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DIRITTO PUBBLICO E LEGISLAZIONE SANITARIA E SOCIALE PER IL FISIOTERAPISTA Ad uso del corso di laurea di fisioterapia Bruno Santamaria
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DIRITTO PUBBLICO E LEGISLAZIONE SANITARIA E SOCIALE PER … · 2019. 5. 17. · CAPITOLO II LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI 1. Breve storia del diritto sanitario 2.

Jan 31, 2021

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  • DIRITTO PUBBLICO E LEGISLAZIONE

    SANITARIA E SOCIALE PER IL FISIOTERAPISTA

    Ad uso del corso di laurea di fisioterapia

    Bruno Santamaria

  • I edizioneaprile 2014Casa Editrice: Ludes University Presswww.edizioniludes.chVia dei Faggi, 4 Quartiere La Sguancia 6912 Pazzallo - LuganoTel. 00 41 91 985 2830 Fax 00 41 91 994 26 45ISBNPrezzo di copertina: €Copyright © Ludes University PressTutti i diritti sono riservati

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, trasmessa in qualsiasi forma o mezzo, meccanico, fotocopia o altri, senza la preventiva autorizzazione scritta dell’Editore

  • INDICE

    Introduzione

    CAPITOLO I

    SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATOOrdinamento Amministrativo

    1. Lo Stato2. La Repubblica3. Il parlamento4. Il Presidente della Repubblica5. La Magistratura6. Il Governo7. La Pubblica Amministrazione8. Garanzie Costituzionali9. Ordinamento degli Enti Locali

    I. Gli enti localiII. Le regioniIII. Gli organi delle regioniIV. Gli organi di comuni e provinceV. La giunta e le sue competenzeVI. Il consiglio e le sue competenzeVII. Il sindaco e il presidente della provinciaVIII. I controlli

    10. Il Buon GovernoI. I principi generali dell’attività amministrativaII. Il principio di legalità

    I Poteri dello Stato1. Potere Legislativo2. Potere Esecutivo3. Potere Giudiziario

    I. Procedimenti giudiziariII. Diritto amministrativoIII. Diritto penaleIV. Diritto privatoV. Diritto del lavoroVI. Diritto di famiglia

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    I

  • CAPITOLO II

    LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI1. Breve storia del diritto sanitario2. Le riforme del d.Lgs n. 502/923. La riforma sanitaria ter: il D.Lgs n. 229/994. La riforma del titolo V della Costituzione5. Il Ministero della Sanità6. I dipartimenti7. Gli organi consultivi8. Il Consiglio Superiore di Sanità9. L’istituto Superiore di Sanità10. L’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali11. L’agenzia italiana del farmaco12. L’azienda sanitaria pubblica13. Gli organi dell’azienda sanitaria14. Le prestazioni sanitarie

    I. L’autorizzazioneII. L’accreditamento istituzionale III. Gli accordi contrattualiIV. Il sistema di renumerazione delle prestazioniV. Il sistema dei controlli

    15. Le istituzioni dell’assistenza socialeI. Il ruolo dello StatoII. Il ruolo delle Regioni e le Province autonomeIII. Il ruolo delle provinceIV. I comuni

    16. Le aziende della saluteI. Il no profitII. Il volontariatoIII. Gli enti di promozione socialeIV. Le cooperative socialiV. Le fondazioni

    17. I regimi di autorizzazione e di accreditamentoI. L’autorizzazione II. L’accreditamentoIII. Le convenzioniIV. La carta dei servizi socialiV. Le prestazioni socio-sanitarieVI. Altri interventiVII. I centri socio assistenzialiVIII. Le comunità assistenzialiIX. Le strutture residenziali

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  • CAPITOLO IIIUNIONE EUROPEA E SANITÀ

    1. Le istituzioni dell’Unione EuropeaI. Parlamento EuropeoII. Commissione EuropeaIII. Tribunale dell’Unione EuropeaIV. Consiglio EuropeoV. Corte di giustizia dell’Unione EuropeaVI. Efficacia delle sentenze negli ordinamenti nazionali

    2. I diritti sanitari nell’Unione EuropeaI. Trattato di LisbonaII. Convenzione europea per i diritti dell’uomo (CEDU)III. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

    3. Protezione dei dati personali e U.E.

    CAPITOLO IV

    LA FIGURA PROFESSIONALE DEL FISIOTERAPISTA1. Fisioterapista e i suoi ambiti di autonomia professionale2. Fisioterapista e il rapporto con il fisiatra3. Il consenso informato4. La tutela della privacy5. Le responsabilità del fisioterapista6. La responsabilità della struttura sanitaria

    I. Prescrizione: termini e peculiarietà7. Assicurazione e tutela del professionista8. Schede di sintesi9. Esempi pratici

    CAPITOLO V

    ETICA E BIOETICA1. Etica e formazione2. Etica dei comportamenti e umanizzazione dell’assistenza

    nelle aziende sanitarieI. Definizione di ordine generaleII. Etica dei fini e dei mezziIII. Alcune classificazioniIV. Etica e conoscenzaV. Etica e limitatezza delle risorseVI. Etica e vincoli esterniVII. Relazione tra etica e comportamenti

    3. Cenni di bioetica

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  • I. Formazione alla bioetica4. La complessità della formazione alla bioetica5. Valori condivisi

    Appendice Normativa

    168170171

    175

  • INTRODUZIONE

    I

    INTRODUZIONE

    La particolare attenzione che la Facoltà di Scienze Mediche della L.U.de.S. riserva alle discipline umanistiche intercetta in questo agile e puntuale volume, curato da Bruno Santamaria, un fecondo momento di confronto metodologico e didattico.

    Le scienze della complessità richiedono, infatti, una interdisciplinarità forte, espressiva di un confronto euristico tra i vari ambiti del sapere, in modo da maturare strumenti culturali, strategie epistemologiche, ca-pacità applicative ampie, organiche, cogenti.

    La progressiva complessificazione delle scienze e del mondo da esse descritto impone al professionista, vieppiù nell’ambito sanitario, il consolidamento di una visione a rete, sistemica, aperta alle emergenze qualitative, mai riconducibili al mero assemblamento delle parti.

    Nel caso specifico, il fisioterapista non solo non può ignorare l’etica applicata, la sociologia, l’antropologia medica, la psicologia rela-zionale, ma neppure il mondo del diritto, finalizzato al radicamento autentico delle responsabilità individuali e della struttura sanitaria di eventuale riferimento.

    In questo contesto, l’Autore riserva un rilevante capitolo all’etica fon-damentale e alla bioetica, in modo tale che lo studente possa inquadra-re la norma in un contesto filosofico di senso, capace di garantire una compiuta interiorizzazione del dato legislativo.

    Come afferma giustamente Carlo Maria Martini: “Mentre l’etica è la dottrina che si interessa degli atteggiamenti di valore dell’uomo, il di-ritto è l’insieme delle norme positive che le società si danno per rispon-dere a questi imperativi profondi e tradurli nella pratica quotidiana. Da solo, però, il diritto non garantisce un’etica pubblica: esso è un insie-me di norme esterne che suppongono un consenso fondamentale dei cittadini sui grandi atteggiamenti che regolano i rapporti tra persone. Quando incomincia la discordia sugli atteggiamenti di fondo, ad esem-pio sul rispetto della vita, una società è minacciata di disgregazione e, alla lunga, non riuscirà più a darsi norme di diritto capaci di assicurare il rispetto di tutti”.

    (Viaggio nel vocabolario dell’etica, Piemme, Casale Monferrato 1993).

    Lo studente, in altri termini, sperimenta sul campo il nesso indissolubi-

  • INTRODUZIONE

    II

    le tra diritto ed etica, tra la competenza e la scelta (quest’ultima nasce sempre dal costituirsi di un orizzonte morale, razionalmente giustifica-to, che funge da irriducibile sfondo ermeneutico-esistenziale capace di vivificare la norma).

    L’Autore ha davvero il pregio di fornire al fisioterapista, in quest’ottica integrata, uno strumento idoneo al completamento della propria for-mazione a tutto tondo.

    Santamaria rende conto dei numerosi e significativi interventi legislati-vi che hanno interessato di recente l’organizzazione sanitaria e, più in generale, il sistema giuridico connesso alla tutela della salute, nell’ot-tica di una sempre maggiore implementazione della sanità sotto tutti i profili.

    L’ Autore, in definitiva, ha saputo intercettare in queste pagine il cuo-re pulsante delle responsabilità derivanti dalla delicatezza dell’attività professionale fisioterapica, ivi compresa, naturalmente, la tensione eti-ca che le innerva.

    Al futuro professionista fisioterapico vengono così forniti validi stru-menti per affinare la propria conoscenza anche nel campo del diritto: in ambito pubblico o privato, come libero professionista o dipendente presso ospedali o cliniche, presso servizi di riabilitazione, presso ser-vizi di assistenza domiciliari, in ambulatorio o studio professionale, presso centri di ricerca, centri di fitness ed associazioni sportive. In questo modo, come ben si capisce, viene posto al riparo da eventi da cui derivino responsabilità sia sotto il profilo civilistico, sia sotto quello strettamente penalistico, ma, in particolare, viene sostenuto a divenire un professionista completo, competente e competitivo sul mercato della propria attività, mai disgiunta da un forte afflato morale.

    Il che non mi pare cosa di poco conto in un’epoca di meri tecnicismi senz’anima.

    Prof. Avv. Alfredo De FilippoCoordinatore del Dipartimento delle Scienze

    Giuridiche e Sociali, Università L.U.de.S.- Lugano

  • ISISTEMA

    ORGANIZZATIVO DELLO STATO

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

    1

    ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO

    1. LO STATO

    È una forma di organizzazione del potere sovrano esercitato su un po-polo stanziato in un determinato territorio. Tre sono quindi gli elementi su cui si basa il concetto di Stato: Popolo, Territorio e Sovranità.

    Il Popolo gode della Cittadinanza di quello Stato, da cui derivano sia diritti che doveri. Alla Cittadinanza Italiana oggi si somma automati-camente anche la Cittadinanza Europea, in virtù dell’appartenenza del nostro Stato all’Unione Europea. Il territorio dello Stato è formato dalla terraferma compresa entro i confini nazionali, dal mare territoriale (12 miglia dalla costa), dal sottosuolo e da navi ed aerei appartenenti a allo Stato stesso.

    La Sovranità, infine, altro non è che la potestà di governo sul popolo stesso, ossia il potere di guidarne la condotta al solo fine di meglio rea-lizzare l’interesse di quest’ultimo.

    2. LA REPUBBLICA

    È la forma di governo dello Stato Italiano. Questa scelta è sancita dall’art. 5 della Costituzione, che sottolinea come la Repubblica Ita-liana sia “una ed indivisibile” ma che al tempo stesso riconosca e pro-muova le autonomie locali. Autonomia e decentramento sono obiettivi dichiarati e perseguiti attivamente dallo Stato Italiano: per realizzare tali scopi, prosegue infatti l’articolo, lo Stato “adegua i principi ed i metodi dello sua legislazione”.

    La Repubblica riconosce e garantisce a tutti gli individui, cittadini e non, i diritti inviolabili dell’uomo, “sia come singolo sia nelle forma-

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

    2

    zioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2).

    A livello costituzionale sono inoltre riconosciuti altri diritti e doveri, quali la pari dignità e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3), il diritto al lavoro e il dovere di concorrere, secondo le possibilità individuali, al progresso materiale e spirituale della società (art. 4).

    L’indipendenza e la sovranità della Chiesa Cattolica è ammessa dall’art. 7, mentre nel successivo è riconosciuta l’uguaglianza delle confessioni religiose davanti alla legge italiana, a condizione che esse non contra-stino con l’ordinamento giuridico italiano. Proseguendo con gli articoli della Costituzione italiana, sono sanciti:

    • il ripudio della guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (art. 11);

    • il riconoscimento dei diritti della famiglia (art. 29);

    • la protezione di maternità, infanzia e gioventù (art. 31);

    • la tutela della salute come “fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività” (art. 32);

    • la tutela dell’istruzione (art. 33);

    • la tutela del lavoro in tutte le sue forme nonché la cura della formazione e dell’elevazione professionale dei lavoratori (art. 35) anche collaborando, nei modi e nei limiti di legge, alla gestione delle aziende (art. 45);

    • la libertà dell’organizzazione sindacale (art. 39);

    • la libertà di iniziativa economica privata purché non sia eser-citata in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana (art. 41);

    • la tutela della proprietà privata, che può essere espropriata so-lamente per motivi d’interesse generale, nei limiti della legge e pagandone un indennizzo (art. 42);

    • la tutela del risparmio e l’incoraggiamento all’acquisto della proprietà dell’abitazione (art. 47).

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

    3

    3. IL PARLAMENTO

    È l’organo legislativo dello Stato. Si compone di due assemblee, la Ca-mera dei Deputati e il Senato della Repubblica, i cui membri sono eletti per 5 anni. Le due Camere si differenziano in riguardo alla composizio-ne; sono eleggibili come deputati “tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età” (art. 56), mentre sono eleggibili a senatori “gii elettori che hanno compiuto il quarante-simo anno” (art. 58).

    La Camera dei Deputati è eletta a suffragio universale, cioè votano tutti i cittadini aventi diritto al voto ed è altresì elezione diretta, cioè sono i cittadini che col loro voto eleggono i Deputati. Hanno diritto al voto tutti coloro che hanno compiuto i 18 anni di età.

    Il Senato della Repubblica è invece eletto su base regionale, ad ecce-zione di alcuni seggi che sono assegnati alla circoscrizione estero, vale a dire ai cittadini italiani residenti all’Estero ma aventi diritto al voto in Italia. Anche per l’elezione dei Senatori il suffragio è universale e diret-to. Possono votare per l’elezione del Senato solo i cittadini che hanno compiuto 25 anni.

    Chi è stato Presidente della Repubblica ha diritto ad essere di diritto Senatore a vita. Inoltre, il Presidente della Repubblica nomina cinque senatori a vita tra cittadini illustri per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario.

    Ciascuna delle due camere elegge il proprio Presidente e l’Ufficio di Presidenza.

    Il Parlamento decide in nome e per conto dell’intera Nazione, per que-sto ciascun parlamentare non rappresenta se stesso né i suoi elettori, ma la Nazione stessa ed esercita le sue funzioni senza alcun vincolo di mandato (art. 67). I membri del Parlamento, sono “al servizio esclusivo della Nazione” (art. 98).

    4. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

    Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (art. 87).

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

    4

    È il Parlamento, in seduta comune e con il metodo dello scrutinio segre-to, a nominare il Presidente della Repubblica (art. 83), che resta in cari-ca per 7 anni; qualsiasi cittadino che abbia compiuto i cinquanta anni di età è eleggibile (art. 84). All›elezione si procede per iniziativa del Pre-sidente della Camera che, 30 giorni prima della scadenza del mandato presidenziale, convoca il parlamento in seduta comune per l’elezione del nuovo Presidente (art. 85), analoga iniziativa deve essere assunta entro 15 giorni, in caso di impedimento permanente, morte o dimissioni (art. 86). L’assunzione dell’ufficio di Presidente avviene a seguito di giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costitu-zione, prestato dinnanzi al Parlamento (art. 91); tale ufficio è inoltre incompatibile con qualsiasi altra carica (art. 84). Tra i suoi compiti vi è:

    • indire le elezioni;

    • promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti;

    • verificare la costituzionalità delle leggi;

    • indire i referendum popolari nei casi previsti dalla legge;

    • tenere il comando delle Forze Armate;

    • ricevere i rappresentanti diplomatici degli altri Stati e ratificare i trattati internazionali;

    • presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura.

    Ha inoltre la facoltà di sciogliere le Camere, concedere la grazia o commutare le pene e conferire onorificenze (artt. 87 e 88).

    La Costituzione stabilisce che “nessun atto del Presidente della Repub-blica è valido se non è controfirmato dai Ministri proponenti che ne assumono la responsabilità” ed aggiunge che è necessaria anche la con-trofirma del Presidente del Consiglio dei Ministri per “gli atti che hanno valore legislativo” (art. 89).

    Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione, casi in cui è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri (art. 90).

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

    5

    5. LA MAGISTRATURA

    È un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere (art. 104) che amministra la giustizia in nome del popolo italiano: i magistrati sono infatti soggetti unicamente alla legge.

    Nella Costituzione è presente espresso divieto di istituire giudici straor-dinari o speciali, salvo poche eccezioni disciplinate nella Carta stessa.

    Il Consiglio di Stato e i Tribunali Amministrativi Regionali hanno giu-risdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi.

    La giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica è riservata alla Corte dei Conti, che la esercita insieme ad altre funzioni ad essa attri-buite per legge. Infine i Tribunali militari hanno giurisdizione per i soli reati militari commessi da soggetti appartenenti alle Forze Armate, in tempo di pace; mentre estendono la propria giurisdizione ad altri casi previsti per legge in tempo di guerra.

    Al vertice della magistratura italiana vi è il Consiglio Superiore della Magistratura, un organo collegiale, a cui spettano le assunzioni, le as-segnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Fanno parte di diritto del Consiglio Superio-re della Magistratura il Presidente della Repubblica, che lo presiede, il Primo Presidente e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione. Gli altri 24 membri sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie (c.d. membri togati), e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di uni-versità in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio (c.d. membri laici).

    I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili (art. 104).

    6. IL GOVERNO

    È un organo, composto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, che esercita la funzione esecutiva e l’attività di indirizzo politico dello Sta-

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    to. Il Presidente del Consiglio dirige la politica generale del Governo, di cui ne è anche responsabile, ed ha il potere-dovere di promuovere e coordinare l’attività dei Ministri (art. 95). Il Presidente della Repub-blica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di quest’ultimo, i Ministri (art. 92). Prima di assumere le funzioni, Pre-sidente e Ministri devono prestare giuramento (art. 93) ed entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo deve ottenere la fiducia delle due Camere (art. 94).

    La legge provvede ad individuare il numero dei Ministri, le loro attribu-zioni e l’organizzazione dei Ministeri.

    7. LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

    Gli Uffici pubblici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità, principi su cui si basa l’efficienza stessa della Pubblica Amministrazione.

    Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari pubblici.

    La Pubblica Amministrazione è organizzata in base al “più ampio de-centramento”, principio base sancito dalla Costituzione all’art. 5.

    Per decentramento amministrativo si intende, in sostanza, la dislocazio-ne dei poteri tra soggetti e organi diversi, conferendoli, ove possibile, ad enti locali e soggetti periferici. Questo comporta, da un lato, l’attri-buzione diretta di poteri e competenze dallo Stato alle amministrazio-ni locali, dall’altro la localizzazione di molti uffici statali sull’intero territorio nazionale, sviluppando una sorta di Amministrazione statale “periferica”. Tutti i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità si estende allo Stata e agli enti pubblici (art. 28).

    Infine la Costituzione stabilisce che l’accesso agli impieghi nelle pub-bliche amministrazioni avvenga per concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge (art. 97).

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    8. GARANZIE COSTITUZIONALI

    È la Corte Costituzionale a giudicare la legittimità costituzionale delle leggi, e degli atti aventi forza di legge, di Stato e Regioni nonché sui conflitti di attribuzioni tra i poteri dello Stato, tra Stato e Regioni e tra Regioni (art. 134).

    È costituita da quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente del-la Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa. I membri della Corte Costituzionale durano in carica nove anni, esauriti i quali non possono essere nuovamente nominati (art. 135). La dichiarazione di illegittimità di una norma comporta che essa cessi di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza (art. 136). Le decisioni della Corte Costituzionale non sono impugnabili (art. 137).

    9. ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI

    I) GLI ENTI LOCALI

    Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni sono gli enti terri-toriali autonomi che costituiscono, insieme allo Stato, la Repubblica Italiana (art. 114).

    I suddetti enti territoriali autonomi sono dotati di propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

    Gli enti locali hanno autonomia finanziaria, possono stabilire tributi ed entrate proprie nel rispetto della Costituzione e hanno diritto alla com-partecipazione al gettito dei tributi erariali riferiti al territorio (art. 119).

    È inoltre istituito un fondo di perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante e sono previste altre forme di contribuzione aggiuntiva dello Stato per alcuni di questi enti.

    Attraverso le diverse fonti sopra citate, questi enti devono finanziare integralmente le spese derivanti dalle loro funzioni pubbliche.

    In attuazione del più generale principio del decentramento, la Costitu-

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    zione prescrive l’attribuzione delle funzioni amministrative “ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Pro-vince, Città metropolitane. Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.”

    Il citato principio di sussidiarietà comporta l’attribuzione delle funzioni amministrative ad un livello superiore di governo solo nell’ipotesi in cui il livello inferiore non riesca a curare gli interessi ad esso affidati.

    Comuni e Province, insieme alle Città Metropolitane, sono quindi tito-lari di funzione amministrative proprie nonché di quelle che possono conferire loro lo Stato o le Regioni (art. 118).

    II) LE REGIONI

    Le Regioni sono venti e, in base al tipo di Statuto del quale sono dotate, si distinguono in due categorie: Regioni “a statuto ordinario”, la mag-gior parte, e Regioni “a statuto speciale”, ossia Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige/Sudtirol e Valle d’Aosta.

    Mentre le Regioni ordinarie sono sottoposte ad una disciplina comune, dettata dalla Costituzione (in particolare dall’art. 117 che ne definisce la potestà legislativa), le cinque Regioni “a statuto speciale” hanno cia-scuna una loro disciplina, derogatoria rispetto a quella comune.

    Le Regioni hanno potestà legislativa in via residuale su ogni materia che non sia riservata allo Stato, il quale ha potestà legislativa esclusiva sulle seguenti materie:

    a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione Europea; diritto di asilo e condi-zione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’U-nione Europea;

    b) immigrazione;c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizio-

    ni ed esplosivi;e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della

    concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabi-le dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

    f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum sta-

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    tali; elezione del Parlamento Europeo;g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e

    degli enti pubblici nazionali;h) ordine pubblico e sicurezza; ad esclusione della polizia am-

    ministrativa locale;i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e pena-

    le; giustizia amministrativa;m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni con-

    cernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

    n) norme generali sull’istruzione;o) previdenza sociale;p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fonda-

    mentali di Comuni, Province e Città metropolitane;q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi interna-

    zionale;r) pesi, misure e determinazioni del tempo; coordinamento in-

    formativo statistico e informatico dei dati dell’amministra-zione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;

    s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. In alcune materie vi è, invece, la concorrenza di legislazione statale, che detta i principi fondamentali, e regionale, tra cui: commercio con l’estero, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione e formazione, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi, salute ali-mentazione, professioni, sport, protezione civile, governo del territorio, trasporti, energia, beni culturali, aziende di credito (art. 117).

    III) GLI ORGANI DELLE REGIONI

    Gli organi della Regione sono: il Consiglio Regionale, la Giunta e il Presidente della Giunta stessa.

    Il Consiglio Regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Re-gione; mentre la Giunta Regionale è l’organo esecutivo, esercita potestà regolamentare e dispone di poteri di impulso e di iniziativa legislativa.

    Ogni Regione è rappresentata dal suo Presidente di Giunta, che detta la linea politica della Giunta stessa e ne è responsabile, promulga le leggi regionali ed emana i regolamenti, dirige le funzioni amministrative de-

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    legate dallo Stato alle Regioni (art. 121).

    IV) GLI ORGANI DI COMUNI E PROVINCE

    Sono organi del Comune il Consiglio comunale, la Giunta e il Sindaco. In modo speculare nella Provincia vi sono il Consiglio provinciale, la Giunta e il Presidente.

    L’elezione del Sindaco e del Presidente della Provincia avviene a suf-fragio popolare diretto e, una volta eletti, restano in carica per cinque anni.

    Sindaco e Presidente della Provincia nominano rispettivamente i com-ponenti della Giunta comunale e provinciale. La composizione e le competenze delle Provincie sono oggetto di recenti modifiche in corso.

    V) LA GIUNTA E LE SUE COMPETENZE

    Le Giunte comunali e provinciali sono composte rispettivamente dal Sindaco e dal Presidente della Provincia, e da più assessori, come stabi-lito dagli Statuti entro i limiti posti dalla legge.

    Esse collaborano con il Sindaco e il Presidente della Provincia nel go-verno dell’ente locale e compiono tutti gli atti che non siano attribuiti dalla legge al Consiglio o che, secondo lo Statuto, non siano di stretta competenza dello stesso Sindaco o Presidente della Provincia.

    La Giunta deve attuare quanto contenuto negli indirizzi generali propo-sti dal Consiglio a cui poi riferisce annualmente. Inoltre la Giunta può svolgere attività di impulso e proposizione nei confronti del Consiglio stesso.

    È sempre la Giunta che adotta i regolamenti sull’ordinamento degli uf-fici e dei servizi amministrativi, sempre nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal Consiglio. La composizione e le competenze delle Provin-cie sono oggetto di recenti modifiche in corso.

    VI) IL CONSIGLIO E LE SUE COMPETENZE

    Il Consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrati-

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    vo. È competente per i seguenti atti fondamentali:

    a) statuto dell’ente;b) programmi, piani finanziari, bilanci, piani territoriali e urbani-

    stici ed eventuali deroghe e pareri da rendere in predette ma-terie;

    c) convenzioni tra Comuni e tra Provincia e Comuni;d) istituzione e funzionamento degli organismi di decentramento

    e di partecipazione;e) assunzione diretta dei pubblici servizi, costituzione di azien-

    de speciali, concessioni di pubblici servizi e partecipazione dell’ente a Società di Capitali;

    f) istituzione e ordinamento di tributi, disciplina delle tariffe per la fruizione dei beni e servizi;

    g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti sovvenzionati o sottoposti alla vigilanza;

    h) contrazione di mutui, apertura di credito ed emissione di pre-stiti obbligazionari;

    i) spese che impegnano i bilanci per gli esercizi successivi;j) acquisti e alienazioni immobiliari, permute, appalti e conces-

    sioni; k) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei

    rappresentanti del Comune presso enti, aziende ed istituzioni. Il Consiglio, così come disciplinato dallo Statuto, partecipa poi alla definizione, all’adeguamento e alla verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del Sinda-co, o del Presidente della Provincia, e dei singoli Assessori.

    VII) IL SINDACO E IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA

    Sindaco e Presidente della Provincia rappresentano i rispettivi Enti e sono gli organi responsabili dell’ Amministrazione.

    Essi convocano e presiedono la Giunta nonché il Consiglio quando non sia previsto il rispettivo Presidente, inoltre esercitano tutti i poteri che sono loro attribuiti dallo Statuto. Il Sindaco, quale ufficiale del Gover-no, emana tutti gli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamen-ti in materia di ordine e di sicurezza pubblica e vigila su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico dandone informazio-ne al Prefetto.

    Può inoltre assumere tutte le ordinanze d’urgenza necessarie al fine di

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    prevenire ed eliminare gravi pericoli che possano minacciare l’incolu-mità dei Cittadini, in particolare nel caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica.

    Spetta poi al Sindaco coordinare e riorganizzare, sulla base degli indi-rizzi espressi dal Consiglio comunale, gli orari degli esercizi commer-ciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici.

    Sindaco e Presidente della Provincia provvedono alla designazione, nomina e revoca dei rappresentanti del Comune e della Provincia pres-so enti, aziende e istituzioni. Essi nominano anche i responsabili degli uffici e dei servizi pubblici, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna.

    Sindaco e Presidente della Provincia, come già detto, durano in carica per un periodo di cinque anni, così come il Consiglio comunale e quello provinciale.

    Secondo la c.d. Legge del Rio, in via di definizione alla data di stampa del presente volume, dal 2015 le province perderanno gran parte delle loro competenze e sono relegate ad Enti di secondo livello, cioè i loro rappresentanti non saranno direttamente eletti dal popolo. Seguirà, a bre-ve, la riforma costituzionale che eliminerà dalla Costituzione il termine di Province. Sarà comunque previsto un ente sostitutivo denominato “ente di vasta area”, disciplinato da legge ordinaria ed avrà competenze in materia di edilizia scolastica, pianificazione dei trasporti, ambiente. Il Presidente sarà il Sindaco del Comune Capoluogo e l’Assemblea sarà formata dai Sindaci del circondario, mentre il Consiglio sarà formato da 10 a 16 membri scelti, tra gli amministratori locali comunali.

    VIII) I CONTROLLI

    Le delibere del Comune e della Provincia sono pubblicate mediante affissione all’albo pretorio e, contestualmente all’affissione, le delibere adottate dalla Giunta sono trasmesse in elenco ai vari capigruppo con-siliari.

    L’intera attività di gestione degli Enti Locali è sottoposta al controllo della Corte dei Conti

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    10. IL BUON GOVERNO

    I) I PRINCIPI GENERALI DELL’ATTIVITÀ AMMINISTRA-TIVA

    Nel primo articolo della legge n. 241 del 1990 sono individuati i criteri cardine che reggono l’attività amministrativa.

    L’azione amministrativa deve essere innanzitutto economica, ossia deve garantire il conseguimento degli obiettivi imposti con il minor impiego possibile di “energie”, identificabili come mezzi personali, fi-nanziari e procedimentali. Diretta conseguenza di questo principio è quanto sancito nel comma 2: “la Pubblica Amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”.

    Diverso è il principio dell’efficacia, che sottolinea la necessità che l’Amministrazione riesca a conseguire tutti gli obiettivi prefissati.

    Si tratta di due principi molto differenti, basti pensare che un’azione amministrativa può raggiungere l’obiettivo prefissato, ed essere quin-di un’azione efficace, ma comportare un eccessivo dispendio di mezzi finanziari.

    Queste esigenze si devono bilanciare con il principio di imparzialità. La necessità che l’amministrazione sia imparziale non implica che essa non debba avere alcun orientamento, ma impone semplicemente che, nel perseguimento degli interessi affidati alla sua cura, non discrimini le posizioni dei soggetti che sono di volta in volta toccati dalla sua at-tività .

    Da ciò derivano dirette conseguenze sia sull’organizzazione della Pub-blica Amministrazione, che deve essere quanto più possibile distante da singoli interessi di parte, sia sull’attività della stessa che, sebbene caratterizzata da discrezionalità, non deve essere arbitraria.

    Dal principio di imparzialità derivano altri due criteri, pubblicità e tra-sparenza, che pur essendo indirizzati soprattutto alle fasi procedimenta-li dell’attività amministrativa, influenzano anche l’organizzazione degli apparati pubblici.

    L’esercizio di poteri per il perseguimento dell’interesse pubblico deve

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    poter essere controllato e valutato dai Cittadini.Questo è il motivo per cui la maggior parte degli atti dell’Amministrazione sono pubblici ed accessibili per chiunque ne abbia interesse.

    Allo stesso modo è garantita la comunicazione di avvio di qualsiasi pro-cedimento amministrativo: non solo ai soggetti direttamente destinatari dello stesso ma anche a tutti quelli che potrebbero subire un pregiudizio dal provvedimento stesso. Sia l’accesso ai documenti che la comunica-zione di avvio del procedimento amministrativo possono essere limitati solo nei casi previsti dalla legge. Dal profilo organizzativo, invece, la spinta ad una sempre maggiore trasparenza, degli apparati pubblici ha portato ad imporre, con il d.lgs. 150 del 2009, la diffusione al pubblico di curricula, retribuzioni e premi dei dipendenti pubblici, in modo da concedere ai singoli cittadini la possibilità di “controllare” l’efficienza dei singoli uffici.

    II) IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ

    Il principio di legalità prescrive che l’esercizio di qualsiasi parere pub-blico si fondi su una previa norma attributiva della competenza e sia indirizzato al perseguimento dei fini determinati dalla legge stessa: que-sto affinché sia garantito un uso regolato, non arbitrario e controllabile del potere.

    Questo principio, inteso nella sua accezione di conformità formale alla legge, comporta che la Pubblica Amministrazione, nell’esercizio dei suoi poteri, debba, non solo non contraddire la legge, ma anche agire nelle ipotesi ed entro i limiti fissati dalla stessa.

    Deve essere quindi la norma che attribuisce il potere a regolarne l’uti-lizzo. Talvolta la legge non si limita ad attribuire un potere, ma pone an-che una disciplina sostanziale diretta per il suo esercizio. In questi casi la Pubblica Amministrazione non si deve limitare ad esercitare il potere a lei attribuito nei casi previsti dalla legge, ma deve necessariamente

    farlo rispettando nelle modalità dettate dalla legge stessa.

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    I POTERI DELLO STATO

    1. POTERE LEGISLATIVO

    È uno dei tre poteri fondamentali dello Stato la cui attività si concreta nel formare, in modo generale ed astratto, le norme che regolano l’orga-nizzazione dello Stato, il funzionamento dei suoi organi, il rapporto tra Stato e cittadini e quelli tra cittadini e cittadini. Nel nostro sistema co-stituzionale, il potere legislativo è esercitato, di norma, dal Parlamento.

    LE LEGGI

    Il nostro sistema normativo conosce tre tipi di normative che hanno valore di legge dello Stato: la legge, il decreto legge e il decreto legi-slativo.

    a) Legge

    È una norma espressa appunto dagli organi cui è demandato tale potere in virtù della Costituzione.

    b) Decreto Legge

    È anche esso una norma avente forza di legge ma è emanata dal potere esecutivo (Governo) sotto la propria responsabilità e senza autorizza-zione del potere legislativo, quando vi sono casi straordinari di necessi-tà e di urgenza. Una volta emanato il Decreto Legge, questo deve essere presentato il giorno stesso alle Camere affinché venga discusso e ne ottenga la conversione in legge entro 60 giorni.

    Se il Decreto legge non viene convertito in legge entro questo termine, esso perde efficacia sin dall’inizio.

    c) Decreto Legislativo

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    È una norma emanata di solito nella forma del decreto del Presidente della Repubblica, con il concorso e con la responsabilità dei Ministri proponenti, in forza di una speciale facoltà accordata al Governo dal potere legislativo. Il Parlamento, infatti, emana una legge di delega che consente al potere esecutivo di assumere il Decreto Legislativo riferito a però oggetti singoli ben definiti nella legge di delega. La delega è data per un periodo limitato e nella legge di delega vengono indicati i principi e i criteri a cui il Governo deve attenersi scrupolosamente nell’emanazione del Decreto Legislativo.

    Il Decreto Legislativo non deve essere convertito in legge, come avvie-ne invece nel Decreto Legge.

    2. POTERE ESECUTIVO

    È uno dei tre poteri fondamentali dello Stato con cui l’organo a ciò deputato (Governo) provvede alla gestione di tutte le attività necessarie a soddisfare i bisogni dei cittadini, nel rispetto delle leggi e secondo le linee politiche del Governo.

    3. POTERE GIUDIZIARIO

    È il terzo dei poteri fondamentali dello Stato con cui gli organi giudizia-ri a ciò preposti provvedono a definire i casi concreti secondo le norme di diritto e secondo l’osservanza di tali norme, provvedendo così alla soluzione delle controversie che sorgono tra i cittadini, tra i cittadini e gli Enti Pubblici e, per casi speciali, anche tra Enti pubblici. Il potere giudiziario consiste anche nell’attuazione coattiva (cioè obbligatoria) delle sentenze emesse.

    I) PROCEDIMENTI GIUDIZIARI

    I processi che maggiormente conosciamo sono quello civile, quello pe-nale e quello amministrativo. Non vanno dimenticati anche altri tipi di processo, che si rifanno a norme specifiche, quali il processo tributario

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    e il processo contabile (Corte dei Conti).

    Processo civileÈ l’attività posta in essere dai Giudici, cioè dall’organo giurisdizionale e dagli altri soggetti ausiliari con cui vengono raccolti, valutati e verifi-cati, tutti gli elementi utili in un determinato caso specifico, in modo da poter ricostruire la situazione sottoposta all’esame dei Giudici, per poi poter determinare le relative conseguenze in ordine all’affermazione delle giuste ragioni, giuridicamente corrette, tra le parti in causa. Le attività del processo civile sono disciplinate dalle norme processuali civili.

    Processo penaleÈ la complessa attività regolata dal diritto processuale penale, svolta dall’organo giurisdizionale penale (Giudice) e per ottenere l’accerta-mento di una pretesa punitiva fatta valere dall’organo delegato dalla Legge all’accusa. L’organo giurisdizionale ha anche il potere per far realizzare in modo coattivo la pena irrogata.

    Processo amministrativoIl processo amministrativo nell’ordinamento italiano è quel procedi-mento giurisdizionale, disciplinato dal Codice del processo ammini-strativo, al quale una persona, fisica o giuridica, può rivolgersi al fine di ottenere la tutela di un “interesse legittimo” di cui è titolare, o al fine di soddisfare una pretesa risarcitoria derivante da una lesione di un suo diritto soggettivo ed ora anche di un suo interesse legittimo.

    Sono organi della giustizia Amministrativa il T.A.R. e, quale organo di appello, il Consiglio di Stato. Per la regione Sicilia è organo di appello il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, che agisce come sezione distaccata del Consiglio di Stato.

    Le materie prevalenti di competenza del Giudice Amministrativo sono quelle dell’edilizia e urbanistica, appalti pubblici, le concessioni, com-mercio, sanità, ambiente, impiego pubblico (solo in parte), università, le Autorità Indipendenti, espropriazioni, pubblica istruzione, viabilità e trasporti, demanio, cave, acque pubbliche.

    Nel processo amministrativo, il soggetto ricorrente fa valere la tutela di

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    interessi legittimi. Questi ultimi non sono dei diritti soggettivi pieni ma consistono nella possibilità, per chi li fa valere, di verificare se, in un determinato procedimento, la Pubblica Amministrazione ha rispettato le procedure e si è attenuta all’obbligo di agire nell’interesse pubblico.

    In casi specifici (giurisdizione esclusiva e di merito) può essere fatta valere anche la tutela di diritti soggettivi.

    II) DIRITTO AMMINISTRATIVO

    È la parte di diritto pubblico (quest’ultimo formato da diritto costitu-zionale, diritto amministrativo, diritto penale, diritto processuale, di-ritto ecclesiastico, diritto finanziario, diritto della navigazione, diritto dell’economia) che, in esecuzione dei principi costituzionali, disciplina l’attività amministrativa dello Stato nei suoi molteplici modi di operare. Essa riguarda in particolare l’organizzazione, i beni, i mezzi e le forme dell’attività della Pubblica Amministrazione, nonché le modalità di tu-tela del privato nei suoi rapporti con la Pubblica Amministrazione. Ri-entrano nel diritto amministrativo anche tutte quelle attività dello Stato che si esplicano nei vari settori di competenza, come il diritto sanitario, il diritto scolastico, il diritto ambientale, etc.

    III) DIRITTO PENALE È quel gruppo di norme di legge con le quali lo Stato proibisce, median-te la minaccia di una pena, determinati comportamenti umani, siano essi azioni o omissioni. I comportamenti contrari alle norme penali si distinguono in contravvenzione, vale a dire un reato minore per il quale la legge commina come pena l’arresto o l’ammenda e delitti, per i quali la legge commina come pena l’ergastolo, la reclusione o la multa.

    Lo Stato, proibendo determinati comportamenti umani (i reati), per mezzo di una minaccia di una specifica sanzione afflittiva (la pena), tutela i valori fondanti di un popolo. Ed è il tipo di sanzione, la “pena”, che distingue il reato, l’illecito penale, dall’illecito civile e dall’illecito amministrativo. E ancora, è il tipo di sanzione, cioè la “pena”, a distin-guere la norma penale da quella civile e amministrativa. Impropriamen-te si dice “reato penale”, perché con la parola reato si intende l’illecito penale, cioè una violazione di legge sanzionata con la pena. Infatti non esistono “reati non penali”. La sanzione conseguente alla violazione di un precetto penale è la pena.

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    Responsabilità penale

    Consiste nell’obbligo di un soggetto di sottostare alla pena, in conse-guenza della accertata imputabilità del soggetto e quindi nella respon-sabilità nella commissione di un reato.

    IV) DIRITTO PRIVATO

    È il complesso delle norme che regolano gli interessi prevalentemente privati, disciplinando i rapporti tra i cittadini o tra i cittadini e gli Enti Pubblici quando questi ultimi agiscono come privati.

    Alla base del ragionamento secondo cui il diritto privato disciplina i rapporti tra i soggetti che si trovano in posizioni paritarie, sta il concetto di autonomia privata, ovvero quel diritto che la persona ha di autode-terminarsi perseguendo e regolando nel modo che ritiene più opportuno i propri interessi. L’autonomia opera al massimo grado in ambito con-trattuale, al minimo nel campo della responsabilità civile. I soggetti pri-vati esercitano questa autonomia compiendo delle attività, dette negozi giuridici dando origine a rapporti obbligatori e a trasferimenti di diritti.

    Quando si verificano comportamenti in violazione (un inadempimento dell’obbligo) il sistema del diritto privato concede la possibilità a chi è stato leso di agire in giudizio (e su di lui grava l’onere della prova) e, se opportuno, reagisce con delle sanzioni. Le parti litiganti possono ricorrere ad un contratto di transazione, nel quale facendosi reciproche concessioni ricompongono la lite oppure possono ricorrere con un com-promesso ad un giudice privato, detto arbitro. Ciò che non è consentito fare è adottare comportamenti di autotutela (a parte il diritto di ritenzio-ne e la legittima difesa).

    L’illecito civile è nell’ordinamento italiano atipico, ovvero può essere considerato come tale qualsiasi comportamento che lede ingiustamente un diritto o interesse altrui.

    Nel diritto italiano, il principale corpus normativo regolante il diritto privato è il codice civile italiano, che (caso raro nel panorama giuridico internazionale) disciplina sia il diritto civile che il diritto commerciale. Sino a pochi decenni fa, quasi tutto il diritto privato era contenuto nel Codice civile, secondo un rigoroso ordine sistematico, fatte salve poche leggi speciali, che derogavano al Codice per casi particolari: essendo considerate norme eccezionali, non erano, perciò, neanche suscettibili

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    di interpretazione analogica. A partire dagli anni settanta, si è assistito ad un graduale processo di decodificazione (come è stato chiamato dal civilista Natalino Irti), vale a dire ad una progressiva complessifica-zione delle fonti del diritto privato che ha tolto al codice lo status di principale fonte della materia civilistica, soprattutto ad opera delle c.d. leggi decodificanti o leggi di settore, ciascuna portatrice di discipline differenziate per determinati settori privatistici, come le locazioni, il contratto di lavoro o i contratti agrari, spesso per attuare in modo pieno i valori costituzionali. Tali leggi, in molti casi, hanno fatto sì che la disciplina codicistica non si applichi che in via del tutto residuale o per aspetti marginali delle singole materie. Negli ultimi anni, inoltre, il diritto privato italiano ha risentito delle molte novità introdotte dal di-ritto dell’Unione Europea (dotato di primato rispetto a qualunque fonte interna), per esempio in materia di contratti del consumatore. Cosicché, dal 1999 molte normative sono state raccolte dapprima in testi unici misti e poi, nell’ultimo decennio, nei nuovi codici di settore, allo scopo di riordinare l’insieme molteplice delle fonti di diritto privato, un consi-derevole numero delle quali ormai di derivazione comunitaria.

    V) DIRITTO DEL LAVORO

    Comprende tutto il complesso delle norme che disciplinano l’organiz-zazione del lavoro e della produzione nonché la specifica tutela dei la-voratori.Riguardo al lavoro pubblico negli anni novanta ebbe avvio l’imponente fenomeno (dal punto di vista giuridico) della privatizzazione del diritto del lavoro pubblico in Italia, di cui al D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive norme, poi confluite nel Testo unico D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

    Il lavoro è uno dei principi fondamentali fissati dalla Costituzione della Repubblica Italiana, valore addirittura fondante della Repubblica stessa (art. 1) e criterio ispiratore dell’emancipazione sociale, oltre che ogget-to di forte tutela. L’art. 35 “tutela il lavoro in tutte le sue forme ed appli-cazioni”, mentre gli articoli successivi dettano precisi criteri di determi-nazione per materie delicate come retribuzione, orari di lavoro e ferie.

    Uno strumento fondamentale della tutela del lavoratore è l’atto espres-sione principale dell’autonomia collettiva: il contratto collettivo di la-voro. La funzione primaria del contratto collettivo è quella di integra-re e, se possibile, migliorare le tutele offerte al lavoratore dalla legge, adattandole ai vari tipi di contesti (professionale, merceologico, geo-

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    grafico, etc.). La stessa legge spesso rimanda al contratto collettivo, fissando solo determinati principi e lasciando a quest’ultimo la peculia-re disciplina. Gli attuali contratti collettivi (cd. di diritto comune) non hanno efficacia generale obbligatoria in quanto contratti di diritto pri-vato stipulati tra soggetti privati (le organizzazioni dei lavoratori e dei lavoratori). Essi trovano applicazione soltanto per i soggetti (datore di lavoro e lavoratore) che siano membri di dette associazioni sindacali o che vi abbiano fatto espresso rinvio nel contratto individuale di lavoro.

    VI) DIRITTO DI FAMIGLIA

    Il diritto di famiglia è una branca del diritto privato che disciplina i rapporti familiari in genere: parentela e affinità, matrimonio, i rapporti personali fra i coniugi, i rapporti patrimoniali nella famiglia, la filiazio-ne, i rapporti fra genitori e figli, la separazione personale dei coniugi ed il divorzio.

    La Costituzione dedica alla famiglia tre articoli (collocati all’interno del Titolo II intitolato “Rapporti etico sociali”).

    L’art. 29 stabilisce che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

    L’art. 30 stabilisce che “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istrui-re ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Nei casi di inca-pacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.

    L’art. 31 stabilisce che “La Repubblica agevola con misure economi-che e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti ne-cessari a tale scopo”.

    Da queste tre disposizioni costituzionali si possono desumere alcuni principi:

    • il principio di autonomia della famiglia,

  • I. SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLO STATO

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    • il principio di uguaglianza fra i coniugi,• il principio di tutela dei figli nati fuori dal matrimonio,• il principio dell’autonomia educativa,• il principio del sostegno pubblico ai compiti educativi della

    famiglia.

  • IILEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI

    SANITARIE E SOCIALI

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E LOCALI

    1. BREVE STORIA DEL DIRITTO SANITARIO

    L’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è intervenuta a se-guito di una serie di riforme strutturali che ne hanno portato il vecchio sistema delle mutue ed un nuovo servizio pubblico sanitario basato sui pilastri della solidarietà e uguaglianza, in modo di garantire la libertà di scelta da parte del cittadino-utente a cui deve corrispondere la respon-sabilità pubblica per una effettiva uniformità ed esaustività dei servizi e delle prestazioni erogate. A tutto ciò si è aggiunta l’essenziale garan-zia-obbligo di sostenibilità economico-finanziaria.

    È alla riforma del 1978 che va riconosciuto l’importante merito di avere introdotto nel nostro paese “la nuova idea di Salute”.

    La principale fonte istitutiva del SSN risiede nella legge del 23 dicem-bre 1978, n. 833, normativa che, pur interessata da importanti modifi-che e integrazioni resta tuttora il pilastro della Sanità Nazionale.

    I principi fondamentali cui la Riforma ha fatto riferimento sono quelli rinvenibili nella Costituzione Italiana e, più esattamente, quelli evocati negli arti. 3, 32 e 38, riassumibili in quelli dell’universalità, dell’unicità, dell’eguaglianza e della uniformità, della globalità delle prestazioni e in quello della socialità dell’intervento sanitario. Un’universalità realizza-ta attraverso la copertura assicurativo-assistenziale per tutte le persone, indipendentemente dal loro status giuridico e sociale. Un’unicità fonda-ta sulla previsione normativa di riassumere, in capo ad un unico sogget-to istituzionale, il SSN con le proprie uu.ss.ll., la gestione del servizio salutare, in sostituzione della pletora di enti pubblici precedentemente deputati all’esercizio di tale funzione. Un’eguaglianza sostanziale, inte-sa nel senso di attribuire ad ogni individuo il diritto pubblico soggettivo di poter godere dell’azione salutare pubblica, senza distinzione alcuna e limiti di sorta, resa uniforme in tutte le aree del paese. Una globalità

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    reale delle prestazioni, mirata a rendere omogenei e interfunzionali tutti gli interventi socio-assistenziali, attraverso la realizzazione di uno stret-to collegamento di tutti gli organismi che esercitano la loro attività nella tutela della Salute, sia individuale che collettiva.

    Una socialità, infine, da realizzarsi, non solo per il tramite della cura delle malattie, ma anche attraverso il rinvio, allo stesso SSN, della pre-venzione e del controllo degli eventi morbosi, nell’interesse dell’indivi-duo singolo e della collettività organizzata e, dunque, dello Stato.

    Particolare rilievo ha assunto la maturazione dell’idea di prevenzione, oltre che di cura delle malattie, come cardine di un sistema moderno, in grado di preservare il benessere di tutta la popolazione indipendente-mente dalle singole condizioni individuali o sociali.

    La nuova normativa, realizzata con il fine di “distribuire” la salute in modo omogeneo per tutti realizzando e sviluppando attività che tenes-sero conto dell’importanza delle attività di prevenzione, subì forti limi-tazioni nella fase attuativa. Tale stato di cose, aggravato dall’assenza di norme che sanzionassero l’amministrazione dissennata dell’appara-to pubblico salutare, ha prodotto un esagerato incremento del debito pubblico, tanto da far diventare la sanità il problema dei governi e dei cittadini.

    La prima riforma sanitaria di cui alla L. 833/78 è stata seguita dalla riforma (c.d. riforma bis) di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, modificato e integrato dal d.lgs. n. 517 del 7 dicembre 1993, al quale è riconducibile l’introduzione dell’attuale modello di organizzazione sanitaria fondata sull’aziendalizzazione del sistema, al fine di caratte-rizzarne l’organizzazione e il funzionamento secondo i principi dell’ef-ficacia, dell’efficienza, della economicità e della competitività.

    Qualche anno dopo, seguì il D.Lgs. n. 229 del 19 giugno 1999, la c.d, riforma ter, che ha effettuato una radicale operazione di restyling, for-male e sostanziale.

    Sono via via intervenuti numerosi provvedimenti normativi di “aggiu-stamento”, tra i quali ricordiamo, per l’importanza che rivestono: il d.l-gs. n. 168/2000, che ha sancito l’affievolimento delle fonti disciplinanti l’atto aziendale; il d.lgs. n. 254/2000, che ha particolarmente inciso in tema di attività libero-professionale intra moenia; il d.lgs. n. 347/2001, convertito nella legge n. 405 dello stesso anno, che ha prodotto impor-tanti cambiamenti in materia di finanziamento della Salute, implemen-

  • 27

    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    tata con le successive leggi finanziarie (oggi di stabilità).

    2. LE RIFORME DEL D.LGS N. 502/92

    La preoccupazione sempre più evidente della necessità di contenere la spesa sanitaria metteva seriamente in crisi il livello dei conti pubblici, rendendo il sistema insostenibile senza un serio controllo, per cui si avvertì l’esigenza di una conduzione di tipo manageriale, orientata alla valutazione sia dei risultati prodotti che della qualità dei servizi erogati, secondo un giusto equilibrio che conciliasse la garanzia di un adeguato servizio da erogare ai cittadini e la sostenibilità finanziaria dello stesso. Questa esigenza avviò il processo di aziendalizzazione della Sanità, che ebbe la genesi nella legge delega 421/1992 che aveva, come obiettivo prioritario, la razionalizzazione e la revisione di alcune materie chiave dell’ordinamento tra cui, appunto la sanità, che più direttamente influi-vano, come del resto ancora oggi influiscono, sulla determinazione del-la politica di bilancio e, dunque, sul debito pubblico. La riforma realiz-zata dal Governo di allora con il d.lgs. n. 502/1992, recante il riordino della disciplina in materia sanitaria, riguardava:

    § il nuovo sistema di ripartizione delle competenze, che ten-de ad un’intesa “regionalizzazione” della materia sanitaria in maggiore coerenza con le disposizioni costituzionali e che porta all’estromissione dei comuni dalla gestione diretta dei servizi sanitari

    § il mutamento della natura giuridica delle Unità sanitarie loca-li, che vengono trasformate in Aziende e dotate di personalità giuridica propria nonché di particolari forme di autonomia;

    § lo scorporo di alcuni grandi ospedali da queste ultime, an-ch’essi eretti in aziende autonome;

    § la previsione di nuovi organi di gestione e di una differente disciplina della contabilità delle aziende;

    § il rilancio della programmazione, che passa attraverso la dele-gificazione del Piano Sanitario Nazionale, da adottarsi da par-te del governo con cadenza triennale con il fine di individuare gli obiettivi di tutela della salute in coerenza con l’entità dei

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    finanziamenti assegnati;

    § un differente sistema di finanziamento dei servizi basato su tariffe predeterminate;

    § le modificazioni interessanti il regime dell’erogazione delle prestazioni, che contempla elementi di competizione tra strut-ture pubbliche e private attraverso il criterio dell’accredita-mento, nell’ottica complessiva di conferire la massima effi-cienza del sistema.

    Il D.Lgs 7 dicembre 1993, n. 517 apportò modifiche significative al D.Lgs 502/92. Gli ospedali, costituiti in Aziende Ospedaliere hanno così gli stessi organi delle Unità Sanitarie Locali e la loro gestione è informata al principio dell’autonomia economico-finanziaria. Ove l’O-spedale non venisse costituito in Azienda, continua a mantenere la na-tura di presidio dell’Unità Sanitaria Locale.

    Sulla libera professione del personale sanitario, viene stabilito che all’interno delle Aziende Ospedaliere e dei presidi ospedalieri devono essere individuati spazi adeguati per l’esercizio della libera professione.

    3. LA RIFORMA SANITARIA TER: IL D.LGS N. 229/99

    L’adozione, da parte del Governo, del D.Lgs. n. 229/1999, fu visto come la “riforma della riforma” che introducesse nell’ordinamento nazionale le “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419”.

    I principi e i criteri direttivi che hanno ispirato la delega sono riportati nei 37 punti dell’art. 2 riassumibili in cinque essenziali temi:

    § il completamento dell’aziendalizzazione;

    § il reingresso dei Comuni nelle funzioni di verifica e program-mazione dei servizi, pur nel rafforzamento delle funzioni re-gionali;

    § il riequilibrio delle modalità di competizione e di integrazione tra strutture pubbliche e quelle private e del raggio di operati-

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    vità di queste ultime;

    § l’introduzione di nuove norme sul rapporto di lavoro del per-sonale dirigenziale, per il quale si introduce definitivamente il regime dell’esclusività dell’impiego assunto presso le Istitu-zioni del Servizio Sanitario Nazionale.

    4. LA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE

    Dal 1999 alcuni profili della regolamentazione dei servizi verranno così regolamentati di volta in volta in forme pattizie tra lo Stato e le auto-nomie regionali mediante l’approvazione di appositi accordi o intese, mentre i profili dell’organizzazione e della gestione del sistema saranno presi in carico da distinte leggi regionali adottate per ciascun Servizio Sanitario regionale.

    Questo c.d. processo di regionalizzazione delle funzioni amministra-tive, è stato completato con la riforma del Titolo V della Costituzione, attraverso l’emanazione della L. Cost. 18.10.2001, n. 3.

    La riforma costituzionale ha profondamente mutato l’assetto dei rap-porti tra Stato, Regioni ed Enti Locali, realizzando un forte decentra-mento che ha accresciuto i poteri delle Regioni a Statuto ordinario, at-traverso l’attribuzione di una più ampia potestà legislativa.

    I principi fondamentali della riforma del titolo V della Costituzione possono essere così riassunti:

    a) vengono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia anche alle Regioni a Statuto ordinario, su iniziativa della Re-gione interessata e con legge dello Stato ex art 116 Cost., in-troducendo in tal modo il principio della differenziazione degli ordinamenti delle Regioni a Statuto ordinario, in forza dei qua-le le materie riservate alla legislazione concorrente potrebbero fissare alla competenza esclusiva regionale;

    b) viene riconosciuta alle Regioni la conduzione di una politica estera nel rispetto di determinati vincoli;

    c) l’attribuzione delle funzioni amministrative di pertinenza sta-

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    tale agli enti locali deve avvenire in ossequio al principio di sussidiarietà e viene valorizzato in tal senso il ruolo dei Comuni (artt. 114 e 118 Cost.);

    d) il federalismo fiscale viene previsto in Costituzione con il nuo-vo testo dell’art. 119 che riconosca a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni autonomia finanziaria di entrata e di spesa e, nel comma 2, afferma che tali enti hanno risorse auto-nome e possono stabilire tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario:

    e) è prevista una forma di intervento sostitutivo dello Stato, mediante un commissario ad acta, nei confronti delle Regioni e degli enti locali a fronte di gravi inadempienze;

    f) sono abrogati gli artt. 115, 124, 125, commi 1, 128, 129 e 130 Cost, con conseguente soppressione del precedente sistema di controlli regionali sugli atti degli enti locali;

    g) l’eliminazione dell’esplicito riferimento contenuto nel!’ ex art 121 Cost. che individuava il Consiglio regionale come titolare della potestà regolamentare, ha consentito alla Corte costitu-zionale di affermare che è lo Statuto a decidere a quale organo attribuire la potestà regolamentare al Consiglio piuttosto che alla Giunta o al suo Presidente o ad entrambi Tuttavia la Su-prema Corte ha individuato alcuni limiti alla ripartizione del potere regolamentare, primo fra tutti l’equilibrio e la disciplina dei rapporti fra gli organi di governo regionale.

    5. IL MINISTERO DELLA SANITÀ

    Dopo l’istituzione del Ministero della Sanità nel 1958, fu con il D.Lgs 266/1993, che esso assunse tutte le competenze amministrative salvo solo quelle delegate alle Regioni. In particolare è stato riconosciuto al Ministero della sanità il compito di elaborare e attuare politiche comu-nitarie afferenti il settore sanitario e la programmazione di settore, me-diante la predisposizione del Piano sanitario nazionale. L’altro fonda-mentale compito è quello di coordinare il sistema informativo sanitario e la verifica dei costi e dei risultati sostenuti e conseguiti dalle Regioni

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    e dalle strutture del SSN. Oltre a tali compiti, venivano attribuiti al Mi-nistero della sanità le funzioni:

    - di vigilanza sulla compatibilità delle singole specialità medicinali, sia con riferimento alle norme nazionali che comunitarie e alla disciplina regolamentare dell’intera materia farmaceutica, nel rispetto di quelle che erano le indicazioni di dettaglio fornite dalla Commissione unica del farmaco;

    - in materia di sanità pubblica, anche in materia veterinaria, e pertanto in quella relativa alla nutrizione e all’igiene de-gli alimenti;

    - in tema di ricerca e sperimentazioni sanitarie e di profes-sioni e attività sanitarie.

    Un radicale cambiamento è intervenuto a seguito del d.lgs. n. 300/1999, recante la “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’ar-ticolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”. Tale provvedimento nor-mativo ha, infatti, introdotto incisive modifiche al vecchio modello di Ministero della sanità, accorpandolo a quello del lavoro e della previ-denza sociale.

    Una ulteriore ristrutturazione del Ministero della sanità si è avuto con la L. 317 del 2001, ripristinando l’autonomia del Ministero della sanità, rispetto a quello del lavoro e delle politiche sociali, facendogli così as-sumere definitivamente l’attuale denominazione di Ministero della sa-lute. Ma nel 2008 esso è nuovamente confluito nel Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per tornare nel 2009 nuovamente autonomo con l’originaria denominazione di Ministero della salute. Il legislatore sembra essersi definitivamente reso conto della necessità ed essenziali-tà di un Dicastero autonomo ispirato alla “Salute”.

    6. I DIPARTIMENTI

    Il Ministero della salute, come abbiamo visto, ha subito svariate modi-fiche fino a giungere, nel 2001 (L. 3/7/01), alla sua organizzazione in dipartimenti.

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    Il numero dei dipartimenti è limitato a quattro. Ad essi sono demandati compiti di indirizzo e coordinamento delle singole organizzazioni ge-stionali, divise per settori di competenza.

    Attualmente, l’articolazione del Ministero della salute è divisa in tre dipartimenti:

    1) Dipartimento della sanità pubblica e dell’innovazione, che provvede alle attività di coordinamento e vigilanza e di diretto intervento di spet-tanza statale in tema di:

    • tutela della salute;• tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;• tutela dell’ambiente e delle condizioni di vita e di benessere

    delle persone;• promozione e sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica in

    materia• sanitaria;• finanziamento e vigilanza sugli istituti di ricovero e cura a

    carattere scientifico e su altri enti o istituti nazionali previsti dalla legge;

    • relazioni istituzionali in ambito nazionale;• relazioni internazionali;• informazione e comunicazione agli operatori e ai cittadini.

    2) Dipartimento della programmazione e dell’ordinamento del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle competenze affidate alle Regioni dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che provvede alle at-tività di coordinamento e di vigilanza e di diretto intervento di compe-tenza statale in tema di:

    • programmazione;• sviluppo e monitoraggio di sistemi di garanzia della qualità e

    di valorizzazione del capitale fisico, umano e sociale del Servi-zio sanitario nazionale;

    • coordinamento e gestione delle politiche riguardanti l’organiz-zazione dei

    • servizi sanitari;• assistenza sanitaria degli italiani all’estero e degli stranieri in

    Italia;• sistema informativo e statistico del Servizio sanitario naziona-

    le;• formazione del personale del Servizio sanitario nazionale e in-

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    dividuazione dei relativi fabbisogni formativi;• assistenza sanitaria al personale navigante;• organizzazione territoriale dell’assistenza farmaceutica;• medicinali, ferme restando le competenze in materia attribuite

    all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA);• dispositivi medici e altri prodotti di interesse sanitario;• rischio clinico;• funzioni medico-legali.

    3) Dipartimento della sanità pubblica veterinaria, della sicurezza ali-mentare e degli organi collegiali per la tutela della salute che provvede, ai fini della tutela della salute umana e animale, alle attività di coor-dinamento e di vigilanza e di diretto intervento di spettanza statale in tema di:

    • sanità pubblica veterinaria, nutrizione e sicurezza alimentare;• benessere degli animali;• ricerca e sperimentazione nel settore alimentare e veterinario;• coordinamento e finanziamento degli istituti zooprofilattici

    sperimentali e vigilanza sugli stessi;• valutazione del rischio in materia di sicurezza alimentare;• funzionamento del Consiglio superiore di sanità;• dietetici e integratori alimentari;• farmaci veterinari;• fitofarmaci;• alimentazione animale.

    7. GLI ORGANI CONSULTIVI

    Il Ministero della salute si compone altresì di alcuni organi consultivi, che hanno la funzione di reperire il maggior numero possibile, di in-formazioni specifiche da mettere a disposizione dei Dipartimenti, così coadiuvandoli con la propria competenza tecnica e scientifica in merito a specifici e dettagliati argomenti.

    Un recente regolamento, il D.P.R. n. 44 del 2013, ha razionalizzato tali organi consultivi, in quanto si era resa necessaria la riduzione di spesa di tutti gli organi operanti nella Pubblica Amministrazione.

    In tal modo per il Ministro della Salute sono stati individuati 33 organi

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    consultivi:

    1. Commissione nazionale per la lotta contro l’Aids;2. Consulta del volontariato per la lotta contro l’Aids;3. Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per

    la tutela della salute nelle attività sportive;4. Commissione unica dispositivi medici (CUD);5. Commissione nazionale per la formazione continua in medi-

    cina;6. Osservatorio nazionale sulla formazione in medicina generale;7. Gruppo di lavoro per la prevenzione delle epatiti;8. Commissione unica per la dietetica e la nutrizione;9. Comitato nazionale multisettoriale per l’allattamento materno;10. Tavolo tecnico operativo interdisciplinare per la promozione

    dell’allattamento al seno;11. Commissione nazionale sul diabete;12. Commissione di prevenzione della cecità;13. Commissione consultiva per i prodotti fitosanitari;14. Osservatorio nazionale per la libera professione intramuraria;15. Commissione nazionale cure palliative e terapie del dolore;16. Commissione nazionale sull’appropriatezza delle prescrizioni;17. Comitato LEA;18. Comitato scientifico presso la Direzione generale della pro-

    grammazione sanitaria ;19. Commissione consultiva per il rilascio delle licenze di pubbli-

    cità sanitaria;20. Commissione nazionale della ricerca sanitaria;21. Gruppo tecnico sull’odontoiatria;22. Consulta tecnica permanente per il sistema trasfusionale;23. Commissione per le transazioni in materia di danni da sangue,

    emoderivati infetti e da vaccinazioni obbligatorie;24. Commissione per la protezione degli animali da allevamento

    e da macello;25. Commissione consultiva del farmaco veterinario;26. Comitato nazionale per la sicurezza alimentare (CNSA);27. Tavolo di lavoro per l’assistenza alle persone in stato vegetati-

    vo e stato di minima coscienza;28. Consulta tecnica permanente per i trapianti;29. Commissione medica d’appello;30. Comitato strategico;31. Comitato scientifico permanente;32. Comitato unico di garanzia;33. Commissione consultiva per il rilascio delle licenze di pubbli-

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    cità sanitaria.

    8. IL CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ

    Istituito nel 1961, è dal D.Lgs. 266/1993 che l’ordinamento e la com-posizione di tale organismo ha avuto la sua definitiva disciplina, com-pletata, per gli aspetti amministrativi, dal D.M. n. 342/2003. Il Consi-glio Superiore di Sanità esprime pareri che possono essere facoltativi, se richiesti dal Ministro, ma anche obbligatori se previsto dalla legge. In particolare i pareri obbligati sono previsti per le materie indicate nell’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 266/1993. Se ne richiamano:

    • i regolamenti e le convenzioni che interessano la salute pubblica;

    • gli elenchi delle lavorazioni insalubri e sui coloranti nocivi;• la determinazione dei lavori pericolosi, faticosi e insalubri

    delle donne e dei fanciulli, nonché le norme igieniche del lavoro;

    • le modificazioni da introdursi negli elenchi degli stupefa-centi;

    • il diniego e la revoca delle specialità medicinali.

    I livelli essenziali di assistenza (LEA) e il comitato permanen-te per la verifica

    Il SSN deve erogare a tutti i Cittadini le prestazioni sanitarie nel rispetto di cinque principi fondamentali: la dignità della persona umana; il bi-sogno di salute; l’equità nell’accesso all’assistenza sanitaria; la qualità ed appropriatezza delle cure, l’economicità dell’impiego delle risorse.

    Per fare questo lo Stato, a cui è riservata la competenza esclusiva, prov-vede a determinare i livelli delle prestazioni sanitarie che devono co-munque essere garantiti e assicurati a tutti i cittadini.

    Lo Stato, quindi, deve assicurare i livelli essenziali di assistenza in con-dizioni di uniformità sull’intero territorio nazionale, nel rispetto degli obiettivi di programmazione socio-economica e di tutela della salute individuati anche a livello comunitario.

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    L’erogazione delle prestazioni sanitarie deve quindi avvenire senza di-stinzioni di condizioni personali o sociali, a garanzia dei principi di equità e di uguaglianza nell’accesso ai servizi e alle cure prestate dal SSN.

    Troviamo nel piano sanitario nazionale 1998-2000 una prima compiuta definizione dei LEA, ove è detto che sono essenziali i livelli di assisten-za che, in quanto necessari (per rispondere ai bisogni fondamentali di promozione, mantenimento e recupero delle condizioni di salute della popolazione) ed appropriati (rispetto alle specifiche esigenze di salute del cittadino sia alle modalità di erogazione delle prestazioni), debbono essere uniformemente garantiti su tutto il territorio nazionale ed all’in-tera collettività, tenendo conto delle differenze nella distribuzione delle necessità assistenziali e dei rischi per la salute.

    Sono, quindi, escluse dai LEA le prestazioni e i servizi nonché tutte quelle attività che non rispondono a necessità assistenziali ovvero pre-stazioni di efficacia non dimostrabile o che sono utilizzate in modo inappropriato rispetto alle condizioni cliniche dei pazienti.

    Sono escluse anche le prestazioni che, a parità di beneficio per i pazien-ti, comportano un impiego di risorse superiore ad altre.

    Oggi per una puntuale individuazione dei LEA ci si può riferire al D.P.C.M. 29/11/2001 che effettua la classificazione dei LEA, indivi-duando le prestazioni di assistenza sanitaria garantite dal SSN, elenca le prestazioni escluse dai LEA e fornisce le linee guida relative al ruolo delle Regioni in materia di LEA descrivendo altresì gli impegni assunti dalle Regione per la riduzione delle liste di attesa delle prestazioni spe-cialistiche ambulatoriali e di ricovero.

    Nel 2005 è stato altresì istituito il Comitato permanente per la verifica dei LEA, composto da 4 rappresentanti del Ministero della Salute, due rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, un rappre-sentante del Dipartimento per gli Affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché da 7 rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome.

    Il Comitato ha il compito di verificare che i LEA siano riferiti alle con-dizioni di appropriatezza e di efficienza, ovviamente in rapporto alle risorse messe a disposizione dal SSN.

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    Albero della qualità del servizio: ricovero ospedaliero

    FASI DELL’ESPERIENZA FATTORI DI QUALITÀ

    AC

    CE

    TTA

    ZIO

    NE

    RICOVERO • Tempestività del primo intervento medi-co in emergenza

    DI URGENZA • Condizioni di accesso e di attesa al pronto soccorso

    RICOVERO • Tempo di attesa per il ricoveroPROGRAMMATO • Informazioni preventive sul ricovero

    • Accoglienza all’ingresso e documenta-zione sui servizi

    DE

    GE

    NZ

    A

    • Pulizia dei servizi igienici• Confort all’interno delle stanze

    PRESTAZIONI • Regolarità dei cambi di biancheria

    ALBERGHIERE • Orari e modalità di distribuzione dei pasti• Accessibilità di servizi commerciali ag-giuntivi

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

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    • Informazione al paziente sui trattamenti terapeutici

    ASSISTENZA SANITARIA • Regolarità delle visite mediche in corsia

    • Condizioni di accesso e di attesa per accertamenti • Adeguatezza dell’assistenza a malati terminali

    RELAZIONI CON I FAMILIARI

    • Accessibilità con i familiari e orari delle visite• Disponibilità all’uso di telefoni funzio-nanti

    RELAZIONI CON IL PERSONALE

    • Personalizzazione dell’assistenza per casi particolari• Visibilità del tesserino di riconoscimen-to

    • Riservatezza della malattiaASPETTI DI

    UMANIZZAZIONE• Rispetto della privacy e della dignità umana

    • Rispetto della morte

    FASI DELL’ESPERIENZA FATTORI DI QUALITÀ

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    DIM

    ISSI

    ON

    I

    ASPETTI SANITARI• Informazioni all’uscita e consegna di relazione clinica• Programmazione follow up

    ASPETTI AMMINISTRATIVI

    • Semplicità di ottenimento della cartella clinica• Tempo di rilascio della cartella clinica• Semplicità per altri adempimenti ammi-nistrativi

    • Chiarezza e disponibilità dei questiona-ri di insoddisfazione

    RACCOLTA VALUTAZIONI DEGLI UTENTI

    • Pubblicizzazione dei risultati delle in-dagini

    • Semplicità di inoltro del reclamo• Tempo di risposta al reclamo (nei ter-mini di legge)

    9. L’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

    L’Istituto superiore di sanità è definito dall’art. 9 della L. 833/1978 come l’organo tecnico-consultivo dell’intero Servizio sanitario nazio-nale. I suoi compiti vanno dalla ricerca alla sperimentazione, nonché formazione nel campo della salute pubblica. Esso è dotato di una par-ticolare autonomia ordinamentale, scientifica, organizzativa, ammini-strativa e contabile.

    Lo scopo della attività dell’Istituto superiore di sanità (ISS) è quello di permettere un elevato grado di conoscenza nei settori della ricerca e della sperimentazione oltre che nella formazione del settore riferito alla Salute.

    FASI DELL’ESPERIENZA FATTORI DI QUALITÀ

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    Anche le funzioni di controllo svolte dall’Istituto superiore di sanità si giovano delle elevate conoscenze scientifiche e riguardano specifi-camente i vaccini, i farmaci, i dispositivi medici, i prodotti destinati ad una alimentazione particolare e i presidi chimico-diagnostici. Molto importante l’attività di controllo finalizzata alla verificare di assenza di elementi nocivi all’interno della composizione di taluni prodotti desti-nati all’utilizzo dei cittadini. Non minore importanza rivestono tutte le verifiche igienico-sanitarie, riguardanti il territorio, l’aria, le acque.

    10. L’AGENZIA NAZIONALE PER I SERVIZI SANITARI REGIONALI

    L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali è un ente dotato di personalità giuridica, sottoposto alla vigilanza del Ministero della Salute. Istituito nel 1993, l’Agenzia svolge un ruolo di collegamento e supporto decisionale, per il Ministro della salute e le Regioni sulle strategie di sviluppo del Servizio sanitario nazionale.

    Con delibere del 2003 e 2007, ha individuato i seguenti settori in cui è svolta l’attività di indirizzo dell’Agenzia:

    i. valutazione di efficacia dei livelli essenziali di assistenza;ii. rilevazione e analisi dei costi;iii. formulazione di proposte per l’organizzazione dei servizi

    sanitari;iv. analisi delle innovazioni di sistema, della qualità e dei costi

    dell’assistenza;v. sviluppo e diffusione di sistemi per la sicurezza delle cure;vi. monitoraggio dei tempi di attesa;vii. gestione delle procedure per l’educazione continua in me-

    dicina.

    Le funzioni e la disciplina organizzativa dell’Agenzia sono inoltre, le seguenti:

    - costituzione di una banca-dati permanente sulla qualità del-le prestazioni erogate e sui relativi costi;

    - rilevazioni e controllo dell’acquisizione di beni e servizi;- pareri obbligatori sui provvedimenti da sottoporre al Consi-

    glio dei Ministri;

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    - monitoraggio delle modalità di accreditamento delle strut-ture sanitarie;

    - monitoraggio sull’attuazione dei protocolli tra Regioni e università;

    - parere obbligatorio su segnalazioni provenienti dalle Regio-ni in materia di adozione, da parte dello Stato, di provvedi-menti attuativi del D.Lgs. 502/1992 per consentire l’assun-zione di idonee iniziative da parte dei Ministri competenti.

    Con D.Lgs 106/2012 è stato, tra gli altri, riorganizzato l’esercizio delle funzioni e l’organizzazione dell’Agenzia.

    11. L’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO

    L’Agenzia Italiana del Farmaco, attiva dal 2003, ha una specifica com-petenza sul farmaco e sull’intero sistema farmaceutico. La sua attività è svolta sotto il diretto controllo del Ministero della Salute che regola obiettivi e risultati verificati periodicamente.

    Essa svolge la propria attività uniformandosi agli indirizzi del Ministe-ro della salute che, pertanto, esercita su di essa uno stretto controllo, sulla base di apposite convenzioni di durata triennale, nelle quali sono definiti gli obiettivi e i risultati attesi.

    Nel dettaglio, l’AIFA ha competenza principalmente in materia di:

    - rilascio delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali (AIC);

    - farmacovigilanza, intesa nel senso che all’Agenzia viene assegnata la funzione istituzionale di monitorare costante-mente ogni reazione avversa dei farmaci e, pertanto, attribu-ita la mission di organizzare e di “manutenere” le procedure della rete nazionale istituita a tale scopo;

    - sperimentazione clinica, sulla quale l’Agenzia esercita un ruolo di primaria importanza che consiste nel controllare il rispetto in materia dell’applicazione delle disposizioni di fonte comunitaria e della normativa nazionale, garantendo

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    in proposito il funzionamento dell’Osservatorio nazionale sulle sperimentazioni cliniche (OsSC);

    - responsabilità del rispetto del tetto di spesa farmaceutica programmato, nei confronti del quale è competente ad in-tervenire attraverso meccanismi di ripiano automatico degli sfondamenti.

    12. L’ AZIENDA SANITARIA PUBBLICA

    Con l’istituzione del servizio sanitario nazionale ad opera della legge n. 833/1978, si è avuto quale elemento qualificante ed innovativo l’isti-tuzione delle unità sanitarie locali per consentire una più uniforme ero-gazione diretta di prestazione di cura e prevenzione. Ma già l’indomani di tale intervento normativo si è avvertita l’esigenza di un processo di aziendalizzazione della sanità e ciò è avvenuto ad opera del decreto legislativo n. 502 del 1992 che ha introdotto 2 fondamentali novità:

    - la riorganizzazione delle unità sanitarie locali attraverso la loro trasformazione in aziende con personalità giuridica ed autonomia gestionale;

    - la valorizzazione del ruolo normativo della Regione.

    Da ultimo, la modifica al titolo V della costituzione ha permesso di dare alle Regioni un più ampio potere sia di organizzazione in tema di organizzazione di funzionamento delle aziende sanitarie, tanto che proprio per la prevalenza della disciplina legislativa regionale che può giungere anche a divenire sostitutiva di quella statale, il funzionamento delle aziende sanitarie pubbliche non può prescindere dalla disamina e dagli approfondimenti della specifica normativa regionale.

    L’attuale formulazione normativa dell’Azienda Sanitaria prevede che “le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale e la loro organizza-zione ed il loro funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti dalle dispo-sizioni regionali”, riconoscendo la personalità giuridica e l’autonomia che si sviluppa su sei distinti fonti:

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    II. LEGISLAZIONE ED ISTITUZIONI SANITARIE E SOCIALI

    - l’autonomia organizzativa, con la quale veniva riconosciuto il potere di scegliere la struttura organizzativa dell’apparato burocratico, tanto da potersi liberamente dotare dello sche-ma e dei livelli del proprio “sistema organizzativo interno”;

    - l’autonomia amministrativa, consistente nella facoltà di adottare ogni provvedimento amm