47 Quaderno di Studi e Notizie di Storia Naturale della Romagna Quad. Studi Nat. Romagna, 44: 47-77 (dicembre 2016) ISSN 1123-6787 Eugenia Bugni, Giorgio Faggi, Sergio Montanari, Fabio Semprini, Maurizio Sirotti Flora dell’area di riequilibrio ecologico “Selva di Ladino” (Provincia di Forlì-Cesena) Riassunto Vengono qui presentati i dati di un’indagine botanica condotta nell’area del bosco di Ladino (FC), entro il SIC “IT4080009 Selva di Ladino, fiume Montone, Terra del Sole”. Gli studi, effettuati da un gruppo di botanici negli anni 2014-2016, si sono avvalsi di ulteriori dati provenienti da osservazioni personali condotte da alcuni di loro in periodi precedenti. Di notevole interesse è la bibliografia disponibile per l’area, (Negri & Zangheri 1934, Zangheri 1950, Zangheri 1966) che ha permesso di valutare i numerosi mutamenti intervenuti. L’area si dimostra naturalisticamente interessante, e rappresenta uno degli ultimi lembi superstiti di un’ampia fascia boscata che caratterizzava il pedeappenino romagnolo sino ad un secolo fa. Nel complesso lo studio ha portato alla compilazione di una checklist di 466 entità. Nell’analisi dei dati viene fornita la lista completa e la trattazione di alcune specie di particolare interesse fitogeografico. Abstract [Preliminary result of a botanical investigation on the woody area “Bosco di Ladino” in the Site of Community Importance “IT4080009 Selva di Ladino, fiume Montone, Terra del Sole” (Forlì province, northern Italy)]. The research was carried out by a team of botanists through the years 2014-2016, but results include some records from foregoing personal researches carried out by the authors before 2014. The rich bibliography available on the studied area (Negri & Zangheri 1934; Zangheri 1950 and 1966) permits to highlight the changes occurred since those years. The area has a great naturalistic value, as it represents one of the rare remnants of the forested foothill belt of Romagna Apennines, up to one century ago. The over-all result of the investigation is a list of 466 taxa. The check-list is given, with notes on some species of peculiar phytogeographical interest. Key words: Bosco di Ladino, Ladino’s wood, Emilia Romagna, Romagna, flora, Pietro Zangheri, SIC area. Introduzione e precedenti esplorazioni botaniche Il bosco di Ladino è oggi una zona di riequilibrio ecologico di circa 14 ettari che fa parte del SIC “IT4080009 Selva di Ladino, fiume Montone, Terra del
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Quaderno di Studi e Notizie di Storia Naturale della Romagna Quad. Studi Nat. Romagna, 44: 47-77 (dicembre 2016) ISSN 1123-6787
Eugenia Bugni, Giorgio Faggi, Sergio Montanari, Fabio Semprini, Maurizio Sirotti
Flora dell’area di riequilibrio ecologico “Selva di Ladino” (Provincia di Forlì-Cesena)
Riassunto
Vengono qui presentati i dati di un’indagine botanica condotta nell’area del bosco di Ladino (FC), entro il SIC “IT4080009 Selva di Ladino, fiume Montone, Terra del Sole”. Gli studi, effettuati da un gruppo di botanici negli anni 2014-2016, si sono avvalsi di ulteriori dati provenienti da osservazioni personali condotte da alcuni di loro in periodi precedenti. Di notevole interesse è la bibliografia disponibile per l’area, (Negri & Zangheri 1934, Zangheri 1950, Zangheri 1966) che ha permesso di valutare i numerosi mutamenti intervenuti. L’area si dimostra naturalisticamente interessante, e rappresenta uno degli ultimi lembi superstiti di un’ampia fascia boscata che caratterizzava il pedeappenino romagnolo sino ad un secolo fa. Nel complesso lo studio ha portato alla compilazione di una checklist di 466 entità. Nell’analisi dei dati viene fornita la lista completa e la trattazione di alcune specie di particolare interesse fitogeografico.
Abstract
[Preliminary result of a botanical investigation on the woody area “Bosco di Ladino” in the Site of Community Importance “IT4080009 Selva di Ladino, fiume Montone, Terra del Sole” (Forlì province, northern Italy)]. The research was carried out by a team of botanists through the years 2014-2016, but results include some records from foregoing personal researches carried out by the authors before 2014. The rich bibliography available on the studied area (Negri & Zangheri 1934; Zangheri 1950 and 1966) permits to highlight the changes occurred since those years. The area has a great naturalistic value, as it represents one of the rare remnants of the forested foothill belt of Romagna Apennines, up to one century ago. The over-all result of the investigation is a list of 466 taxa. The check-list is given, with notes on some species of peculiar phytogeographical interest.
Key words: Bosco di Ladino, Ladino’s wood, Emilia Romagna, Romagna, flora, Pietro Zangheri, SIC area.
Introduzione e precedenti esplorazioni botaniche Il bosco di Ladino è oggi una zona di riequilibrio ecologico di circa 14 ettari che fa parte del SIC “IT4080009 Selva di Ladino, fiume Montone, Terra del
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Sole” a circa 5 km dal centro di Forlì, in direzione SW, sulla destra orografica del fiume Montone. Ci troviamo sulle primissime pendici collinari che si innalzano dalla pianura, zona dove peraltro si sono conservati anche altri piccoli residui boschivi come il bosco di Farazzano (sempre nel territorio comunale di Forlì), quello di Scardavilla (Meldola) e, situato ad una quota un po’ più elevata, quello di Castelraniero nel faentino.Pietro Zangheri ipotizza che i boschi di questa fascia fossero in diretta continuità e fisionomicamente simili a quelli che, in tempi antichi, dovevano ricoprire tutta la nostra pianura, per cui i relitti di queste formazioni arboree, se pur ridotti di dimensioni e impoveriti floristicamente possono dare testimonianza della flora esistente allora. E’ probabilmente questo aspetto che lo induce alla pubblicazione di una prima flora del bosco (Negri & Zangheri 1934). Lo studio vegetazionale del bosco di Ladino e degli altri analoghi citati poco sopra è stato poi approfondito nel terzo volume della collana “Romagna fitogeografica” (Zangheri 1950) dedicato, come gli altri lavori della serie, a una specifica fascia altitudinale della Romagna, ma definita in realtà da un preciso substrato geologico. Il fattore pedologico che è qui caratterizzante è un terreno calciocarente, dal colore rossastro, che viene definito dallo stesso Zangheri ferrettizzato, per distinguerlo dai veri e propri ferretti, presenti in altre parti della pianura padana, dove la componente calcarea è del tutto scomparsa. Anche nella nostra fascia ferrettizzata tuttavia, come nei veri e propri ferretti, la fertilità agricola è mediocre, cosa che con tutta probabilità ha permesso il permanere delle formazioni boschive più a lungo rispetto alle altre zone di pianura. Vi sono presenti (vedremo che sarebbe meglio dire erano) anche alcune specie tipiche delle brughiere quali Erica arborea e Calluna vulgaris. I nuclei boscati originari oggi presenti a Ladino sono tre per una estensione complessiva di poco meno di 2 ettari: due maggiori, separati dalla S.S. n.67 Tosco-romagnola, e uno, molto piccolo, poco più a monte. Le testimonianze cartografiche della seconda metà dell’800 in nostro possesso mostrano invece una formazione boschiva di gran lunga più estesa, anche se il Santuario di Ladino, che dà il nome all’intero biotopo, risulta già completamente fuori dal bosco. Questo si estendeva su tutta la scarpata collinare più a sud, a partire dalla strada fino a circa 100 m di quota, raggiungendo il toponimo di Ca’ Bacucca (Francesconi, 1993). L’esistenza di un editto del XVIII° secolo che vietava la caccia al cervo e al cinghiale nella selva di Ladino e il fatto che una casa colonica della zona conservi ancora il nome “L’eremo” sono indicativi che il bosco, in un passato più lontano, fosse ancora più ampio. La tavoletta IGM del 1911 mostra la perdita della parte più alta del bosco che quindi raggiungeva solo la quota di 80 m s.l.m. Negli anni ‘30 un’altra porzione di bosco viene persa a favore delle coltivazioni; è l’epoca delle prime esplorazioni di Zangheri che stima che l’estensione boschiva non raggiunga i dieci ettari (Negri & Zangheri, 1934).Negli anni 1941-43 vengono condotte osservazioni e rilievi fitosociologici in vista della pubblicazione di Zangheri (1950).
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Gli avvenimenti bellici dell’ultimo conflitto hanno portato ulteriori notevoli perdite di superficie boscata fino alla situazione attuale. Negli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso due degli autori (Bugni, Semprini) hanno effettuato parziali esplorazioni botaniche della zona.
Nel 1992 una delibera del Consiglio Regionale dell’Emilia-Romagna sancì il recupero e l’ampliamento della zona come area di riequilibrio ecologico quindi, negli anni successivi, il Comune di Forlì, integrando i contributi regionali, acquistò le parti coperte da bosco, i coltivi che li collegavano e altri appezzamenti che andarono a costituire una fascia di protezione marginale. Vennero condotte operazioni selvicolturali (diradamenti delle specie legnose alloctone invasive e riduzione dell’edera).Nel 1997 vennero effettuate operazioni di piantumazione1 sui prati postcolturali con pianticelle ricavate dalla coltivazione di sementi raccolte in loco. In particolare per la porzione arborea: Quercus pubescens (75%), Acer campestre (10%), Fraxinus ornus (15%) e per quella arbustiva: Crataegus monogyna (25%), Prunus spinosa (20%), Cornus sanguinea (20%), Genista sp. pl. e Cytisus sp. (20%), Rosa canina (5%), Erica arborea2 (5%) e Ruscus aculeatus (5%). La collocazione venne fatta “a macchia di leopardo” in modo da lasciare aree scoperte ad imitazione di radure boschive. Lungo il confine dell’area infine venne creata una siepe plurispecifica perimetrale costituita da Prunus spinosa, Crataegus monogyna, Cornus sanguinea e Acer campestre.Negli ultimi vent’anni sono stati effettuati solo modesti interventi di manutenzione e di mantenimento sentieristico.Nelle cartine di pagina seguente (Figura 1) è illustrata la “Selva di Ladino” come compare in immagini dell’epoca e come risulta attualmente.
1 Le specie e le loro percentuali sono state ricavate dal capitolato di appalto lavori dell’epoca.2 Le piante di Erica arborea introdotte nel 1997 risultano scomparse, permane comunque un picco-lo nucleo autoctono (si veda oltre).
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1894 - Primo rilievo cartografico compiuto dall’ I.G.M. (tavoletta al 1:25.000), le parti boscate sono state evidenziate in nero. Da notare la mancanza delle formazioni boscose Q1 e 4 (vedi fig. 2) prossime alla riva del fiume. Data l’acclività della zona è improba-bile che questa fosse messa a coltura, è possibile invece che vi fossa una boscaglia rada, soggetta a tagli frequenti che il cartografo ha preferito non annotare.
1911 - Si noti la diminuzione del bosco nella parte alta e, forse, l’apertura di un viottolo che la attraversa, la futura via Braga.
1929 - Questo è il bosco che esplora Pietro Zangheri. Si vede più chiaramente l’apertura della via Braga, verso la casa omonima, che oggi è strada asfaltata. Una successiva
Figura 1
1894 1911
1929 OGGI
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tavoletta I.G.M. del 1948 presenta la stessa estensione delle parti boscate, ma una foto di Zangheri (1950, a pg. 19) scattata nel 1946 documenta invece come tutta l’ampia zona sud fosse già stata abbattuta; anche testimonianze orali dicono che alla fine della guerra il querceto era ridotto ai soli tre nuclei attuali (Francesconi 1994).
OGGI - Frammento tratto dalla C.T.R. dell’Emilia-Romagna con l’aggiunta dei limiti della attuale riserva.
Materiali e metodiAi fini di una maggior accuratezza floristica l’area oggetto di studio è stata suddivisa in 15 settori caratterizzati ciascuno da una diversa situazione vegetazionale all’incirca uniforme (fig. n. 2). In corso d’opera i settori 6, 7 e 8 sono stati unificati. Come 16° settore sono state considerate le fasce marginali che risentono fortemente della presenza delle strade carrozzabili.Le uscite sono avvenute con varia cadenza nell’arco del periodo 2014-2016, sia singolarmente sia in gruppo. Tutti gli autori hanno partecipato alle escursioni, tuttavia alcuni hanno mostrato una frequenza nettamente maggiore. Buona parte dei dati si devono alla dedizione di Giorgio Faggi ed Eugenia Bugni. Mentre per lo studio bibliografico e analisi la maggior mole del lavoro è stata svolta da Sergio Montanari, Fabio Semprini e Maurizio Sirotti. Ogni specie, quando possibile, è stata identificata direttamente sul posto, in qualche caso con l’ausilio di macchina fotografica e il supporto di esperti del forum Actaplantarum. Solo in qualche rara occasione si è resa necessaria la raccolta di un campione per giungere a una determinazione certa.Per ogni entità è stata stimata la diffusione relativa a ciascun settore secondo la seguente scala:1= un solo esemplare2= rara (un numero inferiore a 10 esemplari)3= comune4= abbondante5= dominante o caratterizzante la fisionomia della vegetazioneLa sistematica adottata è quella presente in IPFI3 consultata nel dicembre 2015, tuttavia nell’elenco contenuto nel presente articolo si è fornito sovente il sinonimo con riferimento a Pignatti (1982).
3 IPFI: index plantarum. http://www.actaplantarum.org/flora/flora.php
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Figura 2 - Cartina dell’area di riequilibrio ecologico di Ladino con la suddivisione in 16 settori serviti per l’indagine floristica.- Q1, Q2, Q3 e 13 sono coperti dal querceto. Stando alle risultanze cartografiche in Q2 e in Q3 il bosco non dovrebbe mai essere scomparso. Probabilmente il bosco di Q1 invece ha visto periodi di forte impoverimento. Nel settore 13 ci sono alberi di discrete dimensioni ma, essendo un frammento molto piccolo, non si hanno garanzie che sia un residuo antico. - La scarpata e la golena del fiume (settori 4, 5, 6, 7, 8, e 9) sono coperti da un bosco misto, a tratti discontinuo e con cospicua presenza di Robina pseudacacia. - I settori 10, 11, 12, 14 e 15 sono le zone oggetto della rinaturalizzazione degli anni ‘90.- Il 16° settore è costituito dai margini (in colore più scuro) che risentono fortemente della presenza stradale.
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RisultatiIl principale prodotto del presente studio è rappresentato dall’elenco delle specie e dalle valutazioni di frequenza di ciascuna per ognuno dei 16 settori sopra menzionati, utilizzando la scala già vista. L’elenco è riportato nella tabella successiva, mentre le valutazioni non sono pubblicate per motivi di spazio. Esse sono state comunque utilizzate per due elaborazioni: il calcolo del valore S che figura nell’elenco e il calcolo di un valore assimilabile alla biodiversità in ciascun settore. Del primo parleremo poco sotto, del secondo nelle Conclusioni. L’archivio completo delle valutazioni specie/settore resta disponile presso gli autori e si ritiene che possa essere convenientemente utilizzato in un eventuale proseguimento delle indagini botaniche.Nella colonna Z (Zangheri) è stato inserito “SI” o “no” per le piante trovate o non trovate da Zangheri (1950) all’epoca delle sue ricerche a Ladino e negli immediati dintorni della fascia “ferrettizzata”.La colonna S (somma) indica un valore numerico, puramente indicativo, utile per avere un’idea di massima sulla frequenza di osservazione nell’area di studio. Volendo fornire un dato di estrema sintesi, si è pensato di sommare gli indici di ognuno dei 16 settori considerati.Nella colonna Note sono fornite alcune indicazioni aggiuntive, come ad esempio lo stato di protezione, l’esoticità (archeofita, neofita) o un sinonimo di uso ancora diffuso. L’elenco che segue rappresenta il riassunto delle osservazioni compiute nel periodo 2014-2016 (salvo per Silene conoidea osservata nel 1993 e non più ritrovata).
N Elenco specie Z S Note1 Abutilon theophrasti Medik. no 2 Neofita
2 Acer campestre L. SI 30
3 Acer negundo L. no 17 Neofita
4 Acer opalus Mill. s.l. no 1
5 Acer saccharinum L. no 1 Neofita, primo dato regionale
6 Achillea collina (Becker ex Rchb. f.) Heimerl SI 2
7 Achillea roseoalba Ehrend. no 8
8 Aegopodium podagraria L. SI 7
9 Agrimonia eupatoria L. subsp. eupatoria SI 17
10 Agrostis stolonifera L. SI 4
11 Ailanthus altissima (Mill.) Swingle SI 9 Neofita
12 Ajuga chamaepitys (L.) Schreb. subsp. chamaepitys SI 6
13 Ajuga reptans L. SI 16
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14 Alliaria petiolata (M. Bieb.) Cavara & Grande SI 28
* L’osservazione è antecedente a Montanari et al. (2015) in cui si precisa che per la pianura romagnola, molte segnalazioni di Bidens frondosa sono in realtà da riferire a Bidens vulgatus (entrambe neofite di recente ingresso in Italia)
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75 Capsella rubella Reut. no 2
76 Cardamine hirsuta L. SI 19
77 Cardamine impatiens L. subsp. impatiens no 2
78 Carduus acanthoides L. no 2
79 Carduus pycnocephalus L. subsp. pycnocephalus no 8
80 Carex distans L. SI 2
81 Carex divisa Huds. no 2
82 Carex flacca Schreb. subsp. flacca no 4
83 Carex flacca subsp. serrulata (Spreng.) Greuter SI 2
84 Carex hirta L. SI 6
85 Carex pendula Huds. SI 17
86 Carlina vulgaris L. subsp. vulgaris SI 6
87 Carpinus betulus L. no 1
88Catapodium rigidum (L.) C.E. Hubb. ex Dony subsp. rigidum
SI 2
89 Celtis australis L. no 1
90Centaurea jacea L. subsp. gaudinii (Boiss. & Reut.) Gremli
SI 8
91 Centaurea nigrescens Willd s.l. no 11
92 Centaurium erythraea Rafn subsp. erythraea SI 16
93 Centaurium pulchellum (Sw.) Druce SI 10
94 Cephalanthera damasonium (Mill.) Druce SI 2 Protetta
95Cerastium brachypetalum Desp. ex Pers. subsp. brachypetalum
SI 2
96 Cerastium glomeratum Thuill. SI 20
97 Cerastium holosteoides Fr. SI 2
98 Cerastium ligusticum Viv. SI 6
99 Cerastium semidecandrum L. SI 4
100 Cercis siliquastrum L. SI 4
101 Chaerophyllum temulum L. no 15
102 Chamaesyce maculata (L.) Small no 7 Neofita
103 Chamaesyce prostrata (Aiton) Small no 6 Neofita
104 Chenopodium album L. subsp. album SI 13
105 Chondrilla juncea L. no 2
106 Cichorium intybus L. s.l. SI 16
107 Cirsium arvense L. Scop. SI 16
108 Cirsium vulgare (Savi) Ten. SI 22
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109 Clematis flammula L. SI 8
110 Clematis vitalba L. SI 29
111 Clinopodium nepeta (L.) Kuntze subsp. nepeta SI 12
112Clinopodium nepeta (L.) Kuntze subsp. sylvatica (Bromf.) R. Morales
SI 2
113 Clinopodium vulgare L. subsp. vulgare SI 4
114 Colchicum lusitanum Brot. SI 2
115 Colutea arborescens L. SI 1
116 Convolvulus arvensis L. SI 10
117 Coriandrum sativum L. no 2 Archeofita
118 Cornus sanguinea L. subsp. hungarica (Karpati) Soo SI 26
119 Corylus avellana L. SI 6
120 Crataegus germanica (L.) Kuntze SI 11
121 Crataegus monogyna Jacq. SI 34
122 Crepis foetida L. no 2
123 Crepis leontodontoides All. SI 6
124 Crepis pulchra L. SI 8
125 Crepis sancta (L.) Babc. subsp. nemausensis SI 25
126 Crepis setosa Haller f. SI 8
127 Crepis vesicaria L. subsp. taraxacifolia (Thuill.) Thell. SI 13
L’elenco sopra riportato comprende un totale di 466 entità riunite in 78 famiglie e 290 generi. Le famiglie più rappresentate sono le Asteraceae con 62 specie (pari al 13% del totale), cui seguono le Poaceae con 54 specie (pari al 8,9%), le Fabaceae con 39 (6,4%), le Brassicaceae con 24 (4%), ed ancora Caryophyllaceae e Lamiaceae con 20 specie (3,3%) ciascuna. Da sole queste 6 famiglie comprendono poco meno del 40% del totale delle specie censite nel lavoro. I generi più frequenti sono Trifolium con 11 specie, Veronica con 9 cui seguono Carex, Crepis, Poa, Ranunculus tutti con 6 specie ciascuno.Al momento di andare in stampa è stata segnalata la presenza di Lonicera xylosteum L. che pertanto non compare nell’elenco specie né nelle elaborazioni successive.
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Principali specie segnalate da Zangheri e non più ritrovate4 Per motivi di chiarezza è sembrato conveniente considerare solo le specie “… maggiormente diffuse che costituiscono la vegetazione caratteristica” (come le indica Zangheri, 1950) e poche altre (per esempio le protette dalla Legge Regionale R.E.R. n. 2/1977 ).
Astragalus glycyphyllos L.Ancora presente negli anni ‘90 (Bugni 1994, Semprini in verbis)
Briza media L.
Calluna vulgaris Hull. glabra Neilr.
Carex diversicolor Crantz. cuspidata (Host.)
Carlina corymbosa L. rothii (Heldr. & Sart.)
Centaurea jacea L. rotundifolia (Hayek.)
Cephalanthera ensifolia Rich. = Cephalanthera longifolia (Huds.) Fritsch. Ancora presente nel 1978 (Semprini in verbis)
Cephalanthera rubra Rich.
Cirsium eriophorum Scop. spurium DC.
Cistus salvifolius L. Ancora presente nel 1980 (Semprini in verbis)
Coronilla varia L.
Cyclamen neapolitanum Ten.
Cynachum vincetoxicum Pers. = Vincetoxicum hirundinaria Medicus
Cytisus hirsutus L. leucotrichus Schur. = Chamaecytisus hisutus (L.) Link. Ancora presente nel 1994, pochi individui in Q1 e più diffuso in Q3 (Semprini in verbis)
Danaa cornubiensis Burn. = Physospermum cornubiense (L.) DC
Epipactis latifolia All. platyphylla Irmsch.= Epipactis helleborine (L.) Crantz. Negli anni ‘90 era presente Epipactis muelleri Godfr. (Semprini in verbis)
Equisetum palustre L.
Fragaria vesca L. viridis (Duch.)
4 è stato ritenuto più corretto indicarle col binomio con cui compaiono in Zangheri, 1950.
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Genista germanica L.
Gymnadenia conopsea R.Br.
Hieracium murorum L.
Hieracium pilosella L.
Hieracium piloselloides Vill. florentinum (all.)
Hieracium sabaudum L. boreale (Fr.)
Hieracium umbellatum L.
Hypericum montanum L.
Inula salicina L.Ancora presente negli anni ‘90 (Bugni 1994, Semprini in verbis)
Lilium bulbiferum L. croceum (Chaix) Le poche piante ancora presenti nel 1994 non arrivarono a fioritura (Semprini in verbis)
Limodorum abortivum Sw.
Linum gallicum L.
Linum usitatissimum L. angustifolium (Huds.)
Linum viscosum L.
Listera ovata R.Br.
Melampyrum cristatum L. Ancora presente nel 1980 (Semprini in verbis)Melampyrum nemorosus L. intermedium (Perr. & Song.)Melittis melissophyllum L.Molinia coerulea Moench arundinacea (Schrank.)Odontites lutea Clairv.
Pulicaria odora Rchb. Presenti pochissimi esemplari in Q3 nel 1993 (Semprini in verbis)
Pulmonaria officinalis L. Citata in Zangheri 1934, non in Zangheri 1950
Ranunculus polyanthemos L. nemorosus DC.
Rosa gallica L.
Saxifraga bulbifera L.
Scilla autumnalis L.
Serapias cordigera L.
Serapias lingua L.
Serapias vomeracea Briq.
Serratula tinctoria L. pinnata (Kit.)
Solidago virga-aurea L. vulgaris (Lam.)
Teucrium scordium L. scordioides (Schreb.)
Thymus serpyllum L. ssp. pl.
Trifolium medium L. flexuosum (Jacq.)
Trifolium ochreoleucum Huds.
Vicia cassubica L.
Vicia grandiflora Scop.
Vicia pisiformis L.
Le diminuzioni più eclatanti sono quelle di due specie tipiche delle brughiere: Calluna vulgaris, completamente scomparsa, e Erica arborea, fortemente diminuita. Per la prima Zangheri (1950) dice testualmente: “... al momento della fioritura forma una distesa ininterrotta e intensamente colorata ...”. Della seconda: “... abbonda più o meno nelle parti scoperte ...” Quest’ultima è stata oggetto della piantumazione del 1997, ma nel corso della presente indagine non è stato rinvenuto nessuno degli esemplari messi a dimora; rimangono invece due
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individui spontanei in Q3, peraltro presenti anche negli anni ‘90. Un’altra specie, tra quelle dei suoli calciocarenti che non è stata più trovata, è Cistus salvifolius; anche di questa in Zangheri (1950) si legge: “... copiosa e dominante ... in particolare a Ladino”.Le tre specie citate sono invece documentate e tuttora presenti nel bosco di Scardavilla5 (Cantagalli, 1997).
Specie protetteLe specie protette presenti nell’area di studio sono 13, di cui ben 10 ascritte alla famiglia delle Orchideaceae: Anacamptis laxiflora, Anacamptis morio, Anacamptis pyramidalis, Cephalanthera damasonium, Himantoglossum adriaticum, Neotinea tridentata, Ophrys apifera, Orchis purpurea, Platanthera clorantha, Spiranthes spiralis. Solamente Dianthus armeria e Dianthus balbisii subsp. balbisii (Caryophyllaceae) e Vinca minor (Apocynaceae) rientrano in famiglie diverse. Fra le entità appena citate occorre sottolineare Anacamptis laxiflora, presente con un solo individuo, molto rara ed in generale diminuzione in tutta la Romagna; le stazioni di pianura hanno subito un drastico ridimensionamento, mentre per la collina manca un quadro complessivo aggiornato.La presenza di Himantoglossum adriaticum è in linea con una tendenza generale relativa a un recente aumento della specie in tutto il territorio Romagnolo, il fenomeno si può supporre connesso al riscaldamento del clima, in particolare all’attenuazione del freddo invernale. Il cambiamento climatico può spiegare anche la comparsa di altre specie mediterranee come Dasipyrum villosum, Galactites tomentosa, Asperula laevigata ecc.
Specie di interesse fitogeograficoElenchiamo brevemente di seguito alcune delle entità rivelatesi più interessanti da un punto di vista biogeografico:
Acer saccharinum L.6 (Acero saccarino, Acero argentato) Fam. Sapindaceae. Specie esotica di origine nordamericana, ampiamente diffusa come albero ornamentale per parchi, giardini e viali. In Italia è segnalata come neofita casuale in molte località del Piemonte, Lombardia e Veneto (Celesti-Grapow et al., 2009). Mancando dati per l’Emilia-Romagna, la presente segnalazione, consistente in un’unica giovane pianta nata a margine del fiume, rappresenta una novità a livello regionale.
5 Così come molte altre dell’elenco sopra riportato.6 Si veda anche il forum Actaplantarum al topic 71572
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subsp. caespitosum (Host) Scholz, sensu Pignatti), (Paleo cespitoso) Fam. Poaceae.Specie autoctona poco nota e studiata; nonostante non sia considerata presente in Emilia-Romagna da Conti et al. (2005), sono disponibili numerose segnalazioni dalla Romagna al Piacentino (Alessandrini et al. 2010). Zangheri (1966) la individua (=Brachypodium pinnatum (L.) P.B. var. caespitosum (Host) Koch) in molte zone della Romagna compreso Ladino. Le stazioni da noi osservate dimostrano una presenza diffusa della specie.
Erica arborea L. (Radica, Scopa di bosco, Erica arborea) Fam. EricaceaeSpecie steno-mediterranea divenuta piuttosto rara in regione. Un tempo era tipica della prima fascia boscata collinare in Romagna, ma venendo meno le condizioni ambientali, se ne è fatto cenno poco sopra, si è notevolmente ridotta. La stazione da noi osservata conferma i dati di Zangheri, tuttavia occorre sottolineare l’esiguità della popolazione residua, essendo costituita da sole 2 piante.
Gaudinia fragilis (L.) P. Beauv. (Forasacchino) Fam. PoaceaeSpecie euri-mediterranea già nota e segnalata in regione; anche se ampiamente distribuita, si tratta tuttavia di una entità piuttosto sporadica che si rinviene in prati e pascoli relativamente mesofili. Zangheri (1966) la individua in varie località romagnole tra cui anche Ladino. La presente osservazione, costituita da poche piante in una zona marginale costituisce un’importante conferma a distanza di molti anni.
Lychnis flos-cuculi L. (Fior di cuculo) Fam. CaryophyllaceaeSpecie a corologia europea, tipica di zone prative spesso concimate, falciate e con una certa umidità. In Romagna si dimostra poco comune e tendente a regredire. Nell’area di Ladino la situazione pare compromessa, poiché è ormai presente una sola pianta.
Koelreuteria paniculata Laxm. (Koelreuteria) Fam. SapindaceaeSpecie esotica di origine cinese, diffusa come albero ornamentale per parchi, giardini e viali. In Italia è segnalata come neofita casuale in varie località della Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Abruzzo, Calabria e Sicilia. La stazione da noi osservata a Ladino, si dimostra stabile nel tempo con qualche giovane pianta che tende a diffondersi nei prati circostanti. Zangheri (1950) la indicava già come naturalizzata nell’area.
Silene conoidea L. (Silene conoide) fam. CaryophyllaceaeRara specie annua di dubbia esoticità, a corologia mediterraneo-turanica. In Italia è nota solo come avventizia nel Lazio ove cresce su terreni aridi sabbiosi in stazioni
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litoranee o suburbane; recentemente si è diffusa anche in Nordamerica. Il dato del presente studio proviene da un campione raccolto da Semprini il 29 maggio 1993 nel settore 15, primo rinvenimento a livello regionale. Da allora la pianta, probabilmente avventizia, non si è più ritrovata.
Trifolium glomeratum L.7 (Trifoglio glomerato) Fam. FabaceaeSpecie eurimediterranea presente in tutte le regioni italiane tranne Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige (Conti et al., l.c.). In Emilia vi sono alcuni dati riguardanti Reggiano, Modenese, Bolognese. Per la Romagna la presente osservazione ha rappresentato il primo dato (Faggi et al., 2013), anche se recentemente (dati inediti di prossima pubblicazione) ne sono state rinvenute altre stazioni.
Specie problematicheEsotiche arboree In primo luogo si osserva una diffusa presenza di Robinia pseudacacia nelle zone marginali del bosco e in prossimità del fiume Montone. Localmente vi sono delle formazioni dense di Ailanthus altissima, anche Koelreuteria paniculata mostra un comportamento simile, ma limitata a una sola stazione. Acer negundo, pur essendo abbastanza diffusa in tutta l’area, si concentra principalmente nei pressi del fiume ove crea locali formazioni quasi monospecifiche. Meno diffusa e presente solamente lungo la riva è Amorpha fruticosa.Le specie qui indicate rappresentano una minaccia per la biodiversità, in generale tendono a sottrarre spazio alle essenze autoctone, con cui, in alcuni casi, entrano in competizione diretta. Ad esempio Acer negundo e Amorpha fruticosa vanno a sostituirsi ai salici e ontani tipici delle rive fluviali. Di minor importanza per l’esigua popolazione sono Ligustrum lucidum e Mahonia aquifolium.Le zone meno interessate da questo fenomeno di invasione sono i querceti che presentano buona copertura e stabilità, formazioni da ritenersi abbastanza prossime alla vegetazione potenziale.
Rampicanti Due specie autoctone rampicanti, Hedera helix e Clematis vitalba, dànno problemi d’invasività. La prima è presente in quantità abnorme specialmente nel querceto. Qui forma uno strato erbaceo molto denso: questo potrebbe aver inciso sulla presenza delle specie erbacee del bosco. L’edera, inoltre, qui si vede anche crescere rigogliosa verso l’alto, e avviluppare le querce fin sulla chioma. Questo fenomeno potrebbe essere favorito dall’amplificazione del cosiddetto “effetto di margine” conseguente alla limitata estensione del bosco. Infatti, come a Ladino, si osserva la stessa cosa anche negli altri piccoli nuclei di bosco della collina.
7 Si veda anche il forum Actaplantarum al topic 50880
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Localmente anche Clematis vitalba può essere alquanto abbondante e vigorosa, ma in situazioni ben più antropizzate, su terreni postcolturali e nei boschi misti ricchi di robinia sui pendii soggetti a discariche di terra dall’alto. Nei querceti meglio conservati la vitalba cresce in forma assai modesta e non crea problemi. Ulteriori problemi alla biodiversità possono venire anche da rampicanti esotiche, in particolare Vitis x koberi; sulla scorta di quanto osservato in molte altre zone della Romagna, può raggiungere una notevole diffusione creando seri problemi alle essenze arboree, sopratutto a carico degli individui giovani che restano soffocati e non riescono a completare lo sviluppo. Anche Sicyos angulatus e Parthenocissus quinquefolia, sono presenti, seppur con pochi individui.
Esotiche erbaceeVarie specie esotiche sono legate al disturbo antropico diretto nei terreni aperti: Abutilon theophrasti, Amaranthus deflexus, Amaranthus retroflexus, Chamaesyce maculata, Chamaesyce prostrata, Erigeron annuus, Erigeron canadensis, Symphyotrichum squamatum. Queste essenze banali sono tipiche degli ambienti antropici connessi con l’agricoltura e gli insediamenti umani. Nell’ambito della Riserva mostrano una buona presenza sui terreni un tempo lavorati o comunque nelle aree disturbate delle zone marginali e limitrofe. Con la sospensione del disturbo al suolo dovrebbero in teoria regredire perché annuali, sostituite progressivamente da vegetazione più stabile. Diverso discorso occorre fare per le rive del torrente. Qui le acque stesse rappresentano uno dei principali elementi di trasporto e diffusione per molte specie, ovviamente anche per numerose esotiche che negli ambienti di greto sono ormai diventate delle stabili presenze. In particolare nell’area di studio si osservano Bidens frondosa, Reynoutria bohemica, Solidago gigantea, Xanthium orientale. subsp. italicum e Cyperus glomeratus che negli analoghi ambienti della sottostante pianura possono raggiungere una notevole abbondanza con impatti tendenzialmente negativi.
Conclusioni
A conclusione del lavoro viene riportata nella tabella sottostante una serie di parametri che descrivono la situazione complessiva all’interno di ciascuno dei 16 settori in cui è stata divisa l’area di studio.Nella prima colonna le tipologie di vegetazione prevalenti.Nella seconda i settori (in corso d’opera è stato necessario accorpare i settori 6, 7 e 8).Nella terza colonna il numero di specie/s.specie rilevate in ciascun settore.Nella quarta la diffusione media delle specie (rapportata alla scala di diffusione da 1 a 5 - vedi pag. 51).
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Nella quinta il numero di specie con diffusione massima (5=dominante o caratterizzante la fisionomia)Nella sesta il numero di specie con diffusione minima (1=un solo esemplare)
Nonostante la doverosa premessa che i settori considerati hanno un’estensione alquanto variabile (pertanto non sempre sono direttamente paragonabili), il confronto numerico si presta ad alcune interpretazioni. In generale si può dire che, sebbene alcune situazioni locali siano ormai banalizzate dalla presenza di una abbondante copertura di esotiche arboree, la diversità studiata si dimostra quasi costante in tutti i settori grazie alla omogenea distribuzione delle specie non dominanti. Infatti, per ogni settore si è individuata una media di diffusione che si attesta attorno al valore 2 (da 1,8 a 2,3) e non vi sono settori che si allontanano particolarmente dalla media.Le aree di querceto costituiscono il residuo di un nucleo ben più vasto e sono un tipo di comunità vegetale piuttosto stabile, anche se impoverita di specie rispetto al passato. Questa stabilità è testimoniata dalla scarsa presenza di neofite che non riescono a trovare una nicchia adeguata per insediarsi stabilmente. Le aree nei pressi del fiume, pur mostrando un maggior numero di taxa, sono fortemente influenzate dalla presenza di neofite, che trovano qui uno dei maggiori
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settori di insediamento. Ovviamente le acque del torrente sono il principale veicolo di trasporto per tali esotiche.Le aree piantumate (tranne la 13) sono comprensive anche delle fasce ecotonali. Sono costituite da zone semiaperte, ospitano varie comunità vegetali in cui si è intervenuti attraverso l’impianto di essenze arboree. Presentano situazioni in evoluzione che possono favorire la presenza di una elevata biodiversità. In tali contesti molte specie di orchidee risultano avvantaggiate e pertanto si assiste qui alla maggior concentrazione di specie protette.Discorso a parte occorre fare per le zone limitrofe alla sede stradale, piuttosto estranee al contesto circostante e fortemente influenzate dalla statale che induce la presenza di specie esotiche o autoctone generaliste. Nel complesso quindi, la presenza dei taxa è elevata, ma ci troviamo di fronte ad una comunità di entità “banali”, di poco o nessun pregio naturalistico.
Ringraziamenti
Ringraziamo il Servizio Verde del Comune di Forlì per aver messo a disposizione la documentazione relativa alla rinaturalizzazione degli anni ‘90.Un particolare grazie va soprattutto al prof. Davide Ubaldi per la rilettura di tutto il manoscritto e per i numerosi e preziosi suggerimenti.
BibliografiaAlessandrini A., Delfini L., Ferrari P., Fiandri F., Gualmini M., Lodesani U. &
Santini C., 2010 – Flora del Modenese. Censimento Analisi Tutela. Provincia di Modena, Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena: 415 pp.
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Cantagalli M., 1997 – La flora di un’isola forestale del basso Appennino romagnolo: il bosco di Scardavilla (Forlì-Cesena). Situazione attuale e confronto col passato. Tesi di laurea in Scienze ambientali, Univ. di Bologna: 100 pp.
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consultato nel dicembre 2015.Montanari S., Faggi G., Bagli L., Sirotti M., Alessandrini A., 2015 – Aggiornamenti
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“ferrettizzati” del Preappennino romagnolo. (anastatica) Arnaldo Forni Editore, Sala Bolognese: 316 pp.
Zangheri P., 1966 – Repertorio sistematico e topografico della flora e fauna vivente e fossile della Romagna. Tomo 1. Museo Civico di Storia Naturale di Verona, Memorie fuori serie, 1(1): 201-480.
______________________Eugenia Bugnivia A. Masini, 25 47122 Forlì [email protected]