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TRIMESTRALE SCIENTIFICO Anno II - n. 4, Dicembre 2008 Guest Editor Carla Colombo Professore associato di Pediatria, Università di Milano Direttore Centro di Riferimento per la Fibrosi Cistica della Regione Lombardia Fondazione IRCCS Ospedale Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena La malattia epatica nella fibrosi cistica IL PROBLEMA Nonostante le principali manifestazioni della fibrosi cistica riguardino l’apparato respiratorio e il pancreas, negli ultimi anni, con l’aumento dell’età di sopravvivenza, è stato ben caratterizzato un ampio spettro di manifestazioni che coinvolgono il fegato e le vie biliari. La frequenza della malattia epatica è stata meglio definita attraverso studi prospettici che hanno attentamente monitorato la sua comparsa e la sua evoluzione in coorti sufficientemente ampie di pazienti FC. L’epatopatia tende a svilupparsi, più frequentemente nel corso della prima decade di vita, in circa il 30% dei pazienti, ma in circa il 5% dei casi, il danno epatico è caratterizzato da una lenta evoluzione in cirrosi ed ipertensione portale, con relative complicanze che rappresentano il problema clinico più rilevante. La patogenesi del danno epatico è complessa e non ancora del tutto definita, anche se sembra essere correlata, almeno in parte, al difetto di base della malattia. A livello epatobiliare la proteina CFTR è espressa esclusivamente a livello della colangiocita, dove svolge un ruolo essenziale ai fini della diluizione e della alcalinizzazione della bile. Tuttavia, numerose altre condizioni, come la malnutrizione, il diminuito assorbimento di specifici nutrienti, il ricorso alla nutrizione parenterale possono contribuire allo sviluppo di un danno epatico secondario. Non esistono terapie specifiche, né il danno epatico può essere prevenuto, anche se vi sono dati clinici che indica- no effetti benefici dell’acido ursodesossicolico (UDCA) e dati sperimentali sull’efficacia della supplementazione con acido docosoesanoico (DHA). Il trapianto di fegato, da solo o in combinazione con il trapianto polmonare, è una necessità non frequente in quanto in questi pazienti la funzione epatica viene a lungo conservata, e pone quindi spesso problemi inerenti indicazione e timing. In questo numero prenderemo in esame le ipotesi patogenetiche, la diagnosi clinica, il follow-up e i possibili esiti della malattia epatica in pazienti con fibrosi cistica.
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FC Strumenti ed Evidenze - n°4 Dicembre 2008

Mar 23, 2016

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Trimestrale Scientifico - La malattia epatica nella fibrosi cistica
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Page 1: FC Strumenti ed Evidenze - n°4 Dicembre 2008

TRIMESTRALE SCIENTIFICO

Anno II - n. 4, Dicembre 2008

Guest EditorCarla ColomboProfessore associato di Pediatria, Università di MilanoDirettore Centro di Riferimento per la Fibrosi Cistica della Regione LombardiaFondazione IRCCS Ospedale Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena

La malattia epatica nella fibrosi cistica

IL PROBLEMANonostante le principali manifestazioni della fibrosi cistica riguardino l’apparato respiratorio e il pancreas, negli

ultimi anni, con l’aumento dell’età di sopravvivenza, è stato ben caratterizzato un ampio spettro di manifestazioni

che coinvolgono il fegato e le vie biliari.

La frequenza della malattia epatica è stata meglio definita attraverso studi prospettici che hanno attentamente

monitorato la sua comparsa e la sua evoluzione in coorti sufficientemente ampie di pazienti FC. L’epatopatia tende

a svilupparsi, più frequentemente nel corso della prima decade di vita, in circa il 30% dei pazienti, ma in circa il

5% dei casi, il danno epatico è caratterizzato da una lenta evoluzione in cirrosi ed ipertensione portale, con relative

complicanze che rappresentano il problema clinico più rilevante.

La patogenesi del danno epatico è complessa e non ancora del tutto definita, anche se sembra essere correlata,

almeno in parte, al difetto di base della malattia. A livello epatobiliare la proteina CFTR è espressa esclusivamente

a livello della colangiocita, dove svolge un ruolo essenziale ai fini della diluizione e della alcalinizzazione della

bile. Tuttavia, numerose altre condizioni, come la malnutrizione, il diminuito assorbimento di specifici nutrienti, il

ricorso alla nutrizione parenterale possono contribuire allo sviluppo di un danno epatico secondario.

Non esistono terapie specifiche, né il danno epatico può essere prevenuto, anche se vi sono dati clinici che indica-

no effetti benefici dell’acido ursodesossicolico (UDCA) e dati sperimentali sull’efficacia della supplementazione con

acido docosoesanoico (DHA).

Il trapianto di fegato, da solo o in combinazione con il trapianto polmonare, è una necessità non frequente in

quanto in questi pazienti la funzione epatica viene a lungo conservata, e pone quindi spesso problemi inerenti

indicazione e timing.

In questo numero prenderemo in esame le ipotesi patogenetiche, la diagnosi clinica, il follow-up e i possibili esiti

della malattia epatica in pazienti con fibrosi cistica.

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Il danno epatico nella fibrosi cistica: uno spettro continuo di condizioni?

Progressione del danno epatico

Impatto della epatopatia grave sulla malattia di base

Epidemiologia del danno epatico nella fibrosi cistica

Ruolo dei geni modificatori

Esami diagnostici

Follow-up e trattamento

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Anno II, N. 4 - Dicembre 2008

Periodico trimestrale a carattere scientificoRegistrazione Tribunale di Milano n. 341del 28/05/2007

EditoreSINERGIE S.r.l.Sede legale: Corso Italia, 1 - 20122 MilanoSede operativa: Via la Spezia, 1 - 20143 MilanoTel./Fax 02 58118054E-mail: [email protected]

Direttore responsabileMauro Rissa

Finito di stampare nel mese di Dicembre 2008

RedazioneSinergie S.r.l.

Guest EditorCarla ColomboProfessore associato di Pediatria, Università di MilanoDirettore Centro di Riferimento per la Fibrosi Cistica della Regione LombardiaFondazione IRCCS Ospedale Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena

ImpaginazioneSinergie S.r.l.

StampaGalli Thierry Stampa S.r.l.Via Caviglia, 3 - 20139 Milano

Tiratura1.000 copie

Copyright ©2008 SINERGIE S.r.l.Tutti i diritti sono riservati.Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiatao riprodotta senza l’autorizzazione dell’Editore.

FC Strumenti ed evidenze è una rivista monografica, trimestrale, dedicata al mondo della fibrosi cistica.Essa si prefigge di trattare argomenti solitamente “meno battuti” dal mondo medico e di offrire, quindi,un contributo originale a chi si occupa della cura dei pazienti o dell’organizzazione dell’assistenza.

FC Strumenti ed evidenze si propone quindi come strumento per la ricerca clinica e per la valutazione deisistemi assistenziali della fibrosi cistica.

La rivista contiene articoli elaborati internamente dalla redazione con il contributo di esperti del settore, alivello nazionale ed internazionale.

Ogni numero viene curato da un Guest editor che ne garantisce la validità scientifica e la completezza.

L’editore sarà lieto di accogliere proposte ed eventuali contributi per la redazione di numeri monograficiche verranno valutati dalla redazione.

Sono anche accettati contributi di esperti che vogliano proporsi come Guest editor di una monografia.

Le proposte possono essere inviate a [email protected]

Pubblicazione con l’egida della

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Anno II - n. 4, 2008

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La lesione epatica patognomonica della fibrosi cisticaè rappresentata dalla cirrosi biliare focale, che conse-gue all’ostruzione dei duttuli biliari da parte di secre-zioni ispessite con fibrosi periportale progressiva. Èl’evoluzione di questo processo fibrotico a portare allosviluppo di cirrosi multilobulare ed ipertensione por-tale. Si tratta, quindi, di una colangiopatia colestatica.

Il ruolo della CFTR

La proteina CFTR è espressa a livello della membranaapicale dei colangiociti e delle cellule epiteliali dellacistifellea, ma non negli epatociti (Cohn JA et al.1993). A livello dei colangiociti la CFTR regola il con-tenuto di acqua, elettroliti e bicarbonato della bile euna sua ridotta funzione comporta la produzione disecrezioni abnormemente ispessite e a pH non alcali-no. Anomalie ultrastrutturali dei colangiociti sonostate documentate frequentemente in pazienti FC, sìda far ritenere che il colangiocita sia la cellula prima-riamente colpita nella malattia (Lindblad A et al.1992). La epatopatia FC è in effetti inclusa tra lecolangiopatie genetiche ed è considerata il primoesempio di malattia epatobiliare dovuta a un difettodi secrezione dell'epitelio biliare.Il deficit o disfunzione della CFTR portano quindi allasecrezione di una bile di aumentata viscosità con possi-bile formazione di tappi di materiale eosinofilo, che ineffetti rappresentano uno degli aspetti istopatologici piùprecocemente riscontrati nei primi anni di vita neipazienti con fibrosi cistica (Oppenheimer EH et al. 1975)La ritenzione di sostanze tossiche e di acidi biliari idro-fobici può, a sua volta, provocare un danno epatocita-rio secondario, con stimolazione della sintesi di cito-chine proinfiammmatorie, aumentata produzione difattori di crescita, aumento della perossidazione lipidi-ca e attivazione della sintesi di collagene da partedelle cellule stellate. La progressione, dalle lesioni ini-

ziali che hanno distribuzione focale, allo sviluppo dicirrosi biliare multilobulare, è generalmente lenta e ilsuo decorso si estende nell’arco di numerosi anni,anche se vi è una notevole variabilità clinica.La continuità del processo è rappresentata nella Figura 1.

Il danno epatico nella fibrosi cistica: uno spettrocontinuo di condizioni?

Figura 1. Patogenesi del danno epatico nella fibrosi cistica. L’assenza funzionale della proteina CFTR provoca disidratazione e ridotta alcalinizzazione della bile. Ciò provo-ca la tendenza alla precipitazione delle secrezioni biliari e ostruzione dei duttili biliari. Nella maggior parte dei casi ciò non ha conseguenze cliniche rilevanti, ma in circa il 5% dei casi il danno epatico progredisce fino allo sviluppo di una cirrosi multilobulare con ipertensione portale. La suscettibili-tà al danno epatico è influenzata non solo dalla presenza di mutazioni severe del gene CFTR, ma anche da altri geni detti geni modificatori. Da Wilschanski M, 2007.

CFTR mutations

Defective CFTRfunction

Bile flowToxic bileBile precipitation

Focal biliaryobstruction

Focal periportalinflammation

biliary cirrhosis

Multilobularcirrhosis

Hepatosplenomegalyportal hypertension

hypersplenism

Modifier geneeffect

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Da un punto di vista patogenetico e clinico, non èancora chiarito perché la compromissione epatica siverifichi solo in un terzo dei pazienti, né perché ildecorso dell'epatopatia possa essere più rapido esevero in una piccola percentuale di pazienti.Non sono s ta te r i s con t ra te co r re l a z ion igenotipo/fenotipo che dimostrino una associazionefra malattia epatica e genotipo CFTR, anche se lagrande maggioranza dei pazienti con cirrosi sono por-tatori di mutazioni severe di classe I-III (Colombo C etal. 1994; Wilschanski M et al. 1999).Si ritiene attualmente che la progressione del dannoepatico possa dipendere dalla influenza di geni modi-ficatori che ne possono aggravare il decorso attraver-so meccanismi diversi. Non è ancora chiarito il rapporto fra la presenza pre-coce di segni ecografici di steatosi e sviluppo di malat-tia epatica grave.In effetti, la steatosi epatica è un fenomeno non raronella fibrosi cistica e viene riportata nel 23-67% deipazienti. Essa può essere provocata da condizionicome la malnutrizione o carenze nutrizionali specifi-

che come deficit di acidi grassi essenziali, di carnitinao colina (Linblad et al. 1999; Chen et al. 2005).È possibile che la steatosi sia del tutto benigna eche non rappresenti, necessariamente, un primopasso verso lo sviluppo di cirrosi. Ma in alcuni casisembra dimostrata la continuità fra le due condizio-ni.

Le basi fisiopatologiche della malattia epatica. Nota bibliografica.

Freudenberg F, Broderick AL, Yu BB, Leonard MR,Glickman JN, Carey MC. Pathophysiological basisof liver disease in cystic fibrosis employing aDF508 mouse model. Am J Physiol GastrointestLiver Physiol 294: G1411-G1420, 2008.

Questo studio è stato condotto per comprendere megliole alterazioni fisiopatologiche precoci del danno epaticonella fibrosi cistica, utilizzando un modello animaledella Fibrosi Cistica, il topo con la mutazione F508del.

Figura 2. Evoluzione del danno epatico nella fibrosi cistica (Da Colombo, 2007)

Istopatologia e fisiopatologia Clinica e laboratorio

Assenza di sintomi e segni

± Epatomegalia/alterazioni biochimiche

Fegato aumentato di volume e consistenza

AsciteEncefalopatia

Epatosplenomegalia

Ipersplenismo/emorragia gastrointestinale

Anomalie del colangiocita

Tappi di muco nei dotti biliari

Proliferazione/infiammazione

Cirrosi biliare focale

Cirrosi biliare multilobulare

Ipertensione portale

Insufficienza epatica

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Gli autori partono dall’ipotesi che la presenza di con-centrazioni aumentate di sali biliari nel colon (a causadel malassorbimento intestinale di sali biliari, che siverifica nei pazienti FC con insufficienza pancreatica)porti alla formazione di una bile ricca di acidi biliariidrofobici potenzialmente epatotossici e di bilirubinaper induzione di un circolo enteroepatico di bilirubinanon coniugata. L’aumento di bilirubina a livello biliarepotrebbe quindi dare origine a un aumento del rap-porto sali biliari/fosfolipidi nella bile e, in seguito aidrolisi della bilirubina, alla precipitazione di sali dibilirubina con metalli bivalenti. Lo studio documenta un aumento della escrezione feca-le di acidi biliari e della secrezione biliare di sali biliariidrofobici nel topo CF rispetto al topo wild type. La velo-

cità di secrezione biliare di bilirubina monoglucuronata,sali biliari, fosfolipidi e colesterolo è risultata in effettiaumentata, come pure è risultato aumentato il rapportosali biliari/fosfolipidi. L’istopatologia del fegato degli ani-mali portatori della mutazione F508del ha dimostratouna precoce colangiopatia nel 53% dei casi e un deposi-to di sali di metalli bivalenti a livello dei colangiociti. Gli autori concludono che l’aumentata secrezione di acidibiliari nelle feci comporta una maggior presenza di acidibiliari idrofobici e di bilirubina nella bile e che quest’ultimapossa rappresentare la principale causa di aumento delrapporto sali biliari/fosfolipidi e dell’idrolisi della bilirubinaglucuronata. Tutte queste alterazioni dell’equilibrio biliarepotrebbero danneggiare i dotti biliari intraepatici e facilita-re l’ingresso di bilirubina non glucuronata nei colangiociti.

Progressione del danno epaticoSi ritiene che la malattia epatica si sviluppi in gene-re prima della pubertà, anche se spesso rimane cli-nicamente silente. I primi segni possono essere bio-chimici, con aumento delle transaminasi o delle γGT.L’epatomegalia può comunque essere isolata.Il danno epatico grave è caratterizzato dalla cirrosimultilobulare cui tende progressivamente ad asso-ciarsi ipertensione portale, mentre l’insufficienzaepatica con compromissione della funzione di sin-tesi epatica è evento molto tardivo. (Feigelson J etal. 1993; Debray D et al. 1999; Gooding I et al.2005). Come accennato, l’evoluzione è generalmente

molto lenta (Linblad et al. 1999, Lamireau et al.2004, Ling et al. 1999).Le complicanze dell’ipertensione portale includono losviluppo di varici esofagee, con possibile rottura esanguinamento. È interessante notare che uno studiorecente su pazienti adulti con FC ha riportato unasopravvivenza mediana dopo un primo episodio diemorragia da rottura di varici pari a 8.4 anni, il checontrasta con una mortalità molto più elevata inpazienti con cirrosi da altre cause (Gooding et al,2005).Tra le altre complicanze dell’ipertensione portale,non è infrequente la splenomegalia massiva con

Impatto della epatopatia grave sulla malattia di baseLo sviluppo di cirrosi con ipertensione portale neipazienti FC spesso comporta un peggioramentodello stato nutrizionale e può avere un ruolo suldeterioramento delle condizioni respiratorie emetaboliche. La colestasi, con il deficit di acidibiliari, peggiora il malassorbimento lipidico indotto

dall’insufficienza pancreatica, universalmente pre-sente nei pazienti CF con danno epatico; la cirrositende a indurre resistenza all’insulina e, quindi,favorisce lo sviluppo del diabete legato alla fibrosicistica. Bisogna tener presente che il diabete e la cirrosi

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divengono entrambi più frequenti a partire dall’adole-scenza e che possono, quindi, contribuire in manierasinergica al peggioramento delle condizioni cliniche emetaboliche; d’altra parte la malattia epatica è statariportata essere un fattore aggravante la presenza deldiabete legato alla fibrosi cistica. Infatti, in un recentestudio multicentrico italiano, il diabete è stato diagno-sticato più frequentemente in pazienti FC con epato-patia rispetto a pazienti senza epatopatia (16.7% ver-sus 1.7%, OR = 11.6, 95% CI 1.43-93.0). Ciò suggeri-sce la necessità di monitorare più precocemente eaccuratamente la tolleranza glucidica in pazienti epa-topatici (Minicucci L et al. 2007).Per quanto riguarda la malattia polmonare, l’epato-splenomegalia e la presenza di ascite possono peg-giorare la funzione respiratoria e, in effetti, il trapian-to di fegato è stato associato a un suo miglioramento.L’ipertensione portale può comportare un quadrodenominato sindrome epato-polmonare, legato adalterazioni del circolo polmonare e all’alterato meta-bolismo di fattori infiammatori che peggiorerebberola funzione respiratoria.La presenza di epatopatia severa è stata recentemen-te riportata non rappresentare un fattore di rischio perquanto riguarda l’osteoporosi, tuttavia un significativomiglioramento dell’osteopenia grave è stato riportatoin pazienti FC dopo trapianto epatico, che potrebbeessere legato non solo al miglioramento della funzio-

ne epatica, ma anche a quello dello stato nutriziona-le, del metabolismo della vitamina D, e all’incremen-to della attività fisica (Colombo C et al. 2005).

Altre manifestazioni epatobiliariLa Tabella (da Wilschanski e Durie, 2007) riportauna stima della frequenza delle altre manifesta-zioni a livello epatobiliare in pazienti con fibrosicistica.La frequenza di alterazioni delle vie biliari intra- edextraepatiche è elevata. Una percentuale compresatra l’1-10% dei pazienti sviluppa calcoli biliari.Frequente è il riscontro di una microcolecisti non fun-zionante e vari pazienti presentano colecisti dilatata,all’apparenza ostruita. Sono stati descritti casi di ostruzione del coledoco,con ittero e dolore biliare. Sulla frequenza di questacomplicanza si è molto dibattuto e dal punto di vistapatogenetico è stata ipotizzata la possibilità diun’ostruzione estrinseca dovuta alla compressioneda parte della testa del pancreas fibrotico. Allacolangiopancreatografia retrograda o alla colangio-grafia transepatica si riscontrano spesso modifica-zioni che ricordano la colangite sclerosante, chesono probabilmente secondarie all’accumulo di pro-teine, muco nel lume dei dotti biliari.Spesso si riscontrano anche calcoli nelle vie biliariintra- ed extraepatiche.

Tabella 1. Complicanze epatobiliari nella fibrosi cistica(Da Wilschanski et al, 2007)

Complicanze Prevalenza stimata (%)

20-60

11-70

5-7

Rara

5-20

3-20

10-25

Non stabilita

Rara

Raro

Epatiche

Steatosi

Cirrosi biliare focale

Cirrosi multilobulare

Insufficienza epatica

Biliari

Microcolecisti

Distensione della colecisti

Colelitiasi

Calcolosi intraepatica

Compressione estrinseca del dotto biliare comune

Colangiocarcinoma

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Epidemiologia del danno epatico nella fibrosi cisticaÈ importante sottolineare che la malattia epatica è,generalmente, un fenomeno precoce che si manifestanel corso della prima decade di vita o intorno all’adole-scenza e comunque prima dell’età adulta. Alcuni studihanno monitorato prospetticamente la comparsa diepatopatia in coorti di pazienti FC seguite regolarmentepresso Centri di Riferimento; l’incidenza cumulativa diepatopatia è risultata compresa tra 27 e 35% (Linblade al. 1999; Colombo et al. 2002; Ling et al. 1999).I dati di prevalenza della malattia epatica ottenutiattraverso studi trasversali hanno invece fornito datidi prevalenza molto variabili, con una tendenza allasottostima del problema epatico e ciò può essereattribuito soprattutto alla variabilità nelle definizioni enei criteri diagnostici. (Scott-Jupp et al. 1991).

Fattori di rischio per lo sviluppo della malattia epatica

La malattia epatica è risultata associata a una serie difattori come la presenza di un genotipo CFTR severo,insufficienza pancreatica, sesso maschile, ileo dameconio, età alla diagnosi (Colombo et al. 1994;Wilschanski et al. 1999; Colombo et al. 2002;Lamireau et al. 2004; Corbett et al. 2004).La Tabella 2 riporta una serie di fattori che sono risul-tati associati al rischio di sviluppare malattia epaticanella fibrosi cistica. Fra essi resta controversa l’asso-ciazione con l’ileo da meconio, che è stata ripetuta-mente documentata in alcune popolazioni, ma nonin altre.

Tabella 2. Fattori di rischio legati allo sviluppo di malattia epatica nei pazienti con fibrosi cistica(Da Colombo, 2007)

Fattore di rischio Referenza

Colombo et al, 1994; Wilschanski et al, 1999; Colombo et al, 2002; Lamireau et al, 2004

Colombo et al 1994 ; Wilschanski et al, 1999; Colombo et al, 2002; Lamireau et al, 2004

Colombo et al, 2002; Scott-Jupp et al. 1991; Feigelson et al. 1993; Debray et al. 1999; Melzi et al. 2006

Colombo et al, 2002; Debray et al. 1999, Lamireau et al, 2004

Corbett et al. 2004

Insufficienza pancreatica

Genotipo severo

Sesso maschile

Ileo da meconio

Età alla diagnosi

Meccanismo

Malassorbimento, malnutrizione

Perdita funzionale di CFTR, fattore non sufficiente

Ormoni?

Geni modificatori? Malnutrizione

Manutrizione

Ruolo dei geni modificatoriLa malattia epatica grave si verifica prevalentementein pazienti con insufficienza pancreatica, quindi porta-tori di mutazioni CFTR appartenenti alle classi I, II o IIIin entrambi gli alleli. La maggior parte degli studi hadimostrato una netta prevalenza maschile, ma non siè trovata una chiara associazione con specifichemutazioni del gene CFTR.

Negli ultimi anni, la ricerca sul ruolo svolto da genidiversi dal gene CFTR (geni modificatori) nell’in-fluenzare l’andamento della malattia è stato unodegli argomenti di maggiore interesse nella ricercasulla fibrosi cistica. È, infatti, noto che a parità dimutazioni del gene CFTR, la malattia polmonare edanche quella epatica possono avere andamenti

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discordanti. Pazienti con la mutazione F508del,considerata grave in omozigosi, possono talvoltapalesare una malattia benigna, paucisintomaticafino all’età adulta. Si ipotizza che, in questi casi,possano avere un ruolo altri geni in grado di com-pensare o peggiorare l’effetto della carenza diCFTR. Sono stati identificati alcuni geni come possibilimodificatori della malattia epatica in fibrosi cistica,tra cui il gene dell’α1-antitripsina, il gene del TGFβ(transforming growth factor-β), il gene MBL (manno-se bindinglectin) e quello della glutatione-trasferasi.Se il loro ruolo verrà confermato su casistiche piùampie di pazienti, il riscontro dei polimorfismi asso-ciati a progressione del danno epatico permetterà diindividuare i pazienti a maggior rischio sin dalmomento della diagnosi e di instaurare strategieprofilattiche.

Geni modificatori e malattia epatica nella fibrosi cistica: nota bilbiografica

Castaldo G, Fuccio A, Salvatore D, Raia V,Santostasi T, Leopardi S, Lizzi N, LaRosa M,Sigillo N, Salvatore. Liver expression in cysticfibrosis could be modulated by genetic factorsdifferent from the cystic cibrosis ransmembra-ne regulator genotype. Am J Med Gen 2001;98:294-297.

La presenza di geni modificatori viene suggerita dalconfronto all’interno di coppie di fratelli con le stessemutazioni per CFTR (F508del/R553X, F508del/unknown, unknown/unknown) fortemente discor-danti per l’evoluzione della malattia epatica.

Henrion-Caude A, Flamant C, Roussey M,Housset C, Flahault A, Fryer AA, Chadelat K,Strange RC, Clement A. Liver disease in pediatricpatients with cystic fibrosis is associated withglutathione S-transferase P1 polymorphism.Hepatology 2002; 36:913-917.

Uno dei ruoli della CFTR è di modulare il trasporto diglutatione ridotto e un’alterata funzione del geneCFTR comporta una ridotta protezione nei confrontidello stress ossidativo. Gli autori verificano l’ipotesi

che due enzimi appartenenti alla superfamiglia delleglutatione-trasferasi (GST), la GSTM1 e la GSTP1,entrambe espresse nell’epitelio biliare, possanoinfluenzare la condizione epatica in pazienti con FC. Ipolimorfismi di GSTM1 e GSTP1 sono stati studiati in106 bambini FC (età media 11.5 anni): la frequenzadel polimorfismo GSTP1-Ile105/Ile105 è significativa-mente superiore nei pazienti con epatopatia che inquelli senza (P < .03). Fra i pazienti con meno di 6anni, il genotipo, GSTP1-Ile105/Ile105 è associato aun rischio di danno epatico aumentato di 8 volterispetto ad altri genotipi GSTP1 (P < .002). Non sisono riscontrate associazione fra danno epatico egenotipi GSTM1.

Gabolde M, Hubert D, Guilloud-Bataille M,Lenaerts , J Feingold Besmond The mannosebinding lectin gene influences the severity ofchronic liver disease in cystic fibrosis. J MedGenet 2001; 38:310-311.

Gli autori hanno studiato la possibilità che variantidella lectina legante il mannosio (mannose bindinglectin: MBL), proteina che svolge un ruolo importan-te a livello del sistema immunitario, possano essereassociate a diversa frequenza di cirrosi in un gruppodi 216 pazienti portatori della mutazione F508del inomozigosi. L’analisi dei dati dimostra una significati-va associazione con una mutazione della MBL (inomozigosi o in eterozigosi composta con altrevarianti). Gli autori ipotizzano che la mutazione nellaMBL possa aumentare la suscettibilità epatica adagenti virali o batterici e facilitare la progressionedel danno epatico. È interessante ricordare che laMBL è anche supposta giocare un ruolo come genemodificatore della progressione della malattia respi-ratoria.

Friedman KJ, Ling SC, Lange EM, et al. Geneticmodifiers of severe liver disease in cystic fibrosis[abstract]. Pediatr Pulmonol 2005; 40 (Suppl28):247.

Dati preliminari che indicano che l'eredità in eterozi-gosi dell’allele Z dell’α-1-antitripsina conferisce unaumentato rischio di sviluppo di malattia epaticagrave.

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Esami diagnosticiNon esistono test diagnostici specifici per l’epatopatiaassociata alla fibrosi cistica e la diagnosi si basa tutto-ra sulla combinazione di anomalie dell’obiettività cli-nica (presenza di epatomegalia), dei test di funziona-lità epatica e dell’ecografia. È comunque da sottolineare che le alterazioni biochi-miche possono essere lievi, intermittenti o possonoaddirittura mancare anche in pazienti con cirrosi mul-tilobulare, non essendo correlate all’istopatologia(Potter et al, 1997). L’aumento isolato degli enzimi dicitolisi può essere un segno di steatosi che può dipen-dere da deficit nutrizionali.D’altra parte l’esame bioptico è caratterizzato da unelevato rischio di errore di campionamento, visto chele lesioni epatiche hanno tipicamente distribuzionefocale (Potter et al, 1997). In considerazione dell’in-vasività della biopsia epatica, essa non viene pratica-ta di routine, ma limitatamente ai casi in cui sussistaun dubbio diagnostico. La diagnostica per immagini ha quindi acquisito note-vole importanza e sono stati descritte recentementealterazioni del tutto peculiari (Akata e Akhan, 2007;Chaudry et al, 2006). L’esame ultrasonografico, innocuo e non invasivo, madipendente dall’operatore, permette di ottenere numero-se informazioni sul tipo di lesioni presenti e resta il prin-cipale esame di routine per la diagnosi e il follow-up dellamalattia. In studi prospettici, le alterazioni dell’ecogenici-

tà del parenchima epatico sono risultate precedere quel-le cliniche e biochimiche, sì da essere considerate utili perriconoscere precocemente la malattia (Patriquin et al.1999; Lenaerts et al. 2003). Sono state descritte lesionipeculiari, rappresentate dalla presenza di pseudomasse,con aspetto lobulato responsabili della disomogeneità delparenchima (Akata and Akhan, 2007). Esse si presentanocome aree iperecogene circondate da un bordo ipoecoge-no, quest’ultimo corrispondente al parenchima epaticonormale compresso tra queste aree steatosiche. La presenza di tessuto iperecogeno periportale dispessore superiore ai 2 mm viene considerata criteriodi fibrosi periportale.È stato proposto un semplice punteggio ecografico perseguire nel tempo la progressione del danno epatico,che si basa sull’aspetto del parenchima, sulla nodula-rità dei margini e sull’iperecogneicità periportale.(Williams et al. 1995). In pazienti adulti sono anche state descritte alterazio-ni simili a quelle della colangite sclerosante median-te colangio-risonanza magnetica (Durieu et al. 1999)che potrebbe rivelarsi la migliore indagine per indivi-duare e seguire la malattia.Importanti informazioni sono anche ottenibili con lascintigrafia epatica, che è stata utilizzata anche permonitorare l’evoluzione della malattia e la risposta altrattamento con acido ursodesossicolico e (Colomboet al. 1992; O’Connor et al. 1996; Foster et al. 2002).

Follow-up e trattamentoIl follow-up dei pazienti con fibrosi cistica ed epatopa-tia consiste nel monitoraggio clinico (con valutazionedella consistenza e del volume epatico e della presen-za ed entità della splenomegalia), biochimico (indicidi citolisi, colestasi e di sintesi epatica) ed ecografico;la frequenza dei controlli dipende dalla severità dellaepatopatia. Quando è presente cirrosi è stato suggeri-to di controllare periodicamente i livelli di αfetopro-teina, per il rischio di sviluppo di epatocarcinoma.In pazienti con splenomegalia, la presenza di varici

esofagee e di gastropatia ipertensiva viene controlla-ta endoscopicamente, con frequenza anch'essa varia-bile, ma in genere ogni 2 anni.

Terapia con acidi biliari

Obiettivo della terapia con acidi biliari è di migliorarela secrezione della bile migliorandone le caratteristi-che in termini di composizione e viscosità. La somministrazione di acido ursodeossicolico (UDCA)

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può essere utile a questo scopo (Paumgartner et al.2002). Si tratta di un acido biliare altamente idrofilico,non tossico, che costituisce circa il 3% degli acidi biliaripresenti nella bile umana; è dotato di proprietà citopro-tettive , antiapoptotiche e coleretiche, essendo in gradodi stimolare la secrezione biliare sia a livello dell’epato-cita che dei colangiociti. Si ipotizza che l’UDCA possastimolare la secrezione di cloro attraverso un canalecalcio-dipendente (Chinet et al. 1999). In pazienti FC con epatopatia la terapia con UDCA è risul-tata avere effetti benefici in termini biochimici (Colomboet al. 1996), istologici (Lindblad et al. 1998), sul drenag-gio biliare (Colombo et al. 1992) e anche sul metaboli-smo degli acidi grassi essenziali (Lepage et al. 1997). La dose di UDCA (20 mg/kg) (Colombo et al. 1992) èsuperiore a quella utilizzata in altre malattie colesta-tiche perché l’assorbimento intestinale di acidi biliariè ridotto in pazienti con fibrosi cistica.

Il possibile ruolo del DHAQuesto lavoro sperimentale è stato condotto su unmodello animale C57Bl/6J (Cftr)_/_ che sviluppa unamalattia simile alla fibrosi cistica in diversi organi com-presi polmone e fegato. Obiettivo della ricerca era di sta-bilire se l’acido docosaesaneoico potesse essere utile nelprevenire lo sviluppo del danno in vari organi. Il tratta-mento cronico con DHA nella dieta alla dose di 40mg/kg

non ha avuto effetti sullo sviluppo di danno polmonare,ma ha avuto un effetto importante sul danno epatico,migliorando però esclusivamente l’infiammazione peri-portale e non le lesioni ostruttive a livello dei duttili bilia-ri. Questi risultati sono spiegati dall’effetto inibitorio delDHA nei riguardi di citochine e/o ecosanoidi proinfiam-matori e, al contempo, al suo effetto stimolante la pro-duzione di inibitori endogeni dell’infiammazione (lipoxi-ne, resolvine, protectine) a livello epatico.

Trattamento dell’ipertensione portale e dell’insufficienza epaticaI problemi clinici più rilevanti della epatopatia asso-ciata a fibrosi cistica sono quelli che derivano dallosviluppo di ipertensione portale e relative complican-ze. L’emorragia gastrointestinale da rottura di variciesofagee è stata trattata con sclerosi e più recente-mente con legatura delle varici (Gooding et al. 2005). Negli adulti con cirrosi senza storia di sanguinamentogastrointestinale, viene in genere raccomandata la profi-lassi primaria mediante beta-bloccanti in pazienti convarici di grado II e III e, in caso questi fossero controindi-cati o non efficaci, la legatura delle varici. Non vi sonospecifiche raccomandazioni in questo senso per i pazien-ti FC. In particolare, non vi sono studi specifici sull’uso deibeta-bloccanti, che in questi pazienti sono stati finoraconsiderati controindicati per il rischio di broncospasmo.Anche l’efficacia della legatura delle varici a scopoprofilattico in pazienti FC a rischio di sanguinamentonon è stato ancora valutata.Lo shunt portosistemico chirurgico è stato utilizzato inpazienti con funzione epatica conservata e malattiapolmonare non severa, con una buona sopravvivenzaa lungo termine (Debray et al. 1999); possibili compli-canze includono lo sviluppo di encefalopatia e diinsufficienza epatica acuta.In alternativa, lo shunt portosistemico intraepaticotransgiugulare (TIPS) è pratica accettata per la decom-pressione portale nel paziente con sanguinamentoricorrente, sia come terapia a lungo termine dell’iper-tensione portale severa, che come terapia “ponte” inattesa di trapianto, ma gli studi in pazienti con fibrosicistica sono scarsi (Pozler et al. 2003). Infine, sono stati recentemente pubblicati i risultatiottenuti in Francia con splenectomia parziale inpazienti con splenomegalia massiva e grave piastrino-penia da ipersplenismo: lo studio ha documentato in

Figura 3. Lo studio è stato condotto in topi transgenici CFTR -/- che sviluppano una malattia epatica con proliferazione duttulare e infiltrazione infiammatoria. Il trattamento con DHA aggiunto alla dieta riduce in maniera significativa il punteggio di gravità delle lesioni epatiche riportandolo ai valori degli animali di controllo con CFTR normalmente funzionante.(Da Beharry et al, 2007)

4

3

2

1

0

Ove

rall

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rity

sco

re

CF No DHA CF + DHA WT + DHA

37 60 90

+

++

+ +

++ +

+

Giorni di vita

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alcuni pazienti un deterioramento della funzionerespiratoria dopo l’intervento, che per di più ha unaefficacia modesta nel prevenire episodi di sanguina-mento gastrointestinale (Zach et al. 2003; Robberechtet al. 2006; Linnane et al. 2006).

L’opzione del trapianto La necessità del trapianto di fegato in pazienti confibrosi cistica è rara. La sopravvivenza dopo il trapiantoè pari al 75% a 5 anni dall’intervento (Noble-Jamiesonet al. 1996 ; Fridell et al. 2003). Oltre a migliorare lasopravvivenza il trapianto di fegato ha effetti beneficisulla qualità di vita, sulla funzione respiratoria e suiparametri nutrizionali (Colombo et al. 2005). Il problema inerente i criteri di selezione e i tempi diiscrizione in lista è ancora oggetto di discussione, inquanto, a differenza di quanto si verifica in altre epato-patie nelle quali la principale indicazione per il trapian-to è rappresentata dall’insufficienza epatica (Mack et al.1995; Sharp et al. 1995), nella fibrosi cistica la sintesiepatica viene a lungo conservata e l’insufficienza epa-tica compare tardivamente. In questi pazienti quindialtri parametri clinici devono essere considerati, tra cuiil deterioramento progressivo della funzione respirato-ria e dello stato nutrizionale, le infezioni ricorrenti dagermi multiresistenti con frequenti ospedalizzazioni.

Alcuni autori sostengono quindi che nella fibrosi cisti-ca il trapianto di fegato potrebbe avvenire più preco-cemente, con indicazioni più allargate rispetto ad altrepatologie, proprio per evitare di affrontare il trapiantoin una fase avanzata di malattia polmonare (Noble-Jamieson et al. 1996; Fridell et al. 2003; Milkiewicz etal. 2002). D’altra parte è anche prospettabile un tra-pianto di polmone in un paziente con ipertensioneportale in cui sia stata eseguita una TIPS, rinviando lanecessità di un trapianto di fegato.Una recente indagine sulle indicazioni al trapianto difegato nella fibrosi cistica ha potuto documentarequesta tendenza che tuttavia non è universalmentecondivisa. Lo studio, che ha potuto raccogliere i dati di57 pazienti trapiantati in 10 centri di trapianto e in 17centri fibrosi cistica europei, ha infatti rivelato chenella maggior parte dei casi di trapianto di fegato èstato effettuato prima della comparsa di insufficienzaepatica terminale (Melzi ML et al. 2006). Il progressivo peggioramento delle condizioni respirato-rie può portare alla necessità di contemplare un doppiotrapianto polmone/fegato, che ha dato risultati disopravvivenza paragonabili a quelli ottenuti dopo tra-pianto di organo singolo, con sopravvivenze pari al85.7% e 64.2%, rispettivamente a 1 e a 5 anni dal tra-pianto (Couetil et al. 1997).

Figura 4. Curve di Kaplan-Meier di sopravvivenza dopo trapianto di fegato di 57 pazienti con fibrosi cistica.Nel grafico sono riportate le stime di sopravvivenza a 5 anni (SE) La didascalia riporta i pazienti a rischio e i pazienti deceduti o ritrapiantati. La linea tratteggiata riporta la probabilità di intervallo libero dall’evento ritrapianto (EFS : event free survival). (Da Melzi et al, 2006)

Prob

abili

ty

Pts. at riskRe-transpl.Deaths

57 46 9152031360 1 65432

06

01

00

00

32

00

1.00.90.80.70.60.50.40.30.20.10.0

Survival EFSYears from tx

81.4 (5.8)

77.8 (6.5)

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Bibliografia

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE

BRAMITOB 300 mg/4 ml soluzione da nebulizzare

2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA

Un contenitore monodose da 4 ml contiene Tobramicina 300 mg. Pergli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

3. FORMA FARMACEUTICA

Soluzione da nebulizzare. Soluzione limpida di colore da lievementegiallo a giallo.

4. INFORMAZIONI CLINICHE

4.1 Indicazioni terapeutiche Terapia prolungata dell’infezionepolmonare cronica da Pseudomonas aeruginosa in pazienti con fibrosicistica, di età non inferiore ai 6 anni.

4.2 Posologia e modo di somministrazione BRAMITOB è solo peruso inalatorio e non va utilizzato per via parenterale. La doseconsigliata per adulti e bambini è pari ad un contenitore monodose(300 mg) due volte al giorno (mattino e sera) per un periodo di 28giorni. L’intervallo tra le due dosi deve essere il più vicino possibile alle12 ore e comunque non inferiore alle 6 ore. Dopo 28 giorni di terapia ipazienti devono interrompere il trattamento con BRAMITOB per i 28giorni successivi. Si deve rispettare il regime a cicli alterni (un ciclo di28 giorni di terapia seguiti da 28 giorni di interruzione del trattamento).Il dosaggio non è stabilito in base al peso corporeo. È previsto che tuttii pazienti ricevano una fiala di BRAMITOB (300 mg di tobramicina) duevolte al giorno. In studi clinici controllati, il trattamento con BRAMITOBa cicli alterni sopradescritto ha determinato miglioramento dellafunzionalità polmonare, con risultati che si mantengono al di sopra deivalori iniziali anche nel periodo di interruzione della terapia. Negli studiclinici con BRAMITOB non ci sono dati in pazienti di età inferiore ai 6anni ed in pazienti infettati da colonie di B. cepacia. L’efficacia e lasicurezza di BRAMITOB non è stata studiata in pazienti con FEV1<40% o >80% del previsto. La terapia deve essere iniziata da unmedico con esperienza nel trattamento della fibrosi cistica. Iltrattamento con BRAMITOB deve essere continuato su base ciclicafino a che il medico curante ritenga che il paziente tragga beneficidall’inclusione di BRAMITOB nel regime di trattamento. Nel caso in cuisi presentasse un deterioramento clinico dello stato polmonare, si deveconsiderare l’opportunità di intervenire con una terapia anti-pseudomonale aggiuntiva. Studi clinici hanno dimostrato che risultatimicrobiologici indicanti resistenza al farmaco in vitro non precludononecessariamente un beneficio clinico per il paziente in termini dimiglioramento della funzionalità polmonare.

Istruzioni per l’uso BRAMITOB è una soluzione acquosa sterile,priva di conservanti, non pirogena, contenente 75 mg/ml ditobramicina. I l contenitore monodose deve essere apertoimmediatamente prima dell’uso; l’eventuale soluzione non utilizzataimmediatamente non deve essere conservata per un riutilizzo, madeve essere eliminata. La somministrazione di BRAMITOB vaeffettuata rispettando rigorosamente le norme igieniche generali.L’apparecchiatura usata deve essere pulita e funzionante; ilnebulizzatore, di uso strettamente personale, va tenuto accuratamentepulito e deve essere regolarmente disinfettato.

Istruzioni per l’apertura del contenitore: 1) Flettere ilcontenitore monodose nelle due direzioni 2) Staccare il contenitoremonodose dalla striscia prima sopra e poi al centro 3) Aprire ilcontenitore monodose ruotando l'aletta nel senso indicato dalla freccia4) Esercitando una moderata pressione sulle pareti del contenitoremonodose far uscire il medicinale e versarlo nell’ampolla delnebulizzatore. L’intero contenuto del contenitore monodose (300 mg)versato nel nebulizzatore va somministrato tramite un’inalazione delladurata di circa 10-15 minuti, utilizzando un nebulizzatore riutilizzabilePARI LC PLUS con un compressore adeguato. Si consideranoadeguati i compressori che, una volta attaccati ad un nebulizzatorePARI LC PLUS, emettono un flusso di 4-6 l/min e/o unacontropressione di 110-217 kPa. BRAMITOB viene inalato mentre ilpaziente è seduto o in piedi e respira normalmente attraverso ilboccaglio del nebulizzatore. Una molletta per il naso può aiutare ilpaziente a respirare attraverso la bocca. Il paziente deve continuare ilproprio regime standard di fisioterapia respiratoria. L’uso di

broncodilatatori appropriati va continuato a seconda della necessitàclinica. Nel caso in cui i pazienti ricevano diverse terapie respiratorie,se ne raccomanda l’assunzione nel seguente ordine: broncodilatatore,fisioterapia respiratoria, altri farmaci per via inalatoria ed infineBRAMITOB. BRAMITOB non deve essere miscelato con altrimedicinali per uso inalatorio.

Istruzioni per la pulizia e la disinfezione del nebulizzatoreTerminata la nebulizzazione il nebulizzatore va smontato, i singoli pezzi(eccetto il tubo) vanno puliti accuratamente con acqua calda edetersivo liquido, risciacquati ed asciugati con un telo pulito, asciutto eprivo di pelucchi. Per la disinfezione del nebulizzatore, da effettuarsiregolarmente, si consiglia di immergere le singole parti (eccetto iltubo), pulite come descritto sopra, in una soluzione di una parte diaceto e tre parti di acqua molto calda, per un’ora; poi risciacquare conacqua calda ed asciugare accuratamente con un telo pulito. Terminatala disinfezione, la soluzione di aceto va immediatamente eliminata. Inalternativa la disinfezione può essere effettuata mediante bollitura inacqua per 10 minuti.

4.3 Controindicazioni La somministrazione di BRAMITOB ècontroindicata in tutti i pazienti con ipersensibilità accertata neiconfronti di qualsiasi aminoglicoside.

4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego

Avvertenze generali Per informazioni relative alla somministrazionenel corso della gravidanza e dell’allattamento vedi il paragrafo 4.6“Gravidanza e allattamento”. BRAMITOB deve essere usato concautela nei pazienti con disfunzione renale accertata o sospetta,uditiva, vestibolare o neuromuscolare o con emottisi grave in atto.

Broncospasmo Il broncospasmo può insorgere in seguito asomministrazione di medicinali per via inalatoria ed è stato segnalatoanche con tobramicina nebulizzata. La prima dose di BRAMITOBdeve essere somministrata sotto controllo medico, usando unbroncodilatatore pre-nebulizzazione, se questo fa già parte deltrattamento in atto per il paziente. Il FEV1 (volume espiratorio forzato)deve essere misurato prima e dopo la nebulizzazione. Se vi èevidenza di broncospasmo indotto dalla terapia in un paziente chenon riceve un broncodilatatore, il trattamento deve essere ripetuto inun’altra occasione usando un broncodilatatore. L’insorgenza dibroncospasmo in presenza di una terapia con broncodilatatore puòindicare una reazione allergica. Se si sospetta una reazione allergicaBRAMITOB deve essere sospeso. Il broncospasmo va trattato nelmodo clinicamente appropriato.

Disturbi neuromuscolari BRAMITOB deve essere usato congrande cautela nei pazienti affetti da disturbi neuromuscolari qualiParkinsonismo o altre condizioni caratterizzate da miastenia, inclusala miastenia grave, poichè gli aminoglicosidi possono aggravare ladebolezza muscolare a causa di un potenziale effetto curarosimilesulla funzione neuromuscolare.

Nefrotossicità Nonostante la nefrotossicità sia stata associata allaterapia con aminoglicosidi per via parenterale, non c’è stata evidenza dinefrotossicità negli studi clinici con BRAMITOB, considerata la ridottaesposizione sistemica. Il medicinale va comunque usato con cautela neipazienti con accertata o sospetta disfunzione renale e devono esserecontrollate le concentrazioni sieriche di tobramicina. I pazienti con graveinsufficienza renale non sono stati inclusi negli studi clinici. L’attualeprassi clinica prevede che sia valutata la funzionalità renale di base. Lafunzionalità renale deve inoltre essere rivalutata periodicamentecontrollando i livelli di urea e creatinina almeno ogni 6 cicli completi diterapia con BRAMITOB (180 giorni di trattamento con tobramicina pernebulizzazione). In caso di evidenza di nefrotossicità, la terapia contobramicina deve essere interrotta fino a quando le concentrazionisieriche minime di farmaco scendano al di sotto di 2 µg/ml. La terapiacon BRAMITOB può essere poi ripresa a discrezione del medico.I pazienti che ricevono contemporaneamente una terapia con unaminoglicoside per via parenterale devono essere tenuti sotto strettocontrollo, tenendo conto del rischio di tossicità cumulativa.

Ototossicità In seguito all’uso di aminoglicosidi per via parenteraleè stata riportata ototossicità che si è manifestata sia come tossicitàuditiva (ipoacusia) che come tossicità vestibolare (vertigini, atassia ocapogiri). Nel corso della terapia con BRAMITOB, nell’ambito di studiclinici controllati, sono stati osservati ipoacusia (0,5% dei casi) evertigini (0,5% dei casi), di entità modesta e reversibili. Il medico deveconsiderare la possibilità che gli aminoglicosidi causino tossicità

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vestibolare e cocleare ed eseguire controlli appropriati della funzioneuditiva nel corso della terapia con BRAMITOB. Nei pazienti con unrischio predisponente, dovuto ad una precedente terapia conaminoglicosidi per via sistemica prolungata, può essere necessarioconsiderare l’opportunità di accertamenti audiologici prima dell’iniziodella terapia con BRAMITOB. La comparsa di tinnito impone cautela,poichè si tratta di un sintomo di ototossicità. Se il paziente riferiscetinnito o perdita dell’udito nel corso della terapia con aminoglicosidi, ilmedico deve considerare l’opportunità di predisporre accertamentiaudiologici. I pazienti che ricevono contemporaneamente una terapiacon aminoglicosidi per via parenterale devono essere sottoposti acontrolli clinici, tenendo conto del rischio di tossicità cumulativa.

Emottisi L’inalazione di soluzioni nebulizzate può indurre il riflessodella tosse. L’uso di tobramicina inalatoria nei pazienti affetti da emottisigrave in atto è consentito solamente se i benefici connessi altrattamento sono considerati superiori ai rischi di indurre ulterioreemorragia.

Resistenza microbica Negli studi clinici, in alcuni pazienti trattatiper via inalatoria con BRAMITOB è stato osservato un aumento delleConcentrazioni Minime Inibitorie (MICs) di aminoglicosidi per isolati diP. aeruginosa testati. Esiste un rischio teorico che i pazienti intrattamento con tobramicina nebulizzata possano sviluppare isolati diP. aeruginosa resistenti alla tobramicina per via endovenosa.

4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme diinterazione Nell’ambito degli studi clinici, i pazienti che hannoassunto tobramicina per via inalatoria contemporaneamente amucolitici, β agonisti, corticosteroidi per via inalatoria ed altri antibioticiantipseudomonas orali o parenterali, hanno mostrato eventi avversisimili a quelli del gruppo di controllo non trattato con tobramicina. L’usoconcomitante e/o sequenziale di tobramicina per via inalatoria con altrimedicinali potenzialmente nefrotossici o ototossici deve essere evitato.Alcuni diuretici possono aumentare la tossicità degli aminoglicosidialterando le concentrazioni dell’antibiotico nel siero e nei tessuti.Tobramicina per via inalatoria non deve essere somministratacontemporaneamente ad acido etacrinico, furosemide, urea omannitolo. Altri medicinali che hanno dimostrato di aumentare lapotenziale tossicità degli aminoglicosidi somministrati per viaparenterale sono: amfotericina B, cefalotina, ciclosporina, tacrolimus,polimixina (rischio di aumentata nefrotossicità); composti del platino(rischio di aumentata nefrotossicità e ototossicità); anticolinesterasici,tossina botulinica (effetti neuromuscolari).

4.6 Gravidanza ed allattamento BRAMITOB non deve essereutilizzato in corso di gravidanza e allattamento, a meno che i beneficiper la madre non siano superiori ai rischi per il feto o il neonato.

Gravidanza Non esistono adeguati dati sull’uso di tobramicinasomministrata tramite inalazione a donne gravide. Studi su animali nonindicano un effetto teratogeno della tobramicina (vedi paragrafo 5.3“Dati preclinici di sicurezza”). Tuttavia gli aminoglicosidi possonocausare danni al feto (per esempio sordità congenita) quando alteconcentrazioni sistemiche vengono raggiunte in una donna gravida.Se BRAMITOB viene usato nel corso della gravidanza, o se la pazienterimane incinta nel corso della terapia con BRAMITOB, è necessarioinformarla del rischio potenziale per il feto.

Allattamento La tobramicina somministrata per via sistemica vieneescreta nel latte materno. Non si è a conoscenza se lasomministrazione di tobramicina per via inalatoria determiniconcentrazioni nel siero sufficientemente elevate da consentire larilevazione della tobramicina nel latte materno. A causa del pericolopotenziale di ototossicità e nefrotossicità connesso all’assunzione dellatobramicina da parte dei bambini, è necessario decidere seinterrompere l’allattamento o la terapia con BRAMITOB.

4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso dimacchinari Sulla base delle reazioni avverse note, è da considerarsiimprobabile la possibilità che BRAMITOB influenzi la capacità diguidare e usare macchine. Ciononostante, sia pure in casi molto rari, èpossibile l’insorgenza di capogiri e/o vertigine. Di ciò dovrà tenereconto chi si accinge alla guida.

4.8 Effetti indesiderati Negli studi clinici controllati sono stati segnalatieventi avversi, non necessariamente correlati al trattamento, in unapercentuale di casi trattati con BRAMITOB non superiore a quellaosservata nei casi trattati con placebo. Gli eventi più frequenti sonostati quelli relativi al sistema respiratorio (tosse, rantoli, dispnea,

aumentata espettorazione, riduzione del FEV1). Sulla totalità deglieventi è stato dato un giudizio di correlazione positiva con iltrattamento (reazioni avverse) nel 14,7% dei casi con BRAMITOB e nel17,3% dei casi con placebo. Le reazioni avverse segnalate conBRAMITOB e con placebo nella sperimentazione clinica sono riportatedi seguito. Le reazioni avverse sono classificate in: comuni (>1/100,<1/10); non comuni (>1/1.000, <1/100); rare (>1/10.000, <1/1.000);molto rare (<1/10.000).

Con BRAMITOB: Infezioni e infestazioni Non comune: candidosiorale. Alterazioni dell’apparato uditivo e vestibolare Non comune:vertigini, ipoacusia. Alterazioni dell’apparato respiratorio, del torace edel mediastino Comune: dispnea, tosse, rantoli, aumentataespettorazione, raucedine, alterazioni della voce. Non comune:riduzione del FEV1 Alterazioni dell’apparato gastrointestinale Comune:nausea. Non comune: ipersecrezione salivare, glossite. Alterazionidella cute e del tessuto sottocutaneo Non comune: rash. Indaginidiagnostiche Non comune: aumento delle transaminasi.

Con Placebo: Infezioni e infestazioni Comune: candidosi orale. Noncomune: bronchite. Alterazioni del sistema nervoso Comune: cefalea.Alterazioni cardiache Non comune: tachicardia. Alterazionidell’apparato respiratorio, del torace e del mediastino Comune:dispnea, tosse, rantoli, aumentata espettorazione. Non comune:riduzione del FEV1

4.9 Sovradosaggio Per somministrazione inalatoria la tobramicina hauna ridotta biodisponibilità sistemica. I sintomi da sovradosaggio diaerosol possono comprendere grave raucedine. In caso di ingestioneaccidentale di BRAMITOB, la tossicità è improbabile, poichè latobramicina viene scarsamente assorbita dal tratto gastrointestinaleintegro. In caso di somministrazione per errore di BRAMITOB per viaendovenosa è possibile che si presentino segni e sintomi di unsovradosaggio di tobramicina parenterale che comprendono capogiri,tinnito, vertigini, perdita di capacità uditiva, difficoltà respiratoria e/oblocco neuromuscolare e danno renale. La tossicità acuta va trattatainterrompendo immediatamente la somministrazione di BRAMITOB edeseguendo esami di funzionalità renale. Le concentrazioni ditobramicina nel siero possono essere utili per controllare ilsovradosaggio. In qualsiasi caso di sovradosaggio va considerata lapossibilità di interazioni tra farmaci, con alterazioni della eliminazione diBRAMITOB o di altri medicinali.

5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

5.1 Proprietà farmacodinamiche Codice ATC: J01GB01Proprietà generali La tobramicina è un antibiotico aminoglicosidicoprodotto dallo Streptomyces tenebrarius. La sostanza agisce

, raucedine. Alterazioni dell ’apparatogastrointestinale Comune: nausea, ipersecrezione salivare, vomito.Non comune: diarrea. Disordini generali e alterazioni del sito disomministrazione Non comune: dolore al torace. Indagini diagnosticheNon comune: aumento delle transaminasi. Gli esami di laboratorio edi test audiometrici, effettuati al fine di valutare possibili segni e sintomidi nefrotossicità o ototossicità, non hanno evidenziato differenzeclinicamente significative tra BRAMITOB e placebo. È noto chel’utilizzo in terapia di tobramicina per via inalatoria può determinare lacomparsa delle seguenti reazioni avverse: Infezioni e infestazioni Moltorara: infezione micotica, candidosi orale. Alterazioni del sangue esistema linfatico Molto rara: linfoadenopatia. Alterazioni delmetabolismo e della nutrizione Rara: anoressia. Alterazioni del sistemanervoso Rara: capogiri, emicrania. Molto rara: sonnolenza. Alterazionidell’apparato uditivo e vestibolare Rara: tinnito, perdita dell’udito. Moltorara: disturbi dell’orecchio, dolore all’orecchio. Alterazioni dell’apparatorespiratorio, del torace e del mediastino Non comune: alterazione dellavoce, dispnea, aumento della tosse, faringite. Rara: broncospasmo,disturbi polmonari, aumento dell’escreato, emottisi, ridotta funzionalitàpolmonare, laringite, epistassi, r inite, asma. Molto rara:iperventilazione, ipossia, sinusite. Alterazioni dell’apparatogastrointestinale Rara: nausea, ulcerazioni alla bocca, vomito,perversione del gusto. Molto rara: diarrea. Alterazioni della cute e deltessuto sottocutaneo Rara: eruzioni cutanee. Alterazioni dell’apparatomuscoloscheletrico e tessuto connettivo Molto rara: dolore allaschiena. Disordini generali e alterazioni del sito di somministrazioneRara: dolore toracico, astenia, febbre, dolore. Molto rara: doloreaddominale, malessere. Gli aminoglicosidi per via parenterale sonostati associati ad ipersensibilità, ototossicità e nefrotossicità (vedi

precauzioni d’impiego”).paragrafi 4.3 “Controindicazioni”e 4.4 Speciali avvertenze e opportune“

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principalmente interferendo con la sintesi delle proteine, causandocosì l’alterazione della permeabilità della membrana cellulare, laprogressiva disgregazione dell’involucro cellulare ed infine la mortedella cellula. La tobramicina svolge un’azione battericida aconcentrazioni pari o leggermente superiori rispetto a quelle chesvolgono un’azione inibitoria. La tobramicina è attiva principalmentenei confronti dei bacilli aerobi gram-negativi, mentre ha scarsa attivitàsui microrganismi anaerobi e sulla maggior parte dei batteri gram-positivi. La tobramicina è più attiva della gentamicina sulloPseudomonas aeruginosa e su alcuni ceppi di Proteus; circa il 50%dei ceppi di Pseudomonas aeruginosa che sono resistenti allagentamicina rimangono sensibili alla tobramicina. La tobramicina èrisultata efficace nell’eradicare lo Pseudomonas aeruginosa anche persomministrazione locale per aerosol e per instillazione intratracheale, inmodelli sperimentali di polmonite nella cavia e di infezione polmonarecronica nel ratto. Per somministrazione aerosolica all’uomo, i valori diMIC della tobramicina sono notevolmente superiori a quelli noti persomministrazione parenterale, a causa dell’effetto inibitorio localeesercitato dall’escreato di pazienti affetti da fibrosi cistica nei confrontidell’attività biologica dell’antibiotico aminoglicosidico somministratoper nebulizzazione. Tuttavia, negli studi controllati effettuati conBRAMITOB, le concentrazioni di tobramicina raggiunte nell’escreatosono risultate adeguate per determinare l’eradicazione delloPseudomonas aeruginosa nel 30% e oltre dei pazienti trattati.

5.2 Proprietà farmacocinetiche Per via parenterale è necessariosomministrare dosi elevate di tobramicina affinchè si raggiunganonell’escreato concentrazioni inibitorie sullo Pseudomonas aeruginosa,con il rischio di reazioni avverse sistemiche. Per via inalatoria èpossibile invece somministrare concentrazioni adeguate ditobramicina direttamente a livello endobronchiale, riducendo l’esposizione sistemica e di conseguenza il rischio di ototossicità enefrotossicità. Per somministrazione inalatoria di 300 mg di BRAMITOBa pazienti con fibrosi cistica, si raggiunge nell’escreato unaconcentrazione massima di 1289 mcg/g dopo circa 30 minuti, mentrenel plasma si raggiunge una concentrazione massima pari a 758ng/ml dopo circa 1,5 ore; i livelli plasmatici si riducono con andamentomonoesponenziale, con una emivita di eliminazione terminale di 4,5ore. L’eliminazione della quota assorbita in circolo avviene perfiltrazione glomerulare.

5.3 Dati preclinici di sicurezza Gli studi preclinici hanno dimostratoche la somministrazione di tobramicina per via sistemica è correlata asegni e sintomi di nefrotossicità ed ototossicità. Negli studi di tossicitàper dose ripetuta, gli organi bersaglio sono i reni e le funzionivestibolari/cocleari. In generale, la tossicità si vede a livelli sistemici ditobramicina più elevati rispetto a quelli raggiungibili alle dosi utilizzatein terapia per via inalatoria. In studi preclinici, la somministrazioneprolungata di tobramicina per via inalatoria ha determinato modestisegni di irritazione a livello del tratto respiratorio, non specifici ecompletamente reversibili, e segni di tossicità renale, reversibili allasospensione del trattamento, evidenti alle dosi più alte. Non sono statieffettuati studi di tossicologia riproduttiva con tobramicinasomministrata per via inalatoria, ma la somministrazione sottocutedurante l’organogenesi e nella prima fase dello sviluppo fetale di dosifino a 100 mg/Kg/die, nel ratto, non si è rivelata teratogena. Nelconiglio dosi di 20-40 mg/Kg s.c. hanno provocato tossicità maternae aborti, ma senza evidenza di effetti teratogeni. Tenendo conto deidati disponibili sugli animali non si può escludere un rischio di tossicità(ototossicità) a livelli di esposizione prenatale. In diversi test in vitro e invivo la tobramicina non è risultata mutagena.

6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

6.1 Elenco degli eccipienti Cloruro di sodio, acqua per preparazioniiniettabili, acido solforico e idrossido di sodio per aggiustare il pH.

6.2 Incompatibilità BRAMITOB non deve essere diluito o miscelato nelnebulizzatore con nessun altro medicinale.

6.3 Periodo di validità 2 anni. Il contenuto dell’intero contenitoremonodose va utilizzato immediatamente dopo la sua apertura (vediparagrafo 4.2 “Istruzioni per l’uso”). Il periodo di validità indicato siriferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamenteconservato.

6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Conservare tra +2e +8° C (in frigorifero). Conservare nel contenitore originale. Una voltatolte dal frigorifero, le buste contenenti BRAMITOB possono essere

conservate (intatte o aperte) fino a 25°C per un periodo massimo di 3mesi. La soluzione del contenitore monodose di BRAMITOB ènormalmente di colore da lievemente giallo a giallo; si potrebberoosservare alcune variazioni di colore che non indicano una perdita diattività del medicinale se lo stesso è conservato in modo corretto.

6.5 Natura e contenuto del contenitore BRAMITOB viene fornitoin contenitori monodose da 4 ml di polietilene, in buste sigillatecontenenti ciascuna 4 contenitori monodose. Astucci da 16, 28 e 56contenitori monodose. È possibile che non tutte le confezioni sianocommercializzate.

6.6 Istruzioni per l’uso Vedi par. 4.2 “Posologia e modo disomministrazione”.

7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE INCOMMERCIO

CHIESI FARMACEUTICI S.p.A., Via Palermo 26/A - PARMA

8. NUMERO DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE INCOMMERCIO

036646026 - 56 contenitori monodose: 036646038

9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE:

Marzo 2006

10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO:

Determinazione AIFA del

TABELLA DI APPARTENENZA DPR 309/90

Non soggetto.

REGIME DI DISPENSAZIONE AL PUBBLICO

Medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, utilizzabile inambito ospedaliero o in struttura ad esso assimilabile o in ambito extra-ospedaliero, secondo le disposizioni delle regioni e delle provinceautonome.

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