Forme di governo dei comuni: Con la legge 81/93 si stabilisce l’elezione diretta del sindaco e del presidente della Provincia, rafforzando il legame tra governi locali ed elettori e consentendo una maggiore stabilità dei governi stessi. Il sistema prevede l’elezione diretta nei comuni con meno di 15.000 abitanti e il ballottaggio, nel caso non sia stato raggiunto il 50% più uno, nelle Province e nei Comuni con più di 15.000 abitanti. La giunta viene nominata dal sindaco, che sceglie i soggetti che meglio possono sostenere il suo programma di governo. Si fissa un limite temporale alla carica del sindaco: non più di due mandati. Si stabilisce che l’elezione dei consigli sia basata su un sistema di liste collegate al candidato sindaco o presidente della Provincia, per garantire a questi una consistente maggioranza in Consiglio. Al sindaco e al presidente della Provincia vengono attribuiti poteri di nomina e di revoca degli assessori e si stabilisce la reciproca autonomia tra giunta e consiglio, la prima con poteri di gestione ed il secondo con poteri di indirizzo; si prevede, inoltre, l’incompatibilità tra le cariche di consigliere e di assessore. Art. 119: “Le regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni […]”. Si evince dal testo che anche ciascun ente locale ha un certo grado di autonomia finanziaria, entro dei limiti che, però non sono stabiliti in maniera chiara. Il fatto che la finanza degli enti locali venga coordinata dallo Stato denota una dipendenza finanziaria delle Province e dei Comuni dai trasferimenti di somme decisi dallo Stato (Costituzione del ’48). Con il nuovo art. 119 si costituzionalizza il principio di autonomia finanziaria anche per le città metropolitane. Le risorse vengono identificate con: - tributi ed entrate propri - compartecipazioni al gettito di tributi erariali - con il fondo perequativo. La Costituzione, prevede, così, che il flusso di risorse riconosciute a ciascun livello territoriale in base alle entrate suddette, sia sufficiente per finanziare interamente l’esercizio delle funzioni attribuite. L’articolo risulta ancora privo di attuazione (Legge costituzionale numero 3 del 2001). In definitiva, gli enti regionali e comunali hanno anche ampia autonomia di spesa. Principio di sussidiarietà: Il principio di sussidiarietà verticale può assumere un duplice significato: se, da un lato, può indicare il favor per il livello di Governo più vicino al cittadino (discendente), dall’altro può essere visto come uno strumento di supporto del livello superiore nel momento in cui quello inferiore non è più in grado di svolgere la funzione (ascendente). Il principio di sussidiarietà orizzontale, tra enti pubblici e soggetti privati, non avendo la possibilità di un’applicazione automatica, s’indirizza ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni. Questi devono garantire, innanzi tutto, che i privati abbiano la possibilità di attivarsi autonomamente per lo svolgimento di attività d’interesse generale, dopo di che, se il livello privato non si è attivato, spetta alle autonomie, in base a questo principio, muoversi per garantire il servizio. Funzioni amministrative: Secondo il primo comma dell’art. 118: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”; sono quindi i Comuni che, in linea di massima, devono svolgere le funzioni amministrative. Il testo unico suddivide le funzioni del Comune in tre grandi blocchi: - Servizi alla persona e alla comunità - Assetto ed utilizzazione del territorio - Sviluppo economico. Art 117: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali […]”. Vi è un capovolgimento (operato, in generale, dalla legge costituzionale n.3/2001) del criterio stabilito in precedenza dall’art. 117 Cost. in materia di riparto delle competenze tra Stato e Regioni.
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Forme di governo dei comuni:
Con la legge 81/93 si stabilisce l’elezione diretta del sindaco e del presidente della Provincia, rafforzando il legame tra governi
locali ed elettori e consentendo una maggiore stabilità dei governi stessi. Il sistema prevede l’elezione diretta nei comuni con
meno di 15.000 abitanti e il ballottaggio, nel caso non sia stato raggiunto il 50% più uno, nelle Province e nei Comuni con più di
15.000 abitanti. La giunta viene nominata dal sindaco, che sceglie i soggetti che meglio possono sostenere il suo programma di
governo. Si fissa un limite temporale alla carica del sindaco: non più di due mandati. Si stabilisce che l’elezione dei consigli sia
basata su un sistema di liste collegate al candidato sindaco o presidente della Provincia, per garantire a questi una consistente
maggioranza in Consiglio. Al sindaco e al presidente della Provincia vengono attribuiti poteri di nomina e di revoca degli
assessori e si stabilisce la reciproca autonomia tra giunta e consiglio, la prima con poteri di gestione ed il secondo con poteri di
indirizzo; si prevede, inoltre, l’incompatibilità tra le cariche di consigliere e di assessore.
Art. 119:
“Le regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la
finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni […]”. Si evince dal testo che anche ciascun ente locale ha un certo grado di
autonomia finanziaria, entro dei limiti che, però non sono stabiliti in maniera chiara. Il fatto che la finanza degli enti locali venga
coordinata dallo Stato denota una dipendenza finanziaria delle Province e dei Comuni dai trasferimenti di somme decisi dallo
Stato (Costituzione del ’48). Con il nuovo art. 119 si costituzionalizza il principio di autonomia finanziaria anche per le città
metropolitane. Le risorse vengono identificate con:
- tributi ed entrate propri
- compartecipazioni al gettito di tributi erariali
- con il fondo perequativo.
La Costituzione, prevede, così, che il flusso di risorse riconosciute a ciascun livello territoriale in base alle entrate suddette, sia
sufficiente per finanziare interamente l’esercizio delle funzioni attribuite. L’articolo risulta ancora privo di attuazione (Legge
costituzionale numero 3 del 2001).
In definitiva, gli enti regionali e comunali hanno anche ampia autonomia di spesa.
Principio di sussidiarietà:
Il principio di sussidiarietà verticale può assumere un duplice significato: se, da un lato, può indicare il favor per il livello di
Governo più vicino al cittadino (discendente), dall’altro può essere visto come uno strumento di supporto del livello superiore
nel momento in cui quello inferiore non è più in grado di svolgere la funzione (ascendente). Il principio di sussidiarietà
orizzontale, tra enti pubblici e soggetti privati, non avendo la possibilità di un’applicazione automatica, s’indirizza ai Comuni, alle
Province, alle Città metropolitane e alle Regioni. Questi devono garantire, innanzi tutto, che i privati abbiano la possibilità di
attivarsi autonomamente per lo svolgimento di attività d’interesse generale, dopo di che, se il livello privato non si è attivato,
spetta alle autonomie, in base a questo principio, muoversi per garantire il servizio.
Funzioni amministrative:
Secondo il primo comma dell’art. 118: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione ed adeguatezza”; sono quindi i Comuni che, in linea di massima, devono svolgere le funzioni amministrative. Il
testo unico suddivide le funzioni del Comune in tre grandi blocchi:
- Servizi alla persona e alla comunità
- Assetto ed utilizzazione del territorio
- Sviluppo economico.
Art 117:
“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dai vincoli derivant i
dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali […]”.
Vi è un capovolgimento (operato, in generale, dalla legge costituzionale n.3/2001) del criterio stabilito in precedenza dall’art.
117 Cost. in materia di riparto delle competenze tra Stato e Regioni.
Il nuovo criterio di riparto ( competenze legislative tra stato e regioni) è così definito: il testo enumera una serie di materie la
cui disciplina è demandata alla competenza esclusiva dello Stato; sono quindi individuate una seconda serie di materie – dette
di legislazione concorrente – per le quali è attribuita alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei
principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato; su tutte le altre materie la potestà legislativa spetta in via esclusiva
alle regioni.
Vincoli comuni alla potestà legislativa dello Stato e delle regioni sono il rispetto della Costituzione nonché i vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
In seguito alla riforma costituzionale del 2001, la potestà legislativa generale appartiene allo Stato e alle Regioni, posti sullo
stesso piano; la competenza è attribuita per materie.
La competenza a legiferare può essere:
esclusiva dello Stato;
residuale (esclusiva) delle Regioni;
concorrente.
L'art. 117 Cost. infatti definisce nel suo 2° comma le materie per le quali lo Stato ha competenza esclusiva, nel 3° le materie per
le quali la competenza tra Stato e Regioni è di tipo concorrente, mentre il 4° comma stabilisce la competenza residuale delle
Regioni su tutte le altre materie.
Prima di questa legge di riforma costituzionale (l. cost. n. 3/2001) le Regioni a Statuto ordinario (quelle speciali già avevano
poteri esclusivi) potevano esercitare il potere legislativo solo nelle materie tassativamente indicate nell’art. 117 Cost. e soltanto
nei limiti di una legge-cornice statale ovvero dei principi fondamentali della materia (cosiddetta competenza concorrente).
Da ultimo la legge 131-2003, la così detta legge La Loggia, precisa che rimangono in vigore le leggi dello Stato nelle materie in
cui la competenza è passata alle regioni, fino a che le stesse non legifereranno sull'argomento; lo stesso vale per le materie su
cui la competenza è passata dalle regioni allo stato, per cui rimarranno in vigore le leggi regionali fino a diversa statuizione dello
Stato.
Il 5° comma del nuovo art. 117 stabilisce il principio della partecipazione delle regioni alla fase ascendente di formazione del
diritto comunitario nelle materie di competenza regionale. Viene inoltre stabilito il principio della competenza regionale
nell’attuazione ed esecuzione nelle stesse materie degli atti dell’Unione europea e degli accordi internazionali. In sede di
attuazione del nuovo disposto costituzionale, queste nuove competenze regionali dovranno essere stabilite nel rispetto delle
norme di procedura stabilite da una legge dello Stato che disciplinerà anche l’esercizio del potere sostitutivo.
Allo Stato spetta emanare i regolamenti nelle materie di competenza esclusiva, salva la possibilità di delega alle regioni, mentre
alle regioni spetta la potestà regolamentare in ogni altra materia (e quindi anche in quelle di competenza concorrente). Ai
comuni, alle province e alle città metropolitane spetta la potestà regolamentare per la disciplina riguardante l’organizzazione e il
funzionamento delle competenze loro attribuite (6° comma).
Il 7° comma dell’art. 117 nel nuovo testo introduce, riferendolo alla legislazione regionale, un principio – quello della parità non
solo formale ma sostanziale tra uomini e donne nella vita sociale, culturale ed economica e nell’accesso alle cariche elettive –
oggi ricavabile da altre disposizioni costituzionali di portata più generale (principalmente dagli artt. 3 e 51 Cost.).
L’esercizio delle funzioni regionali può essere svolto in collaborazione o in comune con altre regioni sulla base di intese che, ai
sensi dell’8° comma dell’articolo in esame, devono essere “ratificate” con legge regionale.
Il 9° e ultimo comma del medesimo articolo prevede la possibilità per le regioni di concludere accordi internazionali pur se nei
limiti e secondo le modalità che saranno stabilite da legge dello Stato. Il sistema di riparto delle competenze normative è
completato dal principio di attribuzione del potere regolamentare.
Le regioni possono emanare leggi senza consenso del parlamento?
Si, perché la regione grazie al suo iter legislativo può portare la legge dinnanzi al consiglio che rappresenta l’organo legislativo.
L'iter necessario per fare uno statuto prima della riforma e dopo la riforma del 2001:
(Dopo la riforma) Secondo l'art. 123 della Costituzione lo Statuto ordinario "è approvato e modificato dal Consiglio regionale con
legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non
minore di due mesi. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali
dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione. Lo statuto è sottoposto a referendum popolare
qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei
componenti il Consiglio regionale"
In seguito alla promulgazione da parte del Presidente della Regione si passa alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della
Regione. Per quanto riguarda le materie, lo Statuto deve disciplinare obbligatoriamente “la forma del governo e i principi
fondamentali di organizzazione e funzionamento” della Regione, l’iniziativa delle leggi, il referendum e la pubblicazione degli atti
normativi.
Lo Statuto ordinario è la Fonte primaria regionale, ma al di sotto gerarchicamente dalla Costituzione. L'articolo 123 della
Costituzione prevede per lo Statuto un contenuto "necessario" che va a disciplinare e regolamentare una serie di norme che
vanno a definire la Forma di governo, il diritto di iniziativa e del Referendum su leggi regionali e provvedimenti amministrativi,
nonché la pubblicazioni delle leggi regionali e dei regolamenti regionali, la modalità di elezione degli organi principali dello
statuto, e le modalità di elezione del Presidente della Giunta regionale (vedi artt. 121-126 Cost), gli organi, i rapporti tra di loro
e le rispettive competenze (vedi art. 121 Cost). Non si possono determinare negli Statuti: gli organi della Regione e le
competenze, (fissati già dall'art. 121 Cost.) e il sistema elettorale e la durata degli organi elettivi (già fissati dagli artt. 122-126)
(Prima della riforma) Lo statuto regionale veniva approvato a maggioranza semplice senza bisogno di due deliberazioni
successive a distanza di due mesi l’una dall’altra.
Prima era approvato con legge della repubblica (ordinaria) in questo modo si toglieva autonomia allo statuto in quanto vi era
una forma di controllo; oggi invece è approvato con legge regionale, non c’è più dunque nessun controllo preventivo o
successivo e nessuna verifica da parte dello stato. Prima la legge della repubblica effettuava un controllo di merito, ossia un
controllo che va a sindacare l’opportunità di una scelta, oggi invece questo controllo non c’è, l’unico controllo in vita è quello
della corte costituzionale per motivi di legittimità costituzionale. Vi è poi un altro controllo, è possibile infatti che vi sia un
referendum a seguito della pubblicazione dello statuto. Tale pubblicazione ha effetti meramente notiziari, una volta pubblicato lo
statuto decorrono 30 giorni, entro questi giorni il governo può impugnare lo statuto ove vi siano state delle illegittimità
(referendum consultivo, confermativo). Attualmente il procedimento di formazione dello statuto, è un procedimento aggravato,
trattandosi di un atto fondamentale della regione, si richiedono due delibere successive e a maggioranza qualificata.
Servizi pubblici:
I servizi pubblici si occupano solo di una determinata categoria di servizi. Essi si dividono in servizi pubblici locali e nazionali.
I primi si basano sul non mercato e la gestione avviene da parte degli enti locali, i secondi si basano sul mercato concorrenziale
a scopo economico, come, ad esempio la somministrazione di energia elettrica.
Potestà statutaria:
La legge 142/90 attribuisce l’autonomia statutaria agli enti locali, consentendo ai Comuni e alle Province di fissare autonomamente le loro norme fondamentali di funzionamento, per quanto riguarda gli assetti organizzativi e le attività.
L’autonomia statutaria è regolata dall’art. 123 che recita:” Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione,
ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e delreferendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei
regolamenti regionali.
Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti,
con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l'apposizione del
visto da parte del Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità
costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.
Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto
a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi”.
Funzioni del sindaco:
Il sindaco è:
- l’organo responsabile dell’amministrazione;
- l’organo che rappresenta l’ente;
- il soggetto che convoca e presiede la giunta.
La responsabilità del sindaco si ripartisce in un nucleo tipico (responsability) ed uno più allargato ( accountability); nel primo
senso comprende la responsabilità penale, contabile, amministrativa, e consente un meccanismo suscettibile di aprire
procedimenti di verifica ed, eventualmente, di sanzione. L’accountability è un fenomeno di relazione dell’organizzazione politica
nei confronti della collettività che l’ha eletta, e nasce dalla necessità di consentire una sufficiente aderenza dell’attività politica
alle esigenze di quella collettività. E’ soprattutto in quest’ultimo senso che si esprime la responsabilità del sindaco come punto di
riferimento dell’attività del governo; nell’altro senso non è sempre il sindaco che risponde davanti agli organi di controllo. Nel
terzo senso il sindaco presiede la giunta (anche il consiglio quando non c’è il presidente). In generale, poi, il sindaco esercita le
funzioni a lui attribuite dalla legge, dallo Statuto e dai Regolamenti, e sovrintende alle funzioni a lui conferite dallo Stato e dalle
Regioni. Talvolta il sindaco può intervenire con atti di natura straordinaria: le ordinanze. Il sindaco come ufficiale di governo si
occupa dello stato civile e del sistema statistico; svolge le funzioni affidategli dalla legge in materia di sicurezza e polizia
giudiziaria.
Principio del "Simulstabuntsimulcadent":
Le dimissioni o la decadenza del sindaco comportano lo scioglimento del consiglio così come le dimissioni della metà del
consiglio più uno comportano la decadenza del sindaco.
Un esempio:
(si riferisce all'art 126 comma 3 Cost. dopo la modifica del 1999) In tutti i casi di revoca o decadenza del mandato del
presidente della Regione (eletto a suffragio universale e diretto), la Giunta decade e con essa anche il Consiglio regionale,
secondo il noto principio simulstabunt,simulcadent. L'espressione latina simulstabuntvelsimulcadentsignifica,infatti, come
insieme staranno così insieme cadranno.
Concessione dei servizi pubblici locali:
Consiste nel far gestire alcune mansioni ai privati che diventano imprenditori creati dallo Stato, che sceglie a quale privato di
questi rivolgersi.
Liberalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici:
I servizi pubblici locali hanno subito due processi diversi: la privatizzazione e la liberalizzazione.
La prima in cui le funzioni statali diventano società per azioni; la seconda in cui si assiste ad un procedimento normativo che
determina la caduta delle riserve (art.43).
Potestà regolamentare regionale:
Secondo l’art. 117 comma 6: “[…]La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia (non esclusiva dello Stato).
Oltre che della potestà legislativa, le Regioni godono di potestà regolamentare.
Dal momento che, in base al nuovo art. 117,6 Cost., essa si esercita in tutte le materie, ad esclusione di quelle riservate alla
competenza esclusiva dello Stato, è da pensare che il potere delle Regioni di adottare atti di normazione secondaria
ricomprenda anche le materie di legislazione concorrente.
Sempre secondo la disposizione costituzionale appena citata, lo Stato può, con delega, affidare alle Regioni l’esercizio della
potestà regolamentare anche nelle materie di propria competenza esclusiva.
Tenendo conto della singolare attitudine, loro riconosciuta, di intervenire nei settori riservati allo Stato, è stato osservato in
dottrina che siffatti regolamenti regionali assumono una collocazione particolare nel sistema delle fonti, essendo separati
rispetto alle leggi regionali, e subordinati solo alle leggi statali che li istituiscono.
I nuovi statuti hanno affidato la potestà regolamentare prevalentemente alla Giunta, ma senza escludere del tutto il Consiglio.
La differente competenza si misura grazie al richiamo ai diversi tipi di regolamento previsti: i soli regolamenti adottabili dal
Consiglio sono quelli c.d. delegati dallo Stato alle Regioni nelle materie di esclusiva competenza statale.
Spetta invece alla Giunta, in generale, l’approvazione non solo dei regolamenti di esecuzione e di attuazione, ma anche dei
regolamenti c.d. autorizzati (cioè quelli che attuano anche a livello regionale un’opera di delegificazione).
Non vi è invece traccia, nei nuovi statuti, di una potestà regolamentare “indipendente”: nelle materie di competenza delle
Regioni la Costituzione pone una riserva di legge regionale che sembra, in effetti, scartare l’ipotesi di regolamenti indipendenti.
Clausole trasversali dello Stato:
All'interno delle potestà dello stato, in riferimento all'art. 117 comma 2, vi sono delle materie che sono viste come dei valori, e
queste sono le clausole trasversali che sono pervasive e sono tre:
- Tutela della concorrenza (libertà economica)
- Livelli essenziali per le prestazioni dei diritti civili e sociali
- Tutela dell’ambiente
Le clausole trasversali sono tre riserve dell’interesse che non posso subire deroghe (art.5).
Trasversali in che senso? In quanto tagliano fuori tutte le altre materie e prediligono queste. La difesa dei diritti umani è alla
base del livello nazionale e di quello internazionale. Questa è la cosa importante: tutelare i diritti umani. L'unione europea così
come l'Onu si batte per questo motivo; infatti in ambito internazionale parleremo di ius cogens, come un qualcosa di
obbligatorio da non violare.
Le clausole trasversali dello stato sono tutte quelle materie (o meglio dire compiti) di competenza legislativa esclusiva statale, le
quali si intrecciano con altri interessi e competenze regionali che possono essere di natura concorrente; ad esempio quella in
materia di protezione civile, quando venga in rilievo la tutela dell'ambiente, ma anche di natura residuale come quelle in materia
di trasporto pubblico locale, quando venga in rilievo la tutela della concorrenza.
Art.116 Cost.:
L’art.116 elenca le 5 regioni a statuto speciale:
- Friuli Venezia Giulia;
- Sardegna;
- Sicilia;
- Trentino-Alto Adige;
- Valle D’aosta.
Specifica, inoltre, che il Trentino-Alto Adige è costituito dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Regolamenti regionali (con la riforma perchè c'è una maggiore propensione a emanare i regolamenti?):
E’ la legge 131/03 che, attualmente, si occupa di affrontare i problemi scaturenti dal rapporto Statuto/regolamenti: il terzo
comma dell’art. 4 afferma infatti che “l’organizzazione degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel rispetto delle norme
statutarie”.
Potestà legislativa concorrente (chiarire cosa spetta allo Stato e cosa spetta alle Regioni):
La potestà concorrente è stabilita dall’art. 117 comma 3, che recita:”[…] Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento
ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”.
Il potere di fare le leggi è nelle mani di 2 enti diversi (sia lo stato che la regione) che, appunto, sono in rapporto di concorrenza;
solitamente, lo Stato si limita a dettare i principi generali inderogabili; la disciplina specifica viene, invece, fornita dal
regolamento regionale.
Proprio in questo ambito, inoltre, stava la differenza tra regioni speciali e ordinarie; infatti le regioni speciali avevano potestà
esclusiva ed integro – attuativa. Le regioni ordinarie, invece, avevano potestà attuativa e concorrente. Adesso, questa
differenza, però, non esiste più.
Rapporto tra le regioni e l’unione europea:
La riforma del titolo V e una rinnovata attenzione alle collettività locali da parte delle istituzioni della Comunità europea
aumentano gli spazi di coinvolgimento delle Regioni al livello comunitario. Ciò è dovuto al processo di integrazione europea che
ha portato a considerare con più attenzione le necessità delle autonomie territoriali. Con la riforma del titolo V vi è un processo
di regionalizzazione degli ordinamenti dei paesi membri dell’Unione europea che comportano dei cambiamenti circa la
partecipazione delle Regioni al processo normativo comunitario. Con l’art. 117 si garantisce alle Regioni la possibilità di
partecipare sia alla fase ascendente comunitaria sia a quella discendente. Le norme di procedura adottate dallo Stato sono la
legge La Loggia art.5 e art. 5 legge 11 del 2005. Queste disciplinano l’intervento diretto o indiretto delle Regioni al processo
normativo dell’UE. Con la legge 11/05 le Regioni possono usare degli strumenti, quali:
- Riserva d’esame: le Regioni possono chiedere una sospensione di ogni decisione su un progetto in discussione al
Consiglio europeo;
- Meccanismo d’intesa: anche questa via è poco praticabile per il mancato tempo che deve trascorrere per fare
un’intesa.
- Osservazione: poco innovativa; le osservazioni devono essere inviate dalla Regione al Governo.
La posizione dello statuto nella gerarchia delle fonti:
Posizione primaria e necessaria.
La posizione dello Statuto è subordinata alla Costituzione;
La posizione dello Statuto è sovraordinata alle leggi regionali;
Con le leggi statali c’è un rapporto di separazione delle competenze perché la legge statale non può andare contro le leggi
statutarie e tendenziale perché lo Statuto deve essere in armonia con la Costituzione ma anche con le disposizioni del titolo V.
Modi di elezione nelle regioni:
I seggi vengono assegnati per i 4/5 (80%) con il metodo proporzionale (in proporzione alle liste concorrenti su base provinciale
con recupero dei voti residui su base regionale) mentre il restante quinto (20%) con il metodo maggioritario (alla lista che su
base regionale abbia conseguito la maggioranza dei voti).
Attualmente l’elezione del presidente si svolge contestualmente all’elezione del consiglio e con le stesse modalità ( eletto il
candidato che abbia ottenuto il maggior numero di voti). L’elezione ha luogo a suffragio universale con voto diretto, libero e
segreto ad eccezione del Trentino-Alto Adige ove il Consiglio è composto dai membri dei consigli delle province di Trento e
Bolzano.
Nelle regioni speciali la materia elettorale è regolata secondo il principio della potestà concorrente (come nelle Regioni
ordinarie). Le leggi elettorali vengono approvate con procedimento aggravato (come per la revisione costituzionale):
approvazione a maggioranza assoluta e sottoponibile a referendum anche se approvata con maggioranza dei 2/3, qualora ne
faccia richiesta una certa percentuale del corpo elettorale.
Statuto speciale - Statuto ordinario:
Le regioni italiane hanno uno statuto, quale fonte dell’ordinamento regionale, ma gli statuti sono di tipo diverso: si distinguono,
infatti, le regioni dotate di uno statuto speciale da quelle dotate di statuto ordinario. La differenza deriva dalla natura e dal
contenuto dell'atto: lo statuto speciale è una legge costituzionale e definisce le forme e condizioni di autonomia speciale,
mentre per le altre regioni le forme e condizioni di autonomia sono stabilite dalla Costituzione e lo statuto ordinario delle stesse
viene approvato con legge regionale statutaria.
Potestà legislativa - Conflitto Stato/Regioni:
La riforma del titolo V ha accresciuto i poteri delle regioni a statuto speciale soprattutto per le materie di competenza
concorrente tra Stato e regioni. Lo Stato può sostituirsi in alcune competenze regionali rispettando il principio di sussidiarietà e
di leale collaborazione, ma se non riesce a garantirli, la Regione può sollevare il problema dinnanzi alla Corte Costituzionale, in
forma diretta, e quest’ultima abroga ogni vario regolamento dello Stato.
- Nuovo testo art. 117 elenca materie di competenza esclusiva dello Stato e le materie concorrenti stabilisce inoltre che allo
Stato è attribuita la competenza legislativa residuale art.117,4.
- I principi fondamentali non necessitano di una legge statale ad hoc poichè possono essere desunti dalla legislazione esistente.
- Assenza di qualsiasi limite alla potestà legislativa residuale.
c. REGOLAMENTI REGIONALI
Art. 117,6 Cost. la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni
mentre per tutte le altre materie spetta alle regioni.
Art.121,2 e 4 Cost. il consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla regione e il presidente della regione
promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali.
I regolamenti regionali sono subordinati sia alla legge statale sia a quella regionale e possono intervenire nelle materie di
competenza degli enti locali.
a.1. STATUTI SPECIALI
Art.116 Cost. :
- Friuli Venezia Giulia
- Sardegna
- Sicilia
- Valle d'Aosta
- Trentino Alto Adige
Dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia secondo i rispettivi Statuti adottati con legge costituzionale.
L. cost. 31 gen. 2001 n.2 art.138 procedimento di adozione:
- Se l'iniziativa della revisione statutaria è del governo o di un parlamentare il progetto deve essere comunicato all'assemblea
rappresentativa regionale che ha due mesi per esprimere un parere.
- Non si fa luogo a referendum nazionale. In tal modo si fa del solo Parlamento l'unico soggetto cui è affidata la tutela
dell'interesse nazionale.
La riforma del titolo V della Costituzione:
Il titolo V si presenta in maniera tale da realizzare una diversa strutturazione dei rapporti tra i vari livelli: si passa, infatti, da una
predeterminazione a priori delle funzioni di ciascun livello, alla nuova idea di un riparto di competenze basato sul principio di
sussidiarietà e adeguatezza, che attribuisce, in primis, le funzioni al livello più vicino al cittadino e che, in caso di miglior
soddisfazione di un’esigenza ad un livello più alto, richiama le funzioni degli enti locali di grado superiore secondo l’adeguatezza.
Ci si presenta, così, un riparto di competenze dinamico e flessibile, tendente a riflettere le esigenze concrete, più vicino alla
base sociale di riferimento, molto simile a quello che è il riparto di funzioni a livello europeo.
Differenza tra politica e amministrazione:
Il principio di sussidiarietà, nato a livello amministrativo, è andato estendendosi anche nell’ambito legislativo, a seguito di un
totale ribaltamento dell’idea dell’organizzazione statale. Il superamento della gerarchia come formula organizzativa statale,
l’immissione del principio di separazione tra politica e amministrazione, il passaggio da un modello unitario ad un modello
pluralista ad autonomie equiordinate, il superamento del principio del parallelismo tra potestà amministrativa e potestà
legislativa, sono il punto di partenza (e di arrivo) dell’idea di una sorta di “prevalenza” del livello amministrativo su quello
legislativo, nel senso che, ribaltando la teoria classica per la quale prima viene la legge e soltanto in un momento successivo il
livello amministrativo, si arriva ad affermare che occorre in primis individuare il livello di Governo adatto ad amministrare e,
sulla base di questa scelta, si attribuisce la potestà legislativa. In sostanza si può dire che la funzione amministrativa attrae in
capo ad un certo livello di Governo anche la funzione legislativa.
Funzioni del Presidente della regione:
Secondo l'art. 121 della Costituzione il presidente della giunta rappresenta la regione; dirige la politica della giunta e ne è
responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla
regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica. Ha, quindi, a livello regionale un ruolo paragonabile a
quello di capo del governo. In tutte le regioni il presidente è, inoltre, membro del consiglio regionale.
Secondo l'art. 122 della Costituzione: "Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta".
Gli statuti regionali precisano le attribuzioni delineate dai predetti articoli della Costituzione, prevedendo altresì che il presidente
presenta al consiglio regionale i disegni di legge e gli altri provvedimenti di iniziativa della giunta; indice le elezioni regionali e i
referendum previsti dallo statuto; convoca e presiede la giunta, stabilendone l'ordine del giorno; assegna ad ogni assessore
funzioni ordinate organicamente per gruppi di materia (le cosiddette "deleghe") e dirime i conflitti di attribuzione tra gli stessi.
Nell'esercizio delle sue funzioni il presidente della regione adotta provvedimenti amministrativi, solitamente in forma di decreto.
Va tuttavia rammentato che, in virtù del principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di gestione, i
provvedimenti presidenziali, come quelli degli altri organi politici, non possono invadere l'ambito delle funzioni di gestione,
riservate ai dirigenti, salve le eccezioni espressamente previste dalla legge. Per lo stesso motivo, il presidente non è più titolato
a stipulare contratti per la regione (mentre può stipulare gli accordi di programma, data la loro natura politica); gli statuti
regionali hanno invece generalmente conservato in capo al presidente la rappresentanza processuale dell'ente.
Il presidente della giunta regionale è autorità sanitaria regionale. In questa veste, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 833/1978 e
dell'art. 117 del D.Lgs. n. 112/1998, può anche emanare ordinanze contingibili ed urgenti, con efficacia estesa all'intero
territorio regionale o parte di esso comprendente più comuni, in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica.
In definitiva, Il Presidente della Regione (più correttamente, della giunta regionale) assomma in sé, in un certo
senso, alcune funzioni del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica; è titolare del
potere esecutivo e ha una funzione chiave all’interno della Regione grazie alle sue attribuzioni: - Dirige la politica della giunta e ne è responsabile;
- Rappresenta la Regione all’esterno;
- Promulga le leggi regionali;
- Dirige le funzioni amministrative che lo Stato ha delegato alla Regione, attenendosi alle istruzioni statali.
Il Presidente può essere sfiduciato dal consiglio, ma non è sostituibile: qualsiasi motivo porti alla
conclusione del mandato del Presidente (sfiducia, morte, dimissioni, impedimento permanente) ha
come immediata conseguenza lo scioglimento del consiglio e l’indizione di elezioni regionali anticipate (si usa normalmente la frase latina simulstabunt, simulcadent«contemporaneamente staranno in piedi,
contemporaneamente cadranno»).
I poteri del giudice amministrativo:
Il giudice amministrativo (G.A.) è un giudice competente per controversie concernenti la tutela di situazioni giuridiche
soggettive nei confronti della pubblica amministrazione, tutela che rientra nella giustizia amministrativa. È presente in
quegli ordinamenti che demandano la risoluzione di tali controversie ad un giudice speciale, sottraendola al giudice
ordinario competente per la generalità delle controversie (cosiddetto modello dualistico).
Agli ordinamenti di cui si è detto si contrappongono quelli, principalmente di common law, ma anche di civil
law (Norvegia, Danimarca, Giappone, Argentina, Cile, Brasile, Perù ecc.), in cui la tutela nei confronti della pubblica
amministrazione è demandata, in linea di principio, agli stessi giudici competenti per le controversie tra privati (cosiddetto
modello monistico). Vi sono anche ordinamenti (ad esempio, la Spagna) che adottano una soluzione intermedia, demandando la
tutela a sezioni specializzate degli organi giurisdizionali ordinari.
Segretario:
Nell'ordinamento italiano il segretario comunale e il segretario provinciale sono organi monocratici rispettivamente del comune e
della provincia.
Secondo l'art. 97 del D. Lgs. 267/2000 il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina
l'attività, salvo quando il sindaco o il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale. Il segretario inoltre:
2/2001 ha modificato le disposizioni di ciascuno statuto delle cinque regioni speciali, riguardanti la revisione statutaria. Le
principali innovazioni introdotte da questa legge costituzionale sono il parere del consiglio regionale sui progetti di revisione
dello statuto e l’esclusione del referendum ex art. 138 Cost. sulle leggi di revisione statutaria.
Consiglio regionale:
Il consiglio regionale è composto in alcune regioni da un numero fisso di consiglieri, come per esempio la Sicilia che ne prevede 90, invece per le altre regioni il numero è stabilito dai loro statuti (il cui numero di componenti può variare da 30 a 80
consiglieri, a seconda della
popolazione della Regione);il consiglio regionale, inoltre, è organizzato in commissioni (competenti per materia); l’assemblea è
suddivisa in gruppi consiliari (legati ai partiti o alle liste) ed è diretta da un Presidente eletto dai consiglieri. I consiglieri regionali, come i parlamentari, non rispondono delle opinioni espresse e dei voti dati
nell’esercizio delle loro funzioni: a questa garanzia di insindacabilità non si accompagnano altre immunità
(come l’autorizzazione a provvedimenti sulla libertà personale e alle intercettazioni).
Al consiglio regionale spetta l’esercizio della funzione legislativa, con l’approvazione delle leggi regionali; un procedimento aggravato è previsto per l’approvazione e la modifica degli statuti ordinari, per cui è
richiesta la maggioranza assoluta in due deliberazioni successive, a distanza di almeno due mesi.
È previsto lo scioglimento del consiglio, prima della scadenza dei 5 anni, quando l’assemblea compie
atti contrari alla Costituzione, gravi violazioni di legge o ci sono ragioni di sicurezza nazionale (in questi casi è il Governo a decidere lo scioglimento) e in ogni caso in cui viene a mancare il Presidente della Regione (sfiducia, morte,
dimissioni, impedimento permanente).
Giunta regionale:
La giunta regionale è formata dal Presidente della Regione e da vari assessori (nominati e revocati dallo
stesso Presidente), espressione della maggioranza che governa l’ente territoriale. La giunta rappresenta
il potere esecutivo: esercita l’iniziativa legislativa, determina l’indirizzo politico della Regione e dirige gli apparati burocratici. Ogni assessore si occupa di un ramo dell’amministrazione; il numero e le
competenze dei membri della giunta variano da regione a regione.
Legge del 1999: Pur regolata da fonti diverse (la Costituzione e gli statuti nelle regioni a statuto ordinario, solo gli statuti
speciali per quelle ad autonomia differenziata), l’organizzazione delle varie Regioni è sostanzialmente
simile in tutt’Italia, ricalcando in qualche modo l’organizzazione dello Stato. Essa prevede:
- Il consiglio regionale, che è l’assemblea legislativa e ha funzioni analoghe al Parlamento statale
- La giunta regionale, corrispondente al Consiglio dei ministri e guidata dal Presidente della
Regione (in gergo giornalistico, «Governatore»), figura analoga al Presidente del Consiglio.
Fino al 1999, le Regioni erano inquadrabili in una forma di governo parlamentare, con gli elettori che votavano soltanto per il consiglio regionale, mentre giunta e Presidente erano espressione del consiglio
(e della sua maggioranza politica). La legge costituzionale 1/1999 ha invece previsto una forma di
governo presidenziale, con l’elezione diretta del consiglio e del Presidente della Regione; ogni singola
Regione, peraltro, è libera di adottare una forma di governo diversa, semplicemente modificando il proprio statuto (occorre una legge regionale, sia pure con procedimento leggermente aggravato).
Nell’attesa che ogni Regione adotti eventualmente un proprio sistema elettorale con una propria legge,
resta in vigore la normativa uguale per tutte le Regioni a statuto ordinario (legge 108/1968, modificata
dalla legge 43/1995 e dalla legge costituzionale 1/1999) che prevede un sistema misto a prevalenza proporzionale (sia pure con correttivi) e porta all’elezione diretta del Presidente della Regione. Presidente e
consiglio sono eletti contemporaneamente, ogni 5 anni, con la stessa scheda: il meccanismo si articola
su liste provinciali (presentate nelle varie circoscrizioni, con alcuni candidati uguali in tutta la regione e altri diversi in ogni
provincia) collegate a una lista regionale del candidato alla Presidenza della Regione; si può votare la lista provinciale e il corrispondente candidato Presidente, solo il candidato Presidente oppure
– con il voto disgiunto – un candidato Presidente e una lista provinciale non collegata con lui (le liste sono
bloccate, dunque non sono ammesse preferenze).
L’80% dei seggi del Consiglio (ripartiti tra le varie circoscrizioni provinciali, in base alla loro popolazione) sono assegnati col sistema proporzionale e, dunque, su base provinciale, mentre il 20% che
resta è assegnato a livello regionale e in base a un sistema tendenzialmente maggioritario. Questa quota del
20% è attribuita alla lista regionale (“del Presidente”) che in tutto il territorio regionale ha ottenuto più
voti: si tratta, in sostanza, di un premio di maggioranza per assicurare stabilità alla compagine che sostiene il Presidente eletto.
Ognuna delle regioni a statuto speciale ha una sua legge elettorale, con regole proprie.
Giunta comunale:
Secondo l'art. 36 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali)
la giunta comunale è uno degli organi di governo del comune, ente locale previsto dall'art. 114 della Costituzione della