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1 Formazione, con i dati di bilancio o di altre fonti contabili ed extracontabili, di indici o quozienti che, opportunamente combinati ed interpretati, possano fornire indicazioni utili in merito alla redditività, potenza finanziaria e grado di patrimonializzazione dell’azienda
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indici quozienti redditività potenza finanziaria ... · diffusa accoglienza, per la complessità alla base del loro processo di calcolo e per la necessità di disporre di informazioni

Feb 18, 2019

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Page 1: indici quozienti redditività potenza finanziaria ... · diffusa accoglienza, per la complessità alla base del loro processo di calcolo e per la necessità di disporre di informazioni

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Formazione,

con i dati di bilancio o di altre fonti contabili ed extracontabili,

di indici o quozienti

che, opportunamente combinati ed interpretati,

possano fornire indicazioni utili in merito alla

redditività,

potenza finanziaria e

grado di patrimonializzazione dell’azienda

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Accanto alla logica del reddito si è andato progressivamente affermando il parametro del valore, espressione del combinato concettuale che lega il reddito prodotto al rischio associato, dunque al reddito potenzialmente da produrre o reddito atteso. L’accostamento di indicatori innovativi accanto ad indicatori tradizionali di bilancio permettono di integrare l’informativa offerta da questi ultimi al fine di tenere presente un ulteriore profilo di interesse che, nella prospettiva del management e del soggetto economico ma anche (e soprattutto) nella prospettiva dell’azionista, risulta di particolare interesse: il costo figurativo associato all’investimento del capitale in azienda. In questa sede, tuttavia, non sono riportati gli indicatori del valore, che nella pratica hanno trovato diffusa accoglienza, per la complessità alla base del loro processo di calcolo e per la necessità di disporre di informazioni che non possono essere ricavate dalla lettura e riclassificazione del bilancio d’esercizio

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Le ATTIVITÀ sono anche note come - Impieghi, o - Capitale Investito, o - Fabbisogno Finanziario

Le PASSIVITÀ sono anche note come - Fonti di Finanziamento o - Struttura Finanziaria

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L’evidenziazione delle microcategorie individuate per ciascuna di esse, permette di costruire gli indici di bilancio relativi all’analisi della solvibilità, o solidità patrimoniale, ed alcuni indicatori di redditività e liquidità.

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Le configurazioni di reddito in evidenza nel conto economico riclassificato a valore aggiunto sono: Valore Aggiunto: misura l’incremento di valore generato dalla produzione – con ciò considerando anche l’impatto dell’incremento dovuto alla capitalizzazione dei costi ed alla variazione positiva delle rimanenze di prodotti in lavorazione - decurtati i costi esterni sostenuti per l’acquisizione di materie prime e servizi. Margine Operativo Lordo (MOL) o EBITDA: Il MOL, acronimo di Margine Operativo Lordo - diffusamente noto nella terminologia anglosassone come EBITDA, acronimo di Earnings Before Interest, Tax, Depreciation and Admortization – misura il reddito che residua una volta sottratti dai ricavi l’insieme dei costi operativi: • Che abbiano generato un uscita di cassa o banca, • Strettamente connessi alla gestione caratteristica. Pertanto, ai fini del calcolo dell’Ebitda non sono considerati: • il contributo reddituale che scaturisce da aree diverse della gestione; tra questi, il saldo della gestione finanziaria, della gestione straordinaria, della gestione accessoria, della gestione tributaria; • i costi operativi che, pur essendo di competenza dell’esercizio, non hanno manifestazione monetaria; tra di essi, ammortamenti e svalutazioni. Margine Operativo Netto (MON): riportato con l’acronimo EBIT, Earning Before Interest and Tax, ossia reddito prima delle imposte e delle tasse, pertanto al netto dei soli costi direttamente imputabili alla gestione operativa caratteristica compresi i costi non monetari di competenza, quali ammortamenti tecnici e svalutazioni operate – è l’indicatore reddituale che misura l’effettiva capacità di generare reddito dall’attività caratteristica poiché tiene conto sia del processo di ammortamento operato sugli impianti che delle svalutazioni operate. Rispetto al MON, il contributo informativo incrementale del MOL risiede nel fatto che esso esprime una misura indicativa, seppur estremamente sintetica, dei flussi di cassa operativi generati dalla gestione caratteristica nel caso in cui non si sono registrate variazioni nel capitale circolante, dunque variazioni dei crediti verso clienti e dei debiti verso fornitori. Per questo motivo, pertanto, il MOL è un indicatore di reddito fortemente utilizzato nella pratica professionale e nella valutazione sintetica della “bontà” di un progetto. Nella Tavola Il conto economico riclassificato a valore aggiunto sono considerate solamente le svalutazioni operate a fronte di crediti non più esigibili a fine esercizio. Naturalmente, diverse sono le voci dell’attivo che possono essere oggetto di svalutazione da parte degli amministratori in sede di redazione del bilancio.

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La configurazione di reddito indicata con Margine Lordo Industriale è prevalentemente indicato per la valutazione del grado di economicità della produzione: esso infatti è il risultato che emerge sottraendo al valore del fatturato - dunque solamente i ricavi di vendita e non anche gli incrementi di valore legati alla crescita del magazzino o alla capitalizzazione di costi – i costi sostenuti per la sola produzione dei beni già venduti, dunque quelli assorbiti dal mercato. Non sono pertanto considerati • i costi di distribuzione dei prodotti né i costi amministrativi, questi ultimi noti come overhead cost, ossia costi comuni e dunque tipicamente ripartiti su basi di riparto, convenzionali o discrezionalmente scelte dai redattori del bilancio, non potendo essere allocati in modo specifico, • i costi capitalizzati nei prodotti giacenti in magazzino, pertanto da vendere; l’esclusione di questa categoria di costi rappresenta una differenza notevole rispetto alla configurazione riportata nello schema di riclassificazione precedente che poneva in evidenza il Valore Aggiunto quale aggregato di riferimento.

Sull’analisi e la ripartizione dei costi nell’economia d’azienda si veda tra gli altri MIOLO VITALI P. (a cura di), Strumenti per l’analisi dei costi, Giappichelli, Torino, 1997

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Il Margine di Contribuzione è un indicatore di reddito che, diversamente dai precedenti, è di più difficile calcolo da parte di analisti esterni all’azienda, giacché né il bilancio né documenti di altra natura diffusi dall’azienda al mercato offrono uno spaccato dei costi distinti in relazione alla loro variabilità, informazioni disponibili solamente agli amministratori. Il conto economico così riclassificato, anche noto come Conto Economico per le Decisioni, coadiuva il management a prendere decisioni ai fini del raggiungimento del punto di Break Even – o punto di pareggio tra costi operativi e ricavi operativi - che determina il livello di fatturato minimo necessario alla copertura dei costi, così evitando di generare perdite associate alla gestione caratteristica dell’esercizio. È noto dall’analisi del Break Even, infatti, che una maggiore variabilità dei costi - che rappresenta sostanzialmente il riflesso di una strategia di esternalizzazione delle attività da parte del management - produce un effetto positivo in termini di profilo di rischio associato all’attività, a scapito di una redditività dell’attività che, superato il punto di Break Even, cresce ad un tasso decrescente rispetto ad una struttura di costi più rigida. Sull’analisi di Break Even si rimanda all’analisi della leva operativa nelle pagine che seguono.

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Gli indici di redditività sono costruiti confrontando configurazioni diverse sia di reddito che di capitale. Le configurazioni di reddito maggiormente utilizzate nell’analisi per indici della redditività, già riportate nei prospetti di riclassificazione del conto economico presentati, sono: Reddito Operativo Lordo, o EBITDA o MOL, che misura la redditività caratteristica al netto dei costi non monetari, quali svalutazioni operate ed ammortamenti di competenza, Reddito Operativo Netto, o EBIT o MON, che misura la redditività delle attività al servizio della gestione caratteristica, Reddito d’Esercizio Netto, o Utile Netto, che misura la redditività della gestione complessivamente osservata.

Il capitale investito rappresenta il complesso degli investimenti effettuati iscritti tra le attività del bilancio d’esercizio. Pertanto, il capitale investito equivale al totale dell’attivo di bilancio, noto anche come fabbisogno finanziario. Il capitale proprio, invece, è l’aggregato che risulta dalla sommatoria di elementi diversi: Capitale sociale, dunque il valore delle quote o azioni sottoscritte dai soci; Riserve di capitale, sostanzialmente utili pregressi non distribuiti ed altre riserve; Utile d’esercizio, ossia il risultato maturato nell’esercizio corrente, se non distribuito.

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ROI Espresso in misura percentuale, esso misura la redditività degli investimenti della sola gestione caratteristica in un determinato periodo di tempo. Il vantaggio del ROI risiede nell’immediatezza dell’informazione che genera: se il valore del rapporto è positivo, gli investimenti iscritti in bilancio hanno generato un ritorno positivo. L’indicatore consente di valutare la capacità dell’azienda di remunerare il capitale acquisito, sia sotto forma di capitale proprio che di capitale di credito, facendo leva sulla sola attività caratteristica dell’impresa. I limiti informativi del ROI, tuttavia, risiedono nel fatto che il suo valore è influenzato da alcune importanti variabili relative alle scelte operate dal redattore del bilancio, quali quelle relative ai criteri di valutazione del magazzino, all’entità degli ammortamenti o accantonamenti stanziati nell’esercizio, alla decisione di capitalizzare determinati costi. Si pone in relazione il reddito operativo con il capitale investito perché eviterebbe le distorsioni valutative che possono derivare dal confrontare aziende con differenti strutture di capitale, ossia con differente composizione della struttura delle fonti di finanziamento, non essendo questo indicatore inficiato dal costo sostenuto per interessi passivi.

ROS L’indicatore ROS, acronimo di Return On Sales, esprime il reddito operativo medio generato per ciascuna unità di prodotto venduto. Il reddito operativo è posto a confronto con il valore monetario dei ricavi di vendita netti. Un valore positivo del ROS indica che i costi attribuiti alla sola gestione caratteristica sono stati coperti. Pertanto, ciò che residua, espresso in termini percentuali dal valore dell’indicatore, esprime la parte di ricavo netto - o margine unitario di prodotto - disponibile alla copertura dei restanti costi di esercizio non direttamente attribuibili alla gestione caratteristica. Tra di essi, i più rilevanti sono gli oneri finanziari, nel caso in cui l’azienda operi con capitale di terzi, gli oneri tributari nonché il costo per la remunerazione del capitale proprio impiegato.

CTO Il secondo indicatore che compone il ROI è noto come CTO, acronimo di Capital Turn Over. Esso misura il tasso di rotazione del capitale investito rappresentando, pertanto, il fattore moltiplicativo del tasso di redditività operativa. L’indicatore è un indicatore della velocità di rigiro degli investimenti, dunque del capitale investito, sulla base dei volumi di vendita effettuati. Sulla struttura della remunerazione del capitale si veda TROINA G., Lezioni di economia aziendale, CISU, Roma, 2003, pagg. 71 e ss.

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L’indicatore esprime la redditività del solo capitale proprio, fornendo un’informazione maggiormente orientata a soddisfare le aspettative degli azionisti o soci dell’azienda informando sulla remunerazione del solo capitale acquisito con vincolo di pieno rischio. Per meglio comprendere l’informazione offerta dal ROE, l’indicatore può essere osservato quale prodotto aritmetico di tre distinti indici di bilancio nella forma seguente Posto che vi è una relazione tra ROI e ROE, si evince che il valore di quest’ultimo dipende: - dalla redditività operativa, espressa dal valore del ROI, - dalla struttura finanziaria, espressa dal rapporto tra capitale investito e capitale proprio, - Dall’influenza sul reddito d’esercizio da parte delle aree della gestione diverse da quella caratteristica, espresso dal rapporto Reddito Netto/Reddito Operativo. Oltre a quelle indicate, tuttavia, diverse sono le operazioni che possono influire sul valore del ROE che si ricava dalla lettura di uno specifico bilancio riclassificato

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Per l’analisi della redditività può essere considerato anche un indicatore che informa in merito al peso degli oneri finanziari, espresso in termini percentuali, sul capitale di credito. L’indicatore noto come ROD, acronimo di Return On Debt, offre una sintetica misura del costo del solo capitale di credito L’utilità dell’indicatore risiede pertanto nel rappresentare un utile termine di confronto per comparare il costo, in termini percentuali, che l’azienda sostiene per l’utilizzo del capitale di terzi con il tasso di rendimento delle attività operative della gestione caratteristica, espresso dal ROI: nel caso in cui il primo fosse superiore al secondo, l’azienda non genera ricchezza dall’impiego di capitale di terzi ma, al contrario, depaupera le risorse finanziarie ottenute.

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Il ROI può essere espresso come combinazione di due ulteriori indici:

ROS = Reddito operativo / Fatturato

(Return On Sales), che misura direttamente la redditività per ogni singolo prodotto venduto ed indirettamente l’incidenza dei costi tipici di esercizio sulla gestione

e del

CTO = Capital Turnover

(Fatturato / Capitale Investito ) che riporta la proporzionalità esistente fra fatturato e capitale investito. L'impresa può ottenere pari valori dell'indice tenendo quanto più basso possibile il valore del capitale investito. Esiste una stretta relazione tra ROI, "tasso di remunerazione del capitale di terzi" definito come

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Solidità patrimoniale L’indicatore offre una misura della solidità patrimoniale in termini di indipendenza dall’indebitamento verso terzi: un livello molto contenuto del rapporto indica che la gestione è fortemente dipendente da fonti finanziarie di terzi. Ciò si riflette in termini di minore autonomia delle scelte gestionali. Quoziente di indebitamento L’impiego più intenso che ne viene fatto rispetto al precedente può essere ricondotto a due motivazioni. In primo luogo è considerato maggiormente significativo sul piano informativo: un valore dell’indice pari a 3, può essere interpretata in termini di “per ogni unità di moneta apportata dai soci, i finanziatori terzi ne apportano 3”. In secondo luogo, l’indicatore è utilizzato nella relazione dinamica che lega gli indicatori di redditività ROI e ROE - nota come leva finanziaria - fungendo da fattore di leva per potenziare l’eventuale differenziale nel valore dei due indicatori riflettendosi in termini di aumento della redditività complessiva della gestione in caso di ROE superiore al ROI o, nel caso opposto, a diminuirla. La funzione del quoziente di indebitamento quale “volano” per influire sulla redditività nella relazione della leva finanziaria ha contribuito ad una sua più ampia diffusione nel’ambito dell’analisi di bilancio, sebbene l’informativa offerta rispetto al precedente indicatore sia nella sostanza di pari dignità. Elasticità patrimoniale L’indicatore, espressivo della qualità della struttura degli investimenti, confronta le macrocategorie nella quali essa è riclassificata secondo il criterio finanziario ed esprime il grado di immobilizzo dell’attivo. L’informazione offre una misura dell’elasticità, o reciprocamente della rigidità dell’impresa, offrendo una valutazione sintetica del profilo di rischio dell’impresa attraverso l’osservazione della composizione degli investimenti in termini di recupero monetario: un contenuto valore del rapporto indica che gli investimenti sono in via principale qualificati come investimenti in fattori di produzione fissi, indice di una maggiore rischiosità del’impresa a fronte di opportunità di crescita attese più elevate rispetto alla concorrenza Si rimanda all’analisi del Break Even (o Leva Operativa) per spiegare il riflesso sugli utili operativi legato ad una strategia di potenziamento degli investimenti in attività fisse.

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L’indicatore di correlazione delle fonti e degli impieghi Un valore pari ad uno indica un sostanziale equilibrio nella composizione; tuttavia, la relazione attivo fisso-passività a lunga scadenza deve essere indagata con maggiore profondità. In particolare, si porta l’attenzione sulla composizione delle passività idealmente a copertura dell’attivo fisso. In sintesi si rileva che, a parità di valore dell’indicatore, l’equilibrio finanziario è maggiore laddove la copertura delle attività fisse avvenga in via prevalente da fonti finanziarie la cui onerosità è posticipata alla realizzazione di utili, ossia da patrimonio netto, e non da passività consolidate Nel caso di specie, infatti, si evincerebbe una elevata autonomia finanziaria della gestione legata ad un elevata capitalizzazione dell’impresa. Una situazione diversa, che vede l’attivo fisso finanziato da capitale di tersi, imporrebbe alla gestione di generare margini reddituali operativi tali da coprire un flusso di costi correnti maggiorati del costo in oneri finanziari sostenuti a fronte del capitale di terzi utilizzato a coprire l’attivo fisso.

Il current ratio Come per le attività e passività a lunga scadenza, l’analisi è condotta anche per l’attivo circolante ed il passivo corrente. Il primo indicatore – noto come Current Ratio – pone a confronto l’attivo corrente, o circolante, con il passivo corrente permettendo di valutare l’equilibrio tra i due aggregati contabili Nel caso in cui il valore del’indicatore sia pari all’unità, l’equilibrio finanziario a breve termine dell’impresa può considerarsi pieno. Ciò infatti deve leggersi come una sostanziale allineamento delle rispettive scadenze finanziarie delle passività a breve termine con quelle dell’attivo circolante: un valore pari ad uno indicherebbe che l’attivo a breve, atto a trasformarsi in forma liquida entro l’esercizio, è in grado di coprire esattamente le fonti finanziarie a breve termine, con pari scadenza. Tuttavia, va rilevato che se da una parte è possibile riscontrare valori diversi dall’unità, dall’altra è necessario approfondire l’analisi della composizione dell’attivo circolante per mettere in evidenza che non necessariamente l’intero aggregato potrebbe trasformarsi in forma liquida entro l’esercizio, provocando uno stress finanziario e così un problema di solvibilità dell’azienda rispetto agli impegni finanziari assunti. Gli indicatori seguenti approfondiscono l’indagine in questa direzione.

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Dei tre aggregati indicati, il terzo è quello su cui porre maggiore attenzione in relazione alle attese di suo ritorno in forma liquida entro l’esercizio. A ben vedere, infatti, le rimanenze di magazzino sono tra le voci dell’attivo circolante che più di altre aumentano il rischio di mancato rientro finanziario in linea con la riclassificazione nell’aggregato a breve termine dovendo in effetti tenere presente che, se non assorbite dal mercato, esse potrebbero rimanere invendute così generando: Un effetto economico negativo relativo all’iscrizione di una svalutazione, cioè un onere che, sebbene di natura non finanziaria, produrrebbe effetti sul reddito d’esercizio; Un effetto di stress finanziario dovuto al fatto che, a fronte della scadenza delle passività correnti, le relative attività correnti non sono state recuperate in forma liquida. Per ovviare a questa distorsione informativa causata dalla presenza nell’attivo circolate delle rimanenze di magazzino, nella prassi si è soliti misurare l’equilibrio finanziario a breve in termini di correlazione adottando un indicatore che depuri l’effetto distorto ed informi più efficacemente in merito all’effettivo livello d’equilibrio. L’indicatore utilizzato è noto come Quick Ratio; esso indica l’ammontare di passività finanziarie in scadenza che può essere coperto velocemente, senza attendere il rientro in liquidità del magazzino, in relazione alla disponibilità di attività immediatamente disponibili o immediatamente trasformabili in forma liquida.

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Questi indicatori offrono utili indicazioni in merito alla capacità dell’azienda di onorare gli impegni finanziari assunti verso terzi finanziatori, nonché in merito all’equilibrio finanziario della sua complessiva struttura operativa e finanziaria contrapponendo ideali aggregati dell’attivo e del passivo patrimoniale.

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Il primo indicatore di sintesi esprime la capacità di copertura delle passività finanziarie in relazione alle disponibilità liquide, immediate e differite, ad una certa data: un valore positivo dell’indicatore indica uno stock di passività finanziarie a quella Diversamente dal primo, la valutazione positiva di sostenibilità finanziaria dei debiti nel tempo non è sottolineata da un valore negativo dell’indicatore. È necessario piuttosto che l’indicatore assuma valori contenuti in termini assoluti: in questo caso si metterebbe in evidenza una sostanziale capacità dell’azienda a sostenere il rimborso dei debiti finanziari indicati nella PFN – tra le quali compaiono le quote di rimborso dei debiti di finanziamento a lungo termine – attraverso la generazione di flussi reddituali operativi caratteristici lordi indicati nel valore dell’EBITDA. Come già ricordato, qualora non si verificassero variazioni nel capitale circolante, dunque nei crediti verso clienti e nei debiti verso fornitori, la configurazione reddituale EBITDA, o MOL, esprime una misura indicativa sintetica dei flussi di cassa operativi generati dalla gestione caratteristica, rivelandosi un indicatore di reddito fortemente utilizzato nella pratica professionale e nella valutazione sintetica della capacità di generare flussi finanziari operativi di un progetto di investimento o di un’azienda.

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Produttività del capitale investito L’indicatore, confrontando il Valore Aggiunto con il totale attivo, misura la redditività del capitale investito al lordo del costo sostenuto per la forza lavoro impiegata. Tuttavia, poiché la redditività lorda è misurata dal valore del MOL o Ebitda - che corrisponde al Valore Aggiunto una volta detratti i costi relativi al personale, l’indicatore permette di misurare l’impatto dei costi indicati sulla generazione di ricchezza, dunque il contributo del fattore lavoro alla produttività del capitale investito.

Produttività del lavoro Per misurare la produttività del fattore lavoro è necessario confrontare la configurazione di reddito al lordo del costo del personale, dunque il Valore Aggiunto, con il numero di dipendenti impiegati. In questo modo è possibile misurare il valore aggiunto generato dal fattore lavoro dell’impresa considerandone il contributo medio di ciascuna unità impiegata.

Costo medio del lavoro Misurata la produttività del lavoro ed il suo contributo alla generazione di reddito nella configurazione di Valore Aggiunto osservandone il capitale investito, rileva conoscere il costo medio di ciascuna unità di lavoro impiegata. L’indicatore è utile soprattutto per confrontare il costo medio di quelle aziende che, per natura dell’attività produttiva e mercati di sbocco, possono considerasi concorrenti diretti.

Incidenza del fattore lavoro Se da una parte è necessario misurare il costo medio del lavoro, per misurarne la produttività è necessario operare un confronto tra i ricavi di vendita dell’esercizio con il fattore lavoro impiegato. Il rapporto misura l’assorbimento di ricavi di vendita da parte dei soli costi sostenuti per la remunerazione del fattore lavoro.

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L’andamento dell’indebitamento incide sul ROE attraverso il ROI in relazione al costo medio del denaro preso in prestito dall’azienda

Infatti se il ROD è inferiore al ROI l’azienda può continuare ad indebitarsi.

Tale facoltà è tanto maggiore quanto più elevato è l’indice di indebitamento (Leverage) che svolge un effetto moltiplicativo - detto EFFETTO LEVA - sul ROI che a sua volta fa innalzare il valore del ROE

Si verifica dunque che

se ROI = ROD La struttura finanziaria è neutrale rispetto al ROE

se ROI > ROD il ROE aumenta al crescere dell’indebitamento

se ROI < ROD il ROE diminuisce al crescere dell’indebitamento

Tuttavia, cautela……………… ……….. se crescono bruscamente i tassi passivi (decisione della banca centrale) ……….. Se peggiora il rating della società dovuto a circostanze diverse

(inversione del mercato, perdita di clientela, erosione della posizione e della quota di mercato….)

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Formazione,

con i dati di bilancio o di altre fonti contabili ed extracontabili,

di indici o quozienti

che, opportunamente combinati ed interpretati,

possano fornire indicazioni utili in merito alla

redditività,

potenza finanziaria e

grado di patrimonializzazione dell’azienda

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Serve per far si che dall’analisi per indici possa essere espresso un giudizio in merito all’equilibrio economico, in particolare osservando la dotazione patrimoniale dell’azienda in termini di:

-  struttura degli impieghi,

-  composizione delle fonti

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Nel processo di riclassificazione, mentre è piuttosto semplice aggregare la gran parte delle poste come ad es. denaro liquido, denaro in c/c bancario o postale nelle disponibilità liquide, crediti con scadenza fino a 12 mesi nelle disponibilità finanziarie, talune poste devono essere esaminate con attenzione:

A) Crediti v/soci

Disponibilità liquida per la parte già richiamata dagli amministratori

Disponibilità finanziaria per il residuo

B) III Immobilizzazioni finanziarie

Disponibilità finanziarie i crediti a medio/lungo termine la cui quota si rimborsa entro l’esercizio nonché le partecipazioni da smobilizzare

C) I Rimanenze

Le cosiddette scorte di sicurezza non vendibili, quindi, nell’esercizio o quelle difficilmente vendibili (es: fuori moda) vanno imputate nell’attivo immobilizzato

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La rielaborazione dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico può essere effettuata solo ricorrendo alla lettura delle informazioni contenute nella Nota Integrativa.

Dalla lettura della Nota Integrativa sono ricavabili le informazioni riportate nella tabella suesposta.

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C) Debiti per TFRL Debito di lungo periodo da decurtare della posta da riconoscere ai dipendenti che lasciano il servizio entro l’esercizio. Tale posta viene aggregata nei debiti a breve. L’importo del TFR dell’esercizio n di € 4.770.000 comprende € 69.000 destinati ad essere versati a un dipendente che lascia il servizio entro l’anno e che quindi devono essere considerati tra le passività correnti. Considerando che nessun dipendente dell’impresa ha optato per i fondi pensione, il debito per TFRL si è movimentato come segue:

Cfr. D. Lgs. 47/2000, Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare

B) Fondi per rischi e oneri Devono essere ripartite tra quelle che rappresentano debiti di breve periodo e quelle che rappresentano debiti a medio lungo. Se tale suddivisione non è possibile perché non si hanno elementi allora si considerano passività correnti. Nessun accantonamento nell’esercizio in quanto sono rappresentati per l’esercizio n il totale dei fondi rischi ed oneri di € 258.000 è rappresentativo di

-  debiti di breve periodo per € 198.000, -  l’importo di € 60.000 è da considerare tra le passività consolidate;

Dunque, nell’esercizio n+1 la quota di € 60.000 va riclassificato tra i Debiti a Medio/Lungo Termine.

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E) Ratei e risconti passivi

Vengono iscritti nei debiti a breve scadenza Ratei Passivi = Debiti relativi a costi già maturati a rilevazione posticipata Risconti Passivi = Quote di ricavi ottenuti anticipatamente ma di competenza successiva

D) Ratei e risconti attivi

I ratei attivi devono essere inseriti tra le disponibilità finanziarie. I risconti attivi se si riferiscono a quote di costi comuni relativi a più di due esercizi devono essere inseriti nell’attivo immobilizzato altrimenti nelle rimanenze

Ratei attivi = Crediti relativi a ricavi già maturati a rilevazione posticipata Risconti attivi = Quote di costi sostenuti anticipatamente ma di competenza successiva

I disaggi di emissione vanno classificati nello stato patrimoniale tra i risconti attivi, con separata indicazione Nel caso in esame comprende il disaggio di emissione da ammortizzare che è di

€ 120.000 per l’esercizio n+1; € 151.200 per l’esercizio n;

l’importo residuo, per entrambi gli anni, si riferisce a ratei che misurano quote di ricavi di competenza dell’esercizio; la quota di ammortamento del disaggio di emissione di competenza dell’esercizio n+1 pari a € 31.200 è inclusa tra gli oneri finanziari;

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Titoli a BT e MLT Nel caso in esame l’impresa possiede titoli a reddito fisso (pubblici) per € 100.000 scadenti entro l’esercizio (a 3 mesi). Tali titoli erano già in portafoglio nell’anno n.

Prestito obbligazionario Il prestito obbligazionario è rimborsabile a quote costanti di € 1.500.000 ogni anno.

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Altri Ricavi Nella voce Altri ricavi iscritta in Conto Economico all’aggregato A – Valore della produzione, sono compresi Fitti attivi relativi ad una parte di fabbricato locato a terzi e adibito ad uso civile per

- € 2.880 per l’anno n+1, - € 3.000 per l’anno n;

Proventi ed oneri straordinari

I Proventi straordinari dell’anno n+1 di € 50.000 riguardano una Plusvalenza realizzata dalla vendita di un fabbricato adibito a uso civile di abitazione;

Gli Oneri straordinari di € 30.000 riguardano una rapina subita dall’impresa;

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Colonna Capitale Sociale: Nessun problema particolare: la somma del CS dell’esercizio “n” ( € 45.000.000) e del valore nominale delle azioni emesse (€7.500.000) rappresentano il valore del CS nell’esercizio “n+1”

Colonna Ris Sovrapprezzo Azioni: Riporta la differenza (€ 1.200.000) tra il valore nominale delle azioni emesse (€ 7.500.000) ed il valore di collocamento (€ 8.700.000).

Colonna Riserva Legale: Nessun problema particolare: il valore di € 5.062.500 è dato dalla somma della Ris Leg già presente in bilancio nell’esercizio “n” ( € 4.800.000) e la quota di Utili dell’esercizio “n+1” (5% di € 5.250.000) da destinare a riserva ex-CC art. 2430.

Colonna Riserva Straordinaria: Riserve previste da Statuto societario solitamente costituite per ragioni di incremento progressivo del livello di patrimonializzazione.

Colonna Utile d’esercizio: Il riquadro in rosso indica la destinazione dell’utile dell’esercizio “n”:

-  Per € 4.447.350 destinato a riserve, quali - Ris Legale ► € 262.500 - Ris Straordinarie ► € 4.184.500

-  La differenza tra € 5.250.000 e € 4.447.850 rappresenta – necessariamente – la quota di dividendi distribuiti ai soci

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Riparto dell’Utile d’Esercizio

Per l’esercizio n+1 è stato deciso di riconoscere agli azionisti u dividendo di € 10 per ciascuna azione detenuta. La restante parte dell’utile distribuibile è inviata al conto di PN Utili portati a nuovo.

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Lo SP riclassificato PRE-Delibera di destinazione degli utili è utile per un’analisi economica poiché offre la dimensione della generazione del reddito di periodo.

Tuttavia, nessuna informazione è offerta in merito agli impegni finanziari a breve dell’azienda….

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Lo Stato Patrimoniale riclassificato con separata indicazione degli Utili da distribuire e degli Utili portati a nuovo permette una migliore analisi della posizione finanziaria in quanto pone in evidenza anche gli impegni finanziari a breve termine dell’azienda.

In particolare, poiché nel caso in esame è prevista una distribuzione degli utili per € 5.250.000, gli impegni finanziari a breve termine aumentano di pari importo a scapito del patrimonio netto, il quale aumenta solamente dello 0,08% (551.289 / 66.870.354).

La decisione di distribuire il 90.4% dell’Utile distribuibile (pari a € 5.801.289, poiché dedotta la Riserva legale di € 305.331) può essere giustificata dal già elevato livello di patrimonializzazione.

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Processo necessario per porre in evidenza differenti configurazioni di reddito,

ciascuno di essi utile all’analisi della gestione.

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Ricavi netti di vendita: Vd: C/Ec ex-CC Variazione rimanenze di prodotti in lavorazione: Vd: C/Ec ex-CC Costi patrimonializzati: Vd: C/Ec ex-CC Altri ricavi: da decurtare per € 2.880 per fitti attivi (Gest. Accessoria) Valore della produzione: risultato della sommatoria

Costi per acquisti di MP: Vd: C/Ec ex-CC Costi per servizi: Vd: C/Ec ex-CC Altri costi: Vd: C/Ec ex-CC Variazione rimanenze: costi d’esercizio ► positivi poiché è un valore

all’interno dell’azienda Valore aggiunto: risultato della sommatoria Costi per il personale: sommatoria di tutte le voci di costo del personale relative all’esercizio MOL, Margine (o Reddito) Operativo Lordo: risultato della sommatoria Ammortamenti: sommatoria di tutti gli ammortamenti operati nell’esercizio Svalutazione crediti: Vd: C/Ec ex-CC Reddito operativo: margine operativo registrato dalla gestione.

Tutte le riclassificazioni possibili del conto economico pongono in evidenza il reddito operativo in qualità di grandezza contabile espressiva della redditività caratteristica dell’azienda

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Per redigere il Conto Economico nella configurazione a Costi e Ricavi del Venduto è necessario conoscere la classificazione dei costi per funzione aziendale.

Tale riclassificazione è opera del management interno è dipende in parte dalla politica di allocazione dei costi definita dagli organi di governo.

Cfr. moduli di contabilità analitica: i processi di classificazione e configurazione dei costi

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I valori della tabella sopra sono ricavati dai Bilanci d’esercizio di entrambi gli esercizi.

In particolare, nel caso in esame la variazione totale delle rimanenze dell’esercizio “n” è negativa e pari a € -132.000. Ciò significa che nell’esercizio sono diminuite di tale importo.

Segue che, poiché il valore delle rimanenze riportato in bilancio è quello finale, se nel corso dell’esercizio n sono diminuite il valore iniziale sarà stato più alto. Infatti, il valore delle rimanenze iniziali dell’esercizio n è pari a € 17.560.000

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COGS = Cost Of Good Sold, Costo dei Beni Venduti o Costo del Venduto

Per la determinazione del COGS è necesario recuperare il valore delle rimanenze iniziali dell’esercizio “n” determinate nello Step 3 e procedere secondo la tabella riportata.

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Una volta determinato il COGS degli esercizi osservati, è possibile determinare:

- il Margine Lordo Industriale detraendo dai Ricavi di vendita il Costo del venduto

- Il Reddito Operativo detraendo dal MLI i Costi di Distribuzione ed Amministrativi (Cfr. Step 2)

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Relazioni logiche tra Step di riclassificazione del Conto Economico

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MS1 (primario) = Cp - AI

MS2 (secondario) = ( PN + Dml) - AI

Il primario è un “caso scolastico” nella prassi avviene raramente si considera, quindi, solo il secondario.

Se ( PN + Dml) > AI questo significa che il c.d. capitale permanente finanzia anche una parte dell’ativo circolante e la struttura è equilibrata

Se ( PN + Dml) < AI il capitale permanente non copre le attività immobilizzate che saranno, quindi, finanziate, in parte con passività correnti creando uno squilibrio strutturale

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In un ottica di analisi per indici il primo indice di bilancio che può essere costruito con i dati così acquisiti è il «Return On Investiment» (ROI) il quale è dato da: ROI=eEbit/Capitale Investito. Tale indice di bilancio riporta la redditività del capitale investito alla gestione tipica della azienda: tale redditività dipende dall'intensità del fatturato, dai costi aziendali tipici e dal capitale investito. Il ROI può essere espresso come combinazione di due ulteriori indici: «Return On Sales», che misura indirettamente l’incidenza dei costi tipici di esercizio sulla gestione, ROS = Ebit/Fatturato e del «Capital Turnover» che riporta la proporzionalità esistente fra fatturato e capitale investito:CTO = Fatturato/Capitale Investito (Totale Attivo). L'impresa può ottenere pari valori dell'indice tenendo quanto più basso possibile il valore del capitale investito. Esiste una stretta relazione tra ROI, "tasso di remunerazione del capitale di terzi" definito come ROD = Oneri Finanziari/Capitale Credito – grandezza solo parzialmente gestibile dal management aziendale poiché ancorato all’andamento del tasso di interesse il cui valore dipende dalla volontà delle autorità monetarie - ed un ulteriore indice chiamato «Return On Equity»: ROE= Utile Netto/Capitale Proprio. Quest'ultimo indica la redditività del capitale proprio.

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Analizza il patrimonio e la sua composizione al fine di accertare le condizioni di equilibrio tra fonti e impieghi

Composizione degli impieghi

misura il grado di liquidità o di elasticità del patrimonio

Oltre agli indici sopra riportati, vengono solitamente calcolati anche alcuni indici che informano sulla rigidità/elasticità degli impieghi, ossia delle attività.

Rigidità degli impieghi = Attivo Fisso / Totale Attivo

Elasticità degli impieghi = Attivo Circolante / Totale Attivo

Più la struttura è elastica più l’azienda è flessibile in termini di produttività e più può adattarsi alle condizioni di mercato

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Mettono in evidenza l’utilizzo delle fonti per effettuare i diversi impieghi Integrano l’analisi della struttura patrimoniale che verifica, appunto, l’equilibrio di struttura

Indice di autocopertura delle immobilizzazioni Misura il grado di copertura delle immobilizzazioni attraverso il solo Capitale Proprio o Patrimonio Netto.

In una situazione ideale, le immobilizzazioni sono interamente coperte da capitale proprio e l’indice è pari ad 1

Indice di copertura globale delle immobilizzazioni

La situazione strutturale non è compromessa se le immobilizzazioni sono finanziate anche con capitale di credito purché quest’ultimo sia di medio e lungo termine

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L’indice sopra riportato – costruito come AC/PCorr - offre un informazione del tipo “per ogni € di Debito a BT l’azienda ha € 1.34 di AC. Ciò significa che l’azienda in questione ha un AC “in vantaggio” rispetto al PCorrente. Se fosse il contrario significherebbe che nel caso in cui l’azienda dovesse pagare i debiti a breve sarebbe costretta a dismettere parte dell’Attivo Fisso

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Tali indici danno la misura della solvibilità aziendale ovvero la capacità di far fronte agli impegni finanziari prossimi alla scadenza con le proprie risorse che possono essere rese puntualmente liquide

L’indice di liquidità primaria è eccessivo e poco significativo, infatti, le passività correnti non hanno mai scadenza immediata ma sono, invece, ripartite nel tempo, seppure breve.

L’indice di liquidità secondaria non dovrebbe assumere valori inferiori a 1.

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Esprimono la velocità di rigiro degli impieghi o di singoli elementi del patrimonio. Indicano il numero delle volte in cui, nell’esercizio, gli elementi patrimoniali tornano in forma liquida attraverso la vendita

Indice di rotazione dell'attivo circolante = Ricavi di vendita / Attivo corrente

Numero delle volte in cui rientrano le risorse impiegate a breve per effetto delle vendite

Indice di rotazione delle rimanenze = Costo del venduto / Rimanenze

Numero delle volte in cui le rimanenze si rinnovano nel magazzino

Indice di rotazione dei crediti commerciali = Ricavi di vendita + IVA / Crediti vs/clienti

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