Africa e dintorni
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegnidi Angelo Del Boca Il 2006 stato un anno
particolarmente felice per gli studi sul colonialismo italiano. Dal
5 al 7 ottobre si tenuto a Milano, al Museo di Storia
contemporanea, un convegno dal titolo LItalia e lEtiopia. A
settantanni dallimpero fascista, al quale hanno partecipato trenta
studiosi con relazioni di notevole rilievo. Non meno importante il
convegno che si aperto a Tripoli il 12 dicembre dal titolo Italian
colonialism and concentration camps in Libya (1929 1943). The state
of art in historical research today, che ha visto la presenza di
una ventina di storici, italiani e stranieri. A proposito del primo
convegno, quello che si tenuto a Milano, dobbiamo fare alcune
considerazioni. Per la verit, il convegno ha avuto uno svolgimento
eccellente, con un pubblico attento che ha sempre gremito, per tre
giorni, la grande sala del Museo. Ma non ha aperto, come speravamo,
quel dibattito sul colonialismo italiano, tante volte auspicato e
sempre disatteso. Complice anche lo sciopero dei mass-media,
nessuno ha parlato del convegno. Un silenzio che la dice lunga sul
tema del colonialismo. No, i tempi non sono ancora maturi. Visto
anche che un uomo politico come Gianfranco Fini, che ha ricoperto
importanti cariche istituzionali, pu tranquillamente pronunciare
simili giudizi: Non tutte le pagine del colonialismo sono negative.
LEuropa, ritengo, sia stata un elemento di grande civilizzazione e
se guardiamo come sono ridotte oggi Etiopia, Somalia e Libia, e a
come stavano quando cera lItalia, credo che ci sar una
rivalutazione del nostro ruolo in quei paesi. Avevamo invitato Fini
al nostro convegno. Peccato lo abbia disertato. Avrebbe colmato le
abissali lacune di cui soffre. Di seguito pubblichiamo le mie
relazioni, che hanno aperto i convegni di Milano e Tripoli, e la
proposta di legge, diniziativa dei Deputati, per listituzione di un
Giorno della Memoria in ricordo delle 500 mila vittime africane
durante loccupazione coloniale italiana.
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Angelo Del Boca
Contro lEtiopia la pi vile, inconsulta, sciagurata aggressione
del fascismo 1. Il Convegno che si apre oggi a Milano, dal titolo
LItalia e lEtiopia. A settantanni dallimpero fascista, patrocinato
dal Comune di Milano e dallIstituto nazionale per la storia del
movimento di liberazione in Italia, di una considerevole
importanza, e non soltanto per il folto e selezionato gruppo di
relatori, ma perch, per la prima volta, non ha causato polemiche,
contestazioni, veti e rinvii. Generalmente, quando il tema dei
convegni riguarda il colonialismo italiano, i finanziatori si
dileguano, diventa difficile reperire una sala che ospiti il
dibattito, e non mancano i divieti. Cos, ad esempio, accaduto a
Piacenza, nel 1990, quando il locale Istituto storico della
Resistenza e dellet contemporanea cerc di organizzare un convegno
sul tema Le guerre coloniali del fascismo. Ancora prima che la
notizia del convegno fosse resa di dominio pubblico scrivevamo in
quei giorni cominciarono a giungerci, da taluni ambienti politici e
militari, voci di dissenso e di critica. Il tema del convegno
veniva definito troppo delicato. La presenza a Piacenza di storici
libici ed etiopici era giudicata inopportuna. Dopo le critiche
giunsero gli avvertimenti. Liniziativa dellIstituto storico doveva
comunque ottenere il benestare di almeno tre ministeri, quelli
degli Esteri, degli Interni e della Difesa. Contemporaneamente
alcuni enti privati, che avevano aderito alliniziativa e avevano
anche quantificato il loro contributo finanziario, revocarono il
loro sostegno con scuse impacciate e poco credibili1. Fummo perci
costretti a rinunciare al progetto del convegno e utilizzammo i
saggi gi commissionati a 24 storici italiani e stranieri per
realizzare un volume edito da Laterza. Sei anni dopo tentavamo di
nuovo di imbastire un convegno, questa volta con il titolo Adua. Le
ragioni di una sconfitta cadendo proprio nel 1996 il centenario
della disastrosa battaglia. Questa volta riuscimmo a trovare denaro
per finanziare il convegno, la sala che lospitasse, ma quando
chiedemmo lalto patrocinio della Presidenza della Repubblica questo
onore ci fu negato. Del resto, sulla ricorrenza, nel nostro paese
si faceva il pi completo ed inspiegabile silenzio: Le televisioni
di Stato hanno completamente ignorato lanniversario, cos come si
sono astenuti dal rievocare la battaglia il Corriere della Sera e
La Stampa, due quotidiani che generalmente sono molto attenti a
scadenze del genere. Il silenzio su Adua stato cos ben orchestrato
che, essendo da lungo tempo cessata da diffusione160
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
delle veline del Minculpop, si pu pensare soltanto ad unepidemia
di amnesie oppure di autocensure2. Ci siamo attardati su questi due
episodi, per sottolineare la scarsa fortuna che gli studi sul
colonialismo hanno avuto in Italia in questo dopoguerra.
Dapprincipio, a creare ostacoli, ad impedire laccesso agli archivi
storici, a sottrarre dagli stessi parte della documentazione, era
la lobby colonialista, ben radicata negli organismi dello Stato.
Poi furono gli stessi governi della Repubblica ad operare perch del
periodo coloniale si tramandasse una visione edulcorata o
addirittura elogiativa. Basti ricordare che soltanto nel 1996, a
sessantanni dagli avvenimenti, il ministro della Difesa, generale
Corcione, ammetteva, nel corso di una seduta parlamentare, che
lItalia fascista aveva sistematicamente impiegato le armi chimiche
durante la campagna di conquista dellEtiopia. Tuttavia va detto,
per la verit, che non si pu attribuire interamente alla lobby
colonialista e alle istituzioni governative la colpa di una
par-
Questa fotografia dellimperatore Hail Selassi mentre aziona un
cannoncino antiaereo Oerlikon durante unincursione aerea italiana
sulla citt di Dessi, scelta dal Negus come suo quartier generale,
ben raffigura la lotta del popolo etiopico contro laggressione
fascista. Nel tentativo di bloccare le armate italiane, gli
etiopici, male armati, subirono perdite gravissime: oltre 300 mila
morti.
161
Angelo Del Boca
tenza tardiva delle ricerche sul colonialismo e dello stato
attuale, non esaltante, degli studi. Il colonialismo italiano, come
argomento di indagine, non ha avuto assolutamente fortuna nei primi
decenni del dopoguerra. Se si fa eccezione per La prima guerra
dAfrica di Roberto Battaglia, che del 1958, bisogna arrivare
allinizio degli anni settanta per leggere qualche libro
scientificamente valido. Ed soltanto negli ultimi ventanni -
nonostante il persistere dei divieti, le sottrazioni di documenti,
i mancati incoraggiamenti da parte di chi avrebbe dovuto promuovere
una revisione critica del nostro operato in Africa - che gli studi
sul colonialismo hanno fatto qualche sostanzioso progresso. 2. Ben
diversa la situazione degli studi coloniali nei paesi europei dal
passato imperialista. Con la Francia, ad esempio, non si possono
neppure fare confronti. Basterebbe citare il convegno di Lione, del
giugno 2006, dal titolo Pour une histoire critique et citoyenne. Le
cas de lhistoire franco-algerienne, che ha visto la presenza di
oltre cento relatori. Basterebbe citare le ricerche a tutto campo
compiute da Gilbert Meynier, che hanno prodotto due straordinari ed
esaustivi volumi sulle vicende del Fronte di liberazione nazionale
algerino3. Un altro paese che non ha timore di confrontarsi con il
proprio passato coloniale il Belgio. Nel 2005, in occasione dei
lavori di modernizzazione del Muse Royale de lAfrique centrale,
stato pubblicato un volume di grosso formato, a cura di Jean-Luc
Vellut, che contiene una quarantina di saggi e ha per titolo La
mmoire du Congo. Le temps colonial 4. Impegnandosi a superare le
barriere della mistificazione e della demistificazione, Jean-Luc
Vellut scrive nellintroduzione: Gli autori della presente opera non
hanno paura di deludere gli aficionados delle drammatizzazioni
semplicistiche. La loro ambizione punta piuttosto a mostrarsi pi
attenti che mai alla variet degli attori e alla loro parte di
autonomia, quale che sia la loro origine, quale che sia il loro
colore. Non si tratter dunque di una storia cromatizzata, dove i
colonizzati non appaiono che come delle ombre ora vittime di un
sistema coerente, ora, al contrario, beneficiari riconoscenti di
unopera civilizzatrice5. Va anche ricordato che largomento del
colonialismo italiano trova sempre pi cultori allestero, in modo
particolare negli Stati Uniti, Germania, Svizzera, Francia, Gran
Bretagna. Negli Stati Uniti, ad esempio, apparsa nel 2003
unantologia di scritti a cura di Patrizia Palombo, dal
titolo162
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
A Place in the Sun 6. Due anni dopo veniva pubblicata una
seconda antologia, a cura di Ruth Ben-Ghiat e Mia Fuller,
intitolata Italian Colonialism 7. Vanno inoltre ricordati almeno
due altri libri apparsi negli USA: The Building of an Empire 8 di
Haile M.Larebo, professore di storia alla Clemson University, South
Carolina, e Legacy of Bitterness. Ethiopia and Fascist Italy,
1945-1941 9, dellitalo-americano Alberto Sbacchi, gi professore di
storia contemporanea allAtlantic Union College, nel Massachusetts.
In Svizzera, da alcuni anni, riconosciuto come il pi attento e
prolifico studioso del colonialismo italiano Aram Mattioli, gi
professore di storia allUniversit di Lucerna. Il suo ultimo
contributo si intitola Experimentierfeld der Gewalt 10, che
possiamo tradurre con Laboratorio della violenza. La tesi
principale di Mattioli, infatti, che la guerra italo-etiopica del
1935-36 stata la prova generale della seconda guerra mondiale, per
luso sistematico del terrore e delle armi chimiche e per limpiego
su scala industriale delle forze armate. Anche Giulia Brogini Knzi
sottolinea, nel suo volume Italien und der Abessinienkrieg 1935-36
11 il carattere assolutamente nuovo dellimpresa africana voluta da
Mussolini, tanto da porsi la domanda: Kolonialkrieg oder
Totalerkrieg? Guerra coloniale oppure guerra totale? Il terzo
studioso svizzero che vogliamo ricordare Rainer Baudendistel,
autore di una straordinaria ricerca fatta negli archivi della Croce
Rossa Internazionale. Con Between bombs and good intentions 12,
Baudendistel ricostruisce la storia del conflitto italo-etiopico
del 1935-36 rivelando che la Croce Rossa Internazionale non si
schier in difesa dellEtiopia, cio del paese aggredito, ma mantenne
un atteggiamento ambiguo tanto da favorire, in qualche occasione,
il regime fascista. Anche in Germania non sono mancati, negli
ultimi anni, studiosi che hanno manifestato un vivo interesse per
le nostre vicende coloniali. Stefan Altekamp, ad esempio, con il
suo Rckker nach Africa. Italienische Kolonialarchaologie in Libyen
1911-1943 13, ci offre un completo panorama delle ricerche compiute
in Libia dagli archeologi italiani a partire dal 1911, lanno della
parziale conquista della colonia mediterranea, al 1943, che segna
la fine della dominazione italiana sulla quarta sponda. Gabriele
Schneider, docente alla Freien Universitt Berlin, si occupa invece,
con Mussolini in Africa 14, dellesercizio della politica fascista
nelle colonie africane, con particolare attenzione ai fenomeni del
razzismo e dellantisemitismo. Per ci che concerne la Francia, ci
limiteremo a segnalare il convegno, tenuto a Caen nel 2003, dal
titolo LAfrique coloniale et post-coloniale dans163
Angelo Del Boca
la culture, la littrature et la societ italiennes 15, e la
raccolta di articoli, a cura di Marie-Hlne Caspar, scritti da Dino
Buzzati nellanno trascorso in Etiopia (aprile 1939-aprile 1940)
come corrispondente del Corriere della Sera. Come precisa la
curatrice dellantologia, linteresse risiede soprattutto nel
materiale che non assomiglia a nessun altro perch evoca un periodo
a lungo occultato per motivi politici: quello della
colonizzazione16. 3. Gli ultimi anni sono stati comunque, anche per
il nostro paese, anni fortunati per gli studi sul colonialismo.
Proseguendo nella sua lodevole iniziativa editoriale, lIstituto per
lAfrica e lOriente ha pubblicato un terzo volume della collana
Fonti e studi per la storia della Libia, ossia Tripoli bel suol
damore di Salvatore Bono17; e un quarto volume della Serie Italia
Libia18, in applicazione del comunicato congiunto italo-libico del
4 luglio 1998, che impegna lISIAO e il Libyan Studies Centre a
condurre accurate ricerche nei luoghi di detenzione dei deportati
libici durante il periodo coloniale. Di notevole interesse anche
liniziativa dellUniversit degli Studi di Pavia di pubblicare la
collana Quaderni del Centro Studi Popoli Extraeuropei, che intende
raccogliere materiali relativi alle aree afroasiatiche, utili tanto
alla ricerca quanto alla didattica. Sono stati pubblicati sinora
tre volumi: La politica indigena italiana in Libia 19 di
Giambattista Biasutti; Africa e Vicino Oriente nella stampa
periodica italiana (1990-91) di Marco Mozzati20; e Le relazioni fra
Arabia Saudita e Stati Uniti (1979-2004) 21 di Fabio Lucchini.
Intendiamo inoltre segnalare alcuni libri apparsi negli ultimi due
anni, di autori italiani, sia perch colmano evidenti lacune sia
perch affrontano temi con una diversa ed originale angolazione.
Cominciamo con Una guerra per limpero, unaccurata ricerca con la
quale Nicola Labanca affronta per la prima volta, in maniera
sistematica, la sterminata memorialistica dei combattenti della
guerra dEtiopia22. Seguono, di notevole valenza: Africa: la storia
ritrovata. Dalle prime forme politiche alle indipendenze nazionali
di Giampaolo Calchi Novati e Pierluigi Valsecchi23; La Colonia
Eritrea. La prima amministrazione coloniale italiana (1880-1912) di
Isabella Rosoni24, dellUniversit di Macerata; LEuropa e gli altri.
Il diritto coloniale tra l800 e il 900, unopera collettiva in due
volumi di complessive 1400 pagine25. Segnaliamo infine Memorie di
una principessa etiope di Martha Nasib26. Questa libro , scritto in
italiano, da una nobile che ha cono164
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
sciuto le umiliazioni e le privazioni di un lungo confino
nellItalia fascista, non soltanto ha il grande pregio di introdurci
in un mondo del tutto sconosciuto a noi occidentali, quello
complesso dellaristocrazia etiopica degli anni venti e trenta, in
bilico fra le suggestive eredit del feudalesimo e le forti
aspirazioni alla modernit, ma ci restituisce anche, intatta e
mirabile, la figura del padre dellautrice, il degiac Nasib
Zamanuel, il quale per sette mesi blocc lavanzata nellOgaden
dellarmata del generale Graziani e mor in esilio con i polmoni
corrosi dalliprite che aveva inalato durante il conflitto. Nel
corso del 2006 stato anche possibile accedere ad un archivio di
capitale importanza per la storia delle relazioni italo-libiche, di
cui, addirittura, non si conosceva lesistenza. Si tratta
dellarchivio di propriet dellavvocato libico Anwar Fekini, che
comprende, fra i documenti di maggior rilevanza, le Memorie del
nonno, Mohamed Fekini, uno degli oppositori tripolitani pi coerenti
e tenaci alloccupazione italiana della Libia; circa cinquecento
allegati (soprattutto lettere) alle Memorie, che coprono il periodo
1911-1950; e la raccolta di poesie dellambasciatore Ali Noureddine
Fekini, padre dellavvocato Anwar, dal titolo Ricordi della
resistenza e dellesilio. Linsieme dei documenti (pi di
millecinquecento pagine) costituisce un unicum che, per taluni
aspetti, ribalta la visione che noi occidentali abbiamo del popolo
libico e di quel periodo storico. Da un primo utilizzo di questo
archivio, ci stato possibile scrivere un volume dal titolo A un
passo dalla forca. Il libro, corredato da una cinquantina di
fotografie inedite, apparir nel giugno del 2007 in quattro
versioni, italiana, francese, inglese e araba27. Il 2006 stato
anche lanno della pubblicazione, sul quotidiano la Repubblica, di
alcuni articoli su una delle pi bestiali stragi compiute in Etiopia
dalle truppe del generale Ugo Cavallero. Gli articoli, oltre a
suscitare sgomento, provocavano commenti e proposte di notevole
rilievo. Il giurista Antonio Cassese, ad esempio, suggeriva di
seguire lesempio della Germania, che ha reagito al nazismo scavando
a fondo nel proprio passato recente, facendolo conoscere,
attraverso un ferratissimo dibattito fra storici (Historikerstreit)
alle pi giovani generazioni, erigendo infine monumenti e musei alla
memoria. Egli suggeriva inoltre di costituire una commissione di
storici che esaminasse ci che accaduto in Etiopia (e nelle altre
colonie italiane, aggiungiamo noi) e preparasse una documentazione
ed unanalisi rigorose28. In seguito alla proposta di Antonio
Cassese, chiedevamo ospitalit allo stesso giornale per avanzare un
ulteriore suggerimento. Quello di165
Angelo Del Boca
istituire una Giornata della memoria per i 500 mila africani che
lItalia crispina, giolittiana e fascista hanno sacrificato nel
corso delle loro sciagurate campagne di conquista. Delliniziativa
veniva messo al corrente anche il ministro degli Affari Esteri
Massimo DAlema29. Prima che si chiuda lanno si terr a Tripoli, per
iniziativa del Libyan Studies Centre e di alcuni storici italiani,
un seminario sui campi di concentramento costruiti e gestiti dagli
italiani nella regione desertica della Sirtica, dal 1930 al 1934,
con un bilancio di 40 mila morti. 4. Dopo questa lunga carrellata
informativa, ho il piacere e lonore di aprire i lavori di questo
convegno che concerne la pi vile, inconsulta, sciagurata
aggressione ordita dal regime fascista. Non soltanto lEtiopia era
uno Stato sovrano, membro della Societ delle Nazioni, ma con questo
Paese Mussolini aveva da poco sottoscritto un Patto ventennale di
amicizia. Soltanto il Giappone di Hirohito era capace di fare
altrettanto. Sulla campagna di conquista dellEtiopia e sulleffimero
impero dellAfrica Orientale sono stati ormai scritti decine di
volumi. Ma restano ancora da approfondire molti episodi, alcuni
dati statistici, alcuni aspetti non marginali dellavventura
fascista. Ad esempio, sappiamo, con esattezza quanti quintali di
iprite e di fosgene sono stati lanciati durante la guerra dei sette
mesi e nei cinque anni della controguerriglia, ma non sappiamo
quasi nulla delleffettivo danno arrecato ai militari e ai civili
etiopici. Non disponiamo di una sola cifra attendibile, cos come
non siamo in grado di stabilire, neppure lontanamente, il bilancio
definitivo delle perdite etiopiche. Uno degli argomenti ancora
tutto da trattare la resistenza etiopica alla dominazione italiana
e i metodi e lepisodica della repressione fascista. Eppure
allUfficio Storico dello Stato Maggiore dellEsercito ci sono
tonnellate di documenti sullargomento, a cominciare dagli
utilissimi diari di battaglione. E allUniversit di Addis Abeba sono
depositate centinaia di tesi di laurea e di dottorato sullattivit
degli arbegnuoc, che coprono tutte le regioni del vasto impero di
Hail Selassi. Potremmo continuare con altri suggerimenti. Ma noi
siamo certi che anche da questi tre giorni di intenso lavoro avremo
modo di arricchire le nostre conoscenze. Confidiamo, inoltre, che
questo convegno possa aprire quel dibattito sul colonialismo
italiano, tante volte auspicato e sempre disatteso30. I tempi ci
sembrano pi che maturi. A settanta anni dagli avvenimenti non
dovrebbero esserci pi ostacoli, n esitazioni, n timori.166
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
Note al testo1 2 3
Le guerre coloniali del fascismo, a cura di Angelo Del Boca,
Laterza, Roma-Bari 1991, p. VI. Adua. Le ragioni di una sconfitta,
a cura di A. Del Boca, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 6. Gilbert
Meynier, Histoire intrieure du FLN, 1954-1962, Fayard, Paris 2002;
Mohammed Harbi, Gilbert Meynier, Le FLN. Documents et histoire,
1954-1962, Fayard, Paris 2004. La Mmoire du Congo. Le temps
colonial, a cura di Jean-Luc Vellut, Editions Snoeck, Gand 2005.
Ivi, p. 21. Patrizia Palumbo, A Place in the Sun, University of
California Press, Berkeley 2003. Ruth Ben-Ghiat, Mia Fuller,
Italian Colonialism, Palgrave, Macmillan, New York 2005. Haile
M.Larebo, The Building of an Empire. Italian Land Policy and
Practice in Ethiopia, 1935-1941, Clarendon Press Oxford, New York
1994. Alberto Sbacchi, Legacy of Bitterness, Ethiopia and Fascist
Italy, 1935-1941, The Red Sea Press, Lawrenceville 1997. Aram
Mattioli, Experimentierfeld der Gewalt. Der Abessinienkrieg und
seine internationale Bedeutung 1935-1941, Orell Fssli Verlag,
Zurich 2005. Giulia Brogini Knzi, Italien und der Abessinienkrieg
1935-36, Schningh, Paderbon 2006. Rainer Baudendistel, Between
bombs and good intentions. The International Commettee of the Red
Cross (ICRC) and the Italo-Ethiopian war, 1935-1936, Berghahn
Books, Oxford 2006. Stefan Altekamp, Rckker nach Afrika.
Italienische Kolonialarchaologie in Libyen, 1911-1943, Bohlau
Verlag, Kln 2000. Gabriele Schneider, Mussolini in Afrika. Die
faschistische Rassenpolitik in den italienischen Kolonien,
1936-1941, SH-Verlag, Kln 2000. Mariella Colin, Enzo Rosario
Laforgia, LAfrique coloniale et postcoloniale dans le culture, la
littrature et la societ italiennes, Presses Universitaires de Caen,
2003. Marie-Hlne Caspar, LAfrica di Buzzati. Libia: 1933, Etiopia:
1940, Universit Paris X, Nanterre 1997, p. 1. Salvatore Bono,
Tripoli bel suo damore. Testimonianze sulla guerra italo-libica,
ISIAO, Roma 2005. Salaheddin Hasan Sury, Giampaolo Malgeri, Gli
esiliati libici nel periodo coloniale, 19111916, Raccolta
documentaria, ISIAO, Roma 2005. Giambattista Biasutti, La politica
indigena italiana in Libia. Dalloccupazione al termine del
governatorato di Italo Balbo (1911-1940), Centro Studi Popoli
Extraeuropei Cesare Bonacossa, Universit degli Studi di Pavia,
2004. Africa e Vicino Oriente nella stampa periodica italiana,
1990-1991, a cura di Marco Mozzati, Centro Studi Popoli
Extraeuropei Cesare Bonacossa, Universit degli Studi di Pavia,
2004. Fabio Lucchini, Le relazioni fra Arabia Saudita e Stati Uniti
(1979-2004), Centro Studi Popoli Extraeuropei Cesare Bonacossa,
Universit degli Studi di Pavia, 2005. Nicola Labanca, Una guerra
per limpero. Memorie della campagna dEtiopia, 1935-36, Il Mulino,
Bologna 2005. Giampaolo Calchi Novati, Pierluigi Valsecchi, Africa:
la storia ritrovata. Dalle prime for-
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20
21
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Angelo Del Boca
me politiche alle indipendenze nazionali, Carocci, Roma
2006.24
Isabella Rosoni, La Colonia Eritrea. La prima amministrazione
coloniale italiana (1880-1912) Edizioni Universit di Macerata, 2006
LEuropa e gli altri. Il diritto coloniale tra 800 e 900, a cura di
Pietro Costa, Giuffr, Milano 2005. Martha Nasib, Memorie di una
principessa etiope, Neri Pozza, Vicenza 2006. Angelo Del Boca, A un
passo dalla forca, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2007. la
Repubblica, 23 maggio 2006. Oltre che sul quotidiano la Repubblica,
il nostro appello stato pubblicato su Lettera ai compagni (n. 3,
maggio-giugno 2006); Patria indipendente (n. 6, giugno 2006);
Nigrizia (nn. 7/8, luglio-agosto 2006). Si veda: A. Del Boca, Il
mancato dibattito sul colonialismo, in LAfrica nella coscienza
degli italiani, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. 111-127.
25
26 27 28 29
30
168
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
Odio e disprezzo come genesi del lager libico 1. difficile
trovare, nella pur lunga storia del colonialismo italiano, pagine
pi buie, pi crudeli, pi cariche di odio di quelle che riguardano la
genesi e la creazione dei campi di concentramento nel sud-bengasino
e nella Sirtica. Il 20 giugno 1930, dopo che Graziani aveva
inutilmente dato la caccia ad Omar al-Mukhtr nella zona Fayed, pur
impiegando, come i suoi predecessori, forze dieci volte superiori,
il maresciallo Badoglio inviava una lunga lettera a Graziani nella
quale, dopo aver espresso lopinione che la controguerriglia
tradizionale non avrebbe mai dato alcun frutto e che era necessario
adottare nuovi metodi, anche se severissimi e catastrofici per i
libici, soggiungeva: Bisogna anzitutto creare un distacco
territoriale, largo e ben preciso, tra formazioni ribelli e
popolazione sottomessa. Non mi nascondo la portata e la gravit di
questo provvedimento, che vorr dire la rovina della popolazione
cosiddetta sottomessa. Ma ormai la via ci stata tracciata e noi
dobbiamo perseguirla sino alla fine anche se dovesse perire tutta
la popolazione della Cirenaica1. Dinanzi a questordine crudele che,
in effetti, avrebbe causato la morte di almeno 40 mila libici,
Graziani non mostrava n dubbi n esitazioni, e precisava a sua
volta: I capi e le popolazioni refrattarie e sorde ad ogni voce di
persuasione e di richiamo ricevevano cos il trattamento che si
erano meritato. Il rigore estremo, senza remore n tregua, cadeva
inesorabile su di esse2. A partire dal giugno 1930, mentre aveva
inizio la deportazione delle popolazioni dalla Cirenaica, tra
Badoglio e Graziani si stabiliva una sorta di gara a chi si
mostrava pi inflessibile, pi brutale, pi feroce. Una gara che
aveva, a Roma, due implacabili istigatori: il ministro delle
Colonie De Bono e il capo del Governo Mussolini. Il 7 luglio
Badoglio riferiva a De Bono: Gli Auaghir sono tutti riuniti fra
Giardina, Soluch e Ghemines. Ho loro parlato assai severamente ieri
mattina. Domani sar ultimato il concentramento dei Braasa, Dorsa e
Abid fra Tolmeta e Tocra. Marted si inizier lo spostamento degli
Abeidat. []. La raccolta dellorzo sullaltipiano sar terminata con
la fine dei movimenti di concentramento, cosicch nessun indigeno
dovr pi trovarsi sullaltipiano, e chiunque sar incontrato sar
passato per le armi come ribelle3. Nella stessa giornata del 7
luglio, Badoglio emanava il foglio dordine n. 151 riservato ai
comandanti militari, nel quale precisava, con lo169
Angelo Del Boca
stesso linguaggio brutale, che lultima campagna contro Omar
al-Mukhtr andava condotta con questi nuovi metodi: Bisogna
assolutamente bandire il sistema arabo della sparatoria da lontano.
Perci limitare allo stretto indispensabile luso del fuoco, e
cercare la soluzione radicale nellattacco allarma bianca, e in un
inseguimento che non deve avere limiti, inseguimento che deve
essere feroce, inesorabile. Deve essere una vera caccia al ribelle
nella quale sar redditizio ogni atto della pi sfrenata audacia4.
Graziani, dal canto suo, annunciava dopo un supposto tradimento
degli Abeidat: Il tribunale speciale, portatosi, subito dopo il
fatto, ad Ain Gazala, istruiva il processo nellinterno stesso del
campo ed i principali capi responsabili scontarono il fio della
loro colpa col capestro5. Dove Badoglio e Graziani attingessero
tanto odio e tanta determinazione a stroncare la ribellione in
Cirenaica non facile spiegare. Nella riconquista del Fezzan si
erano mostrati meno inflessibili, meno crudeli, al punto da
consentire a migliaia di mugiahidin di sconfinare in Algeria e da
risparmiare la vita ai fratelli Madhi e Ahmed es-Sunni che pure
avevano dato filo da torcere per ventanni. Probabilmente non
perdonavano ad Omar al-Mukhtr di aver rotto la tregua del 29 giugno
1929 a Sidi Rahuma, che gli italiani, in malafede, avevano
considerato come una resa senza condizioni, il che li portava a
considerare il vecchio Omar non soltanto un ribelle ma anche un
traditore. La nostra attenzione e la nostra piet si sono rivolte
alle vittime della macchina infernale delluniverso
concentrazionario, trascurando, anche per carenza di
documentazione, quelle dei trasferimenti forzati. In realt, anche
per queste operazioni, che coinvolsero almeno 100 mila persone, non
fu risparmiata la ferocia, come risulta da una relazione del
commissario regionale di Bengasi, Egidi. La cabila in questione era
quella degli Auaghir, di stanza fra Tocra e Bersis, che avrebbe
dovuto raggiungere Ghemines con una marcia di duecento chilometri.
Sin dai primi giorni, i pi anziani e i pi deboli tendevano a
rallentare il passo e a staccarsi dalla colonna. Ma gli ordini
impartiti agli ascari eritrei del II battaglione erano severissimi.
Si legge nella relazione: Non furono ammessi ritardi durante le
tappe. Chi indugiava, veniva immediatamente passato per le armi. Un
provvedimento cos draconiano fu preso per necessit di cose, restie
come erano le popolazioni ad abbandonare le loro terre e i loro
beni. Anche il bestiame che, per le condizioni fisiche, non era in
grado di proseguire la marcia, veniva immediatamente abbattuto dai
gregari a cavallo del nucleo irre170
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
golare di polizia, che avevano il compito di proteggerlo e di
custodirlo6. Ancora pi lungo e tragico il viaggio dei 20 mila
Abeidat e Marmarici che, in pieno inverno, furono costretti a
compiere una marcia di 1.100 chilometri dalla Marmarica alla
Sirtica. Accusati di complottare con Omar al-Mukhtr, per punizione
Graziani ordinava il loro trasferimento a Marsa Brega e sceglieva
per la marcia, che sarebbe durata due mesi, la stagione pi
inclemente. Questo energico provvedimento scriveva, risentito,
Imerio da Castellana allestero fece versare torrenti dinchiostro e
fu condannato come barbaro7. Nessuno, che si sappia, ha mai tenuto
la macabra contabilit dei morti lungo linfinito cammino da Tobruk a
Marsa Brega. 2. Largomento dei campi di concentramento libici non
stato a sufficienza indagato e presenta ancora oggi, a
settantacinque anni dalla loro creazione, vistose lacune, che
confidiamo vengano colmate nel corso di questo convegno. Se
sappiamo, ad esempio, da alcune tremende testimonianze raccolte da
Eric Salerno, come vivevano e morivano gli internati nei lager, non
conosciamo invece il numero esatto dei reclusi e dei decessi (e la
loro tipologia). Cos come ignoriamo totalmente il numero dei libici
deceduti durante le marce di trasferimento, in gran parte abbattuti
a fucilate e abbandonati sulle piste. Manca anche una precisa
ricostruzione del campo di concentramento, poich le mediocri
fotografie di cui disponiamo sono avare di dettagli, quando non
sono soltanto immagini truccate per la propaganda. Cos come non
sappiamo, con precisione, a chi fosse affidata la custodia dei
campi, e per quali motivi, ogni giorno, venissero eseguite tante
impiccagioni e fucilazioni, di cui nessuno, per evidenti motivi, ha
tenuto la contabilit. Sarebbe anche interessante reperire le
relazioni dei pochi medici che hanno operato nei lager, e conoscere
latteggiamento dei funzionari coloniali dinanzi alla furia
distruttrice di Graziani. Allodierno stato delle ricerche, siamo al
corrente che soltanto il commissario Giuseppe Daodiace cerc di
opporsi agli ordini di Graziani. Che io non li approvassi scriveva
al sottosegretario agli Esteri Brusasca il 7 gennaio 1951 risulta
dalle tante e ripetute mie proteste, scritte ed orali, per il fatto
che non si facevano mai prigionieri in occasione di scontri fra le
nostre truppe e i ribelli e si fucilavano anche donne e bambini8.
Un altro argomento che, a mio avviso, merita di essere approfondito
riguarda la chiusura dei campi nel 1933 e la destinazione dei
sopravvissuti.171
Angelo Del Boca
Ritornarono alle loro terre sul Gebel o rimasero nel
sud-bengasino o nella Sirtica? Persero labitudine al nomadismo ed
acquistarono i gusti e le esigenze delle popolazioni sedentarie
come auspicava Graziani?9, o faticarono a reinserirsi in una societ
che per tre anni, mediamente, li aveva visti colpiti da una crudele
segregazione? Per finire, mi permetto di mettere al corrente i
partecipanti di questo convegno su di una lodevole iniziativa presa
da Marco Boggero, del Department of Political Science della Yale
University. Avvicinandosi due date molto significative per la
celebrazione della memoria di Omar al-Mukhtr i 75 anni dal giorno
dellimpiccagione del patriota e i 150 dalla sua nascita Marco
Boggero sta lavorando ad un volume collettivo che si propone di
fare il punto sulla fortuna postuma del grande guerrigliero, in
tutti i campi, da quello politico a quello religioso, a quello
letterario. Chi interessato a questo progetto, pu chiedere
lindirizzo di Boggero al collega Nicola Labanca. 3. Prodotto tipico
dellodio e del disprezzo per un avversario che si vuole annientare,
il campo di concentramento ideato e costruito dagli italiani in
Libia , con la forca, lo strumento repressivo pi crudele e malvagio
che la mente umana abbia potuto escogitare. Oggi ne parliamo per
delinearne tutti i macabri aspetti, ma anche nella speranza che
simili strumenti siano banditi per sempre. Pur rendendomi conto che
i CPT, i Centri di Permanenza Temporanea, istituiti in Libia negli
ultimi anni, nellambito della lotta allimmigrazione clandestina,
con il consenso e il finanziamento delle autorit italiane, non si
possono configurare come autentici campi di concentramento, essi
rientrano tuttavia in quel novero di strumenti odiosi di
repressione che credevamo estinti. Per una succinta descrizione dei
CPT, riferisco alcuni giudizi di persone che di recente hanno
potuto visitare questi campi. Ha scritto il giornalista Jas
Gavronski il 22 maggio 2005 dopo una visita al campo di Eli Fellah,
alla periferia di Tripoli: Eli Fellah straripa di inumanit, di
brutture da terzo mondo. Come straripano, dalle inferriate strette
che danno sul cortile, i resti di cibo buttati verso gli stranieri
assieme alle coperte unte, agli stracci, a immondizia varia. il
modo in cui i rinchiusi ci dicono come sono trattati, mentre noi
passiamo vicini ai loro stanzoni a cercare la dignit umana
richiesta dallOccidente e scopriamo che qui non sanno che cosa
sia10.172
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
Qualche mese dopo il prefetto Mario Mori, direttore del Sisde,
visitava il CPT di Sebha e pi tardi, durante unaudizione del
Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, riferiva
testualmente: Il centro prevede di ospitare cento persone ma ce ne
sono 650, una ammassata sullaltra, senza il rispetto di alcuna
norma igienica e in condizioni terribili11. Sono peggiori delle
carceri dichiarava a sua volta il senatore dei DS Nuccio Novene Un
paese civile non dovrebbe permettere che si arrivi a simili forme
di degrado12. Poich la responsabilit dellideazione e della
costruzione di questi campi va certamente divisa tra i governi di
Roma e di Tripoli, pur riconoscendo che le finalit di questa
operazione quella di cercare di risolvere un problema assai grave e
della massima urgenza, siamo tuttavia nettamente contrari a forme
repressive che purtroppo ricordano loggetto del nostro convegno. E
vorremmo che da questo convegno, che ospita storici di chiara fama,
uscisse una precisa, inequivocabile condanna dei CPT e un invito a
ricercare strumenti pi umani per risolvere i problemi della
convivenza. Aggiungere sofferenza a sofferenza non fa che acuire il
contrasto fra il sud e il nord del pianeta, con tutte le
conseguenze che sappiamo.
Note al testo1 2 3 4 5 6
ACS, Carte Graziani, b. 1, f. 2, sottof. 2. Rodolfo Graziani,
Cirenaica pacificata, Mondatori, Milano 1932, p. 104. ASMAI, Libia,
pos. 150/21, f. 90. Tel 146, riservatissimo personale. Ivi, pos.
150/22, f. 98. Rodolfo Graziani, Cirenaica pacificata cit., pag.
165. ASMAI, vol. V, Inventari e supplementi, pacco n. 5.
Commissariato regionale di Bengasi, Relazione sugli accampamenti,
28 luglio 1932, p. 4. Imerio da Castellanza, Orizzonti dOltremare,
Berruti, Torino 1940, p. 134. Archivio Brusasca, b. 44, f. 236.
ASMAI, Libia, pos. 150/22, f. 98. Graziani a De Bono, 2 maggio
1931. Oggetto: Situazione delle popolazioni nomadi trasferite, p.
9. La Stampa, 29 maggio 2005. la Repubblica, 2 marzo 2006. Ivi, 12
maggio 2005.
7 8 9
10 11 12
173
Angelo Del Boca
Proposta di legge diniziativa dei deputati Istituzione del
Giorno della Memoria in ricordo delle vittime africane durante
loccupazione coloniale italiana La presente proposta di legge
intende raccogliere lappello rivolto dallo storico Angelo Del Boca,
il maggiore studioso italiano sulle imprese coloniali in Africa, di
istituire il Giorno della Memoria in ricordo degli oltre 500 mila
africani morti nel corso delloccupazione italiana delle colonie.
Gli studi dello storico Del Boca, hanno contribuito in questi anni
a smentire lidea degli italiani brava gente, colonizzatori buoni,
andati nei paesi africani per costruire ospedali, scuole e
infrastrutture ed aiutare cos le popolazioni locali. In realt,
soprattutto nel corso del periodo fascista, le atrocit commesse
dagli italiani, sia militari che civili, sono state numerose ed ora
fortunatamente ampiamente documentate. Risulta dunque difficile
continuare a sostenere le tesi recentemente esposte dallOn. Fini,
che Non tutte le pagine del colonialismo italiano sono negative.
LEuropa ritengo sia stata un elemento di grande civilizzazione e se
guardiamo a come sono ridotte oggi Etiopia, Somalia e Libia e a
come stavano quando cera lItalia credo che ci sar una rivalutazione
del nostro ruolo in quei paesi. In realt il comportamento del
governo italiano, sia durante i governi Giolitti e Crispi, ma
soprattutto durante il periodo fascista, non si differenzi molto da
quello delle altre potenze coloniali. Studi approfonditi hanno
documentato, ad esempio, il largo uso di aggressivi chimici contro
le popolazioni locali. Utilizzati sporadicamente in Libia, i gas
tossici vennero impiegati in maniera massiccia soprattutto in
Etiopia negli anni 1935-36. In tutto, durante il conflitto
italo-etiopico del 1935-36, furono sganciate su obiettivi militari
e civili 1.597 bombe a gas scrive Del Boca - . In prevalenza del
tipo C500.T. per un totale di 317 tonnellate. Altre 524 bombe a gas
furono lanciate, tra il 1936 e il 1939, durante le operazioni
contro i patrioti etiopici. Se si aggiunge infine che durante la
battaglia dellEndert furono sparati dalle batterie di cannoni di
Badoglio 1.367 proiettili caricati ad arsine, non si lontani dal
ritenere che in Etiopia siano stati impiegati non meno di 500
tonnellate di aggressivi chimici. Ma luso dei gas chimici non fu
lunica atrocit del governo fascista, ampia documentazione
pervenuta, infatti, circa listituzio174
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
ne di veri e propri campi di sterminio dove il regime di
Mussolini deport migliaia di civili locali. Il generale Graziani ne
predispose nella Sirtica, dove fece trasferire pi di 100 mila
civili, ed in Somalia, a Danane a sud di Mogadiscio. Un terzo campo
venne stabilito in Eritrea, nellisola di Nocra, dove le condizioni
di vita erano particolarmente intollerabili per i detenuti,
costretti ai lavori forzati nelle cave di pietra, in cui a volte le
temperature raggiungevano anche i 50 gradi. Non meno cruenta la
politica repressiva di cui lintera storia delle conquiste coloniali
costellata. LEtiopia venne particolarmente colpita dalla violenza
dei militari e dei civili italiani, ma anche Libia, Eritrea e
Somalia non furono risparmiate. Recentemente il quotidiano la
Repubblica ha pubblicato due intere pagine a cura del giornalista
Paolo Rumiz riportando la ricerca svolta dallo storico Matteo
Dominioni circa il ritrovamento di unimmensa caverna, nei dintorni
di Ankober, dove trovarono rifugio migliaia di uomini, donne e
bambini per sfuggire ai rastrellamenti degli italiani. Furono
migliaia gli etiopici uccisi in quella occasione, i cui resti sono
stati recentemente riportati alla luce. Non meno cruenta la strage
di Addis Abeba del 19-21 febbraio 1937, che per questo abbiamo
individuato come giornata simbolo in memoria delle migliaia di
civili etiopici, eritrei, libici e somali morti nel corso delle
conquiste coloniali. Durante una cerimonia preparata nella capitale
etiopica venne organizzato un attentato contro il vicer Graziani,
che rimase ferito con pi di 250 schegge nel corpo: il bilancio fu
di 7 morti e cinquanta feriti. Immediatamente scatta la
rappresaglia degli italiani: i militari aprono il fuoco colpendo
indiscriminatamente i presenti, di cui centinaia rimangono a terra
uccisi, mentre si scatena la furia dei civili italiani che danno
fuoco alle case uccidendo in maniera indiscriminata da 3 a 20 mila
persone, a seconda delle stime. Nello stesso tempo migliaia di
civili furono rastrellati dai carabinieri italiani ed infine
ammassati nei campi di concentramento. Qualche mese dopo, la strage
dei monaci di Debr Libans, il pi importante centro conventuale
dellintera Etiopia, dove vivono, negli oltre tremila tucul, monaci
e laici, accusati di complicit nellattentato a Graziani del 19
febbraio. Con lassenso dello stesso Mussolini, scatta la
rappresaglia con oltre duemila morti. Questa dunque la storia
delloccupazione coloniale italiana in Africa, questa la sofferenza
cui gli italiani brava gente hanno sottoposte le popolazioni
occupate.175
Angelo Del Boca
Su questo importante pezzo della nostra storia ancora non stata
avviata una efficace riflessione collettiva. Certamente gli studi
condotti, tra mille difficolt, in questi anni hanno contribuito ad
illuminare con una luce diversa la presenza degli italiani in
Africa, ma ancora molto cammino deve essere compiuto sul piano
della ricerca, della documentazione e della diffusione di una
coscienza collettiva diversa. La memoria e la verit sulla politica
italiana in Africa nel periodo coloniale stenta a farsi strada nel
nostro paese: il famoso film Il Leone del deserto che racconta la
storia del leader della resistenza libica Omar al-Mukhtr, impiccato
da Graziani, per anni stato censurato nel nostro paese. Mentre
linchiesta televisiva realizzata da Ken Kirby dal titolo Fascist
Legacy che la Rai ha acquistato dalla BBC, ormai da tempo, non mai
andata in onda. Una reticenza questa nei confronti di una pagina,
certo non lusinghiera, della nostra storia che non pu essere
rimossa e negata dalla coscienza collettiva. Per questo abbiamo
ritenuto di presentare questa proposta: per contribuire ad avviare
un processo di riflessione collettiva sui crimini perpetrati dal
regime fascista ai danni delle popolazioni africane. La giornata
della memoria, istituita proprio nel giorno della strage del 19
febbraio ad Addis Abeba seguita allattentato a Graziani, (art. 1)
vuole essere loccasione perch si avvii un processo di studio e di
riflessione che coinvolga soprattutto le giovani generazioni nelle
scuole (art. 3). Accanto a questo riteniamo importante che il
Governo si faccia direttamente carico di avviare un percorso di
approfondimento, studio, ricerca e documentazione sulla presenza
italiana in Africa, coinvolgendo i maggiori studiosi, ricercatori e
storici sul tema da mettere a disposizione del paese (art. 2). Di
questo sentiamo lurgenza, perch lo studio di una pagina oscura
della nostra storia possa contribuire a far s che simili eventi non
possano pi accadere. Art. 1 (Istituzione del Giorno della Memoria
in favore delle vittime africane durante il periodo delloccupazione
coloniale italiana) 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno
19 febbraio, data delleccidio della popolazione civile di Addis
Abeba compiuto dallesercito italiano, Giorno della Memoria, al fine
di ricordare gli oltre 500 mila africani uccisi durante il periodo
di occupazione coloniale in Eritrea, Etiopia, Libia e
Somalia.176
La Libia dei lager e lEtiopia aggredita dal fascismo rivisitate
in due convegni
2. La giornata di cui al comma 1 istituita al fine di ricordare
gli eccidi, le campagne militari, le leggi razziali, limpiego di
aggressivi chimici, la deportazione e la prigionia e in generale la
politica di occupazione cui i governi Crispi, Giolitti e Mussolini
hanno sottoposto le popolazioni di paesi africani dominati
dallItalia. Art. 2 (Istituzione di una commissione di studio) 1. Il
Presidente del Consiglio con proprio decreto istituisce una
Commissione di storici ed esperti con il compito di esaminare le
vicende che hanno caratterizzato il periodo delloccupazione
italiana dei territori di Eritrea, Etiopia, Libia e Somalia. Art. 3
(Promozione della giornata della Memoria) 1. In occasione del
Giorno della Memoria, di cui allart. 1, sono organizzate cerimonie,
iniziative, incontri e momenti di riflessione, in modo particolare
nelle scuole di ogni ordine e grado, sul periodo di occupazione
coloniale militare italiano nei paesi di Etiopia, Eritrea, Libia e
Somalia in ricordo dei 500 mila africani vittime del regime di
occupazione, in modo da conservare la memoria di un tragico ed
oscuro periodo della storia del nostro paese, affinch simili eventi
non possano pi accadere. Art. 4 (Entrata in vigore) 1. La presente
proposta di legge entra in vigore il giorno successivo della
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
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