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Piero Santini
I GENERI LETTERARI A ROMA
Premessa Prima di iniziare questa sintetica trattazione della
letteratura latina condotta secondo il criterio dei generi
letterari, opportuno fare alcune considerazioni generali sul
rapporto intercorso fra le due pi grandi letterature dellantichit,
la greca e la latina. Non vi dubbio che, almeno da un certo momento
della storia di Roma in poi, i rapporti fra le due letterature sono
stati stretti e massicci, prima mediati attraverso un ambiente come
quello della Magna Grecia, vero e proprio trait dunion fra mondo
greco e mondo romano, poi pi diretti e immediati. Rapporti che si
sono espressi in una netta, indiscutibile influenza della cultura
greca su quella romana, con ripresa da parte della seconda di molti
elementi culturali propri della prima, inventati, escogitati cio
dai Greci. Questa influenza della Grecia su Roma, che alla base
della nascita della vera e propria letteratura latina, dopo le
manifestazioni cosiddette preletterarie native, aborigene,
primitive (gli aspera ac rudia di cui parla Velleio Patercolo in
Historiae 1, 17, in riferimento agli inizi grezzi della cultura
latina), stata nell Ottocento, in et romantica e specialmente in
ambiente tedesco, interpretata come completo soffocamento
dellindividualit, delloriginalit romana. I Romani non sarebbero
stati altro che pedissequi ripetitori, pigri imitatori delle grandi
opere dellingegno greco, considerato nettamente superiore a quello
romano per fantasia inventiva e capacit speculativa. Oggi la
prospettiva critica nettamente cambiata e si tende a vedere
nellatteggiamento imitativo dei Romani, pur indubitabile, uno
sforzo di emulazione, di gara nei confronti dei modelli greci,
considerati termini di confronto, modelli da eguagliare se non
superare, pur in un atteggiamento di rispetto e ammirazione, che
spesso si concretizza in veri e propri atti di omaggio, cui la
cosiddetta arte allusiva (idea critica che ebbe la formulazione pi
chiara e convincente da parte di Giorgio Pasquali) offre ampie
possibilit tecnico-espressive e aggiunge connotati di preziosa
raffinatezza. Cos se Virgilio chiama le sue Georgiche carme ascreo
(facendo esplicito riferimento ad Esiodo, nativo di Ascra,
inauguratore dellepos didascalico), se Orazio afferma di aver
trasferito nel Lazio la lirica eolica e se Properzio sostiene di
essere il Callimaco romano, perch gli scrittori latini,
specialmente quelli pi maturi, sentono di poter gareggiare con i
loro rispettivi modelli e di poter liberare quindi la cultura
romana da una sorta di complesso di inferiorit nei confronti dei
Greci pur vinti sul piano politico-militare: complesso di
inferiorit che notoriamente testimoniato dallo stesso Orazio in
Epistole 2, 1, 156 (Graecia capta ferum victorem cepit). A questa
aemulatio del Romani nei confronti dei Greci si riferiscono a pi
riprese, non senza accenti a volte di rivalsa nazionalistica,
scrittori, che furono anche critici letterari, come Velleio
Patercolo (in alcuni excursus delle sue Historiae) e Quintiliano
(nel decimo libro della sua Institutio oratoria). Fatta questa
debita premessa, possiamo cominciare a tratteggiare il cursus della
letteratura latina, seguendo la traccia dei generi, traccia che
comunemente non seguita nelle storie letterarie pi note, ove invece
si preferisce, peraltro non senza buoni motivi, procedere per
ordine cronologico e per medaglioni dedicati ai vari scrittori.
Lasciamo da parte le forme preletterarie latine, seppur di non poca
importanza nellevoluzione successiva delle forme e dei generi,
giacch la cultura greca si innest sopra un terreno latino connotato
di caratteristiche nazionali, entrando in contatto con esso e
magari schiacciandolo sotto il peso della sua autorevolezza.
Autorevolezza che non ci pu impedire di pensare da una parte che la
cultura greca dovette di quando in quando fare i conti (si pensi
alla commedia e alle forme teatrali) con le ragioni delle
tradizioni popolari nazionali, dallaltra che a Roma sono esistite e
sono state praticate forme come i carmina religiosi, i carmina
convivalia (primi nuclei di trattazioni epiche relative alle grandi
famiglie di Roma), i carmina triumphalia, i fescennini (di cui si
sentono chiari echi, per esempio, ancora nel carme 61 di Catullo),
la satira drammatica, latellana.
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Passiamo ad esaminare sinteticamente genesi, sviluppo e
decadenza dei generi letterari latini, cominciando la trattazione
dal momento in cui testimoniata per la prima volta la presenza, nel
mondo culturale e civile romano, di una produzione che si pu
definire letteraria. Ci rendiamo allora conto che la letteratura
latina inizia davvero allombra della greca, pur con un suo marchio
di individualit sempre pi spiccata, e che i generi letterari greci
vengono a poco a poco trasmessi pressoch nella loro totalit agli
scrittori romani, i quali hanno avuto il compito non facile di
adattarli ad una condizione sociale, culturale, linguistica diversa
da quella dorigine. In questa continua lotta fra due tendenze
(linfluenza della Grecia da una parte, il tentativo di far valere
le ragioni della propria individualit dallaltra) consiste, a ben
pensare, lintero cursus della letteratura latina, almeno fino allet
augustea o al I secolo d. C., et in cui raggiunge il culmine la
produzione di opere meditate e non prive, pur negli agganci alla
grecit, di notazioni originali.
I generi poetici
Epica Se la letteratura greca inizia, come si sa, nel nome
dellepos, nel nome dello stesso genere epico ha inizio la
letteratura latina con Livio Andronco, traduttore, con la sua Odusa
in versi saturni (cio in versi nazionali, non dimentichiamolo: ecco
gi un tentativo di differenziarsi dal modello esametrico),
dellomerica Odissea. Limportanza di Livio Andronico nella storia
della letteratura latina stata ben evidenziata dagli studiosi;
basti pensare che egli ha introdotto a Roma sia lepos, sia la
tragedia, sia la commedia, in una poliedricit di interessi
letterari che rivela linfluenza anche in questo caso si una matrice
greca, per la precisione ellenistica (gli autori della Grecia
classica, come noto, avevano invece interessi pi specifici e
settoriali, non coltivavano la poikila (=variet) dei generi. E che
la primitiva letteratura latina sia sorta non solo sulla spinta
della cultura greca classica, ma anche sotto la suggestione dei
principi culturali e poetici ellenistici, alessandrini (che un
tempo si pensava avessero operato soltanto sulla letteratura latina
del periodo classico-augusteo) considerazione critica espressa
lucidamente per esempio da Scevola Mariotti, che stato un
acutissimo studioso della letteratura latina delle origini. Se con
Livio Andronco ha inizio lepos latino (e con una traduzione
letteraria, come si visto, dal greco), con il secondo cultore di
questo genere, Gneo Nevio, le cose cambiano sensibilmente, non
tanto sul piano del metro, che resta larcaico saturnio, quanto su
quello del contenuto che non pi un argomento greco-omerico e
sostanzialmente mitico, come quello dell Odusa, ma un tema
nazionale e storico per giunta (giacch il Bellum Poenicum tratta la
seconda guerra punica) che apre la strada alle future evoluzioni
dellepos latino, marcate nei casi pi importanti ed elevati proprio
dalla presenza di un contenuto anche storico e nazionale: si pensi
agli Annales di Ennio, alla stessa Eneide, al Bellum civile di
Lucano. Con Ennio poi, terzo rappresentante del genere epico
latino, le cose cambiano anche dal punto di vista formale.
Maggiormente aderente al mondo culturale greco, in un atteggiamento
pi filologico e rigoroso rispetto ai modelli greci (si veda il
proemio del l. VII degli Annales) il Rudino, che non a caso si
autoproclama alter Homerus (secondo la dottrina pitagorica della
metempsicosi, lanima di Omero si sarebbe reincarnata, dopo alcune
peripezie, in lui), per primo a Roma utilizza lesametro omerico,
dopo i precedenti tentativi condotti con il metro, per usare le sue
parole, dei fauni e degli indovini, cio il saturnio. Il suo poema,
che ricalca in qualche modo le trattazioni storiografiche degli
annalisti, per il rifarsi ab ovo e per procedere in ordine
cronologico, anno per anno, fino ai tempi dello scrittore, un
antecedente importante dell Eneide virgiliana, nonostante il netto
divario di poetica e di stile fra i due poemi. Non un caso che
termini, locuzioni, emistichi enniani sopravvivano nellepica
posteriore (si pensi a Virgilio in particolare): segnali di un
atteggiamento di stima rispettosa che stato sempre tenuto nei
confronti del pater Ennius, nonostante le accuse ricorrenti contro
di lui e provenienti da ambienti strettamente legati al neoterismo
o allalessandrinismo augusteo: si pensi al giudizio di Ovidio
(Tristia 2, 424 Ennius ingenio maximus, arte rudis) di rozzezza
stilistica. Liter successivo dellepos latino, dopo le
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presenze pressoch insignificanti (anche perch non possiamo
valutare appieno, dati i pochi frammenti che di questi autori ci
sono rimasti) di poeti epici che continuano a coltivare lepos
nazionalistico e monografico (come Ostio, che scrive un Bellum
Histricum, o Bibaculo, autore di un poema sulla guerra gallica di
Cesare, o Varrone Atacino, autore di un Bellum Sequanicum),
registra il suo momento culminante con la produzione virgiliana.
Virgilio, da genuino figlio dei suoi tempi, ma anche inserito
profondamente nella tradizione letteraria latina, coltiva un genere
di epos che unisce lelemento storico-nazionalistico (per il quale
lEneide si risolve nellepopea di Roma e di Augusto) e quello
mitico, e che sul piano strutturale e stilistico contamina
magistralmente componenti omeriche, tradizione latina (specialmente
enniana) e poetica alessandrina, questultima gi in qualche modo
seguita dai primi poeti della storia letteraria di Roma, ma
certamente senza la raffinatezza, la compattezza, linsistenza con
cui essa ora domina (siamo nel I secolo a.C., in et post-neoterica
e augustea) il panorama poetico latino. Dimensione alessandrina,
quella dellEneide, che si nota in tantissimi particolari della
composizione, dalla brevitas che condensa in 12 libri una parte
odissiaca (dei viaggi) e una parte iliadica (delle battaglie), al
labor limae che impedisce a Virgilio (ne sono testimonianza i versi
incompleti, detti tibicines) il perfezionamento dellopera in breve
tempo, alla variet dei temi (poikila), che, come in Apollonio
Rodio, comporta ad esempio compresenza di tema eroico e di tema
amoroso (questultimo particolarmente in rilievo, come noto, nel
libro IV), allatteggiamento eziologico, per il quale, tra laltro,
nellinfelice amore fra Enea e Didone posto laition, il motivo della
storica inimicizia fra Roma e Cartagine. Levoluzione successiva
dellepos latino registra una presenza di grande rilievo e di
valenza fortemente innovativa, quasi rivoluzionaria, in Lucano,
vissuto sotto limpero di Nerone. In unepoca, quella della prima et
imperiale e in particolare del I sec. d. C., agitata da forti
spinte innovative specialmente sul piano dello stile (lo noteremo
anche a proposito del genere satirico) Lucano coltiva un epos
esclusivamente storico, allontanando per la prima volta fra gli
epici latini la mitologia tradizionale dalla composizione della sua
opera (Farsaglia o Bellum civile fra Cesare e Pompeo). Magari
sostituendo le divinit, i concili degli dei ed altri elementi di
questo tipo con altri ingredienti di genere soprannaturale come
prodigi, profezie, magie, negromanzie che rivelano un gusto barocco
per il sorprendente, per il sensazionale e anche, se vogliamo,
sulla scia di Seneca, non a caso zio di Lucano, per lorrido e il
macabro, categorie estetiche tutte queste che nel I sec. d.C.
invadono a pi riprese il campo dellimmaginario e della espressione
stilistica. Con lepos classicheggiante di et flavia, rappresentato
da Papinio Stazio, Valerio Flacco e Silio Italico, c invece un
ritorno alle strutture e agli stilemi virgiliani, anche se, basti
pensare a Stazio, gli influssi anche lessicali virgiliani, pur
molto consistenti, si uniscono alle influenze di altri poeti della
prima et imperiale, rappresentanti di quel manierismo ante litteram
latino che una componente con irrilevante anche della poetica
staziana (Ovidio, Lucano, Seneca tragico). Le differenze fra i tre
epici di et flavia riguardano prevalentemente il contenuto,
esclusivamente mitico in Stazio (Tebaide e Achilleide) e Valerio
Flacco (Argonautiche, tema di Giasone alla conquista del vello doro
gi trattato a Roma da Varrone Atacino), mitico-storico in Silio
Italico, che trasse la materia storica per i suoi Punica(sulla
seconda guerra punica, tema gi trattato anticamente da Nevio) da
Livio e le strutture compositive e lo stile da Virgilio, con
recupero addirittura di ingredienti omerici ed enniani (desunti
direttamente dalle fonti, senza intermediari, come generalmente
oggi si ritiene). Dopo la restaurazione classicistica di et flavia,
il genere epico decade, per tornare ad essere coltivato solo pi
tardi e in modo assai desultorio da autori come Claudiano (IV
secolo), cultore sia del genere mitico-storico (De bello Gildonico
e De bello Gothico) sia di quello mitologico (Gigantomachia, di cui
ci rimane un breve frammento, e il colorito De raptu Proserpinae).
In Claudiano (e questo un dato comune a pressoch tutta la poesia
latina tardo-antica) si nota, sul piano della lingua e dello stile,
una riesumazione degli autori poetici del passato, con mescolanza,
in una struttura che si pu assimilare al mosaico, di plurimi
ingredienti attinti a svariati autori e uniti assieme, con tecnica
come sul dirsi centonaria, nella nuova composizione.
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Tragedia Altro genere poetico che i Romani riprendono dai Greci
e in parte adattano alle loro esigenze nazionali quello tragico.
Liniziatore anche in questo caso Livio Andronco, che introdusse a
Roma, quindi, molti importanti generi: anche la commedia, come
vedremo, oltre allepica e alla tragedia. Delle sue tragedie
avanzano otto titoli e scarsissimi frammenti, cos come titoli (6) e
scarse reliquie si conservano anche del successivo cultore del
genere, Nevio, anchegli, come Livio Andronico e poi come Ennio,
cultore alla maniera ellenistica di vari generi: epico, tragico,
comico. Nevio tratt prevalentemente, come Livio Andronco, soggetti
del cosiddetto ciclo troiano (il ciclo connesso con la storia di
Roma) ed considerato anche eurets (inventore) della cosiddetta
fabula praetexta, genere tragico nazionale che si differenzia dalla
cothurnata e che rappresenta, vestiti con labito nazionale romano
(la toga pretesta), personaggi della storia romana antica e
recente. A questo genere si ricollegano due titoli neviani: il
Romulus, basato sulla figura del fondatore di Roma, e il
Clastidium, che celebrava un glorioso avvenimento di storia
recente. Con Ennio, terzo cultore della tragedia, il genere (ancora
legato in gran parte al ciclo troiano) prende improvvisamente quota
sul piano artistico, come testimonia lammirazione di lettori e
critici romani (come Cicerone), entusiasti del talento tragico
enniano, caratterizzato da una suggestiva ricerca del patetico, del
commovente, che tradisce influssi ellenistici. Con i successivi
cultori del genere, Pacuvio e Accio, la tragedia romana,
strettamente legata ai modelli greci, che vengono non tanto
tradotti pari pari quanto rifatti e rielaborati, fa un ulteriore
balzo in avanti quanto a popolarit (ma sempre a Roma in subordine
al genere comico) e a fecondit espressiva. A Pacuvio e Accio
critici romani successivi riconobbero qualit di grandezza tragica e
di profondit concettuale (con Accio considerato pi vigoroso,
Pacuvio pi dotto) ma anche difetti di lingua e di stile, propri del
resto, come precisa Quintiliano (Inst. or. 10, 1, 97) pi dellepoca
che dei due poeti, la cui propensione per i soggetti a volte
terrificanti e orrorosi (ad esempio la vicenda truculenta dei
Pelopidi) suscit le critiche del circolo scipionico, pi portato
verso unarte a misura duomo, basata sul criterio della humanitas, e
in particolare le rimostranze del satirico Lucilio, portavoce,
assieme ad altri scrittori (Terenzio in primis) di tale
importantissimo circolo culturale del II secolo a. C. Dopo Accio,
con il quale la tragedia raggiunge il suo vertice di popolarit e
forse anche artistico, il genere, se sul piano della
rappresentazione ha notevole successo ancora in et ciceroniana, su
quello della composizione entra fatalmente in crisi, premuto e
incalzato da forme pi adatte alla visione del mondo dei Romani
della fine della repubblica (una visione sempre pi intimistica e
soggettiva). Da una parte si compongono sempre meno tragedie,
dallaltra il genere si adegua alle nuove caratteristiche della vita
letteraria romana, nella quale da un certo momento in poi (et
augustea) avr un ruolo di grande importanza la pratica delle
recitationes, cio delle declamazioni in pubblico delle proprie
composizioni (di tutti i generi, poetici e prosastici). Pratica che
comporter per i generi letterari (che diventano quasi generi
oratori) una assimilazione di ingredienti specificamente retorici,
utilizzati per gli stessi scopi per cui gli oratori del I secolo a.
C. pronunciavano i loro discorsi (probare o persuadere, delectare,
flectere): scopo dimostrativo, di diletto, di mozione degli
affetti. E se le tragedie per noi perdute come il Tieste di Vario
(poeta amico di Virgilio) e la Medea di Ovidio costituiscono
effimeri, e al loro tempo molto lodati, sussulti di un genere ormai
pressoch morto (almeno sul piano della vera e propria
rappresentazione teatrale), con Seneca, che compose nove tragedie1
(la praetexta Octavia, pur giuntaci sotto il nome di Seneca, non di
Seneca) molto probabilmente destinate alla lettura e non
allesecuzione scenica, il genere (attinto anche a modelli greci, in
particolare a Euripide) assume caratteri di pura letterariet e si
adegua alle esigenze stilistiche e retoriche della prima et
imperiale per una ricerca continua degli effetti, del
1 I titoli: Ercole furioso, Ercole sul monte Eta (da Sofocle),
Troadi (da Euripide), Fenicie (da Euripide), Medea (da
Euripide), Fedra (da Euripide), Edipo (da Sofocle), Agamennone
(da Eschilo), Tieste (da testi perduti di Sofocle ed Euripide).
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grandioso, del sorprendente o del macabro, che poi quella
ricerca manieristica barocca di cui si parlato anche a proposito
dellepica del I secolo d. C. Elementi, questi, che hanno permesso
la sopravvivenza del teatro di Seneca e la sua notevole influenza
sul teatro europeo cinquecentesco (specialmente su quello
elisabettiano e scespiriano): non un caso se le tragedie di Seneca
sono le sole tragedie latine che ci sono pervenute intere.
Commedia Liter della commedia, genere a Roma molto popolare,
presenta notevoli analogie con quello della tragedia, almeno nei
primi tempi e fino all akm (punto culminante), che toccata
pressappoco nello stesso periodo (II secolo a. C.) in cui operano i
pi importanti tragediografi (Pacuvio e Accio). Anche questo genere
mutuato dal mondo culturale greco ed in particolare (delle tre
suddivisioni del teatro comico greco) la na, la commedia nuova di
Menandro quella che attira lattenzione dei comici latini e che
influenza le loro composizioni teatrali (e questo fin dagli inizi
del genere, fin da Livio Andronico e Nevio). La na in effetti,
genere pi universalistico e meno legato di archia (commedia greca
antica) e di mse (commedia greca di mezzo) alla contingente
situazione storico-civile-culturale della Grecia, si prestava
maggiormente ad un trapianto su un terreno diverso da quello
originario. C per da dire che loperazione dei Romani non stata per
lo pi quella di tradurre in latino, di trasportare di peso nel
Lazio vicende e argomenti di singole commedie greche. Si trattato
di unoperazione pi complessa che fa vedere come, anche in questo
ambito, limitazione romana non sia stata piatta e pedissequa, ma
abbia arricchito di novit i dati originari. Novit che nel caso
della commedia si possono individuare nellesigenza di trame in
qualche modo pi elaborate rispetto agli originali (esigenza,
questa, soddisfatta anche per mezzo della cosiddetta
contaminazione, vale a dire la mescolanza di pi commedie greche in
ununica commedia latina), e anche nel tentativo di adattare
allambiente storico-culturale latino usanze, specialmente
giuridiche, di troppo specifica pertinenza ellenica: Terenzio
critica a tal proposito la obscura diligentia del suo rivale Luscio
Lanuvino, evidentemente un commediografo dedito alla pedissequa
imitazione degli originali greci che, come ha ben visto il Ronconi,
lasciava nelle sue commedie particolari greci, dati giuridici non
comprensibili al pubblico romano. A questo si aggiunga,
specialmente in Plauto, il procedimento della romanizzazione dei
canovacci greci, con inserimento, in ambientazioni ellenistiche, di
ingredienti di vita, di societ, di lessico (si pensi ai giochi di
parole) di pi tipica matrice romana. Cos come in questo senso
orientata anche linvenzione di nuovi generi, di tipo pi
nazionalistico, come la fabula togata (laltra, quella di Plauto e
Terenzio, la palliata come si sa), cio la commedia di argomento e
personaggi in abiti nazionali (a questo si riferisce toga) romani,
commedia che ha la sua triade canonica di cultori in Titinio, Atta
e Afranio, i quali peraltro mescolarono, a quanto pare, nelle loro
commedie influssi del teatro popolare latino (satura, atellana,
mimo) e, specialmente con Afranio, ammiratore di Terenzio,
influssi, anche in questo genere pi nazionalistico, della commedia
menandrea. Quanto ai due massimi rappresentanti della palliata, cio
della commedia latina di derivazione greca, basti qui accennare ad
una differenza nettissima di poetica e di stile che divide Plauto e
Terenzio, il primo2 caratterizzato da una vis comica prorompente e
salace, che ha fra i suoi effetti pi rilevanti la creazione di un
linguaggio vivissimo, variopinto e screziato, arricchito da
numerosi composti umoristici di nuovo conio e da mezzi stilistici
molto efficaci (allitterazioni, paronomasie, cio giochi di parole,
ecc.), il secondo3 aderente, quale rappresentante del circolo
scipionico, ad ideali di poetica e di stile pi raccolti e urbani,
pi composti ed equilibrati di quelli plautini, al punto che la
2 Alcuni titoli delle ventuno commedie giunte fino a noi secondo
la cosiddetta recensione Varroniana: Amphitruo
(Anfitrione: fra i protagonisti due dei, Giove e Mercurio),
Aulularia (la commedia della pentola e dellavaro), Csina (la
ragazza profumata, desiderata dal suo vecchio tutore libidinoso),
Mostellaria (la commedia degli spettri), Miles gloriosus (il
soldato smargiasso, personaggio iperbolico che anticipa anche la
figura erotica di don Giovanni), Rudens (la commedia della gmena),
Pseudolus ( il nome di un servo astuto). 3 Titoli delle sei
commedie: Andria (la ragazza di Andros), Hcyra (la suocera),
Heautontimormenos (il punitore di se
stesso), Eunuchus, Phormio e Adlphoe (i fratelli).
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civilissima, raffinata urbanitas di Terenzio apparsa agli stessi
Romani, a critici latini successivi, quasi pi un difetto che un
pregio, se vero che per Cesare (o, secondo altri, per Cicerone)
Terenzio era un dimidiatus Menander (un Menandro dimezzato) e
ancora per Cicerone era un Menandro sedatis motibus (dai sentimenti
placati, cio fin troppo tranquillo). Il quadro della commedia
latina completato, ancora nellet di Plauto e Terenzio, da Cecilio
Stazio, che Aulo Gellio, sulla base di tre passi del Plocium
(Collana) mette a raffrronto con Menandro: un comico, Cecilio
Stazio, situato a mezzo anche poeticamente e stilisticamente fra
Plauto e Terenzio. Alle et successive, che registrano il fatale
declino del genere, che va di pari passo col declino della
tragedia, sono da ascrivere Turpilio, con la cui morte (103 a. C.)
si dice che si sia pressoch estinto il genere della palliata,
Melisso, liberto di Mecenate, inventore della fabula trabeata, i
cui personaggi erano dei cavalieri, e lautore anonimo (IV sec. d.
C.) del Querolus (Piagnone) sive Aulularia, una tardiva
testimonianza della fortuna di Plauto, anche in unepoca che ormai
non amava e non coltivava pi le forme teatrali tradizionali. Alla
fine di questo excursus sulla commedia latina non possiamo non
accennare a forme teatrali contenutisticamente e stilisticamente
affini alla commedia e che sono per prodotti autoctoni della civilt
romana e italica. Intendiamo riferirci allatellana e al mimo, forme
gi antiche e preletterarie. Latellana, genere popolare e farsesco,
ebbe influenza anche sul colorito, popolaresco teatro platino e
tocc vertici letterari nel I secolo a. C., in concomitanza col
declino di tragedia e commedia, con Novio e Pomponio. Il mimo a sua
volta, forma anchessa farsesca, popolare e spesso di carattere
osceno, ebbe il suo periodo aureo dallet di Silla a quella di
Cesare con Decimo Laberio e Publilio Siro. Quanto questo mimo
letterario latino debba al corrispondente mimo greco questione
controversa e non risolta.
Satira Un genere poetico invece non collegato direttamente con
modelli greci ben precisi e sorto anchesso in et arcaica, seppure
successivamente a epos, tragedia,e commedia il genere della satira.
Intendiamo parlare della satira come viene a configurarsi con
Lucilio, non della satura drammatica preletteraria n della satura
letteraria di Ennio e Pacuvio, caratterizzata da mescolanza di
argomenti e di metri. Con Lucilio infatti (non a caso considerato
dagli stessi critici latini linventore della satira) ha inizio un
genere che avr poi notevolissima fortuna nelle et successive.
Genere caratterizzato da un contenuto da una parte autobiografico e
personale (grande novit nella storia della poesia latina)4,
dallaltra polemico e critico nei confronti dei vizi degli uomini,
da una lingua dimessa e quotidiana (la lingua delle commedie),
oltre che da un metro che Lucilio fissa, con gli ultimi libri delle
sue satire, nellesametro. Notevole il fatto che Lucilio stabilisca,
da vero inventor del genere, anche i precisi, puntuali ambiti
contenutistici in cui si muove la nuova forma letteraria: cos alla
satira colorita di dati autobiografici (come i viaggi fuori da
Roma: nel caso di Lucilio un viaggio in Sicilia) si unisce la
satira politico-sociale e anche quella letteraria, tutti elementi
che ritroviamo nel successivo iter del genere, che culmina
nellesperienza oraziana, da una parte caratterizzata da un
atteggiamento bonario e pacato, lontano da quella virulenza
luciliana che lo stesso Orazio ricollega (Satirae 1, 4) alla
tradizione greca della commedia archia, dallaltra animata da un
realismo figurativo che concretizza popolarescamente anche le
considerazioni morali e filosofiche (di tipo per lo pi diatribico,
cinico-stoico) del poeta5. Lequilibrio, il buon senso, la
mediocritas, qualit tipiche di Orazio, vengono a rompersi con
Persio e Giovenale, nei quali una esacerbata carica polemica nei
confronti di una societ corrotta anche in ambito letterario produce
componimenti segnati da un realismo spinto, specialmente in
Giovenale, agli estremi, enfatizzato,
4 Non a caso Quintiliano in Inst. or. 10, 1, 53 giunge ad
affermare Satura quidem tota nostra est (La satira un genere
tutto romano) 5 Sono due libri di satire, composte a circa
trentanni di et, ed elaborate in esametri, i versi usati anche dai
successivi
satirici Persio e Giovenale. Vari gli argomenti, da quelli
personali e autobiografici (Satira 1, 1 sulla scelta di vita; 1, 5
sul viaggio con Mecenate da Roma a Brindisi; 1, 9 sullincontro a
Roma con un seccatore), a quelli filosofici e satirici veri e
propri (Satira 2, 3 sulleccessivo rigorismo delle posizioni
stoiche; 2, 6 sul contrasto fra vita di campagna e vita di citt; 2,
8 sulla smania di lusso dei villani rifatti, come Nasidieno, di cui
descritta non senza aculei polemici la cena luculliana).
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retoricizzato, reso quasi espressionistico, e da uno stile che
in Persio6 mostra in piena evidenza linteresse per immagini nuove
rispetto alla tradizione linguistico-stilistica corrente, con
ricorso efficacissimo a metafore che, come hanno rilevato studiosi
quali Kugler e Pasoli, quasi recuperano nei contesti persiani il
loro significato proprio, il loro concreto punto di partenza e sono
quindi utilizzate con il massimo possibile di realismo. Stile che
in Giovenale7 sciorina una utilizzazione incisiva di tutto un
apparato di tropi e di figure retoriche, usati con il fine della
persuasione e della mozione degli affetti, in un quadro stilistico
che la critica recente pi avveduta ha definito di sublime satirico
(che pur sembrerebbe una contraddizione in termini). Un breve
discorso a parte merita la cosiddetta satira menippea, sottogenere
della satira su cui ebbe influenza la diatriba greca cinico-stoica
e in particolare la produzione semiseria, condotta secondo gli
schemi dello spoudogloion, di Menippo di Gadara (III secolo a. C.),
i cui scritti filosofico-satirici erano una mescolanza di prosa e
di versi (struttura formale, questa, che si ritrova in tutti gli
esempi latini di satira menippea). Rappresentanti a Roma di questo
sottogenere sono in ordine cronologico Varrone, il pi aderente,
sembra, al modello menippeo, anche se, come afferma Cicerone, egli
non ha tradotto, ma imitato o forse emulato Menippo, inserendo in
questi testi allusioni e riferimenti alla Roma contemporanea. Dopo
Varrone il genere menippeo trova cultori particolarmente valenti ed
efficaci in Seneca il filosofo, cha scrive una Apokolokyntosis
(apotheosis per saturam) dedicata al defunto imperatore Claudio e
in Petronio, il cui Satyricon, congegnato secondo le strutture del
romanzo, per anche aderente agli schemi e forse anche agli spiriti
(satirici, parodistici) della satira menippea, come prova la
compresenza di prosa e di versi8. Certo che nel Satyricon vengono a
confluire pi generi letterari (oltre a quelli citati, novella
milesia e mimo), in una poikila (variet) strutturale cui fa pendant
una lingua dai registri mobili e vari, da quello pi volgare e
popolaresco a quello pretenzioso dei personaggi socialmente pi
elevati (o che si atteggiano in tal modo). Dopo il I secolo d. C.,
che lultimo periodo della storia letteraria romana veramente
fervido e produttivo, sia satira che satira menippea decadono
rapidamente.
Lirica Un altro genere poetico che la Grecia consegna a Roma e
che, come in altri casi, subisce adattamenti e modifiche nel
passaggio da una cultura allaltra, quello che possiamo latamente
etichettare come lirica, un genere, o meglio un serbatoio in cui
sono contenute numerose forme specifiche, quelle che si rifanno
alle canoniche suddivisioni greche di elegia, giambo, lirica
monodica (con i suoi sottogeneri), lirica corale (con le sue forme
tipiche) e a quelle ellenistiche di epigramma, epillio, idillio.
Generi, tutti questi, che dal punto di vista linguistico-stilistico
si possono collocare, pur con le debite differenze fra luno e
laltro, sul gradino mediano dellantica scala degli stili: il
gradino pi basso occupato da commedia e satira, quello pi alto da
epica e tragedia. La poesia lirica (da intendere sempre in senso
lato) viene coltivata abbastanza tardi dai Romani, anche perch nei
confronti di questo tipo di poesia la considerazione non era del
tutto positiva, come prova il giudizio negativo di Cicerone
(riferito da Seneca in Epistole a Lucilio 49, 5)
6 Scrisse sei satire impregnate di filosofia stoica e di
moralismo intransigente contro la moda delle recitationes,
lassurdit delle pratiche religiose superstiziose, i giovani
nobili e infingardi, i politici che non hanno preparazione
filosofica, sulla necessit della libert spirituale, contro la
stoltezza degli avari. 7 Ci restano di lui 16 satire, di cui
lultima frammentaria. La indignatio di Giovenale suscitata dalla
visione della
corrotta societ del tempo (prima satira): a Roma non si vive pi
bene e sarebbe meglio ritirarsi in campagna (terza satira), il
consilium principis delibera su questioni ridicole, ad esempio su
come cucinare un grosso pesce che Domiziano ha avuto in dono da un
pescatore (quarta satira), le donne romane sono testimonianze
continue di corruzione e depravazione morale (celebre sesta satira
contro le donne), la nobilt di sangue non esiste, lunica vera
nobilt quella spirituale (ottava satira), luomo insensatamente
attratto da falsi beni quali ricchezza, potere politico, gloria
oratoria, gloria militare, longevit, bellezza fisica (decima
satira), i padri impartiscono ai figli una cattiva educazione
(quattordicesima satira), il fanatismo religioso porta a risse e
violenze (quindicesima satira). 8 I versi intercalano un po tutta
la narrazione prosastica (a volte hanno il carattere di suggello
sentenzioso di certi
passaggi), ma le parti metriche pi consistenti sono due, messe
in bocca non a caso ad Eumolpo, il maturo poeta che entra a far
parte del gruppetto dei protagonisti: la Troiae halsis (presa di
Troia) in trimetri giambici e il Bellum civile (guerra civile fra
Cesare e Pompeo) in esametri.
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8
secondi cui la lirica lusus (divertimento) e i poeti lirici sono
come bighelloni impenitenti (ex professo lasciviunt). Cicerone (e
con lui altri conservatori) era legato alle tradizioni serie e
austere del mos Romanus e non poteva apprezzare, da uomo impegnato
politicamente, un genere o dei generi di poesia di carattere
individualistico e in ultima analisi asociale. Non un caso che per
alla fine della repubblica, proprio in un momento di grandi
turbamenti politico-sociali, luomo romano senta il bisogno di
chiudersi in se stesso, e di far parlare la voce del proprio
sentimento. E cos che anche a Roma vengono coltivati molti generi
lirici, che sono consegnati ai Romani dalla Grecia, per il tramite
della cultura alessandrina. Gi tra lo scorcio del II secolo a. C. e
linizio del I secolo a. C. si manifesta a Roma un vivo interesse
per i prodotti pi leggeri, pi lirici della poesia ellenistica:
linteresse che anima i cosiddetti preneoterici, tra i quali
ricordiamo Lutazio Catulo e in particolare Levio. Ma con i
cosiddetti poetae novi, qualche decennio dopo, che la poesia lirica
alessandrina fatta oggetto di studio accuratissimo e di puntuale
assimilazione, sulla base di alcuni principi poetici
imprescindibili, che distinguono nettamente i prodotti letterari di
questa cerchia di scrittori dalle precedenti esperienze latine:
brevitas (brevit), labor limae (lavoro di lima), doctrina (intesa
anche come erudizione mitologica, geografica ecc.). Principi di
chiarissima matrice alessandrina che i neteroi fanno propri e
consegnano alla successiva generazione augustea, la quale (si pensi
a Orazio e Virgilio), pur in un recupero dei grandi temi della
classicit greca, non pu fare pi a meno della fondamentale
esperienza neoterica, unesperienza di arte raffinata e di stile
sorvegliatissimo. Altro principio ellenistico, dai Romani
puntualmente ripreso, la poikila (variet) dei generi, la
compresenza cio di forme diverse nellambito dello stesso autore o
addirittura dello stesso prodotto letterario, come prova il liber
catulliano, nel quale coabitano poesie di tipo pi precisamente
lirico, scritte in metri appunto lirici (faleci, asclepiadei,
strofa saffica), epitalami, epilli, elegie, epigrammi: poikila,
variet delle forme, che si ritrova anche nei Carmina oraziani, con
i quali il Venosino tenta, secondo quanto dice egli stesso, di
trasferire a Roma la poesia eolica (specie quella di Alceo, ma
anche quella di Saffo) in una fecondissima simbiosi con i principi
estetici e i tpoi (luoghi comuni, temi) della cultura alessandrina.
Simbiosi (classicit greca alessandrinismo) esaurientemente
approfondita sul piano interpretativo dalle fondamentali indagini
di Giorgio Pasquali (ci riferiamo al suo Orazio lirico), per la
quale temi, motivi, metri della Grecia classica (si pensi che la
strofa alcaica, la pi usata da Orazio, impiegata 37 volte e quella
saffica 26 volte) si uniscono efficacemente a tpoi, schemi
strutturali, procedimenti stilistici tipicamente alessandrini.
Indizio, questo, di un poeta ormai maturo ed equilibrato, teso al
recupero simultaneo e armonico di due aspetti fondamentali della
grecit: un Orazio senzaltro pi equilibrato e raffinato di quello
che negli Epodi era ancora dominato da una sola, pressoch esclusiva
auctoritas, quella del virulento Archiloco. Con i Carmina di
Orazio, vera e propria summa di tutte le precedenti esperienze
liriche dellantichit (nei quattro libri delle odi confluiscono con
pari rilievo Alceo e Pindaro, Saffo e Meleagro, Anacreonte e
Filodemo) il genere assurge alle vette artistiche pi elevate, oltre
le quali non si pu trovare che o pedissequa imitazione o
decadenza9. Magari con qualche improvvisa, seppur temporanea e
limitata reviviscenza, come nel caso delle Silvae di Papinio Stazio
(lautore della Tebaide), poesie di tipo lirico-epigrammatico
scritte in metri vari (ma con netta prevalenza di esametri su
endecasillabi faleci, strofa alcaica e saffica)10 e su
9 Fra i temi dei Carmina spiccano quelli filosofico-morali,
improntati al principio della mediocritas e al tema del carpe
diem (Carm. 1, 11); motivi connessi sono quelli
dellineluttabilit della morte, che arriva per tutti, ricchi e
poveri, il tema del simposio e del vino, il motivo della primavera,
lidea della semplicit di vita e lesortazione a non farsi annientare
dalla potenza distruttrice dellamore. Altra tematica quella civile
(Carm. 1, 14 sul nuovo pericolo che sta incombendo sulla nave-stato
romana; Carm. 1, 37 sulla morte della nemica Cleopatra; Carm. 3, 1
e segg. sulle qualit etiche che permetteranno ai romani di
risollevarsi dalle guerre civili). La struttura delle Odi oraziane
prevede spesso una iniziale parte descrittiva o narrativa, cui
segue la sezione filosofica alla quale pu essere aggiunta in fondo
la parte degli esempi mitici o storici (che avallano la precedente
sezione ideologica). 10
Sono poesie in genere assai lunghe che hanno quasi il carattere
dei poemetti.
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argomenti disparati (molti di carattere personale)11 o come nel
caso del tentativo di riesumazione arcaizzante di modi neoterici o
addirittura preneoterici condotto dai cosiddetti poetae novelli nel
II secolo d. C., autori di componimenti lambiccati e artificiosi,
ben lontani dalla fresca vivezza che invece si pu cogliere nel
carme anonimo (datato fra il II e il IV secolo d. C.) intitolato
Pervigilium Veneris, canto in onore di Venere e della primavera che
ritorna. Quanto ai singoli generi lirici, trattati individualmente
dai poeti latini, non possiamo non accennare, seppur
sinteticamente, alle vicende di elegia, epigramma, bucolica.
Elegia Sul genere dellelegia e sui rapporti fra elegia latina ed
elegia greca, la prima soggettiva e personale, la seconda
oggettiva, dotta, erudita, moltissimo stato scritto dallOttocento
ad oggi. Lelegia romana uno di quei generi senza dubbio attinti
alla cultura greca, ma ai quali i Romani hanno impresso il marchio
della propria individualit, sicch laffermazione di Quintiliano
(Institutio oratoria 10, 1, 93) Elegia quoque Graecos provocamus
(Anche nellelegia possiamo sfidare i Greci) appare attendibile e
giustificabile. Dopo gli inizi collegati con la figura di Cornelio
Gallo, del quale stato ritrovato tempo fa un frustulo papiraceo di
notevole interesse, che ha stimolato studi, discussioni e
controversie e dopo alcuni tentativi catulliani ancora legati alla
formula dellelegia oggettivo-eziologica (con ricerca delle cause)
alessandrina, come il carme 66, traduzione della Chioma di Berenice
di Callimaco, lelegia romana trova il suo momento di grande fulgore
con la triade di et augustea Tibullo12, Properzio13, Ovidio14, con
i quali il genere fissa i suoi schemi contenutistici e formali e
raggiunge le pi alte vette artistiche. Schemi che prevedono, entro
strutture che si rifanno allo stile mediano (medium scribendi
genus) e che si basano immancabilmente sul distico elegiaco, una
materia sentimentale viva e spontanea, personale e sofferta.
Naturalmente con differenze anche notevoli fra i tre poeti, con
Tibullo pi terso ed elegante degli altri, pi semplice e limpido,
Ovidio pi eufonico ed euritmico, impareggiabile coniatore di versi
ed anche personalit brillantemente galante, e Properzio che dei tre
il pi vicino agli schemi della poesia dotta alessandrina, tali e
tanti sono gli elementi di erudizione mitologica e anche geografica
che compaiono a pi riprese nelle sue elegie, veri e propri prodotti
di un Callimaco romano, come egli stesso si definisce (ma non
mancano in lui accenti di passione catulliana). Alle strutture
formali del genere elegiaco, ma non agli spiriti della nuova elegia
romana, che sono ormai quelli sentimentali e amorosi di tipo
soggettivo, si riconnettono diverse altre opere latine, come i
Fasti di Ovidio, vero e proprio poemetto elegiaco eziologico (si
ricercano le cause delle feste legate al calendario) di stampo
callimacheo, anticipato in questo dalle cosiddette Elegie romane di
Properzio anchesse eziologiche, o scritti elegiaci di dubbia
paternit come le due Elegiae in Maecenatem, la Consolatio ad Liviam
(elegie che recuperano una primitiva valenza di lamento funebre) e
la Nux, in cui un albero di noce si duole delle sassate che riceve.
Della fortuna successiva dellelegia (come genere composito, non
solo amoroso) sono testimonianza alcune composizioni di Claudiano e
Ausonio, il suggestivo De reditu di Rutilio Namaziano, un
poemetto
11 Fra i temi gli argomenti artistici (statua equestre di
Domiziano, descrizione di una villa tiburtina e di una
sorrentina,
descrizione di una statuetta di Ercole), gli epicedi, cio i
carmi funebri (in onore del padre del poeta, ma anche, ad esempio,
di un pappagallo), gli epitalami (carmi per le nozze di amici),
ringraziamenti, lettere familiari. 12
Di Tibullo ci sono stati tramandati tre libri di elegie, ma solo
i primi due sono autenticamente tibulliani. Lamore per la sua donna
(Delia) e lamore per la vita in campagna e per la pace sono i
motivi fondamentali del poeta. 13
Le elegie properziane comprendono 4 libri. La donna amata
(Cinzia) vista con un occhio non molto distante dallottica di
Catullo: grande passione, numerosi momenti di separazione alternati
a riconciliazioni. Il quarto libro quello in paticolare delle
elegie romane, poesie erudite ed eziologiche in cui il poeta canta
vicende e ricorrenze religiose romane. 14
Le elegie damore di Ovidio sono in particolare inserite nei tre
libri degli Amores (ove cantata una donna che ha lo psudonimo di
Corinna: forse unetichetta per compendiare varie avventure
femminili). Lamore per Ovidio pi che passione e sentimento lusus,
divertimento erotico. Al genere elegiaco appartengono anche i
Tristia (Tristezze) e le Epistulae ex Ponto, componimenti scritti
allepoca della relegazione di Ovidio sul mar Nero. I Fasti infine
sono un poema elegiaco di tipo eziologico, in cui si cantano le
feste di Roma, mentre le Heroides (Eroine), anchesse in metro
elegiaco, appartengono al genere delle epistolografia mitologica.
.
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10
che si ricollega al genere della letteratura odeporica (che
descrive viaggi)15, le elegie di Massimiano (VI secolo d. C.),
contemporaneo di Boezio.
Epigramma Il genere dellepigramma, forma poetica antichissima
(di carattere originariamente celebrativo e funerario) e sottoposta
a rivoluzionario cambiamento in et ellenistica, con la tipica forma
breve, il metro che il distico elegiaco, il contenuto vario e
composito, spesso legato a minute esperienze personali, soggettive
dei singoli poeti, entra nella cultura romana prima con i
preneoterici (Valerio Edituo, Porcio Licino, Lutazio Catulo) poi
con i poetae novi; basti pensare alla terza parte del liber
catulliano, ai carmi cio dal 69 al 116, che sono veri e propri
epigrammi dedicati ad argomenti di vario genere (amore, amicizia,
inimicizia, affetti familiari, esperienze esistenziali e anche di
tipo letterario). La successiva evoluzione del genere mostra una
progressiva accentuazione di interesse per gli aspetti derisorii,
scherzosi e ingiuriosi, con la tipica struttura che prevede spesso
l aprosdketon (chiusa inaspettata) finale (gi peraltro presente in
Catullo), con ampliamento dei metri usati (oltre al distico
elegiaco, lendecasillabo falecio e il coliambo, indizio evidente
questultimo di tonalit pi aggressive e caustiche) e con
acquisizione di atteggiamenti umanamente realistici, che avvicinano
il genere a quello della satira: questo lepigramma quale coltivato
dal suo pi grande rappresentante latino, Marziale16. Il quale era
stato preceduto nella sua definitiva sistemazione del genere da
esperimenti (che non ci sono rimasti) come quelli di Domizio Marso
e Albinovano Pedone, non a caso indicati da Marziale come suoi
modelli accanto a Catullo, e da una raccolta epigrammatica
attribuita a Seneca, la cui autenticit stata per pi volte revocata
in dubbio, almeno per la maggior parte di questi epigrammi. Con
Marziale il genere raggiunge lapice, dopo il quale inizia repentina
la decadenza, contro la quale niente possono i volenterosi, ma
freddi e artificiosi tentativi di poeti tardi come Ausonio e
Claudiano: testimonianze peraltro di una fortuna di Marziale che
continua nei secoli, fino al Medioevo e al Rinascimento.
Bucolica Un altro genere poetico mutuato dai Greci di et
ellenistica, che ebbe fortuna sia nel mondo romano, sia poi ancor
pi nelle et successive delle varie letterature europee, quello
bucolico, che ha nel greco Teocrito lemblematico sistematore. Non
escluso che motivi pastorali fossero contenuti anche nelle
produzioni lirico-epigrammatiche, non conservate, del I secolo a.
C., ma certo che il genere cos come stato ordinato da Teocrito
(metro esametrico, contenuto pastorale, travestimento idillico di
una realt sentimentale o personale cara al poeta) ha avuto il suo
cultore pi grande ed elevato in Virgilio17, che a sua volta costitu
il modello imprescindibile nei secoli a venire anche in questambito
poetico. Ancora una volta per il rifarsi ad un modello greco non
pura e semplice imitazione: il modello viene proiettato sullo
sfondo della campagna italica e delle vicende contemporanee al
poeta (adombrate nei temi e nei personaggi delle varie egloghe) e
viene quindi storicizzato e contrassegnato di un marchio originale,
nonostante il mantenimento di tpoi (luoghi comuni), strutture
formali ed aspetti stilistici che rimandano senza dubbio alcuno
alla
15 Namaziano (V secolo d. C.) considerato con Claudiano lultimo
poeta della Roma pagana. Nel poemetto descrive il
suo ritorno da Roma nella natia Gallia, manifestando a pi
riprese, con i toni dellintellettuale utopista, la sua ammirazione
sconfinata (che ha a volte il carattere dellinno religioso) nei
confronti della citt eterna. 16
Marziale scrisse 12 libri di epigrammi (per lo pi in distici
elegiaci, ma anche in altri metri), cui sono da aggiungere un Liber
de spectaculis, scritto per festeggiare linaugurazione del
Colosseo, e due libri di bigliettini conviviali (Xenia e
Apophoreta). Numerose le macchiette, le figurine tratteggiate dal
poeta anche con un solo distico (nel pentametro inserito
laprosdketon per far ridere) e ritagliate da una variet umana
caleidoscopica. Temi cari al poeta sono poi in particolare quelli
della pratica letteraria, delle recitationes, del plagio poetico,
e, in altro ambito sociale, dei captatores hereditatum. 17
Le Bucoliche di Virgilio sono 10. In esse importante limpianto
allegorico, per il quale delle vesti di pastori si ricoprono
personaggi contemporanei (tra cui lo stesso Virgilio, come fa nella
prima e nona bucolica). Fra le Bucoliche celebre sempre stata la
quarta, che contiene lannuncio quasi messianico di una nuova era di
pace e di prosperit, grazie alla nascita di un puer (i cristiani
hanno visto in ci la profezia della nascita di Cristo; ma Virgilio
si riferiva presumibilmente alla nascita del figlio di Asinio
Pollione).
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raffinata, elegantissima poesia alessandrina e teocritea. Il
genere ancora coltivato da imitatori virgiliani nel I e nel III
secolo d. C. Ma la produzione di Calpurnio Siculo (7 egloghe), i
cosiddetti Carmina Einsidlensia) cos detti perch ritrovati nel 1869
nellabbazia di Einsiedeln in Svizzera) e le 4 bucoliche di
Nemesiano (III sec.), testi a volte legati a situazioni storiche
ben precise (come provano le lodi al giovane Nerone in Calpurnio
Siculo e nei Carmina Einsidlensia), pi che costituire una
continuazione e uno sviluppo del genere, mostrano invece come la
poesia bucolica con Virgilio abbia raggiunto un apice insuperabile,
oltre il quale sta la decadenza o limitazione (o, se vogliamo,
entrambe le cose insieme). E imitazione appunto quella dei suddetti
bucolici, testimonianza peraltro di una fortuna virgiliana non
venuta mai meno nei secoli e trasmessa poi al Medioevo,
allUmanesimo e anche alle et successive, fino almeno
allArcadia.
Favola Un genere poetico minore rispetto agli altri e coltivato
da un numero ristretto di scrittori quello favolistico. La favola
era stata inventata come genere a s stante in Grecia da Esopo. A
Roma essa introdotta in et tiberiana da Fedro, il quale, per sua
stessa ammissione, rielabora la materia esopica (redatta in prosa)
in versi senari, in una progressiva graduale consapevolezza
(testimoniata nei prologhi dei 5 libri) di indipendenza sempre pi
marcata dal grande modello greco, e in un progressivo ampliamento
di prospettiva (atteggiamento orgoglioso del romano che sa di
emulare, non di initare). Tipica di Fedro la struttura compositiva
che prevede la morale prima (promitio) o dopo (epimitio) la
narrazione favolistica vera e propria (in Esopo invece la morale
collocata in fondo). Protagonisti delle favole di Fedro sono
naturalmente, come in Esopo, gli animali parlanti, assunti come
simboli di virt o di difetti umani, ma non mancano favole in cui
sono in scena esseri umani veri e propri, a volte mescolati agli
animali. Ladozione del senario giambico pu forse essere stata
motivata dallesigenza di dare un colorito popolareggiante alla
materia, grazie ad un metro utilizzato dai poeti di mimi
(mimografi) e impiegato anche nelle parti dialogiche della commedia
(diverbia). E popolare deve essere stata la produzione favolistica
di Fedro, come provano le riduzioni in prosa delle sue composizioni
poetiche, la pi importante delle quali il cosiddetto Romulus del V
secolo d. C., e come prova anche lesistenza di un corpus fedriano
pi vasto di quello a noi pervenuto, ridotto e selezionato
evidentemente per ragioni didattiche e scolastiche. Tardo cultore
del genere favolistico ancora Aviano (V secolo d. C.) che per si
basa sul greco Babrio come fonte principale.
Poesia didascalica Non possiamo concludere questa trattazione
dei generi poetici latini senza accennare alla cosiddetta poesia
didascalica (o didascalico-filosofica). Anchessa ha precise matrici
nella cultura greca sia di et classica sia di et ellenistica
(citiamo Esiodo per la prima, Arato e Nicandro per la seconda) ed
coltivata a Roma a pi riprese da diversi poeti, su svariati
argomenti. Ad essa appartengono capolavori assoluti ed opere di
minore rilievo artistico. Anche la poesia didascalica latina
testimonia, nei suoi momenti pi rilevanti, lo sforzo di adattamento
allambiente culturale latino realizzato dai cultori romani del
genere. Scorrendo cronologicamente questo particolare tipo di
poesia, dopo inizi incerti, reperibili in Ennio e Accio, il genere
ha il suo trionfo nel I secolo a. C. prima con Lucrezio,
divulgatore del verbo di Epicureo per mezzo delle strutture
dellepos didascalico esiodeo18, poi, dopo altri esperimenti di
minore importanza (tra cui occorre citare la traduzione del
Fenomeni e di parte dei Pronostici di Arato fatta da Cicerone), con
Virgilio, che nelle sue Georgiche coniuga magistralmente influenze
esiodee e tecnica compositiva e stilistica
18 Lucrezio lautore del De rerum natura, poema esametrico in 6
libri, nel quale illustrata la filosofia di Epicuro,
esaltato a pi riprese nel testo come un grande saggio che ha
illuminato le tenebre in cui viveva lumanit prima di lui.
-
12
raffinatamente alessandrina19. Di vario carattere e di varia
finalit le opere successive che rappresentano il genere, dalla
precettistica erotica ovidiana (Ars amandi, Remedia amoris,
Medicamina faciei) condita di brillante e ironica galanteria
(trattatelli tra laltro in metro elegiaco, quasi a marcare la
massiccia presenza dellelemento amoroso), a quella di tipo
cinegetico (ammaestramento dei cani da caccia) trattata da Grazio e
dal successivo Nemesiano, a quella astronomica e astrologica
coltivata , sulla scorta di concezioni stoiche antitetiche a quelle
lucreziane, da Manilio (Astronomica), alla precettistica perfino
grammaticale e metrica di Terenziano Mauro.
I generi prosastici
Storiografia Naturalmente una trattazione seppur sintetica della
letteratura latina condotta secondo il criterio dei generi non pu
prescindere da una analisi, seppur sommaria, delle forme letterarie
di tipo prosastico. Noi qui sinteticamente tracceremo gli itinerari
di questi generi (quelli maggiormente coltivati): storiografia,
retorica-oratoria, filosofia, epistolografia, letteratura
tecnico-scientifica. Alla storiografia romana pi antica si d il
nome di annalistica, per una particolare tecnica compositiva,
mutuata dagli Annales dei pontefici, che prevede una trattazione
delle vicende di Roma anno per anno. Questa prima produzione,
influenzata anche da certe tendenze storiografiche ellenistiche,
che privilegiavano le storie di tipo locale, si serve della lingua
greca, considerata lingua che nobilita la materia e insieme
efficace mezzo di propaganda atto a contrastare una storiografia,
anchessa scritta in greco, di marchio filo-cartaginese. Storici
annalisti come Fabio Pittore e Cincio Alimento precedono la prima
vera e propria storia scritta in prosa latina, le Origines di
Catone, in cui, ancora secondo modelli ellenistici, si indagava
sulle origini e sulle fondazioni di Roma e di altre citt italiche.
Dopo lesempio di Catone la storiografia romana adotta la lingua
latina e da una parte prosegue con limpostazione annalistica ( la
cosiddetta seconda annalistica di Valerio Anziate, Licinio Macro,
Claudio Quadrigario), dallaltra assume come oggetto di trattazione
un argomento cronologicamente ristretto, un periodo limitato o una
vicenda particolare: il cosiddetto genere monografico, inaugurato
da Antipatro, Asellione e Sisenna e poi ripreso, su un piano
artistico nettamente superiore, da Sallustio, lo storico di
Giugurta (Bellum Iugurthinum) e di Catilina (Bellum Catilinae),
scrittore nutrito di densi succhi moralistici e che porta avanti,
anche nello stile, oltre che nel metodo storico, una trattazione di
tipo tucidideo (aemulus Thucididis chiamato Sallustio da Velleio
Patercolo in Historiae 2, 36), tesa a indagare le cause, le
motivazioni profonde degli avvenimenti storici. Ma a fianco del
genere monografico, cha ha in Sallustio il massimo rappresentante,
si coltiver ancora per molto tempo, e con risultati talora di
grande rilievo (si pensi a Tito Livio), una storiografia di respiro
pi vasto, con trattazioni che vanno di nuovo, come nel caso
dellannalistica, dalle origini di Roma fino ai giorni dello
scrittore, ma con ben altra prospettiva critica, o con trattazioni
(si pensi a Tacito) non cos ampie e complete, ma pur sempre tali da
abbracciare periodi di tempo non brevissimi (e molteplici vicende,
non singole come nel caso del genere monografico). Al genere
monografico, accoppiato agli schemi degli hypomnmata (commentari)
ellenistici, si possono peraltro ricondurre i Commentarii cesariani
(Bellum Gallicum e Bellum civile), autobiografie monografiche in
terza persona dedicate a singole vicende (guerra gallica, guerra
civile fra Cesare e Pompeo), mentre Livio e Tacito proseguono una
storiografia di ampio respiro, che, nel caso di Livio, si rif ab
Urbe condita,20 e nel caso di Tacito parte ab excessu
19 Le Georgiche sono in quattro libri (sulla agricoltura, la
arboricoltura, lallevamento del bestiame e lapicoltura).
Lopera di impianto raffinatissimo e mostra la grande dottrina
anche scientifica, oltre che stilistica, dellautore (che non si
rivolgeva certo, con questi versi, ai contadini, ma alllite delle
persone colte). 20
Ben 142 libri per trattare la storia di Roma dagli inizi al 9 a.
C. Ci rimane solo una parte dellopera completa. Il resto lo
possiamo arguire dalle Perochae, brevi sommari di ogni libro
elaborati in epoca tarda.
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divi Augusti per arrivare fino ai tempi dello scrittore21.
Storie entrambe di grande valore scientifico e di somma importanza
artistica, pur negli stili diversi e nella diversa ideologia
politica. Fra Livio e Tacito operano storici minori che coltivano
ora il genere della storia universale (come lantiromano Pompeo
Trogo, compendiato in epoca pi tarda da Giustino), ora quello della
storia ab Urbe condita (Velleio Patercolo, fautore dellimpero
tiberiano) ora quello della trattazione dedicata alla figura di un
grande personaggio (Curzio Rufo, storico di Alessandro Magno, sulla
scia di storici ellenistici come Timagene e Clitarco22). Caratteri
che, uniti al genere pi propriamente biografico, si ritrovano negli
storici successivi a Tacito, da Svetonio, biografo (di tipo
erudito, alessandrineggiante) degli imperatori23, a Floro, storico
ab Urbe condita, agli Scriptores historiae Augustae (vicini nella
struttura alle vite svetoniane), ad Ammiano Marcellino, ultimo
grande storico di Roma, notevole artista che tratta un periodo
assai lungo, dal 96 al 378 d. C24.
Retorica e oratoria Quanto alla retorica oratoria (da intendere
rispettivamente come teoria e come pratica dellarte del dire),
anchessa di derivazione greca, si deve notare, dopo gli inizi
preletterari (incentrati prevalentemente sulla figura di Appio
Claudio), un progressivo adeguamento della prassi alle teorie che
affluiscono dalla Grecia, le quali prevedono la distinzione dei tre
generi di oratoria (iudiciale, deliberativum, demonstrativum, cio
giudiziario, politico, celebrativo), delle parti dellarte oratoria
(inventio, dispositio, elocutio, memoria, actio, cio reperimento
degli argomenti, disposizione di essi nel discorso, forma
espressiva, ricordo di ci che si deve dire, gesticolazione e
mimica), delle parti dellorazione (prooemium, narratio,
demonstratio, peroratio, cio proemio, esposizione del fatto,
argomentazione, perorazione finale). Tutti problemi questi che,
uniti a quello relativo al ruolo delloratore e delloratoria nella
cultura e nella societ romana, si trovano affrontati e variamente
risolti negli scritti retorici latini, inaugurati con la Rhetorica
ad Herennium di Cornifico e il De inventione di Cicerone (inizi del
I secolo a. C.) e proseguiti con altre opere ciceroniane quali De
oratore in tre libri, Brutus e Orator, la prima un dialogo sulle
caratteristiche distintive delloratore e sul ruolo che hanno in lui
ingenium e doctrina (ingegno naturale e studio), la seconda una
specie di storia delloratoria antica, la terza quasi un ritratto
delloratore ideale, con la trattazione, nella parte finale, dei
problemi della prosa ritmica (clausole dei periodi). La
trattatistica retorica ciceroniana, completata da opere pi
tecnicistiche come le Partitiones oratoriae e i Topica, avr una
grande fortuna nei secoli successivi, anche se le condizioni
politico-sociali dellet imperiale romana producono un radicale
cambiamento della pratica oratoria, mettendo a tacere in
particolare la grande oratoria politica del I secolo a. C. e
relegando gran parte di questa disciplina e prassi del dire nella
scuola, ove loratoria si esplica in esercitazioni su temi fittizi
(le suasoriae e le controversiae, discorsi per convincere qualcuno
e discorsi di carattere processuale), vere e proprie preparazioni
per lacquisizione dello stile letterario. La trattatistica
retorica, ancora presente con opere importanti nel I secolo d. C.,
si adegua alla nuova temperie socio-politica e culturale,
fotografando con Seneca il Vcchio la nuova realt dominata
dalloratoria scolastica delle suasorie e delle controversie,
discutendo con acutezza, con il Dialogus de oratoribus attribuito a
Tacito, sul rapporto fra oratoria e poesia e sulle cause della
decadenza dellarte oratoria, procedendo infine, con la
Institutio
21 Negli Annales Tacito tratta il periodo dalla morte di Augusto
(14 d. C.) a quella di Nerone (68 d. C.), nelle Historiae
il periodo successivo fino alla morte di Domiziano (96 d. C.).
Altre opere storiche di Tacito sono la Germania, un testo di
carattere peraltro etnografico, e Agricola, una
biografia-panegirico del suocero di Tacito (in cui non mancano
notizie etnografiche sui Britanni). 22
Nella sue Storie di Alessandro Magno, in 10 libri, non manca, in
adesione alle teorie storiografiche ellenistiche, linsistenza sugli
aspetti romanzeschi e avventurosi. 23
Le sue Vite dei Cesari, in 8 libri, vanno da Giulio Cesare a
Domiziano. Il genere biografico era gi stato coltivato in epoca
cesariana da Cornelio Nepote, amico di Catullo, autore del Liber
sui grandi comandanti stranieri (Milziade, Temistocle, Annibale
ecc.) e del Liber sugli storici latini (ci restano le vite di
Catone e di Attico). 24
A mezzo fra storia, filosofia morale e retorica si colloca
Valerio Massimo del I secolo d. C., autore di 9 libri di Fatti e
detti memorabili, aneddoti e curiosit ricavati da precedenti
storici greci e latini e suddivisi per categorie morali di virt e
vizi, secondo ben 95 rubriche tematiche (religione, patria,
esercito, coraggio, povert, amor coniugale ecc.).
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oratoria (Ammaestramento delloratore) di Quintiliano, ad una
grandiosa sistemazione delle teorie retoriche e stilistiche della
tradizione culturale romana, in funzione prevalentemente pedagogica
e didattica. Quanto alla pratica retorica, vale a dire alloratoria
vera e propria, quanto si ora detto ci fa capire che il periodo di
massimo fulgore stato per essa quello repubblicano, periodo
punteggiato dalla presenza prima di Catone, che scrisse pi di 150
orazioni e che propugn la concezione delloratore quale vir bonus
dicendi peritus (galantuomo esperto nel dire), unidea che anticipa
la visione integrale ciceroniana e anche quella quintilianea, poi
degli oratori a cavallo fra il II e il I secolo a. C. (Licinio
Crasso, Marco Antonio) e di quelli del I secolo a. C. (ad esempio
Ortensio Ortalo), che preludono alla vivissima stagione
delloratoria ciceroniana, autorevole sia nel genere giudiziario25
sia in quello politico, con i due aspetti che vengono spesso a
mescolarsi efficacemente (Cicerone era avvocato e uomo politico),
ma con il secondo che culmina nelle quattro Catilinarie e nelle pi
tarde 14 Filippiche contro Antonio. Oratoria, quella ciceroniana,
che d anche una soluzione equilibrata al problema dibattutissimo
dello stile, ondeggiante fra i poli contrapposti dellatticismo e
dellasianesimo, dallArpinate mediati attraverso una proposta
moderata, quella del cosiddetto stile rodio, e attraverso, fatto
ancor pi importante, la capacit di cambiare stile oratorio a
seconda degli argomenti da trattare e dei vari momenti della
vicenda processuale, sulla scorta di un atteggiamento che era gi
stato in Grecia appannaggio del grande Demostene. Abbiamo gi
accennato al fatto che leloquenza, in et imperiale, declina
irrimediabilmente per ragioni di carattere prevalentemente
socio-politico e che sorge in questepoca la pratica delle
esercitazioni scolastiche declamatorie. Rimane in vita, nella
pratica letteraria, anzi viene coltivato ancor pi di prima, un
genere oratorio ricollegabile al genus demonstrativum, vale a dire
il panegirico, lencomio solenne di certi importanti personaggi,
coltivato da Plinio il Giovane, del quale ci pervenuto un
panegirico a Traiano, primo di una raccolta di 12 panegirici di et
imperiale che sono giunti fino a noi.
Filosofia Quanto al genere filosofico , c da dire che, anche in
questo campo, anzi particolarmente in questo campo, Roma fortemente
debitrice nei confronti della Grecia, quantunque trovi pure qui il
modo, specialmente nel campo della filosofia della politica, di
adattare al terreno nazionale le idee attinte alla cultura
ellenica. Nel campo della trattatistica filosofica non si parler
mai abbastanza dellimportanza della figura di Cicerone, vero e
proprio divulgatore presso i Romani pressoch di tutte le filosofie
e correnti di pensiero greche, da lui studiate con zelo prodigioso
e in un periodo di tempo molto ristretto, gli ultimi dieci anni
della sua vita. Caratterizzate da un proverbiale eclettismo (con
utilizzazione e recupero di quanto c di valido un po in tutte le
filosofie elleniche, ad eccezione del vituperato epicureismo), le
opere filosofiche di Cicerone dal punto di vista della struttura
espositiva si adeguano per lo pi al genere del dialogo (di tipo
aristotelico, pi che platonico, cio con lunghi tratti di pura
esposizione). Svariati i temi trattati: la felicit umana (De
finibus bonorum et malorum, Tusculanae disputationes), i doveri (De
officiis), la natura degli dei (De natura deorum), la costituzione
statale e le leggi (De republica, De legibus). Molta fortuna hanno
avuto trattati pi ridotti come il De senectute, sulla vecchiaia, e
il De amicitia, sullamicizia. Di diverso impiego il titolo di
Dialoghi dato alle opere filosofiche di Seneca, chiamate cos
(titolo gi noto a Quintiliano) perch ragionamenti, argomentazioni
su varie problematiche filosofiche, secondo un senso ben
documentato della parola greca dilogos e del verbo dialgomai, tutte
in genere connesse con la filosofia stoica, con lo stoicismo di
Posidonio e di Panezio. Anche in questo caso svariati i temi
trattati: le passioni umane (De ira), la felicit umana (De vita
beata), il problema del tempo e di
25 Numerose le orazioni che ci restano, sia di accusa (il titolo
prevede in + accusativo) sia di difesa (pro + ablativo).
Alcuni esempi: In Verrem (contro Verre, rapace governatore della
Sicilia), Pro Caelio, Pro Archia (in difesa del poeta Archia), Pro
Milone.
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come impiegare la vita (De brevitate vitae, De tranquillitate
animi), i benefici (De beneficiis), la clemenza dei governanti (De
clementia) ecc. A temi filosofici, in un contesto di carattere pi
personale e biografico, sono dedicate anche le Epistole a Lucilio.
Su queste due grandi figure, Cicerone e Seneca, si regge la
filosofia romana come genere prosastico coltivato con una grande
autorevolezza stilistica, che ha fatto scuola nei secoli.
Epistolografia Quanto allepistolografia occorre intanto
distinguere fra epistole in versi ed epistole in prosa. Entrambe
erano gi presenti in ambito culturale greco anche se con connotati
diversi, di maggiore letterariet. Basti qui ricordare le Lettere di
Platone, nelle quali il grande filosofo professa le sue idee
politiche, o le lettere, pi tarde, di Epicuro, a carattere
filosofico, o le lettere di Dionigi di Alicarnasso, di tipo
critico-letterario. Un genere letterario quindi, attraverso cui
viene data maggiore scorrevolezza e naturalezza discorsiva alla
trattazione di temi importanti, filosofici o politici o letterari.
Anche le epistole poetiche, genere ancor pi letterario del
precedente, erano presenti nel mondo culturale greco, specialmente
in quello ellenistico, ma assumono in epoca romana (e
particolarmente in et augustea) unimportanza notevole, dovuta forse
anche al ruolo non indifferente che lepistola aveva nelle scuole di
retorica come strumento di esercitazione stilistica ed etopeica
(cio per la descrizione dei caratteri delle persone). Da svariate
motivazioni scaturiscono cos le Epistole di Orazio, per lo pi
bonarie, umanissime considerazioni di vita, ma in certi casi (II
libro) trattazioni in forma epistolare di problemi
critico-letterari (si pensi alla celeberrima Ars poetica), e le
Epistulae ex Ponto e le Heroides di Ovidio, queste ultime di
tuttaltro genere, quasi esercitazioni retoriche sullo schema delle
suasoriae. Lepistolografia prosastica invece ondeggia fra la
produzione (un vero e proprio unicum nellantichit classica) di
Cicerone, specchio immediato dellanimo dello scrittore, anche perch
si tratta di lettere spontanee, genuine, non destinate alla
pubblicazione26, le lettere di Plinio il Giovane27, esemplate sulle
lettere di Cicerone, ma animate da intenti di pi scoperta
letterariet (si pensi alla lingua, che il sermo familiaris in
Cicerone ed invece una lingua pi ricercata e urbana in Plinio) e
destinate alla pubblicazione, e le lettere di Seneca, il quale
nelle sue Epistole a Lucilio si serve della forma epistolare come
di un semplice pretesto letterario per comunicare con tutti gli
uomini su argomenti di vita morale.
Trattazioni scientifiche Il campo delle trattazioni scientifiche
nellantica Roma ricco di contributi di vario genere. Seguendo anche
in questo caso le vie gi tracciate dalla cultura greca, si va dalle
opere enciclopediche, veri e propri compendi dello scibile umano,
come la Naturalis historia di Plinio il Vecchio (ben 37 libri
dedicati a cosmografia, geografia, antropologia, zoologia,
botanica, erboristeria, mineralogia) che ha avuto immensa fortuna
specialmente nel Medioevo, a opere di carattere pi specifico e
monografico, dedicate a scienze particolari, i cui autori sono
Celso (medicina), Vitruvio (architettura), Pomponio Mela
(geografia), Columella (agronomia), Frontino (idraulica e
approvvigionamento idrico), Apicio (gastronomia). Nel I secolo d.
C. ai fenomeni atmosferici, sismici e celesti dedica le sue
Naturales quaestiones Seneca, mentre in epoca repubblicana un
grande enciclopedista era stato Varrone, che aveva per coltivato i
suoi svariati interessi in opere distinte, non in un tutto unico
come avrebbe fatto Plinio. Di Varrone ci restano i tre libri della
sua trattazione di agricoltura (Res rusticae), che si pu in certo
modo ricollegare ad un precedente trattato di agricoltura, anchesso
giunto fino a noi, di Marco Porcio Catone (II secolo a. C.). C da
dire che da un punto di vista linguistico e stilistico queste opere
di carattere tecnico, essendo pi interessate alla materia da
trattare che al come trattarla, sono in genere poco attente ai
26 Sono le lettere allamico Attico, ai familiari, al fratello
Quinto e a Marco Bruto (784 epistole di Cicerone e 90 dei
suoi corrispondenti). 27
Si tratta di 9 libri di lettere a vari destinatari, cui si
aggiunge un decimo libro contenente il carteggio fra Plinio e
limperatore Traiano, al tempo in cui lo scrittore fu governatore
della Bitinia (dal 111 al 113 d. C.).
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lenocini e alle piacevolezze della prosa letteraria,
avvicinandosi per pi versi al livello del linguaggio popolare.
Romanzo Questo genere, anchesso di mutuazione greca, non ha
avuto molta fortuna a Roma ed rappresentato, possiamo dire, da
ununica opera, seppur di grande rilevo artistico, vale a dire da
LAsino doro (o Metamorfosi) di Apuleio. Il romanzo in Grecia un
genere che si affermato tardi, solo in epoca imperiale romana
(Caritone, Achille Tazio, Longo Sofista), anche se alcune matrici
sono reperibili nellet alessandrina (racconti romanzati su
Alessandro Magno e narrazioni amorose novellistiche, trattate anche
in poesia). Il precedente del Satyricon di Petronio non da
ascrivere propriamente al genere del romanzo, anche se del romanzo
presente il gusto per lavventura da parte dei protagonisti. Ma ben
pi forti, nella struttura del testo di Petronio, sono i richiami
alla Satira menippea (mescolanza di prosa e versi) e alla Favola
milesia (carattere licenzioso e osceno di molti episodi). L Asino
doro di Apuleio un romanzo a pi facce. Da una parte narra le
mirabolanti avventure (spesso anche licenziose, secondo gli schemi
della sopra citata Favola milesia) del protagonista Lucio, in cui
lautore incarna se stesso. Costui, curiosissimo di arti magiche,
tenta un esperimento mal riuscito e viene trasformato in asino
prima della ritrasformazione finale in essere umano, grazie al
culto per la dea Iside. A questo filone principale si intrecciano
plurimi episodi di genere per lo pi comico e di carattere quasi
pre-boccaccesco ma anche di tipo tragico o tragicomico (con morti e
uccisioni) o di carattere sublimemente simbolico (la bellissima
novella di Amore e Psiche). Dallaltra il testo apuleiano pu essere
valutato come romanzo di formazione, che documenta il passaggio del
protagonista da uno stadio istintivo e bestiale ad una situazione
superiore, di chiarezza intellettuale e di serenit spirituale. Lo
stile di grande interesse, grazie allimpiego di una lingua
ricchissima di termini (anche nuovi, inventati da Apuleio), di
diminutivi, di arcaismi, di grecismi, e appoggiata a schemi
retorici molto raffinati, su cui domina il parallelismo delle
frasi.