Indice Introduzione 3 1 Il doppio decadimento beta 7 1.1 Introduzione ............................ 7 1.2 Il doppio decadimento beta ................... 13 1.3 Il neutrino ............................. 17 2 Il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini 25 2.1 Introduzione ............................ 25 2.2 L’elemento di matrice nucleare .................. 27 3 La rivelazione del doppio decadimento beta senza emissione di neutrini 34 3.1 Introduzione ............................ 34 3.2 GERDA fase I ........................... 41 3.3 GERDA fase II .......................... 42 3.4 MAJORANA Demonstrator ................... 43 3.5 Large Scale Ge Detector ..................... 44 3.6 CUORE .............................. 45 3.7 LUCIFER ............................. 46 1
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Indice - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Lacatenadireazioni(1.27) - (1.28) risulta permessa nel caso in cui il neutrino sia una particella di Majorana e proibita nel caso in
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Inoltre, il Q-valore influenza sia il fattore di fase G0ν , sia il fondo speri-
mentale, in quanto entrambi sono funzione dell’energia rilasciata durante il
decadimento. Questi fattori, unitamente all’abbondanza isotopica relativa a
ciascuna delle 35 sonde predisposte al doppio decadimento β, permettono di
selezionare 9 candidati ottimali per la rivelazione del doppio decadimento β
senza emissione di neutrini, (si veda figura 3.2).
Il Q-valore di tutti questi candidati è maggiore di 2.4 MeV, tranne quello
del 76Ge che è uguale a 2.039 MeV. Tutti i 35 nuclei instabili rispetto al dop-
pio decadimento β sono riportati in figura 3.2, dove i nove isotopi ottimali
sono stati evidenziati. Si osservi che in figura 3.2, oltre al Q-valore dei nuclei
di interesse, sono riportate due soglie: una posta 2615 keV e una a 3270
keV. La linea a 2615 keV rappresenta il punto in cui termina la radioattività
naturale gamma. La linea dei 3270 keV rappresenta, invece, il Q-valore del214Bi per il decadimento β, il quale, attraverso il " nucleo figlio" 222Rn, è l’i-
sotopo che rilascia maggiore energia nei decadimenti β e gamma. Questi due
35
Figura 3.2: Nuclei instabili rispetto al doppio decadimento β con il loro
rispettivo Q-valore. I nove candidati sono stati evidenziati, cfr. [8].
livelli energetici ci permettono di suddividere i nove isotopi candidati in tre
gruppi da tre. Utilizzando i nuclei del primo gruppo, (76Ge, 130Te e 136Xe),
come candidati bisogna tener conto dei gamma del fondo sperimentale. In-
fatti, poiché questi ultimi si trovano sotto la soglia dei 2615 keV, il rivelatore
rileverà un fondo sperimentale proveniente da altri tipi di decadimenti. Se
vengono utilizzati gli isotopi del secondo gruppo, (82Se, 100Mo e 116Cd), ci
si trova al di fuori del fondo gamma ambientale, ma il radon potrebbe crea-
re problemi per la rivelazione. I candidati del terzo gruppo, (48Ca, 96Zr e150Nd), si trovano nella posizione migliore per la rivelazione del decadimento
0νββ, in quanto il Q-valore di reazione è maggiore del fondo sperimentale
proveniente da qualsiasi altro decadimento.
I calcoli del fattore di fase G0ν , relativo ai nove nuclei candidati, sono
riportati in figura 3.3, cfr. [8]. Non vi sono grandi differenze tra i vari
36
Figura 3.3: Fattore di fase dei nove candidati, cfr. [8].
candidati con l’eccezione del 76Ge, che presenta un fattore di fase piccolo, (∼
6×10−15y−1), dovuto al Q-valore di reazione basso e del 150Nd caratterizzato
da un elevato valore del fattore di fase (∼ 1.5× 10−13y−1).
Per la rivelazione del doppio decadimento β senza emissione di neutrini
non basta avere buoni candidati, ma occorre trovare un modo per riconoscere
questo tipo di decadimento distinguendolo dal semplice doppio β.
Fino al 1920 non era chiaro come mai lo spettro del decadimento β fosse
uno spettro continuo da 0 a Qβ. Infatti, proprio come avviene per il decadi-
mento α, se il decadimento β fosse stato un processo a due corpi, dovremmo
rivelare tutte le particelle β emesse con la stessa energia. Solo nel 1931 Pau-
li, per tenere conto di questa evidenza sperimentale, introdusse il neutrino.
Questa terza particella introdotta nel decadimento fornisce una spiegazione
allo spettro ottenuto. In particolare, nel caso del decadimento 2νββ ci si
aspetta uno spettro continuo tra 0 e Qββ dovuto all’emissione dei neutrini,
analogamente al decadimento β. Per il decadimento 0νββ invece, a causa
dell’assenza del neutrino, ci si aspetta uno spettro con un picco all’energia
37
Q, allargato solo a causa della risoluzione finita in energia del rivelatore,
(vedi figura 3.4). Come già accennato nel primo capitolo, altri fattori per
distinguere i due tipi di decadimento sono la distribuzione energetica del sin-
golo elettrone e la correlazione angolare tra i due elettroni emessi, (Henry
Primakoff, cfr. [16]).
Oltre alla scelta dei nuclei più adatti per la rivelazione del doppio de-
cadimento β senza emissione di neutrini, bisogna allora avere una elevata
risoluzione in energia del rivelatore. Infatti il picco del doppio decadimento
β senza emissione di neutrini dovrebbe essere rivelato su un fondo pressoché
piatto in modo da tenere sotto controllo il fondo sperimentale dovuto allo
spettro del decadimento 2νββ. A tal proposito è opportuno introdurre il
rapporto R 0ν2ν
dei conteggi dovuti al decadimento 0νββ rispetto ai conteggi
dovuti al decadimento 2νββ. Esso è dato da (cfr. [8])
R 0ν2ν
=me
7Qδ6
T 2νββ12
T 0νββ12
, (3.1)
dove δ = ∆EFWHM
Q(FWHM = Full width at half maximum) è la frazione
della risoluzione in energia al Q-valore fissato. Si noti la forte dipendenza
dalla risoluzione in energia nell’espressione (3.1).
Segue che i nuclei con un tasso di decadimento 2νββ più lento, come lo136Xe (T 2νββ
12
= 2.2 × 1021 y) sono favoriti rispetto ai nuclei con un tasso di
decadimento 2νββ più veloce, come il 100Mo (T 2νββ12
= 7.1× 1018 y).
Un altro fattore di cui bisogna tener conto nella progettazione di un espe-
rimento per la rivelazione del decadimento 0νββ è il fondo che, per una buona
riuscita dell’esperimento stesso, deve essere mantenuto basso. Questo implica
un lavoro di schermatura dai raggi cosmici e dalla radioattività ambientale.
É richiesta anche la schermatura dai materiali radioattivi puri a causa dei
38
Figura 3.4: Distribuzione della somma delle energie dei due elettroni per i
decadimenti 2νββ e 0νββ, ottenuta assumendo che il tasso del 2νββ sia 100
volte più veloce di quello del 0νββ, cfr. [8].
tempi di vita medi del decadimento naturale, dell’ordine di 109−1010 y, mol-
to minori del tempo di vita medio del decadimento 0νββ, dell’ordine dei 1025
y.
Inoltre occorre che il rivelatore sia sufficientemente grande in modo da
poter contenere una grande quantità di sorgente e monitorare quanti più
nuclei candidati possibile. Le sorgenti attuali sono dell’ordine dei 10-100
kg, mentre per esperimenti capaci di studiare la regione dell’inversione di
gerarchia di massa sono necessarie sorgenti dell’ordine dei 100-1000 kg.
Infine, occorre che il rivelatore sia capace di tracciare e classificare gli
eventi nucleari, in modo da scartare il fondo e fornire informazioni cinemati-
che sugli elettroni emessi.
Al di là della tecnica di rivelazione utilizzata e dei vari fattori considerati,
occorre fornire un’espressione per la sensibilità della vita media del decadi-
mento 0νββ, la quale permetta di determinare successivamente la sensibilità
39
della massa efficace di Majorana 〈mν〉. La sensibilità F della vita media può
essere definita come la vita media corrispondente al minimo numero di eventi
rilevabile al di sopra del fondo sperimentale. Nel caso di una sorgente diret-
tamente incorporata nel rivelatore, con un fondo sperimentale non nullo, si
ha, cfr. [8]:
F =NAεη
A
(MT
b∆E
) 12
, (3.2)
dove NA è il numero di Avogadro, M è la massa del rivelatore (o della sor-
gente, nel caso dell’approccio a sorgente esterna), T è la durata del periodo
di rivelazione, ε è l’efficienza del rivelatore, η è il rapporto tra la massa del
nuclide candidato e quella del rivelatore (sorgente), ∆E è la risoluzione in
energia, e infine b è il fondo sperimentale specifico.
Per derivare la sensibilità della massa 〈mν〉, indicata con F〈mν〉, occorre
combinare l’espressione (3.2) con la (2.2), ottenendo
F〈mν〉 =1
(G0ν(Q,Z))12 |M0ν |
(b∆E
MT
) 14
, (3.3)
la quale mostra come la scelta del nuclide sia molto più importante dei fat-
tori di rivelazione elencati, dai quali l’espressione (3.3) dipende debolmente.
Infatti, al denominatore compaiono l’NME e la radice quadrata del fattore di
fase che dipendono dal particolare isotopo utilizzato, mentre al numeratore
compare la radice quarta del prodotto M · T . Questo causa una saturazione
piuttosto veloce della sensibilità. Infatti se un esperimento è stato portato
avanti per 5 anni stabilendo un certo limite per 〈mν〉, lo stesso esperimento
deve prolungarsi per altri 75 anni per migliorarlo di un fattore 2.
Di seguito verrà riportata una breve panoramica dei principali esperimenti
mirati alla misura della sezione d’urto, e quindi indirettamente dei tempi di
dimezzamento, del doppio decadimento β senza emissione di neutrini.
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3.2 GERDA fase I
La fase I di GERDA (Germanium Detector Array), situata nei Laboratori
Nazionali del Gran Sasso, in Italia, è partita nel Novembre 2011 con un
"array" di 17.67 Kg di rivelatori al germanio, arricchito all’86% con 76Ge.
Nel Luglio 2012, sono stati aggiunti ai rivelatori già presenti 3.63 Kg di
rivelatori ad ampia energia di germanio drogati p (BEGe - Broad Energy
Ge). I rivelatori sono stati montati su leggeri supporti di rame ed immersi
in un criostato di 64 m3 riempito di Argon liquido, il quale serve da mezzo
di raffreddamento e come schermante dal fondo esterno. La schermatura di
Argon liquido è circondata da 3 m d’acqua, ed è sostenuta da fotorivelatori
per la rivelazione di luce prodotta dai muoni per effetto Cherenkov (vedi
figura 3.5).
Figura 3.5: Schema del rivelatore GERDA.
Per la rivelazione del doppio decadimento β senza emissione di neutrini
vengono analizzati 21.6 Kg-yr di germanio arricchito. In questa analisi è stato
rivelato un fondo sperimentale proveniente dal 42K, "nucleo figlio" dell’42Ar,
nell’Argon, con un fondo sperimentale addizionale proveniente dal 40K, dal214Bi, dal 214Pb e dal 208Tl. Oltre al fondo gamma vi è anche un fondo α
41
proveniente dalla catena di decadimento del 226Ra.
Il modello di fondo sperimentale utilizzato prevede un fondo piatto nel-
le prossimità del Q-valore. Una procedura di "best fit" con i dati ottenuti,
assumendo un fondo piatto in una "regione di interpolazione di fondo spe-
rimentale" (1930 keV - 2190 keV) ed un picco Gaussiano nelle vicinanze del
Qββ, con una deviazione standard σE in accordo con il valore atteso, ha for-
nito una soluzione senza eventi in eccesso al di sopra del fondo sperimentale,
implicando un tempo di dimezzamento per il doppio decadimento β senza
emissione di neutrini di T 0νββ12
> 2.1×1025yr.
3.3 GERDA fase II
Nella fase II di GERDA si sta cercando di ridurre il fondo sperimentale
e di migliorare quindi, come risulta dall’espressione (3.2), anche la sensibili-
tà. La strategia utilizzata prevede l’aggiunta di ulteriori rivelatori BEGe, i
quali hanno una soglia di fondo sperimentale maggiore. L’aggiunta di questi
rivelatori comporta anche il vantaggio di aumentare la risoluzione in ener-
gia, permettendo di effettuare una migliore cernita tra gli eventi rivelati e di
scartare quelli dovuti a differenti fenomeni. Infine verranno aggiunti dei foto-
rivelatori all’interno della schermatura di Argon liquido allo scopo di rivelare
i fotoni provenienti dall’Argon liquido stesso contribuendo ad un ulteriore
diminuzione di fondo.
La fase II di GERDA costituirà un enorme passo avanti per valutare
i risultati ottenuti dalla schermatura dei rivelatori all’interno dei criostati.
La buona riuscita di questa fase porterebbe al successo di esperimenti con
sorgenti dell’ordine della tonnellata, fornendo uno strumento per analizza-
42
re la regione di inversione di gerarchia delle masse del neutrino nel doppio
decadimento β senza emissioni di neutrini del 76Ge.
3.4 MAJORANA Demonstrator
Il progetto MAJORANA Demonstrator (MD), è un "array" di rivelato-
ri al germanio che ha come scopo la rivelazione del doppio decadimento β
senza emissione di neutrini del 76Ge. L’esperimento è situato nei laboratori
sotterranei della Sanford Underground Research Facility (SURF), nel South
Dakota. Si tratta di un progetto ponte verso esperimenti da una tonnellata,
indispensabili per sondare la regione di inversione di gerarchia. L’obiettivo
principale di MD è quello di ottenere un tasso di 3 conteggi di fondo per
tonnellata per anno in una regione di interesse (ROI) di 4 keV attorno al
Q-valore di 2039 keV del 76Ge.
Figura 3.6: Schema del rivelatore MD.
Oltre la fisica del 0νββ , MD svolge altre ricerche sulla fisica oltre il
Modello Standard, come ad esempio la ricerca di materia oscura. MD è uno
strumento composto da due criostati costruiti in rame purissimo, dove ogni
criostato è in grado di ospitare più di 20 kg di rivelatori drogati di tipo p
(vedi figura 3.6). Il piano di base prevede 30 kg di rivelatori costruiti con
germanio arricchito all’87% con l’isotopo 76Ge e 10 kg di germanio naturale.
43
La struttura modulare di MD permette il montaggio e l’ottimizzazione di
ogni criostato in modo indipendente.
Tale struttura di MD presenta un certo numero di punti di forza. Infatti
è stato riscontrato un basso fondo nel germanio ed il fondo sperimentale nella
ROI risulta piatto.
3.5 Large Scale Ge Detector
I progetti MD e GERDA stanno lavorando per la creazione di un unica
grande collaborazione internazionale per la rivelazione del doppio decadimen-
to β senza emissione di neutrini del 76Ge. Si prevede, in entrambi i progetti,
un graduale aumento della massa del rivelatore fino ad arrivare a 1000 Kg.
Attualmente sono allo studio tre possibili configurazioni per il futuro rive-
latore Large Scale Ge Detector (LSGe). Due sono basate sui progetti attuali
dell’MD e di Gerda, mentre una terza possibilità è un ibrido che comprende
le caratteristiche di entrambi, ovvero un rivelatore LSGe a scintillatore liqui-
do circondato da una schermatura di acqua. Il design criogenico richiede un
sito più profondo e questo complica la scelta del luogo nel quale situare il
nuovo rivelatore.
L’MD e la fase II di GERDA forniranno uno spunto per un rivelatore
adatto allo studio di sorgenti dell’ordine della tonnellata attraverso studi
dettagliati del fondo sperimentale condotti da due grandi gruppi esperti.
44
3.6 CUORE
Il progetto CUORE (Cryogenic Underground Observatory for Rare Even-
ts) è un esperimento che viene sviluppato nei laboratori dell’INFN situati
presso il Gran Sasso. CUORE è costituito da 988 cristalli di ossido di tel-
lurio (TeO2), disposti in 19 torri, e contenenti 130Te (vedi figura 3.7). Lo
scopo principale è la ricerca del doppio decadimento beta senza emissione di
neutrini, ma CUORE cercherà di rivelare anche tracce di materia oscura e
studierà alcuni decadimenti rari. L’esperimento è oggi nelle fasi finali della
sua costruzione. Una volta ultimato, CUORE sarà il rivelatore bolometrico
più grande mai costruito. Esso lavorerà a temperature criogeniche: gli oltre
740 chilogrammi di cristalli, più altre 4 tonnellate tra parti in rame e scher-
mi in piombo, saranno raffreddati a 10 mK. La collocazione all’interno del
Gran Sasso garantisce uno schermo dai raggi cosmici, i quali accecherebbero
il rivelatore se questo fosse costruito in un normale laboratorio, coprendo
il segnale cercato con un enorme segnale di fondo. Tale protezione è com-
pletata rispetto alla radioattività ambientale grazie a due schermature in
piombo poste all’interno del criostato. La sensibilità prevista per il tempo di
dimezzamento del decadimento 0νββ è T 0νββ12
> 1026yr al 90% C.L.
CUORE presenta molti punti di forza. Ad esempio i cristalli bolometrici
fungono sia da sorgente che da rivelatore. Essi mostrano un eccellente riso-
luzione energetica di ∼ 0,2% nella regione di interesse (ROI). Inoltre, l’uso
delle risorse naturali di Tellurio, consente di sfruttare l’abbondanza naturale
considerevole (34,1%) di 130Te.
45
Figura 3.7: Schema del rivelatore CUORE.
3.7 LUCIFER
LUCIFER (Low-background Underground Cryogenic Installation For Elu-
sive Rates) è un esperimento che utilizzerà dei rivelatori costituiti da cristalli
di ZnSe (vedi figura 3.8). In particolare cercherà il decadimento radioattivo
dell’isotopo 82Se. Per questa ragione, al fine di aumentare la sensibilità della
ricerca, i cristalli saranno “accresciuti” con Se arricchito isotopicamente in82Se. Il singolo rivelatore di LUCIFER funzionerà come bolometro. Quando
un cristallo è raffreddato a bassissime temperature (-273.14 gradi Celsius),
vicino allo zero assoluto, ovvero 0.01 gradi Kelvin assoluti, un minimo ed
impercettibile rilascio di energia in esso produce un innalzamento misurabile
della sua temperatura. Questo innalzamento fornisce una misura molto pre-
cisa dell’energia che è stata rilasciata nel cristallo. Se, inoltre, questo cristallo
è scelto in maniera opportuna, il rilascio di energia può produrre anche una
46
luce che, “uscendo” dal cristallo può essere misurata, fornendo un informazio-
ne supplementare dalla quale si può ricostruire la natura della particella che
ha interagito nel cristallo. Questa possibilità rappresenta uno strumento fon-
damentale per abbattere il fondo naturale radioattivo che “mima” il segnale
aspettato.
Figura 3.8: Schema del rivelatore LUCIFER.
3.8 KamLAND-Zen
KamLAND-Zen (KamLAND ZEro Neutrino double β decay) è un espe-
rimento che studia il decadimento 0νββ dello 136Xe attraverso l’uso di uno
scintillatore liquido. Esso è posto all’interno della miniera di Kamioka, in
Giappone, ed è in fase di presa dati dal Settembre 2011. KamLAND-Zen
utilizza circa 300 kg di 136Xe, isotopicamente arricchito al 90%, disciolto
nello scintillatore. L’esperimento ha misurato, per lo 136Xe, il tempo di di-
mezzamento per il decadimento 2νββ ed ha determinato un limite inferiore
per il decadimento 0νββ
T 2ν12
= 2.38± 0.2× 1024y, (3.4)
T 0ν12> 1.9× 1025y, (3.5)
47
entrambi al 90% C.L.. Questi risultati portano ad un limite superiore di
329-414 meV della massa efficace di Majorana.
3.9 SNO+
SNO+ sarà situato a circa due chilometri sotto terra nella miniera di
Creighton vicino Sudbury, Ontario, Canada. Il cuore del rivelatore SNO+
sarà una sfera dal diametro di 12 metri di acrilico riempita con circa 800 ton-
nellate di liquido scintillatore, liquido organico che emette luce quando par-
ticelle cariche lo attraversano, che galleggiano in un bagno d’acqua. Questo
volume sarà monitorato da circa 10.000 tubi fotomoltiplicatori (PMT), rive-
latori di luce molto sensibili. In particolare, come liquido scintillatore, verrà
utilizzato Nd liquido per analizzare il decadimento dell’isotopo 150Nd. Lo
scopo principale è la misura dei neutrini solari della catena pp, geo-neutrini
(neutrini che provengono dai decadimenti nel nucleo, nel mantello e nella
crosta terrestre) e l’osservazione del decadimento doppio β senza emissione
di neutrini.
3.10 NEXT
Il progetto NEXT (Neutrino Experiment with a Xenon TPC) è un espe-
rimento per la ricerca del doppio decadimento β senza emissione di neutrini
dello 136Xe. Esso utilizza una camera TPC ad alta pressione (15 bar) riem-
pita di xenon gassoso. Il progetto sarà installato presso la metropolitana del
Laboratorio Canfranc in Spagna. La camera TPC sarà riempita con 100 kg
di Xe arricchito in 136Xe, equipaggiata di fototubi e dotata di pixel fotosen-
48
sibili. Il tempo di vita medio previsto, sulla base di alcune simulazioni, è di
5.9× 1025 y al 90% C.L., corrispondente ad un range limite di 102-129 meV
per il valore della massa efficace di Majorana, 〈mν〉. NEXT è sviluppato con
tecnica calorimetrica, che ha come ambizione quella di unire l’alta risoluzione
in energia con una buona capacità di tracking.
3.11 EXO-200
L’esperimento EXO-200 (Enriched Xenon Observatory) ricerca il doppio
decadimento β senza emissione di neutrini dello 136Xe al Waste Isolation Pilot
Plant (WIPP) vicino a Carlsbad. L’esperimento ha cominciato a raccogliere
dati nel maggio 2011.
EXO-200 lavora attraverso l’uso di una tonnellatoa di xenon liquido ar-
ricchito in 136Xe all’80% (la seconda fase prevede l’utilizzo di 10 tonnellate di
xenon). Il rivelatore consiste di una TPC riempita con Xe, da cui si misurano
i segnali di ionizzazione e di scintillazione prodotti dai doppi decadimenti β.
Il sistema è anche in grado di segnalare la presenza del "nucleo figlio" del
decadimento (136Ba) utilizzando la spettroscopia laser. Questo esperimento
è stato in grado di rivelare il decadimento 2νββ ottenendo
T 2ν12
= 2.11± 0.04× 1021y. (3.6)
È stato anche possibile porre un limite inferiore al tempo di dimezzamento
per il decadimento 0νββ
T 0ν12> 1.1× 1025y. (3.7)
49
Esso fa parte di una classe di esperimenti calorimetrici basati su rivelatori
che compensano la bassa risoluzione in energia con la capacità di tracciare le
particelle rivelate.
Nonostante gli sforzi sperimentali per la rivelazione del doppio decadimen-
to β senza emissione di neutrini, la conoscenza di tale processo non è com-
pleta. La problematica inerente al calcolo dell’elemento di matrice nucleare,
il quale costituisce un punto guida per la progettazione di futuri esperimenti
sulla rivelazione del decadimento 0νββ, interessa attualmente una vasta co-
munità di fisici, soprattutto poiché al momento esiste un certo "spread" dei
risultati per l’NME ottenibili mediante differenti calcoli di struttura nucleare.
Tale problematica verrà affrontata nel prossimo capitolo, cuore del presente
lavoro di tesi.
50
Capitolo 4
Calcoli di struttura nucleare
dell’NME
4.1 Introduzione
Lo studio della struttura nucleare punta alla comprensione delle proprietà
dei nuclei atomici considerati come sistemi di neutroni e protoni. In linea
di principio, se si conoscesse la forma analitica dell’interazione nucleone-
nucleone, (NN), i livelli di energia ed ogni altra proprietà nucleare potrebbero
essere calcolati risolvendo l’equazione di Schrödinger del sistema. In pratica,
però, il numero di gradi di libertà coinvolti è tale che anche le più sofisticate
tecniche computazionali non permettono la risoluzione del problema, se non
nei casi più semplici. Inoltre, ciò che è noto sull’interazione NN si basa
essenzialmente su evidenze sperimentali relative alla diffusione, e quindi non
se ne conosce un’espressione analitica.
Per descrivere le proprietà dei fenomeni nucleari rivelate negli esperimenti
e per comprendere le relazioni tra le quantità osservate, si fa quindi ricorso
51
alla costruzione di vari modelli, ciascuno caratterizzato dal proprio insieme di
parametri. Chiaramente, questi modelli si basano su delle approssimazioni e
spesso accade che un determinato modello sia adatto per certi nuclei piuttosto
che per altri, oppure che in uno stesso nucleo stati diversi possano essere
descritti da modelli diversi.
Questo comporta che, nel calcolo dell’elemento di matrice nucleare del
doppio decadimento beta senza emissione di neutrini, il modello di struttura
nucleare utilizzato dipenda in primo luogo dal particolare nucleo candidato
da descrivere.
Gli NME descritti nel paragrafo (2.2), nel caso di meccanismi di massa
dovuti a neutrini leggeri o massivi, hanno una struttura simile, ovvero conten-
gono la funzione d’onda del nucleo iniziale connessa alla funzione d’onda del
nucleo finale mediante operatori di diversa complessità, a seconda del caso.
Per ottenere le funzioni d’onda dei nuclei iniziali e finali occorre poter descri-
vere il nucleo stesso, il che rende indispensabile la scelta di un buon modello
di struttura nucleare. Inoltre, per ogni operatore presente nell’NME, biso-
gna sommare su tutti i contributi ottenuti per ciascuno dei possibili stati del
nucleo virtuale intermedio, che ancora una volta dipendono dal particolare
modello utilizzato.
Tale somma può essere evitata se ci si pone nell’approssimazione di chiu-
sura, che consiste nel trascurare le differenze tra i diversi stati intermedi.
Infatti, questa approssimazione viene spesso utilizzata nel calcolo dell’ele-
mento di matrice nucleare per il decadimento 0νββ, dove l’energia tra due
stati intermedi, (En − Ei), è rimpiazzata da un valore medio, E ≈ 10 MeV,
cfr. [21]. L’utilizzo o meno di questa approssimazione porta ad una variazio-
52
ne dell’NME del 10% circa, (cfr. [21]). Però al di fuori dell’approssimazione
di chiusura (o shell chiusa), devono essere considerate le strutture complesse
dei nuclei ed il gran numero di stati eccitati disponibili per i nucleoni nelle
shell aperte. Segue un aumento della complessità di calcolo dell’elemento di
matrice nucleare. Tra i diversi modelli di struttura nucleare utilizzati per il
calcolo dell’NME nel doppio decadimento beta senza emissione di neutrini,
di seguito, ne verranno analizzati tre: il modello a shell nucleare, la Random
Phase Approximation, il modello a bosoni interagenti.
4.2 Modello a Shell Nucleare
Il modello a shell nucleare, o ISM (Interacting Shell-Model), si fonda
sull’ipotesi che, in prima approssimazione, i nucleoni si muovano all’interno
del nucleo indipendentemente gli uni dagli altri, soggetti solo all’azione di
un potenziale medio. Tale potenziale medio è a simmetria sferica ed il suo
spettro è strutturato in gruppi di livelli, dette "shell", separati fra loro da
un intervallo di energia molto maggiore di quello esistente fra i livelli di
ciascun gruppo. La separazione in energia esistente tra due shell contigue
induce a schematizzare il nucleo come un "core" inerte costituito dalle shell
completamente piene più un certo numero di nucleoni esterni, detti di valenza,
che si muovono nel campo medio generato dal "core" e le cui configurazione
accessibili sono solo quelle degli orbitali appartenenti alla sola shell posta in
energia appena al di sopra del "core". Tale spazio delle configurazioni ridotto
prende il nome di "spazio modello".
Dunque la premessa di base di tutto il modello è che i nucleoni si muovono,
in maniera indipendente, in un campo medio, come ad esempio qullo legato
53
al potenziale di oscillatore armonico:
V (r) =1
2~ωr2 +D~l2 + C~l · ~s. (4.1)
In tale espressione è possibile individuare due componenti principali: la
prima parte è costituita dal termine di oscillatore armonico, 12~ωr2, più un
termine correttivo di superficie, D~l2, mentre la seconda parte è costituita dal
termine di spin − orbita, C~l · ~s. Il termine correttivo di superfice viene in-
trodotto per tener conto delle dimensioni finite del nucleo, mentre il termine
di spin-orbita viene introdotto per ottenere la sequenza corretta dei cosidet-
ti "numeri magici" 2, 8, 20, 28, 50, 82..., che corrispondono a un numero
atomico o di neutroni Z,N in corrispondenza dei quali gli isotopi osservati
presentano particolari caratteristiche di stabilità.
L’ipotesi che il moto dei nucleoni sia governato principalmente da un
potenziale centrale medio è un’approssimazione che semplifica enormemente
il problema di partenza e permette di ottenere una soluzione approssimata
del problema di A particelle interagenti come prodotto antisimmetrizzato di
A funzioni d’onda di particella singola. Con tale approssimazione, però, si
trascura necessariamente una parte dell’interazione tra le particelle, la quale
viene comunemente chiamata interazione residua. Un calcolo quantitativo,
quindi, deve tenere conto, oltre che del campo medio, anche dell’interazione
residua, la quale in generale mescola differenti configurazioni di particella
singola.
Questo termine di interazione è del tipo, (cfr. [10]),
H =∑ij
Kjia†iaj −
∑i≤j,k≤l
Vijkla†ia†jakal. (4.2)
Il termineK è un termine cinetico, mentre V è un termine di potenziale che
tiene conto di tutte le interazioni nucleone-nucleone, quali protone-protone,
54
neutrone-neutrone e neutrone-protone. Gli operatori a†i ed aj sono gli usuali
operatori di creazione e distruzione.
A questo punto la funzione d’onda nucleare viene approssimata come
quella relative alle configurazioni accessibili ai soli nucleoni di valenza nel-
lo spazio modello. Benché complicato in pratica, concettualmente questo
modello risulta semplice. Infatti, data un espressione per l’interazione V il
problema è ridotto a diagonalizzare una matrice in una base di dimensione
opportuna. Fornire però un’espressione per il potenziale di interazione V non
è semplice.
Nella quasi totalità dei calcoli di modello a shell le strade seguite, per
quanto riguarda la determinazione dell’interazione efficace, sono quelle di far
ricorso a modelli fenomenologici contenenti diversi parametri liberi o di fare
direttamente uso di un insieme di dati sperimentali.
4.3 Quasiparticle Random-Phase Approxima-
tion
L’idea di base del modello QRPA, (Quasiparticle Random-Phase Appro-
ximation), è che la parte più importante dell’interazione residua tra nucleoni
è l’interazione di "pairing", che tiene conto della tendenza di un nucleone
ad accoppiarsi con altri nucleoni formando configurazioni più stabili, ovvero
nuclei con N pari e Z pari. Solitamente, in tale modello, vengono consi-
derate singole particelle immerse in un potenziale del tipo Woods-Saxon, la
quale espressione, derivata dal profilo empirico della distribuzione di densi-
tà dei nucleoni all’interno dei nuclei atomici, risulta avere una struttura più
55
realistica del potenziale di oscillatore armonico:
V (r) = −V0
[1 + e
r−Ra
]−1
, (4.3)
dove R è dato dall’espressione empirica del raggio nucleare R = r0A13 con
r0 = 1.2 fm, mentre i parametri V0, a vengono fissati a seconda della regione
d’interesse.
L’interazione di "pairing" favorisce l’accoppiamento di protoni con pro-
toni e di neutroni con neutroni in modo tale che, sia il momento angolare
orbitale che lo spin di ogni coppia sia nullo. Come risultato, lo stato fon-
damentale del nucleo è costituito da coppie di Cooper di protoni e neutroni
accoppiati con un momento angolare totale Jπ = 0+.
Nel modello QRPA viene effettuata una trasformazione unitaria di Bo-
goliubov che permette di passare da una base di particella ad una base di
quasi-particella, dove le quasi-particelle sono fermioni generalizzati in parte
particelle ed in parte lacune (vedi figura 4.1). Il concetto di quasi-particella
è solo un costrutto matematico introdotto per spiegare l’accoppiamento tra
nucleoni in modo semplice. Infatti, poiché le quasi-particelle in prima appros-
simazione sono mantenute indipendenti, tale modello mantiene la semplicità
del modello a particelle indipendenti (IPM).
Se vengono considerate le interazioni protone-neutrone, protone-protone
e neutrone-neutrone, gli operatori di creazione e di distruzione di particella,
c+τ,α,mα e cτ,α,mα , e di antiparticella, a+
τ,α,mα e aτ,α,mα , (con τ = p, n ed α = n,
l, m numeri quantici), sono legati tra di loro attraverso una trasformazione
56
Figura 4.1: Probabilità di occupazione nel modello IPM (a) e nel modello
QRPA (b). Le frecce indicano le possibili eccitazioni del nucleo indotte dal
trasferimento da un orbitale parzialmente riempito (con una probabilità u2j ,
dove j è il livello energetico occupato) ad un orbitale parzialmente vuoto
(con probabilità v2j ), cfr. [10].
57
di Hartree–Fock–Bogoliubov (HFB), cfr. [5],c+pαmα
c+nαmα
cpαmα
cnαmα
=
uα1p uα2p −vα1p −vα2p
uα1n uα2n −vα1n −vα2n
vα1p vα2p uα1p uα2p
vα1n vα2n uα1n uα2n
a+
1αmα
a+2αmα
a1αmα
a2αmα
, (4.4)
dove la tilde indica l’inversione temporale, aταmα = (−1)jα−mα aτα−mα . Le
probabilità di occupazione, u e v, e l’energia di singola quasi-particella, Eαα,
sono ottenute risolvendo l’equazione di HFB, cfr. [5].
Se, invece, non vengono considerate le interazioni protone-neutrone si ha
u2p = v2p = u1n = v1n = 0. In questo caso la trasformazione di Bogoliubov
(4.4) si riduce in due trasformazioni separate, per i protoni, (u1p = up, v1p =
vp), e per i neutroni, (u2n = un, v2n = vn).
Nella struttura del modello QRPA lo stato eccitatom-simo, con momento
J e proiezione M , è creato da un operatore di fonone, Q, dove un fonone