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Cefalonia veneziana: le vicende e l'amministrazione

May 12, 2023

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Patrimonio veneto nel mediterraneo

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CefALoNiA e itACA AL teMPo

DeLLA SeReNiSSiMADocumentazione e cartografia in biblioteche venete

Saggi diBruno Crevato-Selvaggi, Maria Marcella ferraccioli, Gianfranco Giraudo, Simonetta Pelusi

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PAtRiMoNio VeNeto NeL MeDiteRRANeoCollana promossa e sostenuta da

Coordinamento progettoMauro Scroccaro

© 2013 Biblion edizioni srl, Milano© Regione del Veneto© Marco Polo System tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il consenso dell’editore.

Crediti fotografici:© Archivio Fotografico - Fondazione Musei Civici di Venezia, 2013 (tavole 1-8)© Archivio Biblion Centro Studi, Venezia© Archivio Biblion edizioni, Milano

iSBN 978-88-96177-76-1 1a edizione: settembre 2013www.biblionedizioni.itwww.marcopolosystem.it

in copertina: Justus Danckerts, Peloponnesus Hodie Moreae Regnum Distincté Divisum in Omnes suas Provincias hodierna atque veteres, cui et adiuguntur insulae Cefalonia, Zante, Cerigo et St. Maura, Amsterdam, 1690 circa, particolare

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Luca Zaia Presentazione 7

Pietrangelo PettenòPresentazione 9

Aulo Chiesa, Simonetta PelusiPremessa 11

Parte I. Cefalonia Veneziana: le vicende e l’amministrazione 13

Bruno Crevato-SelvaggiCefalonia Veneziana: le vicende e l’amministrazione 15

Parte II. Documenti riguardanti Cefalonia e Itacain biblioteche venete 41

M. Marcella Ferraccioli, Gianfranco Giraudo Cefalonia e itaca nelle descrizioni di Antonio ParaviaUn viaggio fra documenti e immagini 43

tavole 61

Documenti riguardanti Cefalonia e itaca in biblioteche venete 72

Parte III. Tra mito e geografia: Cefalonia e Itaca 125

Simonetta PelusiTra mito e geografia: Cefalonia e Itaca 127

tavole 145

Indice analitico 165

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Matthäus Seutter, Graecia Nova et Mare Aegeum s. Archipelagus, in qua Mappa Macedonia, Albania, Epirus, Thessalia et Morea, cum circumjacentibus Insulis Corcyra, Cephalonia, Zacynthos, Stalimene, Chios distincte exhibentur [...], Augsburg, M. Seutter, 1730-1740

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CEFALONIA VENEZIANA: LE VICENDE E L’AMMINISTRAZIONE

Cefalonia veneziana: le vicende e l’amministrazioneBruno Crevato-Selvaggi

Le isole Ionie: la conquista veneziana e il sistema amministrativo

L’arcipelago delle isole ionie, sulla costa occidentale della Grecia settentrionale e della Morea, si stende da nord a sud ed è formato dalle isole di Corfù, Paxo, Santa Maura, Cefalonia, Itaca e Zante. Pervennero sotto il dominio veneziano in tempi e con vicende diverse, rimanendo poi politicamente con la Serenissima sino al termine della sua storia.

Com’è noto, lo Stato da mar veneziano (così come quello di terra) era suddiviso in rettorati (termine generico e contemporaneo), ovvero particelle giurisdizionali costituite, di solito, da una città con il suo contado e base dell’intero sistema amministrativo della Repubblica. A capo di ogni rettorato vi era un patrizio veneziano, inviato dal Senato o dal Maggior Consiglio con il compito di sovraintendere ai Consigli cittadini locali. A seconda dei luoghi, questi rettori assumevano titoli diversi; rimanevano in carica per un periodo di tempo prefissato; le loro prerogative e i loro obblighi erano fissati da regole e mandati molto rigidi. oltre a questi massimi reggitori, in alcuni rettorati importanti per estensione o posizione strategica venivano inviati anche altri patrizi veneziani con incarichi specifici, di carattere militare o fiscale o di sovrintendenza di particolari fortezze. In alcune aree venivano nominate anche magistrature di secondo livello, a carattere provinciale, che sovrintendevano un’area costituita da più rettorati.1 Corfù, l’isola più settentrionale e la seconda per dimensioni dell’arcipelago, si estende parallelamente alla vicina costa epirota. era appartenuta già a Venezia, per breve tempo, nel 1148 e nel 1203. Nel XiV secolo era possesso degli Angiò di Napoli; nell’ambito della propria politica espansionistica seguita alla guerra di Chioggia, Venezia l’assediò e la prese nel 1386, ottenendo la dedizione della città. Nel 1402 il possesso venne formalizzato dalla cessione dei diritti

Pieter van der Aa, Constantinopolen en

Egypten, door Nicolaus Schmidt in een zesjarige reystogt, uyt Duytsland

besogt en beschreven, Leiden, Van der Aa,

1706-08

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l’autorità provinciale sulle isole del Levante, operando come Governatore militare e civile e con sovrintendenza sui singoli rettorati.

In età postveneziana, Paxo venne considerata isola maggiore e l’arcipelago, composto da Corfù, Paxo, Santa Maura, Cefalonia, Itaca, Zante e Cerigo, divenne noto come “isole ionie” o “eptaneso”; fu napoleonico, poi eretto in Stato autonomo sotto tutela britannica, per unirsi con la Grecia indipendente nel 1864.

La guerra del 1499-1503 e la conquista di Cefalonia

Alla prima guerra veneto-ottomana del 1463-1479 era seguito un periodo di pace vigile. Maometto ii, il conquistatore di Costantinopoli, era morto nel 1481 e il potere era passato al figlio Bayediz II, che nel 1498, quando le condizioni politiche furono favorevoli, si preparò a un nuovo scontro per mare e per terra con Venezia. Qui ora interessa soprattutto la presa di Cefalonia e la narrazione della seconda guerra veneta-ottomana rimarrà quindi sullo sfondo; verranno utilizzati come fonte privilegiata i Diari del grande diarista veneziano Marin Sanudo.3 Nell’ultima parte del 1498 la guerra era ormai nell’aria. Giungevano a Venezia notizie confuse di preparativi da parte degli ottomani, ma non si aveva idea della destinazione dell’armata navale in allestimento: chi diceva Rodi, chi Corfù, chi la Puglia. il Senato veneziano decise di inviare un ambasciatore presso la Porta, Andrea Zancani, per cercare di scongiurare l’accendersi del conflitto. La sua Commissione, ovvero le istruzioni impartitegli il 17 novembre 1498 prima della partenza per lo svolgimento della trattativa, conteneva sette incarichi. il quarto era quello di sistemare le pendenze ancora aperte per Zante e tentare di ottenere l’isola di Cefalonia per vie diplomatiche, acquistandola: «potendo haver la Zefalonia, spendi ducati 3000».4 Zancani ebbe però remore ad affrontare la faccenda, perché si rese conto che i turchi erano già maldisposti, ritenendo che Venezia avesse violato il trattato con cui aveva acquisito Zante un quindicennio prima. il 12 aprile 1499, infatti

scrive in zifra [cioè in codice] no haver voluto promuover la cossa… di la Zefalonia, perché quando li dete li ducati 500 per il Zante à inteso che li bassà disse la Signoria ha fato fabricar el castello che è contra i pati e perhò voleano dimandar indrio ditta ixola.5

L’8 maggio Zancani era già rientrato a Venezia e in Senato riferiva «di la Zefalonia no ha parlà perché dà de intrada 12milia ducati, e Mustafà bei disse dil Zante la Signoria fa fabrichar il castello ch’è contra li capitoli [i punti del trattato]».

La situazione nell’isola era comunque confusa e la mobilità e le relazioni tra questa, ottomana, e la vicina Zante veneziana erano continue. La diocesi religiosa comprendeva ambedue le isole di Zante e Cefalonia e il vescovo, che risiedeva a Zante, era il fratello di ser tomado de franceschi, che stava a Modone. Gli uomini si muovevano: nel febbraio del 1499 il «subassi» [carica ottomana] di Cefalonia era andato dal Provveditore veneziano a Zante, Nicolò fero, chiedendogli la consegna di otto dei dieci uomini che

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intanto, fra settembre e ottobre, i turchi compirono diverse e disastrose incursioni nel friuli veneziano; la guerra si combatteva anche in Albania e in Grecia.

A Cefalonia la situazione era in stallo. Da Corfù, l’8 ottobre «sier thomà Zen si partì da Corfù e andò con alcune galie a la volta di la Cefalonia, per far legnami per fortifichar li luoghi, e per l’armada. Et [riferì] come in la Zefalonia erano intrati turchi 500».

il rapporto di Grimani del 9 ottobre narrava che

avanti venisse a Corfù, havia fatto experentia con galie e nave di expugnar la Zefalonia, et non poté far 0 [nulla], et si levò di note senza trombeta; adeo ne rimase 90 su l’isola, quali fono impallati, et dicitur etiam, ne fo morti di nostri combatendo; et si partì. Et par, Oliviero Morelo, sopracomito di la galìa di Corfù, si oferse, con 6 galie e una nave armada, tuor quella impresa; et fo ditto, havia expugnado et castelo con bombarde di la nave, e preso turchi erano in quello, el qual è grando come Corfù, ma più grasso; tamen non fo vero.

e ancora, due giorni dopo:

olivier Morelo, sopracomito, andò a la Zefalonia, e fo rebatuto da’ turchi. Qual poi li dimandò certe galie e, aute, andò et amazò alcuni turchi su ditta isola; tamen altro non poté far.

Nel frattempo, a Venezia erano giunti i rapporti sullo Zonchio: pur non essendo stata una disfatta, furono accolti quasi con panico, comunque con disperazione. Si parlò di deficienza nel comando, di comportamento pusillanime; furono rivolte pesanti accuse a Grimani, che venne richiamato in patria, arrestato e sostituito.6 e la situazione a Cefalonia rimaneva confusa. il 23 novembre «Sier Simon Guoro par prendesse do fuste di turchi, andava a la Zefalonia», mentre il 29 novembre il nuovo Capitano generale, Marchiò [Melchiorre] trevisan,

feno conseio con li governadori e soracommiti… e tandem terminono di andar a l’impresa di la Zephalonia, et soli ser Marco orio e sier Zuan Malipiero erano di opinion di andar in colfo a brusar l’armata, tamen era impresa impossibele a tuor a questi tempi, adeo subito fè molte provision etc. item, non li par di mandar le galie di viazi, per rispeto vuol tuor prima ditta ixola.

Insomma, se non si risolveva la situazione di quella spina nel fianco di Cefalonia, rimanevano ferme anche le galee commerciali; d’altra parte le forze a disposizione erano tali che occorreva decidere se utilizzarle per prendere l’isola, o per affrontare la flotta nemica nel golfo; non era possibile cimentarsi in ambedue le imprese. Agli inizi di dicembre si decise per

Petrus Bertius, Descriptio Peloponnesi,

in: Tabularvm geographicarum

contractarum libri quinque. Cum luculentis

singularum tabularum explicationibus.

Editio tertia, Amstelodami,Apud Cornelium Nicolaj,

1606

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Come za uno mese se bombardava la Zefalonia, et fin quel zorno se li havea dato 4 bataie, di le qual l’ultima fo ieri, a la qual ge intravene el magnifico zeneral, et fere tuta l’armata; e li fo dato una forte bataglia, ma per esser il castello su uno monte, sito fortissimo et saxoso, alto et eminente, a natura fortissimo, non si poté prender, per la grandissima difesa, che fanno turchi sono in quela forteza, tuti homeni pratichi, e cernida da guera, e ostinati, e disposti più presto de morir, che volersi render. e dandoli la bataglia, sino vede come cadeno zoso morti, per il trazer di le nostre artilarie; e tamen pur non ne fazino stima. Le bombarde nostre da uno ladi, dove aloza lo exercito nostro, ge hanno gitato zoso tute le mure, che pocho ge n’è im piedi, havendose fato etiam certi gati o ver buso soto le mure, e con polvere di bombarda, che se deva a quelli busi, il muro cadeva tuto zoso, quanto che durava la busa, e pareva uno teremoto, che butasse zoso case, e le piere del muro saltavano fino a li nostri repari, ch’è poco manco de una balestrada. et è bel modo a ruinar mure, meio che bombarde, a chi se po’ acostar a le mure; e gitato zoso il muro, né le bombarde e gati non ha bastato, che li è rimasto dentro la terra il teragio, alto come le mure. e sopra quello turchi hanno fato de gran repari, e destrute le case del castello, e dil legname fano repari, e de le piere de muri fano difesa grandissima, quando se li dà la bataglia, che son tute piere vive e non matoni; e fano difesa tanto grande, che mai viti la mazor. e comer nostri se li apresenta, butano tanti saxi de ogni sorte, che par tempesta in aere, e trazeno tanto freze, che pareno mosche vadino per aer di estate, per arito, e per trezo, e per fianco, ad ogni banda. E quando alcuno si acosta tropo avanti a queli soi repari, ge butano certi fochi artificiati adosso, che, dove trova carne discoperta, li abrusa e fa gran fumo; et etiam getano aqua calda; e in quel instante, che hanno gitato il foco, getano driedo assaissimi saxi, a modo de tempesta; e li homeni stanno a le difese a li repari, e fanno che le femene, e altre minuagia de driedo, trazeno piere con certe corde, zoè franze, che trazeno lonzi, adosso a li nostri. Se li ha etiam roto il muro de l’altra banda, inversso mezo dì, dove etiam se dà la bataia a uno tempo; ma per esser il loco picolo, e ben fornito de homeni, che se diceva esser da fati, 300 a la prima, a horra non son tanti, perché ne è stà morti, feriti e magagnati assai. tamen, per esser il loco picolo, e ben fornito di munitione di ogni sorte, e in loco alto per il sito dil monte, lo difendeno molto gaiardamente; maxime con quelli saxi, freze e fuoghi artificiati. E a questa ultima bataia, ne fo morti da le nostre artilarie e balestre da X a 12; che nui li vedessemo cader morti su quel suo riparo e teraio, e ferirne assai da balestre; e tamen da poi, strachi li nostri se convene levar, a andar a refrescharsse, che più non poteano durar; che fo circha 3 hore; e fo dato ordine di darge un’altra ozi. Missier tomà Zen è capetanio al campo, di commission dil zeneral. … Questo magnifico zeneral ha deliberato, a tuto suo poter non voler abandonar l’impresa, se prima non veda la fin. L’è più di uno mexe, che se è a campo; pur, speremo in Dio, si averà, perché li homeni dio dentro pur vano a la zornata sminuandose, et etiam la lhoro munitione; et chi la dura sì la venze, pur non li venga socorsso. Or, per information, il foco getano i turchi pare una tripa negra, che buti zoso, e come l’è in

Petrus Bertius, Descriptio Cephalleniae,

in: Tabularvm geographicarum

contractarum libri quinque. Cum luculentis

singularum tabularum explicationibus,

Editio tertia, Amstelodami, Apud

Cornelium Nicolaj, 1606

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Domenego Malipiero a quella impresa, seria sopazà fina hora, per haver governo, et esser ben visto da’ galioti».

A Venezia arrivavano anche voci false, come quella di un marinaio di Lesina che il 12 febbraio aveva raccontato che il 22 gennaio Ca’ Pesaro aveva preso Cefalonia con la forza e ammazzato tutti i turchi. La notizia si era rivelata infondata e del resto il Senato, prudente, non l’aveva presa in molta considerazione; una vicenda simile si ripeté a fine febbraio.

il 3 febbraio i «nostri haveano preso uno riparo, per il qual turchi se difendeva; et di uno turcho, venuto fuora dil castello, et il capetanio zeneral lo à vestito, et halo ritornà dentro, acciò fazi cuor agli altri di rendersi». il 7 febbraio:

si combate spada per spada; sperava averlo; et a dì 6 andò li do provedadori Malipiero e Guoro in campo, con opinion nonsi partir fino non habi il castello. Fanno uno bastion con certi cesti, per tuorli le difese. La nostra bombarda pocho opera; è gran division tra quelli governadori de le galie, e dentro erano pochi turchi; haveano compito di bever e svudar una cisterna; mancava solum un’altra è in la rocheta; un pan val tre aspri, sì che non potrano durar.

il 9 febbraio «sier Antonio Querini à mosso la bombarda, et reliqua». Ma a dispetto di ogni speranza, l’accanita resistenza continuava, anche

con iniziative di contrasto: «turchi haveano tolto a’ nostri il bastion feno, et questo per una cava feno subteranea, per la qual veneno et lo pigliono», e sul campo i comandanti Zen e i due provveditori si erano allontanati, rispettivamente a Venezia, Cattaro e Durazzo.

A Venezia, intanto, si cominciava a protestare per il troppo tempo e perché «fata tanta spexa con tutta l’armata a una bichocha, si puol dir, e non l’aver otenuta». La questione della spesa non era irrilevante: il Senato si trovava stretto fra differenti necessità, perché erano pressanti anche le questioni commerciali, senza le quali non si sarebbe potuto sostenere economicamente l’armata. Così, il 22 febbraio, i Savi agli ordini permisero ad «Alvise Zorzi, governador di una galia grossa in armada a la Zefalonia, vengi via, lasando la galia per andar capetanio in Alexandria» e il 4 marzo si ordinò che «li galie del trafego vada al suo viazo, andando a la Zefalonia, a incambiar una galia».

e quando, il 1° aprile, tommaso Zen si presentò in Senato a Venezia con l’intenzione di riferire sulla sua (infruttuosa) condotta, non ne ebbe il permesso; anzi, venne deferito agli Avogadori di Comun.

intanto, nell’isola l’assedio si trascinava con alterne vicende: «300 albanesi erano sublevadi, e fanno danno a quel castello. item, turchi hanno fato una barcha in castello, e quella portata a la marina, e con tre turchi l’ànno mandata a Castel Tornese», a chiedere soccorsi (8 aprile). Per diverso tempo non giunsero più notizie in Senato; la situazione era evidentemente di stallo (il generale, del resto, era ammalato) mentre nel resto dell’isola riprendevano i traffici. A maggio Andrea Foscolo, «governador di una galia», «fo in colfo con le 4 galie fino a presso i molini di Zefalonia». Il 14 giugno molti cefalonesi erano stati portati a Zante, ma il provveditore di quell’isola, Nicolò Marcello, non li voleva e preferiva mandarli a Cipro.

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ritrovando qui al Zante legnami, ni alguna altra cossa, siando l’isola di Cephalonia molto fertile et piena di tal cosse, che tuta l’armada levar se debbia al presente de qui, et andar a la dicta isola de la Cephalonia per preparar tute le preditte cosse con presteza.

Comunque, il 2 novembre il capitano delle truppe spagnole sbarcate nell’isola, che si chiamava Mendoza, chiese – senza ottenerla – la resa ai turchi che difendevano il castello.

il 5 novembre, come scrisse il Capitano generale dall’isola,

al castello di la Zephalonia, turchi sono numero 250; et perché il canzelier di sier Luca Querini, provedador a Corfù, vene a lui, dicendo era per abocharsi col subassì, e haveva il papà di la terra e uno zerman dil subassì per mezo dil qual tratava etc. … Or li fé esso zeneral bona ciera, e comesse, prometesse al subassì, si rendesse, e, volendo andar in turchia con galie, lo faria butar; e, volendo habitar in le nostre terre, haria provision.

All’offerta, il subassì rispose che voleva 20 giorni di tempo per mandare un suo uomo al suo Signore, evidentemente a chiedere l’autorizzazione alla resa. La tregua richiesta fu accordata, ma il giorno dopo il subassì, coraggioso e determinato come sempre, dichiarò che non intendeva arrendersi.

Nel frattempo era passato di lì anche un capitano francese diretto a Modone e il capitano spagnolo aveva ricognito in forze il castello. il suo comandante, con la sua armata navale, scalpitava: il re di Spagna, diceva, voleva farsi «imperador di Constantinopoli» e intanto, viste le grandi spese sostenute per mettere insieme quest’armata, voleva prendere qualche terra, per esempio Negroponte o Metelino. intanto, pragmaticamente, aveva fatto scaricare diverse artiglierie per aiutare gli assedianti: «canoni 15, falconeti e grifalchi in bon numero».

Due giorni dopo, il 7, il provveditore dell’armata Girolamo Pisani, evidentemente esaurita la pazienza, diede ordine «dil tuor l’impresa di la Cephalonia». L’assalto iniziò l’8 novembre, con gran tiro d’artiglieria. erano anche arrivati rinforzi, 20 uomini scelti della compagnia di «Gorlim», ovvero il condottiero ravennate Gorlino tombesi, reduce dalla Morea. il 10 continuava il bombardamento e dalle galee veneziane e spagnole erano scesi a terra un gran numero d’uomini, destinati soprattutto al trasporto del materiale d’artiglieria e delle munizioni; si sfiancavano in questo lavoro, perché bisognava percorrere cinque miglia di strada. «turchi da eri in qua – relazionava Pisani – sono atoniti, che prima dispriciavano gli spagnoli, e eri questi et nostri voleano ascender gli muri, non stimando pericolo; ma il capetanio yspano, che desidera il ben, li comandò non scalaseno7».

Ma il tempo passò al brutto e si dovette differire la battaglia finale

Galea vogata da venti remieri, da: Bartolomeo

Crescenzio, Nautica Mediterranea [...] Nella

quale si mostra la fabrica delle galee galeazze, e galeoni con tutti i loro

armamenti [...], In Roma, appresso Bartolomeo

Bonfadino, 1607

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La conquista era nell’aria, tanto che si cominciò anche a litigare fra veneziani e spagnoli per l’onore di entrare per primi nel castello. Si stabilirono anche i premi: 15 ducati l’anno di pensione per il primo che, il giorno della battaglia, avesse valicato le mura del castello, 10 al secondo, 6 al terzo; altri dieci avrebbero avuto una casa e per gli altri ci sarebbe stata la possibilità del sacco. Altri uscivano dal castello: un giannizzero, «do mori barbareschi, do granatini, et do erano galioti nostri» che riferirono della scarsità di cibo all’interno e della forza ormai di soli 50 uomini validi, perché le artiglierie assedianti avevano ucciso una cinquantina di soldati e feriti un’altra quarantina; gli altri, donne e fanciulli, erano incaricati di lanciare le pietre, ma tutti erano risoluti a morire. Girolamo Contarini, provveditore all’armata e Jacomo Venier, capitano delle galee grosse, erano provveditori in campo. Girolamo Pisani, l’altro provveditore all’armata, era «provedador a marina da basso»; Gorlim da Ravenna era il capitano delle fanteria. il 20 arrivò il Capitano generale. ormai tutto era pronto.

L’ultimo assalto iniziò il 24 dicembre. il rapporto del Capitano generale, dato dal castello di Cefalonia quel giorno stesso, «hore 6 di note, raptissime», venne riassunto da Sanudo:

quel zorno… havevano dato la bataglia a quel castello, unitamente con quel illustrissimo capetanio yspano e sua zente, insieme con tute le nostre; et quello preseno in spazio de meza hora; et hessendo tirati alguni turchi ne la rocha, per numero di 30 o 40, e factossi forti, havendose quelli alquanto combatuti, subito levorono bandiere di rendersi, et demostrati li nostri alquanto dificili, azò con mazor prompteza venisseno, et havessero la rocha senza ofension de algun nostro homo, fo facto un pocho de experientia, de tuorla per forza, et combatuta un pezo, iterum levarono bandiera de acordo, feno retrar tute le zente, et vene fuora el cadì de la terra, et lo agà di asapi [cioè i comandanti delle due forze difensive] et forono a parlamento con il capetanio yspano et lui. et se reseno in questo modo, che lhoro volevano restar schiavi del prefato capetanio di Spagna, con promission de reschatarse, et el resto de li turchi davano a descrition, insieme con tuta la roba, in modo che introno etiam ne la rocha, e tuti li turchi furono tolti per quelli spagnoli insieme con tuta la roba et danari… Lauda molto quel illustrissimo capetanio e tute le sue zente, le qual se hanno portato bene; ma supra modum comenda li nostri provedadori di campo, el capetanio di le navi armade, tuti li sopracomiti, sì deputati in campo come quelli erano deputati a la marina, li quali tuti si hanno portati da cesari, et etiam le zurme et homeni de galie e nave meritano summa laude, per non haver schivato pericolo né fatica alcuna.

La rocca era presa, ma rimaneva il resto della fortezza. L’attacco si sviluppò lungo cinque direttrici, gettando passerelle di fortuna sopra le

Vincenzo Coronelli, Fortezza d’Asso nella

Ceffalonia, da Id., Atlante Veneto, t. 2, Isolario

[...], Venezia, a spese dell’Autore, 1696, p. 178.

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Alla fine dell’anno 1500, quindi, Venezia aveva occupato e teneva Cefalonia, isola, secondo il Capitano generale,

per la fertilità et per il porto, che non è simile in tuto el Levante; e, redifichato il castello, ch’è di natura di sito fortissimo, non sarà bisogno più fortifichar il Zante, per non esser porto de lì, ma tutto el fondamento bisognerà far lì a la Zephalonia, perché le galie di viazi e altri navilij segurissimamente si potranno redur lì, e tuor li parizi; la qual ixola è altratanto quasi mazor di Corphù, e molto miglior di ogni cossa.

Assieme a questa, la Serenissima teneva anche le isole di itaca e Santa Maura, mentre nel continente gli esiti delle operazioni furono negativi. La pace cercata da Venezia, anche per gli altissimi costi e l’esaurimento delle risorse, venne accettata dal Sultano nel 1502 e siglata l’anno seguente: prevedeva importanti perdite territoriali per Venezia, ovvero quasi tutti i possessi in Morea e Durazzo in Albania. La Serenissima dovette cedere al Sultano anche l’isola di Santa Maura (l’avrebbe riottenuta nel 1684), ma le venne riconosciuto il possesso di Cefalonia con itaca.

L’organizzazione amministrativa di Cefalonia

il 13 gennaio 1501 a Venezia in Pregadi si decise che nella successiva seduta si sarebbe dovuto eleggere un Provveditore per Cefalonia, con durata di due anni, con 40 ducati l’anno, con un cancelliere e un cavaliere con 100 «provisionati» (militari) con sufficiente dotazione di munizioni. Ma poi giunse la notizia che, nell’isola, il Capitano generale aveva già provveduto alle nomine e il 5 febbraio il Senato decise di confermarle. Si trattava di Alvise Salamon, provveditore per due anni con 40 ducati al mese, come a Zante; Zuan Venier Castellano per due anni con 10 ducati al mese; Girolamo Lioni capitano dell’isola, sempre per due anni, con l’incarico speciale di ricognire l’intera isola e redigere un’anagrafe delle case, degli abitanti e degli animali.

Scaduto nel 1503 il mandato biennale e ormai stabilmente organizzata Cefalonia in rettorato, il Senato elesse il suo successore, Nicolò Marcello – e poi i seguenti – nei modi consueti. oltre al Provveditore erano presenti anche due Consiglieri.

il rettorato di Cefalonia comprendeva anche la vicina isola di itaca, che veniva retta da un capitano scelto dal Consiglio nobile di Cefalonia.

Nel 1586 Venezia deliberò la costruzione di una fortezza ad Asso, un isolotto collegato a Cefalonia da una sottile striscia di terra, nella parte nord dell’isola, lontana dalla fortezza principale. L’opera venne terminata nel 1595 e da allora venne nominato anche un Provveditore della fortezza di Asso, con incarico biennale.

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effecto, per ché Dei gratia per li modi che ho tenuto de li a beneficio de la Serenità Vostra se po far questo et altri effecti.

item perché il passo de Pallichi a Rigostogni cum li barche, che sono miglia 3 in 4, per il qual passa homini, cavalli, robe et biave, et ogni altra cosa, il qual si soleva incantar per nome de la illustrissima Signoria in tempo del quondam magnifico messer Nicolò Marcello, il qual passo al presente è occupato per ser Zuan Baptista Foscolo fiol natural del quondam messer Piero foscolo, cum grandissima muremuration de tutti li citadini et populo di quel loco, de qual ogni giorno ne ho havuto diversi rechiami et altro, che quando a Vostra Serenità parerà, li sarà per mi dichiarito, perhò per opinion mia, dicto passo sarà posto et venduto al publico incanto, acciò niuno habi causa de riclamarsi et serà cum augumento et beneficio de le entrade de Vostra Serenità.

Item reverentemente ricordo chel sia facto una palificata a quelle saline, dove che per li Prothi de quelle si va arricordo, acciò le aque dolce che discendino in quello hanno corso alla banda del mare, sempre reservando quello hano de bisogno, perché facendo tal palificata se duplicarà et forse triplicarà li sali de dicte saline.

item reverentemente ricordo haver ritrovato modo in quella insula de havere quanti arbori et antenne fussino necessarie per l’armata de Vostra Serenità, de li qual havendo voluto far experientia cum zurme de galie volerli condure, ne havendo per li fangi et aque che a quelli tempi abondavano potuto far lo effecto de condurli, esserli questo mezo che cum para 15 over 16 de boni per la de Samo, aut per la vale de Alexandria, come nominano li naviganti, quelli si conduriano a grandissimo comodo et beneficio de Vostra Serenità. Si che l’armata per quella via potria esser servita de ogni sorte arborazi et antenne.

item si ricorda a Vostra Serenità che la grandissima quantità de terreni in quella insula, che parte vano vegri et inculti, et parte sono usurpati da diversi si citadini come Strathioti et altri habitanti in dicta insula, sopra le qual cose non è ordine né sopra tal materia al presente si ritrova alcuno a tal cargo, come per avanti soleva esser, prima ser Alexio Robotin, il qual era del paese et stete anni 4, et poi per il magnifico messer Nicolò Marxcello fu facto il quondam Michiel Capasa, il qual era forestier, in tempo di qual fu ricuperato molti de questi terreni così occupati, da poi morto il dicto ser Michiel mai è stato facto in loco suo, per modo che tuto il paese è stato occupato per molte persone a maleficio della Serenità Vostra. Perhò reverentemente ricordo a quella voglia elezer uno el qual habi questo cargo de conservar dicti terreni spectano alla Sublimità Vostra et recuperar quelli sono stati indebito occupati, cum il salario et modo erano il dicto Capassa et precessor suo.

item perché li cavallaroti di questa insule sono perpetui et per questo sono odiosi a tuta quella insula, perché quella stracciano et manzano a suo modo et li populi più temono dicti cavallaroti che li Proveditori. Perhò a requisition de tuta quella fedelissima università si rechiede Vostra Serenità voglia deliberare che dicti cavallaroti non siano perpetui, ma quello de dui in dui anni siano electi, acciò el cessino dicte manzarie, et quelli fidelissimi populi vivano quieti come è il desiderio di Vostra Serenità.

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sortita ai rei dissegni, la sola minaccia del castigo, quando vi sia forza ad apprestarlo serve a disarmarli e coll’abbandono del dissegno non si vedon fremere in sé stessi ma apprestarsi docili e sommessi alle leggi publiche, talché il cambiamento del contegno mostra la rifforma anche dell’animo, che se pur non cangia non è più molesto quando son cambiati gl’effetti.

i mali accenati, i quali ridotti dal più infesto stato primiero alla condizione presente, possono con pari facilità discendere affatto e distruggersi e risalir anche alle prime enormi protervie: il passo funesto può farsi da sé, quello avventuroso esigge la publica ponderazione, che sa ritrovar prontamente ogni più esquisita riforma a tutte le cose del suo felicissimo Stato.

Pongo sotto ai publici rifflessi anche un beneficio esenziale, che inferir potrebbe la publica mano, che ridondarebbe altresì al vantaggio del publico patrimonio.

Conferente il clima di Cefalonia agl’incalmi, alle piantaggioni d’ulivii, di vigne ed uvepasse, sarebbe utilissimo animare i sudditi ad opera tanto profficua in cui mi occupai nella mia reggenza con ottimo effetto, per quanto permise il mio potere e la situazione dei popoli stessi.

Son le pertinenze dell’isola per natura fertili, e distintamente Samo, Coronii, Racli e tinea, ove incolte giacciono pianure e adhiacenze vastissime e molto disposte a coltura: sono spopolate per quelle sciagure a quali soggiacquero in passato e gli abitatori, in gran numero con le loro intiere famiglie, sloggiati da quelle oggidì soggiornano in terre ottomane, tolti per le note fatalità alla loro patria e alle loro proprie sostanze; ma se questa somma benedizione divina mostra il frutto degl’uomini, chiama il braccio umano a conseguirlo e presentemente non v’è. La propagazione frequente ha il suo contrappunto e nella vechiaia e nella morte; onde quanto a me, per una immediata providenza, oso rassegnare a Vostra Serenità il mio osequiosissimo pensiero.

Con somma sorpresa del mio animo trovai che i banditi di Cefalonia ascendono al numero di mille in circa. Fra questi può darsene alcuno così odioso al publico che nessun oggetto debba esser bastante a richiamarlo: perciò publicando le poche individue eccezionii, il richiamar gli altri sarebbe un rinforzo alla scarsa gente che esiste; la grazia publica ricuperata e gli ardui disaggi sofferti li farebber atti e ben disposti a così giovevole oggetto e previo un sistema di buon ordine su la novità di tale ingresso, il mio debolissimo pensiero non può che formare utili e sicuri prognostici.

forse alcuna parte di costoro vive tuttavia furtivamente nei vietati asilli, attesi i reccessi, gl’ingressi e sortite che sono nell’isola troppo abbondanti, il che essendo vero avrebbe il Prencipe altra parte che quella infelice di sofrire ignaro necessariamente una trasgressione a suoi decreti e le contumaci persone costrette a celarsi, se anche lo bramassero, non potrebber mai addattarsi a lavori liberi e opportuni, solo esercitandosi a garra nelle reppresaglie e nelle rapine notturne. Questa libertà potria popolare l’isola ai lavori, ed anche in virtù di questa novella popolazione i più contumaci ancor proscritti o più temerebbero d’esser scoperti tornando nell’isola in contrafazione e ne restarebber lontani o ne sloggiarebbero se vi si trovassero annidati.

Altro non leggiero inconveniente credo di dover rassegnare alla publica

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ogni tempo, benché sotto nomi supposti gli amministratori de publici dazii in detta isola sul piano ordinario delle passate sublocazioni o coi più minuti accrescimenti.

M’accinsi più volte con tutto il fervore all’impedimento di tal scandalo con la spedizione di pocca milizia di quel ristretto presidio, onde poter colgiere le contrafazioni e i contrafacenti, per produr rifforma col castigo, ma furono vane le mie diligenze poiché assai rimote quelle pertinenze dal centro della rappresentanza, o che tardi arrivan gli avvisi di dette contravenzioni o, giungendo a tempo, sinché si dispongono i compensi, sono già eseguiti li contrabandi e posti in sicuro i delinquenti.

Se Vostra Serenità crederà opportuno che per l’avvenire siano dalla publica rappresentanza dichiariti solennemente pieggi insolidarii li papà, primati, capi, ufficiali di centurie e contestabili delle respettive ville, con quelle robuste condizioni e cominatorie che fosser credute opportune dalla publica sovranità, spero certamente che li contrabandi sudetti fossero per cessare, e nelle condotte future fosse assicurato il publico regio interesse.

Credo parimenti degna dei rifflessi di Vostra Serenità l’attual situazione della ressidenza prettoria e di sue importanti adhiacenze. È questa piantata in mezzo alla terra d’Argostoli, da ogni lato apperta, e l’abitatione del rappresentante ch’è presa in affitto con publico aggravio (essendo il palazzo publico in detta fortezza logoro del tutto e innabitabile) questa abitazione presente sarebbe angustissima ad uso privato; et alle decenze prettorie, anzi alle dovute neccessità, serve come può, non come deve.

Li recinti d’essa abitazione vengono formati da due debolissimi restelli [palizzate] di legno, guardati da picciolo distaccamento di fanti italiani. Un vechio catojo di pessima costruzione serve di quartiero, di corpo di guardia e forma priggione così per li rei di casi gravi, siccome per quei de più lievi, non v’è loco a parte per li presentati e molti di questi si lascian bandire prima che voler presentarsi, ove s’anche il giudice li assolve, li condanna il loco insalubre ad innevitabili e forse perpetue infirmità.

Risservai per ultimo rifflesso come più esenziale quello che riguarda al publico scrigno, che esiste riposto nella sola stanza che serve al ritiro del publico rappresentante, poiché restarebbe men sicuro posto nella camera fiscale, la quale è un privato mal cauto tugurio preso parimenti in affitto. Ad onta del zelo di qualunque carica, quanto sia in pericolo il publico soldo e il rappresentante medesimo, l’istoria del fatto basta a dimostrarlo.

Sperarei la publica fede in qualunque tempo all’ingenuità della mia voce, molto più al presente in cui, terminata imperfettamente la predetta carica, ho anche terminato il soggiorno, ove ponderate fra me stesso tutte le antedette notizie, credei mio dovere assoggettarle con sensi meschini, ma ingenui alla reggia publica e da me ossequiata sapienza.

26 luglio 1766, VeneziaAnzolo Longo ritornato di provveditore alla Ceffalonia.

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1680 Girolamo Soranzo q. Pietro 1681 Luigi Caotorta q. Michele 1683 faustino da Riva q. ettore 1685 Marcantonio Diedo q. Jacopo 1687 Jacopo Minio q. Giovanni 1689 Giovanni Renier q. Daniele 1691 Bartolomeo Loredan q. Gostantino 1693 Sebastiano Soranzo q. Luigi 1695 Leone Bembo q. Nicolò 1698 Marco Querini q. Pietro 1700 Marcantonio Contarini 1702 Angelo falier q. Giovanni 1704 Domenico Pizzamano q. Nicolò 1706 Angelo Malipiero q. Giambattista 1708 fantino Dandolo q. francesco 1710 Benetto Minotto q. Luigi 1712 Luigi Marcello q. Andrea 1714 Paolo Minotto q. Vincenzo 1717 Gian Vincenzo Donato q. Luigi 1717 Gianfrancesco Giustiniani q. Michele 1719 Lodovico Diedo q. Leonardo 1721 Daniele Balbi q. Stefano 1723 Antonio Boldù q. francesco Cristoforo 1725 Pietro Pasqualigo q. francesco 1727 Gabriele Boldù q. Angelo 1729 Benetto Civran q. Nicolò 1731 Gaetano Dolfin q. Antonio 1733 Girolamo Bonlini q. francesco 1735 Jacopo Pasqualigo q. Girolamo 1738 Nicolò Boldù q. Antonio 1740 Nicolò Pizzamano q. Matteo 1742 Pietro Antelmi q. Bonifacio1744 Giambattista Baseggio q. Antonio 1746 Pietro Morosini q. tommaso 1748 Andrea Minotto 1750 Pasquale Cicogna q. Angelo 1752 Nicolò Cornaro q. Jacopo 1755 Agostino Soranzo q. Pietro 1757 Alberto Magno q. Marco 1759 Pietro Contarini q. Alessandro 1761 Girolamo Marcello q. Angelo 1763 Angelo Longo q. Antonio 1765 Vido Marcello q. Andrea 1767 Giovanni Pizzamano q. Nicolò 1769 Giampaolo trevisan q. Bertuccio 1772 Pietro Contarini q. Alessandro 1774 Giovanni Bernardo q. Marino 1776 Antonio Pasta q. Gabriele 1778 Marcantonio francesco Semitecolo q.

Girolamo 1780 Andrea Dolfin q. Vincenzo

1782 Angelo Venier q. Camillo 1785 Domenico Muazzo q. Santo 1787 Angelo orio q. Pietro 1789 Angelo Maria Zorzi q. Pietro 1791 Bartolomeo Cicogna q. Nicolò1793 Carlantonio Marin q. Giambattista 1795 Jacopo Marin q. Zorzi

I Provveditori di Asso di Cefalonia

1596 Bartolomeo Binio q. Nicolò 1613 Jacopo Morosini q. Pietro 1615 Dolfino Valier q. Giovanni 1617 Alessandro Bondumier 1618 Paolo Marcello q. Pietro 1620 Marco Magno q. Andrea 1623 francesco Marcello q. Nicolò 1624 Giambattista tagliapiera q. Giovanni 1626 Girolamo trevisan q. Marcantonio 1628 Girolamo Lippomano q. Bernardino 1630 Girolamo Marcello q. Agostino 1633 Pietro da Molin q. Marco 1635 Jacopo Morosini q. Andrea 1637 Vincenzo Zane q. francesco 1640 Maffio Pasqualigo q. Jacopo 1642 Luigi foscarini q. Pietro 1644 ottaviano falier q. francesco 1646 Lorenzo Briani q. Girolamo 1648 Almorò Zorzi q. Gabriele 1650 Gianluigi Balbi q. Marcantonio 1652 Andrea Zeno q. Carlo 1654 Paolo Pasqualigo q. francesco 1655 Marco Loredano q. Bernardino 1657 Pietro Zeno q. Carlo 1659 Luigi foscarini q. Andrea 1661 Nicolò Bembo q. Zaccaria 1662 Luigi Capello q. Pietro 1664 Pietro Balbi q. Alessandro 1666 Antonio Diedo q. Antonio 1668 Zaccaria da Mosto q. Domenico 1670 Marco Balbi q. Lodovico 1673 Lucio Balbi q. Daniele 1675 Andrea falier q. francesco 1677 Matteo Querini q. Giorgio 1679 Pietrantonio Cornaro q. Andrea 1681 Matteo Bembo q. Marcantonio 1683 Nicolò Boldù q. filippo 1686 Marcantonio Bollani q. Agostino 1688 ottaviano Loredan q. Gianfrancesco 1690 Girolamo Lippomano q. Andrea

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Note

1 Per il sistema amministrativo veneziano nello Stato da mar, vedi Bruno Crevato-Selvaggi, Fonti per lo studio dell’Albania veneta, in L’Albania veneta. La Serenissima e le sue popolazioni nel cuore dei Balcani, saggi di Bruno Crevato-Selvaggi [et al.], Milano, Biblion, 2012, p. 67-110.2 L’ultimo lembo del grande dominio veneziano oltre l’Adriatico, ove si sviluppava una particolare civiltà veneto-greca. Nel 1778 a Zante, suddito veneziano, di padre italiano e madre greca, nacque Ugo foscolo; avrebbe ricordato l’isola natale nel sonetto A Zacinto.3 Marin Sanudo aveva riportato fedelmente le notizie che giungevano a Venezia e che egli udiva nei consessi ufficiali riguardo le ostilità in corso. I Diari di Marin Sanuto sono stati pubblicati a cura di Rinaldo fulin - federico Stefani - Niccolò Barozzi - Guglielmo Berchet - Marco Allegri in 58 volumi, a Venezia tra il 1879 e il 1902. iniziano con gli avvenimenti del gennaio 1496 e proseguono per tre decenni.La letteratura sulla seconda guerra veneto-ottomana è comunque molto vasta. Ne accennano anche i due saggi, qui citati per comunanza di collana, di Michela Dal Borgo, La formazione dello Stato da Mar della Repubblica di Venezia dopo la IV crociata e la sua evoluzione dal XV al XVIII secolo, e di Kostas G. Tsiknakis, La presenza veneziana nello Ionio e nelle Cicladi (XIII-XVIII sec.), ambedue in Isole Ionie e Cicladi. Venezia tra Repubblica e feudalità, a cura di Mauro Scroccaro, Milano, Biblion edizioni, 2011, rispettivamente alle p. 11-26 e 27-37.4 Dai Diari di Marin Sanudo. 5 Citazione, come le seguenti, dai Diari di Marin Sanudo. Qui e nel seguito la data indicata è quella della lettera che, dallo ionio, veniva spedita a Venezia. A causa dei tempi di percorrenza, queste lettere venivano lette a Venezia da venti giorni a due mesi dopo e sono citate nei Diari (con la loro data di redazione) nel giorno della lettura.6 Venne arrestato il 2 novembre; subì un processo più politico che tecnico, e il 12 giugno 1500 venne condannato alla relegazione perpetua nell’isola di Cherso. Nell’ottobre 1502 riparò a Roma dal figlio, continuò a chiedere la revisione del processo, operò a favore di Venezia soprattutto dopo lo scoppio della guerra della Lega di Cambrai; nel marzo 1509 venne riabilitato, rimpatriò, continuò l’attività politica ad alto livello sino a che, il 6 luglio 1521, venne eletto Doge. Morì il 7 maggio 1523. Roberto Zago, Antonio Grimani, in Dizionario Biografico degli italiani, Roma, istituto dell’enciclopedia italiana, vol. 59, 2003.7 “ordinò che non scalassero”.8 Le Relazioni cinquecentesche dei Provveditori di Cefalonia sono state edite da Kostas G. tsiknakis, Le Relazioni dei Provveditori veneziani di Cefalonia (XVI secolo), fondazione nazionale ellenica delle ricerche, istituto di ricerche bizantine, fonti 12, Atene 2008. Si tratta di un’edizione greca, di cui si è citato il solo titolo in italiano. Dopo un ampio saggio introduttivo e gli apparati, in lingua greca, le Relazioni sono state trascritte in lingua italiana e tradotte in greco.9 Archivio di Stato di Venezia, Collegio, Relazioni di rettori e altre cariche, b. 61, e K. tsiknakis, Le Relazioni dei Provveditori veneziani di Cefalonia (XVI secolo).10 Archivio di Stato di Venezia, Collegio, Relazioni di rettori e altre cariche, b. 83. Questa Relazione è inedita ed è stata trascritta nell’ambito di “Mare – Le Relazioni dei rettori dello Stato da mar”, progetto di ricerca della Società dalmata di storia patria – Roma, diretto da Bruno Crevato-Selvaggi; vedi www.fida-sida.it. Trascrizione di eliana Biasiolo.11 Gli elenchi, completi o parziali, dei patrizi veneziani che ricoprirono alcune cariche, sono stati redatti nell’ambito del citato progetto “Mare – Le Relazioni dei Rettori dello Stato da mar” Sono state collazionate fonti diverse, con rese inevitabilmente disomogenee. Si rimanda a quel sito per l’analisi critica delle fonti e degli esiti, avvertendo comunque che il lavoro è ancora in corso. Ciò vale anche per la normalizzazione onomastica, tema delicato per Venezia ove, come è noto, l’onomastica ha sempre oscillato fra diverse forme, italiane o veneziane, sia nel nome sia nel casato.