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Nicola Borghi 5^Q Anno scolastico 2014-2015 ISIT “Bassi Burgatti” – Cento (FE) Dalla semplicità alla complessità Un viaggio tra determinismo e proprietà emergenti
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Dalla semplicità alla complessità

May 10, 2023

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Page 1: Dalla semplicità alla complessità

Nicola Borghi 5^Q Anno scolastico 2014-2015

ISIT “Bassi Burgatti” – Cento (FE)

Dalla semplicità alla complessità Un viaggio tra determinismo e proprietà emergenti

Page 2: Dalla semplicità alla complessità

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Sommario

1 INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 2

1.1 SEMPLICITÀ E COMPLESSITÀ .................................................................................................... 2

1.2 VITA E PRINCIPIO DI CONTINUITÀ ........................................................................................... 3

2 REALTÀ E INDETERMINAZIONE ...................................................................................... 4

3 BIOMATEMATICA: MODELLI E COMPLESSITÀ .......................................................... 6

3.1 MODELLI A TEMPO DISCRETO E MODELLI A TEMPO CONTINUO .......................................... 6

3.2 MODELLI DIPENDENTI DALLA DENSITÀ .................................................................................. 7

3.2.1 COBWEBBING O DIAGRAMMI DI MORAN ....................................................................................... 8

3.3 EQUAZIONE LOGISTICA DISCRETA ........................................................................................... 9

4 GAME OF LIFE, AUTO-ORGANIZZAZIONE E PROPRIETÀ EMERGENTI ...... 12

4.1 GAME OF LIFE: UN GIOCO SENZA GIOCATORI ...................................................................... 12

4.2 ESEMPI DI CONFIGURAZIONI E ANALOGIE CON LA VITA ..................................................... 12

5 RICHARD DAWKINS AND MEMETICS .......................................................................... 14

5.1 A BRIEF STORY OF HIS LIFE .................................................................................................... 14

5.2 THE GENE-CENTRED VIEW OF EVOLUTION ......................................................................... 14

5.2.1 THE SELFISH GENE .........................................................................................................................15

5.3 MEMETICS AND THE CULTURAL EVOLUTION ...................................................................... 16

6 PIRANDELLO, INGANNO E AUTO-INGANNO NELLA SOCIETÀ ......................... 17

6.1 L’INGANNO IN UNO NESSUNO E CENTOMILA........................................................................ 17

6.2 LA LOGICA DELL’INGANNO E DELL’AUTOINGANNO NELLA VITA UMANA .......................... 18

7 CONCLUSIONI ........................................................................................................................ 19

8 FONTI ........................................................................................................................................ 20

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1 INTRODUZIONE We are a way for the cosmos to know itself.1

Immersi nella spiaggia cosmica, trasportati da un piccolo granello di polvere, non abbiamo mai

smesso di interrogarci sulla nostra origine. La natura della vita sulla terra e la ricerca della vita

altrove nell’universo convergono ad un'unica sfida: la ricerca di ciò che siamo.

“Dalla semplicità alla complessità” è una sfida che mi sono posto, ossia il provare a trattare un

argomento complesso, non inquadrato in una singola disciplina scientifica, ma attuale grazie alle

sempre più raffinate applicazioni computazionali. La scienza della complessità tratta argomenti come

il problema degli n-corpi della meccanica celeste (ossia un sistema che descrive le interazioni di più

di due corpi liberi di muoversi sotto l’azione della forza gravitazionale reciproca), la ricerca della

soluzione analitica delle equazioni di Navier-Stokes dalla fluidodinamica e così via… Il filo generale

sul quale si basa questo lavoro è la complessità dal punto di vista matematico, biologico e sociale,

come si vedrà vi sono gerarchie via via emergenti e quella sociale non è un punto d’arrivo, ma fa

parte di una continua evoluzione.

Il fine che mi sono proposto nel condurre questa analisi multidisciplinare non è trovare

l’interpretazione più coerente che spiega la natura delle differenti complessità, ma proporre un punto

di vista rivoluzionario sull’argomento, una nuova visione che pone al centro un discorso di carattere

sistemico, dove il fulcro della comprensione è situato, più che sugli oggetti in sé, sulle relazioni tra

questi e la loro complessa interazione reciproca, la quale avviene a diversi ordini gerarchici.

1.1 Semplicità e complessità

Cosa si vuole intendere con la parola “semplice”? Se ci si limita a considerare la mente umana,

semplice può essere un modello che ci facciamo della realtà. Si consideri un cubetto di un grammo di

sale: al suo interno ci sono 1019 molecole. Si stima che, nel cervello, le informazioni siano memorizzate

come cambiamenti chimici nei dendriti (punti di connessione tra i neuroni) e che la capacità totale

non superi 1015 informazioni2. Da questo punto di vista può sembrare che non potremmo mai essere

in grado di conoscere un cubetto di sale, tuttavia ci riusciamo. Come? Modellizzando il problema e

descrivendolo come un cristallo di NaCl, formato da un reticolo fondamentale ripetuto. Tuttavia è

problematico generalizzare questa definizione, svincolandola dalla mente umana; e se per semplice si

intende elementare è necessario fare appello alla fisica delle alte energie e alla ricerca delle particelle

o strutture fondamentali (indagando sulla semplicità assoluta). In questo caso mi limito a conferire a

semplice il significato di non-complesso, rendendo il concetto di semplicità relativo.

Cosa si vuole intendere, quindi, con la parola “complesso”? E come possiamo distinguere una

cosa semplice da una complessa? Proviamo a servirci dell’idea matematica di probabilità: una cosa

è complessa se le parti di cui è composta sono organizzate in modo tale che è improbabile

che abbiano avuto origine in virtù soltanto del caso. Se si considera una cellula e la si scompone

in atomi, la probabilità che da una tale combinazione casuale venga prodotta una cellula funzionante

è impercettibilmente piccola: a fini pratici equivale a zero. Esistono miliardi di modi possibili di

combinare questi atomi e solo uno, o pochissimi, di essi possono costituire effettivamente una cellula.

1 Carl Sagan, Cosmos, 1990 2 http://www.scientificamerican.com/article/what-is-the-memory-capacity/

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~ 3 ~

1.2 Vita e principio di continuità

La vita, con la sua incantevole biodiversità, è l’esperienza più comune che ci circonda, eppure la

scienza non sa ancora dirci di preciso come si sia originata sulla Terra. È verificato che quattro

miliardi di anni fa la Terra era una sfera di materiale incandescente, ma tre miliardi e mezzo di anni

fa pullulava già di microorganismi unicellulari. Com’è avvenuto questo passaggio da non-vita a vita?

L’origine è dovuta al caso, oppure a un disegno obbligato delle leggi naturali?

Prima di tutto è necessario chiedersi cosa si intende con la parola vita e come sia possibile

distinguere qualcosa vivo da qualcosa non vivo. Si possono analizzare cinque tra le più ricorrenti

definizioni:

1. Psicologica: la vita è un sistema capace di svolgere una serie di funzioni in modo autonomo

(Le città sono vive?);

2. Metabolica: la vita è utilizzo di energia in modo da consentire movimento, crescita e/o

riproduzione (Il fuoco è vivo?);

3. Termodinamica: la vita è un sistema auto-contenuto che acquista energia in modo da creare

un ordine locale (I cristalli sono vivi?);

4. Biochimica: la vita è un complesso di informazioni ereditarie riproducibili (I virus sono vivi?);

5. Genetica: la vita è un sistema autosufficiente capace di evolvere in senso darwiniano (I

software e le idee – o memi3 – sono vivi?);

Come è possibile notare, le definizioni sono ambigue e finiscono per classificare vivi degli oggetti

che abitualmente non si reputano tali. Qual è quindi la definizione più adatta? È forse una via di

mezzo tra queste, oppure è più corretto dire che il termine vita è esso stesso una definizione? Come

in ambito evoluzionistico si preferisce non conferire un inizio nel tempo alla specie Homo e a una

qualsiasi altra specie animale, è possibile che la vita non sia qualcosa di determinabile, ma un costante

emergere di proprietà, a cui abbiamo assegnato un nome.

Ernst Haeckel, nel 1866 rilevava il “principio di continuità”, vale a dire che non vi è differenza di

qualità tra materia inanimata e il mondo animato e

che ci deve perciò essere un flusso naturale e

continuo tra l’una e l’altro (Fig. a lato). Lo

scienziato russo Oparin fu il primo a costruire una

teoria scientifica sulla transizione spontanea dal

semplice al complesso, cioè dal mondo inorganico

a quello organico degli esseri viventi. La teoria fu

avanzata contemporaneamente dal biologo inglese

John B. S. Haldane.

Da questo punto di vista ciò che noi definiamo

vita corrisponde con la complessità dal punto di

vista biologico. Da quali componenti fondamentali

si parte per compiere questa operazione? E come

si raggiunge, via via, la complessità? Esiste un

processo valido per differenti livelli di complessità?

3 Questa nozione verrà approfondita nel capitolo 5.3

FIG. 1 - UN'ARBITRARIA SCALA DI COMPLESSITÀ BIOLOGICA

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~ 4 ~

2 Realtà e indeterminazione

È possibile impostare l’analisi della complessità biologica partendo dal mondo microscopico, nel

quale tuttavia si registrano comportamenti indeterministici che limitano in modo evidente la nostra

comprensione della realtà. In meccanica quantistica, stando all’interpretazione della scuola di

Copenhagen, l’indeterminismo non è dovuto all’impossibilità pratica di conoscere tutte le

informazioni necessarie per determinare il moto delle particelle, ma è una legge di natura, cioè

costituisce un’impossibilità teorica, e si colloca al livello microscopico del sistema. Secondo questa

interpretazione, la meccanica quantistica non sarebbe una meccanica statistica - come riteneva

Einstein e oggi i sostenitori delle “variabili nascoste”, necessarie a completare deterministicamente

la meccanica quantistica - e l’indeterminismo non nascerebbe in essa per ragioni di ignoranza, ma

per un’impossibilità di principio. In questo caso una meccanica indeterministica sarebbe alla base di

una indeterminazione di natura non statistica.

«Allora il superamento del determinismo era per così dire pratico, adesso si ammette che sia

teorico. L’opinione di allora era: se conoscessimo esattamente la posizione e la velocità iniziale di

ogni singola molecola, e trovassimo il tempo per tenere dietro con un calcolo preciso a tutti gli urti,

sarebbe possibile prevedere esattamente tutto ciò che deve accadere. Solo l’impossibilità pratica: 1°

di determinare esattamente le condizioni iniziali delle molecole; 2° di seguire col calcolo i fatti

molecolari singoli, ci ha indotti a contentarci di leggi medie (senza provarne dispiacere, perché esse

rappresentano proprio ciò che possiamo realmente osservare coi nostri sensi grossolani, e perché

tali leggi hanno ancora una precisione tale da renderci capaci di fare previsioni sufficientemente

sicure). […] La massima parte dei fisici riteneva indispensabile, per il mondo fisico, una base

strettamente deterministica. Essi erano convinti che il contrario non fosse nemmeno pensabile;

ammettevano senz’altro che, almeno nel processo elementare, per esempio nell’urto di due atomi, il

risultato finale fosse contenuto implicitamente, con precisione e piena sicurezza, nelle condizioni

iniziali. Si disse e si dice talvolta ancor oggi che una scienza naturale esatta non sarebbe possibile,

in alcun caso, su un’altra base; che senza una base strettamente deterministica tutto diventerebbe

inconsistente. La nostra immagine della natura degenererebbe in un caos e non corrisponderebbe

dunque alla natura effettivamente esistente, perché questa, tutto sommato, non è un perfetto caos.

Tutto ciò è indubbiamente falso. È senza alcun dubbio lecito modificare l’immagine di quanto avviene

secondo la teoria cinetica in un gas: si può pensare che, nell’incontro di due molecole, la traiettoria

sia determinata “non dalle note leggi sull’urto”, ma da un adatto giuoco di dadi» 4

È necessario precisare che nella meccanica quantistica vi è ancora qualcosa di deterministico

ossia l’evoluzione della funzione d’onda Ѱ(x,t) in base all’equazione di Schrödinger. È il significato

fisico di Ѱ(x,t) ad essere indeterministico, poiché descrive l’ampiezza di probabilità di trovare un

sistema in un certo stato.

4 (Schrödinger 1987)

𝑖ℏ 𝜕 𝛹(𝑥,𝑡)

𝜕𝑡= 𝛨 𝛹(𝑥,𝑡)

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La lettera greca Ψ (“psi”) indica la funzione d’onda (che rappresenta lo stato di un sistema fisico), 𝑖

l’unità immaginaria, ℏ la costante di Planck ridotta e H l’operatore hamiltoniano.

Una generica funzione d’onda può essere descritta come la somma di un’onda di tipo progressivo

e un’onda di tipo regressivo, si noti che è una funzione immaginaria che indica l’ampiezza di

probabilità di trovare una particella in una regione dello spazio piuttosto che un’altra.

La densità di probabilità, la probabilità osservabile, è ricavabile dal modulo quadro |𝛹(𝑥,𝑡)|2

Attraverso l’equazione di Schrödinger è possibile dedurre, in ultima analisi, la forma degli

orbitali di un qualsiasi atomo. Nel caso dell’idrogeno si ha la disposizione illustrata nella figura

seguente.

Alla luce dei fatti vi è qualcosa di molto

interessante. Si hanno, da un lato, i fenomeni

naturali macroscopici che sono essenzialmente

compatibili con il determinismo, che sono

collegati direttamente ed emergono da altri

fenomeni microscopici indeterministici. È noto

che la teoria quantistica è una teoria completa

senza contraddizioni, ma in linea di principio,

anche se non è necessario, essere utilizzato per

descrivere sia microscopico e mondo

macroscopico. Attraverso studi si è appreso che

la teoria quantistica deve essere ridotta alle

leggi della meccanica classica dei limiti

macroscopici; in modo da non contraddire o

invalidare la meccanica classica e neanche la

relatività. Tuttavia, non è possibile inserire

assunzioni di natura deterministica. Su tale

procedura si basa il cosiddetto paradosso EPR.

Un grave paradosso ancora irrisolto che necessita la realizzazione di una teoria quantistica

relativistica, cioè una teoria della gravità quantistica: al giorno d’oggi due delle teorie più accreditate

sono la teoria delle stringhe e la gravità quantistica a loop.

L’analisi della complessità trova quindi un grande ostacolo nella meccanica quantistica: la ricerca

sulla natura ultima della realtà, se essa è deterministica oppure no, prosegue tutt’ora.

𝛹(𝑥,𝑡) = 𝐴 𝑒−𝑖(𝜔𝑡−𝑘𝑥) + 𝐵 𝑒−𝑖(𝜔𝑡+𝑘𝑥)

FIG. 2 SOLUZIONI DELL’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER PER

L’ATOMO D’IDROGENO

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~ 6 ~

3 Biomatematica: modelli e complessità

«Le scienze non cercano di spiegare, a malapena tentano di interpretare, ma fanno soprattutto dei modelli. Per modello si intende un costrutto matematico che descrive dei fenomeni osservati. La

giustificazione di un costrutto matematico del genere è soltanto e precisamente che ci si aspetta che funzioni, cioè descriva correttamente i fenomeni in un’area ragionevolmente ampia. Inoltre esso deve soddisfare certi

criteri estetici, cioè in relazione con la quantità di descrizione che fornisce deve essere piuttosto semplice».

- John von Neumann 5

Come si raggiunge la complessità in natura? La descrizione adeguata dell’evoluzione temporale

di una generica popolazione richiede una modellizzazione matematica. Questa è possibile soltanto

tramite un approccio empirico, ossia analizzando in primo luogo l’evoluzione di una popolazione nel

tempo e, soltanto in seguito, elaborare un modello che possa descrivere precisamente ogni dato

misurato. Anche se il modello è corretto, non sempre è possibile prevedere le variazioni future.

In molti casi si ha a che fare con sistemi che mostrano un comportamento caotico, o con i

cosiddetti problemi NP-difficili (o NP-Hard: “nondetermistic polynomial-time hard”), che date le

tecnologie di computazione attuali richiederebbero un tempo enorme per essere risolti. Da un punto

di vista teorico, lo studio dei problemi NP-difficili è un aspetto essenziale della ricerca sui problemi

aperti della complessità.

3.1 Modelli a tempo discreto e modelli a tempo continuo

I modelli a tempo discreto sono quelli in cui la variabile tempo è considerata discreta i tempi

sono distanziati da intervalli che per comodità si considerano spesso di lunghezza pari ad 1. Si

devono usare necessariamente quando si hanno popolazioni che si riproducono stagionalmente o

popolazioni soggette a metamorfosi in cui una generazione esiste quando la precedente è estinta. Un

esempio di questo tipo di modello è la cosiddetta crescita malthusiana discreta.

Consideriamo la scissione binaria, ossia il processo di riproduzione asessuata di organismi in base

al quale da un individuo si ottengono due individui figli tra loro identici. La velocità con cui si

riproducono varia da fattori ambientali, ad esempio il liquido nutrizionale in cui vengono coltivati,

la temperatura della coltura e altri fattori intrinsechi. Il meccanismo di crescita è il seguente: da una

cellula ne nascono 2 da 2 diventano 4 e così via… Considerando il tempo discreto ad intervalli uguali

al tempo di generazione, indichiamo con Nt e Nt+1 il numero degli individui al tempo t e t+1.

L’equazione che descrive la crescita è:

(1) 𝑁𝑡+1 = 2𝑁𝑡

Dopo un tempo t = n generazioni, il numero degli individui sarà:

(2) 𝑁𝑡 = 𝑁0 ⋅ 2𝑡

5 (Israel 2002)

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L’equazione (2) si può generalizzare introducendo un parametro r, detto tasso finito di crescita.

(3) 𝑁𝑡 = 𝑁0 ⋅ 𝑟𝑡

In conclusione, la dinamica malthusiana discreta è caratterizzata dall’equazione alle differenze di

1° ordine (perché lega solo due valori consecutivi della successione Nt) lineare omogenea (perché il

secondo membro è una funzione lineare omogenea di Nt). La soluzione è fornita dalla (3) essendo r

un parametro costante per la popolazione. Evidentemente se r > 1 la popolazione cresce a dismisura,

se r = 1 la popolazione rimane costante, se r < 1 la popolazione decresce e tende all’estinzione.

Il modello può essere ampliato con costanti che descrivono l’immigrazione e l’emigrazione,

tuttavia rimane indipendente dalla densità: nelle successive iterazioni il numero degli individui è

una funzione lineare del numero di individui al passo precedente. Quando si trattano sistemi

complessi, questo metodo risulta troppo riduttivo6, quindi è necessario formulare modelli dipendenti

dalla densità come vedremo nel prossimo capitolo.

I modelli a tempo continuo sono quelli in cui il tempo è considerato una variabile continua in

quanto in ogni istante c’è una variazione della popolazione; ad esempio nella popolazione umana

mondiale in ogni istante ci sono nascite e morti, nella crescita di un gran numero batteri in cui in

ogni istante c’è una proliferazione. In Ecologia i modelli delle popolazioni sono molto importanti

per studiare gli ecosistemi e la loro evoluzione nel tempo: capire se una popolazione si estinguerà o

crescerà eccessivamente, si stabilizzerà in un equilibrio stabile oppure se piccole perturbazioni

possono allontanarla da quell’equilibrio.

I modelli matematici hanno un ruolo importante anche in Demografia ed Economia: permettono

di fare delle previsioni sul futuro economico e sociale di una popolazione e di conseguenza danno

indicazioni sulle scelte da fare per lo sviluppo corretto di una società e di una nazione.

3.2 Modelli dipendenti dalla densità

Si è visto che il modello malthusiano è valido in ipotesi piuttosto restrittive. Quando per esempio

esiste sovraffollamento con conseguente effetto di competizione intraspecifica, il tasso di crescita

non si mantiene più costante, ma diminuisce all’aumentare degli individui. Supponiamo che

l’evoluzione della popolazione sia retta da un’equazione alle differenze del tipo:

(4) 𝑁𝑡+1 = 𝑁𝑡𝐹(𝑁𝑡) = 𝑓(𝑁𝑡)

6 Tra gli altri fattori che intervengono vi sono: cambiamenti dell’ambiente dove vive la

popolazione, disponibilità di risorse e interazioni di competizione o cooperazione fra individui.

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F(Nt) è il tasso di crescita che dipende da Nt, se fosse costante si ricade nella dinamica

malthusiana. La funzione f(Nt) deve essere 0, per descrivere che quando Nt è “piccolo” la

popolazione tende ad aumentare la riproduzione, mentre si ha l’effetto opposto nel caso contrario.

𝑁1 = 𝑓(𝑁0)

𝑁2 = 𝑓(𝑁1) = 𝑓(𝑓(𝑁0)) = 𝑓2(𝑁0)

......

(5) 𝑵𝒕 = 𝒇𝒕 (𝑵𝟎)

Si dice che N* è un punto di equilibrio, se la soluzione con condizione iniziale N0 = N* ha come

soluzione Nt = N* per ogni t = 0, 1, 2… Un punto di equilibrio N* è stabile se ogni soluzione con

condizione iniziale “vicino” a N* rimane nel tempo in un intorno di N*. La stabilità così definita è

dunque una proprietà locale. Inoltre N* è asintoticamente stabile se oltre ad essere stabile si ha

che per 𝑡 → ∞, 𝑁𝑡 → 𝑁∗

È evidente che lo zero è sempre soluzione della (5) cioè punto di equilibrio che corrisponde

all’estinzione della popolazione, i punti diversi da 0 si determinano dall’equazione: F(N*) = 1.

Tuttavia, in generale, non è possibile determinare esplicitamente la soluzione, ma è possibile

analizzare qualitativamente il comportamento della soluzione.

3.2.1 Cobwebbing o diagrammi di Moran

Esiste un metodo grafico (cobwebbing, da cobweb, “ragnatela”), per visualizzare il comportamento

della soluzione in modo qualitativo. Il metodo fu introdotto dallo statistico neozelandese Moran nel

1950. Tali diagrammi sono utili anche per individuare i punti di equilibrio e studiarne la stabilità.

La procedura grafica di Moran si realizza nel seguente modo:

si considera il 1° quadrante del piano (Nt, Nt+1);

si traccia la semiretta bisettrice del 1° quadrante;

FIG. 3 – CRESCITA LOGISTICA

Il matematico belga Pierre Verhulst individuò un

modello nel quale la curva demografica passa da un

andamento inizialmente esponenziale (concavità

verso l’alto della curva) a un andamento con la

concavità verso il basso tendendo nel tempo ad

assestarsi in una posizione di equilibrio. Un modello

dipendente dalla densità.

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si traccia la curva f(Nt) (le intersezioni fra bisettrice e f(Nt) rappresentano i punti di

equilibrio essendo la bisettrice il luogo dei punti per cui Nt = Nt+1);

Per la determinazione dell'evoluzione temporale della popolazione:

1. Si riporta sul grafico P(N0, 0), dove N0 è il valore iniziale della popolazione;

2. Elevando un segmento verticale che ha un estremo in P e l'altro estremo nell'ordinata

della curva f(N0), si determina N1= f(N0);

3. Si traccia poi un segmento orizzontale dal

punto P(N0, N1) appena determinato fino ad

incontrare la bisettrice nel punto che ha

coordinate (N1, N1);

4. Il valore di N2 si determina come ordinata

della curva nel punto di ascissa N1.

Graficamente si traccia dunque un segmento

verticale con un estremo nel punto (N1, N1) e

l'altro nel punto sulla curva di coordinate

(N1, N2);

5. Si itera dal punto 3 fino all’approssimazione

desiderata (vedi figura a lato)

3.3 Equazione logistica discreta

L’equazione logistica discreta prende il nome dal modello continuo introdotto da Verhulst in cui

si usa per la prima volta il termine logistico riferendosi all’andamento di crescita di una popolazione

in cui si evidenzia una crescita data da una funzione che inizialmente sembra avere un

comportamento analogo alla crescita esponenziale, poi si ha un punto di flesso: la crescita rallenta e

la popolazione tende all’equilibrio.

Il modello descrive il comportamento di una popolazione isolata in cui si tiene conto della

competizione fra gli individui e si ipotizza che il tasso di crescita F(Nt) sia decrescente linearmente

con Nt cioè:

(1) 𝐹(𝑁𝑡) = 𝑎 − 𝑏𝑁𝑡 𝑐𝑜𝑛 𝑎, 𝑏 > 0

L’equazione della dinamica è allora:

(2) 𝑁𝑡+1 = (𝑎 − 𝑏𝑁𝑡)𝑁𝑡

(3) 𝑁𝑡+1 = 𝑎 (1 −𝑁𝑡

𝑘) 𝑁𝑡 𝑐𝑜𝑛 𝑘 =

𝑎

𝑏

Nell’equazione (3) viene introdotta k, la capacità dell’ambiente; k rappresenta il valore che la

popolazione non supera, poiché partendo da una condizione iniziale 0 < N0 < k, i valori Nt si

mantengano tra 0 e k per ogni t.

FIG. 4 – PROCEDURA GRAFICA DI MORAN Immagine dal mio programma in C++ in allegato

1

3

2

4

Page 11: Dalla semplicità alla complessità

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A questo punto si opera un cambio di variabili ponendo 𝒙𝒕 = 𝑵𝒕

𝒌 nell’equazione (3):

(4) 𝑥𝑡+1 = 𝑎(1 − 𝑥𝑡)𝑥𝑡 𝑐𝑜𝑛 𝑡 = 0, 1, 2 …

L’equazione apparentemente semplice presenta, per quanto riguarda la sua soluzione, dei

comportamenti molto complessi al variare del parametro a. Si osservi che se x0 = 1 ha soluzione

nulla e se x0 = 1/a la soluzione è costante uguale a

𝒙∗ =𝒂 − 𝟏

𝒂

Poiché 𝑥𝑡 ≥ 0 ⇒ 0 ≤ 𝑥𝑡 ≤ 1 e 0 ≤ 𝑓(𝑥𝑡) ≤ 1 quindi 0 ≤ 𝑎 ≤ 4 (affinché l’immagine di un

punto dell’intervallo [0,1] venga trasformata ancora in un punto di [0,1].

Il polinomio

𝒇(𝒙) = 𝒂𝒙(𝟏 − 𝒙)

è detto mappa logistica (fu studiata per la prima volta da Robert May7) e il grafico è una parabola

di vertice (1/2, a/4).

Il coefficiente angolare della retta tangente a f(x) nel punto di equilibrio, che caratterizza il comportamento della soluzione intorno al punto di equilibrio, determina i seguenti comportamenti:

1) Se 𝒂 < 𝟏 esiste solo il punto di equilibrio 0 che è asintoticamente globalmente stabile cioè

qualunque sia x0 le traiettorie sono “attratte” da 0. 2) Se 𝟏 < 𝒂 ≤ 𝟑 ci sono due equilibri e si ha:

i. se 1 < a < 3, x* è globalmente stabile attrattivo. ii. se a = 3, la convergenza a x* è molto lenta.

3) Se 𝟑 < 𝒂 < 𝟏 + √𝟔 = 𝟑, 𝟒𝟒𝟗 … compare un’orbita periodica di periodo 2 (stabile).

4) Se 𝟏 + √𝟔 < 𝒂 < 𝟏 + √𝟖 = 𝟑, 𝟖𝟐𝟖 … il comportamento è molto complesso: ci sono orbite di periodi 4,8,16…

5) Se 𝟏 + √𝟖 appare una dinamica caotica: il caos deterministico.

I valori del parametro nei quali avviene il cambiamento del comportamento della soluzione si

dicono valori di biforcazione. L’equazione logistica discreta costituisce un paradigma tipico dei

sistemi dinamici non lineari. Tali sistemi sono sensibili alle condizioni iniziali, cioè anche se si

scelgono due punti vicini le soluzioni corrispondenti a tali condizioni iniziali nel tempo possono

differire di molto: piccole variazioni iniziali possono produrre a lungo termine grandi variazioni.

Questi effetti si hanno nel campo della Fisica in particolare nella Meteorologia: Nel 1976 il

meteorologo Edward Lorenz (1917-2008) fu il primo ad evidenziare questo fenomeno che è noto

come effetto farfalla: “un battito d’ali di una farfalla in Brasile può creare un uragano in Texas”.

7 (May 10 giugno 1976)

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La conseguenza pratica dell'effetto farfalla è che i sistemi complessi (es. clima, mercato

azionario, mode, società) sono difficili da prevedere su una scala di tempo utile. Questo perché ogni

modello finito che tenti di simulare un sistema deve necessariamente eliminare alcune informazioni

sulle condizioni iniziali - ad esempio, quando si simula il tempo atmosferico, non è possibile includere

anche lo spostamento d'aria causato da ogni singola farfalla. In un sistema caotico, questi errori di

approssimazione tendono ad aumentare via via che la simulazione procede nel tempo, e, al limite, l'errore

residuo nella simulazione supera il risultato stesso. In questi casi, in sostanza, le previsioni di una

simulazione non sono più attendibili se spinte oltre una certa soglia di tempo.

C’è un altro lato della medaglia della non-linearità, affascinante e ancora più importante:

l’applicazione ripetuta delle stesse regole semplici che causano un comportamento caotico, possono

a volte, partire da sistemi banali e senza strutture e crearne forme eleganti e complesse: si può

ottenere ordine e complessità dove prima non c’era.

FIG. 5 - RIASSUNTO DEI COMPORTAMENTI DELL'EQUAZIONE LOGISTICA DISCRETA Immagini ottenute dal programma che ho compilato in C++

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4 Game of life, auto-organizzazione e proprietà emergenti

«This spontaneous emergence of order at critical points of instability, which is often referred to simply as

“emergence,” is one of the hallmarks of life. It has been recognized as the dynamic origin of development,

learning, and evolution. In other words, creativity - the generation of new forms - is a key property of all

living systems».

(Fritjof Capra 2007)

4.1 Game of life: un gioco senza giocatori

Alla fine degli anni sessanta il matematico inglese John Conway sviluppò a Cambridge il “Gioco

della vita” (o Game of life), una simulazione che mostra come una cosa complessa come la vita si possa

essere sviluppata da una serie di semplici regole poste inizialmente.

La simulazione consiste in una griglia che si estende infinitamente in tutte le direzioni. Ogni

casella può essere attiva oppure spenta (Conway utilizza i termini viva o morta). Il fatto che una data

casella rimanga viva o morta è determinato dalle 8 caselle circostanti. Le condizioni sono:

1. Se una casella attiva non ha altre caselle attive che la circondano: si inattiva (muore di

isolamento);

2. Se una casella attiva ha più di tre caselle circostanti attive: si inattiva (muore di

sovraffollamento);

3. Se una casella inattiva ha tre caselle circostanti attive: si attiva (nasce);

Se inizialmente si ha una disposizione casuale di cellule attive, dopo poche generazioni si noterà

che differenti forme appaiono, interagiscono e scompaiono spontaneamente; alcune sono perfino in

grado di riprodursi. Queste proprietà complesse emergono da leggi semplici che non comprendono

concetti come movimento e riproduzione. In questo caso l’emergenza è determinata dalle regole che

governano la simulazione, in ultima analisi: le nuove forme emergono dall’interazione delle singole

caselle secondo leggi fondamentali. Queste proprietà emergenti ci permettono di definire livelli

gerarchici via via sempre più elevati.

4.2 Esempi di configurazioni e analogie con la vita

Reiterando la simulazione per numerosi cicli emergono configurazioni (si ricordi che la

disposizione iniziale era casuale) detti automi cellulari, che possono essere ripartiti nelle seguenti

categorie:

1. STABILI (O STILL LIFE)

Blocco Alveare Barca

2. OSCILATTORI

Blinker Rospo Pulsar

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~ 13 ~

All’aumentare dei cicli emergono configurazioni sempre più complesse,

come il cannone di Gosper (Gosper glider gun), il quale è in grado di

aumentare la popolazione totale in modo quadratico (vedi fig. a lato).

Nel 2010 A. Wade ha annunciato di aver trovato alla 34 milionesima

generazione un modello che crea una copia di sé stesso mentre distrugge il

suo genitore, in questo modo agiscono anche le nuove generazioni. Nel 2013, Dave Greene ha

elaborato il primo replicatore nel gioco della vita che crea una copia completa di sé, incluso il nastro

di istruzioni (ConwayLife.com s.d.), si noti che nessuna delle singole configurazioni coinvolte nel

mantenimento del replicatore stesso è di per sé vivente. In questo caso, l’auto-organizzazione è una

proprietà del sistema del tutto nuova.

Questa simulazione è utile per compiere una sorprendente analogia con la vita (nell’accezione

comune del termine) come la intendiamo. Le singole celle possono rappresentare gli atomi, o per

fino le particelle subatomiche, che interagiscono in base a leggi conosciute per formare strutture

gerarchicamente superiori che assumono funzionalità emergenti. Il ragionamento può quindi essere

esteso ai primi replicatori, quindi alla vita e perché no, anche alla società. In linea con la simulazione

e i postulati precedenti sembra sia possibile riprodurre la vita in laboratorio, ovviamente la

possibilità di produrla non ne implica la riuscita: la causa sta proprio nella complessità (Fig. 6) e nei

nostri limiti cognitivi e computazionali.

FIG. 6 - SCHEMA DELLA RETE METABOLICA DI UN "SEMPLICE" BATTERIO

3. NAVICELLE

Glinder LWSS HWSS

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5 Richard Dawkins and memetics

«There is grandeur in this view of life, with its several powers, having been originally breathed into a

few forms or into one; and that, whilst this planet has gone cycling on according to the fixed law of gravity,

from so simple a beginning endless forms most beautiful and most wonderful have been, and are being,

evolved».

(Darwin 1859)

5.1 A brief story of his life

Clinton Richard Dawkins (Nairobi, March 26, 1941) is an ethologist, biologist, science writer,

essayist and British activist, considered one of the greatest exponents of the “new atheism” and the

neo-Darwinism of the present age. In a poll held by Prospect magazine in 2013, Dawkins was voted

the world's top thinker8.

Dawkins spent his early childhood in Kenya, where his father served the Allied Forces during

World War II. The family returned to England in 1949. In 1959, Dawkins entered Balliol College

(University of Oxford) where he received a bachelor’s degree in zoology. From 1967 to 1969, he

was an assistant professor of zoology at the University of California, Berkeley. During this period,

the students and faculty at UC Berkeley were largely opposed to the ongoing Vietnam War, and

Dawkins became heavily involved in the anti-war demonstrations and activities. He has been

professor of zoology at Oxford University until 2008, the year of his retirement from teaching.

His first book of popular science, The Selfish Gene (1976; second edition 1989), catapulted him to

fame, and remains his most famous and widely read work. It was followed by a series of bestselling

books: The Extended Phenotype (1982), The Blind Watchmaker (1986), Unweaving the Rainbow (1998),

The Ancestor's Tale (2004) and An Appetite for Wonder (2013). Dawkins is a Fellow of both the Royal

Society and the Royal Society of Literature. He is the recipient of numerous honours and awards,

including the 1987 Royal Society of Literature Award, the 1990 Michael Faraday Award of the

Royal Society, the 1994 Nakayama Prize, the 1997 International Cosmos Prize for Achievement in

Human Science, and the Shakespeare Prize in 2005.

He founded the Richard Dawkins Foundation for Reason and Science to promote the teaching

of evolution and to counteract those who advocate classroom programs against evolution.

5.2 The gene-centred view of evolution

Although Darwin's theory of evolution through natural selection is central to the study of social

behavior (especially when conjugated to Mendel's genetics), it has been very widely neglected.

Whole industries have grown up in the social sciences dedicated to the construction of a pre-

Darwinian and pre-Mendelian view of the social and psychological world. Even within biology the

neglect and misuse of Darwinian Theory has been astonishing. Whatever the reasons for this

strange development, there is evidence that it is coming to an end. A growing number of workers,

such as R. A. Fisher and J. Maynard Smith, have extended the great work of Darwin and Mendel.

For the first time, Richard Dawkins present this important body of social theory based on natural

selection in a simple and popular form.

8 (The Guardian 25 April 2013)

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5.2.1 The Selfish Gene

«We are survival machines – robot vehicles blindly programmed to preserve the selfish

molecules known as genes. This is a truth which still fills me with astonishment».9

According to the orthodox Darwinism, the individual is the object on which natural selection

acts. He shows specific traits, which he can inherit from his ancestors or can be a result of a random

mutation. When an individual who underwent a random mutation, draws from it an advantage over

its companions, the evolution of the species occurs. Any advantage decrees a greater reproductive

success increasing the chances that the new character is hereditary transmitted to future

generations and, ultimately, to the entire species.

Dawkins proposes to shift the focus from the individual to the element that makes possible the

transmission of hereditary characteristics, which we now know to be the gene. He starts from the

assumption that at each particular somatic or behavioural aptitude of the individual, matches a

particular gene or combination of genes. A single character may be more or less ahead of peers for

the replication of its genes through his descendants: from this derives the greater or lesser spread

of these genes in subsequent generations.

It is therefore not the individuals but the genes to fight for survival, which consist to secure as

many repetitions as possible. The genes encode the body construction, which is the “survival

machines” they “exploit” to increase the probabilities to reproduce over time maintaining stability.

«Let us try to teach generosity and altruism, because we are born selfish».

The principle that dominates the Darwinian view of Nature is well preserved moving the frame

of reference to genes that program the behaviour. What’s more, this theory can demonstrate how

the manifestations of altruism observed in animals find a consistent explanation.

We can understand, for example, the real reason why the bee can sacrifice attacking animals

that threaten to raid honey. This behaviour is difficult to explain in view of the good of the individual

because the bee gives its life to a resource that will benefit only the other members of his group, or

the whole hive. Actually, it is because the gene that has established such behaviour is more likely to

spread in the generations than any gene that push to avoid the suicide. The bee is in fact sterile, and

the only way he can pass on his genes is to preserve at all costs the lives of the daughters of the

queen, each of which has in its chromosomes 3/4 of the genes of the kamikaze-bee. It is useful to

look for the existence of an Evolutionary Stable Strategy or ESS, i.e. strategies that, if they are

adopted by the majority of the population, they cannot be displaced, preventing the gene pool to be

overrun by mutants using different strategies.

9 (Dawkins 1976)

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The Dawkins’ theory is more widely developed in his following book, “The extended phenotype”

(1982). The main idea is that phenotype should not be limited to biological processes such as protein

biosynthesis or tissue growth, but extended to include all effects that a gene has on its environment,

inside or outside of the body of the individual organism.

5.3 Memetics and the cultural evolution

«I am an enthusiastic Darwinian, but I think Darwinism is too big a theory to be

confined to the narrow context of the gene. The gene will enter my thesis as an analogy,

nothing more».

In Chapter 11 of The Selfish Gene, entitled “Memes: the new replicators”, the biological aspect of

evolution is brought to a higher rank. The gene, the DNA molecule, happens to be the replicating

entity that prevails on our own planet. There may be others. If there are, provided certain other

conditions, they will almost inevitably tend to become the basis for an evolutionary process.

What is unusual about humans can be simplified in one word: culture. The language, the various

forms of clothing, food, ceremonies and customs, art and architecture, engineering and technology,

have all evolved in historical times through non-genetic means at a rate that is several orders of

magnitude faster than genetic evolution. Cultural evolution is a new type of evolution.

«We need a name for the new replicator, a noun that conveys the idea of a unit of

cultural transmission, or a unit of imitation. Mimeme comes from a suitable Greek root, but

I want a monosyllable that sounds a bit like ‘gene’. I hope my classicist friends will forgive

me if I abbreviate mimeme to meme».

Memetics has become a field of study, although it is not well established in scientific circles.

Proponents describe memetics as an approach to evolutionary models of cultural information

transfer. A meme is therefore a recognizable entity of information, relating to human culture, which

is replicable by a mind or a symbolic support memory, for example a book. The discipline does not

deal with the study of an independent and isolated meme, but with an intricate array of ideas that

replicate from brain to brain, looking for the right environment to take root and where each replica

is a generation.

A wide range of other animals has culture too, but often in a limited form that does not

complexify through the gradual accumulation of innovations. However, human culture has a

complexity unmatched in the rest of the animal kingdom. In animals, transmission chain studies

have shown the transmission of foraging techniques and strategies, and the evolution of species-

typical song in birds but not the progressive evolution of structured behaviours. This could be

because non-human animals fundamentally lack the cognitive capacity to elaborate such behaviours

when they are transmitted between individuals, or it could be because experiments have not

provided an adequate environment for such behaviours to emerge.10

10 (Claidière et al. 2014)

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6 Pirandello, inganno e auto-inganno nella società

«Quando analizziamo la persona le strappiamo la maschera e scopriamo che quello che sembrava

individuale, alla base è collettivo».

(Carl Gustav Jung 1997)

Nel capitolo precedente si è affrontato un argomento chiave per la comprensione del modello

in analisi. Dawkins, biologo evoluzionista, propone una visione dell’evoluzione avveniristica in

base alla quale l’unità sulla quale agisce l’evoluzione non è l’individuo bensì il gene. In seguito a

questo postulato analizza se sulla Terra ci possano essere altre unità fondamentali auto-

replicantesi e la sua risposta è positiva. Conia quindi il termine di meme riferendosi a quell’'entità

relativa alla cultura umana consistente in una informazione riconoscibile dall'intelletto. In questo

modo estende i principi dell’evoluzione darwiniana anche alla società, al linguaggio, alla moda, alla

scienza… L’idea è rivoluzionaria perché fornisce una motivazione, una causa, alla complessità delle

interazioni umane, che in base a quanto detto non sono altro che una proprietà emergente basata

sulla logica evoluzionistica.

Noi siamo esseri sociali. Ci siamo evoluti di indovinare il comportamento degli altri,

diventando brillanti, psicologi intuitivi. Trattare le persone come macchine può essere

scientificamente e filosoficamente corretto, ma non è il modello migliore per capire cosa

questa persona voglia fare. Il modo energeticamente efficiente per capire l’altra persona è

quello di etichettarla come agente intenzionale, alla ricerca di piaceri e dolori, desideri e

intenzioni, sensi di colpa e così via… (Dawkins, Why the universe seems so strange, 2006)

Tra gli autori italiani che hanno affrontato il problema della complessità dei rapporti umani vi

è Luigi Pirandello (1867-1936), che studiò la psicoanalisi freudiana e assieme a Svevo sviluppò il

cosiddetto romanzo psicologico.

6.1 L’inganno in Uno nessuno e centomila

«Ma io sono anche questo, e quest'altro, e poi quest'altro!» ci mettiamo a gridare.

Tanti, eh già; tanti ch’erano fuori dell'atto di quell'uno, e che non avevano nulla o ben

poco da vedere con esso. Non solo; ma quell'uno stesso, cioè quella realtà che in un

momento ci siamo data e che in quel momento ha compiuto l'atto, spesso poco dopo è

sparito del tutto […]. Un altro, dieci altri, tutti quegli altri che noi siamo o possiamo

essere, sorgono a uno a uno in noi a domandarci come abbiamo potuto far questo; e non ce

lo sappiamo più spiegare. Realtà passate. Se i fatti non son tanto gravi, queste realtà

passate le chiamiamo inganni.

Sì, va bene; perché veramente ogni realtà è un inganno. Proprio quell'inganno per cui

ora dico a voi che n'avete un altro davanti.

- Luigi Pirandello, Uno nessuno e centomila, Libro terzo VII, 1925

Uno, nessuno e centomila è un romanzo in cui la teoria dell’autore viene esposta organicamente:

il tema fondamentale è il rapporto fra individuo e collettività. Per stabilire tale relazione, l’individuo

ha bisogno di darsi una forma che lo rappresenti stabilmente agli occhi degli altri, fatta di

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convenzioni, di ruoli familiari e professionali, di doveri e soprattutto dei giudizi e pregiudizi altrui,

ai quali la persona cerca di adattarsi per ottenere una riconoscibilità pubblica (assumendo, appunto,

centomila maschere), fino al punto di non riconoscersi più. Dal contrasto tra il divenire della vita e

la staticità della forma nasce dunque l’acuta sofferenza della persona e l’assurda inattendibilità della

comunicazione. Da questa situazione di sdoppiamento, tra il fluire della vita e la staticità della

maschera, deriva una complessiva teatralizzazione dei rapporti umani, in quanto ciascuno è costretto

a recitare la parte che il mondo circostante gli impone. Pirandello narra come la presa di coscienza

del protagonista conduca all’affermazione della necessità di rinunciare alla coscienza. Nel testo

riportato l’autore rinuncia ad uno stile di carattere riflessivo e predilige una scrittura lirica di grande

suggestione. La sintassi si basa su periodi ellittici del verbo, ricchi di immagini evocative.

6.2 La logica dell’inganno e dell’autoinganno nella vita umana

«Questo libro tratta di falsità, menzogne, bugie, verso noi stessi e gli altri. Talvolta è un tema

deprimente, però l’inganno e l’autoinganno meritano di essere messi in luce. È un lato di noi stessi oscuro e

opaco, però è anche una fonte inesauribile di umorismo e di sorprese […]. Chiunque può contribuire alla

costruzione di una scienza dell’autoinganno. Tutti abbiamo qualcosa da aggiungere. L’argomento è

universale e i suoi molti aspetti ci conducono in ogni angolo della vita umana».

(Trivers 2013)

È possibile analizzare gli stessi fenomeni riportati da Pirandello attraverso una trattazione

scientifica servendosi della teoria evoluzionistica, in particolare concentrandosi sui concetti di

inganno e auto-inganno che non sono altro che proprietà emerse nel processo evolutivo che regolano

dinamiche dei viventi. L’inganno è uno dei tanti aspetti comuni sia ai geni che ai memi.

Poche distinzioni provocano reazioni psicologiche più rapide e più immediate di quella tra in-

group e out-group, quasi altrettanto, se non a volte di più, della distinzione tra sé e gli altri. Definire

un individuo come appartenente ad un out-group induce a una serie di operazioni mentali che, spesso

in modo del tutto inconscio, servono a sminuire la nostra immagine della persona in questione. Se

un membro dell’out-group ci pesta un piede, è più probabile che noi diciamo: «È poco gentile»,

mentre se lo fa un membro dell’in-group descriveremo il suo comportamento in modo esatto: «Mi

ha pestato un piede». Per contro, se a mostrarsi gentile è il membro esterno descriveremo l’azione,

mentre nel caso di un membro interno lo elogeremo.

La selezione naturale favorisce quei geni che portano gli animali a comportarsi altruisticamente

in modo proporzionale verso gli altri animali che potrebbero contenere gli stessi geni. Ma questo

fondamento di carattere biologico può essere sovvertito (poiché se ne trae vantaggio). È una tattica

ben nota negli ambienti militari, fare appello alla fratellanza (fittizia), per cercare di suscitare intesa

e coesione fra le singole unità e questo viene rafforzato ponendo un nemico comune, un “capro

espiatorio”, appartenente all’out-group. Secondo la sociologa Hannah Arendt la miscela di

autoinganno e libero arbitrio è ciò che ci permette di fare il male pienamente convinti di fare il bene.

Se si pensa ad esempio ai molti operatori nei vari campi di concentramento nel secolo scorso, almeno

una buona parte di loro svolgeva compiti riprovevoli ma era perfettamente convinto di fare qualcosa

di giusto e opportuno.

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7 Conclusioni

In questo lavoro si sono analizzati differenti aspetti della complessità e si è cercato di pervenire

ad un concetto universale in base ad una visione propria del riduzionismo ontologico. Ripercorrendo

le diverse tappe si è visto come non sia fattibile, date le conoscenze attuali, studiare con infinita

precisione il mondo microscopico indeterministico e quindi compiere previsioni, ciò nonostante il

mondo macroscopico pare essere deterministico. Tuttavia il determinismo può essere soggetto a

dinamiche caotiche (o non-lineari) che nascono dall’impossibilità di stimare a priori con certezza – a

causa dell’accuratezza finita delle molteplici variabili nello stato iniziale – il valore futuro delle

grandezze che caratterizzano il sistema. In questo modo si ottengono non solamente dinamiche

apparentemente caotiche, ma comportamenti che a partire da regole semplici generano forme

eleganti e complesse: si può ottenere ordine e complessità dove prima non c’era. È forse la stessa

complessità che, intesa come complessità biologica, sta alla base di ciò che noi definiamo vita.

Secondo il biologo evoluzionista Richard Dawkins le stesse unità fondamentali alla base della vita, i

geni, sembrano avere alcuni corrispettivi in Natura (linguaggi, mode, comportamenti e altri tipi di

informazione riconoscibili dall'intelletto che sottostanno a dinamiche evolutive). Da ciò conia il

termine meme inteso come unità fondamentale alla base dell’evoluzione culturale. Ora, la stessa

complessità analizzata da un punto di vista puramente matematico e biologico, può essere estesa da

un punto di vista sociale. Si nota come nelle dinamiche dell’inganno e dell’autoinganno permangono

ancora fondamenti di carattere biologico, che vengono però falsati per ottenere vantaggi evolutivi.

In ultima analisi si ha, stabilendo arbitrari livelli di complessità, una continua emergenza di

complessità, un continuo passaggio dalla semplicità alla complessità, complessità che sarà soltanto

una nuova semplicità rispetto alle future strutture emergenti. È in questo modo possibile descrivere

la Natura come un pattern di organizzazione via via sempre più complesso senza alcuna

discontinuità ontologica.

È, il Cosmo, più complesso di come ce lo siamo, come umani, fino ad ora immaginati? Od è

persino più complesso di come ce lo immaginiamo? E se è così saremo mai in grado di analizzare e

studiare queste configurazioni o sono talmente complesse che neppure nessun essere umano

potrebbe mai sognare?

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8 Fonti

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primate.» The Royal Society, 2014.

Dawkins, Richard. The selfish gene. Oxford University Press, 1976.

Dawkins, Richard. L'orologiaio cieco. Arnoldo Mondadori Editore, 1986.

Greene, Brian. L'universo elegante. 1999.

Hofstadter, Douglas. Gödel, Escher, Bach: un'eterna ghirlanda brillante. Adelphi, 1990.

Israel, Giorgio. Modelli Matematici. Introduzione alla matematica applicata. Roma: Muzzio, 2002.

Luisi, Pier Luigi. Sull'origine della vita e della biodiversità. Mondadori Università, 2013.

May, Robert. Simple mathematical models with very complicated dynamics. Nature, 10 giugno 1976.

Schrödinger, Erwin. L'immagine del mondo. Bollati Boringhieri, 1987.

The Guardian. «Richard Dawkins named world's top thinker in poll.» 25 April 2013.

Trivers, Robert. La follia degli stolti. Einaudi, 2013.

Vettori, Claudia. «Modelli Matematici In Biologia.» Piano Lauree Scientifiche. Università di

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ConwayLife.com. s.d.

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Immagine in copertina

Dawkins, Richard. The Magic of Reality. Free Press, p.1, 2011