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PROGRAMMA DEL CORSO DI
CHIMICA FISICA 1 CON LABORATORIO
a.a. 2012-2013
NOTA durante lo svolgimento del corso, sulla base di criteri
di
opportunita, potrei apportare qualche modifica al programma,
che
sara mia cura tenere aggiornato in questo documento. Per cui,
la
versione definitiva di questo documento sara quella presente
alla fine
del corso
Testo seguito:
Peter Atkins, Julio de Paula, Chimica fisica, 5a ed. italina,
con-
dotta sulla 9a ed. inglese, casa editrice Zanichelli,
Bologna
Nota: la successione degli argomenti trattati non coincide
necessariamente con
quella del testo; inoltre alcune sezioni del testo riportate piu
sotto sono state
trattate solo parzialmente oppure diversamente.
Definizioni preliminari
Termodinamica; sistema; sistemi aperti, chiusi, isolati; stato;
variabili di stato;
variabili intensive ed estensive; equazioni e funzioni di stato;
processo termodi-
namico; processi reversibili e irreversibili.
Atkins, cap. 1
Il gas perfetto
1.1 Gli stati dei gas
1.1.1 La pressione
1.1.3 La temperatura
1.2 Le leggi dei gas
1.2.1 Le leggi dei gas una per una
1.2.2 La legge del gas perfetto
1.2.3 Le miscele di gas
1.2.4 Frazione molare e pressione parziale
I gas reali
1.3 Le interazioni molecolari
1.3.1 Il fattore di compressione
1.3.3 La condensazione
1.3.4 Le costanti critiche
1.4 Lequazione di van der Waals
Atkins, cap. 2
I concetti basilari
2.1 Lavoro, calore ed energia
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2.2 Il primo principio
Lenergia interna dei gas
2.2.1 La conservazione dellenergia
Lavoro e calore
2.3 Il lavoro di espansione
2.3.1 Lespressione genrale del lavoro
2.3.2 Lespansione libera
2.3.3 Lespansione contro una pressione costante
2.3.4 Lespansione reversibile
2.3.5 Lespansione reversibile isotermica
2.4.2 La capacita termica
2.5 Lentalpia
2.5.1 La definizione di entalpia
2.5.3 La variazione dellentalpia al variare della
temperatura
2.5.4 La relazione tra le capacita termiche
La termochimica
2.7 Le variazioni standard dellentalpia
2.7.1 Lentalpia dei cambiamenti fisici
2.7.2 Lentalpia di trasformazione chimica
2.7.3 La legge di Hess
2.8 Lentalpia standard di formazione
2.8.1 Lentalpia di reazione basata selle entalpie di
formazione
2.9 La dipendenza dellentalpia di reazione dalla temperatura
Atkins, cap. 4
Il verso della trasformazione spontanea
4.1 La dispersione dellenergia
4.2 Lentropia
4.2.1 La definizione termodinamica dellentropia
4.2.4 La disuguaglianza di Clausius
4.3 Le variazioni di entropia a seguito di processi
specifici
4.3.1 Lentropia delle transizioni di stato alla temperatura di
transizione
4.3.2 Lespansione del gas perfetto
4.3.3 La variazione dellentropia con la temperatura
4. Il terzo principio della termodinamica
Soffermiamoci sul sistema
4.5 Lenergia di Helmholtz e lenergia di Gibbs
4.5.1 I criteri di svolgimento spontaneo
4.5.2 Alcune osservazioni a proposito dellenergia di
Helmholtz
4.5.3 Il lavoro massimo
4.5.4 Alcune osservazioni sullenergia di Gibbs
4.5.4 Il lavoro massimo non espansivo
4.6 Lenergia standard di Gibbs molare
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Atkins, cap. 5
Combiniamo il primo e il secondo principio
5.1 Lequazione fondamentale
Le proprieta dellenergia di Gibbs
5.3 Considerazioni generali
5.4 La variazione dellenergia di Gibbs con la temperatura
5.5 La variazione dellenergia di Gibbs con la pressione
5.5.1 Liquidi e solidi
5.5.2 I gas
Atkins, cap. 6
I diagrammi di stato
6.1 La stabilita delle fasi
6.2 I limiti di fase
6.2.1 Punti critici e punti di ebollizione
6.2.1 Punti di fusione e punti tripli
Stabilita delle fasi e transizioni di stato
6.4 Il criterio termodinamico dellequilibrio
6.5 La dipendenza della stabilita dalle condizioni
6.5.1 La dipendenza della stabilita delle fasi dalla
temperatura
6.5.2 La riposta della fusione alla pressione applicata
6.6 Lubicazione dei limiti di fase
6.6.1 La pendenza delle curve limite
6.6.2 La curva limite solido liquido
6.6.3 La curva limite liquido vapore
6.6.4 La curva limite solido vapore
Atkins, cap. 7
La descrizione termodinamica delle miscele
7.1 Le grandezze molari parziali
7.1.2 Lenergia di Gibbs parziale molare
7.2 La termodinamica del mescolamento
7.2.1 Lenergia di Gibbs del mescolamento
7.3 Il potenziale chimico dei liquidi
7.3.1 Le soluzioni ideali
7.3.2 Le soluzioni diluite ideali
Le proprieta delle soluzioni
7.4 Le miscele liquide
7.4.1 Le soluzioni ideali
7.5 Le proprieta colligative
7.5.1 Le caratteristiche comuni alle proprieta colligative
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7.5.2 Linnalzamento ebullioscopico
7.5.3 Labbassamento crioscopico
7.5.4 La solubilita
7.5.5 Losmosi
Le attivita
7.6 Lattivita del solvente
7.7 Lattivita del soluto
7.7.1 Le soluzioni diluite ideali
7.7.2 I soluti reali
Atkins, cap. 8
Fasi, componenti e gradi di liberta
8.1 Definizioni
8.2 La regola delle fasi
8.2.1 I sistemi a un solo componente
Atkins, cap. 9
Le reazioni chimiche spontanee
9.1 Il minimo dellenergia di Gibbs
9.1.1 Lenergia di Gibbs di reazione
9.2 La descrizione dellequilibrio
9.2.1 Gli equilibri del gas perfetto
9.2.2 La reazione in generale
La risposta degli equilibri alle condizioni
9.3 Come gli equilibri rispondono alla pressione
9.4 Come gli equilibri rispondono alla temperatura
9.4.1 Lequazione di vant Hoff
9.4.2 Il valore di K alle varie temperature
Atkins, cap. 25
La cinetica chimica empirica
25.2 La velocita di reazione
25.2.1 La definizione di velocita
25.2.2 Leggi e costanti cinetiche
25.2.3 Lordine di reazione
25.2.4 La determinazione della legge cinetica
25.3 Le leggi cinetiche integrate
25.3.1 Le reazioni del primo ordine
25.3.2 Tempo di dimezzamento e costate di tempo
25.3.1 Le reazioni del secondo ordine
25.4 Le reazioni che tendono allequilibrio
25.4.1 Le reazioni del primo ordine prossime allequilibrio
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25.5 La dipendenza della velocita di reazione dalla
temperatura
25.5.1 I parametri di Arrhenius
25.5.2 Linterpretazione dei parametri
La giustificazione delle leggi cinetiche
25.6 Le reazioni elementari
25.7 Le reazioni elementari consecutive
25.7.1 La variazione della concentrazione nel tempo
25.7.2 Lo stadio cineticamente determinante
25.7.3 Lapprossimazione dello stato stazionario
25.7.4 Il preequilibrio
25.8 Le reazioni unimolecolari
25.8.1 Il meccanismo di Lindemann-Hinshelwood
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Atkins, capitolo 1
Termodinamica
La termodinamica si occupa delle trasformazioni di energia e in
particolare
delle trasformazioni di calore in altre forme di energia
(genericamente lavoro).
La termodinamica chimica mette in relazione le trasformazioni di
energia
con le trasformazioni chimiche e/o fisiche di un campione di
materia che spes-
so le accompagnano (e.g. cambiamenti di stato di aggregazione
e/o reazioni
chimiche).
Sistema (termodinamico)
Definiamo sistema termodinamico una regione delimitata
delluniverso che
costituisce il nostro oggetto di studio. La delimitazione puo
essere costituita
da confini fisici (e.g. le pareti di un recipiente) o
semplicemente ideali (e.g. se
il sistema e una soluzione contenuta in un beaker, il confine
fra la soluzione e
latmosfera non e marcato da una parete fisica).
Come vedremo, in termodinamica cio che non e il sistema e
importante quanto
il sistema stesso. Cio che non e il sistema viene detto ambiente
o anche il
resto delluniverso.
Sistemi aperti, chiusi, isolati
Un sistema puo scambiare massa e/o energia con lambiente. Da
questo punto
di vista un sistema puo essere:
aperto se puo scambiare con lambiente sia massa che energia
(esempio: il
corpo umano)
chiuso se puo scambiare con lambiente energia ma non massa
(esempio:
un gas racchiuso in un cilindro con pistone)
isolato se non scambia con lambiente ne massa ne energia
(esempio:
luniverso)
Stato
Lo stato fisico (o stato termodinamico o semplicemente stato) di
un sistema
e linsieme dei valori di tutte le proprieta fisiche che esso
possiede.
Si dice che un sistema si trova in uno stato definito se tutte
le sue proprieta fi-
siche hanno valori definiti (e.g. un cubetto di ghiaccio immerso
in una tazzina di
caffe non si trova in uno stato definito, perche la temperatura,
la composizione
etc non hanno valori definiti).
Uno stato definito di un sistema si dice stato di equilibrio
termodinamico
se i valori di tutte le proprieta del sistema sono indipendenti
dal tempo e il
sistema non scambia massa e/o energia.
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(Stato stazionario: valori delle proprieta indipendenti dal
tempo, ma il sistema
scambia massa e/o energia: non e uno stato di equilibrio).
Variabili di stato
E un sinonimo per proprieta . Ad esempio, volume, massa,
densita, tempe-
ratura etc. sono variabili di stato.
Una caratteristica essenziale delle variabili di stato e che i
loro valori sono
indipendenti dalla storia del sistema. Vuol dire che quando il
sistema si
trova in un certo particolare stato, i valori delle sue
proprieta sono sempre gli
stessi, indipendentemente da come il sistema ha raggiunto quello
stato.
Questo e il motivo per cui tali variabili vengono dette,
appunto, di stato.
Variabili intensive ed estensive
Le variabili di stato possono essere di due tipi:
intensive ad esempio, la pressione o la temperatura. Le
variabili intensive
non dipendono dalla quantita di sistema considerato. Cioe,
se dividiamo il sistema in piu parti, allora il valore della
varia-
bile intensiva nelle varie parti cosi ottenute e identico a
quello
che la variabile aveva prima che il sistema venisse
suddiviso.
Ad esempio, se il sistema e un blocco di ferro alla
temperatura
di 300C e lo dividiamo in due parti, ciascuna parte continuaad
avere la temperatura di 300C.
estensive ad esempio, massa o volume. Le variabili estensive
sono ad-
dittive, cioe il loro valore e direttamente proporzionale
alla
quantita di sistema che si considera.
Ad esempio, se il sistema e un blocco di ferro,
raddoppiandone
la quantita (espressa, ad esempio, dalla sua massa) il
volume
raddoppia.
Molto spesso una variabile intensiva e definita come rapporto
fra due variabili
estensive (qualcosa per unita di qualcosaltro). Ad esempio, la
densita
(chiaramente una proprieta intensiva) e definita come il
rapporto fra la massa
e il volume (due proprieta estensive) di un sistema: si dice che
la densita e la
massa per unita di volume.
Un altro esempio e la concentrazione (intensiva), definita come
rapporto fra il
numero di moli (estensiva) e il volume o la massa (estensive):
numero di moli
per unita di volume (ad esempio la molarita) o numero di moli
per unita di
massa (ad esempio la molalita).
Equazioni di stato
E possibile ricavare, il piu delle volte per via sperimentale,
delle relazioni ma-
tematiche che legano fra loro due o piu variabili di stato. Tali
relazioni vengono
dette equazioni di stato.
Ad esempio, per un sistema costituito da una mole di acqua alla
pressione di
1 bar e possibile descrivere la variazione del volume V con la
temperatura T inun range abbastanza ampio tramite la seguente
relazione:
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V = a+ bT + cT 2 + dT 3
dove i coefficienti a, b, c, d sono indipendenti da T e vengono
determinati fittandodati sperimentali.
Il caso piu familiare e lequazione di stato del gas perfetto (su
cui torneremo),
che lega matematicamente la pressione P , il volume V , la
temperatura T e ilnumero di moli n del gas ideale:
PV = nRT
E importante notare che, mentre lesistenza delle equazioni di
stato e un fat-
to sperimentale (cioe, si trova sperimentalmente che fissando i
valori di alcunevariabili di stato, allora quelli di altre
variabili vengono automaticamente de-
terminati), la forma funzionale delle equazioni di stato e il
piu delle voltesconosciuta e di norma le equazioni di stato vengono
ricavate empiricamente
con procedure di best fit applicate a serie di dati
sperimentali.
Non tutte le variabili di stato sono indipendenti
E un fatto sperimentale che lo stato di un sistema e
completamente definito
dai valori di un sottoinsieme delle sue variabili di stato.
Cioe, fissati i valori
delle variabili di questo sottoinsieme, i valori di tutte le
altre variabili sono
automaticamente determinati.
Ad esempio, per qualsiasi sistema costituito da ununica fase di
ununica sostan-
za (sottintendiamo sempre in condizioni di equilibrio), tutte le
variabili intensive
restano univocamente determinate quando si fissino i valori di
due qualsiasi di
esse (ad esempio temperatura e pressione). Le variabili
estensive di tale sistema
sono inoltre determinate dalle due variabili intensive e da una
qualsiasi variabile
estensiva (ad esempio la massa).
Notate che non ha importanza quali variabili si scelgono: invece
di specificare
i valori di temperatura e pressione, si puo scegliere di
specificare i valori di
qualsiasi altre due variabili, ad esempio viscosita e indice di
rifrazione. La cosa
che conta e il numero delle variabili che sono sufficienti a
descrivere lo stato
del sistema.
Quindi, se scegliamo come variabili intensive la temperatura T e
la pressione P ,e come variabile estensiva la massa m, potremo dire
che lindice di rifrazione ,una variabile intensiva, e funzione di T
e P :
= (T, P )
e cosi pure per la densita d (unaltra variabile intensiva):
d = d (T, P )
Per il volume V , una proprieta estensiva, sara:
V = V (T, P,m)
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e cosi via.
Notate: un gas ideale e proprio un sistema costituito da ununica
fase (gassosa)
di ununica sostanza. E infatti, per il gas ideale, prendendo
come variabili
intensive la temperatura e la pressione e come variabile
estensiva il numero di
moli n, si ha:
V = V (T, P, n) =nRT
P
Funzioni di stato
Per esprimere il fatto che una variabile di stato e
completamente deter-minata da una funzione delle variabili
indipendenti scelte per definire lo
stato di equilibrio di un sistema, si dice che tale variabile e
una funzione
di stato.
Ad esempio, per tornare al sistema costituito da ununica fase di
unasostanza pura, possiamo dire che lindice di rifrazione , il
volume V o ladensita d sono funzioni di stato:
= (T, P )
V = V (T, P,m)
d = d (T, P )
Se e vero che si puo dire che tutte le variabili di stato sono
funzioni distato, e pero altrettanto vero che nella maggioranza dei
casi la forma
analitica di tali funzioni e (e resta) sconosciuta.
Vedremo comunque che e sufficiente sapere che esiste una
funzione distato per essere in grado di trarre utilissime
conseguenze.
Le funzioni di stato godono di una importante proprieta che
useremomolto spesso.
Siccome una funzione di stato dipende unicamente dalle variabili
che
descrivono lo stato di equilibrio di un sistema, il suo valore e
in-
dipendente dal percorso compiuto dal sistema per raggiungere
quel
particolare stato di equilibrio.
Un corollario importante di questa affermazione e il
seguente.
Supponiamo che un sistema compia un processo partendo dallo
stato di
equilibrio iniziale A e arrivando allo stato di equilibrio
finale B.
Allora, se F e una funzione di stato del sistema, la variazione
di F duranteil processo e indipendente dal percorso seguito per
andare da A a B.
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p
p
B
A
p
p
B
A
In altre parole, detti p e p due percorsi arbitrari che
congiungono gli statidi equilibrio A e B, si avra sempre:
[F (B) F (A)]lungo p = [F (B) F (A)]lungo p
Quella appena vista e una condizione necessaria e sufficiente
per esserefunzione di stato: cioe, se sperimentalmente si trova che
la variazione
di una certa grandezza termodinamica durante un processo fra i
medesi-
mi due stati di equilibrio e indipendente dal percorso seguito,
allora la
grandezza e una funzione di stato:
funzione di stato variazione in un processo e indi-
pendente dal cammino percorso
Differenza fra equazione di stato e funzione di stato.
Una funzione di stato esprime una variabile di stato in funzione
di tutte levariabili necessarie a definire lo stato di un
sistema.
Unequazione di stato e una relazione che lega fra loro alcune
variabili distato (al limite solo due): le variabili coinvolte in
unequazione di stato
possono essere anche in numero inferiore al numero minimo
richiesto perdefinire lo stato del sistema.
In altre parole: mentre tutte le funzioni di stato sono anche
equazioni di
stato (ancorche la loro forma analitica possa restare
sconosciuta), non e
vero il contrario.
Ad esempio, piu sopra abbiamo detto che, per una mole di acqua
alla
pressione di 1 bar, in un range abbastanza ampio di temperature
vale larelazione:
V = a+ bT + cT 2 + dT 3
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Questa e unequazione di stato (perche correla V a T , due
variabili distato), ma non e una funzione di stato, perche non
mostra la relazione fra
V e tutte le variabili che definiscono lo stato di questo
sistema (che sonodue qualsiasi proprieta intensive: ad esempio, T e
P , e una proprietaestensiva, ad esempio la massa m).
Una funzione di stato per questo sistema sarebbe una relazione
del tipo:
V = V (T, P,m)
Processo termodinamico
E una trasformazione in cui il sistema passa da uno stato di
equilibrio a un
altro.
Siccome lo stato di un sistema e linsieme dei valori di tutte le
proprieta fisiche
che esso possiede, ne segue che un processo consiste nel
cambiamento di una o
piu proprieta del sistema.
Se durante il passaggio dallo stato iniziale allo stato finale
le variabili di stato
del sistema cambiano assumendo valori definiti, allora il
processo puo essere
rappresentato analiticamente da un percorso nello spazio (in
generale multidi-
mensionale) definito dalle variabili di stato del sistema. Ad
esempio, lespansione
reversibile (il significato del termine reversibile e spiegato
fra un attimo) di un
gas puo essere rappresentata con una traiettoria in un piano
cartesiano in cui
si riporta il volume sullasse delle ascisse e la pressione su
quello delle ordinate.
Come vedremo, ha una grandissima importaza il modo in cui un
sistema compie
un processo.
Processo reversibile
E un processo ideale che avviene attraverso una successione
infinita distati di equilibrio: in ciascuno stato le proprieta
fisiche del sistema differi-
scono al piu di una quantita infinitesima da quelle dei due
stati adiacenti
(il precedente o il seguente).
Se il sistema passa dallo stato iniziale Si allo stato finale Sf
con un processoreversibile, cio significa che il sistema attraversa
un numero grandissimo
(teoricamente infinito) di stati intermedi, ciascuno dei quali e
uno stato
di equilibrio:
Si
n
S1 S2 S3 . . . Sn Sf
Ogni processo e causato da una perturbazione sul sistema, che in
generaleviene detta driving force (ad esempio la driving force per
lespansione
di un gas puo essere una differenza fra la pressione esercitata
dal gas
sullambiente e quella esercitata sul gas dallambiente; la
driving force
per il trasferimento di calore da un corpo caldo a uno piu
freddo e la
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differenza di temperatura). Per un processo reversibile, la
driving force
deve essere, ad ogni istante, di intensita infinitesima:
infatti, solo
cosi il sistema puo venire spostato in uno stato di equilibrio
in cui tutte
le sue proprieta differiscono da quelle dello stato di partenza
solo di una
quantita infinitesima.
Per fare compiere al sistema un processo reversibile in cui le
sue pro-
prieta cambiano di una quantita finita, bisogna compiere
infiniti steps
infinitesimi.
Dalla definizione di processo reversibile segue che lassenza di
attriti (ingenerale di effetti dissipativi) e condizione necessaria
affinche un processo
sia reversibile: infatti, la presenza di attriti (finiti)
implica che per pas-
sare da uno stato di equilibrio ad un altro infinitamente
vicino, qualche
proprieta del sistema debba comunque variare di una quantita
finita, il
che disattende il requisito per la reversibilita.
Esempio: un gas che si espande in un cilindro con pistone, in
cui si abbia
attrito fra pistone e cilindro. Per far espandere il gas di una
quantita
infinitesima, non e sufficiente diminuire la pressione sul
pistone di una
quantita infinitesima poiche, a causa dellattrito, il pistone
non si muo-
verebbe. Invece, bisogna diminuire la pressione di una quantita
finita
(tanto maggiore quanto maggiore e lattrito): ma in questo caso,
quando
il pistone inizia a muoversi, si muovera di un tratto finito e
il processo
non e piu reversibile.
Nota: lassenza di attriti e condizione necessaria, ma non
sufficiente.
I processi reversibili sono idealizzazioni, ma possono essere
approssimati inpratica molto bene, limitando il piu possibile gli
attriti e facendo avvenire
le trasformazioni il piu lentamente possibile.
Ad esempio, lespansione di un gas racchiuso in un cilindro con
pistone
puo essere fatta avvenire in modo praticamente reversibile se il
pistone
(privo di attrito) viene mantenuto nella posizione iniziale da
un cumulo di
sabbia. Allora, togliendo un solo granello di sabbia, la
pressione diminui-
sce di una quantita (a tutti gli effetti) infinitesima; grazie
allassenza di
attriti, il gas si espande di una quantita infinitesima e
raggiunge un nuovo
stato di equilibrio, che pero dista da quello iniziale solo di
una quantita
infinitesima. Togliendo un secondo granello di sabbia, si compie
un altro
step infinitesimo e cosi via fino a che il gas ha compiuto
lintero processo
di espansione.
Una definizione equivalente di processo reversibile e che si
tratti di unprocesso che puo essere invertito (da qui laggettivo
reversibile) modi-
ficando una variabile in misura infinitesima.
Lequivalenza di questa definizione con quella data piu sopra
dovrebbe
essere evidente.
Per esempio, se il sistama sta attraversando una serie infinita
di stati
di equilibrio (secondo la prima definizione), e chiaro che,
invertendo la
driving force responsabile del processo di una quantita
infinitesima in
uno degli stati di equilibrio intermedi in cui si trova il
sistema, esso deve
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passare allo stato di equilibrio precedente, che dista, appunto,
solo una
quantita infinitesima (seconda definizione).
Processo irreversibile
E un processo causato da una driving force di intensita
finita.
Durante un processo irreversibile il sistema attraversa stati di
non equili-
brio in cui le sue proprieta variano nel tempo.
Riprendiamo lesempio dellespansione di un gas racchiuso in un
cilindrocon pistone. Lespansione puo venir fatta avvenire in modo
irreversibile
se il pistone (che supponiamo ancora privo di attrito) viene
fatto sollevare
in modo praticamente istantaneo rimuovendo in un colpo solo
tutta la
sabbia che lo manteneva nella posizione iniziale.
In questo caso, il gas raggiungera lo stato finale attraverso
una succes-
sione di stati di non equilibrio (possiamo addirittura
immaginare che, se
lattrito del pistone e esattamente nullo, il pistone schizzera
in alto ol-
tre la posizione finale e iniziera a compiere delle oscillazioni
senza mai
arrestarsi).
In questo processo irreversibile la driving force (cioe la
differenza di pres-sione fra linterno e lesterno del cilindro) e di
intensita finita e quindi
esso non puo essere invertito se la pressione sul gas viene
aumentata diuna quantita infinitesima.
Facciamo ora unosservazione che riprenderemo piu avanti a
proposito delsecondo principio della termodinamica.
Tutti i processi spontanei, cioe tutte le trasformazioni che
avvengono
spontaneamente in natura, non possono (chiaramente) essere
invertiti da
una variazione infinitesima della driving force. Ne consegue che
tutti i
processi spontanei sono irreversibili.
Dal punto di vista dellambiente, i processi sono sempre
reversibili
Lambiente ha massa e volume infiniti. Cio fa si che qualsiasi
trasferimento di
energia (calore e/o lavoro), dal punto di vista dellambiente,
possa essere
sempre considerato reversibile, poiche, in seguito ad esso,
lambiente non si
discosta mai dal suo stato di equilibrio per piu di una quantita
infinitesima.
A questo scopo puo essere utile la seguente similitudine.
Consideriamo un recipiente colmo di acqua fino allorlo al quale
aggiungiamo
unulteriore quantita finita di acqua (ad esempio 1/2 L).Se il
recipiente ha un volume finito e confrontabile con quello dellacqua
aggiunta
(ad esempio 1 L), allora leffetto di questultima sara
decisamente apprezzabile:ad esempio, vedremo chiaramente dellacqua
che trabocca dal recipiente.
Se pero il recipiente ha un volume molto piu grande di quello
dellacqua che
aggiungiamo (immaginate di aggiungere 1/2 L di acqua al bacino
di una digaartificiale), allora, se e vero che si avra pur sempre
un traboccamento, questo
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sara a mala pena distinguibile: il recipiente si discosta solo
di pochissimo dal
suo originario stato di equilibrio e il processo e a tutti gli
effetti reversibile,
secondo la definizione che abbiamo dato piu sopra.
I gas
Lo stato di aggregazione della materia piu facile da trattare in
termodi-namica e quello gassoso.
Cio e dovuto essenzialamente al fatto che nei gas le interazioni
intermole-colari sono ridotte al minimo. Per la maggior parte del
tempo, le molecole
di un gas viaggiano nel vuoto senza incontrarsi (e quindi
interagire).
Sperimentalmente si trova che lo stato termodinamico di un gas e
total-mente determinato quando se ne fissino la temperatura, la
pressione e la
quantita (espressa dal numero di moli). Tutte le altre proprieta
del gas,
ad esempio il volume da esso occupato, vengono automaticamente
fissate
ad uno e un solo valore:
V = V (T, P, n)
Al posto di T e P , avremmo potuto scegliere qualsiasi altre due
proprietaintensive e al posto di n qualsiasi altra proprieta
estensiva. In ogni caso,2 variabili intensive e 1 variabile
estensiva sono sufficienti a definire lo
stato di equilibrio di un campione gassoso, come abbiamo gia
osservato
in generale (sistema costituito da ununica sostanza in ununica
fase).
La pressione
Data una forza ~FN che agisce uniformemente in direzione normale
ad unasupeficie piana di area A, si definisce pressione agente
sulla superficie ilmodulo della forza per unita di area, cioe:
P =
~FN
A
La pressione e una grandezza scalare.
La pressione puo essere molto grande (o molto piccola) sia se la
forza emolto grande (o piccola) sia se larea della superficie su
cui la forza agisce
e molto piccola (o grande).
Lunita di misura SI della pressione e il Pascal, simbolo Pa:
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1 Pa = 1N
m2
= 1
kgms2
m2
= 1kg
ms2
Il Pa e ununita di misura piuttosto piccola. Per questo sono
usatespesso altre unita piu comode:
1 bar = 1 105 Pa
1 atm = 101325 Pa ( 1 bar)
La pressione di 1 bar e definita come pressione standard e la
incontrere-mo spesso piu avanti. Il simbolo usato di solito per la
pressione standard
e P.
Un gas racchiuso in un recipiente esercita sulle pareti di
questultimouna pressione (uguale in tutti i punti delle pareti) che
e dovuta agli urti
incessanti delle molecole.
La pressione determina le condizioni per lequilibrio
meccanico.
Due gas in due recipienti separati da una parete scorrevole sono
in equili-
brio se e solo se le loro pressioni sono uguali
La temperatura e il principio zero
E un fatto sperimentale che esista una proprieta dei sistemi che
pos-siamo (inizialmente) definire caldezza e di cui possiamo
renderci conto
attraverso il senso del tatto.
Due sistemi con diverso grado di caldezza posti a contatto
diretto e inassenza di qualsiasi tipo di movimento (ad esempio una
parete mobile)
possono cio non di meno influenzarsi reciprocamente e subire un
cam-
biamento di stato. Vedremo che la causa e uno scambio di energia
sotto
forma di calore.
Quando le proprieta fisiche dei due sistemi in tali condizioni
smettonodi variare col tempo, allora diciamo che i due sistemi
hanno raggiunto
lequilibrio termico
Affinche due sistemi possano influenzarsi come detto sopra,
bisogna chele pareti che li dividono permettano il flusso di
calore. Pareti di questo
tipo si dicono diatermiche o non adiabatiche.
Esistono anche pareti che non consentono lo scambio di calore
fra due
sistemi: tali pareti si dicono adiabatiche.
10
-
La temperatura e la proprieta fisica che indica se due sistemi
postia contatto tramite pareti diatermiche e rigide (non mobili)
sono o meno
in equilibrio termico: se i due sistemi sono in equilibrio
termico, allora
hanno la stessa temperatura; se dellenergia (calore) fluisce dal
sistema 1
al sistema 2, allora il sistema 1 ha una temperatura maggiore
del sistema
2; se dellenergia (calore) fluisce dal sistema 2 al sistema 1,
allora il sistema
1 ha una temperatura minore del sistema 2.
Cio che consente di misurare la temperatura e quello che passa
sotto ilnome di principio zero della termodinamica:
Se un corpo A e in equilibrio termico con un corpo B e
que-stultimo e in equilibrio termico con un terzo corpo C,
alloraanche il corpo A e in equilibrio termico con il corpo C
Si tratta in pratica di una proprieta transitiva.
Perche il principio zero consente di misurare la
temperatura?
Supponiamo che il corpo B sia un capillare di vetro contenente
un liqui-do (ad esempio mercurio) che si dilata notevolmente al
variare della sua
caldezza. Il dispositivo viene detto termometro.
Allora, se posto in contatto con un corpo A il mercurio del
capillare rag-giunge una certa lunghezza e la stessa lunghezza
viene raggiunta quando
il capillare viene posto in contatto con un corpo C:
possiamo dire che A e C hanno la medesima temperatura possiamo
prendere come misura di tale temperatura la lunghezza
della colonna di mercurio
La misura della temperatura, cioe il procedimento attraverso il
qualesi assegna univocamente un numero a ciascuna temperatura, puo
essere
definita in molti modi sfruttando proprieta termometriche
diverse (la
dilatazione di un liquido in un capillare, la resistenza di una
termocoppia,
la pressione di un gas mantenuto a volume costante etc.). Si
sono cosi
originate diverse scale termometriche.
Nella scala Celsius, si assegna arbitrariamente il valore 0C
alla tempe-ratura del sistema costituito da acqua liquida e
ghiaccio in equilibrio alla
pressione di 1 atm e 100C a quella del sistema costituito da
acqua liquidae vapore in equilibrio alla stessa pressione (il
cosiddetto punto di ebolli-
zione normale). Si assume quindi che esista una relazione
lineare fra la
variazione della temperatura e la variazione della proprieta
termometrica
usata (ad esempio la lunghezza della colonnina di mercurio). In
tal modo,
detto v0 il valore della proprieta termometrica a cui viene
assegnata latemperatura di 0C e v100 quello a cui corrispondono
100
C, si ha:
11
-
v
t
v100vv0
t (v)
t (v100) (= 100)
t (v0) (= 0)
t (v100) t (v0)
v100 v0=
t (v) t (v0)
v v0
t (v) t (v0) =t (v100) t (v0)
v100 v0(v v0)
t (v) =100
v100 v0(v v0)
La temperatura misurata in questo modo viene spesso detta
temperaturaempirica poiche il procedimento dipende dalla sostanza e
dalla proprieta
termometrica su cui ci si basa, e cio essenzialmente perche la
variazione
della proprieta termometrica non dipende linearmente dalla
temperatura.
Esiste tuttavia la possibilita (grazie al secondo principio
della termodina-mica che faremo piu avanti) di definire la
temperatura in modo totalmente
indipendente dalle proprieta di qualsiasi sostanza: la
temperatura definita
in questo modo viene detta temperatura assoluta. Essa viene
misurata
in gradi Kelvin e ha un valore minimo pari a 0 K.
La scala assoluta e quella Celsius sono in relazione
tramite:
K = C + 273.15
dove K e la temperatura assoluta e C quella Celsius.
La legge del gas ideale
Si trova sperimentalmente che tutti i gas tendono a comportarsi
allo stessomodo quando la loro pressione sia sufficientemente
bassa.
La ragione molecolare di cio e che, a pressione sufficientemente
bassa,il numero di molecole di gas e molto piccolo in rapporto al
volume del
recipiente e quindi:
il volume occupato dalle molecole del gas diviene trascurabile
in con-
fronto a quello del recipiente le molecole di gas possono
essereconsiderate puntiformi
12
-
le molecole di gas si incontrano molto raramente si
possonotrascurare le interazioni intermolecolari
Il comportamento dei gas a basse pressioni e descritto
fondamentalmenteda tre leggi limite, osservate sperimentalmente gia
alcuni secoli fa:
A temperatura e numero di moli costanti pressione e volume
sono
inversamente proporzionali:
PV = costante
A pressione e numero di moli costanti volume e temperatura
sono
direttamente proporzionali:
V
T= costante
A pressione e temperatura costanti volume e numero di moli
sono
direttamente proporzionali:
V
n= costante
Come si puo facilmente verificare, le tre leggi limite possono
essere com-binate in ununica legge, nota come la legge del gas
ideale:
PV = nRT
doveR e una costante detta costante universale dei gas. Le
dimensionidi R si ricavano da:
R =PV
nT
[R] =pressione volume
moli temperatura
=forzaarea volume
moli temperatura
=forza lunghezza
moli temperatura
=energia
moli temperatura
Il valore di R nelle unita di misura piu comuni e:
13
-
R = 8.314J
mol K
= 8.206 102L atm
mol K
La legge del gas ideale e estremamente utile perche, pur essendo
unalegge limite, e seguita molto bene dalla maggior parte dei gas
in condizioni
ordinarie.
Unespressione equivalente della legge del gas ideale che
connette fra loroi valori di P, V, T di una quantita fissa di gas
in due stati di equilibriodistinti 1 e 2 e:
P1V1T1
=P2V2T2
Questa espressione e comoda per ricavare il valore di una
variabile se si
conoscono tutte le altre.
Pressione parziale
Per una miscela di gas qualunque (cioe non necessariamente
ideali), defi-niamo la pressione parziale del componente i nel modo
seguente:
Pi = xiP
dove xi e la frazione molare:
xi =ni
j nj
Lutilita di questa definizione e che, in tal modo, la pressione
totaledella miscela e data dalla semplice somma delle pressioni
parziali dei suoi
componenti:
i
Pi =
i
(xiP )
= P
i
xi
= P (perche
i xi = 1)
14
-
Per miscele di gas ideali:
Pi = xiP
=ni
i niP
= niP
i ni
= niRT
V(qui si sfrutta lidealita)
da cui segue la seguente possibile interpretazione fisica della
pressione
parziale:
per una miscela di gas ideali, la pressione parziale del
componen-
te i e la pressione che tale componente eserciterebbe se, da
solo,occupasse lintero volume della miscela alla stessa
temperatura.
I gas reali
Il gas ideale e un modello astratto. Le particelle che lo
costituisconopresentano due caratteristiche essenziali:
sono puntiformi, cioe non occupano spazio (pur avendo una
massanon nulla)
non interagiscono fra loro, nel senso che le forze
intermolecolarisono assenti. Quindi hanno solo energia cinetica,
mentre la loro
energia potenziale e nulla.
Il comportamento dei gas reali si discosta da quello del gas
ideale quandovengono meno le due caratteristiche su citate.
In generale, il profilo dellenergia di interazione fra le
molecole di un gasin funzione della loro distanza ha landamento
seguente:
forz
ere
pulsiv
e
forze attrattive forze trascurabili
distanza intermolecolare
ener
gia
diin
tera
zione
0
15
-
Laspetto essenziale di questo profilo e che linterazione e di
natura attrat-
tiva (cioe: lenergia di interazione e negativa) fino a una certa
distanza
(passando per un minimo) e poi diventa violentemente repulsiva
quando
la distanza diminuisce a valori molto piccoli (in parole povere:
le molecole
non possono intercompenetrarsi)
Allora:
a pressioni molto basse, la distanza intermolecolare e molto
grande
(in pratica superiore a pochi diametri molecolari): allora le
forze
intermolecolari sono trascurabili e il gas si comporta in modo
ideale
a pressioni moderatamente elevate la distanza intermolecolare e
pic-
cola (ma non piccolissima, diciamo maggiore di un diametro
moleco-
lare): allora le forze intermolecolari si fanno sentire ed hanno
caratte-
re attrattivo. In tali condizioni il gas si discosta dal
comportamento
ideale e, in generale, e piu facilmente compressibile del gas
ideale.
a pressioni molto elevate la distanza intermolecolare diventa
inferiore
a un diametro molecolare: allora le forze intermolecolari
aumentano
di importanza e diventano di carattere repulsivo. In tali
condizioni
il gas si discosta dal comportamento ideale e, in generale, e
piu
difficilmente compressibile del gas ideale.
Il comportamento dei gas reali viene di solito descritto con
delle versionicorrette dellequazione di stato del gas ideale. Le
correzioni contengono
normalmente dei parametri empirici legati alla natura del
particolare gas
considerato e spesso dipendono dalla pressione e/o dalla
temperatura.
Unequazione di stato per gas reali molto usata e quella basata
sul cosid-detto fattore di compressione Z. Il fattore di
compressione e definitocome il rapporto fra il volume molare (Vm =
V/n) del gas reale e quelloV m del gas ideale alla stessa pressione
e temperatura:
Z =VmV m
Lequazione si ricava molto semplicemente.
La legge del gas ideale riscritta in termini del volume molare
e:
PV = nRT
P
(V
n
)
= RT
PV m = RT
Chiaramente, per un gas reale alla stessa temperatura e
pressione, il
volume molare Vm e diverso da quello del gas ideale e quindi si
ha:
16
-
PVm 6= RT
Tuttavia, si puo ottenere unequazione di stato per il gas reale
molto
simile a quella del gas ideale introducendo il volume molare del
gas reale
nel modo seguente:
PV m = RT
P
(
VmVmV m
)
= RT
P
(VmZ
)
= RT
PVm = ZRT
PV = ZnRT
Lutilita di questa relazione sta nel fatto che la sua forma
analitica e
molto simile a quella dellequazione del gas ideale e quindi ne
mantiene
tutti i vantaggi dovuti alla sua semplicita.
Naturalmente, il prezzo da pagare e che Z varia con la pressione
e latemperatura, oltre che, ovviamente, con la natura del gas
considerato.
Landamento di Z in funzione della pressione a temperatura
costante hanormalmente landamento mostrato in questa figura (le tre
curve si riferi-
scono a tre diversi gas reali, ad esempio potrebbe trattarsi di
CH4, C2H4e CO2):
Z = 1
Z
gas 3gas 2
gas 1
gas ideale
P
Z = 1
Z
gas 3gas 2
gas 1
gas ideale
P
Z = 1
Z
gas 3gas 2
gas 1
gas ideale
P
17
-
Per il gas ideale si ha, ovviamente: Z = 1 ad ogni
pressione.
Per i gas reali, in base a quanto detto prima, si ha
solitamente:
Z 1 per P 0
Z < 1 per pressioni moderatamente elevate (forze
intermolecolariattrattive, gas reale piu compressibile del gas
ideale)
Z > 1 per pressioni decisamente elevate (forze
intermolecolari repul-sive, gas reale meno compressibile del gas
ideale)
Unaltra equazione di stato per gas reali particolarmente famosa
e lequa-zione di Van der Waals:
(
P + a( n
V
)2)
(V nb) = nRT
dove i parametri a e b vanno determinati sperimentalmente per
ciascungas, ma sono indipendenti da P, V, T .
Lequazione di Van der Waals e valida per pressioni moderatamente
ele-
vate, alle quali le molecole del gas reale interagiscono
reciprocamente con
forze di carattere attrattivo.
Lequazione di Van der Waals e suscettibile di uninterpretazione
semplice.
Se il gas fosse ideale, il prodotto della sua pressione per il
suo volume
sarebbe uguale a nRT . A causa della non idealita, pressione e
volumevengono corretti in modo che il loro prodotto sia uguale a
nRT .
Il volume geometrico occupato da un gas reale non e ideale
perche
le molecole del gas reale, non essendo puntiformi, occupano un
volume
finito. Il volume che vedrebbe un gas ideale nelle stesse
condizioni e
quindi minore di V , da cui la correzione nb, dove b puo quindi
esserevisto come il volume occupato da una mole delle molecole del
gas reale
(poste tutte a contatto le une delle altre).
La pressione esercitata dal gas reale e minore di quella che
esercite-
rebbe un gas ideale nelle stesse condizioni, a causa delle forze
attratti-
ve che si esercitano fra le molecole del gas reale. Da qui, la
correzione
+a (n/V )2.
Il fatto che questa correzione sia proporzionale al quadrato
della concen-
trazione (n/V ) si spiega nel modo seguente. Il gas reale
esercita una minorpressione perche ogni singola molecola in
prossimita di una parete del re-
cipiente viene trattenuta, a causa delle forze attrattive, da
quelle che
si trovano nelle zone piu interne. Questo effetto sulla singola
moleco-
la deve essere proporzionale alla concentrazione di molecole
(maggiore e
questa concentrazione, e maggiore il numero di molecole che ne
attirano
una verso il centro del recipiente). La correzione totale sara
data dalla
correzione per una singola molecola moltiplicata per il numero
totale di
molecole che si trovano adiacenti alle pareti. Ma questo numero
totale e
a sua volta proporzionale alla concentrazione, per cui il
risultato e una
proporzionalita al quadrato della concentrazione.
18
-
In simboli, detta csingola la correzione da applicare a ogni
singola mole-cola, npareti il numero totale di molecole prossime
alle pareti e ctotale lacorrezione totale, si avra:
ctotale = csingola npareti
csingola = an
V
npareti = an
V
ctotale = an
Va
n
V
= a( n
V
)2
con a = a a
La condensazione e il punto critico
Siccome ci servira in seguito, consideriamo cosa avviene quando
si com-prime un gas reale a temperatura costante. In generale, un
processo che
avvenga a temperatura costante si dice isotermo.
Come abbiamo visto, per il gas ideale, la compressione isoterma
e descrittadallequazione:
PV = costante
il cui grafico e uniperbole sul piano P vs. V .
La compressione isoterma procede diversamente per un gas reale.
La cosapiu eclatante nel confronto fra gas ideale e gas reale nella
compressione
isoterma e che quando il volume di un gas reale viene
sufficientemente
ridotto, il gas normalmente condensa, cioe si ha una transizione
di
stato gas/liquido.
La spiegazione molecolare di cio e che, quando le molecole sono
costret-te in un volume sufficientemente piccolo, le interazioni
intermolecolari
non sono piu trascurabili e, a volumi molto ridotti, le molecole
restano
reciprocamente prigioniere dei rispettivi campi di forza.
La figura qui sotto mostra una serie di isoterme per un gas
reale nel pianoPV che potrebbero essere realizzate racchiudendo il
gas in un cilindrodotato di un pistone scorrevole. Descriviamo cosa
succede lungo il percorso
ABCDEF mostrato.
19
-
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
VC
PC
V
P
Nel tratto ABC il gas viene compresso: il volume diminuisce e la
pressio-ne aumenta approssimativamente in accordo con un andamento
iperbolicodel gas ideale. Man mano che ci si avvicina al punto C le
molecole inte-ragiscono fra loro sempre piu intensamente e quindi
il comportamento si
discosta sempre piu da quello ideale.
Al punto C il gas comincia a condensare: il cilindro ora
contiene unafase liquida in equilibrio con la fase gassosa.
Naturalmente, le condizioni
di temperatura, volume e pressione a cui cio avviene dipendono
dalla
natura del gas usato (cioe se si tratta di idrogeno, ammoniaca,
CO2 etc.)
Nel tratto CDE, alla diminuzione di volume (ottenuta comprimendo
ilpistone) non corrisponde un aumento di pressione. Invece, la
pressione
resta costante. Cio perche la diminuzione del volume viene
continua-
mente compensata dalla condensazione. La pressione costante
della fase
gassosa in equilibrio con la fase liquida alla temperatura
dellisoterma e
detta tensione di vapore.
In E tutto il gas e condensato. Il pistone si trova a contatto
della (unica)fase liquida
Nel tratto EF stiamo comprimendo un liquido e quindi la
pressione si im-penna molto piu ripidamente che nel tratto
precedente la condensazione.
Per ridurre il volume anche solo di poco, bisogna esercitare una
pressione
molto elevata.
Nella figura sono mostrate altre isoterme a temperatura via via
crescente.Man mano che la temperatura cresce, la condensazione
inizia a volumi
sempre minori e il processo si conclude in un intervallo di
volume sempre
minore. I punti di inizio e fine condensazione giacciono su una
curva a
campana (la curva tratteggiata nella figura).
Ad una temperatura speciale, detta temperatura critica, TC , i
volumidi inizio e fine condensazione si riducono ad un unico punto
(vedere fi-
gura) che viene detto punto critico. I corrispondenti valori del
volume
20
-
e della pressione vengono detti, rispettivamente, volume
critico, VC epressione critica, PC .
Nelle isoterme a temperatura maggiore di TC , il gas non
condensa piu,neppure a pressioni molto elevate. Il sistema non
diventa mai bifasico.
La spiegazione molecolare e che, anche se le molecole vengono
costrette
a stare molto vicine, la loro energia cinetica (legata alla
temperatura,
come vedremo) e troppo elevata affinche le forze intermolecolari
possano
imprigionarle e si abbia quindi la condensazione.
Lunica fase che si ha per T > TC e a rigori un gas, perche
occupauniformemente tutto il volume a disposizione. Tuttavia, la
densita di
questo gas puo essere molto maggiore di quella dei gas in
condizioni
ordinarie. Per questo motivo, si usa preferibilmente la
definizione di fluido
supercritico.
21
-
Atkins, capitolo 2
Il primo principio della termodinamica
Il primo principio della termodinamica e una versione per
sistemi termo-dinamici del piu generale principio di conservazione
dellenergia.
Noi enunceremo il primo principio per sistemi chiusi e tali che
le uniche
forme di energia che possono scambiare con lambiente siano
calore e
lavoro.
Assumeremo, quindi, che tanto lenergia potenziale quanto
lenergia ci-
netica del sistema considerato come un tutto unico non cambino
oppure
cambino solo in modo trascurabile.
Nel compiere una trasformazione fra uno stato di equilibrio
iniziale e unostato di equilibrio finale, un sistema del tipo
descritto sopra puo assorbire
e/o cedere energia allambiente in forma di calore e/o
lavoro.
Molto spesso si trova sperimentalmente che il bilancio fra
lenergia assor-
bita e quella ceduta durante il processo non sia in parita.
Piu in particolare possono verificarsi tutti i casi
possibili:
nel sistema entra piu energia di quanta ne esce nel sistema
entra ed esce la stessa quantita di energia nel sistema entra meno
energia di quanta ne esce
Si potrebbe essere tentati di pensare che, tranne per il caso in
cui lenergiaentrata e uguale a quella uscita, il principio di
conservazione dellenergia
sia stato violato:
se nel sistema entra piu energia di quanta ne esce, sembra che
cisia stata una sparizione di energia
se nel sistema entra meno energia di quanta ne esce, sembra
chedellenergia sia stata prodotta dal nulla
Ebbene, il primo principio della termodinamica sancisce che in
nessun casola conservazione dellenergia e venuta meno.
Esso infatti postula lesistenza di una forma di energia
posseduta intrinse-
camente dal sistema e per questo detta energia interna (indicata
spesso
con il simbolo U).
Allora:
se nel sistema entra piu energia di quanta ne esce, la
differenzanon e sparita, ma si ritrova come incremento
U = Ufinale Uiniziale > 0
dellenergia interna del sistema
22
-
se nel sistema entra meno energia di quanta ne esce, lenergia
sup-plementare in uscita non si e prodotta dal nulla, bensi e il
sistema
che lha fornita, diminuendo di
U = Ufinale Uiniziale < 0
la propria energia interna
Il bilancio energetico sancito dal primo principio e veramente
semplice.
Considerate la seguente analogia.
Supponete di avere un credito presso una persona, un debito
verso unaltra
e una somma di denaro (non serve sapere quanto) in tasca.
Ora immaginate di riscuotere il credito e pagare il debito.
Si possono verificare tutti e soli i seguenti casi:
il credito e il debito erano della stessa entita: potete saldare
ildebito con il denaro riscosso come credito e la somma che
avevate
in tasca rimane immutata.
il credito era maggiore del debito: potete pagare il debito con
unaparte del credito; il resto del credito rimane a voi e alla fine
la
somma di denaro che avete in tasca e aumentata.
il credito era minore del debito: per pagare il debito userete
tuttoil denaro riscosso come credito, ma in piu dovrete aggiungere
del
denaro prendendolo da quello che avevate in tasca e alla fine
la
somma di denaro che avete addosso e diminuita.
Ora fate le sostituzioni:
voi sistema
denaro riscosso come credito energia che entra nel sistema
denaro pagato per saldare il debito energia che esce dal
sistema
denaro nelle vostre tasche energia interna
e avete esattamente il bilancio del primo principio.
E anche molto semplice scrivere il bilancio energetico del primo
principioin forma matematica.
Se chiamiamoEin lenergia che entra nel sistema durante un
processo, Eoutquella che ne esce, Uiniziale e Ufinale lenergia
interna del sistema prima edopo la trasformazione, allora dovrebbe
essere chiaro che la conservazione
dellenergia e espressa dalla seguente equazione:
Ein + Uiniziale = Eout + Ufinale
Ein = Eout +U
dove il termine U = UfinaleUiniziale, potendo essere positivo,
negativoo nullo, e il salvatore della conservazione
dellenergia.
Infatti:
23
-
se Ein > Eout, allora si avra U > 0, cioe una parte
dellener-gia entrata nel sistema e andata ad incrementare la sua
energia
interna.
se Ein < Eout, allora si avra U < 0, cioe una parte
dellenergiache esce dal sistema proviene dalla sua energia interna,
che quindi
e diminuita
se Ein = Eout, allora si avra U = 0, cioe entra ed esce la
stessaquantita di energia e quindi lenergia interna del sistema
resta
invariata.
Notate: non e possibile conoscere la quantita totale di energia
interna,U , posseduta da un sistema: il primo principio mette in
relazione i flussi dienergia che entrano ed escono dal sistema (e
che sono le uniche quantita
di energia che noi possiamo misurare) con la variazione, U , di
energiainterna e non semplicemente con U .
Come apparira chiaro nel seguito, tuttavia, le variazioni di U
(e non Ustessa) costituiscono tutto cio che serve per le
applicazioni pratiche della
termodinamica.
Lenergia interna e una funzione di stato
La relazione appena vista si puo riscrivere nel modo
seguente:
U = Ein Eout
Questo mette in evidenza che la variazione di energia interna
subita da
un sistema durante un processo e uguale alla differenza fra
lenergia che
entra e quella che esce.
Ora, uno stesso processo, cioe un processo caratterizzato da
stati di equi-librio iniziale e finale identici, si puo realizzare
in infiniti modi diversi:
diciamo che a parita di stato iniziale e finale, ci sono
infiniti percorsi che
li collegano.
Lungo ciascun percorso, saranno diverse, in generale, le due
quantita
Ein ed Eout: di conseguenza, ci si potrebbe (lecitamente)
aspettare cheU dipenda dal particolare percorso seguito dal sistema
per andare dallo(stesso) stato iniziale allo (stesso) stato
finale.
Ebbene, lesperienza mostra che non e questo il caso.
Se un sistema compie un processo fra il medesimo stato inziale e
il mede-
simo stato finale attraverso diversi percorsi, mentre le
quantita di ener-
gia scambiate dipendono (in generale) dal particolare percorso
seguito, la
variazione di energia interna ne e indipendente.
Supponiamo che il sistema si trasformi dallo statoA allo stato B
attraversoi due diversi percorsi p e p:
24
-
p
p
B
A
p
p
B
A
Se indichiamo con Ein ed Eout lenergia entrata e uscita dal
sistema lungoil percorso p e con Ein ed E
out quella entrata e uscita lungo il percorso p
,
allora, in generale, si avra:
Ein 6= E
in
Eout 6= E
out
ma lesperienza mostra che si ha sempre:
Ein Eout = E
in E
out
(purche, ovviamente, gli stati di equilibrio iniziale e finale
siano sempre
gli stessi)
Quanto sopra significa che lenergia interna di un sistema e
funzione so-lamente del suo stato termodinamico di equilibrio, cioe
lenergia interna
e una funzione di stato.
E importante notare che la caratteristica dellenergia interna di
essereuna funzione di stato non deriva da alcuna considerazione
teorica: e sem-
plicemente un fatto sperimentale. Cioe non esiste esperimento
docu-
mentato in cui si sia misurata una diversa variazione di energia
interna
per due percorsi alternativi che connettano lo stesso stato
iniziale con lo
stesso stato finale.
Questo e il motivo per cui il primo principio si chiama,
appunto, princi-pio. In generale, nel linguaggio scientifico, un
principio (o legge) e un
postulato nato (e mai smentito!) dallosservazione sperimentale,
ma non
dimostrabile per via logico/matematica.
25
-
Calore e lavoro
I sistemi termodinamici di cui ci interessiamo possono scambiare
energiacon lambiente in due sole forme: calore e lavoro.
Per i motivi che appariranno chiari successivamente, e
conveniente scrive-
re lenergia in entrata e in uscita dal sistema esplicitamente
come somma
di un termine di calore q e uno di lavoro w. In tal modo il
primo principiodiventa:
qin + win = qout + wout +U
ovvero:
U = (qin qout) + (win wout)
Le due differenze al secondo membro sono, rispettivamente, il
calore
netto e il lavoro netto entrati nel sistema durante il
processo.
Possiamo indicare queste quantita semplicemente con q e w.
Otteniamocosi la forma piu nota del primo principio della
termodinamica:
U = q + w
Lunita di misura per lenergia interna, il calore ed il lavoro
nel sistemainternazionale e il Joule:
1 J = 1 N m
= 1 kg m2 s2
Molto usata e anche la caloria e la kilo-caloria:
1 cal = 4.184 J
1 kcal = 103 cal
26
-
Notate che, per come sono stati definiti, q e w sono positivi se
entrano (alnetto) nel sistema e negativi se ne escono:
q T 0 qin T qoutw T 0 win T wout
Questa viene detta convenzione egoistica, nel senso che e
positivo tutto
cio che entra nel sistema.
Talvolta, soprattutto nei testi piu vecchi, potreste trovare il
primo prin-cipio scritto cosi:
U = q w
In questo caso, il lavoro w e positivo quando esce (cioe: e
compiuto)dal sistema. Infatti lespressione col segno meno si ricava
dal bilancio
energetico scritto in questo modo:
U = (qin qout) (wout win)
(e quindi w > 0 quando wout > win)
Naturalmente, entrambe le forme sono corrette, una volta che si
abbia ben
chiaro il significato dei simboli.
La seconda convenzione nasce dallidea che il lavoro utile (e
quindi
degno del segno positivo) sia quello compiuto dal (e non sul)
sistema.
Nel nostro corso adotteremo la convenzione egoistica.
Con riferimento allequazione vista sopra, la formulazione del
primo prin-cipio della termodinamica e:
Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici detta
energia interna e tale che la sua variazione quando un
sistema
chiuso compie un processo qualsiasi fra due stati di equilibrio
e
uguale alla somma del calore assorbito e del lavoro compiuto
su
di esso.
Si trovano spesso formulazioni alternative e parziali del primo
principio,sempre basate sullequazione vista sopra.
Se un sistema e racchiuso da pareti adiabatiche non puo
scambiare calore
e quindi: q = 0 U = w. In questo caso, il primo principio suona
cosi:
27
-
Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici detta
energia interna e tale che la sua variazione quando un
sistema
chiuso compie un processo adiabatico fra due stati di
equilibrio
e uguale al lavoro compiuto su di esso.
Se un sistema e isolato, non puo scambiare ne calore ne lavoro e
quindi:
q = w = 0 U = 0. In questo caso, il primo principio suona
cosi:
Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici detta
energia interna che si conserva per i sistemi isolati.
Qualche chiarimento sul lavoro
Gli ingredienti del primo principio sono il calore e il lavoro
ed e fonda-mentale comprendere bene cosa significa che queste due
forme di energia
possano entrare o uscire da un sistema.
Per quanto riguarda i flussi di calore, non dovrebbe esserci
alcun problema:il calore e una forma di energia che viene scambiata
per effetto di differenze
di temperatura e tutti abbiamo unidea chiara di cosa significhi
che del
calore entra o esce da un sistema.
A tutti dovrebbe essere assolutamente chiaro che:
se un sistema e racchiuso da pareti adiabatiche non si ha ne
en-trata (sinonimi: assorbimento, acquisto) ne uscita (sinonimi:
ces-
sione, perdita) di calore dal sistema (ovviamente, lo stesso
vale per
lambiente)
se le pareti che racchiudono il sistema sono diatermiche, cioe
nonadiabatiche, allora:
se Tamb > Tsist si avra passaggio di calore dallambiente
alsistema; calore entra nel sistema; calore esce
dallambiente; il sistema acquista calore; lam-
biente perde calore; il sistema si riscalda; lam-
biente si raffredda.
se Tamb < Tsist si avra passaggio di calore dal sistema
al-lambiente; calore esce dal sistema; calore en-
tra nellambiente; il sistema perde calore; lam-
biente acquista calore;il sistema si raffredda;
lambiente si riscalda.
Per quanto riguarda il lavoro, potrebbe esserci qualche
incertezza su cosasignifichi esattamente che del lavoro entra o
esce da un sistema.
Innanzitutto:
energia che entra nel sistema sotto forma di lavoro significa
chedel lavoro viene compiuto sul sistema dallambiente;
energia che esce dal sistema sotto forma di lavoro significa che
dellavoro viene compiuto dal sistema sullambiente;
28
-
Quindi il problema puo essere riformulato in questo modo: come
si sta-bilisce se un agente (il sistema o lambiente) compie del
lavoro oppure se
del lavoro viene compiuto su di esso?
Diamo per scontata la nozione di lavoro meccanico: quando una
forza ~Fagisce su un oggetto che si sposta di un tratto ~s, essa,
ovvero lagente cheapplica tale forza, compie un lavoro sulloggetto
dato dal prodotto scalare
fra la forza e lo spostamento:
w = ~F ~s
Per definizione, il lavoro e una grandezza scalare.
A seconda dellangolo fra la forza e lo spostamento il segno del
lavoro puo
essere positivo o negativo (se langolo in questione e pari a 90,
il lavoro
e ovviamente nullo).
Se w > 0, cioe se la proiezione della forza lungo la
direzione dello sposta-mento delloggetto e lo spostamento stesso
hanno lo stesso verso, allora
diciamo che la forza, ovvero lagente che la applica, ha compiuto
del la-
voro sulloggetto. Ad esempio: compiamo un lavoro su una
scrivania se
la trasciniamo sul pavimento. Oppure: compiamo un lavoro su un
corpo
se lo solleviamo nel campo gravitazionale.
Se w < 0, cioe se la proiezione della forza lungo la
direzione dello spo-stamento delloggetto e lo spostamento stesso
hanno verso opposto, allora
diciamo che loggetto ha compiuto del lavoro sullagente che
ap-
plica la forza. Ad esempio, se accompagnamo la discesa della
scrivania
lungo un piano inclinato, la forza da noi esercitata tenderebbe
a far salire
la scrivania, mentre la scrivania scende: forza e spostamento
hanno versi
opposti; non siamo noi a fare del lavoro sulla scrivania, ma la
scrivania a
compiere del lavoro su di noi. Oppure: se freniamo la caduta di
un corpo
nel campo gravitazionale, e il corpo a compiere del lavoro su di
noi, e non
il contrario.
In generale, da un punto di vista intuitivo, diciamo che un
agente compiedel lavoro quando non si sforza inutilmente: se
trascino la scrivania, essa
si muove nel verso in cui applico i miei sforzi, che quindi non
sono vani;
viceversa, se faccio uno sforzo per accompagnare la scrivania
nella sua
discesa lungo il piano inclinato, limpressione che ho e comunque
quella
di sforzarmi inutilmente: nonostante io spinga verso su, la
scrivania
scende verso giu (ovviamente, da un punto di vista pratico, i
miei sforzi
non sono vani neppure in questo caso: se non accompagnassi la
scrivania,
essa accelererebbe lungo la discesa e potrebbe
fracassarsi!).
Possiamo quindi dire che il sistema compie del lavoro
sullambientequando una parte del sistema e/o dellambiente si muove
nella stessa
direzione della forza che il sistema applica (ovvero in
direzione oppo-
sta a quella della forza applicata dallambiente): lesempio piu
chiaro e
lespansione di un gas racchiuso in un cilindro con pistone.
Il lavoro che il sistema compie sullambiente esce dal sistema e
fa dimi-
nuire la sua energia interna.
29
-
Analogamente, possiamo dire che lambiente compie del lavoro
sulsistema quando una parte del sistema e/o dellambiente si muove
nella
stessa direzione della forza che lambiente applica (ovvero in
direzione
opposta a quella della forza applicata dal sistema): lesempio
piu chiaro
e la compressione di un gas racchiuso in un cilindro con
pistone.
Il lavoro che lambiente compie sul sistema entra nel sistema e
fa au-
mentare la sua energia interna.
In termodinamica, il lavoro che un sistema puo compiere o subire
none limitato alla sola forma del lavoro meccanico; si puo avere
infatti del
lavoro elettrico, del lavoro chimico, del lavoro di
magnetizzazione e cosi
via.
Tuttavia, qualsiasi tipo di lavoro puo essere sempre ricondotto
(anche
solo concettualmente) ad un lavoro meccanico in cui un peso
soggetto alla
forza di gravita subisce un innalzamento o un abbassamento.
Ad esempio, se un sistema termodinamico e costituito da un
conduttoremetallico attraverso il quale una batteria (lambiente)
forza il passaggio di
una carica elettrica pari a Q soggetta ad una differenza di
potenziale V ,il sistema subisce un lavoro elettrico w = QV che si
potrebbe ottenerein modo equivalente facendo discendere di un
tratto h un corpo di massam collegato ad un magnete girevole
allinterno di un solenoide. Il tratto hdi cui il corpo dovrebbe
discendere soddisfa la condizione:
mgh = QV
dove g e laccelerazione di gravita.
In questo caso la forza di gravita (lambiente) compie del lavoro
sul
sistema (il conduttore) che lo subisce.
In generale, possiamo dire che il sistema compie lavoro (cioe
energiasotto forma di lavoro esce dal sistema) ogni volta che il
lavoro scambia-
to dal sistema con lambiente puo essere ricondotto al
sollevamento di
un corpo; il lavoro compiuto dal sistema e dato dallaumento di
energia
potenziale gravitazionale del corpo.
Analogamente, possiamo dire che del lavoro viene compiuto sul
sistema
(cioe energia sotto forma di lavoro entra nel sistema) ogni
volta che il
lavoro scambiato dal sistema con lambiente puo essere ricondotto
alla di-
scesa di un corpo; il lavoro compiuto sul sistema e dato dalla
diminuzione
di energia potenziale gravitazionale del corpo.
Un altro modo semplice e intuitivo per decidere con sicurezza se
il sistemacompie o subisce del lavoro e il seguente.
In generale, lenergia (anche lenergia interna) puo essere
definita quali-
tativamente come la capacita di compiere lavoro.
Questo e un concetto estremamente intuitivo: normalmente, se
vediamo
una persona lavorare di buona lena, diciamo che ha molta
energia.
30
-
E altrettanto intuitivo il fatto che piu lavoro si compie, e
meno si e dispo-
sti a compierne dellulteriore: se cominciamo a fare un lavoro
faticoso al
mattino, dopo una notte di buon riposo, inizialmente procediamo
spediti,
ma, man mano che lavoriamo, la voglia di andare avanti
diminuisce sem-
pre piu. La nostra energia, cioe la nostra capacita di compiere
lavoro,
diminuisce man man che compiamo lavoro.
Allopposto, se del lavoro viene compiuto su di noi (in questo
caso sara del
lavoro chimico dovuto alle reazioni che avvengono quando
mangiamo del
cibo o dormiamo), la nostra capacita a compiere lavoro (la
nostra energia)
aumenta.
Allora: per capire subito se del lavoro e stato fatto dal
sistema o sul
sistema, spesso basta chiedersi se in seguito ad esso la
capacita del sistema
di compiere dellulteriore lavoro e aumentata o diminuita:
se in seguito a del lavoro scambiato con lambiente la
capacitadel sistema di compiere dellulteriore lavoro e aumentata,
allora il
lavoro scambiato e stato fatto sul sistema.
Ad esempio, se il gas contenuto in un cilindro con pistone
viene
compresso (scambio di lavoro), la sua capacita di compiere
dellul-
teriore lavoro e aumentata (il gas puo sollevare un peso
maggiore
se viene lasciato espandere): la compressione di un gas e
quindi
un lavoro fatto sul gas, perche in seguito ad esso la sua
capacita
di compiere (ulteriore) lavoro e aumentata.
se in seguito a del lavoro scambiato con lambiente la
capacitadel sistema di compiere dellulteriore lavoro e diminuita,
allora il
lavoro scambiato e stato fatto dal sistema.
Se il gas contenuto in un cilindro con pistone viene lasciato
espan-
dere, la sua capacita di compiere dellulteriore lavoro e
diminuita
(dopo lespansione, il gas riesce a sollevare un peso minore se
viene
lasciato espandere ulteriormente): lespansione di un gas e
quindi
un lavoro fatto dal gas, perche ha diminuito la sua capacita
di
compiere (ulteriore) lavoro (la sua energia).
Energia interna, lavoro e calore dal punto di vista
microscopico
La termodinamica classica prescinde totalmente dalla dimensione
micro-scopica dei sistemi: cioe ignora completamente lesistenza di
atomi, mo-
lecole ed elettroni. Tuttavia e molto utile porre in relazione
le leggi e i
risultati della termodinamica classica con la dimensione
molecolare della
realta.
Da un punto di vista microscopico/molecolare, lavoro e calore
sono en-trambi connessi ai moti molecolari, ma sono nettamente e
facilmente
distinguibili:
si ha scambio di energia sotto forma di lavoro ogni volta che le
par-ticelle (elettroni, atomi, molecole) si muovono in modo
ordinato:
un pistone che si solleva, una ruota che gira, un flusso di
elettroni
in un circuito elettrico etc.
31
-
si ha scambio di energia sotto forma di calore ogni volta che
leparticelle si muovono in modo caotico e disordinato: se un
gas
viene riscaldato a volume costante, non si ha alcun
movimento
ordinato (niente di macroscopico si muove), ma la velocita
media
del moto casuale delle sue molecole aumenta.
Lenergia interna di un sistema e la somma dellenergia cinetica e
poten-ziale delle particelle che lo costituiscono.
Notate: non solo lenergia cinetica delle molecole e la loro
energia poten-
ziale di interazione, ma anche lenergia dei legami fra gli atomi
nelle mo-
lecole, lenergia di interazione fra gli elettroni e i nuclei di
ciascun atomo,
lenergia di coesione delle particelle nucleari etc. etc.
Questo e il motivo per cui non e possibile conoscere la quantita
totale di
energia interna posseduta da un sistema: la scomposizione di un
sistema
in particelle puo essere condotta a livelli sempre piu
microscopici, e
ciascun livello porta un contributo allenergia interna.
Per questo motivo lenergia interna di un sistema viene spesso
definita
come lenergia necessaria a creare il sistema dal nulla.
La forma differenziale del primo principio
Come apparira chiaro nel seguito, e utile considerare
lapplicazione delprimo principio della termodinamica ad un processo
infinitesimo. In
un tale processo, sistema e ambiente scambiano quantita
infinitesime di
calore e/o lavoro, che determinano, conseguentemente, una
variazione infi-
nitesima dellenergia interna del sistema. Matematicamente,
lespressione
del primo principio per questo caso resta immutata, salvo che le
quantita
in gioco sono dei differenziali:
dU = q + w
Chiariremo fra un attimo il significato delloggetto matematico
che chia-miamo differenziale: per il momento, e sufficiente sapere
che esso rap-
presenta il modo di esprimere una variazione molto piccola
(infinitesima,
appunto) di una qualche grandezza fisica.
Il significato fisico della relazione scritta sopra e il
seguente.
Se un sistema scambia con lambiente delle quantita molto piccole
(ten-
denti a zero) di lavoro (w) e calore (q), la sua energia interna
variacorrispondentemente di una quantita infinitesima (dU).
Un punto fondamentale riguarda la descrizione matematica delle
tregrandezze contenute nelluguaglianza.
Le tre quantita infinitesime sono state indicate, volutamente,
in modo
diverso: dU indica un cosiddetto differenziale esatto, mentre q
e windicano dei differenziali inesatti.
32
-
Dire che dU e un differenziale esatto e un modo di dire che
lenergiainterna di un sistema e una funzione di stato. Cioe:
lenergia interna
si puo scrivere come una funzione matematica di alcune
variabili
di stato del sistema e quindi una sua variazione infinitesima si
puo
esprimere con il differenziale di tale funzione (definiremo fra
un momento
il differenziale di una funzione).
Daltro canto, dire che q e w sono dei differenziali inesatti e
unmodo di dire che calore e lavoro non sono funzioni di stato. Non
esiste
una funzione delle variabili di stato di un sistema che fornisca
il calore o
il lavoro contenuti nel sistema in un certo stato di
equilibrio.
Calore e lavoro sono grandezze fisiche definite solo in
relazione al loro
flusso dal sistema allambiente o viceversa: cioe, possiamo
misu-
rare senza difficolta quanto calore o lavoro viene trasferito
dal sistema
allambiente o viceversa, non possiamo misurare e neppure
definire quanto
calore o lavoro e contenuto nel sistema o nellambiente.
Una delle principali differenze fra una grandezza termodinamica
che efunzione di stato (come lenergia interna) e una che non lo e
(come il
calore o il lavoro) consiste nel fatto che, durante un processo
che collega
lo stesso stato iniziale allo stesso stato finale, la variazione
della prima e
indipendente dal percorso seguito, mentre quella della seconda
dipende
da come il processo e stato eseguito (ad esempio se il processo
e stato
reversibile o irreversibile).
Possiamo illustrare questo punto con un esempio gia fatto in
generale.Consideriamo lapplicazione del primo principio ad un
processo A Bcompiuto attraverso due percorsi diversi p e p:
p
p
B
A
p
p
B
A
Se indichiamo con q e w il calore e il lavoro scambiati lungo il
percorsop e con q e w le corrispondenti quantita scambiate lungo p,
allora, ingenerale, si avra:
q 6= q
33
-
w 6= w
perche calore e lavoro non sono funzioni di stato (cioe sono dei
differen-
ziali inesatti).
Invece, siccome lenergia interna e una funzione di stato (e un
differenziale
esatto), si avra (non solo per p e p, ma per qualsiasi altro
percorso):
U = U
Notate: mentre calore e lavoro, presi singolarmente, non sono
funzioni distato, la loro somma lo e:
U = U
q + w = q + w
Digressione matematica sui differenziali
A questo punto e opportuna una piccola digressione matematica
sul con-cetto di differenziale.
Il differenziale di una funzione di una variabile f (x) e
indicato con df ede la funzione di due variabili x e x definita nel
modo seguente:
df (x,x) = f (x)x
dove f (x) e la derivata prima della funzione e x e un
incremento(arbitrario) della variabile indipendente x.
Nella notazione, usualmente si sopprimono gli argomenti x e x,
per cuiil differenziale si scrive normalmente come df . Se la
funzione viene scrittacome y = f (x), allora il suo differenziale
viene spesso indicato con dy .
Per la funzione identita y = f (x) = x si ha:
df (x,x) = dy (x,x) = dx (x,x) = dx = f (x)x
=d
dx(x)x
= 1x
= x
34
-
e quindi e invalso luso di scrivere dx al posto di x:
df (x,x) = f (x) dxoppure df (x) = f (x) dxoppure df = f (x)
dxoppure dy = f (x) dx
Il significato geometrico del differenziale di una funzione si
puo vedere inquesta figura:
f (x)
= dy
y
x+xx
f (x)
= dy
y
x+xx
f (x) e la pendenza della retta tangente al grafico della
funzione nel puntodi coordinate (x, f (x)). Allora, detto x uno
spostamento lungo lasse x apartire da x e detto, per il momento, il
corrispondente spostamento lungolasse y determinato nella retta
tangente, per la pendenza deve valere:
f (x) =
x
ovvero:
= f (x)x
= dy
35
-
In pratica, quindi, il differenziale dy rappresenta
lapprossimazione linea-re alla variazione della funzione y per la
variazione x (= dx ) dellavariabile indipendente.
Cioe, in altre parole, se la variabile indipendente x varia di x
(= dx ),la variazione della funzione e y, e sarebbe pari a dy se la
funzionecoincidesse con la sua retta tangente nel punto di
coordinate (x, f (x)).
Lutilita del differenziale di una funzione si comprende sulla
base dellaseguente semplice proprieta:
limx0
y = dy
cioe: per una piccola variazione della variabile indipendente x
(x 0),la variazione della funzione (y) tende a coincidere con il
suo differenziale(dy).
La dimostrazione delluguaglianza su scritta e molto
semplice:
limx0
y = limx0
(f (x+x) f (x))
= limx0
f (x+x) f (x)
xdx (NOTA: moltiplico e divido per x = dx )
= f (x) dx
= dy
perche:
limx0
f (x+x) f (x)
x= f (x) per definizione
e
limx0
dx = dx sempre
Quindi: se una grandezza fisica y e esprimibile come una
funzione mate-matica di unaltra grandezza fisica x, allora la
variazione di y conseguentead una variazione di x e
approssimativamente uguale al differenziale dellafunzione e cio e
tanto piu vero quanto piu piccola e la variazione di x.
Le regole di differenziazione (cioe le regole per trovare i
differenziali) sonoidentiche alle regole di derivazione (cioe le
regole per trovare le derivate).
Possiamo illustrare questo per il caso del prodotto di due
funzioni f (x) eg (x).
36
-
Quale il differenziale del prodotto f (x) g (x)?
Basta applicare la definizione:
d (fg) =
d (f (x) g (x)) = (f (x) g (x))dx
= (f (x) g (x) + f (x) g (x)) dx
= g (x) f (x) dx+ f (x) g (x) dx
= g (x) df (x,x) + f (x) dg (x,x)
= g df + fdg
cioe:
d (fg) = g df + fdg
che e proprio la regola per trovare la derivata di un
prodotto.
E cosi via. Ad esempio:
d
(f
g
)
=gdf fdg
g2
La derivata di una funzione puo essere trattata come rapporto
fra duedifferenziali.
Dalla definizione di differenziale si ha, banalmente:
df = f dx
f =df
dx
Notate: normalmente, la derivata di una funzione viene indicata
equiva-
lentemente con f oppure df /dx . Se non avessimo introdotto la
definizionedi differenziale, la notazione:
df
dx
sarebbe semplicemente un simbolo come un altro per indicare la
derivata
della funzione f . Nulla ci autorizzerebbe a considerarlo come
un effettivorapporto! Cioe, se:
f (x) = 3x2 2x+ 7
37
-
il simbolo df /dx indicherebbe la funzione:
df
dx f (x) = 6x 2
Alla luce della definizione di differenziale, invece, possiamo
interpretare il
simbolo df /dx anche come un vero e proprio rapporto fra due
differenziali.
Avete sicuramente gia sfruttato questo fatto senza
giustificarlo. Ad esem-pio, sapete senzaltro risolvere una
equazione differenziale ordinaria del
primo ordine come:
f (t) = kf (t)
con f (0) = f e k costante.
Cio che abitualmente si fa in questo caso e:
df
dt= kf
df
f= kdt
f
f
df
f= k
t
0
dt
ln f ln f = kt
ln f
ln f= kt
f
f= exp (kt)
f (t) = f exp (kt)
Se non si sa che una derivata puo essere trattata come un
effettivo rap-
porto fra due differenziali, il primo passaggio qui sopra
lascerebbe per lo
meno perplessi!
Quanto detto per le funzioni di una sola variabile si estende
senza alcunacomplicazione al caso delle funzioni a piu
variabili.
Per una funzione di n variabili:
y = f (x1, . . . , xn)
si definisce differenziale totale dy la sommatoria:
38
-
dy =y
x1x1 + +
y
xnxn
=
i
y
xixi
Anche in questo caso, se y = f (x1, . . . , xn) = xi si ha:
dy = dx i =y
x1x1 + +
y
xnxn
=
x1(xi) x1 + +
xn(xi) xn
=
xi(xi) xi (perche tutte le altre derivate parziali sono
nulle)
= 1xi
= xi
per cui normalmente il differenziale di una funzione di piu
variabili si
scrive come:
dy =y
x1dx 1 + +
y
xndxn
Linterpretazione geometrica del differenziale in piu dimensioni
e analogaa quella in una sola dimensione: il differenziale totale
di una funzione a
piu variabili e la variazione che subirebbe la funzione in
corrispondenza
a delle variazioni delle variabili indipendenti x1, x2, . . .
,xn se la fun-zione coincidesse con il suo (iper)piano tangente nel
punto di coordinate
(x1, x2, . . . , xn, f (x1, x2, . . . , xn)) (pensate al caso di
una funzione di duesole variabili, il cui grafico e una superficie
nello spazio).
Anche per una funzione di piu variabili si puo dimostrare
che:
limxi0
(i=1,...,n)
y = dy
cioe: per piccole variazioni delle variabili indipendenti, la
variazione di
una funzione di esse e approssimata dal suo differenziale e
lapprossi-
mazione e tanto migliore quanto minore e la variazione della
variabili
indipendenti.
Differenziali esatti e inesatti
39
-
Da quanto appena detto sulla nozione matematica di
differenziale, dovreb-be essere chiaro che per ogni funzione (a
parte casi veramente gobbi chenon ci interessano) esiste il
corrispondente differenziale.
La cosa per noi importante, riguardo al primo principio della
termodi-namica e in generale, come vedremo, per tutte le grandezze
fisiche che
incontreremo, e laffermazione del punto precedente, vista al
contrario:
se una grandezza termodinamica (come ad esempio lenergia in-
terna introdotta dal primo principio) e una funzione di sta-
to, cioe, in parole povere, si puo esprimere come una fun-
zione matematica di una o piu altre variabili di stato,
allora
una sua variazione infinitesima si puo rappresentare con il
suo
differenziale.
Lo stesso non vale se una grandezza termodinamica non e
unafunzione di stato, come e il caso di calore e lavoro.
Nel primo caso si dice cha la variazione infinitesima della
grandezza consi-
derata e un differenziale esatto, cioe, semplicemente, che si
puo esprimere
con un differenziale matematico.
Nel secondo caso si dice cha la variazione infinitesima della
grandezza con-
siderata e un differenziale inesatto, intendendo con cio che
tale variazione
non si puo esprimere con un differenziale matematico.
Attenzione: il primo principio afferma che lenergia interna e
una funzionedi stato, ma lespressione:
dU = q + w
non e lespressione matematica del differenziale (esatto)
dellenergia in-
terna. Questa espressione e di origine fisica e non
matematica.
Lespressione matematica del fatto che lenergia interna e una
funzionedi stato e quindi ammette un differenziale richiede che si
specifichino le
variabili di stato (calore e lavoro non sono variabili di
stato!) da cui
lenergia interna dipende. Ad esempio, abbiamo detto che lo stato
di un
sistema costituito da una massa fissata di una sola fase di una
sola sostanza
e completamente determinato da due sole variabili intensive.
Allora, se
scegliamo la pressione P e la temperatura T , il primo principio
ci assicurache lenergia interna (funzione di stato) si puo
esprimerematematicamentecome:
U = U (P, T )
e quindi, per una variazione infinitesima di pressione e
temperatura, la
corrispondente variazione dellenergia interna si puo esprimere
come:
40
-
dU =
(U
P
)
dP +
(U
T
)
dT
E la matematica che ci consente di scrivere questa relazione;
mentre e
dalla fisica (cioe dallesperimento) che si origina il primo
principio:
dU = q + w
Naturalmente, le due espressioni, in quanto entrambe valide,
possono
essere combinate per dare:
(U
P
)
dP +
(U
T
)
dT = q + w
Ecco: questo e un tipico uso che faremo spesso del fatto che una
certa
grandezza termodinamica e funzione di stato: esprimeremo una sua
va-
riazione infinitesima sia come il suo differenziale (un fatto
puramente ma-
tematico) e sia in funzione della variazione infinitesima di
altre grandezze
(grazie a leggi fisiche, derivate da esperimenti).
Dalluguaglianza delle due espressioni si ricaveranno importanti
risultati.
Notate ancora che per scrivere il differenziale dellenergia
interna (o diqualsiasi altra funzione di stato), non e necessario
conoscere lesatta forma
analitica della funzione; il piu delle volte, saremo in grado di
ottenere
risultati della massima importanza prescindendo completamente da
taleconoscenza.
Il lavoro di volume
Un tipico modo di scambiare energia fra sistema e ambiente sotto
formadi lavoro e quello del cosiddetto lavoro di espansione o
lavoro di
volume.
Quando in un processo termodinamico si ha variazione di volume
(cioe ilsistema si espande o si contrae), si ha sempre il movimento
di qualche corpo
macroscopico nel sistema o nellambiente. Tale movimento
corrisponde ad
un lavoro che viene detto, appunto, lavoro di volume (o di
espansione).
Vogliamo trovare ora lespressione di tale forma di lavoro, che
per noi sara
particolarmente importante.
Come abbiamo gia notato, il lavoro di espansione non e lunica
forma dilavoro possibile in termodinamica. Ad esempio, si puo avere
del lavoro
elettrico prodotto o subito da una cella elettrochimica. Vedremo
pero che
alcuni risultati che ricaveremo in seguito sono validi solo
quando lunica
forma di lavoro scambiato fra sistema e ambiente e il lavoro di
volume.
41
-
Per ricavare lespressione del lavoro scambiato in seguito ad una
varia-zione di volume, ricordiamo che qualsiasi lavoro compiuto o
subito dal
sistema (non solo quello di volume) e misurato dalla variazione
di energia
potenziale gravitazionale di un corpo che viene,
rispettivamente, sollevato
o abbassato.
Consideriamo allora un sistema costituito da un gas (non
necessariamenteideale) contenuto allinterno di un cilindro dotato
di un pistone scorrevole:
GAS
dh
h+ dh
h
Supponiamo che sopra il pistone sia stato fatto il vuoto,
cosicche la pres-sione esercitata dallambiente sul sistema e dovuta
alla forza peso del
pistone, supposto di massa m e area A:
Pext =mg
A(g = accelerazione di gravita)
Consideriamo un processo in cui il gas si espande di una
quantita infini-tesima sollevando il pistone di un tratto dh .
In questo caso, lidentificazione del lavoro scambiato con la
variazionedi energia potenziale gravitazionale di un corpo che
viene sollevato e
immediata: la quan