STORIA DEI BARNABITI NEL XVIII SECOLO
PAGE 1
STORIA DEI BARNABITI NEL XVIII SECOLOIl primo di una lunghissima
serie di Vescovi BarnabitiSANTALESSANDRO SAULI
BARNABITA (1534-1592)VESCOVO DI ALERIA IN CORSICA E DI PAVIA
Santu LisandruAlessandro nacque il 15 febbraio 1534, quattro
anni prima di San Carlo Borromeo le loro vicende si intrecceranno
indissolubilmente dallottima, aristocratica famiglia milanese dei
Sauli. Crebbe in fretta, anche fisicamente, in altezza e nella
corporatura che si fece presto massiccia, celando bene agli sguardi
superficiali il suo vero stato di salute, allopposto cagionevole.
Fin da piccolo rivel quella fermezza di carattere e quella nobilt
danimo che parevano fluire armoniosamente dallo sguardo profondo
dei suoi occhi azzurri e vivaci, incastonati tra i folti capelli di
giovent, biondissimi: piccolo indizio, anche questo, di una
particolare distinzione di tratto e di valore, che a breve egli
riveler al mondo intero con lassunzione coraggiosa dellepiscopato
di Aleria in Corsica, dove fatic pi di tanti altri suoi illustri
contemporanei, correndo come un matto vero campione della Chiesa
post-tridentina verso Dio e verso il prossimo. Per lui lideale
episcopale voluto dal Concilio di Trento divenuto realt,
riconoscer, senza troppi fronzoli, il Proprio della Diocesi di
Aiaccio nelledizione del 1986, confermandoci che il Santo proprio
cos: uno di noi, come noi, ma dal passo pi veloce, in quanto
sospinto dallamore.
La sua storia cominci a intrecciarsi con quella dellOrdine dei
Barnabiti nel giorno in cui lo si sent bussare alla porta della
Casa di San Barnaba in Milano allora in aperta campagna ,
giovanissimo, non ancora diciottenne, fresco di studi, per chiedere
di farsi religioso. Da quel momento non si ferm pi. Abbozzando una
rapidissima panoramica a volo duccello, lo vediamo emettere la
tanto attesa professione religiosa il 29 settembre 1554 e ricevere
lordinazione sacerdotale il 21 marzo 1556, a soli 22 anni
(ottenendo per questo la necessaria dispensa canonica). Nel
febbraio del 1557, come prima destinazione, fu trasferito proprio a
Pavia, dove aveva da poco ultimato i suoi studi giovanili.
Giovane padrino, umilmente si considerava un principiante nella
via di Dio: Con parole non potrei esprimere quanto sia grande la
mia miseria e tiepidezza nel servizio del Signore, ammetteva in
quegli anni; aggiungendo poi un po sconsolato: Non mi vedo buono se
non per guastare lopera del Signore (12 gennaio 1560). Dal
carattere particolarmente riflessivo, Alessandro non osava guardare
troppo in alto, riconoscendo la sua pochezza interiore, che per
voleva superare a ogni costo! Per questo prediligeva gli studi e la
loro fatica, e, grazie a una fine intelligenza e ad uninvidiabile
metodica chiarezza desposizione, sal nel 1562 sullambita cattedra
di Filosofia dellUniversit di Pavia, dove poi si laure in Teologia
il 28 maggio 1563 (anno in cui Carlo Borromeo veniva ordinato prete
e vescovo, e, lanno successivo, arcivescovo di Milano). Ma non ne
fece particolare motivo di orgoglio, anzi, ne avvertiva tutto il
peso. Cos, quando il celebre prof. Filippo Zaffiro gli chiese si
sostituirlo allUniversit, subito, schermendosi per non sentirsene
allaltezza, il 6 marzo 1562 ribad con tono vibrante ma fermo che
non era Uomo suo da poter disporre n in questo n in altro,
dipendendo dalla Santa Obbedienza. N dimentic, una volta cominciate
quelle lezioni, di ringraziare i suoi confratelli per le loro
preghiere, essendomi, dice, per mezzo di quelle riuscito il negozio
delle lezioni meglio di quanto aspettavo.
La solida piet e il suo innato desiderio di nascondimento e di
distacco dalle vanit del mondo, gli permisero di abbandonare senza
troppi rimpianti lamato insegnamento, dimostrando uninvidiabile
libert danimo quando fu eletto tra la sorpresa di tutti Proposito
Generale della sua Congregazione, il 9 aprile 1567; confermata
appena tre anni pi tardi, quando, consacrato vescovo nel Duomo di
Milano per essere destinato a quellaspra montagna nel mare che la
Corsica, non esit a lasciare gli amati studi per dedicarsi
completamente alle fatiche dellazione apostolica, iniziando un
digiuno intellettuale che si protrarr per pi di un ventennio. Ne
risentir una volta richiamato, nellultimo scorcio della vita contro
la sua volont , nella dotta Pavia. Ma quel cruccio iniziale era
stato via via alleviato dalla conoscenza della ben pi alta e
sublime scienza dei segreti di Dio, che, se poteva apparire ben
poca cosa ai suoi illustri contemporanei, che lo volevano a Pavia
proprio in quanto ritenuto sprecato in Corsica, lo aveva invece
reso felice. La morte lo colse fedele ancora una volta al suo umile
posto di lavoro, seppur febbricitante, l11 ottobre 1592, a Calosso
dAsti; non al tavolino delle sudate carte, ma sulla strada
polverosa di una delle sue tante, faticose visite pastorali, mentre
si spingeva fino agli estremi lembi della sua diocesi di Pavia.
La Chiesa riconoscente, dopo averlo fatto proclamare beato il 23
aprile 1741 per opera di Benedetto XIV, riconobbe la sua santit
elevandolo agli onori degli altari ad opera di S. Pio X l11
dicembre 1904, assieme al redentorista Gerardo Maiella. Da allora
in Corsica fu chiamato Santu Lisandru. E fu dichiarato patrono
degli studi e degli studenti barnabiti. Le sue spoglie mortali oggi
riposano nella magnifica cappella fatta costruire dai fratelli Pio
e Angelo Bellingeri nel Duomo di Pavia.
I primi passi
Cos, quando il giovane aristocratico Alessandro, terminati gli
studi a Pavia, protrattisi dal 1547 al 1551, si affacci,
elegantemente vestito, a San Barnaba, gi i Padri sapevano tutto di
lui. Nella prima delle tre domande di uso, presentata il 22 aprile
1551 davanti al loro Capitolo, richiesto su che cosa lavesse spinto
a muovere tale passo, tutto dun fiato rispose: Poter onorare
perfettamente Ges Cristo, il che non potevo fare cos facilmente
stando nel secolo. Gi da un anno gli era nato, infatti, questo
nobile desiderio e non sembrava importargli molto se la
Congregazione era in quel tempo poverissima, dal momento che era
venuto solo per rilasciarsi tutto in mano dellubbidienza e per non
aver mai alcuna comodit n del corpo n dellanima. Umilmente
riconosceva che la cosa che riteneva pi difficile fra quei
venerandi Padri era lalzarsi presto al mattino, il rimanere tanto
tempo nellorazione mentale e il leggere quei libri sullobbedienza;
avrebbe preferito dedicarsi a lavori pratici, come il cucire, dopo
aver per studiato almeno un paio dore.
Presentata anche la terza domanda il 16 maggio di quel medesimo
anno, i Padri preferirono congedarlo ancora una volta, perch, data
la sua giovane et e il suo prestigioso rango sociale, temevano che
la sua decisione non fosse ben ponderata, ma il classico fuoco di
paglia! E lui, determinato pi che mai, allindomani, 17 maggio 1551,
non dandosi per vinto, si ripresent esigendo la dovuta risposta.
Presi in contropiede, nellagitazione del momento, i Padri non
trovarono di meglio che chiedergli ci che mai si era chiesto ad
alcun postulante prima di lui: recarsi nella non proprio vicina
Piazza dei Mercanti a predicare Cristo Crocifisso, portando sulle
spalle quella pesante croce che ancor oggi si conserva in San
Barnaba. Lo fece, e la sua strada fu segnata per sempre! Da quel
momento entr nei cuori e nelle speranze di tutti, per aver vinto,
piccolo Davide, il gigante Golia della stima di s, in quella
traboccante Piazza dove non pochi popolani, che lo conoscevano
bene, lo avevano allegramente schernito, iniziando cos quellazione
di riforma che, grazie al fascino della sua sapienza e al calore
della sua carit, avrebbe presto affascinato i suoi contemporanei. E
con un gesto dal francescano sapore, levatasi la spada et il
pugnale, mand larmi per il suo servitore al padre, con
significargli che voleva per ogni modo esser religioso. Se sapeste
quanto mi chiedete! sospir proprio suo padre, Domenico, mentre i
Barnabiti accoglievano il suo figliolo a San Barnaba dopo che aveva
portato quella croce, e che tanto si erano mostrati ritrosi ad
unire le incerte vicende delle loro origini a quelle della sua
Casata, tanto illustre, influente, ricca di storia e di prestigio,
in Milano e non solo.
Il momento storico nel quale si dibatteva la Congregazione dei
Chierici Regolari di San Paolo, era infatti difficile, trovandosi
nel bel mezzo di un improvviso temporale scoppiato con il bando
dalle terre della Repubblica di Venezia nel febbraio 1551, dopo
essersi tanto prodigati con impegno e frutto pastorale a Vicenza,
Verona e Venezia, unitamente al ramo femminile dellOrdine, le
Angeliche di San Paolo, e a quello dei laici, il Terzo Collegio,
voluti entrambi dal Fondatore, S. Antonio M. Zaccaria (1502-1539).
Quel bando era forse presagio del fulmine che sarebbe caduto fra
poco su San Barnaba a causa della presenza di un Visitatore
apostolico, nella persona di mons. Marini. Questultimo, dopo aver
parlato con tutti i religiosi circa la sincerit delle loro
intenzioni, rivolgendosi infine anche a quel giovane novizio di
nome Alessandro, con sorpresa si sent da lui dire che non se ne
sarebbe andato, ma che ci sarebbe rimasto sperando che il tutto si
debba indrizzare. Il saper mirare giusto
Frequentando i barnabiti, aveva scoperto che essi miravano
giusto, puntando al rinnegamento di se stessi mediante la rinuncia
alla propria volont: giustappunto quello che Cristo chiede per
seguirlo.
Iniziato il Noviziato triennale il 15 agosto 1551, Alessandro
non perse quella sua innata spigliatezza e libert danimo, che lo
portava a staccarsi dai condizionamenti del mondo, critico e nel
contempo riflessivo, spingendolo verso la ricerca di quelle radici
delle cose che illuminano lautenticit delle azioni e la verit degli
avvenimenti. Per questo, nonostante non approvasse nei Barnabiti
quel continuo genuflettere davanti al Superiore, quellinterminabile
pregare o quellintenso faticare nei lavori di casa, aveva trovato
lideale per il quale valeva la pena di spendere la propria vita. Lo
rivel pubblicamente il giorno della sua professione religiosa, il
29 settembre 1554, con quella stupenda preghiera uscitagli di getto
dal cuore: Esto mihi totus, totus mihi soli. Ero tibi totus, totus
tibi soli (Sii tutto per me, tutto per me solo. Sar tutto per te,
tutto per te solo). Questa risoluta dichiarazione dintenti verr
subito messa alla prova.Quando lo assegnarono allaiuto dei
sacrestani, chiese e ottenne lincarico di svegliare la Comunit
affinch, grazie al suo alto senso di responsabilit, vincesse la sua
nota pigrizia mattutina; e per superare la sua riservatezza, chiese
di essere adibito, come aiutante, alla portineria, luogo di
passaggio che gli permetteva il contatto umano con le persone di
ogni ceto sociale, affinando cos la sua nota amabilit. Infine, per
superare il suo smodato desiderio di studio, decise tenere in
camera un solo libro per volta. Sacrificio non da poco, visto
linizio del suo intenso studio dei Padri, della Sacra Scrittura e
in particolare della Summa di San Tommaso, che si racconta arriv a
sapere tutta a memoria. La descrizione di questo giovane novizio
redatta nel verbale di un Capitolo di comunit dell8 maggio 1552, ce
lo rivela particolarmente simpatico, nei suoi difetti e nelle sue
virt: Gli furono richiamate molte sue imperfezioni, come la poca
riverenza dimostrata al sacramento nel fare i lavori in Chiesa e la
molta inettitudine nei lavori della sacrestia, la poca riverenza ai
sacerdoti di casa, il suo studio instabile e curioso pigliando mo
un libro e mo un altro, il suo spirito borghese, la sua tiepidezza,
il suo troppo presumersi nello studio, e molte altre cose: gli fu
ordinato di scriverle tutte e di portarle al suo Maestro, cercando
con ogni diligenza di emendarsi.
Novello sacerdote
Una volta ordinato sacerdote, essendo il pi giovane (i Barnabiti
fino a allora avevano accettato persone gi mature e
professionalmente affermate) e bisognoso di esperienza pastorale,
fu inviato nella nuova comunit di Santa Maria di Canepanova, che si
trovava vicino allUniversit di Pavia che il padrino ben conosceva,
e dove, poco dopo, incominci a insegnare, pur con grande titubanza
dei suoi Superiori, non possedendo egli i titoli per un suo
inserimento a tempo pieno. Tale ritrosia alla fine venne superata,
e Alessandro si qualific anche accademicamente, conseguendo la
laurea il 28 maggio 1563 e venendo subito cooptato nel collegio dei
Professori della Facolt di Teologia. Pur insegnando con competenza
e passione, padre Alessandro ebbe lumilt di declinare linvito ad
assumere una cattedra stabile e rimunerata di Filosofia Ordinaria,
sia perch particolarmente impegnato nella scuola interna del
proprio Ordine, sia perch era al servizio del Vescovo di Pavia,
Ippolito de Rossi, che ne aveva fatto uno dei suoi pi validi
collaboratori come teologo e socio nelle visite pastorali.
E anche come teologo non disdegn di manifestare la sua libert di
pensiero. Per esempio, si rifiut di sottoscrivere una dichiarazione
come gi avevano fatto altri tre teologi del suo collegio riguardo
al Vescovo di Brescia, perch non sufficientemente chiara, mandando
a dire al suo Vescovo che in ogni cosa gli era servitore, fuori che
dove andava la coscienza. Sempre di mente lucidissima, in poche
parole sapeva esprimere chiaramente il suo pensiero su ogni
argomento, anche il pi complesso. Per questo collabor anche a
distanza con San Carlo Borromeo, partecipando nel 1564 al primo
Sinodo milanese e al primo Concilio provinciale. Lanno successivo
fece ritorno a Milano.
Giovane Proposito GeneraleQualcosa era infatti nellaria! A soli
33 anni, nellaprile del 1567, fra lo stupore di molti e prima ancor
di lui stesso, fu eletto Generale dellOrdine dei Barnabiti. Proprio
non se la sentiva di accettare quella carica tanto impegnativa,
anche solo al pensiero di dover comandare a quei Padri venerandi;
ma non pot rifiutarsi quando gli venne ricordato che chi viene
eletto o confermato, entri nella sua gestione rivestito non tanto
del manto dellumilt, quanto piuttosto del manto della carit!
Lopera del Sauli nel governo dellOrdine fu improntata anzitutto
alla rivisitazione dello spirito delle origini ancora verde dando
un notevole contributo al definitivo assestamento della
Congregazione. Dopo la gi accennata visita apostolica del 1552 che
aveva visto sia ricondurre i Barnabiti nellalveo proprio della vita
religiosa del tempo, sia le Angeliche in clausura, sia giudicare i
Laici di San Paolo non ancora maturi per lapostolato diretto , egli
seppe guidare la Congregazione nel delicato processo di adeguamento
ai Decreti tridentini, che sfoci poi felicemente nelle Costituzioni
del 1579, rimaste in vigore fino al Concilio Vaticano II.
Era luomo che ci voleva il quel momento! Il suo buon governo lo
fece rieleggere per un secondo mandato il 6 maggio 1568, potendo
cos continuare il lavoro non ancora terminato. Fu nuovamente
rieletto Proposito Generale lanno successivo 1569. Uomo dalle
chiare vedute, nel suo triennio di generalato ebbe modo anche di
occuparsi delle suore Angeliche allora residenti nel monastero di
San Paolo, tenendo loro diversi Sermoni che ancora si conservano, e
intervenendo per sedare quel rancore che ancora vi covava nei
confronti della Contessa di Guastalla, Ludovica Torelli (1499-1569)
che, quando le aveva lasciate nel 1554, si era portata via tutti i
capitali, anche quelli legati legalmente alla dotazione del loro
monastero. Pazientemente padre Alessandro insegn loro a superare la
durezza di cuore: Bisogna adonque amollirlo, questo cuore; il che
ce lo insegna la natura, che non di pietra, non di ferro, non di
diamante, ma di carne ci ha fatto questo cuore Non per vi pensate
esser nostra virt lintenerirlo, ma operation di Dio. E sistem anche
la parte giuridica della vertenza.
Ma Sauli divent soprattutto un grande amico e collaboratore del
Borromeo, che particolarmente aveva apprezzato, tra laltro, il
lavoro da lui svolto nel 1566 per la riforma dei Francescani
Conventuali, prima, e degli Umiliati, dopo. Lo volle suo
confessore, e am frequentare mensilmente San Barnaba, certo non
solo per un momento di ritiro spirituale. Lo chiamava in episcopio
per ogni cosa, dichiarando: Del suo prudente consiglio mi valgo
quasi in ogni occasione, tanto da far irritare qualche confratello,
che vedeva il proprio Proposito Generale diventato quasi il
segretario del Vescovo! Cos, mentre il Sauli ammirava nel Borromeo
il suo rigore di vita e la mano ferma nel governare la Diocesi,
lArcivescovo di Milano gustava nel giovane barnabita la schiettezza
della sua direzione spirituale, che sapeva illuminare con la luce
della sapienza divina le pieghe pi intime dellanimo umano.Vescovo
di Aleria
Il generalato del Sauli rappresent un momento di vera rinascita
dellOrdine, che usc cos dal disorientamento provocato dal bando
dalle terre venete nel 1551, grazie anche al grande contributo di
San Carlo Borromeo, che tanto amava i Barnabiti: Voi sapete
scriveva allOrmaneto quanto grande il servizio che il Signore Iddio
riceve in questa mia Chiesa dai Padri di San Barnaba, e quale la
protezione che ne tengo io per la vita incolpata e i santi esercizi
loro. Si comprende pertanto il grande sgomento che colse i
Barnabiti quando se lo videro portare via come Vescovo. Lo stesso
San Carlo, che li conosceva bene, intercedette per loro scrivendo
direttamente al Papa Pio V: Non posso mancare di sottoporre a Sua
Santit laffanno grande in cui si trovano i Padri di San Barnaba,
per il danno grande che con la perdita di questuomo verr alla loro
Congregazione, la quale ora dipende dal suo prudente governo ed
aiutata assai dalla sua dottrina, nella quale per dire il vero egli
non ha uguale. Ma nulla poteva fermare la volont di Dio, che
attraverso il suo Vicario in terra ricercava fra gli Ordini
religiosi uomini degni da elevare allepiscopato. Alla morte di Pier
Francesco Pallavicini, Vescovo di Aleria, il Pontefice Pio V pose
gli occhi proprio sul Sauli come suo capace successore in quella
non facile diocesi della Corsica: una delle pi sguarnite della
Chiesa, con isolani imbarbariti dalle guerre, e il cui solo nome
faceva venire la pelle doca! Non conosciamo i motivi della sua
scelta, dal momento che il Papa probabilmente lo aveva incontrato
solo di sfuggita a Milano. Ma quello che pi importa che egli
nutriva una smisurata fiducia in lui, come testimonia il cardinale
Cicada scrivendo al Doge di Genova il 27 gennaio 1570: Mi disse
ieri Sua Santit istessa, tutta piena di speranza, che con la virt
di questo buon Prelato si debbe introdurre in quellisola la
dottrina cristiana, a lode di Dio et benefizio di quellanime.
Alessandro, nel gennaio del 1570, cominci cos a prepararsi al
difficile compito che lo attendeva chiudendosi in ritiro spirituale
nella Certosa di Caregnano assieme al Borromeo, chiedendo a Dio la
forza di pigliar volentieri questa croce per amor suo. Poco dopo
scriveva preoccupato a suo padre Domenico: Le fatiche nelle quali
sono stato sino a qui come Proposito Generale mi paiono al presente
rose, in comparatione di quelle che comincio a provare come
Vescovo. Fu consacrato vescovo nel Duomo di Milano il 12 marzo 1570
dallo stesso arcivescovo Carlo Borromeo che gli prest pure i
paramenti sacri (poi regalati), assistito dal vescovo di Pavia
mons. Ippolito de Rossi e dal vescovo di Bergamo Federico Corner.
In quellimportante occasione lo si sent sbottare in una delle tante
espressioni della sua ingenua spontaneit: Dio perdoni chi mha
levato dalla mia Congregazione!
Ma non cera tempo da perdere! Egli doveva essere desempio sia
per lattuazione dellobbligo di residenza dei Vescovi stabilito dal
Concilio di Trento, sia per la dedizione allincarico ricevuto; per
questo il Papa volle che con lui partissero subito anche una mezza
dozzina di suoi confratelli che lo coadiuvassero nellazione
pastorale. Un po troppi, per i Barnabiti di allora, che comunque
riuscirono a inviare tre padri: Vincenzo Corti, Tommaso Gambali e
Francesco Stauli, assieme al fratello Giovanni Battista. Cos,
salutato lanziano padre a Pavia che pi non avrebbe rivisto, il 29
marzo, dal porto di Genova si imbarc verso il suo destino.
Apostolo della Corsica
Nella lenta traversata mons. Alessandro avr certo avuto modo di
riflettere sul perch gi da tempo i genovesi fossero odiati dai
corsi, e come mai tale sentimento era aumentato quando, verso la
met del Cinquecento, Enrico II aveva ripreso le ostilit francesi
contro limperatore Carlo V. Il conflitto si era ben presto
allargato anche alla Corsica, quando nel 1553 la Francia, con
laiuto del Gran Turco e di un rivoluzionario locale, chiamato
Sampiero, aveva occupato lisola. Genova non attese molto alla sua
riscossa, e nel 1555 Andrea Doria la riconquist. Ma gli abitanti,
guidati da Sampiero, iniziarono una logorante sanguinosa
guerriglia. La reazione del Doria fu violentissima, fin quasi al
genocidio degli ingovernabili corsi. Grazie alla mediazione del
Vescovo Gerolamo Leoni e dei Francescani di Mariana (altra diocesi
della Corsica), si trov provvidenzialmente una via diplomatica e i
ribelli poterono imbarcarsi quasi trionfalmente per la Francia,
lasciandosi dietro un cumulo di macerie materiali e spirituali.
Il 30 aprile 1570 mons. Alessandro sbarc in Corsica allora
suddivisa in cinque Diocesi: Aleria, Aiaccio e Sagona, suffraganee
di Pisa; Mariana e Nebbio, suffraganee di Genova, anche se
abbandonate per ragioni di sicurezza assieme ai suoi quattro
confratelli, pi di lui di debole complessione. Trov la cattedrale
distrutta, lepiscopio che era stato il quartiere generale di
Sampiero ridotto a un mucchio di macerie, le case di Aleria
danneggiate, la ricca pianura abbandonata allincuria del tempo e
degli uomini. Alzando lo sguardo scorgeva invece lintatto e
minaccioso forte genovese, che ospitava una guarnigione di
soldati.
Non sapendo dove fissare la sua residenza, fu costretto a
chiedere ospitalit al convento francescano di Corte, a 40 miglia da
Bastia, dove per i frati gli fecero presto capire che la sua
presenza creava disagio alla vita regolare del convento, anche
perch per andare a incontrarlo, nelle due piccole stanzette
assegnategli, bisognava passare attraverso il refettorio! Il 18
maggio 1570 scriveva al Borromeo: La avviso come, giunto a Bastia,
fui forzato a fermarmi per dieci giorni per poter fare le debite
provvisioni necessarie al vitto quotidiano, e in quel tempo fui
visitato da gran parte dei preti della mia diocesi, dove non ne ho
ritrovato alcuno che intenda il latino; molti non sanno neanche
leggere. Quali siano i loro costumi, lo lascio alla considerazione
di Vostra Signoria Illustrissima, essendoci state in Corsica tante
guerre per cos tanto tempo, e i vescovi non residenti; e il mio
vescovado, in particolare, fu stanza e abitazione di Sampiero
Corso, dove regnavano pi i tumulti e le sevizie che in qualsiasi
parte dellisola. Limpatto fu dunque particolarmente duro: Iddio me
inspirer alla giornata amava ripetere. Cos, ancor prima di pensare
alla sua residenza, prefer occuparsi subito del suo gregge,
rivelando tutto il suo spirito missionario.
La popolazione locale, infatti, era costituita da uomini fieri e
indomiti tanto inclinati allo spargimento di sangue. Povera e
superstiziosa, ma anche orgogliosa e dotata di un discutibile senso
dellonore, era spinta a sbandierare alle finestre i brandelli degli
abiti insanguinati dei nemici uccisi o a voler maritare i figli
ancor prima della loro nascita, creando vere tragedie familiari
poi, se il matrimonio, per varie ragioni, non veniva pi celebrato.
Ma quello che maggiormente si avvertiva era il pesante clima di
sospetto e di omert che avvolgeva ogni cosa. Anche se gli isolani
erano alquanto rustici, meglio selvaggi, si distinguevano comunque
per coraggio, sobriet, resistenza, laboriosit, alto senso della
giustizia, ma soprattutto per uninsospettabile ortodossia della
fede, che il vescovo Alessandro, pieno di gioia, subito non manc di
constatare: In questa mia prima venuta ho sentito molta allegrezza,
perch ho conosciuto in questi popoli sebbene un poco rozzi una pura
integrit di religione, non infettata da alcuna eresia. E come di
cosa miracolosa, in cos grande colluvie e licenziosit di gente
passata qui per le guerre, se ne deve rendere molte grazie al
Signore Iddio.
Grazie alla sua lucidit mentale, che gli suggeriva di rispettare
la prudente consequenzialit del vedere, giudicare e agire, si
propose di conoscere anzitutto la situazione della sua Diocesi, e
per questo incominci subito da un lato le visite pastorali (come
indicato dal Concilio di Trento) per tastare il polso del suo clero
e del suo gregge, dallaltro a indire la celebrazione annuale del
Sinodo (anche qui, come prescritto dalla XXIV Sessione tridentina),
durante il quale approfittava di questi giorni [tre] per vivere
cuore a cuore coi suoi preti, che invitava chi voleva a vivere con
s a sue spese. Mangiava con loro, conversava molto con ciascuno, si
espandeva con grande carit. Per istruirli, intavolava spesso dei
casi di coscienza, ripassando con loro formule liturgiche, punti di
dottrina dogmatica o morale, documenti conciliari ed ecclesiastici.
Terminato il Sinodo, molti preti dovevano affrontare un viaggio di
ritorno lungo e faticoso: allora egli preparava loro e ai laici che
li accompagnavano un viatico abbondante, prestava loro i cavalli,
faceva riempire di vino le loro zucchette, dava quanto poteva
essere utile nel viaggio. E si pensi che al Sinodo partecipavano pi
di cento preti, senza contare i laici della loro scorta.
Ma le sue vere armi vincenti furono le visite pastorali. Grazie
ad esse, i suoi preti cominciarono a constatare, seppur non tutti,
che tali visite (vi andava in compagnia di due Padri, un
cancelliere, un segretario e un palafreniere) andavano ben al di l
del puro dovere pastorale, diventando espressione di quellanelito
missionario che esaltava il suo grande spirito di sacrificio, e non
solo per le fatiche estenuanti che comportavano, ma soprattutto per
lattivit di evangelizzazione da lui svolta, rivolta a tutti, specie
ai bambini e alle persone pi semplici, come ai numerosi e poveri
braccianti; per questo merit il giusto riconoscimento di Apostolo
della Corsica, degno titolo per un pastore di Santa Romana
Chiesa.
Egli, infatti, non si risparmi nel dedicarsi alle visite
pastorali, vera croce e delizia del suo ministero episcopale: Se
avessi una citt, o luogo grosso, non mi smarrirei, ma lavere se non
piccole villette, mi fa disperare di poter operare. Perch il
cavalcare difficilissimo, essendo montagne asprissime; e poi,
quando si arrivati, non c da dormire e mangiare, se non
scomodamente. Si spostava fra mille difficolt, a schiena di mulo,
valicando corsi dacqua e passi impervi, tra gole profonde e ripidi
sentieri scavati nella roccia, spesso, come attestano i Processi
apostolici, costretto a camminare anche a gattoni. E quando
arrivava, messosi in ginocchio, riceveva dal parroco la croce, e,
dopo aver pregato silenziosamente, benediceva i suoi fedeli,
celebrava e amministrava i sacramenti, controllava la gestione
parrocchiale. Nulla accettava in cambio; anzi, se la sua permanenza
si protraeva oltre la giornata, provvedeva personalmente alle spese
proprie e dei suoi collaboratori: Niuna cosa amava ripetere pu
macchiare il servizio di Dio nella salute delle anime, quanto il
sospetto dellavarizia, perch quando esso entra nei popoli verso i
prelati, anche se questi facessero miracoli, non vengono creduti.
Un tempo ricco, in virt del voto di povert emesso tra i suoi
confratelli Barnabiti, che tanto continuava ad amare, non poteva
evidentemente non privilegiare le opere di carit fra quei poveri
corsi, ai quali ogni casa, bench piccola, pare un palazzo.
Azione pastorale a tutto campo
Nella sua azione pastorale privilegi le due indicazioni emerse
con chiarezza dal Concilio di Trento. La prima riguardava
linsegnamento del catechismo. Per questo stamp infinite volte il
suo catechismo Breve istruzione delle cose pi necessarie alla
salvezza, che diffondeva gratuitamente, in migliaia di esemplari;
era chiamato la Duttrinella, ed educ intere generazioni di corsi.
Diviso in due parti (una dogmatica e laltra morale) si articolava
in domande e risposte, brevissime e chiarissime, come era nel suo
stile. Veniva poi imparato a memoria grazie alla ripetizione ad
alta voce, dopo essere stato opportunamente spiegato dai catechisti
o dagli stessi seminaristi. Esempio Chi sei tu? Risposta: Sono
cristiano. Domanda: Che significa questo nome di cristiano?
Risposta: Discepolo di Nostro Signore Ges Cristo: cio colui che,
essendo battezzato, crede e fa professione di osservare la sua
Santa Legge. Domanda: Quali sono le dignit del buon cristiano?
Risposta: La prima, essere figlio di Dio; la seconda, essere
fratello di Nostro Signore Ges Cristo; la terza, essere erede del
Cielo. Domanda: Quale il segno interiore del cristiano? Risposta:
La carit fraterna, cos come insegna il Signore: da questo vi
riconosceranno che sarete miei discepoli se vi amerete insieme come
io vi ho amati, cio sommamente e santamente. Domanda: Quale il
segno esteriore del cristiano? Risposta: Il segno della santa
Croce, ecc. Lo considerava tanto importante che egli stesso non
smise mai dinsegnare il catechismo ai ragazzi, anche quando divent
successivamente Vescovo di Pavia, perch sapeva quanto il Papa ci
teneva; e questo uno degli aspetti certamente pi commoventi della
sua vita, la cui grandezza davanti a Dio spesso inversamente
proporzionale alla grandezza davanti agli uomini! Lo studio del
catechismo non era fine a se stesso, ma doveva aprirsi alla pratica
cristiana in un ambiente favorevole.
Per questo la seconda indicazione che volle seguire riguardava
proprio lo sviluppo delle confraternite, specie del SS. Sacramento,
che istitu in tutte le parrocchie della sua Diocesi. Del resto,
come poteva dimenticarsi che ancora giovane e semplice barnabita,
nella sua piccola comunit di Canepanova, durante la quaresima aveva
strenuamente difeso la comunione frequente da un predicatore della
vicina chiesa di S. Francesco, che aveva osato condannarla,
ripetendo in quella occasione che lEucaristia era questione, pi che
di parole, di esperienza: Non ne conosce gli effetti se non chi la
sperimenta, e predicando: Mirabile, stupendo davvero questo grande
sacramento!... Riceviamolo, ed egli guarir lanima nostra, come
talvolta guarisce anche il corpo; e crescer sempre di pi in noi la
brama, la fame di riceverlo. Per chi dunque Ges istitu s grande
Sacramento? Non per gli angeli, non per reprimere i demoni, ma per
luomo, il pi basso nella catena degli esseri intelligenti e per di
pi carico di miserie e di peccati. Sia quindi nostra prima cura di
rendere infinite grazie a Dio che ci chiama a sedere alla sua
divina mensa, non solo nellaltra vita, ma anche fin dora, nella
vita presente, per mezzo del sacramento dellEucaristia. Ma
soprattutto pensiamo a rispondere alla sua chiamata, accostandoci
sovente alla Sacra Mensa.La riforma del clero
La fede si era ben conservata nellisola, certo; ma una delle sue
pi grandi preoccupazioni era rappresentata dalla mancanza della
necessaria formazione del clero. Non esistevano allora seminari in
Corsica, n scuole o universit. Poteva studiare solo chi aveva la
fortuna di recarsi nel continente, o chi poteva mettersi alla
scuola di preti meno ignoranti Molto diffuso era il triste fenomeno
della simonia tra il clero (i benefici ecclesiastici davano da
vivere), che non raramente era anche ignorante, omicida, vagabondo
(non cera casa parrocchiale), concubinario (la maggior parte, o
tutti) tanto che nel primo Sinodo mons. Sauli eman un editto
pubblico, tuonando affinch uscissero dalle loro abitazioni tutte le
donne sospette. Parte del clero era anche violento (la minaccia
turca li costringeva a girare armati, e perfino qualcuno celebrava
la S. Messa tenendo larchibugio in bella mostra sullaltare) e
particolarmente disobbediente, perch se non vi il braccio secolare
che li costringa, obbediscono se li pare, e se non vogliono
obbedire, bisogna avere pazienza. Le chiese poi, divenute luogo di
rifugio della soldataglia, erano state spogliate di tutto. Spesso
divenute campo di battaglia, erano finite poi per essere adibite a
luogo per la celebrazione di lauti banchetti, di ricovero di
animali, o del tutto abbandonate.
Il vescovo Sauli non se ne crucciava pi di tanto, rimanendo
sempre quieto e sereno. Scrivendo al suo Proposito Generale il 19
dicembre 1571 affermava che, nonostante non gli mancassero i
travagli di dentro e di fuori, non si sarebbe tolto questo peso
dalle spalle: Del resto poi, il vivere o morire un poco pi presto o
pi tardi, poco importa; dimostrando cos una fede granitica: Il
bisogno mi sforza, e sono certo che la carit non mi lascer sentire
fatica, affinch si possano aiutare queste povere anime, che sono
tanto bisognose, che grande compassione al solo pensarvi.
Si diede particolarmente da fare per favorire listruzione dei
suoi preti. Inizi a comporre vari sussidi, come le Costituzioni del
Vescovado dAleria, dove tratt di vari argomenti, piccoli e grandi,
come, ad esempio, la chierica, che doveva essere decentemente
grande, cio per i preti grande come unostia, per gli altri un po pi
piccola; i baffi, che dovevano essere tagliati per non essere
dostacolo al momento dellassunzione del Sangue di Nostro Signore;
lobbligo del portare labito clericale, ossia la veste e la berretta
nera, con permesso, per venire incontro alla povert dei preti e
allasperit dellambiente, delluso dei vestiti corseschi purch di
colore nero (vietando cos allo stesso tempo luso del berretto
corso: il cappello); la proibizione del porto darmi; il divieto di
esercitare altre professioni e di tenere concubine, come di recarsi
a balli o a commedie, o giocare a carte o a dadi. Soprattutto li
richiamava agli studi sacri, alla bont della predicazione,
allutilit dellinsegnamento del catechismo. Tale fu poi la nota
Istruzione compendiosa e breve e soprattutto la Dottrina del
Catechismo Romano (Pavia 1581) tanto lodata da S. Francesco di
Sales nella quale spiegava ai suoi preti corsi, in modo
semplificato, il Catechismo Romano voluto dal Concilio di Trento,
in molti punti di difficile comprensione, sempre secondo lo schema
classico della domanda e della risposta. Prese particolarmente a
cuore anche il restauro degli edifici ecclesiastici: Se amerete le
vostre chiese come care spose, farete in modo, per quanto si
estenderanno le vostre forze, che siano adorne, cos come ogni sposo
si sforza, secondo il suo stato e possibilit, di adornare la
propria sposa, non disdegnando di aiutare anche materialmente i
suoi preti nellacquisto degli arredi sacri. Cercava anche in questo
modo di ridestare in loro la consapevolezza della grande dignit del
sacerdozio: Niuna cosa mi stata mai tanto a cuore, quanto attendere
alla riforma dei sacerdoti, sapendo che, come i cattivi sono la
rovina dei popoli, cos per il contrario dalla loro bont dipende, se
non in tutto, almeno in buona parte, la loro salute.
Adempiendo poi le prescrizioni tridentine, eresse subito il
primo seminario diocesano a Tallone nel 1570, che port poi con s
nei suoi continui spostamenti, prima a Bastia (nello stesso anno
1570), poi ad Algaiola (1574), a Corte (1576), e infine a Cervione,
sua residenza definitiva, nel 1578. Vi si impegn direttamente,
tenendovi, quando non impegnato altrove, due lezioni quotidiane, e
insistendo molto, al di l dei programmi delle varie discipline
teologiche, sullassoluta necessit della concordia, della pace,
della fraternit sacerdotale, per smussare la proverbiale litigiosit
corsa. In quei tempi i seminaristi potevano essere accolti a 12
anni e a 14 ricevere gi gli Ordini Minori. Per loro volle stilare
personalmente il Regolamento del seminario dAleria. Visto il
difficile ambiente sociale, il Regolamento si rivel particolarmente
severo nei confronti di chi non studiava, litigava o disobbediva ai
Superiori. Sapeva bene che il futuro della Chiesa corsa sarebbe
stato un giorno nelle loro mani. Per questo non esit a scacciare un
giovane seminarista per cattiva condotta, anche se gliela giur!
Infatti, poco dopo, il 1 agosto 1581, mentre al sopraggiungere
della sera il Vescovo sedeva in un luogo appartato per meditare,
quel giovane gli scagli addosso una grossa pietra dallalto di
quelle rocce dove si era arrampicato, che fortunatamente lo colp
solo ai piedi, senza per fargli del male. Sauli esclam: Benedetto
Dio, che salva i servi suoi. Scampato da morte certa, and con il
pensiero al suo grande amico S. Carlo Borromeo, quando attentarono
alla sua vita con quella famosa archibugiata opera di un Umiliato.
In quelloccasione lo stesso Sauli, invece di consolarlo per lo
scampato pericolo, non manc di sottolineare allArcivescovo il
richiamo di Dio, dicendogli, senza tanti peli sulla lingua, che da
quel fatto doveva trarre occasione di umiliarsi e considerare se ci
per qualche suo difetto Iddio avesse permesso; ed anco esaminare
bene la coscienza sua, se era preparato, caso che la botta avesse
avuto effetto, a presentarsi al giudizio di Dio. Ecco ancora venire
alla luce quella sua santa libert di spirito da tutti santamente
invidiata. Perdon quello scellerato ex-seminarista, e, una volta
che fu catturato dalle guardie del Governatore dellisola,
intercedette non poco affinch gli fosse restituita la libert, ma
lui, orgoglioso e ribelle, mai gli chiese perdono. Mons. Sauli
sentiva la solitudine non solo per il fatto che verso la met
dellanno 1574 tutti e quattro i confratelli barnabiti che lavevano
inizialmente accompagnato erano tornati indietro, per infermit o
altro, quanto per il senso di abbandono che attanagliava la sua
Diocesi: E certo che chi vedesse i bisogni di questa povera Isola
con occhio pio e misericordioso, sono certo che leverebbe molti
ministri et servi di Dio da Roma o Milano, ed altre citt famose,
per aiutare queste anime. Ma i giudizi occulti di Dio vanno cos.
Nella successiva lettera del 2 agosto 1574 non esit a rivolgersi al
suo Proposito Generale, che gi lo aiutava economicamente,
ricordandogli che li bisogni della Congregazione sono grandi, ma
maggiori sono in Corsica! Del resto, neanche lui stava bene di
salute, ma tirava avanti, seppur si ammalasse frequentemente di
febbre e di catarro, che lo portavano particolarmente a temere
questaria sottile e venti fastidiosi, fino a costringerlo a
chiedere, in occasione del Natale del 1576, uno sporadico permesso
di tre mesi al Papa, per soggiornare un po in terra ferma e
migliorare cos il suo stato di salute.
Tra carit e preghiera
Ma tra le sue mille preoccupazioni il primo pensiero era sempre
per loro: i poveri. Quotidianamente faceva distribuire nel cortile
dellEpiscopio pane, minestra e vino; gratuitamente aiutava e
ospitava i viandanti e distribuiva medicine a chi le chiedeva. Mai
nessuno andava via a mani vuote; e a quei suoi servi che
brontolavano dicendo: Monsignore, troppo buono!, lui rispondeva:
Non sapete che quello che do ai poveri lo do a me? Di quello che do
a voialtri, non so che beneficio ne avr! Tanto li amava che una
volta, rientrato in Italia per la visita ad limina Apostolorum,
quando seppe della carestia che in sua assenza aveva colpito la
Corsica, consigliatosi con il Borromeo a Milano, prefer sospendere
il viaggio a Roma e impiegare il denaro cos risparmiato per
comprare orzo, fagioli, ceci, sale, ecc., pur di non tornare a casa
a mani vuote. Era di buon cuore. Non si dava orari di ricevimento;
accoglieva chiunque, anche se seduto a tavola, e guai se qualcuno
osava dire la bugia: Il vescovo non c! Di grande integrit morale,
non accettava mance da nessuno e pagava bene i suoi dipendenti,
affinch non fossero tentati di arrotondare lo stipendio con mezzi
illeciti. La casa del Vescovo doveva essere desempio per tutti.
Cos i terribili corsi divennero per mons. Sauli i suoi figlioli,
ed essi, dopo non poche fatiche e superate molte diffidenze,
vincendo lodio atavico verso Genova, cominciarono ad amare quel
genovese di straordinaria statura, ma di debole complessione, e di
pochissime carni, biondo, peritissimo teologo, predicator
eccellente, e molto aggraziato in quella professione, esemplare,
che iniziava la sua giornata con tre ore di preghiera. Alla
meditazione e al breviario aggiungeva poi lufficio della Madonna e
quello dei Defunti. La celebrazione eucaristica costituiva il
culmine della sua estasi: Il maneggio delle anime e delle chiese
amava ripetere mi riesce tanto meglio, quanto pi mi consiglio con
Dio; e siccome sono stato qui inviato come suo ambasciatore, devo
procurare di sapere la sua volont per non errare. Digiunava almeno
due volte a settimana, e a Bernardino Rovarini, che lo esortava a
mangiare di pi per affrontare le fatiche di una visita pastorale,
rispose: mio dovere fare ben pi di quanto faccio, e sarei felice se
dovessi morire mentre lavoro nella vigna del Signore. Si confessava
ogni giorno, e di notte usava la disciplina. Faceva gli esercizi
spirituali almeno tre volte allanno, di dieci giorni completi,
secondo le prescrizioni delle Costituzioni dei Barnabiti, il cui
testo leggeva frequentemente; e proprio per non vedere affievolire
il senso di appartenenza alla propria Famiglia religiosa, ogni
venerd indossava la nera veste barnabitica per sentirsi in
comunione con i confratelli.
Pastore danime di grande cuore, era severissimo soprattutto con
se stesso, e dotato di grande buon senso, dimostrato pi volte, come
ad esempio in occasione delle sue Contro Osservazioni alla
Relazione presentata nel 1590 alla Santa Sede da mons. Nicol
Mascardi, che aveva effettuato la Visita apostolica della Corsica,
specchio di un animo forse troppo curiale e poco pastorale. Per
esempio: Non si assenti il sacerdote per pi di tre giorni senza
licenza (in scriptis) dallOrdinario; Sauli: Quantunque la residenza
sia santa, dovendo per molti camminare due giornate se vogliono
trovare il Vescovo di Aleria, ho concesso ai Vicari foranei che
possino dare licenza per otto giorni, dandomene notizia. Entro due
mesi, ogni curato dovr provvedere la sua chiesa di due calici,
cinque corporali, paramenti, ecc., pena la sospensione a divinis;
Sauli: Rimarranno tutti senza messa. Le donne lattanti non portino
i figli a Messa n ai divini uffici; Sauli: Si lascia in
considerazione alle Signorie Vostre Illustrissime se molte donne
lattanti, che non hanno chi governi i loro figlioli in casa,
debbano perdere Messa. Scomunica latae sententiae alle donne che
per la morte dei parenti o amici si graffiano la faccia; Sauli:
Labuso pessimo e praticato in molti luoghi e levarlo cosa santa. Si
consideri se sia rimedio la scomunica latae sententiae, visto che
forse moltissime donne vi cadranno. Grazie a questo eccezionale
documento conservato nellArchivio Vaticano, sappiamo che la Santa
Sede diede ragione a mons. Alessandro.
LA MISSIONE IN BIRMANIA
La missione in breve:
A titolo di missionari apostolici di Propaganda Fide
Luogo Indie orientali (Cina, Indostan ossia India, Tunkino,
Coccincina, Ciampa, Cambogia, Siam, Ava e Peg, e Malacca. Regni di
Ava e Peg, Birmania, oggi Myanmar Kmq 676.552 (due volte
l'Italia)
Religione: Buddismo Theravada o del piccolo veicolo detto anche
Hinayana. Animismo
Cultura: alfabetizzazione di massa
Lingua: pali, barmano e peguano, dialetti locali.
Viaggi: via mare (Levante) Il viaggio dall'Italia durava circa
un anno e mezzo, e nessuno era al sicuro di arrivare alla meta.
Circumnavigavano l'Africa, ma spesso finivano sulle coste del
Brasile, doppiavano con il cuore in gola a motivo delle frequenti
tempeste il Capo di Buona speranza, e poi giungevano) all'isola di
Francia e da qui a Madras (India) in attesa di un battello che
attraversasse il
golfo del Bengala e li portasse a Syriam, porto del Peg
superando l'ultimo decisivo ostacolo: le temibili secche di
Martaban, cimitero di molte navi. Via terra (ponente). Durata
uguale del viaggio. Cipro, Siria, Mesopotamia, India.
Numero dei missionari 28+3 nativi (18 professori, 5 novelli
sacerdoti, 2 fratelli conversi, 3 padri di maggior esperienza).
Prima di partire dall'Italia avevano quasi tutti ricoperto cattedre
di teologia, di
lettere, di filosofia nei diversi collegi del proprio ordine e
addirittura presso Universit prestigiose.
Et media dell'arrivo in missione 28 anni.' .
Cause della morte: Durante la loro presenza in Birmania vi
trovarono la morte e, qualcuno, anche il martirio, tanti
giovanissimi missionari barnabiti, dei quali quattro annegarono a
causa dei naufragi, cinque furono uccisi in insurrezioni politiche,
tredici non resistettero alle malattie contratte e agli stenti
patiti; ben pochi, pochissimi, arrivarono all'et naturale della
vecchiaia (fra tutti ricordiamo mons. Nerini, ucciso a Syriam nel
1756 a colpi di lancia, mentre difendeva le giovani ragazze che si
erano .rifugiate nella sua chiesetta oggi monumento nazionale)
Periodi di maggior e minor presenza: D'amato 48 anni e l0 mesi -
Gazzari 0 giorni.
Missionari eletti vescovi o Vicari apostolici: 9
Questa missione si svolta in Asia. La Chiesa oggi come ieri
guarda con interesse l'Asia.
L'Esortazione Apostolica post-sinodale, Ecclesia in Asia del S.
Padre Giovanni Paolo Il ha ridestato l'interesse verso l'immenso
continente asiatico, sottolineando l'importanza degli sforzi
compiuti per la sua evangelizzazione. Una pagina poco conosciuta di
questa storia riguarda il paese "dalle mille scintillanti pagode",
la Birmania - oggi Myanmar -, che Marco Polo non esit a descrivere
come (la pi bella cosa del mondo e Kipling come una cosa unica al
mondo.
Ieri: Il primo vero tentativo di evangelizzazione inizi con
l'arrivo dei Chierici Regolari di S. Paolo, detti Barnabiti. In
verit, essi furono chiamati in Asia nel 1720 principalmente per
l'evangelizzazione della Cina (facevano parte infatti della
Legazione guidata da mons. Carlo Ambrogio Mezzabarba, che aveva
ricevuto dal papa Clemente XI il compito di dirimere con
l'imperatore K'ang-nsi la spinosa questione dei "riti cinesi". Ma
L'ambasceria non ebbe l'esito sperato e fall tra mille
incomprensioni e sospetti. Ma, non riuscendo a stabilirvisi, furono
destinati in paesi diversi. Al barnabita Sigismondo Calchi e
all'Abate Giuseppe Vittoni furono affidati i Regni di Ava e Peg,
situati nella Birmania meridionale. Per un inaspettato gioco della
Provvidenza, fallito il tentativo di stabilirsi in Cina, i
Barnabiti si trovarono ad assumere quella Missione senza volerlo.
Un pugno di religiosi, culturalmente agguerritissimi, soprattutto
dal punto di vista filosofico e scientifico, e di provata fedelt
alla propria consacrazione religiosa, inizi cos a dialogare con
tutti, in special modo con i Talapoini e i Bramini dei regni di Ava
e Peg. I Birmani, come tutti i popoli dell'Asia, erano
particolarmente fieri dei propri valori religiosi e culturali; e
cos il distacco dai beni, l'amore al silenzio e alla meditazione,
la non violenza, la disciplina, la pazienza, la sete di conoscenza
e di confronto filosofico, il rispetto degli anziani, il senso
della comunit, la compassione per gli essere umani, divennero le
note comuni dell'armonioso incontro. Lasciata segretamente la Cina
il 3 dicembre 1721, essi giunsero a Syriam all'inizio dell'anno
successivo. Cosa trovarono?
Ovunque sentivano il dolce suono di campane e campanelli mossi
dal vento sulle hti dei pinnacoli o ferme, in basso, agli ingressi,
senza battacchio, in un intenso odore di incenso, che profumava
tutt'intorno l'aria tersa. Le povere case erano costruite con il
bamb, a un solo piano, coperte di paglia e sostenute da pali
conficcati nel terreno, senza finestre o, se presenti, di
dimensioni ridottissime; solo le abitazioni dei Mandarini pi
benestanti erano in legno. Gli abitanti dormivano sopra una
semplice stuoia, senza far uso di lenzuola. La popolazione era
mite, forse allapparenza anche un po' indolente, in realt fiera e
orgogliosa: di carnagione olivastra, di statura media, anche se
robusta, e di buon aspetto, dedita principalmente all'agricoltura c
alla produzione di riso. Gli uomini vestivano di un panno rigato di
bambagia o di seta, che dai fianchi scendeva ai talloni. Calzavano
dei sandali di legno o di cuoio c curavano particolarmente i lunghi
capelli, lasciandoli crescere abbondantemente per poi avvolgerli
sul cocuzzolo per mezzo di una fascia variopinta. Amavano colorarsi
i denti di nero e foravano i loro orecchi - il giorno in cui lo
bucano, per essi di solennit e di feste, poich equivale ad un di
presso al nostro battesimo: l'aver le orecchie bucate un distintivo
della nazione-; dall'et dell'adolescenza si tingevano anche le
gambe, sempre di colore nero, apponendovi splendidi tatuaggi dai
diversi disegni di terrificanti demoni, draghi, pesci e ogni altro
tipo di volatile. Le donne amavano vestirsi splendidamente come gli
uomini, aggiungendo spesso un camiciollo che copriva loro le spalle
c si ornavano, come i maschi, di preziosi e splendidi monili d'oro
e d'argento [Nel libro alcune fotografie degli acquerelli degli
allievi del P. Sangermano di Rangoon che illustrano la vita dei
birmani, case, raffigurazioni del Budda, vestiti degli uomini e
delle donne ctc.
Il problema del "patronato"
L incontrarono subito la forte ostilit dei due francescani
portoghesi, che gi vi si trovavano, e che, istigati dal Vescovo di
San Tom de Meliapor, non riconoscevano l'autorit dei Missionari
apostolici inviati dalla Congregazione di Propaganda Fide.
Iniziarono subito discordie e diatribe. Il padre Calchi fu perfino
accusato di essere una spia cinese: Ministro di Satanasso,
lngannatore, Italiano scomunicato... diavolo medesimo vestito di
carne. Fu costretto cos a recarsi nella capitale, Ava, per
discolparsi davanti al Re, il giovane Taninganwe, appena
ventiquattrenne. Fu da lui ben accolto, perch particolarmente
stanco dei portoghesi che nulla di buono avevano falli) per il suo
popolo (anzi lo avevano sfruttato, limitandosi all'assistenza
spirituale dei connazionali, senza curarsi n di apprendere la
lingua locale n di evangelizzare i nativi). Il Re non solo gli
diede il permesso di costruire casa e chiesa e di iniziare l'opera
di evangelizzazione, ma richiese con insistenza l'invio di altri
missionari. Nonostante quelle difficolt con i portoghesi non si
appianarono, anzi, il problema del "patronato" (l'insieme dei
diritti c degli obblighi concessi e imposti formalmente dai
Pontefici, dalla met del sec. XV, alle corone di Portogallo e
Spagna per promuovere una pi efficace opera di apostolica nelle
nuove terre scoperte costitu per molti anni la pi dolorosa "spina
nel fianco" della loro presenza in quella terra, durata per ben 110
anni. Come dimenticare le accuse e le scomuniche tra i missionari
fedeli a Propaganda Fide e quelli soggetti al patronato?, le
spedizioni dei Francescani portoghesi contro le missioni dei
Barnabiti condotte con l'ausilio di servi cani feroci, arrivando
perfino al tentativo di omicidio?
Un'avventura senza fine Ma queste difficolt non dissuasero i
novelli figli di S. Paolo dal partire verso quelle terre lontane,
anche se il viaggio dall'Italia durava in media un anno e mezzo e
nessuno era sicuro di arrivare alla meta. Sopportando sacrifici di
ogni genere, dal semplice ma fastidiosissimo mal di mare ai
terribili naufragi (il barnabita Luigi Grondona, gettato dalle onde
sulle coste del Madagascar nel luglio del 1777, fu spogliato di
tutto e, nudo, fu cacciato dai villaggi, rimanendo esposto, di
giorno, al sole bruciante, c, di notte, a un freddo tale che lo
obbligava a seppellirsi nella sabbia fino al collo). Passando la
linea equinoziale ricevevano un secondo inatteso battesimo: lantico
e propiziatorio rito del "battesimo marinaresco", che si donava
rovesciando secchi d'acqua sul capo di quelli che la passavano per
la prima volta. Il curioso rito veniva preceduto dalla discesa dal
pennone della nave di un uomo, il buon vecchio della linea, subito
seguito da uomini seminudi in groppa a cavalli anneriti costruiti
per loccasione. Il vecchio, tenendo in mano un esalto registro di
tutti i naviganti, li chiamava a pagare il tributo aut in aere aut
in corporeo Chi non gli porgeva la moneta veniva lavato da capo a
piedi da una immensa turba di marinai, instancabili a tirare acqua
marina e liberissimi di versarla. Ma come dimenticare anche solo la
quotidianit della loro vita piena di difficolt inenarrabili:
periodi di lunga solitudine, gli insulti sprezzanti al grido di
uccisori di galline, gli agguati e percosse da parte dei
Francescani portoghesi e dei loro seguaci, le nostalgie struggenti
del proprio paese e dei propri cari, la fame, il non poter
celebrare la S. Messa per mancanza di vino, l'isolamento dalla
madre patria per la difficolt delle comunicazioni (una lettera
arrivava, se arrivava... con un anno e mezzo di ritardo)?
Ma godettero anche piccole consolazioni, come quando costruirono
a Syriam una scala a chiocciola, che doveva servire a salire e
scendere dalla torre campanaria (che moltissimi birmani salivano e
scendevano senza intendere come si reggesse), o quando costruirono
il loro primo collegio a Monl e poi a Rangoon, che star potrebbero
con onore anche in Italia [vedi il disegno di questo seminario], o
quando erano costretti a spostarsi di aldea in aldea (villaggio)
accompagnati da Un stuolo di bambini vocianti, tanto da essere
paragonati a un vero corpo d'armata errante; portavano, infatti,
tutto con s, dagli arnesi di casa agli arredi sacri, usando per il
trasporto due carretti secondo il costume del paese co' suoi buoi,
o se per via fluviale, i leggeri Balon. Costruirono le prime chiese
in muratura, collegi, ospedali, seminari per il clero indigeno,
ospizi per gli orfani e le vedove. Seguirono abbondanti i
battesimi, le cresime, le conversioni, anche se incontravano forti
difficolt; ad esempio, nel far praticare, come in Italia, il
digiuno (i birmani gi si nutrivano di semplice riso scondito e si
dissetavano con la sola acqua...), o nel far partecipare alla S.
Messa domenicale (dovevano lavorare nei campi per guadagnarsi da
vivere). Per l'evangelizzazione puntavano soprattutto sui bambini e
sulle donne, in quanto apprendevano meglio gli insegnamenti del
Vangelo e li diffondevano con maggiore speditezza. Furono cos
missionari attivi, che subito si imposero al rispetto di tutti per
la loro sensibilit, per la profondit della loro vita spirituale e
per la capacit di dialogo col giudaismo, l'islamismo, linduismo e
con le correnti religiose pi diverse: taoismo, confucianesimo,
zoroastrismo, gianismo ecc., ma soprattutto col buddismo, che
presentava un chiaro carattere soteriologico. Era, questa, una
delle difficolt principali incontrate fino allora
nell'evangelizzazione: Alcuni seguaci delle grandi religioni
asiatiche non hanno alcun problema ad accettare Ges come una
manifestazione della divinit o dell'Assoluto, o come un 'essere
illuminato. Tuttavia hanno difficolt a considerarlo come l'unica
manifestazione della divinit. In tutti, lo sforzo di condividere il
dono della fede in Ges quale unico Salvatore denso di difficolt
filosofiche, culturali e teologiche, specialmente alla luce delle
credenze delle grandi religioni dell'Asia, strettamente intrecciate
con valori culturali e specifiche visioni del mondo.
Il dialogo con il buddismo
I missionari provenienti dall'Italia avevano quasi tutti
ricoperto le cattedre di teologia, di lettere. di filosofia, ecc.,
nei diversi collegi del proprio Ordine e, addirittura, presso
Universit prestigiose. Proprio per questo essi seppero dare un
fondamentale apporto scientifico allo sviluppo culturale del paese.
Non solo, dunque, il missionario armato di "croce e di coraggio",
ma anche la persona preparata, che sa calarsi nella cultura che lo
accoglie e che dialoga con tutti, dai semplici abitanti dei
villaggi ai dotti Talapoini (cos chiamati dal nome del ventaglio
Talap con il quale usavano coprirsi il volto), monaci buddisti,
detti anche Ponghi. Senza trascurare l'apostolato, di notte, alla
fioca luce della lampada, annotavano le loro osservazioni sugli usi
e costumi di quei popoli e durante i lunghi viaggi di ritorno in
Italia mettevano ordine agli appunti raccolti in missione, dando
inizio a una produzione straordinaria di studi sulla realt sociale,
politica, culturale, religiosa di quei due Regni (ad esempio, mons.
Gaetano Mantegazza fece la prima trattazione scientifica della
storia, geografia ed etnografia del paese, con la sua opera
Relazione dei regni di Ava e Peg, datata l784. Essa fu corredata
dalle prime due importantissime carte geografiche della
Birmania)
Ma soprattutto seppero dialogare con il buddismo, superando
l'ostacolo delle lingue locali, il peguano e il barmano. Divennero
infatti gli autori dei primi dizionari (ad esempio, Giovanni
Percoto cur la Grammatica della lingua birmana, un Dizionario
latino-portoghese-birmano, e inizi lo studio comparato della lingua
locale, a tal punto che, accortosi che la lingua birmana non
possedeva un ordinamento alfabetico, prepar il primo alfabeto
Birmano, che fu stampato per mezzo del P. Carpani nel 1776 a Roma
dalla Tipografia di Propaganda Fide, col titolo Alphabetum
Barmanum seu Bomanum regni Avae finitimarumque regionum;
seguito, poco dopo, dal Compendio delle dottrina cristiana).
Propaganda Fide pot cos far fondere 60.()()() caratteri Birmani e
40.000 latini, che i Barnabiti trasportarono in Birmania, per dare
vita alla prima tipografia birmana! Nella mostra organizzata a
Rangoon in occasione dell'Anno internazionale del libro,
patrocinato dall'Unesco e inaugurata il 2 dicembre 1972 dal
Presidente Ne Win, i Birmani hanno ufficialmente presentato
l'Alphahetum del Percoto come the first Burman book. Ma non
bastava. per dialogare con il buddismo dovevano imparare anche il
difficilissimo pali - corrispondente pressappoco alla nostra lingua
latina -, che persino i bonzi conoscevano a malapena. Con il pali
infatti erano stati scritti gli antichi codici buddisti, incisi su
foglie di palma.
Nell'archivio romano custodito il prezioso libro del Kaman in
foglie di palma portato dai nostri missionari in Italia, e la foto
di una foglia di palma che reca incisa una preghiera; una volta
appreso con incredibile tenacia, i missionari poterono con
entusiasmo studiare le scritture sacre del buddismo, che i monaci
diedero loro,.. per amicizia e rispetto. Cos i Barnabiti per primi
fecero conoscere all'Occidente il buddismo Hinayana, detto anche
del Piccolo Veicolo (sempre il Percoto fece arrivare in Italia,
come dono al cardinale Stefano Borgia di Propaganda Fide, due
preziosi manoscritti appartenenti al Vinaya-pitaka: il Patimokkha -
riguardante le confessioni pubbliche durante le riunioni mensili -
e il Kamnuva riguardante le ordinazioni dei bonzi -; mentre il P.
Carpani port in Italia il manoscritto del Tipitaku, la bibbia
buddista; da non dimenticare, infine, altre importanti opere, una
sempre del Percoto: Trattato della religione cristiana in forma di
dialogo fra un cristiano e un talapoino, e l'altra del Mantegazza:
Dialoghi tra un Khin selvaggio e un siamese ex-talapoino (vedi la
una recente bella pubblicazione]). Attraverso queste opere
cercarono di superare le difficolt di presentare il Vangelo a
coloro che credevano nel Nirvana (corrisponde un po' al nostro
Paradiso), ma non in Dio e nell'anima individuale. Quante volte
hanno ascoltato la lenta cantilena del rosario buddista formato da
ben 108 grani, per ognuno dei quali si ripeteva: Tutto passa, tutto
dolore, tutto vanit!
Ma l'impegno dei missionari barnabiti sul versante scientifico
non ripropose in Birmania il metodo di evangelizzazione attuato dai
Gesuiti in Cina, dove, attraverso la scienza, avevano cercato di
presentare il Vangelo, con dubbi risultati. Rimanendo fedeli alle
direttive della Congregazione di Propaganda Fide, espresse nella
Istruzione ai Vicari apostolici dell'Asia orientale del 1659:
Verbum enim Dei non his artibus sed charitate, rerum humanarum
contemptu, modestia, frugalitate victus, patientia, et oratione
alliisque virorum apostolicorum virtutibus disseminandus est, mai
trascurarono i loro doveri missionari a vantaggio della ricerca
scientifica. I loro studi furono la naturale conseguenza della
situazione che incontrarono nei Regni di Ava e Peg, dove, se grazie
alle scuole dei Talapoini l'analfabetismo era molto meno diffuso
che non nei vicini paesi orientali, non si era per formata una vera
e propria "intellighentia", in quanto agli unici che potevano)
formarla, i Talapoini, non potevano dedicarsi allo studio delle
scienze profane - astrologia, matematica, fisica, cartografia ecc.
-, ma solo alla meditazione, per il raggiungimento del Nirvana, o
al massimo alla studio della letteratura e alla composizione di
poesie sacre e profane. I missionari, allora, iniziarono a
raccogliere, a catalogare, a conservare ogni tipo di informazione,
pianta, essere viventi - ad esempio, Marcello Cortenovis si lament
di non riuscire a conservare gli insetti che catturava a causa del
caldo, dei topi e della mancanza di recipienti adatti -, passando
di mano in mano le loro fatiche, affinch, un giorno, potessero
essere fatte pervenire in Occidente, elaborate e usate a vantaggio
di quelle popolazioni. Non furono scritte in missione, perch non
c'era il tempo n la quiete per farlo), ma durante i lunghi viaggi
di ritorno in Europa, o una volta giunti a Roma, nella quiete della
casa di S. Carlo ai Catinari. Del resto non vollero mai vestire gli
abiti dei Talapoini o dei letterati per essere da loro accettati, n
costituirono villaggi sull'esempio delle famose "reduciones" del
Paraguay.
Le radici della chiesa birmana
All'inizio del 1800 la missione cominci a decadere. Dal 1794
mancava un Vicario Apostolico che svolgesse funzioni episcopali e i
missionari erano troppo pochi, senza pi forza per viaggiare durante
la stagione delle piogge a piedi scalzi nel fango cd acqua sino ai
ginocchi, fatica insopportabile, avendo di pi sopra la testa un
sole di un calore simile a quello del fuoco. La missione termin ncl
1832 a causa dell'impossibilit di inviare altri barnabiti. Presto
il loro posto prima i Sacerdoti secolari e gli Agostiniani, ma per
pochissimo tempo, poi gli Oblati di Maria Vergine. Dce trentuno
missionari Barnabiti che si alternarono nella missione tre furono
nativi, primi fiori sbocciati dai loro seminari di Monl e di
Rangoon, primi sacerdoti birmani: Giuseppe Maunghi, Andrea Coo e
Ignazio De Brito. Per questo la Chiesa birmana riconosce tutt'oggi
nei Barnabiti i loro anctres spirituels. Da pochissimo uscito il
primo libro in lingua birmana che racconta la storia dei missionari
Barnabiti. Accadde cos in Birmania quanto era avvenuto agli inizi
della storia dell'Ordine, fondato da S. Antonio M. Zaccaria, quando
questi precorse i tempi con intuizioni profetiche rivelatisi subito
fin troppo in anticipo sul modo corrente di pensare e concepire la
Chiesa. Memori del grande esempio dell'evangelizzatore per
eccellenza, S. Paolo, che la stessa Esortazione Apostolica
post-Sinodale Ecclesia in Asia riconosce come punto di riferimento
essenziale di ogni attivit missionaria perch capace di stabilire un
dialogo con i valori filosofici, culturali e religiosi dei suoi
ascoltatori (cfr. Al 14, 13-17: 17, 22-31) -, in anticipo di due
secoli, i Barnabiti, figli prediletti dell'Apostolo delle Genti,
vissero gi allora l'approccio all'evangelizzazione attraverso
quelle immagini dell'incarnazione di Ges che si rivelavano"
particolarmente intelligibili alla mentalit e alla cultura
asiatica, attuando gi allora quei metodi d'inculturazione che oggi
la Chiesa ritiene indilazionabili: Ges Cristo, Maestro di Sapienza,
il Guaritore, il Liberatore, la Guida spirituale, l'Illuminato,
l'Amico compassionevole dei poveri, il buon Samaritano, il Buon
pastore, l'Obbediente. Non per questo rinunciarono a una ferrea
fedelt agli insegnamenti della Chiesa, senza incrinature n
sbavature, vivendo in modo irreprensibile i voti religiosi. Questa,
dunque, la primaria caratteristica della presenza dei Barnabiti in
Birmania durata oltre un secolo: non solo vi portarono il Vangelo e
la luce della fede, ma furono protagonisti di un fruttuoso dialogo
con una delle pi importanti religioni non cristiane del mondo e
divennero promotori di un'intensa attivit scientifica per lo studio
della penisola, ponendo le basi di un fruttuoso rapporto culturale
e al di sopra degli interessi di natura economica e politica del
momento. I missionari Barnabiti riuscirono cos a costituire un
connubio unico, irripetibile, tra fede e cultura, a tal punto che
furono accolti, amati, rispettati, venerati come i loro Talapoini
e, ancor oggi, sono ricordati con rimpianto da quella giovane
Chiesa birmana, che deve a loro un pezzo significativo della sua
storia.
STORIA DEI BARNABITI NEL XIX SECOLO
I CARDINALI BARNABITII cardinali barnabiti sono sette.
1) Cardinal Giacomo Antonio Morigia (Milano 1633-1708 Pavia)
Fu il primo barnabita costretto a mutare la veste barnabita con
la porpora rossa. Costretto perch i barnabiti non possono aspirare
agli onori, ma solo agli oneri. Il giorno della loro professione
religiosa giurano di non aspirare a cariche nellOrdine e di non
accettarne fuori senza espresso comando del Papa.
Proprio la volont del papa strapp dalla quiete fiorentina il p.
Antonio Morigia. Nel 1681 era stato eletto vescovo di S. Miniato e
nel 1683 fu trasferito a Firenze. Vi lavorava oramai gi da 15 anni,
quando improvvisamente una notte giunse al suo palazzo un corriere
da Roma. Il servo che gli port la missiva si sent dire: Va, ti
prego, perch viene di notte a prenderti burla di un vecchio?. Il
povero vecchio aveva 66 anni.
Di nobile famiglia milanese, si era fatto barnabita nel 1651
dopo essere stato allievo delle nostre scuole Arcimboldiche. La sua
nomina a cardinale sorprese tutta la curia romana, ma molti se lo
aspettavano per le sue doti eccezionali: arcivescovo di Firenze,
uomo di piet, grande teologo, grande filosofo e buon predicatore,
il papa lo designava praticamente come suo successore. Per questo
il duca di Toscana, Cosimo III, lo aveva voluto come suo teologo e
come precettore del primogenito Ferdinando.
Papa Innocenzo XII gli impose il cappello nel Concistoro dell11
aprile 1699 e datogli il titolo di Santa Cecilia lo volle a Roma,
inducendolo a rinunciare allArcivescovado di Firenze. Qui fu eletto
presto Cardinale arciprete di S. Maria Maggiore, vi apr e vi chiuse
la Porta santa nel giubileo del 1700. Nel 1701 Innocenzo XII mor e
al Morigia fu proposto il vescovado di Pavia, dove era sepolto S.
Alessadro Sauli, lapostolo della Corsica.
2) Cardinal Sigismondo Gerdil (Samoens 1718-1802 Roma)
cardinale GerdilAnonimo sec. XVIII (Bologna collegio S.
Luigi)
Fu chiamato una delle glorie della Savoia. Era ancora fanciullo
quando alloggiarono nella sua casa alcuni barnabiti andati a
Samoens a predicare una missione. Si affezion ai Padri e si
intratteneva con loro. Tra i missionari era presente anche il p.
Dunant, che un giorno per scherzo gli impresse sulla fronte il
sigillo dei barnabiti. Profetico scherzo! Pochi anni dopo entrava
nellordine, dopo essere stato loro alunno nei collegi di
Bonenville, Thonon e Annecy. Alcune settimane prima di entrare in
Noviziato il pap lo condusse a Ginevra, roccaforte del calvinismo,
e ottenuto il permesso di girare per conto suo la citt, and nelle
scuole teologiche dei protestanti per incontrare gli studenti
alluscita di scuola: si mischi con loro facendo domande e aprendo
una discussione. Si form un piccolo circolo a lui attorno e lo
ascoltavano incantati nellinvito al tornare alla retta fede. Dal
noviziato di Bonneville passava nel 1735 a Bologna per gli studi
successivi. Impar litaliano cos bene che pi tardi gli Accademici
della Crusca lo vollero tra i loro membri. Ma soprattutto si rivel
un grande teologo. Il Cardinale Lambertini volle conoscere questo
astro nascente e lo volle come amico, lui che aveva solo 18 anni,
si trov cos a passeggiare con il cardinale nella sua carrozza
mentre lui gli affidava la traduzione in latino di alcuni brani di
autori francesi che poi inser nellopera De beatificazione et
canonizatione A 19 anni Gerdil insegnava filosofia a Macerata nel
collegio dellOrdine; i gesuiti lo riconoscevano come un genio.
Passato a Csal Monferrato, ricevette lordinazione sacerdotale, e
nel tempo libero compose la sua prima grande opera in difesa
dellimmortalit dellanima contro il Locke. Seguiva un metodo nuovo:
partiva dai principi stessi sani dellavversario per poi confutarlo.
Vittorio Amedeo III gli offr la cattedra di Etica allUniversit di
Torino. 5 anni dopo passava alla cattedra di Teologia morale nelle
stessa Universit, e il papa Benedetto XIV lo esaltava. Entr anche
nel campo della matematica dove stup tutti che si chiedevano, come
possibile che un religioso tanto giovane sia tanto dotto nelle
matematiche? E cos continua la sua carriera tanto che Rousseau
quanto legger lanti Emilio dir: lunico scritto contro di me che io
trovi degno di me. Di fronte a tanta altezza e mole di lavoro, re e
papi non sanno contenere lammirazione, tanto che il papa nel 1758
suggeriva al re Carlo Emanuele III di affidare il principino suo
nipote alle cure del P. Gerdil. E il re lo elesse come precettore.
Intanto pubblicava un trattato contro il duello e la Regina Maria
Tersa, dopo averlo letto, eman editti severi per reprimerlo.
Per questo Clemente XIV nel 1773 riserv il cardinale in pectore
e nel 1776 Pio VI lo chiam a Roma per farlo consultore del S.
Ufficio, Vescovo in partibus e lanno dopo cardinale. Dopo di ch si
dedic a combattere strenuamente il giansenismo in Italia e la
legittimit della devozione del Sacro Cuore di Ges. Fu lui anzi che
redasse la bolla Auctorem Dei. La Rivoluzione francese lo scacciava
da Roma, e per aiutare i suoi familiari impover se stesso, tanto da
dire un giorno, non ho che 16 soldi e al fratel converso che lo
sottolineava rispose: Domani dateli in elemosina, poi lasciate fare
a Dio. Verso la fine del 1799 part per Venia dove si teneva il
conclave per trovare il successore di Pio VI. Lui aveva gi 82 anni
e nel suo viaggio, passando per le case dellOrdine, i confratelli
lo venerarono come una reliquia. Pur vecchio, al conclave accadde
che quasi tutti i cardinali pensarono a lui. Ma si opposero le
volont politiche del governo austriaco avverso alla Francia, a cui
apparteneva di nascita il Gerdil.
Il cardinale Hertzan, portavoce dellAustria al Conclave, fu
avvicinato dal cardinale Antonelli per discutere della cosa. Per
due ore il Gerdil fu papa, ma dopo il colloquio disse che cera il
veto dellimperatore. Dal conclave usc poi eletto Pio VII. Gerdil lo
segu a Roma ed ebbe ancora la forza di scrivere contro il
Regalismo. Mor il 12 agosto 1802. Il papa stesso benedisse la sua
salma che fu sepolta in San Carlo ai Catinari.
3) Cardinal Francesco Luigi Fontana (Casalmaggiore 1750-1822
Roma)
Il Cardinal Fontana soffr molto per la Chiesa. Andiamo con
ordine. Nacque a Casalmaggiore nel 1750. Crebbe alla scuola dei
barnabiti di quella citt e il 21 ottobre 1766 professava a Monza a
16 anni. Comp gli studi filosofici a Milano e poi a Bologna quelli
teologici. Grande studioso. Nel 1772 con Ermenegildo Pini and a
fare un viaggio scientifico in Germania e Ungheria per ordine della
Regina Maria Teresa. Gli offrirono cattedre allUniversit di Vienna
e di Praga, ma lui volle rimanere barnabita. Tornato in Italia
riprese linsegnamento di lettere latine e greche prima a Bologna
poi a Milano, con molta fama. Nel 1797 divenne provinciale di
Lombardia e dovette fare i conti con la rivoluzione francese. Poi
accetto linvito del cardinale Gerdil di andare a Roma. Qui
cominciarono le spine pi che le rose. Fu eletto procuratore
generale e consultore della Congregazione dei Riti, e il papa non
faceva nulla senza il suo parere. Pio VII infatti nel 1804 lo
elesse suo teologo. Fu invitato dal papa ad andare con lui per la
consacrazione del Bonaparte, ma una volta a Parigi si chiuse quasi
in un isolamento. Curava solo il suo ufficio e rifiutava di
prendere parte persino alle cerimonie solenni dellincoronazione del
monarca. Presentimento del futuro? Fu felice quando pot tornare in
Italia. E qui nel 1807 il p. Fontana fu eletto allunanimit di voti
Generale, e diede inizio a un governo difficile e avventuroso.
Infatti il 3 febbraio 1808 le truppe francesi, che il giorno prima
avevano invaso Roma, entrarono anche in San Carlo e occupavano la
Casa generalizia; per poco tempo per fortuna. Temendo di perdere la
sua libert di azione, chiese al papa di fare quello che gi avevano
fatto altri Generali: allontanarsi da Roma. Ma il papa rispose: No.
Ella deve rimanere con noi. Il 6 luglio 1809 con molta violenza Pio
VII fu deportato in Francia. Fontana era troppo conosciuto, e la
notte del 12 agosto la quiete di S. Carlo fu turbata dallirrompere
dei gendarmi che giunti alla stanza del Generale gli intimarono di
partire per Parigi entro 24 ore. Non pot fare nulla e un gendarme
non lo lasci pi per tutto il giorno e il giorno dopo part. Un
viaggio penoso di 36 giorni per i maltrattamenti dei gendarmi che
lo scortavano. In esilio, costretto a indossare abiti civili. Fu
ascoltato dal Ministro dei Culti e poi si trov faccia a faccia con
Napoleone: il pi potente uomo del mondo. Ludienza fu molto lunga e
Napoleone, come era suo solito, parl con tono altero e astutamente
sconnesso; lui mantenne la calma e la prudenza. Voleva che andasse
a Savona per piegare lanimo del papa ai voleri dellImperatore.
Anche il Card. Fesch cerc di convincerlo, ma il Fontana fu
irremovibile, tanto che fece arrabbiare Napoleone che grid: Conosco
bene che costui nemico giurato della Francia: ebbene, non partir pi
dai miei stati. Poi successe un fattaccio. Limperatore elesse lui
arcivescovo di Parigi il cardinale Maury, che accetto come se fosse
stato eletto dalla Santa Sede. Il papa allora da Savona mand al
Maury un breve di riprovazione, ma questi lo nascose e ne pubblic
uno falso. Ma non si tard a scoprire la frode, e allora si pens di
incolpare della spiata mons. De Gregorio e il P. Fontana. Furono
perquisite le carte del barnabita, trovando tra di esse uno scritto
del teologo Muzzarelli, che criticava il matrimonio dellimperatore
con Maria Luisa. Lo scritto non era firmato. E il ministro della
polizia voleva sapere a tutti i costi di chi era. Fontana non volle
fare la spia, e non denunzi un altro, prese la penna e lo firm. In
quello stesso giorno, 4 gennaio 1811, fu portato in carcere nel
Vincennes. Otto mesi di carcere duro, prigione oscura e umida, a
tratti perfino privo del letto. Si ammal e perse 11 denti. Poi fu
messo in unaltra cella con altri cardinali prigionieri. Il 25
gennaio 1813 furono tutti liberati tranne lui e de Gregorio. Un
anno dopo furono portati in un altro carcere a Parigi per
delinquenti. Sconfitto Napoleone fu finalmente liberato e rientr in
Italia, dove and a Monza per trovare un poco di quiete. Ma il papa
lo volle subito a Roma, dove fece parte di ben 4 congregazioni.
Poco dopo seguiva il papa a Genova per linvasione dellesercito
napoletano. Ritornata la calma, rientrarono a Roma e il papa nomin
il Fontana cardinale del titolo di Santa Maria Sopra Minerva nel
Concistoro del 8 marzo 1816. Premio per tante sofferenze. Ma i
barnabiti non volevano perderlo e chiesero e ottennero dal papa che
rimasse Generale dellOrdine. Ma pochi anni dopo mor il 19 marzo
1922.
Fu sepolto a San Carlo e sulla sua tomba fu eretto un monumento
e scolpita una iscrizione che ricorda le sue grandi virt e i suoi
meriti.
4) Cardinal Luigi Lambruschini (Sestri Levante 1776-1854
Roma)
La grandezza del suo cardinalato lha cantata anche in tono
ironico Giuseppe Giusti che mise in rima il fallimento del
papa:
Non basta il talento / del gran Lambruschini, oh caso inaudito /
il Papa fallito.
Ancora non c una degna sua biografia. Genovese, a soli 17 anni
entr fra i barnabiti. Era studiosissimo, e a Roma il cardinal
Gerdil, ottantenne, amava discutere con lui, poco pi ventenne, dei
problemi filosofici. A 23 anni Lambruschini era in grado di
insegnare lettere, filosofia, matematica, teologia, dogmatica e
morale, greco ed ebraico. Fu maestro dei novizi a Macerata, e il
vescovo della citt, il beato Strambi, lo volle come suo confessore,
teologo ed esaminatore sinodale. Anche i cardinali a Roma lo
ammirano, e Pio VII, in esilio a Savona, chiedeva consigli a quel
giovane barnabita pure in esilio a Genova. Nel 1816 viene fatto
cardinale e subito gli vengono affidati incarichi imporantti, come
quello di comporre i concordati con i re di Francia, di Batavia, di
Toscana e di Napoli. Nel 1819 arcivescovo di Genova. Nel 1831
Gregorio XVI lo creava cardinale e nel 1836 lo chiamava alla
Segreteria di Stato, tanto che cos conosciuto fra i pi: Segretario
di Stato. In tale carica aiut molto il papa riuscendo a liberare lo
Stato Pontificio dalla doppia occupazione austriaca e francese. La
sua posizione gli cre molti nemici; si fece schivo e duro anche,
odiato dagli scrittori liberali, fu dipinto a tinte nere. Il suo fu
un governo forte: egli era odiato perch temuto, il suo governo
deplorato perch intrepido e forte contro il quale urt e sinfranse
ogni tentativo di minare e travolgere il governo temporale della
Chiesa. Ma sotto sotto aveva un cuore tenero, come dimostrano i
suoi rapporti con Genova.
Di Lambruschini, nunzio a Parigi, rimangono inedite le sue
Memorie storiche ritenute di massima importanza dalla Civilt
Cattolica per la storia della Francia dItalia ma anche della
Chiesa. Fu lo strenuo difensore del dogma dellImmacolata
Concezione. Mor il 12 maggio 1854.
5) Cardinal Antonio Cadolini (Ancona 1770-1850 Ancona)
Fu arcivescovo di Ancona per 17 anni. Grande pastore danime e
grande oratore. Aveva fatto il noviziato a Sa. Severino nelle
Marche. Quando predic a Roma ebbe un grande successo. Da allora
pass di citt in citt come oratore e quaresimalista (Venezia,
Milano, Bologna, Spoleto, Genova, Pesaro, Napoli). Eletto
Assistente del p. Generale, poi il 21 gennaio 1821 fu eletto
vescovo di Cesena e teneva ancora un quaresimale in S. Maria
Maggiore a Roma. Fece il suo ingresso a Cesena, e con il suo fare
bonario e di buon umore disse: Grazie al cielo stommene benone.
Espressione di un uomo tranquillo, che non si preoccupa delle
difficolt. Fu un pastore molto zelante. Nel 1838 Gregorio XVI lo
trasferiva allArcivescovado di Ancona, sua citt natale. Nel 1843 fu
promosso alla porpora.
6) Cardinal Luigi Bilio (Alessandria 1826-1884 Roma)
Di grandi doti: umilt profonda con grandissima sapienza, piet e
operosit, mitezza e fermezza. Aveva un salute molto precaria, tanto
che allinizio lo si diceva fortunato se fosse riuscito a
raggiungere laltare. Invece no! A Roma e a Napoli insegno filosofia
e fu valente oratore. Fu chiamato a Roma nel 1857. I barnabiti lo
elessero assistente al P. Generale e pio IX lo volle consultore del
S. Ufficio prima e poi della Congregazione dellIndice. Fu proprio
in questo tempo che lavor attorno al Sillabo e si dice che lo
compose lui stesso. Si parlava anche di un Concilio e il papa
decret nel maggio del 1866 il cappello cardinalizio, a soli 44
anni. La notizia lo impaur, and da Pio IX e gli disse: c il famoso
p. Vercellone, cultore di scienze bibliche, perch non a lui? Pio IX
sorrise e gli rispose di aver gi offerto il cappello al Vercellone,
ma lui aveva risposto: No, Santo Padre, c il padre Bilio; egli
giovane e di grande capacit, cos potr rendere a Vostra Santit
grandi servizi, che io, gi avanzato in et, non potrei rendere.
Mirabile gara di umilt! Bilio dovette cedere. Lui accett sperando
che la carica non cambiasse mai il suo cuore. Ma nel concilio del
1870 la figura dl Bilio fu enorme, partecip e tesse le trame delle
discussioni e dei decreti. A lui tocc affrontare il tema
dellinfallibilit pontificia. Fu un grande cardinale ma anche un
grande vescovo della sua diocesi per 10 anni della povera Sabina.
La am, fece visite pastorali tanto da essere chiamato il S. Carlo
della Sabina, pur continuando il lavoro nelle congregazioni romane.
Nel conclave che successe alla morte di Pio IX, il Bilio ebbe il
numero maggiore di voti dopo il Pecci, ma ci furono problemi per la
parte dal lui svolta nel Sillabo.SILLABO
I - Panteismo, naturalismo e razionalismo assoluto
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "8" II -
Razionalismo moderno
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "9" III -
Indifferentismo, latitudinarismo
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "10" IV -
Socialismo, comunismo, societ segrete...
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "5" V - Errori
sulla Chiesa e i suoi diritti
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "6" VI - Errori che
riguardano la societ civile...
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "7" VII - Errori
circa la morale naturale e cristiana
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "8" VIII - Errori
circa il matrimonio cristiano
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "9" IX - Errori
intorno al civile principato del romano pontefice
HYPERLINK "http://web.tiscali.it/claufi/" \l "10" X - Errori che
si riferiscono all'odierno liberalismo- Panteismo, naturalismo e
razionalismo assoluto I. Non esiste niun Essere divino, supremo,
sapientissimo, provvidentissimo, che sia distinto da
quest'universo, e Iddio non altro che la natura delle cose, e perci
va soggetto a mutazioni, e Iddio realmente vien fatto nell'uomo e
nel mondo, e tutte le cose sono Dio ed hanno la sostanza
stessissima di Dio; e Dio una sola e stessa cosa con il mondo, e
quindi si identificano parimenti tra loro, spirito e materia,
necessit e libert, vero e falso, bene e male, giusto ed
ingiusto.II. da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli uomini e
il mondo.III. La ragione umana l'unico arbitro del vero e del
falso, del bene e del male indipendentemente affatto da Dio; essa
legge a se stessa, e colle sue forze naturali basta a procurare il
bene degli uomini e dei popoli.IV. Tutte le verit religiose
scaturiscono dalla forza nativa della ragione umana; laonde la
ragione la prima norma, per mezzo di cui l'uomo pu e deve
conseguire la cognizione di tutte quante le verit, a qualsivoglia
genere esse appartengano.V. La rivelazione divina imperfetta, e
perci soggetta a processo continuo e indefinito, corrispondente al
progresso della ragione umana.VI. La fede di Cristo si oppone alla
umana ragione; e la rivelazione divina non solo non giova a nulla,
ma nuoce anzi alla perfezione dell'uomo.VII. Le profezie e i
miracoli esposti e narrati nella sacra Scrittura sono invenzioni di
poeti, e i misteri della fede cristiana sono il risultato di
indagini filosofiche; e i libri dell'Antico e Nuovo Testamento
contengono dei miti; e Ges stesso un mito.7) Cardinal Luigi
Graniello (Napoli 1834-1896 Roma)
Cresciuto alle scuole dei barnabiti vi volle far parte. A 15
anni entr nel noviziato di Resina, e poi and a Macerata per gli
studi di teologia. Da qui a Roma dove venne ordinato il 26 giugno
1857. Fu destinato a S. Carlo come insegnante di teologia per i
giovani studenti. Grande studioso, scrisse anche un lavoro sul
Potere temporale dei Papi, ma non fu stampato per il suo riserbo.
Fece studi sul battesimo per immersione e per infusione e sui
Piombi diplomatici pontifici. Prese parte a molte congregazioni
pontificie. Nel 1891 fu nominato Segretario della Congregazione dei
Vescovi e dei Regolari e il 25 marzo 1892 arcivescovo titolare di
Cesarea nel Ponto. Il 12 gennaio 1893 p. Granello riceveva il
cappello cardinalizio, ma fu cardinale per soli tre anni. Mor l8
gennaio 1896. Su molte sue opere, come quella sul culto al Santa
Fondatore, incombe il silenzio.
STORIA DEI BARNABITI NEL XIX SECOLO
La scienza in convento
Torretta dellosservatorio del collegio Alla Querce di
Firenze
Let doro della partecipazione dei barnabiti al governo della
Chiesa abbiamo visto come fu lOttocento. Pio IX disse: la serie dei
cardinali barnabiti si sussegue quasi senza interruzione. Dunque un
grande servizio alla Chiesa, nellepoca dei grandi errori
dellIlluminismo e del Giansenismo che sfociarono nella Rivoluzione
francese.
Oltre ai Vescovi di questo secolo, che raggiungono in tutto il
numero di 65, scienziati e storici si pongono a servizio diretto
della Chiesa. Ecco i Padri Denza, Bertelli, che ripristano la
Specola vaticana e determinano lingresso ufficiale della Chiesa nel
mondo della scienza. Il padre Ungarelli che riordina in Vaticano il
Museo Egizio per ordine di papa Gregorio XVI e interpreta ben 10
obelischi di Roma, tra i pi importanti quello di S. Giovanni In
Laterano. Scrisse la Interpretatio Obeliscorum Urbis del 1842.
P. Luigi Ungarelli (1779-1845)
I Padri Bruzza e Colombo che frugano nelle catacombe e negli
archivi vaticani. Competenza, paolina disponibilit a cimentarsi con
ambiti diversi, discrezione e servizio disinteressato, quasi in
punto di piedi, i connotati di questo impegno.
Larcheologo P. Luigi Bruzza (1813-1883)
In particolare il P. Bruzza fu un grande conoscitore delle
catacombe. Una ripetuta caduta in un cantiere di scavo nella
catacomba di S. Ippolito gli provoc un erpete alla gamba che lo
condusse presto alla morte. Da ricordare che con il grande De Rossi
aveva fondato a Roma la Societ romana dei cultori di archeologia
cristiana, che aveva sede proprio nella casa di san Carlo ai
Catinari e della quale il Bruzza fu il primo presidente fino alla
morte.
Da sottolineare la peculiarit dell'impegno scientifico non
raramente di altissimo livello di alcuni religiosi dedicatisi
particolarmente, tra gli altri doveri del proprio ministero
sacerdotale, allo studio delle scienze della terra, realizzando cos
il fecondo connubio piet e scienza, tipico della comune formazione
spirituale e culturale dei membri dellOrdine dei Chierici Regolari
di San Paolo, detti Barnabiti.
In questa particolare luce, dobbiamo rilevare che lattenzione
per la scienza in genere ha accompagnato i Barnabiti lungo tutto
larco della loro plurisecolare attivit. Fin dallapertura delle
prime scuole pubbliche, avvenuta nel 1608 seppur in ritardo
rispetto ad altre famiglie religiose, come i Gesuiti essi si
occuparono di scienza, particolarmente nello studio della filosofia
naturale. Pur soffrendo non poco, non si erano fermati neppure
innanzi allapparente disaccordo tra scienza e fede, dovuto al tema
dellinerranza biblica. Cos molti Barnabiti nel Seicento si
applicarono con assiduit al metodo sperimentale, arrivando ad
assumere nel Settecento uno spiccato orientamento scientifico di
stampo cartesiano, a tal punto che le opere di Copernico, come
quelle di Newton, si trovano in bella vista nella Biblioteca della
loro casa madre di San Barnaba, a Milano.
E proprio agli inizi del Settecento le discipline scientifiche,
fisiche e matematiche, entrarono a pieno titolo nellinsegnamento
scolastico dellOrdine, dando un grande spazio nei collegi al metodo
sperimentale. Anche se gli illustri scienziati che si alternarono
tra quelle cattedre non erano delle improvvise e inspiegabili
meteore apparse all'improvviso nel firmamento della piccola ma
vivace vita dellOrdine, c'era un retroterra preciso, un back
ground, che ben spiega il loro straordinario impegno e successo
scientifico, nella grande fatica e, a volte, nellamara
incomprensione.
Una delle caratteristiche della secolare tradizione pedagogica
barnabita si evidenzia proprio nel fatto che l'insegnamento non si
mai limitato al solo campo letterario, lasciando, cos, ampio spazio
a quello scientifico, soprattutto quando l'insegnamento delle
scienze era al suo inizio e non certo previsto nelle scuole. Cos ai
primi dellOttocento Carlo Porta, poeta meneghino, nel suo famoso
sonetto caudato in cui elencava i migliori ingegni milanesi, nel
campo della fisica si sente di nominare solo quattro barnabiti:
Risega: Fris, Racgn, De Regis, Pini; ossia i padri Paolo Frisi
(1728-1784), matematico e astronomo, Giuseppe Racagni (1742-1822),
Francesco De Regi (1720-1794), matematico ed idraulico ed
Ermenegildo Pini (1793-1835), scienziato e naturalista.
E proprio nel XIX secolo vediamo la Congregazione strutturarsi
come uno straordinario laboratorio scientifico. Ogni scuola vede
alternarsi nelle sue cattedre scienziati di fama nazionale e
internazionale; ogni collegio ha il suo osservatorio astronomico,
spesso finanziato dal P. Generale; ogni comunit tiene il suo
osservatorio sismico e meteorologico, anche se a volte relegato in
una cella campanaria, ma sempre con rilievi esatti. Ogni ramo
scientifico vantava i suoi studiosi: dall'astronomia alla
sismologia, dalla meteorologia alla botanica, dalla matematica alla
numismatica, dall'archeologia all'egittologia, senza parlare poi
del versante letterario.
Tra gli altri ricordiamo: Ambrogio Mazenta (1565-1635),
architetto e idraulico; Redento Baranzano (1590-1622) scienziato ed
astronomo; Angelo Cortenovis (Bergamo 1727-1801); Francesco Stella
(1745-1800) che a Udine, per primo in Italia, fece salire al cielo
dei palloni aerostatici in quel memorabile 24 febbraio 1783, mentre
i fratelli Montgolfier tennero tale sperimento a Annonay il 5
giugno dello stesso anno; Giovanni Cavalleri (1807-1874), ottico,
fisico, astronomo, professore di fisica e di scienze al collegio di
Monza; Pietro Monte (Tonengo di Mazz, 21 agosto 1823), professore
di matematica e fis