare a se stessa poiché i suoi genitori da quel fati-dico giorno furono dispersi. Col tempo Pearl si accorse che quel gu-scio era pesante e le impediva di correre. A volte addirittura la faceva affondare nel fango sparso per le strade del paese. Fu così che Pearl si diresse dalla fata Irina ( i cui cartelli pubblicitari sparsi in giro per tutta la città recitavano: La fata Irina risolve ogni problema, per trovarla basta telefonare al numero 155 36 36 36), per

chiedere consiglio.

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Decise di telefonarle immediatamente.La fata comprese subito il problema e sorridendo disse che l’unico modo per smettere di affondare sarebbe stato bere una tazza di tisanamagica, quindi le diede una tazza e fece per congedarla . Pearl esterrefatta chiese alla fata dove poteva trovare la “tisanamagica” e la fata rispose che l’avrebbe capito quando l’avrebbe trovata.

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Pearl la sera stessa si incamminò verso il vicino paese di Runille, ma la strada era lunga, la fanghiglia era tanta e lei affondava sempre di più. Proprio alle porte di Runille, la piccola Pearl rimase impantanata fino al mattino, quando vide qualcosa correre velocissimo verso di lei.

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Era uno strano bambino e si presentò come Baiù. La aiutò ad uscire dalla melma ma, mentre la ti-rava si accorse che Pearl era dura e così pesante, che per il suo peso uno dei suoi due guanti si sfilò.Pearl notò che sotto non aveva le mani.

“Vuoi bere un Tecor con me?”

Pearl non capiva: “Che cos’è un Tecor?”chiese.

“È la bevanda di Runille” rispose Baiù “ne bevia-mo tantissima per correre così”.

Fu in quel momento che Pearl ebbe un’illumina-zione. “Tecor?!?” si chiese “E se fosse la tisanama-gica?”

Acettò speranzosa, un pò bevendo il Tecor con Baiù e un pò spalmandoselo addosso di nascosto, ascoltò la sua storia.

Era nato senza mani e si sentiva inutile. Ma un giorno vinse la gara di velocità che si teneva an-nualmente in paese. Il Re lo aveva notato e, poiché voleva avere il postino più veloce di tutti, lo chia-mò a sé.

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Ma Baiù era senza mani e non poteva con-segnare la posta. Andarono quindi dalla fata Irina a chiedere consiglio e lei consegnò loro dei guanti fatati.

Col tempo Baiù e Pearl divennero insepa-rabili. Ma Baiù correva sempre e Pearl non riusciva a stargli dietro perchè era troppo pesante. Un giorno, mentre lei si era addormentata perchè troppo stanca, Baiù con un piccolo chiodo le fece un buchino nel guscio dietro la nuca, per vedere come era sotto, e vide che era esattamente come tutti gli altri. Quando Pearl di sveglio vide che Baiù aveva un sorriso enorme sul viso e non capì il perchè.

Passarono i mesi da quel giorno e una matti-na specchiandosi Pearl si accorse che qualco-sa non andava nella sua faccia, si stava sgre-tolando.La bambina si ricordo dello strano sorrisò di Baiù è capì che era colpa sua.

“Oddio Baiù, mi hai rovinata! E ora come

farò?!?” urlò tra se e se.

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Uscì a cercarlo ma Baiù correva. Allora si mise a correre anche lei per raggiun-gerlo e, nel correre, tutto il suo guscio si sgretolò a poco a poco.Corse tanto quasi senza accorgersene. Si fermò solo quando realizzò che quella strana sensazione di sentire il vento sul viso non l’aveva mai provata. Si guardò ed era libera da tutto e ricominciò a cor-

rere, correre, correre.

“Grazie Baiù” fu tutto quello che riu-scì a dire quando si trovò alle porte di Mudiana. Guardò tutto quel fango e prese una lunghissima rincorsa: era così veloce che quasi volava sopra tutta quella melma e attraversò tutto il paese senza neanche sporcarsi una scarpa.

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Ancora oggi Pearl corre. Distribuisce casse di Tecor a tutta Runille e dintorni. Ogni tanto capita si incon-tri con Baiù per qualche crocicchio. I due si salutano velocemente con un sorriso e poi schizzano via.