UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN. Corso di Laurea in Scienze Geologiche CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE RELATORE: Prof. Claudia Meisina CORRELATORI: Dott. Alessandra Leoni Prof. Massimo Setti 1
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CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA
FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN.
Corso di Laurea in Scienze Geologiche
CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA
DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE
RELATORE: Prof. Claudia Meisina
CORRELATORI: Dott. Alessandra LeoniProf. Massimo Setti
4.Materiali e Metodi di studio Pag. 19 4.1 Campioni Pag. 19 4.2 Prove Geotecniche Pag. 19 4.2.1 Analisi Granulometrica per Aerometria Pag. 19 4.2.2 Analisi granulometrica per setacciatura Pag. 20 4.2.3 Limiti di Atterberg Pag. 21 4.2.4 Carbonatimetria Pag. 23 4.3 Prove Mineralogiche Pag. 25 4.3.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri Pag. 25 4.3.2 Materiali e metodi Pag. 27 4.4 Prove Pedologiche Pag. 29 4.4.1 Determinazione della capacità di scambio cationico con BaCl2 e TEA Pag. 29 4.4.2 Determinazione delle basi di scambio (Ca, Mg e K) con BaCl2 e TEA. Pag. 33 4.4.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee) Pag. 37 4.4.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen) Pag. 42 4.4.5 Determinazione del grado di reazione (pH) Pag. 46
5. Risultati e Discussioni Pag. 50 5.1 Prove Geotecniche Pag. 50 5.1.1 Analisi granulometrica Pag. 50 5.1.2 Limiti di Atterberg Pag. 52 5.1.3 Carbonatimetria Pag. 53 5.2 Prove Mineralogiche Pag. 55 5.2.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri Pag. 55 5.3 Prove Pedologiche Pag. 59 5.3.1 Determinazione capacità di scambio cationico con BaCl2 e TEA Pag. 59 5.3.2 Determinazione delle basi di scambio (Ca, Mg e K) con BaCl2 e TEA. Pag. 61 5.3.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee) Pag. 64 5.3.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen) Pag. 66 5.3.5 Determinazione del grado di reazione (pH) Pag. 68
6. Conclusioni Pag. 70
7. Ringraziamenti Pag. 73
8. Bibliografia Pag. 74
2
1.Introduzione
Nei mesi di Gennaio, Febbraio e Aprile 2009 alcuni comuni del settore nord-
orientale dell’Oltrepò Pavese sono stati colpiti da una serie di precipitazioni che
hanno innescato fenomeni identificabili come frane superficiali. I dissesti di questo
tipo coinvolgono principalmente la copertura detritica superficiale, lasciando intatto
il substrato sottostante. Questi eventi hanno avuto un’intensità tale da provocare
danni alla rete viaria, all’agricoltura e ai relativi insediamenti. Il dipartimento di
Scienze della Terra e dell’Ambiente di Pavia ha dato inizio a un progetto di ricerca,
finalizzato allo studio di questi fenomeni scatenati a seguito degli sopramenzionati
episodi alluvionali.
Per la realizzazione della tesi è stato svolto un tirocinio presso il laboratorio Riccalab
dell’azienda Riccagioia s.c.p.a. di Torrazza Coste con l’obbiettivo di effettuare uno
studio pedologico dei suoli coinvolti in queste frane superficiali, prelevati da un sito
campione che si trova in località Montuè (Canneto Pavese). Ulteriore scopo della tesi
è stata la caratterizzazione geotecnica e mineralogica dei campioni di terreno,
attuatasi mediante analisi geotecniche eseguite nel Laboratorio di Geologia Applicata
e di Geotecnica e in quello di Difrattometria X da polveri del Dipartimento di
Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia.
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2.Inquadramento geologico dell’area
Il substrato del versante in corrispondenza del quale sono stati prelevati i campioni
analizzati nella tesi, è costituito secondo la cartografia più aggiornata ( Scagni &
Vercesi, 1987) dal membro dei Conglomerati di Rocca Ticozzi (PLIOCENE INF. -
MESSINIANO SUP.?). Esso appartiene alla serie messiniana che affiora in questa
zona (anche se non in modo continuo dalle Fonti del Recoaro al sito oggetto di
studi), costituita dal basso verso l’alto dai seguenti termini:
Marne di S.Agata Fossili: marne siltose giallastre passanti verso l’alto a
marne grigio-azzurre. (MESSINIANO-
TORTONIANO)
Formazione Gessoso-Solfifera: marne siltose e siltiti grigio-azzurre con lenti e
stratificazioni di gesso-areniti (MESSINIANO).
Conglomerati di Cassano Spinola: conglomerati e arenarie con lenti ed
intercalazioni marnoso-sabbiose. Qui
suddivisibili in 2 membri;
Conglomerati di Rocca Ticozzi: calcareniti,
conglomerati ben cementati, ghiaie e sabbie solo
localmente cementate (PLIOCENE INF. -
MESSINIANO SUP.?).
Arenarie di Monte Arzolo: arenarie sabbioso-
siltose con presenza di filliti e legno silicizzato
(PLIOCENE INFERIORE).
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Qui la Formazione Gessoso-Solfifera è un termine assente o non affiorante ma per
completezza se ne riporta sopra la descrizione.
I campioni, appartenenti alla coltre di copertura dei Conglomerati di Rocca Ticozzi,
sono stati prelevati in corrispondenza dello scavo eseguito per l’installazione di una
stazione di monitoraggio di frane superficiali e di una tricea esplorativa scavata nelle
immediate vicinanze per la descrizione del profilo pedologico del terreno (TR2).
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Figura 2.1 – Carta geolitologica dell’area di studio (foto volo del 2009)
6
Foto 2.2 – Dettaglio del versante oggetto di studio (foto volo 2009)
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frana 1188
frana 1183
Foto 3.63 – Vista frontale della stazione di monitoraggio a lavori ultimati
8
piezometro pluviometro
centralina di acquisizione
tensiometri
2.1 Profilo pedologico
S.T. spessore
cm
Profondità
in cm
n campion
e
DESCRIZIONE DEL PROFILO P 13
A1 10 0-10 70 Secco; colore umido matrice bruno grigio scuro (10YR4/2); scheletro scarso (3%) molto piccolo (10 mm) a piccolo (50 mm) di scisti e calcari mediamente alterati; tessitura franco limosa; granulometria franco-grossolana; struttura granulare media, mediamente sviluppata; molte radici da fini a grosse; presenza di lombrichi lunghi fino a 7 cm e di abbondanti escrementi di lombrico in strati; effervescenza stimata del 5/10%; a 2-5-7 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro);limite inf. abrupto lineare.
A2 10 10-20 68 Umido; colore umido matrice rosso debole (2,5YR4/2); scheletro scarso (5%) molto piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti e calcari mediamente alterati; tessitura franco limosa; granulometria franco grossolana; struttura primaria poliedrica sub angolare media e struttura secondaria granulare grande moderatamente sviluppate; presenza di abbondanti escrementi di lombrico in strati; effervescenza stimata del 5/10%; molte radici molto fini (< 1mm) a grosse (50 mm); limite inf abrupto lineare.
Ritrovato un fil de ferro probabilmente usato come legaccio della vite.
Ap 20 20-40 69 Umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4/4 e 2,5YR 5/4) con scarse (<2%) screziature piccole (3mm)
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di colore rosso (2,5YR5/6); scheletro scarso (1%) molto piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti, calcari e pezzi di mattoni fortemente alterati; tessitura franco limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare grande (30 mm) fortemente e moderatamente sviluppata; scarsi (1%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; poche radici grosse (40 mm); limite inf chiaro ondulato.
B 30 40-70 67 molto umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4,5/4 e 2,5YR 5/4) con comuni (3%) screziature piccole (2-3 mm) di colore bruno forte (7,5YR5/8); scheletro scarso (1%) molto piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti, calcari fortemente alterati; tessitura franco limoso argillosa (più sabbia rispetto all’or. sup); granulometria franca; struttura poliedrica subangolare grande (<50 mm) moderatamente sviluppata; comuni (3%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; scarsi (0,5%) macropori di dimensioni da molto fini (<0,5 mm) a medie (2 mm); poche radici morte grosse (10 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); limite inf chiaro ondulato.
BC 30 70-110 66 molto umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4/3) e bagnato oliva (5Y 5/4) con comuni (4%) screziature piccole (2-3 mm) di colore bruno forte (7,5YR5/8) e grigio rosato (5Y6/2); scheletro molto scarso (<1%) molto piccolo (10-20 mm), scisti, calcari fortemente alterati; tessitura franco
10
limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare da media a grande (da 10 a 50 mm) moderatamente sviluppata; comuni (3%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); prima del limite superiore di C si osserva localmente un accumulo di questi noduli soffici; effervescenza stimata del 5/10%; scarsi (0,5%) macropori di dimensioni da molto fini (<0,5 mm) a medie (2 mm); poche radici morte grosse (10 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); limite inf chiaro ondulato.
C 20 110-130 64 molto umido; colore umido matrice grigio oliva (5Y5,5/2) e bagnato oliva chiaro (5Y 6/2) con scarse (1%) screziature piccole (1 mm) di colore bruno oliva chiaro (2,5Y5/4) e bruno giallastro (10YR5/6) orientate a strisce parallele alla sup del terreno in lenti a tessitura sabbiosa; scheletro assente; tessitura franco limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare da media a grande (da 10 a 50 mm) fortemente sviluppata; comuni (4%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; comuni radici morte fini (1-2 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); prima di 130 cm si osserva marna alterata calcarea; limite inf abrupto lineare.
R 50 130 - 180 65 substrato di marna; limite inf sconosciuto.
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Considerazioni chimiche P1
Ci sono evidenze del movimento dei carbonati lungo il profilo, con successivo
accumulo in forma di concrezioni e concentrazioni soffici negli orizzonti profondi,
che possono portare alla formazione dell’ orizzonte protocalcici BC (70-110 cm) e
in profondità dell’orizzonte calcico C (110-130 cm). Utilizzo il termine ”proto”
perche per il WRB (World Reference Base, FAO, 1998) per essere un vero e proprio
or. calcico ci vorrebbe almeno il 15 % di carbonato di calcio nella terra fine.
L’orizzonte B è direttamente correlato con il clima (es., Jenny and Leonard,
1934;Arkley, 1963).
Il processo di arricchimento di carbonati su substrati calcarei è la carbonatazione.
L’evoluzione di un or. calcico (Allen and Wright, 1989, Gile et al., 1966; Machette,
1985), in questo caso C, prevede uno stadio iniziale dove si sviluppano noduli e
cuticole sullo scheletro. All’aumentare dei carbonati si inizia a formare una zona
laminare che nel tempo va ad impedire la discesa ulteriore del carbonato disciolto in
acqua. In questo modo la zona laminare si inspessisce ed eventualmente si sfalda a
brecce.
3.Frane superficiali
Gli eventi franosi successivi alle intense precipitazioni del 27-28 aprile 2009 sono
classificabili in letteratura come fenomeni franosi per mobilizzazione della coltre
superficiale (superfici di rottura frequentemente ubicate all’interfaccia suolo-
substrato o al contatto tra orizzonti aventi diverse caratteristiche di permeabilità – es.
sabbie/conglomerati-marne). Si tratta di processi controllati dalla quantità e
dall’intensità delle precipitazioni e che si caratterizzano per l’alta densità. Tali
fenomeni franosi sono contraddistinti da movimenti schematizzabili in due fasi
principali: innesco della frana e mobilizzazione del materiale. La fase di innesco
avviene secondo meccanismi di tipo traslativo, talora rotazionale. Nella fase di
mobilizzazione la massa spostata percorre rapidamente il versante, conservandosi più
o meno integra oppure destrutturandosi completamente (colamento) a seconda delle
caratteristiche geotecniche del materiale. Nonostante gli spessori e i volumi modesti
la particolare pericolosità di questi fenomeni è da mettere in relazione con la loro
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rapidità di sviluppo (le frane si sono attivate ed esaurite nello spazio di pochi minuti
a volte qualche decina di secondi, con la difficoltà di prevederne l’ubicazione, gli
indizi premonitori sono praticamente assenti o, in genere, immediatamente
precedenti il collasso), ma anche con l’elevata densità di distribuzione delle singole
frane.
In base alle caratteristiche del movimento iniziale, al grado di destrutturazione della
massa spostata, della copertura vegetale e delle condizioni topomorfiche del pendio
sottostante, le frane superficiali innescate dalle intense precipitazioni di fine aprile
2009 nel territorio studiato si possono suddividere nelle seguenti tipologie (Campus,
2005, Regione Piemonte, 1998, Cruden & Varnes, 1996):
– tipo A (Fig. a): porzioni della coltre di alterazione superficiale che seppur
delimitate e scomposte da
fratture hanno subito traslazioni di limitata entità tali da non esporre la superficie di
movimento, mantenendo in definitiva una loro originale integrità, pur evidenziando
un incipiente sovrascorrimento del bordo inferiore sul piano campagna (Fig. a.1).
Tali fenomeni in molteplici casi sono allo stato incipiente e si manifestano con
fratture nel terreno poco continue, spesso deformando la viabilità e creando deboli
disallineamenti dei filari di vite.
Figura a: Frana di tipo A (da CUREN D., VARNES D. J.)
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Figura a.1: Canneto Pavese – Esempio di frane di tipo A
– tipo B (translational earth slide, Fig. b): porzioni della coltre di alterazione
superficiale che hanno subito traslazione di entità tale da esporre la superficie di
rottura. La massa spostata, nella sua parte preservata è costituita da zolle disunite che
hanno mantenuto singolarmente la loro integrità grazie all’effetto coesivo svolto
dagli apparati radicali. Questa tipologia di frana si localizza in particolare in
corrispondenza di vigneti (Fig. b.1).
14
Figura b: Frana di tipo B (da CUREN D., VARNES D. J.)
Figura b.1: Frana di tipo B. Danni ad un vigneto.
15
– Tipo C (Fig. c): porzioni della coltre di alterazione superficiale che a seguito del
movimento iniziale e della successiva destrutturazione della massa spostata
degenerano in colata. Al movimento della massa spostata e al suo trasferimento a
valle sotto forma di colata è spesso associata un’attività erosiva con conseguente
presa in carico di altro materiale. L’accumulo di norma in forma lobata è in genere
ben identificabile (Fig. c.1). Questo tipo di frana è generalmente frequente in
corrispondenza di zone boscate e dove gli spessore della coltre superficiale sono
notevoli (es. Valle del Recoaro a Broni). Si tratta di frane di dimensioni modeste (in
media da pochi metri cubi fino a poche decine di metri cubi); alcune di esse hanno
interessato la viabilità stradale creando danni e situazioni di disagio dovute
all’interruzione dei collegamenti. Esse si sono innescate sia sul lato di monte degli
scassi stradali (controripa) sia sul lato di valle (sottoscarpa); in quest’ultimo caso
sono stati coinvolti prevalentemente i terreni di riporto o di sostegno del rilevato
stradale e ciò ha determinato di fatto l’asportazione o il ribassamento (da pochi
centimetri fino a più di due metri) di tratti di lunghezza variabile del piano stradale.
Figura c: Frana di tipo C (da CUREN D., VARNES D. J.)
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Figura c.1: Frana di tipo C. Particolare di un fenomeno franoso che ha comportato l’interruzione della strada provinciale da Broni a Canneto Pavese
– Tipo D (Fig. d): porzione della coltre di alterazione superficiale che, a seguito della
traslazione iniziale e della destrutturazione della massa, degenerano in colata
estremamente fluida in cui il materiale viene trasportato in sospensione (Fig. d.1). Il
flusso, disponendosi su ampia sezione laminare, progredisce con scarso attrito nei
confronti della superficie topografica, il che non comporta forme erosive sul terreno.
In questo caso non esiste accumulo identificabile in quanto il materiale viene
completamente disperso lungo e alla base del versante.
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Figura d: Frana di tipo D (da CUREN D., VARNES D. J.)
Figura d.1: Frana di tipo D. Valle del Recoaro. Frane classificabili come translational soil slide innescatesi su pendii con inclinazione > 30-35°.
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4.Materiali e Metodi di studio
4.1 Campioni
Sono stati analizzati campioni rimaneggiati ed indisturbati che provengono da un
scavo effettuato in località Montuè (Canneto Pavese). Per il presente lavoro di tesi
sono stati usati 10 campioni prelevati nei primi 140 cm. I campioni sono stati
sottoposti a prove geotecniche , mineralogiche e pedologiche.
n°campione/nome Profondità70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,1068/2012 A2 mt. 0,10 - 0,2069/2012 Ap mt. 0,20 - 0,4067/2012 B mt. 0,40 - 0,7066/2012 Bc mt. 0,70 - 1,1064/2012 C mt. 1,10 - 1,3063/2012 C7 TDR 6 mt. 1,4065/2012 8 II scavo substrato28/2012 TDR5 mt. 1,2029/2012 TDR6 mt. 1,40
Tab. 0 – Elenco campioni analizzati e relative profondità
4.2 Prove Geotecniche
Presso il Laboratorio di Geologia Applicata e di Geotecnica del Dipartimento di
Scienze della Terra e dell’ Ambiente dell’Università di Pavia i terreni sono stati
sottoposti alle seguenti prove:
– analisi granulometriche.
– limiti di Atterberg: evidenziano le caratteristiche di plasticità del materiale. (Prova
non effettuata per il campione “Scavo 1 corrispondenza TDR 6 mt. 1.40”).
– carbonatimetrie. (Analisi non eseguita per i campioni “Scavo 1 corrispondenza
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 74,6 g di potassio cloruro (KCl).
Portare a volume con H2O.
- Soluzione (0,01 moli x L-1) di calcio cloruro
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 1,11 g di calcio cloruro (CaCl2)
(o 1,47 g di CaCl2 x 2H2O) Portare a volume con H2O.
- Soluzione (0,1 moli x L-1) di acido fluoridrico
Aggiungere a 800 mL di H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 3,5 mL di acido
fluoridrico (HF) [50% (ρ = 1,155)].
Portare a volume con H2O.
Conservare la soluzione in una bottiglia di materiale plastico.
- Soluzione (1 mole x L-1) di sodio fluoruro
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 42 g di sodio fluoruro (NaF).
Portare a volume con H2O. Trasferire in una bottiglia di materiale plastico e lasciare
a riposo per due giorni, agitando occasionalmente. Trasferire 50 mL del decantato m
un bicchiere di materiale plastico.
Il pH della soluzione dovrebbe essere compreso tra 7,2 e 8, 1.
Se il valore di pH dovesse risultare più elevato, correggerlo con l'aggiunta di qualche
goccia della soluzione 0,1 moli x L-1 di HF.
3. Apparecchiature
Attrezzatura da laboratorio di uso comune.
In particolare:
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- pH-metro con compensazione della temperatura, elettrodo di vetro con elettrodo di
riferimento o elettrodi combinati
- agitatore magnetico a velocità regolabile
- bicchieri in materiale plastico
- bacchette per agitazione in PVC.
4. Procedimento
4.1. Taratura del sistema di misura
Tarare il sistema di misura facendo uso di una soluzione tampone e(1) riferimento
avente pH vicino a quello del campione. Controllare la linearità dei sistema, facendo
uso di almeno un'altra soluzione tampone di riferimento a pH diverso.
4.2. Misura del PH (in H2O e in soluzione di KCl o CaCl2)
Trasferire 10 g del campione di terra fine in un bicchiere da 50 mL Aggiungere 25
mL di H2O o di ciascuna delle soluzione saline. Agitare per almeno due ore. Lasciare
sedimentare la sospensione per alcuni minuti. Introdurre il sistema elettrodico nel
surnatante e rilevare il valore di pH.
4.3. Misura del pH in soluzione di NaF
Trasferire 1 g del campione di terra fine in un bicchiere di materiale plastico da 100
mL.
Aggiungere 50 mL della soluzione (1 mole x L-1) di NaF. Agitare la sospensione per
60 secondi con bacchetta di PVC. Introdurre il sistema elettrodico nel surnatante.
Agitare ancora per 30 secondi.
Esattamente dopo altri 30 secondi leggere il valore di pH.
5. Espressione dei risultati
Il grado di reazione viene espresso come unità di pH, con una cifra decimale.
6. Note
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La misura del valore di pH in soluzione di CaCl2 è, con molta probabilità, il metodo
più usato per definire il grado di reazione del suolo.
Infatti, come riportato da Peech (1965), da Conyers e Davey (1988) e da Davey a
Conyers (1988), in presenza di calcio cloruro, il valore di pH:
- non risulta influenzato, entro certi limiti, dal rapporto suolo: soluzione
- è praticamente indipendente dalla concentrazione di sali solubili
- corrisponde con buona approssimazione al grado di reazione accertato in pieno
campo per i suoli coltivati
- non risente degli errori dovuti al potenziale di giunzione liquida, tenuto conto che la
sospensione resta flocculata
- è praticamente coincidente per i campioni umidi e secchi all'aria
- non varia anche dopo prolungata conservazione del campione secco all'aria.
Non conservare le soluzioni tampone per tempi lunghi.
Pulire e rigenerare regolarmente e con accuratezza gli elettrodi.
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5. Risultati e Discussioni
5.1 Prove Geotecniche
5.1.1 Analisi granulometrica
I risultati dell’analisi granulometrica eseguita sui campioni di suolo prelevati a diverse profondità sono riassunti nelle Tabella sottostante (Tab.1).
5.3.2 Determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario
cloruro e trietanolammina.
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Tale analisi ha consentito di quantificare la presenza delle basi di scambio Magnesio,
Calcio e Potassio disponibili nel terreno.
Il calcio (Tab. 9) ha un ruolo fondamentale nella struttura del terreno, quantità
elevate di calcio possono alzare il pH rendendo il fosforo, il ferro e il boro non
assimilabili.
VALORE (Ca ppm) GIUDIZIO
0-1000 Scarso
1000-2000 Sufficiente
>2000 Buono
Tabella 9 – Valori del Calcio
Il magnesio (Tab. 10) si trova in molti minerali silicatici (olivine, pirosseni e
anfiboli) e in alcuni alluminiosilicati come ad esempio le miche. Il magnesio è un
elemento di essenziale importanza per la vita della pianta è infatti un componente
della molecola della clorofilla e un attivatore di molti processi enzimatici.
VALORE (Mg ppm) GIUDIZIO0-50 Molto scarso
50-101 Scarso101-151 Sufficiente151-250 Buono
>250 Elevato
Tabella 10 – Valori del Magnesio
Il potassio (Tab. 11) si trova nel suolo per il 90-98 % nei minerali, principalmente
nei feldespati e nelle miche, intrappolato nei reticoli cristallini e in forma non
scambiabile, disponibile per le piante solo nel corso dei processi di alterazione.
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VALORE (K ppm) GIUDIZIO0-41 Molto scarso
41-81 Scarso81-141 Sufficiente141-200 Buono
>200 Elevato
Tabella 11 – Valori del Potassio
I valori delle basi di scambio risultanti dalle analisi sono riassunti nella tabella
sottostante (Tab. 12):
n°campione Ca Mg K
70/2012 4007 227 145,2
68/2012 3816 221,3 106,3
69/2012 4011 235,5 107,1
67/2012 3647 261,5 80,07
66/2012 3496 377,9 83,5
64/2012 3950 543,5 98,79
63/2012 3702 473,4 87,01
65/2012 3487 512,3 85,51
TDR 5 3422 473,5 67,07
TDR 6 1045 187,2 84,5
Tabella 11 – Valori delle basi di scambio espressi in ppm (mg/Kg)
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63/2012
64/2012
65/2012
66/2012
67/2012
69/2012
68/2012
70/2012
TDR 5
TDR 6
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
4000
4500
CaMgKpp
m
Fig. 5.3.2.a – Grafico valori delle basi di scambio
Il calcio presenta valori abbondanti per tutti e 10 i campioni. I valori più alti
appartengono ai campioni 69/2012 e 70/2012 che sono anche i più superficiali.
Il magnesio appare elevato nella maggior parte dei terreni, mentre diminuisce, ma
rimanendo sempre notevole nei suoli 68/2012, 69/2012 e 70/2012.
Il potassio risulta invece scarso nel TDR5, mentre è giudicato sufficiente in tutti gli
altri.
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5.3.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee)
Il contenuto in carbonio organico del suolo (Fig. 5.3.3.a) è in stretta relazione con
quello della sostanza organica, che a sua volta rappresenta il principale indicatore
chimico della qualità del suolo (Schoenholtz et al., 2000). La sostanza organica del
suolo può assumere valori variabili da meno di 0.5% (dotazione bassa) ad oltre il 4%
(dotazione alta) secondo Soil Conservation Service (Russell, 1994; Tab. 13).
La sostanza organica nel suolo ha una composizione molto eterogenea e risulta
costituita principalmente da cellule di microrganismi, da residui animali e vegetali a
diverso stadio di decomposizione, dalle sostanze secrete sia dalle radici che a livello
della superficie delle foglie (Sequi, 1989). La sostanza organica ha un effetto diretto
sulla qualità del suolo grazie alla sua influenza sulle proprietà fisiche, chimiche e
biologiche che ne determinano il suo corretto funzionamento. Più precisamente essa
svolge un ruolo chiave nella determinazione della struttura del suolo attraverso lo
sviluppo di aggregati, di dimensioni variabili a seconda delle caratteristiche di
tessitura del suolo, i quali tendono a disporsi e organizzarsi spazialmente
determinando la forma e le dimensioni degli spazi vuoti all'interno del suolo. Tra i
vari componenti del suolo, la sostanza organica è senz’altro la più reattiva dal punto
di vista chimico. Ha un'elevata superficie specifica, interagisce con i metalli e con i
minerali argillosi, agisce come scambiatore ionico e costituisce una riserva di azoto.
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Fig. 5.3.3.a – Valori in % relativi al Carbonio organico e alla Sostanza organica. La quantità “Consumption” rappresenta la quantità di Ferro ammonio solfato (oso) consumata durante l’analisi.
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TDR 5
TDR 6
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
Sostanza organica %
Fig. 5.3.3.b – Grafico in % relativo al alla Sostanza organica
Sostanza organica (%) GIUDIZIO<0.5 Molto bassa
0.5-1.0 Bassa1.0-2.0 Moderatamente bassa2.0-4.0 Media
>4.0 Alta
Tabella 13– Valutazione della riserva di sostanza organica nel suolo
(%) secondo Soil Conservation Service (Russell, 1994)
Dai risultati della sostanza organica si può riscontrare un suo deciso aumento
andando dai suoli più profondi a quelli più esterni. Tale esito era prevedibile, poiché
la sostanza organica che proviene da residui di microrganismi, di vegetali e di
animali, è sempre particolarmente abbondante nello strato più superficiale del
terreno.
65
5.3.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen)
Il fosforo è un elemento importantissimo, il suo ruolo principale è di essere un
costituente dell’ ATP (adenosintrifosfato), molecola trasportatrice di energia. Come
tale entra a far parte di tutti i processi biochimici di una pianta.
Il suo assorbimento è dipendente dal pH del suolo: a pH elevati infatti il fosforo
forma fosfato bicalcico e tricalcico, non assimilabili dalle piante.
In Italia, mediamente, i terreni hanno una buona dotazione di fosforo.
VALORE (P ppm) GIUDIZIO
0-5 Molto scarso
05-11h Scarso
411-16 Sufficiente
16-25 Buono
>25 Elevato
Tabella 14 – Valori del Fosforo
La Tabella 15 mostra i valori del Fosforo sono molto scarsi per tutti i campioni di
suolo. Il valore maggiore, ma comunque indiscutibilmente basso, è raggiunto nei