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CNOP - ORDINE DEGLI PSICOLOGI · 2015. 1. 2. · Piano strutturale, lo stop di geometri e ingegneri 19 14/09/2010 La Repubblica - Milano Urbanistica, secondo round la parola passa

Oct 29, 2020

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CNOP - ORDINE DEGLIPSICOLOGIRassegna Stampa del 14/09/2010

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INDICE

CONSIGLIO NAZIONALE DELL ORDINE DEGLI PSICOLOGI Il capitolo non contiene articoli

PSICOLOGI E PSICOLOGIA

14/09/2010 Corriere della Sera - NAZIONALE

Videogame d'azione E si diventa decisionisti6

13/09/2010 Il Sole 24 Ore

La depressione •aumenta, sopratutto tra le donne7

13/09/2010 Il Sole 24 Ore

Quando a ricerca guarda l'aspetto umano8

14/09/2010 La Repubblica - Nazionale

"Il segno della creatività femminile contro la crisi"9

14/09/2010 La Stampa - NAZIONALE

Rischi per la salute sofferenza psicologica e ferite all'autostima Si verifica un crollodegli ormoni secreti nel corso della notte

10

14/09/2010 La Stampa - NAZIONALE

Se non fai la nanna ingrassi11

14/09/2010 Avvenire - Nazionale

Stress in parrocchia: reverendi sul lettino13

14/09/2010 Il Gazzettino - NAZIONALE

Il Nordest ha ancora paura della crisi economica15

13/09/2010 La Gazzetta Del Mezzogiorno - NORDBARESE

Assistenza oncologica nasce «AmoTrani onlus»16

14/09/2010 Gente

Sopravvivere ai disastri crea falsi sensi di colpa17

RIFORMA DELLE PROFESSIONI

14/09/2010 La Repubblica - Firenze

Piano strutturale, lo stop di geometri e ingegneri19

14/09/2010 La Repubblica - Milano

Urbanistica, secondo round la parola passa ai cittadini20

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14/09/2010 Il Messaggero - Nazionale

LA POLITICA CHE NON SA PARLARE AI CITTADINI21

14/09/2010 ItaliaOggi

Presidenti provinciali a raccolta23

14/09/2010 L Unita - Firenze

Edilizia e Tav: l'allarme degli Ordini professionali24

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ED ENTI PUBBLICI

14/09/2010 La Repubblica - Nazionale

Sui pedaggi l'Anas tira dritto rivolta di enti locali e consumatori26

14/09/2010 Il Messaggero - Nazionale

Certificati on line, è scontro tra i medici e Brunetta27

14/09/2010 Il Tempo - Abruzzo Pe

Dati personali e pubblica amministrazione Interessante dibattito28

14/09/2010 ItaliaOggi

Contro le discriminazioni29

13/09/2010 La Gazzetta Del Mezzogiorno - TARANTO

Controllo aria, no Ilva30

14/09/2010 MF

Fastweb chiama Telecom sulla rete31

UNIVERSITA

14/09/2010 Il Sole 24 Ore

Università a caccia di nuove risorse34

14/09/2010 Il Gazzettino - NAZIONALE

Ricerca, tanti soldi sui progetti veneti36

14/09/2010 Il Mattino - NAZIONALE

De Mauro: «Servono più diplomati, l'eccessivo rigore non porta lontano»37

14/09/2010 Il Mattino - NAZIONALE

La scuola parte tra le proteste Gelmini: ma ci sono ogni anno38

14/09/2010 Il Tempo - Nazionale

IL SUICIDIO DEGLI ATENEI40

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14/09/2010 Il Tempo - Lazio Nord

L'Università apre le porte ai giovani42

14/09/2010 ItaliaOggi

L'Urss nelle università è una rendita inaccettabile43

14/09/2010 La Padania

Istruzione, Piemonte all'avanguardia in Europa44

14/09/2010 Il Fatto Quotidiano - Nazionale

Tutta l'Italia contro la riforma45

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA

10 articoli

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Ricerca dell'Università di Rochester Videogame d'azione E si diventa decisionisti Paola Caruso Nel Far West il cowboy con il grilletto più veloce aveva salva la vita. Anche oggi l'abilità nello sparare può

rappresentare un vantaggio, ma solo giocando con i videogame. L'appassionato di giochi d'azione virtuali

sembra avere una marcia in più nell'affrontare le difficoltà quotidiane, come afferma uno studio dell'Università

di Rochester pubblicato su Current Biology. Secondo i ricercatori americani chi gioca agli action game

migliora le capacità decisionali. Da una parte perché riesce a risolvere i problemi in modo rapido e accurato,

dall'altra perché sviluppa una sorta di intuizione al comportamento corretto, da applicare in ogni campo: dal

lavoro agli affetti.

Per gli esperti questo vantaggio si chiama «interferenza probabilistica» e consiste nel trasferire la destrezza

dal gioco alla realtà. A prova della teoria i risultati dei test: i campioni degli action game hanno battuto tutti gli

altri partecipanti durante i quiz audio-visivi. Ma vincere un duello diventa davvero una buona esperienza di

vita? «I giochi d'azione attivano una serie di abilità che poi servono per altre cose - dice Orazio Miglino,

psicologo all'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr -. Si tratta di un apprendimento latente

stimolato dal coinvolgimento fisico che aumenta il livello di attenzione e la prontezza di riflessi».

Gli stessi risultati positivi non si ottengono con giochi di strategia o di ruolo. Questo non vuol dire che gli altri

intrattenimenti siano poco istruttivi. «Gli scacchi coinvolgono ad esempio il pensiero logico favorendo le

capacità di capire le disposizioni spaziali» sottolinea Miglino che lavora ad alcuni serious game, tra cui un

gioco di leadership finanziato dall'Unione Europea, utile a incrementare gli skill dei manager.

Con l'evoluzione della tecnologia il gioco ha cambiato carattere, diventando una palestra per il cervello. «Il

gioco è forse il linguaggio del futuro e può persino aumentare il nostro benessere. A Valenzia il Laboratorio

de Psicologia y Tecnologia, Labpsitec impiega la realtà virtuale per curare disturbi di varia natura:

claustrofobia, agorafobia, acrofobia, panico e paura di volare». Gli action game istigano alla violenza? «No,

se giocati con moderazione - commenta lo psicologo -. Non è la tipologia di gioco a essere pericolosa, ma la

quantità». E' sempre una questione di misura.

RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: IN AZIONE Gioco virtuale

14/09/2010 28Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 6

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La depressione •aumenta, sopratutto tra le donne Antonio Tundo • La depressione è un disturbo molto diffuso, può causare gravi conseguenze ed è caratterizzato da una

complessità di sintomi che interessano lo stato d'animo, le energie, il pensiero ed il fisico con i suoi ritmi

fisiologici (sonno, appetito, sessualità). • In Italia soffrono 5-6 milioni di persone, il disturbo è più frequente

nelle donne che negli uomini, con un rapporto di 2 a l, e compare tra i 20 e i 50 anni • I sintomi sono facilità a

cambiare umore, riduzione delle energie, tensione, difficoltà di concentrazione,inappetenza, insonnia.Non

essendo specifici, questi sintomi sono spesso attribuiti a cause esistenziali o a malattie fìsiche con

conseguente ritardo nella diagnosi e nell'avvio di una cura adeguata. • In assenza di cure, la depressione in

media dura da 6 a 12 mesi, ma può essere molto più breve o superare i 2 anni; in quest'ultimo caso si parla

di "depressione cronica" (20% dei casi). • Nella maggior parte dei casi la cura della depressione consiste

nella prescrizione di farmaci antidepressivi, di cui sono oggi disponibili diverse classi, grazie ai quali è

possibile ottenere un miglioramento nel 70-80% dei casi. La scelta del farmaco è altamente personalizzata e

varia in base al tipo e alla gravita dei sintomi, agli eventuali precedenti episodi, alla possibile presenza di altri

disturbi, per esempio attacchi di panico, all'età, alle condizioni fìsiche della persona e ai possibili effetti

collaterali. Quando la depressione è lieve è possibile ricorrere, in alternativa ai farmaci, ad una psicoterapia

cognitivo comportamentale o interpersonale

Direttore Istituto di Psicopatologia Roma

13/09/2010 5Pag. Il Sole 24 Ore - Media planet salute della donna(diffusione:334076, tiratura:405061)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 7

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Quando a ricerca guarda l'aspetto umano A dimostrazione di come la difficile lotta contro il tumore alla mammella stia dando risultati concreti, si può

notare come, a un suo continuo aumento - che in Italia, con un'incidenza raddoppiata negli ultimi trent'anni,

ha portato a una stima di oltre 40.000 donne colpite all'anno - corrisponda un calo del tasso di mortalità. Le

attuali strategie di cura sono frutto di un complesso percorso di ricerca, iniziato negli anni Settanta e

caratterizzato da una sempre maggiore attenzione alla qualità di vita delle pazienti, spesso costrette a

convivere non solo con la malattia, ma anche con le conseguenze negative dei trattamenti cui venivano

sottoposte. Grazie ai risultati di questi studi, è stato possibile abbandonare la vecchia concezione del

trattamento massimo tollerabile per la malattia, perfezionando invece la cura minima efficace per la persona

ammalata. Se oggi disponiamo di opzioni terapeutiche efficaci, rispettose dell'integrità fisica, delle aspettative

e dei bisogni psicologici delle pazienti, parte del merito è da ascrivere al nostro Paese, in particolare per

quanto riguarda il perfezionamento della terapia conservativa, che permette, alla stragrande maggioranza

delle donne ammalate, di evitare il calvario della mastectomia. Ma altrettanto importante è stato il ruolo della

ricerca italiana nel mettere a punto la tecnica del linfonodo sentinella, che ha rivoluzionato l'approccio

chirurgico ai linfonodi dell'ascella, nel validare l'impiego della radioterapia intraoperatoria - consentendo così

di ridurre la durata del trattamento (importante per limitare il rischio di recidiva dopo un intervento

conservativo) da sei settimane a un'unica seduta somministrata in pochi minuti direttamente in sala

operatoria, nel perfezionare procedure chirurgiche capaci di controllare adeguatamente il tumore e al tempo

stesso molto attente alla salvaguardia dell'immagine corporea della paziente -per questo, definite di

oncoplastica- e, infine, nel mettere a punto terapie farmacologiche sempre più efficaci e con minori effetti

collaterali. Negli ultimi anni la cura del cancro al seno si è evoluta in modo straordinario ed è perciò ora

possibile proporre, per ogni singolo caso, un programma terapeutico disegnato specificatamente sulla

malattia e sulla paziente (quest'ultima considerata con il massimo rispetto, nell'insieme delle sue

caratteristiche, senza discriminazioni, magari sottese o involontarie, ma non per questo meno gravi, dovute

alla sua estrazione sociale, condizione emotiva, età ecc). Per poterlo fare è tuttavia necessario disporre di

strutture e competenze adeguate ed è questa la ragione per la quale stanno nascendo - anche in

applicazione di una direttiva del Parlamento Europeo - le Unità di Senologia. Unità che rappresentano un

modello assistenziale e organizzativo innovativo, integrato e interdisciplinare.all'interno del quale un team di

specialisti in chinirgia, chinirgia plastica, radiologia, oncologia, radioterapia, anatomia patologica, medicina

nucleare,fisiatria e psicologia,opera per dare alle donne la possibilità di scacciare il tumore non solo dal

corpo, ma anche dalla mente. [email protected]

Claudio Andreoli Direttore Scuola Italiana di Senologia Istituto Clinico Humanitas Rozzano Milano

13/09/2010 6Pag. Il Sole 24 Ore - Media planet salute della donna(diffusione:334076, tiratura:405061)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 8

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Parla Tilde Giani Gallino, docente di Psicologia dello Sviluppo L'intervista "Il segno della creatività femminile contro la crisi" Il lavoro Molte avevano perso il lavoro e si sono costruite un futuro alternativo (m. n. d. l) ROMA - «Mi sembrano dei grandi successi della creatività femminile, di quella capacità delle donne di reagire

ai momenti di crisi con ingegno e ottimismo». Tilde Giani Gallino, docente di Psicologia dello Sviluppo

all'università di Torino, commenta così il fenomeno delle "mamme Archimede", quella forza di reinventarsi e

reagire, anche quando tutte le porte sembrano chiuse.

P r o f e s s o r e s s a , m o l t e "mamme Archimede" sono state espulse dal mondo del lavoro dopo la

maternità.

«È vero, ma hanno saputo rialzarsi recuperando il loro know how, magari appreso nelle aziende in cui

lavoravano prima, per crearsi una nuova occupazione, di successo,e con la possibilità di conciliare questa

nuova vita con la cura dei figli. È l'esempio di come una crisi, personale o produttiva, possa trasformarsi,

psicologicamente, anche in una chance». È come se queste mammeimprenditrici avessero tirato fuori delle

capacità nascoste? «Sì, una creatività che lavora in modo sotterraneo, e che viene fuori, come spesso capita

nella vita femminile, quando c'è l'urgenza di risolvere una situazione. E nella storia di una donna la

gravidanza è una "crisi", cioè uno sconvolgimento totale dell'esistenza a cui poi dare un nuovo ordine. Se a

questo si unisce la perdita del lavoro, la spinta a creare qualcosa di totalmente nuovo può essere davvero

forte. E produttiva. In campi in cui magari non si pensava di potersi misurare. È un meccanismo che la

psicologia conosce e spiega, l'emergenza cioè che diventa forza positiva».

14/09/2010 21Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 9

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I DANNI IMMEDIATI - I DANNI INVISIBILI Rischi per la salute sofferenza psicologica e ferite all'autostima Si verificaun crollo degli ormoni secreti nel corso della notte Rischi per la salute sofferenza psicologica e ferite all'autostima Si verifica un crollo degli ormoni secreti nel

corso della notte

14/09/2010 24Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 10

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il caso Se non fai la nanna ingrassi Una ricerca americana scopre la relazione tra carenza di sonno e sovrappeso infantile Rischi per la salutesofferenza psicologica e ferite all'autostima Si verifica un crollo degli ormoni secreti nel corso della notte EGLE SANTOLINI MILANO Gli hamburger con le patatine fritte, come no. E le merende zuccherate, le bevande gassate, la

teoria infinita di bomboloni e ghiaccioli da spiaggia che ci siamo appena lasciati alle spalle. Attenzione però,

perché a causare il dramma dell'obesità infantile (dramma, sì: perché è fatto di rischi per la salute futura e di

vergogna, sofferenza psicologica, danni all'autostima) ci potrebbe essere dell'altro: meno di otto ore di sonno

per notte. Come evidenzia una ricerca appena resa nota dall'University of Washington di Seattle, uno degli

elementi che sconvolgono l'equilibrio metabolico dei più piccoli sarebbe proprio la scarsa quantità di sonno.

Secondo Janice Bell, tra gli autori della ricerca, «i bambini che dormono poco la notte sono troppo stanchi per

dedicarsi, di giorno, all'attività fisica che li protegge dal sovrappeso». Se a questo aggiungete la carenza

ormonale causata dalla mancanza di sonno c'è da concluderne che, se vostro figlio fa fatica ad

addormentarsi, non c'è solo da preoccuparsi che l'indomani non si presenti fresco a scuola. Dicono le ultime

statistiche che circa un milione di bambini italiani ha molti chili di troppo: «Uno su quattro nell'età nevralgica

fra i 9 e i 12 anni», segnala Laura Bosio, pediatra endocrinologa dell'Istituto Scientifico Ospedale San

Raffaele. Con una forbice fra Nord e Centrosud: a Roma un maschio su tre e una femmina su cinque, al Nord

un maschietto su otto e una femmina su dieci. C'entrano l'ereditarietà, le cattive abitudini alimentari, la scarsa

attività fisica. C'entrano però, oltre al girovita di mamma e papà e ai comportamenti acquisiti, leggi troppe

soste al fast food e poche ore al parco, anche quei fattori che rimandano all'epigenetica. Ossia a quel

complesso concetto scientifico che getta un ponte fra natura ed educazione; o, se preferite, fra patrimonio

genetico e ambiente. Come chiarisce Emily McAllister, ricercatrice sui medesimi temi all'Università della

Louisiana, «se chi ha un codice genetico prono all'obesità è esposto fin dalla vita intrauterina a un ambiente

genetico sfavorevole, il suo patrimonio prenderà quell'abbrivio». Ecco dunque che i giochi si complicano fin

dalla gravidanza. La madre in attesa accumula sovrappeso, e così facendo sviluppa una resistenza

all'insulina e un alto rischio di diabete gestazionale? Le probabilità che il neonato sia più grasso della media

aumentano in modo consistente, anche se non è ben chiaro perché. Il bambino viene svezzato troppo

precocemente? Altro fattore di rischio: il latte artificiale è meno nutriente di quello materno e il bambino tende

ad assumerne troppo prima di arrivare alla sazietà: è un altro dei modi in cui si instaurano fin da subito

comportamenti alimentari scorretti. Ma per complicare le cose, anche il neonato evidentemente sottonutrito

può aspettarsi un futuro da obeso, ed è quel che si chiama «effetto carestia olandese»: molti bebè nati subito

dopo la guerra, quando nei Paesi Bassi si faceva la fame, alla visita di leva, diciannovenni, risultarono infatti

colossali: perché già nell'utero, dovendo far conto sullo scarso nutrimento che ricevevano attraverso la

placenta, avevano accumulato troppi grassi di riserva. E se anche le peggiori condizioni iniziali possono

essere ribaltate da un corretto regime di vita, come ci spiega il pediatra endocrinologo nell'intervista a fianco,

su una cosa non transigono i ricercatori americani che accusano il poco sonno: attenti alla troppa televisione,

occhio soprattutto se le ore sottratte al riposo sono passate davanti al teleschermo o al computer: così

s'impara il malcostume della sedentarietà, così ci si trasforma in piccole «couch potato», cioè in tuberi da

sofà. Ma se anche quel vizio l'hanno appreso in famiglia, dobbiamo derubricare il fattore alla voce «genetica»

o a quella «abitudini acquisite»?

I numeri1 milione I bambini italiani che fanno i conti con la bilancia: dato in crescita nonostante le campagne

d'informazione

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14/09/2010 24Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 11

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per cento I piccoli sovrappeso nell'età nevralgica compresa tra i nove e i 12 anni

I fattori di rischio 1 Dorme meno di otto ore per notte 4 Il bambino era molto sottopeso alla nascita 2 I

genitori sono sovrappeso 3 La madre ha accumulato troppo peso in gravidanza 5 E' stato svezzato presto e

nutrito con latte artificiale 6 Guarda troppa televisione

14/09/2010 24Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 12

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il caso Stress in parrocchia: reverendi sul lettino Un sacerdote psicoterapeuta e un giornalista analizzano le nevrosi nel clero: dal rischio di sentirsi «bruciati»per i troppi impegni alla sindrome della solitudine Non bastano gli anni di seminario a strutturare futuri presbiteri convinti della loro vocazione, capaci di

attraversare crisi e momenti di stanchezza. Per i preti ci vuole una formazione permanente, da non

considerare «un optional facoltativo, come spesso avviene». Accanto a una vita spirituale intensa, bisogna

curare la dimensione umana delle relazioni e imparare a delegare, a «far fare piuttosto che strafare». Perché

«oggi più che mai il lavoro pastorale necessita di una sana collaborazione con i laici». Giunge a queste

conclusioni Preti sul lettino , scritto a quattro mani da don Giuseppe Crea, psicoterapeuta, e il giornalista

Fabrizio Mastrofini, appena edito da Giunti (pp. 126, euro 12), a poche settimane dalla conclusione dell'Anno

sacerdotale voluto da Benedetto XVI. A partire dalla presentazione (qui accanto in parte proposta) di Alberto

Oliverio, docente di psicobiologia alla Sapienza di Roma, l'approccio del volume non è offrire ricette

semplicistiche, né di presumere che i casi raccontati (rispettando ovviamente l'anonimato dei protagonisti)

rappresentino complessivamente i problemi dei preti italiani. Che nella stragrande maggioranza non sono

affatto afflitti da immaturità affettive o vocazionali. Però si vuole smentire pure l'ottimismo a buon mercato,

ponendosi un franco interrogativo: «Tutto funziona per il meglio?». Gli autori invitano perciò a esplorare con

sguardo mai morboso disagi psicologici e patologie affettive vissuti a volte da chi sceglie «una professione di

aiuto come il sacerdozio», affrontando anche con delicatezza casi di pedofilia e di altri abusi, compiuti

celandosi dietro il proprio ruolo. Ma la tipologia dei problemi ricorrenti è molto più estesa: dal malessere alla

depressione, dallo «stress nell'attività pastorale» alle rigidità personali nel concepire la fede in modo

«ritualistico», come fosse un «toccasana delle proprio inquietudini interiori». E poi i conflitti con gli altri preti,

sperimentando l'incapacità di gestire le relazioni e i salti generazionali, i carichi di impegni crescenti. Se il

clero invecchia e diminuisce, bisogna "rimpiazzarlo" anche se le vocazioni scarseggiano: i dati parlano di

7300 nuovi sacerdoti negli anni Settanta, mentre nel 2012 potrebbero scendere sino a quota quattromila.

Così le nuove leve vengono investite presto di responsabilità parrocchiali e si abituano a organizzarsi da soli:

situazioni nelle quali la sindrome del burnout (sentirsi esauriti e demotivati, letteralmente «bruciati») è un

rischio molto concreto ma a lungo non esplorato dalle ricerche sui sacerdoti in Italia, e solo di recente oggetto

di opportuni studi specifici. Senza contare la pressione psicologica provocata dalle continue sollecitazioni dei

fedeli che cercano un punto di riferimento, oppure sono disinteressati e lontani. Ci vuole un saldo equilibrio

emotivo pure per governare nevrosi personali, talvolta condite da narcisismo e ossessioni di perfezione. Si

comincia, inoltre, a mettere bene a fuoco il ruolo del presbitero per capire come stia mutando anche dal punto

di vista sociologico, oltre che pastorale. Così la «discussa solitudine del prete» non sembra tanto dovuta alla

mancanza di affetti, quanto «alla percezione di una solitudine ecclesiale davanti ai problemi e alle decisioni

da prendere. Si tratterebbe dunque di una questione pastorale e ministeriale, piuttosto che emozionale e

relazionale». In altre parole, può accadere che il sacerdote avverta più la vicinanza dei laici impegnati che

quella dei confratelli e perfino del suo vescovo. In alcuni casi una maggiore vita fraterna di più sacerdoti che

esercitano il loro ministero in una stessa parrocchia o nella medesima area, così come la «paternità»

esercitata dai superiori e una «spiritualità praticata in modo continuo» possono fare la differenza sia per i

giovani che per i preti di mezza età. Come il quarantenne don Ferdinando, che si ritrova oberato di impegni e

sbotta di fronte a chi gli dice che l'unica soluzione ai suoi dubbi e problemi sia la preghiera, accorgendosi poi

che fin da piccolo gli era stato chiesto di rispondere ad aspettative troppo alte rispetto alle sue capacità. O

don Alfonso, trentacinquenne con la sindrome del «buon samaritano» fino ad annientarsi per gli altri,

perdendo il contatto con le motivazioni della sua scelta. Al di là della galleria casistica, gli autori suggeriscono

una strategia che comprenda anche un vocational center per la formazione permanente dei formatori, oltre a

un «centro di primo ascolto» che accolga i preti in difficoltà e li aiuti a fare discernimento, con un eventuale

14/09/2010 25Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 13

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sostegno psicologico: interventi che non possono essere lasciati all'improvvisazione.

Foto: Una celebre immagine del fotografo Mario Giacomelli

14/09/2010 25Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 14

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SEGUE DALLA PRIMA PAGINA Il Nordest ha ancora paura della crisi economica A prima vista, guardando ai dati dell'indagine Demos, potremmo dire un po' tutti. Ma c'è paura e paura. Prima

di tutto c'è la paura indotta dalla non-conoscenza diretta della situazione. Indotta non solo dai media ma

anche dal passa-parola o dalle rappresentazioni convenzionali degli "altri". Lo si vede facendo la differenza

tra la percezione della crisi relativa alla propria famiglia (una percezione indirizzata dalla psicologia, ma

sostenuta anche dai fatti di cui siamo a diretta conoscenza) e la percezione riferita invece a situazioni che si

conoscono solo indirettamente: dal racconto degli altri, da quello che dice la tv, o la stampa, o altre fonti più o

meno frequentate. Ebbene: nella percezione degli intervistati, l'indicatore sintetico che esprime il

peggioramento della situazione negli ultimi tre mesi segna per la propria famiglia un -22% ma arriva, per la

regione, al -30, toccando - quando si arriva all'Italia nel suo complesso - al 37%. Quasi il doppio. Una volta si

diceva che "l'erba del vicino è sempre più verde". Niente di più lontano dalla percezione di oggi: il prato del

vicino appare una terra riarsa e senza speranze. Per fortuna che ciascuno di noi, nel suo piccolo, conserva

per il futuro un po' di prato verde. Sofferente e nascosto, ma non riarso. La percezione della crisi non è solo

un fatto che riguarda la psicologia: è il perno intorno a cui ruota la ripresa, oggi bloccata dalla caduta della

domanda, ossia dallo stato di attesa in cui ci si viene a trovare. Chi domanda case, macchine utensili o

crociere turistiche fa una scommessa sul futuro: scommette che le cose andranno in modo tale da

permettergli di ripagare il mutuo, di far rendere l'investimento, di ripristinare il risparmio eroso dalla spesa di

oggi. Se uno non se la sente di scommettere, non domanda. I dati dicono che le persone non sono ancora

pronte a scommettere: non lo sono i ceti deboli (pensionati, disoccupati, anziani, lavoratori a bassa

qualificazione), ma neanche gli imprenditori e i lavoratori autonomi. Rimane, davanti a noi, un problema

irrisolto, ma decisivo per i prossimi anni: quello del rischio, che tutti - persone, famiglie, imprese, territori -

corrono per il fatto di vivere e lavorare in un mondo diventato instabile, e aperto a tutte le possibilità. Un

mondo da esplorare, ricco di promesse, ma anche pericoloso. Sarebbe sbagliato ritrarsi dalla sfida, per

paura. Semmai bisogna attrezzarsi per condividere la meta verso cui andare e il rischio del viaggio. La crisi ci

ha insegnato che il gioco del cerino (per cui ciascuno cerca di scaricare i problemi sugli altri) non paga: alla

fine stiamo tutti peggio. Come uscirne? Bisogna cominciare a pensare che è stupido andare nel mare aperto,

in tempesta, ciascuno da solo, con la sua barchetta. Dobbiamo invece condividere i costi e i rischi del

progetto, creando legami (di appartenenza, di filiera, di rete, di comunità) che consentano di contrattualizzare

il futuro, dando forma organizzata alla flessibilità. In modo che se le cose vanno bene tutti stanno meglio, e se

invece vanno male si sa già come distribuirne il carico. E' una sfida per le istituzioni e la classe dirigente, ma

anche una medicina - forse l'unica decisiva - contro la paura. Enzo Rullani © riproduzione riservata

14/09/2010 25Pag. Il Gazzettino - Ed. nazionale(tiratura:114104)

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Assistenza oncologica nasce «AmoTrani onlus» Istituito anche il numero verde 800.146601 • TRANI. Un numero verde 800.146601 gratuito (è la prima volta che in questo particolare campo il servizio

viene reso semplice e valido) per tutto il territorio della Provincia di Barletta, Andria, Trani, oltre alla possibilità

di potersi rivolgere presso la sede di via Fusco 57: quasi come una costola dell'Ant, è nata l'associazione

AmoTrani onlus (assistenza malati oncologici) di cui è coordinatore Antonio Petronzi, che entro la fine d'anno

potrà anche offrire altri progetti di servizi sussidiari come il blematiche oncologiche e psicologiche. Una

presenza basata sull'impegno e l'altruismo dei volontari: negli ultimi 13 anni hanno fornito, attraverso l'Ant,

assistenza a circa 3mila pazienti affetti da tumore in fase avanzata residenti nell'area della nuova Provincia.

Oggi, con questa grande esperienza alle spalle, gran parte dei volontari della Puglia hanno raggiunto una

convinzione, «e cioè - spiega Petronzi, già presidente dell'Ant - che questo servizio può migliorare se prestato

da una base organizzativa su scala regionale, perché in grado di interagire con maggior rapidità ed

adeguatezza con le specifiche realtà locali». Centro di ascolto su pro-Un anno fa, su queste premesse

nasceva la AMOpuglia Onlus - (Assistenza Malati Oncologici della Puglia), associazione che si pone come

obiettivo il sostegno dei pazienti oncologici in fase avanzata estendendo l'ambito della assistenza domiciliare

non solo all'aspetto medico ed infermieristica, ma anche a quello psicologico (rivolto anche ai famigliari) e

come ambito operativo il solo territorio della nostra regione. Oggi nasce l'AmoTrani: «Siamo certi - ag giung e

Petronzi - che la nostra presenza sul territorio contribuirà a snellire le liste di attesa, realtà terribile ed

inaccettabile soprattutto quando si parla di pazienti con una aspettativa di vita residua di pochi mesi, in media

90 giorni». Già dall'inizio di settembre è possibile attivare la assistenza domiciliare gratuita chiamando il

numero verde 800.146601 valido per tutto il territorio della sesta provincia oppure ci si può rivolgere presso la

sede di Trani. Entro fine anno dovrebbero essere attivi anche altri progetti come il Centro di Ascolto su

problematiche oncologiche e psicologiche. [Lucia De Mari

13/09/2010 3Pag. La Gazzetta Del Mezzogiorno - Nordbarese(tiratura:63756)

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Lo psichiatra Sopravvivere ai disastri crea falsi sensi di colpa Diventa un libro la storia di Bahia, unica superstite di un incidente aereo. Che, come altri "sopravvissuti",crede di essere responsabi le Alessandro Meluzzi Psichiatra e fondatore delle Comunità Agape Le catastrofi, e in generale gli eventi traumatici che mietono vittime, producono reazioni psicologiche oggetto

persino di una disciplina speciale che porta lo stesso nome: psicologia delle catastrofi. In un evento

traumatico, come quello della 13enne Bahia Bakari unica sopravvissuta su 152 passeggeri a un disastro

aereo il 30 giugno 2009 in dell'individuo moderno con le forze primordiali della natura. Per quale ragione,

quindi, in questo tipo di situazioni l'unico sopravvissuto viene colpito da un violento senso di colpa? Credo

che in questo "Perché proprio io?" al contrario rispetto a ciò che accade dopo una malattia o una disgrazia

personale si esprima un duplice meccanismo. In primo luogo, il sentimenaereo u JU giugno zuu? l n i\ t A' to

di oonnnniippootteennzzaa adii cenhii Madagascar (ora raccontato u o r ° " n a " a { J e a i a / avrebbe potuto

supporre di nel libro Io, Bahia, la miracolata), e del bambino olandese Ruben Van Assouw, unico

sopravvissuto in un disastro aereo in Libia, si sovvertono molti meccanismi del funzionamento delle emozioni

e del comportamento umano. Per esempio, dopo un incidente aereo o un naufragio emergono, anche per

ragioni di sopravvivenza, elementi del carattere e di leadership spesso i più idonei a garantire la

sopravvivenza del soggetto. È un po' come se riemergessero aspetti arcaici della personalità che connettono

la complessità a volte emerge la leadership di alcuni individui poter salvare tutti e se stesso: una dinamica

mentale tipicamente eroica e adolescenziale. In secondo luogo, la percezione che il fato o la statistica

abbiano potuto contraddire l'apparente parità di occasioni di salvarsi o morire: cosa che nella vita non finisce

mai di stupire e di scandalizzare. L'unico modo per metabolizzare gli effetti di questa tragica lotteria

dell'esistenza è elaborare il lutto e razionalizzare i veri contorni delle proprie oggettive responsabilità. I Latini

dicevano che nes- suno è tenuto alle cose impossibili. Meglio, quindi, pensare che la vita, anziché essere un

tragico gioco a dadi, si lasci illuminare da una dimensione provvidenziale e di mistero. Quel mistero della vita

e della morte che l'esistenza umana non potrà mai penetrare fino in fondo. Se volete contattare il nostro

esperto Gente-Lo Psichiatra, viale Sarca 235,20126 Milano o [email protected]

Foto: RttTO VIV Bahia Bakari, / la 13enne scampata ai disastro J aereo del 2009 in Madogascan morirò 1

passe

14/09/2010 85Pag. Gente - N.38 - 21 settembre 2010(diffusione:372741, tiratura:488629)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 14/09/2010 17

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RIFORMA DELLE PROFESSIONI

5 articoli

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La bocciatura della consulta interprofessionale fiorentina: troppo generico, bisogna sbloccare l'edilizia in cittàLa polemica Piano strutturale, lo stop di geometri e ingegneri (i. c.) «SBLOCCARE l'edilizia a Firenze». È la prima urgente necessità individuata dalla Consulta interprofessionale

fiorentinaa proposito del nuovo piano strutturale in fase di stesura. Gli ordini degli architetti, dei geologi, degli

agronomi, degli ingegneri, dei geometri, dei periti, riuniti i Consulta, hanno consegnato ieri il loro documento

sul piano strutturale al sindaco Renzi e alla presidente della commissione urbanistica di Palazzo Vecchio,

Elisabetta Meucci. Firenze non può continuare a restare bloccata, dopo che i ritardi nell'approvazione del

piano hanno fatto scattare il regime di salvaguardia che ferma qualsiasi attività edilizia, spiega il presidente

dell'ordine degli architetti, Antonio Bugatti: «Dobbiamo chiedere alla Regione di alleggerire le salvaguardie

appena sarà approvato il piano senza attendere l'entrata in vigore del futuro regolamento urbanistico come

prescriverebbe la legge. Si potrebbero avviare molti progetti già approvati, in linea con gli attuali strumenti

urbanistici».

Il fatto è però che secondo la Consulta il piano così com'è è troppo generico: belle parole, ma niente di

concreto. Non c'è «un'idea complessiva di città», anzi «non c'è neanche un'idea creativa». Gli ordini

professionali chiedono un piano che entri nel merito. «Che le abitazioni vadano riportate in centro, lo hanno

detto tutti. Ora lo si ripete ma non si indicano gli strumenti», è uno dei tanti esempi di Bugatti. Né, secondo i

professionisti il piano dà garanzie vincolanti di salvaguardia del centro come dei terreni immediatamente

limitrofi alla città, non disegna i contorni di un progetto metropolitano. «Noi daremmo un contributo - dicono -

ma non riusciamo a parlare con nessun organismo tecnico, né un assessore, né un urbanista, né chi fa il

progetto. L'unica disponibileè la commissione urbanistica ma è un organo politico».

Un altro esempio di carenze lo fa il presidente dell'ordine dei geologi Silvano Carmignani: «Il piano parla di

scavi e di localizzazione dei medesimi, per esempio il cosiddetto tubino di attraversamento in sotterranea

della città da parte del traffico, senza aver fatto prima le indagini geologiche. Già dobbiamo preoccuparci

della Tav per cui si poteva fare un progetto diverso anche se ormai è tardi. Il sottosuolo di Firenze è delicato,

il piano strutturale deve precisare che non si inizia mai a scavare senza prima aver fatto indagini esaurienti».

Il piano non coniuga interessi urbanistici e economici, dice ancora la Consulta. E' generico perfino

nell'auspicare la valorizzazione del verde, spiega il presidente degli agronomi, Paoli Gandi.

Foto: Lavori Tav a Campo di Marte

14/09/2010 5Pag. La Repubblica - Firenze(diffusione:556325, tiratura:710716)

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RIFORMA DELLE PROFESSIONI - Rassegna Stampa 14/09/2010 19

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Urbanistica, secondo round la parola passa ai cittadini Il Comune avvia l'iter per le modifiche al Pgt Libertà e giustizia e Legambiente, tour nei quartieri per spiegareai residenti cosa cambierà ALESSIA GALLIONE PARTE il secondo round per le regole urbanistiche della Milano del 2030. Una battaglia d'autunno in cui sarà

la città, dopo gli otto mesi di discussione in consiglio comunale, a doversi esprimere. E che si apre oggi con

un'assemblea pubblica organizzata dal Comune, dove il sindaco Letizia Moratti e l'assessore allo Sviluppo

del territorio Carlo Masseroli presenteranno il Piano di governo del territorio. Da domani, quando il documento

votato dall'aula sarà pubblicato ufficialmente, inizieranno ufficialmente i due mesi di tempo per cercare ancora

di modificare il testo. Questa volta saranno i cittadini che potranno presentare - da dopodomani fino al 15

novembre - le cosiddette "osservazioni" al Pgt. Ed è proprio in vista di questa possibilità che centrosinistra e

società civile si mobilitano. A cominciare da un gruppo di associazioni formato da Libertà e giustizia,

Legambiente, Arci e Acli, che organizzeranno un tour nelle nove zone di Milano per spiegare cosa sia il Pgt e

le trasformazioni previste, quartiere per quartiere. «Adesso tocca a noi», esortano.

Gli inviti sono partiti: dalla politica alle associazioni, dalle imprese alle banche, dalle cooperative agli ordini

professionali fino al terzo settore, al mondo della cultura e dello sport. È davanti a loro, nella sala del Teatro

dell'Arte di viale Alemagna, dalle 14.30, che oggi Letizia Moratti e Carlo Masseroli presenteranno il Piano

territorio. Domani il testo sarà pubblicato ufficialmente sul sito del Comune (www.comune.milano.it/pgt)

insieme a un modulo facsimile che servirà a tutti per scrivere le richieste di modifica.

Potrebbero essere migliaia, rendendo difficile l'approvazione finale del Pgt che dovrà tornare nuovamente in

Consiglio comunale ed essere votato entro il 14 febbraio del 2011. Un obiettivo a cui Masseroli crede: «La

città ha bisogno di nuove regole». Ma quanto sarà possibile modificare il testo? «Da oggi - spiega

l'assessore- partirà una grande opportunità di dialogo. La fase delle osservazioni è fatta per accogliere i

contributi di tutti su una piattaforma, però, che il consiglio comunale ha votato».

Per le associazioni capitanate da Legambiente e Libertà e giustizia, il «tempo a disposizione dei cittadini per

consultare il piano, informarsi ed esprimere le proprie osservazioni non è molto». E la città, a dispetto di

quello che dice il Comune, non sarebbe a conoscenza della rivoluzione in gioco. Accompagnati da esperti e

abitanti "simbolo" di un quartiere, inizieranno il loro viaggio. Il primo incontro è per giovedì sera, alle 21, a

Palazzo Marino: a presiedere saranno Gianni Bottalico (Acli), Damiano PER SAPERNE DI PIÙ

www.comune.milano.it/pgt www.expo2015.org Di Simine (Legambiente), Stefano Pareglio (L&G), Emanuele

Patti (Arci) e, oltre a Masseroli, saranno presenti i capigruppo di maggioranza e opposizione. Poi dal 20

settembre, nella Casa della Carità, si parte: nove incontri per nove zone. A spiegare il Pgt saranno giovani

architetti del Politecnico, affiancati da ospiti come don Colmegna, Diego Parassole, il regista Antonio Bocola,

Moni Ovadia, Renato Sarti.

Foto: Urbanistica, per il Piano territorio si apre la fase delle osservazioni dei cittadini

14/09/2010 6Pag. La Repubblica - Milano(diffusione:556325, tiratura:710716)

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RIFORMA DELLE PROFESSIONI - Rassegna Stampa 14/09/2010 20

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Eccesso di esternazioni LA POLITICA CHE NON SA PARLARE AI CITTADINI PAOLO POMBENI FRA domenica e lunedì abbiamo assistito ad una specie di sagra delle esternazioni: hanno parlato quasi tutti

i leader dei principali partiti, a cominciare dal presidente del Consiglio, e si sono aggiunti commenti, interviste

e retroscena provenienti da ogni gruppo e sottogruppo della politica nostrana. Tirando le somme ci si

potrebbe chiedere se adesso la situazione sia più chiara, se abbiamo in mano maggiori coordinate per capire

quali rotte seguirà la politica italiana. Purtroppo la risposta non può essere positiva. Sarà per nostri limiti, ma

dopo aver ascoltato tutti non ci sentiremmo di dire che la nostra comprensione del quadro politico abbia fatto

dei passi avanti. Ogni discorso è sembrato indirizzarsi ad un settore ben determinato di interlocutori a cui ha

mandato dei messaggi cifrati, piuttosto che parlare alla nazione nel suo complesso ed affrontare i nodi su cui

il Paese chiede da tempo delle risposte. Berlusconi è parso voler rassicurare quei ceti dirigenti a lui vicini, che

si erano allarmati per i suoi cedimenti alle intemperanze di Bossi e di un po' di pasdaran della sua corte, e per

questo ha proclamato che le elezioni non ci saranno, la legislatura arriverà alla fine ed i finiani sono in fondo

dei bravi ragazzi. Aveva detto, anche piuttosto duramente, cose di senso opposto? Sì, ma era ieri. Il leader

della Lega si è affrettato anche lui a sottolineare che la legislatura va avanti, chiarendo subito che però

intanto porta presto a casa il federalismo e che poi sposta un po' di ministeri al Nord. Sembrava ardere del

sacro fuoco elettorale e non si tratteneva dal far pernacchie agli avversari? Sì, ma era ieri. Bersani è stato più

coerente, perché la situazione glielo consentiva, visto che più che all'opposizione non può stare. Però anche

lui ha ripetuto i soliti mantra, sul lavoro che non c'è, lo sviluppo che langue, i precari messi alla porta, la

legalità da difendere. Ovvio che in questo caso ha ripetuto quel che diceva ieri, però la gente si aspetterebbe

in questo caso che la coerenza non fosse semplicemente stare a piè fermo sulle posizioni tradizionali, ma

fare lo sforzo per dire qualcosa di nuovo e possibilmente di realizzabile (e, ci spiace notarlo, la grande

coalizione di responsabilità nazionale che cancella Berlusconi non ci sembra appartenere a questa

fattispecie). La domanda che si pone l'ingenuo osservatore di turno è come sia possibile fare dei passi avanti

se la situazione rimane così ingessata. A guardare ai sondaggi si nota subito un fenomeno su cui forse

sarebbe bene soffermarsi un poco. Non assistiamo ad una riarticolazione ragionevole del sistema, cioè, per

dire, a tre o quattro poli di aggregazione, ma temiamo riemerga la vecchia frammentazione politica. Un

banale elenco ci chiarisce (e fingiamo di credere che vari partitini che pure esistono, siano solo appendici

personali di politici che cercano solo di massimizzare le loro posizioni stando nei partiti maggiori): Lega, Pdl,

finiani, Udc e associati, Pd, Idv, estrema sinistra (Sel e compagni), grillini. Fanno otto "soggetti", e

consideriamo che qualche "coalizione" sia davvero fatta e sia tale, mentre lasciamo cadere i gossip su

possibili frantumazioni alle viste nel Pd. Non ci pare il quadro di un sistema che va verso il compattamento

delle forze. Naturalmente noi siamo tra quelli che non credono al bipolarismo forzoso come ad una soluzione

miracolosa per la stabilità politica italiana e i fatti lo hanno dimostrato, ma non siamo neppure fra coloro che

fanno il tifo per una frammentazione che favorisce più che altro i radicalismi e gli estremismi. Se la politica

non riesce ad imporsi per dinamiche di aggregazione delle domande e di sintesi per la soluzione dei problemi

è inevitabilmente una politica debole che fa molta fatica a produrre governabilità. Quel che invece una

situazione del genere rischia di produrre è un crescente scollamento del Paese e un distacco di buona parte

dei cittadini dalla partecipazione politica. Più il dibattito pubblico diventa lo specchio di una diatriba chiusa fra

confraternite di professionisti, ciascuno col suo gergo particolare e coi suoi simboli divisivi, più la capacità di

mobilitazione della politica si limiterà agli integralisti e ai fanatici, cioè a quelli che non sono in grado di farla

decollare. Eppure da un certo punto di vista una situazione di crisi e di trasformazione offre ottime opportunità

a chi abbia vere capacità di leadership, perché la gente di fronte alle incognite di una situazione che non

comprende a fondo è alla ricerca di una guida ed è maggiormente disposta, se viene stimolata nel modo

giusto, a prendere in considerazione quanto sia necessario fare i conti con la realtà al di sopra delle proprie

14/09/2010 1Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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pregiudiziali. Da osservatori, comprendiamo che l'instabilità del quadro generale spinge ciascuna forza

politica a serrare innanzitutto i ranghi per affrontare prove elettorali più o meno estreme che teme siano in

agguato dietro l'angolo. Ci chiediamo però se questa sia la strategia migliore per fare qualcosa che sia

nell'interesse di un paese che ha tanto bisogno di ritrovare le ragioni del suo stare insieme, paradossalmente

nel momento in cui, un po' in sordina e un po' malamente, sta celebrando i primi centocinquant'anni di unità

nazionale.

14/09/2010 1Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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il 17 a roma Presidenti provinciali a raccolta Presidenti degli ordini provinciali a raccolta sulla riforma della professione. È fissata infatti per il 17 settembre,

presso l'Oly Hotel di Roma, l'assemblea dei presidenti dei consigli provinciali per discutere della riforma della

legge 12/1979, istitutiva della professione di consulente del lavoro. Un incontro organizzato dal Consiglio

nazionale presieduto da Marina Calderone con lo scopo di discutere sull'ipotesi di riforma predisposta da

un'apposita commissione composta da rappresentanti del Consiglio nazionale, dell'Enpacl, delle Consulte

regionali e dal segretario dell'Ancl, sindacato maggioritario di categoria. Mentre l'iter della riforma delle

professioni risente ovviamente dell'attuale confusa situazione politica, i consulenti del lavoro intendono invece

essere pront i a formulare la loro proposta d i ammodernamento del la legge is t i tut r ice

dell'ordine.L'esponenziale crescita avvenuta in questi anni, coincisa con l'indiscussa leadership della materia

giuslavoristica e con l'assunzione del ruolo di interlocutori privilegiati delle istituzioni sui temi del lavoro e

legislazione sociale, richiede indubbiamente l'aggiornamento della legge 12/79.Si pensi al ruolo assegnato

nella selezione e ricerca del personale, certificazione dei contratti di lavoro, conciliazione ed alle numerose

iniziative che hanno visto consulenti del lavoro e ministero a fianco in numerose iniziative a carattere sociale.

La bozza in discussione intende rafforzare le peculiarità dell'attività svolta dai consulenti del lavoro senza

peraltro introdurre freni per l'accesso alla professione: l'ingresso è e rimane libero a chiunque abbia i requisiti

previsti per un'attività che si occupa di materie delicate e costituzionalmente tutelate. Ipotizzato anche

l'ingresso dei giovani mediante la possibilità di svolgere praticantato già durante il percorso universitario e la

previsione di poter ridurre la durata normalmente prevista. A questo incontro, richiesto anche dagli stessi

presidenti provinciali, ne seguiranno altri allargati a tutti i componenti i consigli provinciali a partire

dall'assemblea di fine novembre.

14/09/2010 33Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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Edilizia e Tav: l'allarme degli Ordini professionali È necessario «sbloccare l'edilizia a Firenze», ma per farlo Comune e Regione devono trovare un accordo per

«alleggerire il regime di salvaguardia» scattato nel capoluogo in seguito alla mancata approvazione del piano

strutturale che la giunta Domenici aveva tentato di varare: lo afferma in un documento la Consulta

interprofessionale (architetti, ingegneri, agronomi, periti industriali, geologi - che lanciano un allarme sugli

scavi della Tav -, periti agrari e geometri) interessata al nuovo piano strutturale attualmente in fase di stesura.

«Ci sono molti progetti in linea con gli attuali strumenti urbanistici e sono già stati anche approvati - dice il

presidente dell'Ordine degli architetti, Antonio Bugatti - ma non potranno partire fino all'entrata in vigore del

futuro regolamento urbanistico». Il documento realizzato dalla Consulta degli ordini è stato inviato al sindaco

Matteo Renzi, che ha anche la delega all'urbanistica. Gli architetti lamentano comunque una scarsa

interlocuzione con Palazzo Vecchio. Gli ordini affermano che «non è chiaro il progetto di città del piano

strutturale»: secondo Bugatti «più che il disegno della Firenze del futuro ci sembra un elenco di questioni

aperte, ma slegate tra loro».

14/09/2010 7Pag. L Unita - Firenze(diffusione:54625, tiratura:359000)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ED ENTIPUBBLICI

6 articoli

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economia Il presidente Pietro Ciucci: stiamo rispettando la legge. Protestano Alemanno, Polverini e ZingarettiIl caso Sui pedaggi l'Anas tira dritto rivolta di enti locali e consumatori BARBARA ARDÙ ROMA - Silenzio dal governo, ma una nuova alzata di voce collettiva quella che segue il bliz estivo dell'Anas.

Con un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l'ente annuncia la gara «per la fornitura di un sistema di

pedaggiamento» elettronico. Dunque tra poco più di un anno si pagherà anche là dove, fino a oggi, non era

previsto. Protestano consumatori, enti locali (Lazio in primis), Pd e Idv. E protestano perché Tar e Consiglio di

Stato hanno già bloccato i rincari previsti dall'ultima manovra. Ma l'Anas va avanti lo stesso, con la gara.

«Stiamo solo attuando una norma di legge - spiega Pietro Ciucci, presidente di Anas - che prevedeva che i

1.300 km di autostrade gestite direttamente venissero assoggettate a pedaggio». Nell'attesa di installare le

apparecchiature (una sorta di telepass) era previsto «un onere forfettario di un euro. Ed è questo - aggiunge

Ciucci - il provvedimento transitorio» sotto esame al Tar e sospeso. Un ragionamento che a molti non torna.

A cominciare dagli amministratori del Lazio (anche il Grae la Roma-Fiumicino diventerebbero a pagamento).

Il presidente della Provincia Zingaretti, scrive a Berlusconi per chiedergli di bloccare il «macchinoso piano»

pensato da Ciucci. Renata Poleverini (presidente della Regione) parla di «fuga in avanti» dell'Anas. E il

sindaco di Roma Alemanno chiede di «rinegoziare il contratto con l'ente pubblico», ma riesce a convince i

deputati romani del Pdl a presentare alla Camera una mozione per chiedere il blocco del bando di gara. Cosa

che aveva già fatto Enrico Gasbarra (Pd), membro della commissione Trasporti della Camera, che nei giorni

scorsi aveva presentato un'interrogazione parlamentare al ministro delle Infrastrutture. Obiettivo: fermare il

pedaggio sul Gra di Roma. E ieri ha invitato la Polverini e Alemanno a passare «dagli annunci ai fatti». Più

politica la lettura di Matteo Mauri, responsabile trasporti e infrastrutture del Pd. «Il governo spiega Mauri - è

assetato di soldi freschi e dopo aver tagliato i finanziamenti all'Anas è costretto ora ad "appoggiarlo"

nell'introduzione di nuovi pedaggi per pagare la manutenzione, che va comunque fatta. Rientra tutto nella

logica di questo governo». Il risultato? «Pagheranno i pendolari».

Lannutti (Idv) attacca direttamente Ciucci, «che si permette di sfidare le sentenze dei giudici amministrativi».

Annunciano intanto battaglia le organizzazioni dei consumatori. Federconsumatori e Adusbef prevedono

«maggiori spese per le famiglie di 60 euro annui e nel caso dei pendolari un ricarico mensile di circa 60

euro».

Una soluzione l'ha tirata fuori dal cappello Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredite presidente

dell'Aiscat (l'associazione delle concessionarie autostradali). «L'Anas dovrebbe uscire dalla pubblica

amministrazione e diventare totalmente privata», ha dichiarato. Invito che Pietro Ciucci condivide. Una

domanda però sorge spontanea. Chi la compra?

Foto: Pietro Ciucci

14/09/2010 22Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SANITA' Certificati on line, è scontro tra i medici e Brunetta I camici bianchi: «Siamo in ritardo». Ma per il ministero è tutto ok. Fazio: «Vaccino unico contro l'influenza». Ilpicco arriverà in anticipo MARCO GIOVANNELLI ROMA - In arrivo il vaccino unico contro l'influenza e le sanzioni per i medici che non trasmetteranno on line i

certificati di malattia dei dipendenti pubblici. Il ministro Fazio ha annunciato ieri che il picco influenzale

arriverà quest'anno in anticipo mentre il ministro Brunetta procede sulla strada della semplificazione. La

commissione che sta collaudando il sistema elettronico entro pochissimo tempo dovrebbe dare il via libera e

all'obbligatorietà dei certificati (già attivata) si aggiungeranno le sanzioni che stanno provocando una "guerra"

tra medici di famiglia e ministero dell'Innovazione. «Sulle certificazioni on line sembra di vivere una realtà

virtuale. Da una parte dichiarazioni trionfalistiche e dall'altra, negli studi medici disservizi ritardi, confusione,

malcontento - si legge sul sito della Fimmg di Roma, la federazione dei medici di medicina generale -. Le

veline parlano di grande successo, la realtà parla di ritardi e disservizi nella trasmissione dei certificati, di

blocco completo del sistema il 10 settembre e di gravi disfunzioni negli altri giorni». Il ministero replica con le

cifre. Sono stati trasmessi on line 340.917 certificati di malattia secondo i dati forniti dall'Inps. In particolare

207.717 in Lombardia, fino a scendere a poche decine di migliaia nelle Marche e in Veneto, per finire sotto i

diecimila nel Lazio e concludere ad appena 401 in Molise. «Il sistema funziona e i numeri non possono

essere contestati spiegano dal dipartimento per la digitalizzazione della Pubblica amministrazione -. Oltre l'80

per cento dei italiani di famiglia hanno attivato le credenziali. Le sanzioni saranno applicate al termine del

collaudo che dovrebbe terminare a breve». Come se non bastasse la polemica tra ministero e medici, c'è

anche lo scontro politico. «Il governo sospenda momentaneamente la scadenza del 15 settembre per l'avvio

della riforma che prevede l'invio telematico dei certificati di malattia - chiede Luciana Pedoto, parlamentare

del Pd in commissione Affari sociali -. In questo modo sarebbe possibile verificare con accuratezza la

funzionalità del sistema. Ci sono ancora troppi problemi». Il portavoce del ministro Brunetta però è

irremovibile: «Non ci sarà nessun rinvio». Novità sul fronte dell'influenza e del vaccino. Secondo il ministro

Fazio «il picco di influenza stagionale potrebbe quest'anno arrivare in anticipo, e presentarsi molto prima di

come accade di solito». «Quest'anno il vaccino che verrà messo a disposizione, oltre ai ceppi influenzali degli

anni scorsi comprenderà anche quello dell'H1N1», quello dell'influenza A che nella scorsa stagione era stato

dichiarato "pandemico". Resta insoluto il problema dei vaccini inutilizzati per l'H1N1. se ci sarà davvero quello

unico resteranno ancora nei magazzini delle Asl.

Foto: Una visita medica. Il picco influenzale sarà in anticipo

14/09/2010 8Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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Avezzano Dati personali e pubblica amministrazione Interessante dibattito @BORDERO:#VOLSIL-AVEZ@%@ AVEZZANO Si è tenuto, nella scuola media «Alessandro Vivenza» di

Avezzano, un incontro sul tema: «Normativa della protezione dei dati personali nel contesto della Pubblica

Amministrazione». Il convegno, organizzato dal dirigente scolastico Abramo Frigioni e che rientra nel progetto

a più ampio respiro «Parliamone», ha visto la partecipazione di docenti e personale amministrativo. «In

apertura dei lavori - si legge in un comunicato diffuso al riguardo - il dirigente ha sottolineato l'importanza del

tema e la necessità di conoscere e approfondire le norme che tutelano la privacy per la gestione dei dati

sensibili che riguardano tutti gli utenti della scuola e il personale che opera all'interno dell'istituzione

scolastica». Un argomento quanto mai attuale, quello della privacy e della sua tutela. Affrontato, poi, in un

settore delicato quale appunto può essere quello scolastico. Il prof. Armando Rossini, docente universitario e

formatore sulla gestione e sul management, nel corso del suo intervento, in qualità di relatore, ha evidenziato

la complessità della normativa che regolamenta la materia, estendendo il discorso anche sull'utilizzo dei

nuovi strumenti tecnologici ed informatici. «Al termine della relazione e del dibattito - si legge sempre nel

comunicato - il dirigente della scuola Vivenza ha ringraziato il relatore per la chiarezza dell'esposizione».

Sil.Vol.

14/09/2010 Il Tempo - Abruzzo pe(tiratura:76264)

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Va avanti la collaborazione fra il Cno e la consigliera nazionale di parità Contro le discriminazioni Consulenti in campo per tutelare i lavoratori «Il paese sta affrontando un periodo complicato, ricco di molte opportunità ma anche di molte incertezze; la

collaborazione intrapresa con i consulenti del lavoro è molto importante per poter affrontare i temi e le

problematiche inerenti al complesso mondo del lavoro». Con queste parole la consigliera nazionale di parità,

dottoressa Alessandra Servidori, ha concluso l'incontro con la presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine

dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, e dell'Ancl Sindacato unitario, Francesco Longobardi.

L'occasione è stata utile per discutere delle linee guida per rendere operativo il protocollo di intesa sottoscritto

il 16 giugno scorso dai rappresentanti di categoria, la consigliera di parità e il ministro del lavoro Maurizio

Sacconi.Nella riunione operativa, svoltasi presso la sede del Consiglio nazionale dell'Ordine in Roma, la

dottoressa Servidori ha confermato l'importanza di stabilire una mission per poter poi attuare i principi

presenti nel protocollo. Grazie allo speciale osservatorio del lavoro di cui è dotata la categoria potrà fornire

innanzitutto la consapevolezza dell'essere operativi sul territorio e dare degli input efficaci sulle

professionalità che il mondo del lavoro richiede. «Con questi eccellenti compagni di strada riusciremo

senz'altro a creare un punto d'incontro tra domanda e offerta di lavoro e far sì che realmente tutte le

professionalità possano entrare e rimanere nel mercato del lavoro», ha precisato la dottoressa Servitori. Ma

non solo, durante il confronto è stato ribadito come sicurezza sul lavoro, pari opportunità, formazione

continua siano sempre più i principi da seguire per poter garantire al paese nuova occupazione e

contemporaneamente nuova competitività. Il presidente dell'Ancl Francesco Longobardi si è dichiarato

pienamente soddisfatto per l'incontro, voluto fortemente dal sindacato dei consulenti del lavoro per pianificare

le azioni future ed entrare nel merito delle materie presenti nel protocollo d'intesa. «Dobbiamo saper garantire

dinamicità e pragmatismo per operare quotidianamente sul mercato ed affrontare temi delicati come la nuova

formazione da fornire a lavoratrici e lavoratori ed l'emersione del lavoro sommerso», ha dichiarato

Longobardi. Il primo passo verso la concretizzazione degli obiettivi contenuti nel protocollo sarà

l'insediamento ad ottobre del gruppo tecnico di lavoro composto da rappresentanti del ministero del lavoro e

da componenti degli uffici di presidenza del Consiglio nazionale e dell'Ancl. Anche la presidente Marina

Calderone ha riaffermato che i consulenti del lavoro garantiranno la propria professionalità e conoscenza del

territorio anche in tema di politiche di genere. All'interno del gruppo tecnico verranno affrontati temi molto

delicati come la sicurezza e la salute sul posto di lavoro e la disabilità di genere. «Assieme alla dottoressa

Servidori presidieremo il territorio per promuovere la Carta delle pari opportunità ed i principi in essa

contenuti», è il commento della presidente Calderone. Questi propositi andranno realizzati sia nel mercato del

lavoro privato quanto in quello pubblico. Un sentito apprezzamento è stato fatto dalla consigliera Servitori

affinché anche il settore delle libere professioni realizzi quanto il Consiglio nazionale dell'Ordine ha fatto, cioè

eleggere una donna come massimo rappresentante della categoria. «C'è bisogno di figure come la

presidente Calderone che è certamente un esempio di responsabilità per le giovani professioniste; un

esempio basato sulle competenze. Questo è un orientamento e un punto di riferimento per la realizzazione

delle pari opportunità in tutti i settori». Ulteriori servizi, anche video, sono fruibili su www.consulentidellavoro.it

14/09/2010 33Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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Controllo aria, no Ilva Cosa (Sds): dal gruppo Riva un atteggiamento arrogante • Nuova campagna di monitoraggio dell'aria, ma non per tutti. L'accordo siglato da Regione Puglia e Arpa

esclude l'Ilva, che non ha aderito all'intesa come Eni e Cementir per le note vicende giudiziarie. La cosa ha

suscitato anche reazioni polemiche di natura politica. Ma andiamo per ordine. Il no dell'Ilva è aspetto

essenziale della vicenda che prende le mosse dall'allar me sulle emissioni di benzoapirene, qualche mese fa.

L'Arpa certifica sforamenti per il 2009 e (addirittura in misura maggiore a 1,3 nanogrammi per metro cubo

d'aria) nei primi mesi del 2010; insorgono gli ambientalisti, l'Ilva si difende, il sindaco Ezio Stefàno chiede con

un'ordinanza light al Gruppo Riva di presentare misure per ridurre le emissioni della pericolosa sostanza

inquinante. Alla fine l'Ilva fa ricorso contro l'ordinanza e si finisce davanti al Tar. Il Tribunale amministrativo

regionale ha deciso, pochi giorni fa, di rimandare ogni decisione - c'è anche un ricorso del comitato

referendario «Taranto futura» che si oppone all'azione del Gruppo Riva - a fine mese. La data del 29

settembre, alla luce dell'accordo tra Arpa e Regione sul monitoraggio, dal quale è sclusa l'Ilva ma sono

incluse Eni e Cementir, mostra quanta strada ancora sia da fare. Certo, molto dipenderà dalla decisione del

Tar. Accogliere il ricorso Ilva finirebbe per condizionare tutto il cammino della vicenda benzoapirene.

Respingerlo, forse, ridarebbe fiato alle «colombe», che si contrappongono ai «falchi» dentro lo stabilimento

siderurgico e, fin dallo scorso giugno, quando il sindaco emanò l'ordinanza, indicarono la strada del dialogo e

del confronto come l'unica percorribile. «Esprimo immensa soddisfazione, in merito alla convenzione

sottoscritta tra Regione Puglia ed Arpa Puglia, relativa al monitoraggio in continuo che permetterà,

finalmente, di individuare i diversi inquinanti emessi dal complesso industriale della nostra città». Chi parla è il

consigliere comunale Francesco Cosa di Sds che riserva all'Ilva critiche per la mancata scelta di

«collaborare». «Il monitoraggio - dice Cosa - rappresenta dopo il varo della legge antidiossina un'altra vittoria

verso una vera eco-compatibilità che cambia non solo il corso della storia a Taranto, ma si pone in netta

controtendenza con la politica del passato e soprattutto, tale monitoraggio sarà capace di inchiodare i singoli

stabilimenti Eni, Cementir ed Ilva alle proprie responsabilità. Tale convenzione rappresenta un'altra scelta

forte del governo Vendola, voluta anche e soprattutto dall'Ammini - strazione comunale di Taranto attraverso

il sindaco Stefàno. Sono palesi oramai e sono sotto gli occhi di tutti, gli ottimi risultati che di concerto Comune

e Regione Puglia stanno portando a casa, attraverso una politica sensata che ha cambiato totalmente il

rapporto con la grande industria e che mette al centro la salute dei cittadini tarantini, rispetto ad una politica

passata dove gli interessi privati erano sempre privilegiati rispetto agli interessi che ogni pubblica

amministrazione dovrebbe tutelare e cioè il bene della comunità. Mentre Eni e Cementir hanno collaborato

alla realizzazione della convenzione tra Regione ed Arpa, appare alquanto irritante ed arrogante l'atte

ggiamento non collaborativo dell'Ilva - conclude Cosa - che nonostante sia la prima in assoluto ad inquinare

la nostra città, ha ormai abbandonato qualsivoglia atteggiamento di confronto con gli Enti locali».

13/09/2010 6Pag. La Gazzetta Del Mezzogiorno - Taranto(tiratura:63756)

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LA PROPOSTA DELL'AD SCHLOTER ALL'EX MONOPOLISTA: UNIAMOCI PER PORTARE LA FIBRAOTTICA Fastweb chiama Telecom sulla rete Il top manager di Swisscom avverte: in arrivo un'ondata di applicazioni per servizi video e nuove forme ditelevisione interattiva. Anche se gran parte degli utenti italiani rischia di non poterle utilizzare Stacy Meichtry THE W ALL S TREET J OURNAL Carsten Schloter, designato ad aprile direttore ad interim dell'azienda

italiana di telecomunicazioni Fastweb, sta tentando di sfondare un muro in cui l'azienda ha aperto un varco.

Nell'ultimo decennio Fastweb ha speso 5 miliardi di euro per la realizzazione di una propria rete in fibra ottica

che raggiunge due milioni di abitazioni a Milano, Roma, Torino e altre grandi città italiane. La fibra permette di

trasmettere grandi quantità di traffico Internet molto più velocemente rispetto ai tradizionali cavi in rame,

consentendo a Fastweb di proporre pacchetti che comprendono la linea telefonica, la Tv e il collegamento a

Internet. Fastweb ha attirato i migliori clienti di Telecom Italia, l'ex monopolio di Stato, tra cui imprese e uffici

della pubblica amministrazione, aggiudicandosi oltre il 17% del mercato della banda larga in Italia. Negli ultimi

anni, però, i prezzi dei servizi di banda larga sono crollati, obbligando Fastweb a ridurre gli investimenti sulla

fibra. Per raggiungere i clienti che si trovano al di fuori della sua rete, Fastweb è costretta ad appoggiarsi alle

linee della senescente rete del suo principale rivale, Telecom Italia, le cui linee, però, entrano nelle case degli

italiani in gran parte sotto forma di cavi in rame, inizialmente destinati al traffico telefonico. Ciò impedisce a

Fastweb di offrire servizi potenzialmente più redditizi, come la televisione ad alta definizione. Lo svizzero

Schloter indossa spesso la camicia con il colletto sbottonato, sfidando il codice dell'abbigliamento formale,

basato su giacca e cravatta di seta, seguito dalla maggior parte dei manager italiani. La sua padronanza della

lingua italiana è «pessima», come ammette lui stesso e si è ritrovato a Milano in quanto amministratore

delegato di Swisscom, società azionista di controllo di Fastweb. È stato mandato a Milano ad assumere il

controllo dell'azienda dopo gli avvisi di garanzia emessi dai magistrati romani contro Stefano Parisi, ex

amministratore delegato di Fastweb, e altri dirigenti Fastweb, messi sotto inchiesta per presunta frode fiscale.

«Ci mancano tre pilastri centrali del comitato esecutivo: l'amministratore delegato, il responsabile della

divisione residenziale e il responsabile dell'area aziende. Sarebbe troppo ingenuo dire che l'azienda va avanti

come se loro fossero qui», ha affermato Schloter, negando l'evasione dell'Iva da parte di Fastweb. Sono

passati sei mesi dall'avvio delle indagini e Schloter si augura che presto i magistrati permettano ai manager di

tornare al lavoro. «Più lungo sarà questo incarico ad interim e maggiori saranno i danni prodotti dalle

indagini», ha detto. L'Italia è il fanalino di coda del mercato Internet dell'Europa occidentale. Altri paesi

europei, come la Francia e la Svizzera, hanno già realizzato estese reti in fibra ottica, ma in Italia, terza

economia dell'Eurozona dopo Germania e Francia, è collegato alla banda larga soltanto il 31% delle famiglie,

rispetto alla media europea del 49%. Secondo Net Index, azienda che verifica la velocità media di

connessione a Internet nei diversi paesi, l'Italia è al sessantacinquesimo posto nel mondo, dopo il Ghana e la

Mongolia.A luglio Corrado Calabrò, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), ha

sottolineato che l'e-commerce genera appena il 3,9% del pil italiano, contro la media europea del 5%. «L'Italia

è rimasta indietro», commenta Schloter. «Se l'Asia passa alla fibra, se l'Europa passa alla fibra, ci sarà una

nuova ondata di applicazioni di servizi video, nuove forme di televisione interattiva... ma gli utenti italiani non

saranno in grado di utilizzarle». I costi per la realizzazione delle reti in fibra in zone con minore densità di

popolazione sono troppo elevati per Fastweb da sola e qui nasce la soluzione di Schloter, che propone di

lavorare con la concorrenza, come Vodafone e Wind, per distribuire il peso dell'investimento necessario per

portare la fibra ottica in tutta Italia. Negli ultimi mesi, ad esempio, a Collina Fleming, alle porte di Roma, le

7.400 abitazioni del quartiere sono state collegate a una rete veloce in fibra ottica. Migliaia di cavi sottilissimi

partono a ventaglio da un piccolo ufficio, punto di convergenza delle linee, che sono collegate ai terminali di

proprietà di uno dei tre operatori. Sono i terminali, e non la fibra, a stabilire la velocità e il rendimento dei

14/09/2010 9Pag. MF(diffusione:104189, tiratura:173386)

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collegamenti, perciò i partner continuano a competere tra loro per offrire il servizio migliore. Schloter spera di

applicare il sistema di Collina Fleming su più vasta scala. Fastweb, Wind e Vodafone hanno annunciato di

recente la creazione di una joint venture che nel corso di cinque anni investirà 2,5 miliardi di euro per cablare

15 grandi città italiane, coprendo circa 10 milioni di utenti. Le tre società hanno presentato il progetto nel

corso di incontri con gli organismi di regolamentazione e il governo italiano finalizzati a raggiungere un

accordo di collaborazione per la realizzazione di una nuova rete. Finora Telecom Italia, che controlla la quasi

totalità delle linee telefoniche del paese, ha rifiutato di appoggiare la proposta di una rete comune perché in

Italia la scarsità della domanda non permetterebbe di ammortizzare gli investimenti in fibra ottica. Schloter,

però, è fiducioso e ritiene che alla fine Telecom Italia accetterà di prendere parte all'iniziativa: «Se il treno

parte, non avranno altra scelta che salirci».

Foto: Carsten Schloter

14/09/2010 9Pag. MF(diffusione:104189, tiratura:173386)

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UNIVERSITA

9 articoli

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Atenei. Studio Ue: giù i fondi pubblici Università a caccia di nuove risorse IL NODO FINANZIAMENTI Decleva (Crui): «L'Italia si affida allo stato» Gli altri paesi puntano su entrateeuropee, soggetti privati e filantropia Cristina Casadei

Per gli atenei di tutta Europa è arrivato il momento di imprimere una forte accelerazione nella diversificazione

delle entrate. Quasi i tre quarti, il 73% circa, dei budget arrivano infatti da fondi pubblici. L'Italia, però, in molti

casi è al di sotto della media e «diversi atenei, soprattutto al centro nord, ricevono anche una quota di

finanziamenti intorno al 67-68%», osserva il presidente della Crui, Enrico Decleva.

La quota, in media molto elevata, non sarebbe allarmante se i governi di quasi tutti i paesi non avessero

annunciato tagli che Thomas Estermann, responsabile dell'unità governance, fondi e autonomia

dell'Associazione europea delle università (Eua), ha analizzato e confrontato, arrivando a concludere che i

tagli maggiori interessano Lituania, Italia e Grecia. Tagli tra il 5 e il 10% il Uk, Estonia, Irlanda, Lituania e

Romania. Tagli fino al 5% Repubblica Ceca, Polonia, Croazia, Serbia. Nessun taglio invece in Norvegia,

Svezia, Finlandia, Danimarca, Olanda, Svizzera. Ungheria, Austria e Belgio scartano ipotesi di un ulteriore

impegno, Francia e Germania le confermano.

Sono i primi risultati di uno studio su 150 università di 27 paesi che è stato presentato ieri a Bologna nel

corso della Conferenza sulla sostenibilità finanziaria degli atenei europei. Il messaggio che arriva dal dibattito

di analisti e rettori è che la sostenibilità finanziaria deriverà sempre più dalla diversificazione delle entrate. In

questo alcuni paesi, come il Regno Unito, sono molto avanti, altri, come l'Italia meno. Anche se sono stati

progressi. «È aumentato e si cerca di aumentare il numero di contratti e incarichi su convenzione con enti e

società, sono cresciuti i rapporti di collaborazione con le fondazioni e i finanziamenti dei progetti, ma c'è

ancora una forte debolezza nel fundraising», elenca Decleva. Insomma c'è attenzione all'esterno ma «non

sono queste fonti di finanziamento che possono servire per attivare posizioni di assegnisti e ricercatori. I fondi

diversi da quelli pubblici non possono surrogare le spese per il personale che rimangono a carico dello stato

perché l'università è pubblica», osserva il presidente della Crui.

Per gli atenei europei le aspettative di crescita dei fondi sono riposte in istituzioni e strumenti diversi: il

74,07% si aspetta che crescano i fondi dell'unione europea, il 67,31% la filantropia degli ex alumni, il 65% da

contratti con i privati, il 62,82% dalle tasse degli studenti stranieri, il 61,25% dalla formazione continua, il

56,92% dalla filantropia delle fondazioni. In Italia, invece, le aspettative e le attese riguardano i finanziamenti

pubblici e c'è molta attesa per vedere «se ci sarà una parziale riconsiderazione dell'atteggiamento dello stato

verso la ricerca e l'università e quanto del taglio previsto dalla manovra del 2008 sul 2011 verrà mantenuto»,

dice Decleva.

Le università considerano alte le potenzialità derivanti dai fondi europei, ma sono scoraggiate dall'eccessiva

complessità burocratica. Decleva conferma che «i percorsi sono complessi, però al tempo stesso molte

università si sono dotate di strutture che cercano di mettere i ricercatori nelle condizioni di raggiungere gli

obiettivi e presentare progetti in linea con gli standard richiesti. C'è stato un miglioramento delle capacità di

farsi valere dei nostri atenei».

Certo non sono nei primi 50 nei ranking internazionali, ma «sarebbe sorprendente che lo fossero rispetto alle

condizioni operative delle nostre università - dice Decleva -. Quelle che sono più avanti nelle classifiche sono

generaliste, hanno 60-70 mila studenti, pochi docenti. Alcune, come Harvard sono vere e proprie scuole di

dottorato con poche migliaia di studenti e un numero doppio di docenti. Il livello dei finanziamenti poi fa il

resto. Però anche l'Italia se cambiasse atteggiamento verso l'università potrebbe competere con i primi dei

ranking internazionali».

14/09/2010 21Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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UNIVERSITA - Rassegna Stampa 14/09/2010 34

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14/09/2010 21Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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UNIVERSITA - Rassegna Stampa 14/09/2010 35

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Daniela Boresi Ricerca, tanti soldi sui progetti veneti Il vero botto l'ha fatto un giovane ricercatore padovano: 1 milione e mezzo di euro dalla Commissione

europea. Gli Atenei del Nordest non hanno recente memoria di finanziamenti così cospicui. Fabrizio Mancin,

ricercatore a Scienze matematiche e fisiche dell'Università di Padova è stato l'apripista di una stagione florida

per la ricerca: in poco meno di un mese i centri nel Veneto hanno messo a segno un bel po' di riconoscimenti.

Mancin grazie all'Erc Starting Grants (finanziamento per poter iniziare una carriera indipendente), svolgerà le

sue ricerche nell'ambito della Chimica, mentre grazie ai fondi del Ministero della Salute sei centri veneti che si

occupano di cellule staminali e di malattie rare, potranno portare avanti dei progetti in ambito di una ricerca

notoriamente poco finanziata. Ma non è solo questo l'aspetto importante di questi finanziamenti che, per la

prima volta, piovono così cospicui su centri di ricerca del Nord, come Padova, Verona e Rovigo. Il percorso

ha una sua precisa chiave di lettura, come con una punta polemica sottolinea anche il preside della Facoltà di

Medicina di Padova, Giorgio Palù. «Sarà anche un caso, ma da quando il ministro Fazio con molta

lungimiranza ha iniziato ad utilizzare per la valutazione dei progetti da finanziare parametri americani,

consolidati e precisi che non aprono spazio alle interpretazioni, la tendenza si è invertita e i soldi hanno

iniziato ad arrivare ai centri del Nord Italia e soprattutto agli Irccs che oltre alla cura hanno anche una ottima

attività di ricerca di base». E i risultati in effetti sono evidenti: due dei sei progetti vincitori si sono piazzati tra il

terzo e il quinto posto a livello nazionale. Mentre una blasonata università del Centro, abituata a portarsi a

casa un ricco bottino, su 900 progetti genericamente presentati ha visto il primo dei suoi piazzarsi al

450esimo posto. «La ricerca è sempre in affanno di finanziamenti - sottolinea Palù - Certo che si è iniziato un

trend diverso, anche grazie al dialogo tra Miur e Ministero della Salute che stanno iniziando a portare avanti

un tavolo comune e di assoluta trasparenza». Gli fa eco il direttore generale dell'Azienda di Padova Adriano

Cestrone: «Noi puntiamo molto a finanziamenti europei: ne abbiano avuti due da 10 milioni di euro. E quando

arrivano permettono di fare cose importanti. Ma anche quelli piccoli servono, per dare spazio ai giovani e

perché rappresentano un riconoscimento al buon lavoro». Forse la maggiore "anomalia" di questi

finanziamenti è legata alla presenza tra i sei centri di un gruppo di lavoro di Rovigo, piccola Asl di 178mila

abitanti, più abituata alla cura che al microscopio. «Non è un percorso nato a caso, lo abbiamo studiato da

tempo. - spiega il direttore generale Adriano Marcolongo - Il finanziamento è stato dato perché il gruppo di

Trecenta che studia le cellule per la ricostruzione della trachea si rapporta bene con i centri stranieri e ha

presentato risultati eccellenti. Tutto è legato a scelte strategiche che hanno puntato allo sviluppo di alcuni

settori, come l'attività laboratoristica moderna, questo ci ha portato ad esempio verso le terapie

personalizzate. Abbiamo chiesto finanziamenti alla Fondazione Cassa di Risparmio, che ci ha aiutato, e

abbiamo avuto un concorso di interessi con Università di Padova». Una scelta che ha condotto la piccola Asl

di Rovigo e l'ancora più piccolo polo di Trecenta, a condurre studi sulla rigenerazione dell'osso piatto e del

miocardico, sempre con l'Università di Padova. Ma soprattutto che hanno portato il dottorato di medicina

generativa, che è Interfacoltà, a Trecenta. © riproduzione riservata

14/09/2010 17Pag. Il Gazzettino - Ed. nazionale(tiratura:114104)

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L'intervista De Mauro: «Servono più diplomati, l'eccessivo rigore non porta lontano» L'ex ministro e linguista: i problemi vengono da lontano, sbagliato buttare la croce addosso solo a Mariastella Daniela Limoncelli «Ma non è solo colpa del ministro Gelmini». Per Tullio De Mauro, ex ministro dell'Istruzione, tra i grandi della

lingua italiana, studioso famoso in ogni parte del globo, non si può scaricare sulle spalle dell'attuale ministro

dell'Istruzione tutto quel che non va nella scuola. E il professore, come è nel suo stile, non si fa scrupolo di

bacchettare l'intera «classe politica» che ha lasciato, e lascia, accumulare quei ritardi all'origine dei problemi

che danno sempre più filo da torcere al nostro pianeta-istruzione «una storia di decenni non di una stagione».

Professore, riapre la scuola al suono delle proteste: sit in e scioperi della fame dei precari, flash mob degli

studenti, meno risorse, meno docenti, classi affollate, presidi divisi perfino tra sette istituti... «Avremo classi

debordanti di alunni, pochi insegnanti e pochi presidi. Ma sono anni che non si fanno concorsi nelle scuole

per coprire i posti vacanti e che i concorsi per presidi sono ritardati: scontiamo quest'anno, come in quelli

passati, il ritardo con il quale ci rendiamo conto - ma forse sarebbe meglio dire "non ci rendiamo conto" -

dell'impegno intellettuale, civile, finanziario che richiede una scuola adeguata al Paese. Ma se le cose non

vanno, non è tutta responsabilità del ministro Gelmini». Che fa professore, difende il ministro? «Non ho

motivo di difendere la Gelmini, ma io credo che se la scuola non va, lei ne ha responsabilità solo in minima

parte. Maggiori sono, invece, le responsabilità del governo attuale e in gran parte investono tutta la classe

politica italiana che se avesse realmente a cuore il problema del funzionamento del mondo della scuola, dell'

università e della ricerca, si darebbe da fare per riorganizzare il bilancio pubblico in funzione di un progetto

complessivo di sviluppo sia culturale che civile». «Manca, insomma, quella coscienza politica, ma anche

civile, che spinge l'Italia agli ultimi posti delle classifiche Ocse sull'istruzione con il 4,5% del pii speso nelle

istituzioni scolastiche contro una media del 5,7%? «Se vengono lesinati i fondi per gli edifici scolastici, lasciati

andare in rovina, o perfino per la carta igienica - per non dire altro - se i precari sono senza una sistemazione,

la responsabilità va ricercata in una nostra lunga disattenzione verso i problemi della scuola. Sia i politici che

gli intellettuali si accorgono dei problemi della scuola soltanto quando crolla un soffitto o quando un ragazzino

stupra la compagna di classe. Il tentativo di capire e approfondire è ristretto a pochi che, purtroppo, non

contano nulla». Si parte con la riforma Gelmini nel segno del rigore con il rischio bocciatura per un 5 in

condotta come per 50 assenze... «Cacciare via gli studenti dalle scuole, un eccessivo rigore non porta

lontano. L'Italia avrebbe bisogno del doppio dei diplomati, del doppio dei laureati: questo non significa che gli

asini devono restare a scuola, ma semplicemente che va ripensato l'intero sistema». Ma come vede quel

«Sole delle Alpi», simbolo celtico, che la Lega fa splendere su tetti e vetrate di un plesso scolastico nella

provincia bresciana? «Sono sciocchezze marginali, certo da non sottovalutare. Ma è chiaro che la Lega in

questo modo vuole tenere fermo, o meglio rafforzare, il suo elettorato anche in vista delle politiche che si

scorgono all'orizzonte». Desta preoccupazione anche il caso dell'elementare romana con tutti gli alunni

stranieri... «Di questi casi ne avremo sempre di più. Lo dicono del resto anche i demografi che i figli degli

stranieri sono in aumento nel nostro Paese. Ma è un problema del governo offrire e garantire quelle

condizioni necessarie a evitare scuole-ghetto».

Foto: L'ex ministro II professore Tullio De Mauro

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La riapertura La scuola parte tra le proteste Gelmini: ma ci sono ogni anno «I simboli leghisti ad Adro? La sinistra nelle aule ne ha tanti» Alessandra Migliozzi ROMA. Il governo ha predisposto la riforma delle superiori, ma ora sta ai docenti «raccogliere la sfida di

applicarla e di collaborare per rendere la scuola un'istituzione d'eccellenza e per restituire a questa realtà la

giusta considerazione ed il giusto valore». Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini ieri ha deciso di

inaugurare il nuovo anno scolastico al Policlinico Gemelli di Roma, il primo ad avere attivato, negli anni

Settanta, le classi in ospedale. Mentre fuori impazzavano polemiche, proteste e flash mob (iniziative lampo) il

ministro ha inviato i suoi auguri per un «buon inizio» al mondo scolastico da una sala del nosocomio romano

e da qui si è rivolta soprattutto agli insegnanti chiedendogli sostanzialmente di collaborare all'applicazione

delle nuove norme. Il ministro ha poi garantito che l'anno parte in modo «regolare», sono state fatte, assicura,

«assunzioni e supplenze». Mentre sui precari non si ripete, «quel che avevo da dire l'ho detto», è la sua

sintesi. «Li assorbiremo in 7-8 anni- ha aggiunto-, ma lasceremo delle finestre per inserire i giovani eccellenti

che si laureeranno e abiliteranno all'insegnamento con i nuovi percorsi». Le proteste? «Mai visto un anno

cominciare senza- ha tagliato corto il ministro-, ma quest'anno vogliamo mettere al centro gli interessi degli

studenti e non gli interessi corporativi». Anche per questo la scelta di un ospedale per avviare l'anno. In Italia

sono 195 le sezioni presenti in strutture che ospitano bambini malati, oltre settecento i docenti coinvolti,

presenti soprattutto nel Lazio e in Lombardia. Soltanto nell'ultimo anno oltre 78mila bambini hanno potuto

continuare a studiare nonostante fossero chiusi fra le quattro pareri di una stanza ospedaliere. Fra questi

anche Angelo, undici anni, giovanissimo paziente leucemico di origini cinesi, che ha ricevuto una borsa di

studio come premio per la sua poesia sulla malattia in cui scrive «Questa notte non sarà infinita, un raggio di

sole brillerà». Forse lo stesso pensiero lo stanno facendo anche i precari che ormai da metà agosto

protestano sonoramente contro i tagli del ministero che hanno lasciato a piedi, senza un contratto di lavoro,

circa Minila degli iscritti nelle graduatorie. Ieri le prime campanelle hanno suonato sullo sfondo di polemiche

accesissime. ATemi alcuni precari si sono incatenati ad una fontana, a Padova studenti e genitori hanno

indossato un fiocco giallo per protesta. Davanti a molte scuole sono andati in scena volantinaggi e sit-in. I

ragazzi della Rete degli studenti medi, invece, si sono presentati nei loro istituti a Palermo, Lecce, Bari,

Roma, Firenze, Milano, Genova, Trieste e in tante altre città con dei cascherò' giallo da lavoro per

«difenderci- hanno spiegato- dalle macerie che sono state prodotte dal ministro dell'Istruzione Mariastella

Gelmini e dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ma anche per ricordare che l'edilizia scolastica è un

disastro». Altri studenti hanno partecipato al sit-in pomeridiano sotto al ministero dell'Istruzione vestiti da

fantasmi: «La Gelmini non ci vede- hanno spiegato ai cronisti- per lei noi non esistiamo». L'Unione degli

studenti ha organizzato mini-proteste in tantissime città. E per l'8 ottobre è già prevista una manifestazione

nazionale studentesca. Mentre i grandi pensano allo sciopero generale. Ieri i Cobas prospettavano una data

compresa tra il 9 e il 15 ottobre prossimi. La Flc Cgil invece denuncia una «grave anomalia»: in pratica i nuovi

programmi delle scuole della riforma non sono mai stati pubblicati in un atto ufficiale. Per il sindacato,

dunque, sono "illegittimi", non hanno una base normativa. Si annunciano battaglie, anche a colpi di carte

bollate. La Cisl commenta le proteste e parla di «disagio ampiamente prevedibile». Non è finita qui.

Continuano le polemiche anche sulla scuola di Adro dove compare ovunque il simbolo del Sole delle Alpi,

molto caro alla Lega. Il ministro, che prima aveva apertamente polemizzato con questa scelta, ora invita a

criticare anche quei casi «in cui sono simboli della sinistra a entrare in classe». Il Pd ha rispedito al mittente

l'accusa: «Mai il simbolo di un partito è stato stampato sui mattoni e in ogni oggetto dell'arredo scolastico: ».

Foto: La protesta La manifestazione dei precari, degli studenti e dei professori sotto il ministero dell'Istruzione

a Roma. A sinistra, il ministro Gelmini

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Foto: La riforma Sindacati in campo. Denunciano che i nuovi programmi dei licei sono «illegittimi» inquanto

non sono mai stati pubblicati in nessun atto ufficiale

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IL SUICIDIO DEGLI ATENEI Innovazione, formazione, competitività: temi, perfettamente bipartizan, parole che fanno sempre bella figura

negli interventi politici e nei programmi elettorali. Spulciando i giornali degli ultimi vent'anni le troviamo tutte,

utilizzate in ogni possibile occasione, con particolare attenzione a convegni con partecipanti importanti per

finire dimenticate ad elezioni chiuse o immiserite in aborti indecorosi giustificati da contingenze economiche e

crisi varie sempre valide per questo tipo di problemi ma sormontabili in altri casi di maggiore interesse per i

politici.

È solo colpa dello scarso livello d'attenzione di costoro se siamo arrivati a condizioni pesanti per le Università

Italiane? Onestamente no; il peso va equamente ripartito sull'altra categoria corresponsabile del livello basso

nel quale, in media, i nostri atenei si dibattono salvo pochissime isole felici: il corpo docente e, in primis,

quello dei professori ordinari, i baroni.

Come in ogni categoria, ce n'è di ogni tipo, da quelli estremamente seri e qualificati ad altri che fa difficoltà

capacitarsi possano ricoprire il posto che hanno. Pur se è difficile generalizzare, è più facile trovare buoni

livelli nelle facoltà scientifiche perché la competizione è internazionale e la selezione, in genere, è seria.

Meno facile è trovare, sempre in media, analoghe qualità nelle facoltà umanistiche che sono spesso

autoreferenziali e raramente si rapportano e competono con contesti internazionali. D'altronde, fatti salvi

pochi specifici casi, i risultati ufficiali delle valutazioni internazionali degli atenei, quali che siano i parametri

considerati, non vedono il nostro Paese brillare, anzi.

Quali le cause? Molte, figlie di un passato che nessuno vuole veder morire né tanto meno cambiare. Tutti gli

universitari, soprattutto nelle posizioni apicali, parlano di efficienza, di voglia di miglioramento, di attenzione al

mercato e via discorrendo col bagaglio stantio dei luoghi comuni classici sul tema. Nei fatti c'è qualcuno che

si muove non dico con coraggio, ma almeno con concretezza? La risposta non è positiva.

Oggi, come sempre, si alza un coro greco di dolore sui tagli al fondo di funzionamento degli atenei, ridotto

pesantemente dal bieco Ministro delle Finanze e non difeso a sufficienza da quello dell'Istruzione. Fin qui, in

termini puramente ragionieristici il fatto è vero, ma c'è stato un cane che abbia fatto un'analisi di coscienza?

Si è sentito qualcuno chiedersi se i costi del suo ateneo fossero tutti giustificati? Qualcuno si è chiesto se le

migliaia di corsi fantasma con due o tre studenti avessero un senso e, soprattutto, fossero utili ai ragazzi e

non piuttosto a chi li svolgeva? Un silenzio assordante cala su questi temi. Dov'erano i Rettori italiani prima?

Perché hanno favorito lo sconsiderato sviluppo di corsi e corsucoli dai titoli più disparati, la polverizzazione di

sedi staccate o la creazione di nuove? Ha più sedi universitarie l'Italia in proporzione che non gli USA, ma il

confronto si inverte se consideriamo i premi Nobel ricevuti o qualunque tipo di riconoscimento accademico

internazionale.

Oggi scioperano i precari della scuola contro la riforma Gemini; aspettiamoci lo stesso appena il Parlamento

approverà la legge di riforma delle Università. La casta reagirà urlando all'attentato alla libertà

dell'insegnamento e bubole consimili, ma non troveremo mai un Rettore che abbia avuto il coraggio di

sanzionare docenti che dimostrassero scarsa o nulla capacità didattica o di ricerca. Ad oggi solo quello della

Sapienza ha avuto il coraggio di affermare che oltre il 10 per cento dei docenti non faceva assolutamente

nulla se non prendere lo stipendio al 27 del mese anche se poi all'affermazione non è, purtroppo, seguita

un'azione conseguente. Non si è sentita nessun'altra voce in merito, quasi che l'unica Università non virtuosa

fosse quella mentre nelle altre tutto andava a meraviglia. Il mito del posto fisso e della sua intoccabilità, così

caro ai nostri sindacati, ha prodotto dei danni che cominciamo a pagare da tempo ma che si riverseranno

sulle prossime generazioni rese, questa volta si, veramente non competitive in un mercato sempre più

globale.

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Ma una soluzione ci sarebbe nemmeno dover senza cacciare chi non lavora; basterebbe trasferirlo d'ufficio

ad altre amministrazione, magari a contatto col pubblico in un ufficio: un guadagno netto per l'ateneo e un

forte incentivo a lavorare seriamente garantendo qualità di insegnamento e capacità di ricerca a livelli

effettivamente competitivi per chi resta.

E per finire il sogno: attuare una rivoluzione culturale che spazzerebbe il campo dalle mediocrità riducendo il

numero degli atenei proiettandoli alle vette delle graduatorie mondiali; fare come già si fa nei Paesi più

avanzati, e non solo del G20: abolire il valore legale del titolo di studio. Il mercato del lavoro sceglierebbe le

persone per quello che sanno e sanno fare e non per l'etichetta che portano.

Chissà se il sogno si avvererà; io resterò a sperare fino alla pensione, ed oltre, per i miei figli.

14/09/2010 Il Tempo - Ed. nazionale(tiratura:76264)

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Domani la visita guidata nelle sei facoltà dell'Ateneo viterbese: quasi trecento ragazzi in tour per le strutturedel polo L' Università apre le porte ai giovani TusciaIl Rettore Mancini: «Una buona istituzione pubblica, iscrizioni in aumento» @BORDERO:#CHEWAN-VITE@%@Wanda Cherubini

Domani l'Università della Tuscia aprirà le sue porte per una visita guidata a tutti gli studenti interessati alle

sei facoltà dell'ateneo viterbese. «La nostra università si conferma come istituzione pubblica che funziona

bene» ha esordito il Rettore Mancini (nella foto) che ha poi snocciolato alcune cifre.

«Sono 1045 i candidati studenti che stanno effettuando i nostri test: un numero questo che è pari a più dei 2/3

di studenti che avevamo a fine dicembre dello scorso anno (1300). Questo è già un ottimo segnale». Altro

dato positivo quello delle iscrizioni. «Ad oggi il numero degli iscritti - prosegue il Rettore - è superiore di circa

una ventina di unità (91 contro i 78 dello scorso anno), a significare che le nostre iscrizioni stanno

crescendo». Sull'offerta formativa Mancini poi afferma: «La nostra offerta resta confermata anche nei poli

distaccati, anzi stiamo lavorando affinché possa ampliarsi. Contiamo anche di semplificarla e migliorarla alla

luce dei nuovi requisiti: oggi, infatti, il Ministro firmerà un decreto con ulteriori restrizioni sull'offerta formativa.

Affrontiamo poi l'incognita del varo della riforma Gelmini sull'università che dovrebbe passare alla Camera il

10-15 ottobre. Questa università è anche avviata con il 2011 ad una drastica semplificazione dei centri di

spesa, che da 19 dipartimenti dovranno essere dimezzati». Infine, Mancini ha ringraziato le segreterie

studenti per il lavoro pubblico di front office e quello nascosto di elaborazione dei dati, che oggi saranno

inviati al Ministero per la ripartizione dei finanziamenti ordinari di quest'anno ed ha sottolineato l'importanza

delle Adisu. È spettato, quindi, al direttore amministrativo Cucullo illustrare la giornata di domani, frutto del

lavoro di un anno, prendendo contatti anche con le scuole superiori di Terni, Frosinone e Latina ai cui

studenti l'ateneo ha inviato 4470 cartoline. «I ragazzi - ha detto Cucullo - in tutto 271, a cui si devono

aggiungere i 647 studenti che hanno già sostenuto i test di ingresso ed i 398 che si sono già prenotati per

sostenere i prossimi test, saranno accolti intorno alle 8.30 presso l'Auditorium del Rettorato per poi essere

indirizzati con i pullman verso le singole facoltà».

(Foto Gi. Lu.)

14/09/2010 Il Tempo - Lazio nord(tiratura:76264)

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IL PUNTO L'Urss nelle università è una rendita inaccettabile Giulio Tremonti, da ministro dell'economia e professore universitario, non ha utilizzato mezzi termini per

descrivere la situazione delle università italiane: le ha paragonate alla vecchia Unione Sovietica. Quel paese

nel quale una ristretta élite godeva di ogni piacere, mentre alla massa spettava mangiare la solita minestra.

Molto riscaldata e solitamente sciapa e poco gradevole. I rettori delle università italiane sono un vero centro

di conservazione di un modello di spesa pubblica insostenibile nel mondo globale di oggi. Difendono gli

interessi di un solo stakeholder: i dipendenti stabili delle stesse università, in eccesso, poco misurati nella loro

produttività e ricchi di privilegi. Che si tratti di professori, ricercatori o personale amministrativo, la spesa

universitaria è al servizio dei loro specifici interessi, non di quelli degli studenti, delle imprese che la

finanziano con le tasse o dei cittadini. Come nella vecchia Urss, sono refrattari ad ogni riforma. La perestroika

la vogliono, anzi spesso la sollecitano, per gli altri settori della società, mai per le loro organizzazioni. È un

gioco che viene fatto sulla pelle delle generazioni future. Per i risultati prodotti negli ultimi decenni, che

vedono le università italiane in arretramento in ogni classifica internazionale, avrebbero dovuto avere il ben

servito da tempo. Invece restano arroccati nella loro posizione di privilegio: uno stipendio pagato dalle

imposte che raramente è parametrato a quanto effettivamente prodotto. Spesa pubblica finanziata da imposte

messe a disposizione di una meritocrazia «territoriale e parentale», come molte inchieste hanno dimostrato,

invece che essere finalizzata alla competitività del sistema paese. Una spesa pubblica senza alcuna

accountability, cioè responsabilità per quanto effettivamente prodotto. Fa bene Tremonti ad attaccare senza

peli sulla lingua, perché il welfare universitario è il meno difendibile tra quelli prodotti dal Bel Paese. Chiunque

abbia avuto un contratto di insegnamento, come chi scrive, in un'università italiana, sa bene che una classe

dirigente sensibile avrebbe dovuto, da molto tempo, essa stessa, chiedere una rivoluzione totale del sistema,

dove non c'è più una risorsa disponibile tranne quelle per pagare gli stipendi di chi è in ruolo. È una agonia

giocata tutta sulle opportunità dei giovani. Che meriterebbero di studiare e sognare in aule non terzomondiste

o in biblioteche e aule informatiche aperte anche la notte o il fine settimana. Avrebbero il diritto di poter

studiare in condizioni equivalenti a quelle dei loro colleghi internazionali, invece di subire cattedre «inventate»

dalla burocrazia universitaria. Altrimenti quando mai potranno nascere i Jobs o i Gates italiani?

14/09/2010 2Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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Stanziati 10 milioni e assunti 350 nuovi insegnanti Istruzione, Piemonte all'avanguardia in Europa PAOLO BASSI Realtà differenti, problemi differenti che solo con il federalismo possono essere risolti. Il vecchio slogan

elettorale della Lega si attaglia a pennello all'operazione compiuta dal governatore piemontese, Roberto Cota

a sostegno dell'istruzione nella sua regione. Un intervento che si articola su tre filoni principali: salvare gli

istituti dei piccoli paesi di montagna, risolvere le criticità di quelli delle grandi aree urbane e sostenere

l'insegnamento di sostegno per i bimbi diversamente abili. I fondi impiegati sono di tutto rilievo, soprattutto

alla luce del periodo di crisi. L'esponente del Carroccio ieri ha scelto di inaugurare il nuovo anno scolastico ad

Armeno, nel Novarese, proprio in uno di quei piccoli borghi che intente tutelare. Ad accompagnarlo,

l'assessore al l'Istruzione, Alb erto Cirio e e il direttore dell'Ufficio scolastico regionale, Francesco de Sanctis.

A margine della cerimonia, che ha visto la partecipazione di oltre cento alunni della primaria e di tutto il corpo

docente, il presidente subalpino ha spiegato, numeri alla mano, come sono stati utilizzati i fondi regionali a

sostegno della scuola piemontese. «Abbiamo scelto di inaugurare l'anno in questa piccola scuola di

montagna ha illustrato - perché crediamo sia importante sottolineare che il Piemonte è fatto di territori diversi

e non ne ce n'è uno che meriti più attenzione di un altro. Le scuole di montagna, così come quelle dei piccoli

comuni, sono una risorsa preziosa per la nostra comunità e la Regione si è impegnata, con risorse proprie, a

tutelarle», ha proseguito il governatore piemontese ricordando che con i 10 milioni stanziati con il piano

straordinario per l'occupazione, «verranno assunti 350 persone in più, a supporto del nostro sistema

scolastico. Inoltre ha aggiunto - ogni due bambini portatori di handicap avranno un insegnante di sostegno

dedicato, con un rapporto di uno a due che ci rende una delle regioni più virtuose non solo in Italia, ma anche

in Europa». In particolare, con 8,2 mln dei 10 stanziati, prenderanno servizio nei prossimi giorni fino a giugno

100 docenti generici , 73 collaboratori scolastici, 30 tra assistenti amministrativi e tecnici e 94 insegnanti di

sostegno. A questi numeri si aggiunge un margine di almeno altre 47 assunzioni, per affrontare eventuali

nuove criticità durante l'anno. Altri 800mila euro verranno investiti su iniziative sperimentali volte, come

previsto dall'art. 9 della riforma Gelmini, al superamento dell'insuccesso scolastico dovuto a particolari

situazioni di disagio. Infine, un milione di euro sarà destinato al sostegno delle cooperative sociali di tipo B

operanti in ambito scolastico, a cui si aggiungeranno 500 mila euro stanziati dal Consiglio Regionale e

1.250.000 euro individuati nel fond o s o c i a l e e u r o p e o dall'assessorato regionale all'Istruzione. Più in

generale sulla nuova riforma impostata dal ministro Mariastella Gelmini, Cota ha espresso un parere

sostanzialmente favorevole «perché mira a stabilire un rapporto più stretto fra formazione e mondo del

lavoro» pur non nascondendo che esistono ancora dei margini di miglioramento. Per fare un ulteriore salto di

qualità, la soluzione, anche in questo caso, passa attraverso il federalismo. «Decentrando alle Regioni

l'organizzazione scolastica - ha evidenziato il segretario nazionale della Lega Nord subalpina - si riesce a

costruire un rapporto più stretto con il territorio, perché nessuno meglio di questo Ente sa dove e come

bisogna intervenire. Io - ha concluso - con il piano realizzato in Piemonte ho portato a termine un intervento

puramente di supporto. Se potessi gestire direttamente l'intero settore potrei organizzare una Scuola che è

più confacente a quelle che sono le realtà della domanda e dell'of ferta».

Foto: Roberto Cota con l'assessore all'Istruzione, Alberto Cirio e il direttore dell'Ufficio scolastico regionale,

Francesco de Sanctis all'inaugurazione dell'anno scolastico ad Armeno nel Novarese

Foto: Cota inaugura l'anno in un piccolo Paese di montagna: «Vogliamo salvaguardare queste realtà con lo

stesso impegno che stiamo mettendo per risolvere le criticità degli istituti nei grandi centri urbani. La riforma

Gelmini? Un passo in avanti, ma con più Federalismo si potrebbe fare un ulteriore salto di qualità»

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14/09/2010 2Pag. La Padania(tiratura:70000)

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Tutta l'Italia contro la riforma APERTURA DELL'ANNO ALL'INSEGNA DELLE PROTESTE: INSIEME PRECARI, DOCENTI E STUDENTI Caterina Perniconi Grembiuli, fiocchi, zaini. E molte proteste. L'anno scolastico si è aperto ieri con un allarme che percorre l'Italia

da nord a sud: la scuola è ridotta a pezzi, e con lei insegnanti e studenti. Il ministro dell'Istruzione, Mariastella

Gelmini, è riuscita a mettere d'accordo tutti: i primi provati dal caos cattedre e dalla mancanza di fondi che

costringe 150 mila di loro a restare precari. I secondi costretti a studiare in classi super affollate senza punti di

riferimento stabili e senza strumenti. ASSEDIO AL MINISTERO. Il dicastero dell'Istruzione è stato preso

d'assalto ieri in diversi momenti della giornata. La mattina una delegazione dell'Italia dei valori guidata da

Antonio Di Pietro e Stefano Pedica ha occupato simbolicamente le scale del ministero per chiedere alla

Gelmini "di rimettere sul tavolo gli 8 miliardi tagliati alla scuola dal Governo Berlusconi così da consentire a

decine di migliaia di insegnanti precari che si trovano in mezzo ad una strada di tornare a l avo ra re ". Nel

primo pomeriggio, invece, insegnanti senza cattedra e studenti decisi a difendere la scuola hanno protestato

bloccando il traffico a viale Trastevere. DAVANTI ALLE SCUOLE Nel frattempo migliaia di ragazzi si sono

presentati davanti alle scuole con i caschetti gialli da lavoro, "simbolo delle macerie che Gelmini e Tremonti

hanno lasciato dopo aver demolito la scuola pubblica". FERMATI AL GEMELLI Un'altra contestazione è

avvenuta davanti al Policlinico Gemelli dove il ministro Gelmini ha visitato i piccoli degenti per aprire l'anno

scolastico. "Non ricordo un anno che non sia stato accompagnato da una serie di polemiche e proteste" ha

detto il ministro. Ma questo è diverso dagli altri. Il taglio di 8 miliardi alla scuola sta producendo effetti

devastanti. E gli esponenti di Sinistra Ecologia e Libertà che volevano regalare un libro di don Milani al

ministro, sono stati fermati dalle forze dell'ordine che hanno sequestrato alcune locandine raffiguranti il

sacerdote fiorentino. "Evidentemente - ha detto il coordinatore di Sel, Claudio Fava - il ministro Gelmini ha

paura di chi protesta, di chi pensa, di chi vuole studiare, di chi vuole insegnare". PRECARI INCATENATI. Ier i

pomeriggio, a Terni, un centinaio di precari e docenti di ruolo della scuole della provincia si sono radunati

intorno alla fontana di piazza Tacito e si sono incatenati. TUTTI IN PIAZZA A Torino, presidio dei precari in

piazza Castello sotto gli uffici della Regione. Si protrarrà per tutta la settimana e gli insegnanti terranno lezioni

pubbliche sulle materie di competenza. Mercoledì i precari chiederanno ai sindacati "cosa pensate di fare per

noi?". DRAMMA ABRUZZO I precari dell'Aquila, devastata dal sisma, definiscono la provincia "la più colpita

dai tagli della riforma Gelmini". Si parla di 1.033 iscrizioni in meno e almeno 700 sono studenti aquilani

costretti a trasferirsi altrove. FIOCCHI GIALLI A Padova studenti e docenti sono andati a scuola con un fiocco

giallo. Negli ultimi due anni la provincia ha avuto 3.600 alunni in più, mentre sono andate perse 31 classi e

440 insegnanti. Eppure per il ministro, è un anno uguale a tutti gli altri. La manifestazione davanti al ministero

dell'Istruzione

14/09/2010 6Pag. Il Fatto Quotidiano - Ed. nazionale(tiratura:100000)

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