Edoardo Scardamaglia E doardo Scardamaglia nacque a Napoli il 7 giugno 1888, unico figlio di Francesco, im- piegato delle Ferrovie (che concluse la sua carriera come capostazione), e di Angela Torelli. Com- pletati gli studi con la laurea in Giurisprudenza, conseguita all'Università di Napoli il 18 luglio 1910, si orientò verso la carriera amministrativa partecipando a un concorso per il Ministero de- gli Interni e quindi, nel novembre 1910, a quel- lo per 40 posti di segretario nel Ministero della Pubblica Istruzione. Superati gli esami orali nel maggio 1911 e risultato 36° in graduatoria, ven- ne nominato Segretario di 4" classe dal 16 luglio 1911 e prese effettivamente servizio il 20 dello stesso mese. Assegnato alla Direzione Generale per l'Istru- zione superiore, di cui era a capo Vincenzo Masi, lavorò alla sezione Contratti e pagamenti e poi alla sezione Studenti e tasse, oltre a curare la se- greteria della Commissione per l'applicazione della legge sull'odontoiatria (1912), ma a quanto pare senza prendere molto interesse alla routine ripetitiva di questi uffici e mantenendo la sua re- sidenza a Napoli, in famiglia. Conseguite per an- zianità le promozioni a Segretario di 3' classe (1° dicembre 1911) e di 2" classe (16 agosto 1914) passò poi, nel 1915, al settore dell'Istruzione tec- nica, occupandosi del personale, ma il 22 mag- gio dello stesso anno, per l'intervento italiano in guerra, venne richiamato alle armi. Prestò servizio inizialmente al Tribunale mili- tare di Napoli, come soldato, ma nel 1917 venne destinato al fronte e, dopo aver frequentato il cor- so allievi ufficiali alla Scuola militare di Modena (maggio-luglio 1917), raggiunse la zona d'ope- razioni il 15 agosto, come aspirante ufficiale del 150° Reggimento di fanteria. Pochi giorni dopo, il 31 agosto 1917, venne ferito e fatto prigionie- ro in combattimento sulla quota 174, nel corso dell'undicesima battaglia dell'Isonzo. Internato in un campo di prigionia nella Boemia tedesca, rien- trò in Italia dopo la fine della guerra, r8 novem- bre 1918, e venne definitivamente congedato, col grado di sottotenente di fanteria, nel gennaio 1919. Nel 1916, mentre si trovava sotto le armi, si era sposato con Matilde Carboni, trasferendosi definitivamente a Roma, e il 10 maggio 1917 era nata la sua prima figlia Liliana (il secondo figlio, Elio, nascerà il 27 luglio 1920). Mentre era pri- gioniero era stato promosso per anzianità Segreta- rio di P classe, dal 16 novembre 1917, e il 30 no- vembre 1919 venne promosso primo segretario.
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Edoardo Scardamaglia
Edoardo Scardamaglia nacque a Napoli i l 7 giugno 1888, unico figlio di Francesco, im
piegato delle Ferrovie (che concluse la sua carriera come capostazione), e di Angela Torelli. Completati gli studi con la laurea in Giurisprudenza, conseguita all'Università di Napoli i l 18 luglio 1910, si orientò verso la carriera amministrativa partecipando a un concorso per i l Ministero degli Interni e quindi, nel novembre 1910, a quello per 40 posti di segretario nel Ministero della Pubblica Istruzione. Superati gli esami orali nel maggio 1911 e risultato 36° in graduatoria, venne nominato Segretario di 4" classe dal 16 luglio 1911 e prese effettivamente servizio i l 20 dello stesso mese.
Assegnato alla Direzione Generale per l'Istruzione superiore, di cui era a capo Vincenzo Masi, lavorò alla sezione Contratti e pagamenti e poi alla sezione Studenti e tasse, oltre a curare la segreteria della Commissione per l'applicazione della legge sull'odontoiatria (1912), ma a quanto pare senza prendere molto interesse alla routine ripetitiva di questi uffici e mantenendo la sua residenza a Napoli, in famiglia. Conseguite per anzianità le promozioni a Segretario di 3' classe (1° dicembre 1911) e di 2" classe (16 agosto 1914)
passò poi, nel 1915, al settore dell'Istruzione tecnica, occupandosi del personale, ma i l 22 maggio dello stesso anno, per l'intervento italiano in guerra, venne richiamato alle armi.
Prestò servizio inizialmente al Tribunale militare di Napoli, come soldato, ma nel 1917 venne destinato al fronte e, dopo aver frequentato i l corso allievi ufficiali alla Scuola militare di Modena (maggio-luglio 1917), raggiunse la zona d'operazioni i l 15 agosto, come aspirante ufficiale del 150° Reggimento di fanteria. Pochi giorni dopo, il 31 agosto 1917, venne ferito e fatto prigioniero in combattimento sulla quota 174, nel corso dell'undicesima battaglia dell'Isonzo. Internato in un campo di prigionia nella Boemia tedesca, rientrò in Italia dopo la fine della guerra, r8 novembre 1918, e venne definitivamente congedato, col grado di sottotenente di fanteria, nel gennaio 1919. Nel 1916, mentre si trovava sotto le armi, si era sposato con Matilde Carboni, trasferendosi definitivamente a Roma, e i l 10 maggio 1917 era nata la sua prima figlia Liliana (il secondo figlio, Elio, nascerà i l 27 luglio 1920). Mentre era prigioniero era stato promosso per anzianità Segretario di P classe, dal 16 novembre 1917, e i l 30 novembre 1919 venne promosso primo segretario.
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Rientrato al Ministero e destinato nuovamente alla Direzione Generale dell'Istruzione superiore, maturò in quegli anni la svolta fondamentale della sua carriera, ricevendo apprezzamenti eccezionalmente positivi dal nuovo Direttore Generale, Giovanni Filippi, e quindi venendo chiamato dal novembre 1922 a lavorare al Gabinetto del Ministro da Gentile, che aveva conosciuto negli anni precedenti, e da Leonardo Severi, suo Capo di Gabinetto (e già Vice Capo di Gabinetto di Croce). A l Gabinetto resterà per tutto i l mandato di Gentile e poi con Alessandro Casati e con Pietro Fedele, ricevendo sistematicamente i l giudizio di "ottimo" dai propri superiori, nelle note di qualifica, e particolari complimenti per la sua dedizione all'ufficio da Severi (di cui resterà amico ma che, come vedremo, avrà un ruolo determinante nella sua epurazione dopo la caduta del fascismo) e da Luigi Trivelli (Capo di Gabinetto di Fedele nella prima parte del suo mandato). In funzioni più varie e delicate e in un contesto di maggiore responsabilizzazione (nel 1924 dovrà anche sostituire, in varie occasioni, i l Capo di Gabinetto) e di attivismo del vertice ministeriale, insomma, l'impiegato senza infamia e senza lode dei primi anni diede prova di grande impegno e notevoli capacità, rivelandosi "funzionario esemplare [...] colto e dotato di particolare acume giuridico" (come si legge nelle sue note di qualifica per i l 1928) ed, evidentemente, anche di ambizione e di comportamento accorto e abile con i propri superiori.
In questo periodo venne insignito, in rapida successione, delle onorificenze di Cavaliere (1920), Ufficiale (1922) e Commendatore (1924) dell'Ordine della Corona d'Italia e Cavaliere (1923) dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (nel 1931 Ufficiale e nel 1935 Commendatore), a cui seguirà nel 1933, subito prima della nomina a Direttore Generale, quella di Grand'Ufficiale, e nel 1941 quella di Cavaliere di Gran Croce; nel 1928 ricevette anche la commenda dell'Ordine equestre di Sant'Agata della Repubblica di San Marino, nel 1929 fu nominato Commendatore
del Regno d'Ungheria, nel 1936 Commendatore dell'Ordine della Stella d'Italia dal Ministero delle Colonie e verso i l 1942 ricevette anche i l donato di prima classe dell'Ordine di Malta.
I l r ottobre 1925 conseguì la promozione a Consigliere, per merito assoluto, e i l 20 ottobre 1926, per merito comparativo, quella a Capo sezione. Simpatizzante per i l fascismo dal tempo della collaborazione con Gentile, fece domanda d'iscrizione al Partito Nazionale Fascista nel novembre 1924 ricevendo però la tessera, per un disguido, solo nel gennaio 1926.
Subentrato al Fedele, nel luglio 1928, Giuseppe Belluzzo, lasciò i l Gabinetto del Ministro tornando alla Direzione Generale dell'Istruzione tecnica, dove fu Capo sezione per gli affari generali, all'occorrenza sostituendo i l Direttore Generale Giovanni Scanga, e per brevi periodi anche responsabile del settore dell'istruzione professionale.
Con la nomina di Balbino Giuliano al M i nistero, ribattezzato dell'Educazione Nazionale (settembre 1929), tornò però al Gabinetto del Ministro, come Capo sezione, e alla fine del suo mandato ottenne, per merito comparativo, la promozione a Ispettore Superiore (16 luglio 1932). I l nuovo Ministro Francesco Ercole lo scelse quindi come proprio Capo di Gabinetto (a quanto S. riferì in seguito, per suggerimento di Vito Fazio-Allmayer, collega di Ercole nell'ateneo palermitano, che aveva conosciuto quando collaborava con Gentile alla riforma della scuola) e questa posizione, come spesso accadeva, fu il migliore trampolino per i l nomina a Direttore Generale, in occasione dell'esodo dei funzionari del luglio 1933, in applicazione delle norme sul collocamento a riposo a 65 anni (o, al massimo, compiuti 40 anni di servizio).
Nel Consiglio dei Ministri del 27 maggio 1933 venne quindi designato per la nomina a Direttore Generale e la successione a Salvagnini alla Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche, due giorni dopo venne emanato i l Decreto Reale e dal 1° luglio assunse le nuove funzioni, la-
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sciando l'incarico di Capo di Gabinetto. I l "salto" al I V grado, con appena un anno di anzianità nel V I , gli sarà poi rimproverato nel procedimento di epurazione, in quanto prova di favoritismo dovuto a meriti di natura politica, ma la promozione diretta di capi divisione a direttori generali non era rara e, per lo svuotamento dei gradi più alti, le nomine di quegli anni premiarono quasi sempre funzionari relativamente giovani.
Anche se non conosceva per esperienza diretta i l settore a cui era stato preposto, i l nuovo Direttore Generale poteva contare su uno staff esperto e affiatato (nel quale l'Ispettore bibliografico Guido Calcagno, a riposo nel 1933, venne sostituito nel 1936 da Luigi De Gregori) e sulle numerose iniziative realizzate o avviate dal suo predecessore. La sua direzione, coerentemente del resto con la sua esperienza e le sue attitudini, si caratterizzò soprattutto per una politica determinata e abile di rafforzamento del settore, e in particolare del ruolo della Direzione Generale, sia all'interno del Ministero, nella difficile continua competizione per una maggiore quota delle sempre risicate r i sorse disponibili, sia nei riguardi delle strutture "periferiche", ossia degli istituti dipendenti, sia, in modo particolare, nei rapporti con altri rami dell'amministrazione ed enti, dai Ministeri degli Interni soprattutto per le relazioni con gli enti locali, delle Finanze, dei Lavori pubblici per i numerosi interventi edilizi da realizzare, e della Stampa e propaganda (istituito nel 1935 e trasformato nel 1937 in Ministero della Cultura popolare) all'Ente nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche e alle organizzazioni di regime. Nei suoi anni la Direzione Generale assunse la configurazione tipica delle direzioni "forti" della seconda metà del secolo, deferente verso i l potere politico, attenta a rafforzare i l proprio peso nel Ministero e gelosa della propria autonomia nella gestione del settore e degli istituti che da essa dipendevano. Rispetto alla situazione precedente, caratterizzata spesso da rapporti diretti tra i direttori dei maggiori istituti bibliotecari e i vertici politici, l'apparato amministrativo impose di fatto una
netta subordinazione ai primi, costituendo nello stesso tempo, in parecchie circostanze, una sorta di "cintura di protezione" rispetto ai secondi, cosicché la fascistizzazione del mondo delle biblioteche rimase quasi del tutto limitata alla facciata presentata all'esterno nelle occasioni pubbliche.
Pochi mesi dopo la sua nomina, nel dicembre dello stesso anno (con i l R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1557), l'Ufficio centrale del personale del Ministero venne accorpato alla Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche, trasformata in Direzione Generale delle Accademie, delle Biblioteche, degli Affari generali e del Personale, e di fatto S. dovette dedicare gran parte del suo impegno alle nuove attribuzioni. Solo nel maggio 1942, con l'ennesima ristrutturazione del Mini stero, venne ricostituita la Direzione Generale per gli Affari generali e nella successiva riorganizzazione interna le divisioni della Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche vennero ampliate da due a tre. Inoltre per circa un anno, con la nomina di Cesare Maria De Vecchi all'Educazione Nazionale a sostituire Ercole (gennaio 1935), venne chiamato a svolgere di nuovo la funzione di Capo di Gabinetto, mentre i l settore delle accademie e biblioteche, più "rodato" e forse più tranquillo, era mandato avanti, almeno nell'attività ordinaria, da Ettore Apollonj (funzionario della Direzione Generale fin dalla sua istituzione e allora Capo divisione) e dagli altri dirigenti. Descrisse più tardi l'anno passato al Gabinetto del Ministro come un calvario in cui aveva cercato con ogni mezzo di arginare l'inconsulta iracondia del quadrumviro, soprattutto nei provvedimenti relativi al personale.
Come Direttore Generale fece parte della Commissione centrale per le biblioteche e poi della sesta sezione del Consiglio nazionale dell'educazione, delle scienze e delle arti, fu membro del Consiglio superiore degli archivi (in rappresentanza del Ministero dell'Educazione Nazionale e prendendo parte attiva a molte delicate discussioni riguardo alle sovrapposizioni di patrimoni, interessi e competenze tra i due settori), del Consiglio centrale dell'Ente nazionale per le biblioteche
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popolari e scolastiche (di cui venne modificato lo statuto nel 1935 e nel 1939, accentuando il peso che vi aveva i l Ministero rispetto alle organizzazioni fasciste) e di quello dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia. Dal 1937 fu anche Condirettore, con Gherardo Casini, della rivista «Il libro italiano», pubblicata congiuntamente dai Ministeri dell'Educazione Nazionale e della Cultura popolare, e dal 1940 della sua filiazione «Il libro italiano nel mondo».
La politica portata avanti negli undici anni di direzione non si può definire particolarmente innovativa nei contenuti, ma rispondeva a una logica tanto elementare quanto efficace: con le sue parole (anche se riferite, nell'occasione, a un ambito più specifico), "bisogna irrobustire gli organi prima d'intensificarne le funzioni".
I l rafforzamento doveva essere in primo luogo di mezzi, di risorse finanziarie ed umane: se già i l suo predecessore Salvagnini, poco prima di lasciare la Direzione Generale, aveva ottenuto la riapertura dei concorsi per le biblioteche, dopo un blocco ventennale (una trentina di nuovi bibliotecari aveva preso servizio nel febbraio 1933), S. ottenne un notevole incremento dell'organico delle biblioteche governative (R.D. 23 giugno 1938, n. 1037, con i l quale l'organico veniva ampliato di 90 posti, rispetto ai 361 dell'organico del '32, distribuiti tra le varie qualifiche, a cui si aggiunsero altri 26 posti con i l R.D. 6 giugno 1940, n. 724 e l'aumento di un terzo del numero dei fattorini), e l'emanazione del nuovo regolamento per i concorsi e le promozioni del personale delle biblioteche (R.D. 12 dicembre 1938, n. 1954).
Rilevante fu anche la crescita dei finanziament i , che alla fine degli anni Trenta raggiunsero un livello decisamente superiore non solo al passato, ma anche - a parità di potere d'acquisto - a quelli della seconda metà del Novecento.
Tra le linee fondamentali dell'attività della D i rezione Generale, che indicò nella presentazione della massiccia relazione su Le biblioteche dltalia dal 1932 al 1940 e in altri interventi, all'incremento del personale si affiancavano i l rinnovamento delle sedi delle biblioteche, delle attrezza
ture e degli arredi e lo sviluppo del patrimonio librario e delle attività di catalogazione.
Per quanto riguarda le sedi delle biblioteche bisogna ricordare almeno i l completamento dei lavori del nuovo edificio della Nazionale di Firenze, inaugurato i l 30 ottobre 1935, i l trasferimento dell'Alessandrina alla Città universitaria (inaugurata i l 31 ottobre 1935, anche se i l trasloco si concluse davvero solo tre anni dopo), quelli della Governativa di Cremona (inaugurata i l 22 novembre 1938) e della Biblioteca di storia moderna e contemporanea (inaugurata il 1° marzo 1940), i l completamento dei lavori già avviati e l'inaugurazione della rinnovata Biblioteca universitaria di Genova (21 dicembre 1935), ampliamenti di locali e nuovi magazzini alla Palatina di Parma e in varie biblioteche universitarie. Numerosi interventi riguardarono anche le biblioteche monastiche dei complessi divenuti monumenti nazionali, in molti casi in stato di abbandono; i cordiali rapporti stabiliti con le comunità religiose risultarono poi molto fruttuosi per le attività di protezione del patrimonio librario dai risch della guerra. Intensi furono inoltre i lavori di ammodernamento delle strutture (introduzione di scaffalature metalliche, nuovi impianti, ascensori e montacarichi, telefoni o citofoni interni, arredi e macchine da ufficio, ecc.) e quelli di ordinamento e catalogazione delle raccolte, non ancora ordinate o di nuova acquisizione. La crescita dei finanziamenti permise di incrementare gli acquisti di materiale moderno (particolarmente di periodici e collezioni), a cui si aggiunsero la puntuale sollecitazione di donazioni e lasciti e importanti acquisti in antiquariato, anche all'estero. Gli acquisti di maggior pregio delle biblioteche sia governative sia locali vennero presentati nella grande Mostra delle biblioteche italiane tenuta a Palazzo Carpegna nel 1934, secondo un progetto già avviato dal suo predecessore. Venne inoltre incrementata l'attività di restauro, con lo sviluppo del laboratorio di Grottaferrata e l'istituzione dell'Istituto di Patologia del Libro (R.D. 25 giugno 1938, n. 1038), a cui seguì due anni dopo l'ampliamento della sua organizzazione e l'asse-
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gnazione di un organico del personale (R.D. 13 settembre 1940, n. 1444).
Vanno ancora ricordati il potenziamento del Centro nazionale di informazioni bibliografiche, istituito nel 1931 presso la Biblioteca Nazionale di Roma (R.D.L. 3 agosto 1934, n. 1554) e la r ipresa, con la commissione istituita nel 1934, della collezione "Indici e cataloghi", interrotta negli ultimi anni dell'Ottocento, di cui furono messi in cantiere i l completamento dei cataloghi rimasti incompiuti e una nuova serie, inaugurata nel 1943 dal primo volume àtWIndice generale degli incunaboli delle biblioteche dltalia, oltre all'avvio di varie edizioni nazionali. Nell'ambito della catalogazione vennero pubblicate le norme per la descrizione dei manoscritti e degli incunaboli, redatte dalla Commissione "Indici e cataloghi", e, in periodo ormai bellico e perciò senza esiti concreti, si avviarono la revisione del codice nazionale di catalogazione e l'elaborazione di progetti per la catalogazione centralizzata e la realizzazione di un catalogo collettivo delle maggiori biblioteche italiane.
Sul piano normativo, si rinunciò a una revisione complessiva del Regolamento delle biblioteche governative del 1907, intrapresa ma non conclusa da Salvagnini, mentre venne emanato un nuovo regolamento per i l prestito (R.D. 25 aprile 1938, n. 774). Vennero inoltre approvate in questo periodo la legge sulla consegna obbligatoria degli stampati (Legge 2 febbraio 1939, n. 374, seguita dal relativo regolamento emanato col R.D. 12 dicembre 1940, n. 2052), che assegnava ai Provveditorati agli studi la raccolta degli esemplari destinati alle biblioteche, e la legge di tutela del patrimonio artistico e storico (Legge 1° giugno 1939, n. 1089), seguita da una legge specifica sulle mostre (Legge 11 gennaio 1940, n. 50) che comprendeva particolari indicazioni per quelle bibliografiche; la Direzione Generale curò inoltre la prima edizione del repertorio dei Manoscritti e libri rari notificati (1943).
Durante la sua direzione venne anche potenziata e resa più efficiente l'attività delle Soprintendenze bibliografiche, ampliandone i l numero da
12 a 15 e modificandone, con vari provvedimenti , circoscrizioni e sedi, perché potessero svolgere in maniera più efficace le loro funzioni. In particolare, dalla Soprintendenza del Piemonte venne scorporata una nuova Soprintendenza per la Liguria (R.D. 7 settembre 1933, n. 1307) e vennero poi istituite quella di Verona per le province di Verona, Vicenza, Trento e Bolzano, che rimase comunque affidata al soprintendente di Venezia, e quella di Catania per le quattro province della Sicilia orientale (R.D. 11 aprile 1935, n. 575). Inoltre, sempre nel 1935, la Soprintendenza per le Marche venne spostata da Firenze a Bologna (con competenza quindi anche sul capoluogo e sulle province di Forlì e Ravenna) e quelle per l'Abruzzo e i l Molise e per la Puglia e la Lucania, rispettivamente, da Roma a Pescara e da Napoli a Bari. In questi due ultimi casi (e parzialmente per Verona) si stabilì quindi una sede non appoggiata a una biblioteca governativa e l'incarico di Soprintendente venne per la prima volta assegnato a funzionari — Arturo D i Cesare e i l giovane Barberi - che non lo univano alla direzione di una biblioteca. L'obiettivo, già chiaro, di separare le Soprintendenze dalle direzioni delle biblioteche governative, con sedi proprie e anche con propri organici, doveva venire però di fatto rimandato, per carenza di mezzi, al dopoguerra. Notevole importanza per l'attività delle Soprintendenze sul territorio ebbe anche i l Decreto che, a seguito di un voto espresso nel Congresso di Bari dell'Associazione italiana per le biblioteche, istituiva e regolamentava i corsi di preparazione per i servizi delle biblioteche popolari e scolastiche (R.D. 3 giugno 1935, n. 1240), attraverso i quali si diffuse una formazione di base - ma corretta e aggiornata - per il personale degli istituti locali, insegnanti e giovani interessati, mentre la nomina
i ispettori bibliografici onorari, che pure svolgevano un compito fondamentale di supporto ai soprintendenti e arrivarono in questo periodo a superare i l numero di 500, venne semplificata attribuendola a decreti ministeriali e non più regi (R.D. 11 gennaio 1937, n. 96).
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Nella regolare distribuzione di finanziamenti alle biblioteche non governative si seguì soprattutto i l criterio di potenziare le biblioteche degli enti locali nei capoluoghi di provincia o in altre città importanti, allo scopo di assicurare che almeno nei centri maggiori funzionasse una biblioteca aperta a tutti, con regolari orari di apertura e servizi al pubblico, in sedi idonee e con attrezzature moderne, diretta da personale preparato, con un ordinamento corretto e una ragionevole dotazione per gli acquisti correnti. Modesti invece, come in sostanza riconobbe anche la relazione sul periodo 1932-1940, furono gli interventi nel campo delle biblioteche popolari, lasciati all'attivismo di alcuni soprintendenti e alla distribuzione di qualche piccolo sussidio e di pacchi dono di libri.
Nella linea del potenziamento dei servizi bibliotecari almeno nei centri maggiori si inscrive anche l'approvazione, a conclusione di lunghe e diffìcili trattative con gli altri ministeri interessati, della legge sulle biblioteche dei capoluoghi di provincia (Legge 24 aprile 1941, n. 393). Questa legge, che ebbe eff̂ etti immediati molto limitati essendo già i l paese in guerra, era impostata in maniera innovativa nel prevedere che in ogni capoluogo dovesse funzionare una biblioteca aperta a tutti, indipendentemente dalla sua appartenenza (Comune, Provincia, enti morali, ecc.), chiamando gli enti locali a contribuire al suo mantenimento anche quando non avessero la titolarità dell'istituto e fissando opportunamente come requisiti necessari la regolare acquisizione di materiale moderno e la nomina di un direttore laureato e assunto per concorso.
Fu anche accarezzato i l disegno di ampliare il numero delle biblioteche pubbliche governative con l'acquisizione proprio delle principal biblioteche di capoluogo appartenenti ad altr: enti ("regificazione"), secondo una linea che ogg ci appare viziata di centralismo, oltre che velleitaria per l'incapacità dello Stato di provvedere adeguatamente ai già troppo numerosi istituti direttamente dipendenti, ma che si rifaceva alle
evidenti analogie con la statalizzazione dei principali musei locali e l'istituzione di archivi di Stato 0 loro sezioni, in questo stesso periodo, nei centri maggiori.
Nel rinnovo delle cariche dell'Associazione itahana biblioteche, nell'ottobre 1933, S. era stato nominato Vice Presidente, come lo era stato nel precedente triennio i l Salvagnini, e nei congressi nazionali dell'Associazione dal 1934 al 1940 (salvo in quello del 1937 e nel convegno del '36, a cui non potè partecipare) tenne regolarmente una relazione generale sull'attività e i programmi del Ministero. La Direzione Generale continuò inoltre a sostenere la partecipazione italiana alle attività della Federazione internazionale delle associazioni bibliotecarie e ai congressi internazionali.
Per quanto riguarda i l settore delle accademie, 1 provvedimenti più rilevanti in questo periodo furono quelli che imposero la revisione generale degh statuti (R.D.L. 21 settembre 1933, n. 1333), la nomina ministeriale delle cariche accademiche (R.D.L. 26 settembre 1935, n. 1803) e la riforma degli istituti storici nazionali e aelle società e deputazioni di storia patria (R.D.L 20 luglio 1934, n. 1226 e R.D. 20 giugno 1935, n. 1176, con altri provvedimenti specifici). A partire dal 1938 la Direzione Generale raccolse in tre volumi le notizie storiche e attuali sulle accademie e gli istituti culturali e dal 1941 iniziò la pubblicazione di relazioni annuali sulle loro attività, che vennero quindi escluse dalla relazione complessiva dedicata alle biblioteche per gli otto esercizi dal 1° luglio 1932 al 30 giugno 1940, in prosecuzione di quella fatta pubblicate da Salvagnini per i primi sei anni di attività della nuova Direzione Generale.
Tra le attività portate avanti negli ultimi anni della direzione Scardamaglia, particolare importanza ha la protezione delle biblioteche italiane e del loro patrimonio dai rischi e dai danni bellici, avviata in maniera tempestiva, funzionale ed efficiente fin dal 1935. I piani di protezione, inizialmente limitati ai rischi dei bombardamenti aerei, entrarono in esecuzione nei giorni dell'interven-
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to italiano nel conflitto (giugno 1940): "pochi giorni dopo l'entrata in guerra del nostro Paese - poteva affermare con meritata soddisfazione la relazione 1932-1940 - , tutto era stato non solo previsto e deciso, ma anche portato a termine per la protezione dai pericoli bellici del pregevole patrimonio bibliografico nazionale". L'intensificazione dei bombardamenti sulle città nel corso del conflitto, con caratteristiche e potenza del tutto imprevedibili nella fase iniziale, e poi i l passaggio del fronte quasi sull'intero territorio italiano, insieme alla carenza sempre più grave di mezzi e di risorse, misero naturalmente a dura prova le misure di protezione adottate, richiesero nuovi interventi e cambiamenti di strategie, ma nel complesso l'amministrazione delle biblioteche dette prova di grande e costante impegno e di notevoli capacità decisionali e organizzative, cosicché le
ite furono complessivamente molto contenute, in rapporto alla devastazione del territorio, e concentrate in massima parte in pochi istituti, soprattutto non statali, nei quali le attività di protezione erano state spesso trascurate.
Nell'estate 1943 anche per S. e per i l Ministero la situazione si fece concitata e confusa. Subito dopo il 25 luglio, col primo governo Badoglio e Leonardo Severi Ministro "tecnico", venne r imosso dalla posizione molto forte che aveva nel Ministero, spostandolo alla Direzione Generale dell'Ordine superiore tecnico, mentre a capo della Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche veniva posto, a quanto pare. Marino Lazzari, togliendolo dalla Direzione Generale delle Art i . D i questo avvicendamento, di sapore chiaramente punitivo, diede notizia lo stesso S. in una lettera di commiato ai direttori delle biblioteche governative, datata 31 luglio 1943.
Dopo l'armistizio e la fuga del re e di Badoglio (e di Severi, nascostosi in città) i l Comando della città aperta di Roma, i l 14 settembre, nominò commissario del Ministero dell'Educazione Nazionale i l Direttore Generale dell'Ordine universitario Giuseppe Giustini e pochi giorni dopo, i l 24 settembre (il giorno precedente si era insediato
il governo della Repubblica Sociale), S. tornò a capo della Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche.
Dopo i l primo Consiglio di amministrazione convocato a Padova dal Ministro Biggini nel novembre 1943 S. sostituì Giustini come Segretario generale del Ministero. Con i collocamenti a riposo d'autorità disposti nel dicembre 1943 dal Consiglio dei Ministri della Repubblica Sociale per i direttori generali dell'Educazione nazionale non disposti a trasferirsi al Nord, S. - trattenuto in servizio e rimasto anche i l più anziano in grado tra i direttori generali - ebbe in pratica fino all'arrivo delle forze alleate a Roma (4 giugno 1944) - prima come Segretario generale, poi come capo del Nucleo di collegamento tra le due sedi e dell'Ufficio stralcio di Roma — l'intera responsabilità della sede romana del Ministero, cioè concretamente dei suoi dirigenti e impiegati (e delle loro famiglie, che rischiarono spesso di rimanere senza stipendio e quindi senza mezzi di sostentamento), degli uffici e delle carte, che si volevano trasferire al Nord, tenendo i collegamenti col Ministro a Padova e le autorità d'occupazione in città.
" I l direttore generale S. manovra con intelligenza per guadagnar tempo, in attesa degli event i" , scrisse Francesco Barberi nelle sue Schede di un bibliotecario per l'anno 1944, e questa rapida annotazione coglie perfettamente i l motivo dominante di quei pesantissimi mesi. Per sé e per quasi tutti i funzionari si trattava in primo luogo, in ogni modo, di sottrarsi al trasferimento al Nord, evitando però le gravi conseguenze minacciate per i renitenti: nel dicembre 1943 si ventilò la completa chiusura della sede di Roma del Ministero e nel febbraio 1944 una retata della Questura sbatté a Regina Coeli, anche se per una sola notte, circa 150 dirigenti e impiegati che avevano optato per i l collocamento in disponibilità o a riposo pur di non trasferirsi a Padova, e dieci di loro furono condotti in stato di arresto al Nord. In pratica, come responsabile del Nucleo di collegamento tra le due sedi del Ministero, mentre la reggenza della Direzione Generale di Padova
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veniva affidata dal 29 ottobre 1943 a Luigi Ferrari direttore della Marciana e poi ad altri funzionari trasferitisi al Nord, S. riuscì a rimanere a Roma, salvo per meno di un mese a seguito della precettazione intimatagli nell'aprile 1944, recandosi tre volte al Nord per i l Consiglio d'amministrazione del Ministero. Sicuramente apprezzabile fu i l suo impegno, tra resistenze e volute inerzie, cavilli e sotterfugi, per sottrarre i l personale del Ministero e delle istituzioni romane alla prestazione del giuramento di fedeltà alla Repubblica Sociale, generalmente imposto al Nord, e per evitare, o almeno ridurre e rallentare, i l trasferimento al Nord delle carte e attrezzature del Ministero, con tutti i rischi che la cosa comportava nell'immediato e per i l futuro.
All'ingresso delle forze alleate a Roma, perciò, S. contava di consegnare i l Ministero di Trastevere alle nuove autorità senza gravi danni e in condizioni di relativa efficienza (anche perché si era rifiutato di inviare al Nord le carte relative a Roma e agli istituti del Mezzogiorno), condizioni di cui riteneva gli si dovesse rendere almeno in parte merito, anche se la sua attività durante l'occupazione tedesca era stata ispirata sicuramente dal buon senso e dall'attaccamento alle strutture in cui si era svolta tutta la sua vita piuttosto che da un cambiamento di orientamenti politici e personali. Venne però immediatamente estromesso - in malo modo, a quanto possiamo desumere da un suo accenno - dalla responsabilità del Ministero e anche dalla "sua" Direzione Generale, arrestato e detenuto (sia pure per brevissimo tempo, probabilmente i l 6-7 giugno) e quindi, quando l'amministrazione riprese un funzionamento relativamente regolare, formalmente sospeso dalle funzioni a far data dal 1° agosto 1944, per essere sottomesso a procedimento di epurazione, mentre la reggenza della Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche veniva affidata, già in giugno, a Giacomo Gaetani d'Aragona, Capo divisione all'Istruzione superiore.
Nel procedimento di epurazione gli vennero contestati gli addebiti previsti dagli art. 12 (com
ma 1°), 13 e 14 del D.Lgt. 27 lugho 1944, n. 159, relativi alla partecipazione attiva alla vita politica del fascismo, ad atti di faziosità e malcostume "introdotti dal fascismo nelle pubbliche amministrazioni" e al conferimento di onorificenze fasciste. I l giudizio di primo grado, nel quale testimoniarono parecchi funzionari della Direzione Generale e di altri uffici del Ministero, si concluse i l 26 settembre 1944 con la richiesta di dispensa dal servizio, ratificata con Decreto del 23 novembre 1944, con decorrenza dal 1° dello stesso mese.
D i fatto nel procedimento non erano però emersi fatti realmente gravi dal punto di vista politico, essendosi la sua partecipazione alle attività delle organizzazioni fasciste limitata all'aver ricoperto dal 1927 al 1935 i l ruolo di fiduciario del Gruppo rionale fascista di Monteverde Nuovo (a cui fu poi aggregato i l Portuense), interessandosi soprattutto del miglioramento delle condizioni della zona, di nuova urbanizzazione e carente di ogni servizio; a questa sua attività era stato dovuto i l conferimento, nel 1940, della sciarpa littoria. Se gli venne rimproverata qualche manifestazione di piaggeria verso i l regime (con i l quale del resto i l suo atteggiamento energico, dinamico e positivo, era stato in evidente sintonia), si riconobbe d'altra parte che non aveva mai dato prova di faziosità o di atteggiamenti persecutori, e questa considerazione, insieme al suo essersi adoperato ad ostacolare i provvedimenti repubblichini durante l'occupazione di Roma, avrebbe portato, come indicava lo stesso D.Lgt. n. 159, a sanzioni meno gravi della dispensa dal servizio. Non solo dalle testimonianze portate allora, ma da tutta la sua attività nel periodo che ci interessa, emerge chiaramente la sua posizione politicamente conformista, perfettamente allineata al Regime anche nel piglio e nella fraseologia, anche se aliena dai trionfalismi ingiustificati e accompagnata invece dalla concreta consapevolezza della lunghezza della strada ancora da percorrere; ma non mancano, d'altra parte, documenti e testimonianze da cui risultano la sua avversione alle ingerenze politiche nell'amministrazione, i l non dar peso nel lavoro
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alle opinioni politiche dei propri collaboratori -molti dei quali notoriamente, soprattutto negli ultimi anni, avversi al Regime - e tratti di cortesia personale anche negli spiacevoli casi di provvedimenti imposti dal Regime che colpirono alcuni suoi funzionari (per esempio i l collocamento a riposo d'ufficio dei non iscritti al PNF, nel 1939).
Maggiore peso venne dato in effetti ad addebiti diversi, non propriamente politici ma riconducibili piuttosto al generico "malcostume" a cui faceva riferimento i l decreto sull'epurazione. Le contestazioni della Commissione si concentrarono infatti su due dicerie raccolte, in termini abbastanza vaghi, riguardo all'aver preso con sé, quando era Capo di Gabinetto del Ministro Ercole, un modesto impiegato dei telegrafi, conosciuto al Gruppo rionale fascista, di cui si diceva che mercanteggiasse raccomandazioni per i trasferimenti degli insegnanti, e nell'aver avuto parte nella vendita a un antiquario svizzero di un prezioso manoscritto, di proprietà dello Stato, che si trovava nella sua abitazione. La seconda accusa sarebbe stata evidentemente gravissima, ma oltre a non essere stata minimamente confortata dalle pur frettolose indagini, appariva già solo per i particolari di cui era infiorettata del tutto fantasiosa e inverosimile, per qualche aspetto perfino comica.
In effetti, in maniera poco corretta almeno dal punto di vista formale, gli addebiti che gli erano stati notificati vennero poi lasciati cadere, in quanto inconsistenti o comunque non meglio precisabili, mentre le accuse si concentrarono su due elementi non inclusi tra quelli inizialmente contestatigli, la rapida e imprevista promozione a Direttore Generale, che si poteva quindi ascrivere (ma senza alcun elemento concreto) a favoritismi politici, e soprattutto "l'aver dato prova di malcostume amministrativo con l'abusare in misura esorbitante nella percezione di proventi per Commissioni interne del Ministero". A questo proposito, la Commissione aveva acquisito dalla Ragioneria il riepilogo dei compensi ricevuti da S. nell'esercizio 1939/40: oltre cinquemila {sic) get
toni di presenza in un anno, per la partecipazione a 19 commissioni diverse, per un cifra totale che superava largamente quella del suo stipendio. Si richiamava infine, non come addebito ma - in maniera assai discutibile - come elemento di conferma delle riserve sul suo "carattere", la tolleranza mostrata verso i maneggi (peraltro non provati) del suo collaboratore al Gabinetto di Ercole, cosi da dare in sostanza alla proposta di dispensa dal servizio i l carattere di un giudizio sulle qualità della persona piuttosto che di conclusione coerente e motivata di specifici accertamenti di fatto.
Come la stessa decisione riconosceva, senza far nomi ma con una trasparente perifrasi ("un teste autorevole, già a capo di questo Dicastero", frase che correggeva una prima formulazione più generica che avrebbe potuto riferirsi anche al M i nistro De Ruggiero), un peso determinante aveva avuto la pesante testimonianza di Leonardo Severi, non riguardo a fatti specifici ma appunto al "carattere" e agli atteggiamenti del Direttore Generale. A l di là dell'andamento poco persuasivo del procedimento sotto i l profilo sia formale che dell'accertamento dei fatti, però, si comprende facilmente che l'esigenza fondamentale era quella di rimuovere comunque dall'amministrazione i l dirigente più autorevole ed anziano - per carriera e non per età, avendo allora S. 56 anni - , in una prospettiva allora molto sentita di rinnovamento e di moralizzazione, soprattutto nei gradi più alti, rispetto alla eccessiva contiguità e subordinazione al Regime e a un "malcostume" (converrà usare ancora questo termine), lassismo, corsa all'accumulazione di indennità e piccoli benefici economici con disinvolti espedienti, che aveva coinvolto la maggior parte dei funzionari ma che l'abile e potente Direttore Generale poteva rappresentare più degli altri. Tra i pochissimi alti funzionari dispensati, insomma, si doveva includere i l dirigente di maggior peso nel Ministero, che era anche il più "chiacchierato" per il suo ruolo e i l tenore di vita, agiato ma anche esagerato dalle dicerie, che faceva sospettare guadagni illeciti.
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Sul momento S. non ricorse né contro i l giudizio di primo grado né contro i l decreto di dispensa, nonostante non mancassero gli appigli per farlo, evidentemente valutando — a nostro avviso a ragione - che allora non sussistessero fondate speranze di un esito diverso. Si può ricordare che era allora Ministro dell'Istruzione Guido De Ruggiero, che di S. era stato collega al Ministero, in gioventù, ed era rimasto a lungo amico, ma sia dall'una che dall'altra parte, a quanto risulta, ci si astenne da qualsiasi intervento. Sulla vicenda della sottrazione e vendita del manoscritto Vincenzo Arangio Ruiz, succeduto a De Ruggiero nel dicembre 1944, fece svolgere in seguito un'indagine ministeriale, come lo stesso S. aveva sollecitato, senza trovare - come si poteva prevedere - alcun riscontro.
Dopo circa un anno dalla comunicazione della dispensa, però, S., "distesisi gU spiriti e rasserenatosi l'ambiente" (così si esprime la sua istanza), presentò un'istanza di revoca del provvedimento a suo carico, fondata su elaborate argomentazioni giuridiche e seri rilievi sul procedimento e accompagnata da vari documenti e dalle copie di tre affettuose missive del suo principale "accusatore", il Severi (compresa una lettera di congratulazioni per la promozione a Ispettore Superiore, in data 30 luglio 1932, in cui gh augurava "la più brillante carriera"), e dei messaggi di congratulazioni di Guido De Ruggiero e altri per la sua nomina a Direttore Generale.
Nell'istanza stessa S. chiariva che non desiderava rientrare in servizio, ma semplicemente tutelare la propria reputazione (l'eventuale revoca, peraltro, comportava anche benefìci economici), e presentava quindi contemporaneamente la domanda di collocamento a riposo. Ottenne quindi dal nuovo Ministro Mole, nel gennaio 1946, la riapertura del procedimento nei suoi confronti, in un contesto mutato anche per gli interventi legislativi che avevano notevolmente ammorbidito le previsioni del Decreto n. 159 del 1944 su cui si era basato i l giudizio di primo grado, e quindi i l
definitivo annullamento, nel dicembre 1946, del decreto di dispensa dal servizio. D i conseguenza, con le inevitabili lungaggini, nel 1947 gli furono versati gli stipendi non goduti dal novembre 1944 fino al 21 gennaio 1946, data del definitivo collocamento a riposo disposto dal Consiglio dei Ministri del 20 gennaio 1946 secondo il D.Lgt. n. 716 del 9 novembre 1945, relativo al pensionamento «nell'interesse del servizio» dei funzionari fino al grado V.
A differenza degli altri due Direttori Generali del Ministero della Pubblica Istruzione collocati a riposo nella stessa circostanza (Giuseppe Giustini e Nazzareno Padellaro), anche questa volta S. non presentò ricorso; non rinunciò però a ottenere un definitivo chiarimento riguardo alla questione della vendita del manoscritto, e nel luglio 1948 il Ministro Gonella gli comunicò che l'inchiesta in proposito era terminata escludendo che i l fatto fosse mai avvenuto.
Le sue vicende nell'amministrazione, che sembravano essersi definitivamente concluse, ebbero però ulteriori sviluppi a seguito dell'accanita ojj-posizione di Giustini e Padellaro, che ottennero infine dal Consiglio di Stato nel giugno 1948, in condizioni politiche ormai molto diverse rispetto all'immediato dopoguerra, la reintegrazione in servizio e nel loro grado. Gli effetti della sentenza, che ebbe ulteriori strascichi nel corso del 1949, vennero poi estesi anche al suo caso: S. riassunse quindi servizio dal 16 gennaio 1950 ma - come nel caso degli altri dirigenti reintegrati - non gli fu nuovamente attribuita una delle direzioni generali, allora tutte coperte da titolari nominati tra i l 1945 e i l 1948. Gli vennero probabilmente affidati solo incarichi speciali, cosicché i l suo nome non comparve mai nell'organigramma del Ministero, fino al collocamento a riposo d'ufficio disposto, per l imiti d'età, col 1° aprile 1954.
Nel dicembre 1955 venne insignito dell'onorificenza di Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica.
Morì a Roma il 14 aprile 1959.
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Bibliografia d i Edoardo Scardamaglia
1933, Presentazione, «Accademie e biblioteche d'Italia», 7 (1933/34), n. 1, pp. 3-6; 1934 Prefazione, in Mostra delle biblioteche italiane: acquisti e doni degli ultimi dieci anni, 27 maggio-30 giugno 1934-XII, Roma, pp. V I I - X I ; Problemi delle biblioteche italiane, «L'Italia che scrive», 17, n. 6, pp. 158, 160; Biblioteche e bibliotecari, ivi, n. 11, pp. 291-292; [1935], La relazione Scardamaglia, in // terzo Congresso della Associazione italiana per le biblioteche (Bari, 20-23 ottobre 1934), Roma, pp. 21-42 (anche in «Accademie e biblioteche d'Italia», 8 (1934), n. 6, pp. 537-57); 1937, Biblioteche d'Italia, «Il libro italiano», nn. 1-6, pp. 13-22; Il libro e le biblioteche nel momento attuale, in // Convegno di Firenze per la diffusione del libro, «Accademie e biblioteche d'Italia», nn. 3-4, pp. 399-402 (con la sintesi degli altri interventi alle pp. 384 e 394-5); Le accademie e gli istituti di cultura, in Dal Regno all'Impero: 17 marzo 1861-9 maggio 1936-XIV, Roma, pp. 531-9; 1938, La relazione Scardamaglia, in // Convegno nazionale dei bibliotecari italiani (Bolzano-Trento, 14-16 maggio 1938-XVI), Roma, pp. 12-21 (anche in «Accademie e biblioteche d'Italia», 12 (1938), nn. 3-6, pp. 226-35); [Presentazione], in Ministero dell'Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Accademie, delle Biblioteche, degli Affari generali e del Personale, Accademie e istituti di cultura. Cenni storici, Roma, pp. 5-8; 1939, Pio XI bibliotecario, «L'Urbe», n. 2, pp. 6-12; [Presentazione], in Ministero dell'Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Accademie, delle Biblioteche, degli Affari generali e del Personale, Accademie e istituti di cultura. Statuti e regolamenti, Roma, pp. V-IX; 1940, [Interventi], in // rapporto dei bibliotecari a Parma, «Accademie e biblioteche d'Italia», 14 (1939/40), nn. 5-6, pp. 313-5 e 342-3; La relazione Scardamaglia, in // VI Convegno nazionale dell'Associazione italiana per le biblioteche, Roma, pp. 7-13 (anche in «Accademie e biblioteche d'Italia», 14 (1939/40), nn. 5-6, pp. 349-55); In memoria di Italo Balbo, «Accademie e biblioteche d'Italia», 15 (1940/41), n.
1, pp. 3-6 (pubblicato anche in «Il libro italiano nel mondo», 1 (1940), nn. 6-7, pp. 107-9); La nuova legge sulle biblioteche pubbliche, in La biblioteca nella scuola: convegno nazionale..., «Accademie e biblioteche d'Italia», 15 (1940/41), n. 2, pp. 154-7 (con l'intervento a pp. 164-6); Cultura. II: Gli istituti culturali, in: Dizionario di politica, a cura del Partito Nazionale Fascista, Roma, v. 1, pp. 710-3; [Presentazione], in Ministero dell'Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Accademie, delle Biblioteche, degli Affari generali e del Personale, Accademie e istituti di cultura. Fondazioni e premi, Roma, pp. V - V I I ; 1941, [Presentazione], in Ministero dell'Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Accademie, delle Biblioteche, degli Affari generali e del Personale, Relazioni annuali delle accademie e degli istituti di cultura: anno accademico 1939-40 (XVIII), Roma, pp. V-IX; 1942, Biblioteche d'Italia, Roma; Ventennale, «Accademie e biblioteche d'Italia», 17 (1942/43), n. 1, pp. 3-13; Presentazione al Ministro, in Ministero dell'Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Accademie, delle Biblioteche, degli Affari generali e del Personale, Le biblioteche d'Italia dal 1932-X al 1940-XVIIL Roma, pp. V-XI ; [Presentazione], in Ministero dell'Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Accademie, delle Biblioteche, degli Affari generali e del Personale, Relazioni annuali delle accademie e degli istituti di cultura: anno accademico 1940-41 (XIX), Roma, pp. V-VI ; 1943, Venti anni di regime fascista nelle accademie e nelle biblioteche, «Accademie e biblioteche d'Italia», 17 (1942/43), n. 4, pp. 177-8; [Presentazione], in Ministero dell'Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Accademie, delle Biblioteche, degli Affari generali e del Personale, Manoscritti e libri rari notificati (art. 3 della legge 1 "giugno 1939, n. 1089), Roma, pp. 5-7.
Fonti archivistiche
Roma, ACS, MPI , Dir. Gen. Personale e Affari generali e amministrativi (1910-1964), b. 143, fase. 929 (fase, personale).
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Edoardo Scardamaglia
Roma, ACS, MPI , Dir. Gen. Accademie e Biblioteche (1926-1948), b. 276 (Corrispondenza privata dei direttori); b. 478 (Personale della Direzione Generale).
Bibliografìa su Edoardo Scardamaglia
1936, Chi èi' Dizionario degli italiani d'oggi, 3̂ ed., Roma, pp. 837-8; 1940, Chi è? Dizionario degli italiani d'oggi, 4^ ed., Roma, p. 858; 1967, V. Carini Dainotti, La politica della Direzione generale delle biblioteche dal 1926 al 1966, «Accademie e biblioteche d'Itaha», n. 6, pp. 396-418 (408-12); 1974, E. Lavagnino, Diario di un salvataggio artistico: dicembre 1943-maggio 1944, «Nuova Antologia», n. 2084, pp. 509-47; 1976, G. Barone, A. Petrucci, Primo: non leggere. Biblioteche e pubblica lettura in Italia dal 1861 ai nostri giorni, Milano, pp. 81-4, 89-90, 95-6; 1984, E Barberi, Schede di un bibliotecario (1933-1975), Roma, p. 62; 1987, G. Zorzanello, Pietro Zorzanello: dignità di un bibliotecario, Parma, pp. 39-59; 1996, Verbali del Consiglio dei ministri: luglio 1943-maggio 1948, ed. crit. a cura di A.G. Ricci, V. 6: Governo De Gasperi: 10 dicembre 1945-13 luglio 1946, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento pei l'informazione e l'edi
toria, p. 195; A. Scotto di Luzio, L'appropriazione imperfetta: editori, biblioteche e libri per ragazzi durante il fascismo, Bologna, all'indice; 2000, A. Petrucciani, Per la storia dei bibliotecari italiani: note dal libro di cassa dell'Associazione italiana biblioteche, 1930-1944, «Bollettino AIB», n. 3, pp. 365-84; 2002, P Traniello, Storia delle biblioteche in Italia: dall'Unità a oggi, Bologna, pp. 167-205; 2003, A. Paoli, "Salviamo la creatura": protezione e difesa delle biblioteche italiane nella seconda guerra mondiale, con saggi di G. De Gregori e A. Capaccioni, Roma, pp. 91-3, 100; A. Petrucciani, Storie di ordinaria dittatura: i bibliotecari italiani e il fascismo (1922-1942), «Bollettino AIB», n. 4, pp. Ali-Al; 2007, Le biblioteche e gli archivi durante la seconda guerra mondiale: il caso italiano, a cura di A. Capaccioni, A. Paoh, R. Ranieri, Bologna; 2009, C. De Maria, Lamministrazione bibliotecaria nell'Italia fascista (1926-1940), «Le carte e la storia», n. 2, pp. 180-98.
Ringraziamenti
Francesco Scardamaglia.
Alberto Petrucciani
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ISBN: 978-88-7395-644-0
Progetto grafico: Gianluca Bellina Impaginazione: Irene Sartini Stampa: Tipografia Moderna - Bologna
Prima edizione: ottobre 2011
Elenco dei Direttori Generali in ordine cronologico
ANTICHITÀ E BELLE ARTI Carlo Fiorilli (già nel Ministero) (già nel) 1900-1906 Corrado Ricci 1906-1919 Arduino Colasanti 1919-1928 Roberto Paribeni 1928-1933 Pietro Tricarico 1933-1938 Marino Lazzari 1938-1944 Modestino Petrozziello 1944 Ranuccio Bianchi Bandinelli 1945-1947 Guglielmo De Angelis d'Ossat 1947-1960 Bruno Molajoli 1961-1970 Vito Agresti 1970-1972 Salvatore Accardo 1973-...