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Bollettino Maggio - Settembre 2013 2-3
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Bollettino - Diocesi Di Rimini · Dalla anta ede Bollettino Diocesano 2013- n.2-3 7 SEGRETERIA DI STATO Dal Vaticano, 14 agosto 2013 Eccellenza Reverendissima, con gioia trasmetto

Aug 29, 2019

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BollettinoMaggio - Settembre

2013

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Indice

Bollettino Diocesano 2013 - n. 2-3

Dalla Santa Sede

Atti del Vescovo .......................................................................................................................5

Omelie ........................................................................................................................................ 13

Lettere e messaggi ................................................................................................................. 25

Decreti e Nomine ................................................................................................................... 25

Visita Pastorale ...................................................................................................................... 45

Diario del Vescovo ................................................................................................................ 75

Attività del Presbiterio ...................................................................................................... 135

Organismi Pastorali ...........................................................................................................145

Avvenimenti Diocesani ......................................................................................................151

Necrologi ................................................................................................................................ 157

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Dalla Santa Sede

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Dalla Santa Sede

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SEGRETERIA DI STATO PRIMA SEZIONE - AFFARI GENERALI

N° 10 Dal Vaticano, 27 Maggio 2013

Eccellenza Reverendissima,

nella fausta circostanza dell'elezione alla Cattedra di Pietro del Santo Padre Francesco, Ella, anche a nome di codesta Comunità diocesana, ha voluto inviar-Gli un affettuoso messaggio augurale.

Sua Santità ha accolto con vivo compiacimento tale testimonianza di sin-cera devozione ed ha parimenti apprezzato le attestazioni di fedele adesione al Suo universale ministero e, mentre esorta a perseverare nella preghiera per la Sua persona ed il Suo servizio alla Chiesa, invoca su di Lei e su quanti sono affidati alle sue cure pastorali la celeste intercessione della Vergine Maria e di cuore imparte l'implorata Benedizione Apostolica.

Profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio

dell'Eccellenza Vostra Reverendissima dev.mo l Signore+ Angelo Becciu

Sostituto

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Dalla Santa Sede

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SEGRETERIA DI STATO

Dal Vaticano, 14 agosto 2013

Eccellenza Reverendissima,con gioia trasmetto il cordiale saluto del Santo Padre Francesco a Vostra Ec-cellenza, agli organizzatori e a tutti i partecipanti al Meeting per l'Amicizia tra i Popoli, giunto alla XXIV edizione. Il tema scelto -«Emergenza uomo» - intercetta la grande urgenza di evangelizzazione di cui più volte il Santo Padre ha parlato, nella scia dei Suoi Predecessori, e ha suscitato in Lui profonde considerazioni che di seguito riporto.L'uomo è la via della Chiesa: cosi il beato Giovanni Paolo II scriveva nella sua prima Enciclica, Redemptor hominis (cfr n. 14). Questa verità rimane valida an-che e soprattutto nel nostro tempo in cui la Chiesa, in un mondo sempre più globalizzato e virtuale, in una società sempre più secolarizzata e priva di punti di riferimento stabili, è chiamata a riscoprire la propria missione, concentrando-si sull'essenziale e cercando nuove strade per l'evangelizzazione.L'uomo rimane un mistero, irriducibile a qualsivoglia immagine che di esso si formi nella società e il potere mondano cerchi di imporre. Mistero di libertà e di grazia, di povertà e di grandezza. Ma che cosa significa che l'uomo è "via della Chiesa"? E soprattutto, che cosa vuol dire per noi oggi percorrere questa via? L'uomo è via della Chiesa perché è la via percorsa da Dio stesso. Fin dagli al-bori dell'umanità, dopo il peccato originale, Dio si pone alla ricerca dell'uomo. «Dove sei?» — chiede ad Adamo che si nasconde nel giardino (Gen 3,9). Questa domanda, che compare all'inizio del Libro della Genesi, e che non smette di ri-suonare lungo tutta la Bibbia e in ogni momento della storia che Dio, nel corso dei millenni, ha costruito con l'umanità, raggiunge nell'incarnazione del Figlio la sua espressione più alta. Afferma sant'Agostino nel suo commento al Vangelo di Giovanni: «Rimanendo presso il Padre, [il Figlio] era verità e vita; rivestendosi della nostra carne, è diventato via» (I, 34, 9). à dunque Gesù Cristo «la via prin-cipale della Chiesa», ma poiché Egli «è anche la via a ciascun uomo», l'uomo diventa «la prima e fondamentale via della Chiesa» (cfr Redemptor hominis, 13-14).«Io sono la porta», afferma Gesù (Gv 10,7): io sono, cioè, il portale d'accesso ad ogni uomo e ad ogni cosa. Senza passare attraverso Cristo, senza concentrare su di Lui lo sguardo del nostro cuore e della nostra mente, non capiremmo nulla del mistero dell'uomo. E cosi, quasi inavvertitamente, saremo costretti a mutuare dal mondo i nostri criteri di giudizio e di azione, e ogni volta che ci ac-costeremo ai nostri fratelli in umanità saremo come quei "ladri e briganti" di cui

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parla Gesù nel Vangelo (cfr Gv 10,8), Anche il mondo infatti è, a suo modo, inte-ressato all'uomo. Il potere economico, politico, mediatico ha bisogno dell'uomo per perpetuare e gonfiare se stesso. E per questo spesso cerca di manipolare le masse, di indurre desideri, di cancellare ciò che di più prezioso l'uomo possie-de: il rapporto con Dio. Il potere teme gli uomini che sono in dialogo con Dio poiché ciò rende liberi e non assimilabili.Ecco allora l'emergenza-uomo che il Meeting per l'Amicizia tra i Popoli pone quest'anno al centro della sua riflessione: l'urgenza di restituire l'uomo a se stesso, alla sua altissima dignità, all'unicità e preziosità di ogni esistenza umana dal concepimento fino al termine naturale, Occorre tornare a considerare la sacralità dell'uomo e nello stesso tempo dire con forza che è solo nel rapporto con Dio, cioè nella scoperta e nell'adesione alla propria vocazione, che l'uomo può raggiungere la sua vera statura. La Chiesa, alla quale Cristo ha affidato la sua Parola e i suoi Sacramenti, custodisce la più grande speranza, la più autentica possibilità dí realizzazione per l'uomo, a qualunque latitudine e in qualunque tempo. Che grande responsabilità abbiamo! Non tratteniamo per noi questo tesoro prezioso di cui tutti, consapevolmente o meno, sono alla ricerca. Andiamo con coraggio incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo, ai bambini e agli anziani, ai "dotti" e alla gente senza alcuna istruzione, ai giovani e alle famiglie. Andiamo incontro a tutti, senza aspettare che siano gli altri a cercarci! Imitiamo in questo il nostro divino Maestro, che ha lasciato il suo cielo per farsi uomo ed essere vicino ad ognuno. Non solo nelle chiese e nelle parrocchie, dunque, ma in ogni ambiente portiamo il profumo dell'amore di Cristo (cfr 2 Cor 2,15). Nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle carceri; ma anche nelle piazze, sulle strade, nei centri sportivi e nei locali dove la gente si ritrova. Non siamo avari nel donare ciò che noi stessi abbiamo ricevuto senza alcun merito! Non dobbiamo avere paura di annunciare Cristo nelle occasioni opportune come in quelle inopportune (cfr 2 Tm 4,2), con rispetto e con franchezza.È questo il compito della Chiesa, è questo il compito di ogni cristiano: servire l'uomo andando a cercarlo fin nei meandri sociali e spirituali più nascosti. La condizione di credibilità della Chiesa in questa sua missione di madre e mae-stra è, però, la sua fedeltà a Cristo. L'apertura verso il mondo è accompagnata, e in un certo senso resa possibile, dall'obbedienza alla verità di cui la Chiesa stessa non può disporre. "Emergenza uomo", allora, significa l'emergenza di tornare a Cristo, di imparare da Lui la verità su noi stessi e sul mondo, e con Lui e in Lui andare incontro agli uomini, soprattutto ai più poveri, per i quali Gesù ha sempre manifestato predilezione. E la povertà non è solo quella materiale. Esiste una povertà spirituale che attanaglia l'uomo contemporaneo, Siamo po-veri di amore, assetati di verità e giustizia, mendicanti di Dio, come sapiente-mente il servo di Dio Mons, Luigi Giussani ha sempre sottolineato. La povertà più grande infatti è la mancanza di Cristo, e finché non porteremo Gesù agli uomini avremo fatto per loro sempre troppo poco.Eccellenza, mi auguro che questi brevi pensieri possano essere di aiuto per coloro che prendono parte al Meeting. Sua Santità Francesco assicura a tutti la

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Sua vicinanza nella preghiera e il Suo affetto; auspica che gli incontri e le rifles-sioni di questi giorni possano accendere nei cuori di tutti i partecipanti un fuoco che alimenti e sostenga la loro testimonianza del Vangelo nel mondo. E di cuore invia a Lei, ai responsabili e agli organizzatori della manifestazione, corna pure a tutti i presenti, una particolare Benedizione Apostolica.Unisco anch'io un cordiale saluto e mi valgo della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequiodell'Eccellenza Vostra Reverendissima dev.mo nel Signore

dell'Eccellenza Vostra Reverendissima

dev.mo l SignoreTarcisio Card. Bertone

Segretario di Stato di Sua Santità

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Atti del Vescovo

• Omelie Eucaristia, sacarmento della non-violenza - Per il Corpus Domini ........................13Il Signore "Tutto-Cuore" - Per la la professione di suor Laura Pagliarani .............17Un battesimo di sangue e cuore - Per l'apertura del Meeting ................................21

Lettere e Messaggi Invito alla Tre Giorni del Presbiterio .................................................................................26

Messaggio ai turisti e agli operatori .................................................................................28Lettera ai Sacerdoti ...............................................................................................................29

• Decreti e nomine............................................................................................31

• Visita Pastorale .................................................................................................51

• Diario del Vescovo ........................................................................................80

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Omelie

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Eucaristia: pane e vino; nutrimento e bevanda; corpo e sangue. Il bianco pane spezzato sta a 'comunicare' - nel duplice senso di dire e di dare - il corpo di Cristo irreversibilmente donato e gratuitamente elargito. La coppa di vino rosso condiviso tra i commensali è 'sacramento' - segno e strumento - del san-gue di Cristo, totalmente versato per la nuova ed eterna alleanza. Quando nel lontano 1264 venne istituita la festa del Corpus Domini, l'altro elemento euca-ristico, il vino consacrato, rimase per secoli piuttosto oscurato rispetto al pane benedetto, e da allora, nell'immaginario collettivo, il sangue rischiò di apparire una sorta di appendice al corpo di Cristo. La riforma liturgica ha rimesso in luce l'unità dei segni eucaristici del pane e del vino, per cui la titolazione della festa odierna ha incluso nuovamente l'elemento del sangue, e recita testualmente: "Festa del corpo e del sangue di Cristo". Del resto, nell'ultima cena, Gesù non ha detto solo: "Prendete, mangiatene tutti". Ma ha detto pure: "Prendete, bevetene tutti".

1. Domandiamoci: perché il sangue nell'eucaristia? Non grava su una pre-senza tanto drammatica, un inquietante sospetto di crudeltà? Non si ritorna così a quella miscela esplosiva, data dall'ambigua commistione tra religione e violenza, tra sacro e sangue?

La risposta è appesa alla croce. Se teniamo fisso lo sguardo su Gesù, lo vediamo trionfare sulla violenza non avversandola con una violenza più grande, ma smascherandola e denunciandone tutta la scandalosa ingiustizia, mettendo-ne a nudo la crudeltà orripilante, l'indecente malvagità. Mai la violenza mostra il suo repellente ghigno beffardo come quando si abbatte con raccapricciante ferocia su un innocente disarmato, qual è il martire. Il quale non è il kamikaze, che si uccide per uccidere. Il martire, invece, si lascia uccidere per dare la vita, non per sopprimerla negli altri, perché "chi di spada ferisce, di spada perisce" (cfr Mt 26,53). Bisogna quindi onestamente riconoscere che mai la violenza viene irreparabilmente sconfitta come quando la vittima può vincere la prepo-tenza del carnefice con la forza disarmata e disarmante della non-violenza e con la gratuita, coraggiosa generosità del perdono. Infatti il Figlio in croce non invoca la vendetta da parte del Padre, ma lo supplica con grido accorato: "Pa-

Eucaristia, sacramento della non-violenza

L'insostituibile valore del vino-sangue Omelia tenuta dal Vescovo al termine della processione del Corpus DominiRimini, 30 maggio 2013

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Atti del Vescovo

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dre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". A questo punto, però, l'obiezione di tanta gente dei nostri giorni contro

la croce si ritorce contro il Padre: come conciliare la sua misericordiosa bontà con la morte straziante del Figlio crocifisso? In che senso si può e si deve parlare di sacrificio offerto al Padre? Ancora una volta la risposta è appesa alla croce. La morte di Gesù non è sacrificale nel senso che esisterebbe un patto di sangue tra Gesù e il Padre suo, come se questi esigesse la morte dell'altro per vendicare la propria giustizia offesa e il Figlio si immolasse per soddisfare un padre incol-lerito e assetato di sangue. In realtà Gesù muore proprio per non sottomettersi alla violenza e per non farsi ricattare da essa.

E il Padre cosa fa? non vendica il sangue del Figlio mettendo a sua disposi-zione dodici legioni di angeli per sbaragliare i suoi carnefici, ma perdonando i peccatori e salvandoli. Ecco in che senso il Padre "si compiace" del sacrificio del Figlio: non nel senso pagano di una divinità che si rallegra sadicamente del san-gue di un povero figlio innocente, nel qual caso sarebbe piuttosto un padre... mostro! Il Padre non tratta il Figlio da "capro espiatorio", ma da agnello pasqua-le, il cui sangue non era destinato certo a 'placare' un dio adirato, ma a segnare i suoi eletti, e quindi a salvarli. Spiega san Bernardo: "Dio Padre non aveva sete del sangue del Figlio, ma della nostra salvezza". Questo è piaciuto al Padre: non tanto la sofferenza del Figlio, quanto piuttosto il suo amore nel sopportare l'acerbo dolore della croce. Il Padre non si compiace di una violenza totalmente ingiustificata, inflitta al Figlio, quanto invece della non-violenza, totalmente in-condizionata, della sua risposta d'amore. Ecco in che senso il sacrificio del Figlio è gradito al Padre: in quanto non dice rinuncia da parte dell'uomo a favore di Dio, ma vita di Dio impegnata a favore dell'uomo. Così la non-violenza non solo smaschera e denuncia il male della violenza, ma la sconfigge e la distrugge.

2. Oggi il problema della violenza ci assilla, ci spaventa, ci scandalizza. Noi cristiani reagiamo inorriditi nel vedere quanta violenza abbia imbrattato e in-sanguinato perfino i campi che dovevano essere oasi incontaminate di non-violenza, come lo sport, il gioco, l'arte, l'amore.

Il mite papa Francesco ha alzato la voce contro tante forme di violenza che stanno insanguinando il mondo: "la tratta delle persone, la logica della carriera e del denaro, una corruzione tentacolare fino ai livelli più alti, un'evasione fiscale egoista, una vergognosa pedofilia, prostituzione, sfruttamenti, mafie, violenze contro donne e bambini, lavoro che rende schiavi, disoccupazione, capitalismo selvaggio, una politica che si preoccupa più delle banche che delle persone...".

Facendo eco al vescovo di Roma, anche il vescovo di Rimini sente il proprio inderogabile dovere di denunciare con voce chiara e forte varie forme di vio-lenza presenti nella nostra città. Ne elenco alcune che risultano tra le più gravi.

La prima è la mafia. Infiltrazioni malavitose sono ormai documentate. Il no-stro territorio risulta un terreno molto appetibile e di facile accesso. In esso non è impossibile né difficile trovare complicità e connivenze. Ma il nostro tessuto morale e culturale in ambito civile ed ecclesiale è ancora sano. Il pavimento eti-co della casa è solido. Non vi è quel clima di paura, di rassegnazione, di passiva omertà che costituisce il terreno privilegiato per l'attecchimento della cultura

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Omelie

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mafiosa.Se il pavimento della 'casa' tiene ed è motivo di speranza, è tuttavia nostro

impegno vigilare e reagire ad ogni 'crepa' che ne mina la stabilità. E' perciò indispensabile che si crei e si consolidi un clima di attenzione, di vigilanza, di rifiuto attivo della cultura e del fenomeno mafioso. La mafia da noi non deve attecchire, non deve registrare in noi né paura, né rassegnazione, né silenzio! La mafia è male! Preghiamo perché venga accolto il richiamo recentissimo di Papa Francesco: i mafiosi devono convertirsi, devono cambiare mentalità e compor-tamento, devono cambiare vita.

Anche il gioco d'azzardo - un secondo fenomeno devastante - è violenza perché crea dipendenza e schiavitù. Lotto, superenalotto, lotterie, gratta e vinci, slot machines: un fenomeno globalmente in crescita preoccupante in tutto il territorio nazionale e anche nel riminese, con una rete fittissima di punti di gio-co, e volumi di denaro impressionanti. Vengono così illusi spesso proprio i più poveri con la promessa di una facile fortuna, promuovendo la cultura fallace di un guadagno facile, conseguito senza lavoro e senza fatica. Il gioco è la tassa dei poveri, la tassa più iniqua! Il gioco porta a dipendenza, con conseguenze rovinose per le persone, per le famiglie e per l’intera società. Senza contare il ri-schio di infiltrazioni malavitose e mafiose in un settore che lo Stato, purtroppo, incoraggia, ma che solo con grande difficoltà riesce poi a controllare effettiva-mente. La Chiesa e la società civile devono impegnarsi a contrastare l'anticultu-ra del denaro facile, per promuovere la cultura della sobrietà e del lavoro.

Un terzo fenomeno di degrado umano che nessuna ordinanza sembra ri-uscire più ad arginare, in nome di un garantismo che lascia sconcertati, è la violenza della prostituzione. La prostituzione ben di rado è una libera scelta; molto spesso è frutto di promesse di lavoro illusorie e non mantenute, di vera e propria tratta di donne e spesso di ragazze, di una visione degradata della per-sona umana e del suo corpo. Nel nostro territorio il fenomeno è grave e suscita tanta tristezza. Contrastiamo decisamente la cultura della rassegnazione, come quella che propone di regolamentare il fenomeno come fosse cosa positiva, magari con la promessa di esazione fiscale.

Fratelli e sorelle, andiamo con la forza dell'eucaristia e con la carica della non-violenza nelle "periferie della vita", là dove il mostro della violenza allunga i suoi feroci tentacoli e celebra più spesso - troppo spesso! - i suoi macabri trionfi!

Preghiamo. Dio della pace, non ti può comprendere chi semina la discordia, non ti può accogliere chi ama la violenza: dona a chi edifica la pace di perseverare nel suo proposito, e a chi la ostacola di essere sanato dall'odio che lo tormenta, perché tutti si trovino in te, che sei la vera pace. O Padre, che ci nutri con il corpo del tuo Figlio e ci disseti con il suo sangue vitale e fecondo, donaci il tuo Spirito di vera libertà, di liberante verità, perché diventiamo operatori di legalità e di solidarietà,

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Atti del Vescovo

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artefici miti e forti di giustizia e di non-violenza, che Gesù ci ha lasciato come sua magnifica eredità. Per il sangue prezioso di Cristo nostro Signore e dei nostri martiri, da santo Stefano al beato Pino Puglisi. Amen.

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Omelie

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Braccio robusto, cuore ardente, grembo facile alla compassione: è l'identikit di Dio nell'Antico Testamento. Ricordiamo cosa è scritto nella Bibbia, in quella sorta di 'biglietto da visita' presentato da JHWH - benedetto il suo santo Nome! - quando per la prima volta si tolse il tallit (velo) davanti a Mosè, si svelò e ri-velò a lui, sbigottito e audace, in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto: "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido: cono-sco le sue sofferenze".

1. Onnipotenza a servizio della MisericordiaOnnipotente e misericordioso, roccioso e tenero, fortissimo e dolcissimo,

il Signore Dio ha dato origine ai cieli, alla terra e al mare, per effondere il suo amore su tutte le creature e farle squillare di gioia con gli splendori della sua luce. Ma per Dio il minuscolo pianeta chiamato terra vale più dei miliardi di miliardi di stelle che navigano nella Via Lattea. E quegli esseri microscopici - di nome uomini - i quali trascinano la loro esistenza sulla crosta terrestre e che, guardati dall'alto del suo trono, appaiono più piccoli dei più piccoli granellini della sabbia del mare, sono in realtà più importanti di tutti i miliardi di miliardi di galassie che volteggiano nella sconfinata immensità dell'universo. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non sacrificherebbe mai un cuore umano per conservare in efficienza la nebulosa Sirio o Andromeda. Il Dio di Mosè, di Elia e di tutti i profeti è il Pastore che "viene con potenza", ma "porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri" (Is 40,10s). Ancora una volta in Dio sovrana onnipotenza non coincide con neutra, gelida indifferenza. Tutt'al-tro: nel suo essere e nel suo agire, fortezza fa rima con tenerezza, potenza con benevolenza. Ma c'è di più: a questo Signore infinitamente grande e infinita-mente buono stanno a cuore soprattutto i suoi figli più poveri e sofferenti. Canta un salmo, con toni struggenti: "Le mie lacrime nell'otre tuo raccogli". Il versetto lascia trasparire una immagine scintillante. Le lacrime degli umani sono per Dio una realtà preziosa come l'acqua e il latte, sostanze vitali che il beduino conserva nell'otre mentre marcia nel deserto. Dio non lascia cadere nel vuoto il dolore dei suoi figli, raccoglie le gocce del loro pianto, quasi come perle pregiate in un pregevole scrigno.

Ma dovevamo aspettare Gesù per capire dal vivo come è fatto il cuore di Dio. Nel suo volto noi intercettiamo il volto del Padre, poiché "chi vede lui, in lui vede il Padre" (cfr Gv 14,9). Ai peccatori, che si vedevano esclusi dal regno

Il Signore "Tutto-Cuore"

Omelia dal Vescovo nella professione religiosa di Suor Laura Pagliarani, monaca clarissaRimini, chiesa di san Bernardino, 9 giugno 2013

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Atti del Vescovo

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di Dio dalla grettezza dei farisei, Gesù proclama il vangelo della misericordia infinita, in linea con le promesse dei profeti. Per Gesù, coloro che rallegrano il cuore di Dio non sono gli uomini che si credono giusti, ma i peccatori pentiti, paragonabili alla pecora o alla dramma perdute e ritrovate, o al figlio morto e risuscitato. Del volto di questo Gesù l'evangelista Luca - "scrittore della miseri-cordia di Cristo" (Dante) - ci ha voluto dipingere i tratti più marcati. Come nella pagina evangelica appena proclamata.

2. Fu preso da grande compassioneAffacciamoci ora sulla piccola città di Nain. Due cortei gremiti di persone si

incrociano alla porta del paese: in entrata, una sorta di scuola ambulante, con un maestro, Gesù, con i suoi discepoli e una grande folla. In uscita, un corteo funebre, con una madre, una bara, molta gente. Il caso è particolarmente dram-matico. Il morto è un giovane, "figlio unico di una madre vedova". A Gesù non sfugge mai nulla, ma tra l'enorme calca fissa unicamente quella donna in pian-to, e l'evangelista descrive la sua reazione con due sole parole, nell'originale greco: "Il Signore fu preso da grande compassione". Da notare due particolari: Gesù è qui chiamato per la prima volta Signore. E' tale perché autore della vita, vincitore della morte. E' onnipotente e misericordioso, ma in questo binomio l'onnipotenza è a servizio della misericordia. Inoltre è per la prima volta - altro particolare - che di Gesù ci viene detto che "si impietosì molto" (gr. esplanch-niste). Si potrebbe tradurre: avvertì una fitta al grembo, in quanto il verbo fa riferimento all'amore materno e all'organo della gestazione. Si tratta di un senti-mento coinvolto e partecipe, umanissimo. Sta ad indicare l'amore appassionato di Gesù per quanti soffrono e piangono. Gesù si lascia percuotere dal dolore della madre, prescindendo da ogni valutazione di merito. Le dice: "Non piange-re!", non perché voglia minimizzare la tragedia della morte, ma perché intende annunciarne l'irreparabile sconfitta.

Il dono della risurrezione che segue non è né sperato, né chiesto, né atteso. L'intervento del profeta di Nazaret è del tutto gratuito: è Gesù stesso che, im-pietositosi, prende l'iniziativa, come se non potesse 'sopportare' la sofferenza atroce di quella madre che gli ricorda la madre sua, lasciata probabilmente nella stessa condizione vedovile.

Rispetto ad Elia che si distende per tre volte sul bambino morto cercando di riscaldarne il corpo, per farvi ritornare l'anima e invoca ripetutamente Dio, Gesù invece si accosta alla bara, la tocca e ordina perentoriamente al morto di alzarsi. Non manifesta alcuna esitazione nel compiere il miracolo, né si rivolge a Dio: è certo di poter disporre della potenza divina. A Gesù basta la forza della voce perché il giovanetto a sua volta ricominci a parlare, cioè ristabilisca le relazioni interrotte.

Ecco cosa ha fatto Gesù: si è lasciato ferire il cuore dalla scena di straziante dolore di quel tragico funerale in corso. Commenta Romano Guardini nel suo libro Il Signore:

Gesù "è il Dio del cuore. Qui Dio si manifesta come Dio scosso dall'afflizio-ne del cuore umano, e ci rivela il suo volto. Di lui è detto poco quando la filosofia lo chiama l'Assoluto, l'eternamente Immutabile. Egli è il Vivente, il

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Omelie

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Vicino, colui che viene in santa libertà. E' l'amante, colui che in carità non è soltanto l'esecutore, ma l'agente. Ma che significa tutto questo se il mondo continua per la sua vecchia strada? Dappertutto muoiono bambini, dap-pertutto madri piangono e padri stanno in angustie. Dappertutto sorelle abbandonate. Dappertutto vite schiantate, troncate per sempre - e dovreb-be, come si presume, essere da Dio questa scena del mondo? Dio guarda ognuno di noi come alla madre di Nain dietro la bara".

3. Dove sta la perfetta letizia?Ai nostri giorni, in questo scorcio d'epoca definita delle "passioni tristi", si

respira un insopportabile odore di morte che ci assedia da ogni lato e ristagna nelle falle del pavimento etico della città, si insinua nelle crepe delle case, si infiltra negli interstizi del cuore umano. "Quanto più l'area della solitudine si allarga, in estensione e in profondità, tanto più la soglia della differenza fra la morte e la vita si assottiglia" (L. Alici). E' vero: siamo intossicati da un irrespira-bile fetore di morte. La sbornia di un consumismo avido di possesso ha portato alla esaltazione della logica del "produrre per consumare e del consumare per produrre" e di lì al suicidio morale del produttore e del consumatore, come re-cita implacabile una scritta che continuo a leggere sui muri della nostra univer-sità: "Produci - consuma - crepa". Un edonismo voglioso e sempre più eccitato, che ha ridotto la sessualità a gioco e consumo, si è fatalmente rovesciato nella caduta del desiderio stesso. Una concezione della libertà, svincolata da ogni rapporto con la verità, ha portato ai macabri trionfi della violenza e al collasso della stessa libertà. Una interminabile onda di sangue sta sommergendo perso-ne sole, famiglie sole, sino agli esiti più disperati del lasciar morire e del lasciarsi morire, dell'uccidere e dell'uccidersi.

Eppure la sete di felicità continua a provocare un'arsura bruciante: tu l'hai avvertita, carissima Laura. E' vero: la marea di morte, che va salendo in modo impressionante, non ti ha neanche lambito, ma tu, generosa e sensibile come sei, correvi forse un altro pericolo: quello di rimanere a terra, "al palo", come si dice, tormentata e indecisa, senza riuscire a scegliere nessuna direzione, ri-schiando, alla fine, di farti "scegliere dalla vita", di ripiegarti su te stessa, di ingarbugliarti, insomma di sopravvivere a te stessa. Ma un giorno è passato Gesù, con i suoi discepoli, Francesco e Chiara, e con tutta la scia dei loro figli e figlie. Gesù ti ha guardato, si è invaghito di te, ti ha chiamato per nome e ti ha detto: "Laura, lo dico a te: alzati!". Ti sei sentita amata, ti sei alzata in piedi e l'hai seguito, e alla sua sequela hai percepito il grido lacerante di Francesco: "L'Amore non è amato!".

Poi il Poverello ti ha messo alla scuola di Chiara, e lei ti ha insegnato la stra-da della felicità e della perfetta letizia: è la strada della vita come la più sorpren-dente storia d'amore possibile in questo mondo. E' stato l'amore a farti scegliere la povertà, non tanto per carenza, ma per sovrabbondanza, perché avevi sco-perto il tuo tesoro: Dio, come tuo unico bene. Hai trovato il Tutto, hai rinunciato a tutto e hai cantato, felice: "Mio Dio, mio tutto". Come Chiara hai detto: "Amo la povertà, perché è stata amata da Gesù". Non ti sei sentita come una pietra di scarto, ma sei stata raccolta dalle mani del Signore che ti ha reso pietra scelta

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e preziosa ai suoi occhi. Allora, in uno slancio d'amore, hai deciso di donarti a lui con tutta te stessa, perfino con il tuo corpo, e hai sperimentato la feconda dolcezza della verginità, che ti fa sentire tutti come fratelli, tanti come amici, ma innamorata di un solo Sposo, che ti renderà madre di molti figli. Nella tua gio-vinezza hai provato l'ebbrezza della libertà, ma anche le sue vertigini, e l'Amore ti ha portato a donare tutta la tua volontà nella scelta dell'obbedienza, convinta che "chi regala la propria libertà è più libero di uno che è costretto a tenersela" (Don Milani). E la clausura? Mi pare di capire che non la vuoi affatto subire, ma intendi viverla come hai scritto: "come una delle risposte possibili alla domanda del Signore: Stai con me". Del resto non è forse vero che "chi vive nell'amore, partecipa di tutto il bene che c'è - e si fa! - nel mondo" (s. Tommaso Aq.)?

Sorella carissima, mi ha colpito quanto hai scritto sul Ponte: "Anche quando percorriamo sentieri ingarbugliati, i nostri passi sono sempre accompagnati dal filo rosso della grazia del Signore, che lavora misteriosamente e non si attorci-glia mai!". Lascia allora che ti sosteniamo nel tuo canto di lode, formulato con la melodia del salmo responsoriale (n. 30), nella versione metrica di David Maria Turoldo:

O Signore, mi hai strappato ancora alla morte, / quando stavo per scen-der la fossa / hai voluto ridarmi la vita. / Hai mutato il mio pianto in danza, / il mio sacco in veste di gioia, / perché io ti canti per sempre: / o Signore, mio Dio, per sempre.

Che questo canto non si spenga mai nella tua vita, cara Suor Laura, e che la tua danza agile e lieta non abbia mai fine. Mai!

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Omelie

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Parole che scottano quelle di Gesù, oggi (cfr Lc 12, 49-53): taglienti come una spada a doppio filo, brucianti come frecce incendiarie. Parole che per-cuotono e stordiscono. Vi pulsa dentro il cuore del Maestro, come un vulcano in eruzione, che non riesce a contenere il prorompente, irrefrenabile mare di fuoco della realtà divina che si porta dentro. Un mistero abissale che, peraltro, Gesù non riesce compiutamente ad esprimere, se non sfidando l'incompren-sione e il rifiuto degli ascoltatori, come accadde già una volta, quando la gente di lui disse: "E' fuori di sé" (Mc 3,21). Così il messaggio di Gesù oggi è reso con un linguaggio 'a lampi', tutto ritmato da punti esclamativi o interrogativi, e scandito da silenzi sospesi, da sospiri profondi, da confidenze incontenibili. Riascoltiamo la dichiarazione di apertura, che lascia trasparire una tensione fortissima: "Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angoscia-to finché non sia compiuto!".

1. Cos'è questo fuoco e questo battesimo? A che cosa sta pensando Gesù ? In prima battuta possiamo dire che, con la metafora del battesimo, Gesù voglia alludere al battesimo di sangue della sua passione. Già un'altra volta il Maestro aveva parlato della sua morte come di un battesimo: "Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?" (Mc 10,38). L'immagine del battesimo traduce bene quella sorta di immersio-ne 'fino alla gola' nelle acque della tribolazione, che Gesù sperimentò nella sua passione. Ma anche l'immagine del fuoco si può riferire all'ora suprema e drammatica della croce, e sta ad indicare la sconvolgente rivelazione dell'a-more di Gesù per l'umanità peccatrice. La passione di Gesù è una autentica passione d'amore. La croce è il vero roveto ardente dell'amore più grande, che accetta anche la morte perché ne venga la salvezza di tutti.

Gesù, dunque, sta pensando alla Pasqua, ma sembra voler accennare anche alla Pentecoste, se è vero che ambedue le immagini - del fuoco e del battesimo - ricorrono nella profezia di Giovanni Battista, il quale diceva del Messia: "Vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Lc 3,16). Lo stesso evangeli-sta, negli Atti degli Apostoli, presenta l'evento della Pentecoste come il primo solenne battesimo di tutta la Chiesa, un battesimo non di acqua ma, appunto,

Un battesimo di sangue e di fuoco

"Sono venuto a gettare il fuoco sulla terra"Omelia tenuta dal Vescovo durante l'Eucaristia in apertura del MeetingRimini, Fiera, 18 agosto 2013

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di fuoco (cfr At 2,3). Tutta la vita di Gesù è stata animata dal desiderio ardente che il fuoco dello Spirito divampasse sulla terra, e quel desiderio si è piena-mente realizzato con la venuta dello Spirito Santo, sceso in forma di fiammelle di fuoco sugli apostoli riuniti nel cenacolo. Dobbiamo allora concludere che con la sera di Pentecoste il sogno di Gesù ha finito di realizzarsi? No, davvero! con la Pentecoste tutto è 'compiuto', ma non tutto è 'finito'. In effetti, la Pente-coste è un evento in corso. Tant'è vero che la sua onda lunga è arrivata fino a noi, il giorno del nostro battesimo, quando anche noi siamo stati immersi "in Spirito Santo e fuoco". Ma allora dobbiamo arrivare a dire che, ormai, Gesù non nutre più alcun desiderio riguardo alla Chiesa dei nostri tempi e riguardo a noi cristiani di oggi? No, assolutamente no! Il desiderio che continua ad ardere nel cuore di Gesù è precisamente questo: che il fuoco del suo Spirito divampi nella Chiesa intera, e in tutti e ciascuno di noi, suoi discepoli.

2. Ma qual è la nostra risposta a questo desiderio incandescente di Gesù? Qui dobbiamo compiere una delicata opera di discernimento, secondo le pa-role, anch'esse sferzanti, del Maestro: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: 'Arriva la pioggia'... Ipocriti! Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?". Dobbiamo scrutare i segni dei tempi, del nostro tempo. Un primo segno, negativo, è il 'raffreddamento della fede' presso molte comunità cristiane, nel nostro Occi-dente secolarizzato. Il fuoco dello Spirito e dell'amore è rimasto sepolto dalla coltre dell'indifferenza, dalla cenere dell'abitudine, dal triste grigiore di una vita cristiana scarica: incolore, inodore, insapore. Una vita sazia e annoiata, che non genera una testimonianza, non colora una esistenza, non accende una gioia. Ma, d'altra parte, c'è un segno positivo, ed è la sorprendente novità di oggi. Il vento dello Spirito ha ricominciato a soffiare forte e il suo fuoco ha ripreso fiamma. Abbiamo la fortuna di vedere molti cristiani che fanno una esperienza viva di Gesù Cristo. Ed un altro confortante e promettente segno di novità - legato al precedente - è il risveglio del cosiddetto 'gigante addormen-tato', il laicato, e, con ciò, l'avvio di una nuova ondata di evangelizzazione, i cui protagonisti sono i laici.

Ma Gesù oggi non finisce di incalzarci, e ci ricorda qual è il prezzo del discepolato alla sua scuola: è la radicalità della sequela. "Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi dico, ma divisione". Di fronte a lui, nessuno può rimanere indifferente o neutrale. Bisogna scegliere: o con lui o contro di lui. Se è vero che "chi si avvicina a Gesù, si avvicina al fuoco", allora o ce ne allontaniamo del tutto, oppure ci avviciniamo e ci lasciamo assorbire dalla sua fiamma d'amore. Non c'è una via di mezzo. A coloro che non sono né freddi né caldi, ma 'tiepidi', il Signore dice che li vomiterà dalla sua bocca (cfr Ap 3,16). Se si vuole andare dietro di lui, urge decidersi: non si può gioca-re al rimando, rinviando scelte che impegnano e accontentandosi di qualche opera buona, tanto per fare qualche saldo con la propria coscienza. E non si può giocare neanche al ribasso, accontentandosi di una fede languida, di un cristianesimo annacquato e dolciastro. La persecuzione dei poteri dominanti, l'opposizione delle mode correnti non sono i segni della nostra debolezza o del fallimento della causa di Gesù. Sono piuttosto il segno della nostra fedeltà.

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Omelie

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E' vero, ci ricorda il Papa: "Siamo poveri di amore, assetati di verità e giustizia, mendicanti di Dio, come sapientemente il servo di Dio Mons. Luigi Giussani ha sempre sottolineato. La povertà più grande infatti è la mancanza di Cristo, e finché non porteremo Gesù agli uomini avremo fatto per loro sem-pre troppo poco". Di qui, l'appello pressante: "Andiamo incontro a tutti, senza aspettare che siano gli altri a cercarci!". Ecco allora cosa dobbiamo fare: andare incontro a tutti, per portare a tutti la fiamma divampante del fuoco di Cristo.

Lo stesso fuoco arda nel nostro cuore per riscaldare e illuminare gli ambienti dove viviamo e operiamo, mettendo in conto che potremmo incon-trare il rifiuto e l'avversione - la persecuzione! - perfino di coloro che ci sono più vicini, consapevoli però che nessuno ha il potere di spegnere quella fiam-ma che l'amore di Gesù ha acceso nei nostri cuori.

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Rimini, 13 maggio, 2013Carissimi,

Vi scrivo nella settimana di preparazione alla Pentecoste, una festa che mi è particolarmente cara, perché in quel giorno sono stato ordinato vescovo, e anche perché a Pentecoste noi celebriamo la festa della nostra santa Chiesa riminese. Quest'anno la celebreremo nelle parrocchie e in comunione speciale con i tantissimi nostri fratelli e sorelle di CL e delle varie Aggregazioni ecclesiali che si incontreranno a Piazza San Pietro con papa Francesco.

Con la presente vengo a condividere con voi alcuni pensieri.

Il primo riguarda le zone pastorali. Dopo aver nominato i Moderatori di zona, ora ci è chiesta - e ci è data, se noi la invochiamo! - la speranza contro ogni spe-ranza, l'audacia che ci fa osare anche ciò che ci apparisse umanamente impos-sibile, la mitezza ostinata della pazienza intesa non come rassegnazione supina ma come tenace resistenza nella prova. Del resto lo sapevamo: dopo aver fatto un lungo, attento discernimento, la 'pastorale integrata' ci si è presentata da subito come una strada buona, praticabile e proficua, ma anche - e proprio per questo! - come un cammino molto esigente, perché esigente e impegnativa non può non essere ogni via che sale in alto e conduce oltre, nella direzione della spiritualità di comunione. Camminare insieme non è mai facile, e in genere non fa mai andare molto veloce, ma, nonostante tutto, anziché procedere da solo, io preferisco camminare insieme: porta certamente più lontano.

Vorrei inoltre ricordare il nostro prossimo appuntamento come presbiterio: la Tregiorni del clero, dal 3 al 5 giugno p.v., come da programma allegato. In Consiglio presbiterale avevamo pensato di dedicarla per intero al tema dell'e-vangelizzazione nella post-modernità. Ed è quanto abbiamo fatto. E' vero: non è la prima volta che ne parliamo, ma possiamo dire che "non serve a nulla" approfondire un argomento così rilevante e decisivo per la Chiesa di oggi? Pos-siamo dire che il nostro presbiterio ha maturato una 'mens' unanime sulla nuova evangelizzazione, così come risulta dalle 'proposizioni' finali dell'ultimo Sinodo (ottobre 2012), che si riportano in Allegato per favorire una opportuna prepara-zione alla prossima Tregiorni?

Invito alla Tre Giorni del Presbiterio

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Infine, a un anno di distanza dal mio primo cenno ai cenacoli del vangelo, nella Tregiorni, avremo modo di soffermarci sul grande orizzonte e sui primi pic-coli passi di questa 'creatura' ancora allo stato embrionale, che dovrebbe andare proprio nella linea della propositio 7: un tentativo di nuova evangelizzazione, diretta specialmente ai 'lontani' della Chiesa.

Mi rendo conto, carissimi, che non mancano buoni motivi per non mancare alla prossima Tregiorni. Aiutatemi e aiutiamoci a confidare che non mancherà la nostra generosità a parteciparvi.

Vi saluto con grande affetto e vi chiedo la gioia di potervi abbracciare uno ad uno

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Messaggio del Vescovo ai turisti e agli operatori

Gentili Ospiti,

all'inizio della stagione turistica desidero estendere a tutti il mio augurio più cordiale perché il tempo trascorso in mezzo a noi, al mare o in collina, diventi sempre più preziosa opportunità di crescita nella comune umanità.

Nel periodo che vorrete trascorrere nelle nostre terre incantevoli e acco-glienti, possiate davvero vivere una serena, positiva esperienza, che ridoni ri-poso fisico e mentale, condivisione di affetti veri e profondi, intensa ricarica spirituale. Che la vostra sia un'esperienza bella e rigenerante, che promuova e alimenti la gioia di un autentico incontro con se stessi, con gli altri, con Dio.

Un saluto carico di affetto e di sincera gratitudine vorrei rivolgere anche a voi tutti che operate nel turismo: permettetemi di incoraggiarvi ad essere pre-murosi nell'ospitalità, attenti alla dignità delle persone, sensibili alle necessità dei più bisognosi. L'esercizio del vostro lavoro e del prezioso servizio ai graditi ospiti sia da voi vissuto con squisita carità cristiana e umana solidarietà.

A tutti vada la benedizione del Vescovo: la speranza in Gesù Risorto pro-muova sempre scelte ponderate e coraggiose, orientate a dilatare gli spazi di un'autentica fraternità.

Con viva cordialità

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Lettere e Messaggi

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Lettera ai Sacerdoti

Rimini, 18 agosto 2013

Ai Sacerdoti del Presbiterio diocesano

Carissimi tutti,

vi scrivo a metà estate per raggiungervi con un saluto molto cordiale, nella speranza che abbiate potuto trovare - o lo possiate quanto prima - almeno qualche frammento di ristoro fisico e spirituale. Permettetemi, ora, di riproporvi alcune riflessioni insieme ad alcuni temi e appuntamenti che ci vedranno pros-simamente occupati, con l'inizio dell'anno pastorale.

- Gli avvicendamenti di diversi sacerdoti nel servizio delle comunità parroc-chiali, avvenuti nei mesi scorsi, sono stati un altro piccolo ma concreto passo per l’attuazione della pastorale integrata. Ho constatato con evidenza come siano stati, sia per i sacerdoti che per le comunità, un'occasione di crescita nella fede e nel senso della Chiesa; sono stati anche una bella e consolante testimo-nianza, anche nelle situazioni più sofferte.

- Il tema che vedrà impegnata la Diocesi per il prossimo biennio - l’Euca-ristia - è il centro della nostra vita di presbiteri e della nostra missione. Non si tratta solo di vivere l’Eucaristia, di curarne la celebrazione, ma di vivere per l’Eu-caristia, in forza della sua energia e in continuità con il suo messaggio. Il Mistero Pasquale che nella Messa rinnoviamo e rendiamo presente è il tesoro che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa, il dono di se stesso da riscoprire continuamente, da custodire con tenerezza e annunciare con coraggio. Nel primo anno (2013-'14) del biennio, vorremmo sottolineare in particolare il rapporto tra la Parola di Dio e l’Eucaristia. Su questo tema è già in corso di stampa la Lettera Pastorale, dal titolo: "Sfamati dalla Sua parola". Inoltre cercheremo di valorizzare la Settima-na Biblica (23-27 settembre), la Giornata della Parola di Dio (1.a Domenica di Quaresima), la Scuola della Parola, proposta dal nostro Seminario e rivolta ai giovani.

- Quest'anno la nostra Settimana Sacerdotale si svolgerà ad Assisi (Loreto è indisponibile), dal 25 al 29 novembre. Avrà per tema "La vita nello Spirito". Siamo consapevoli che la serietà e qualità della nostra vita spirituale è una preziosa risorsa di unità interiore e di gioia vera per la nostra vita, anche nelle difficoltà, e sarà il primo e indispensabile strumento di evangelizzazione. Ad Assisi saremo aiutati da padre Giuseppe Piva, S.J., il quale sarà anche presente a Rimini-Seminario nella mattinata di lunedì 21 ottobre, per un incontro previo

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Atti del Vescovo

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sulle motivazioni e le modalità di svolgimento della Settimana. Fin d'ora siamo tutti invitati.

- Dopo i mesi scorsi, dedicati alla definizione di spirito, finalità, modalità e destinatari dei Cenacoli del Vangelo, questo prossimo Anno Pastorale sarà dedicato alla formazione di coloro che ne dovranno poi essere gli Accompagna-tori, e che verranno indicati dai Parroci. Sarà anche il tempo per cominciare a individuare le persone alle quali fare la proposta. A tale scopo ricordo l'incontro, che si svolgerà in curia con i Moderatori (o loro rappresentanti) delle varie Zone Pastorali, mercoledì 28 p.v. alle ore 10.

- Ricordo che l'Anno Pastorale inizierà con la festa di san Gaudenzo, nostro Patrono, lunedì 14 ottobre, e sarà preceduto dall'Assemblea Diocesana il giorno precedente, Domenica 13 pomeriggio, presso la chiesa di sant'Agostino, con inizio alle 15,30.

Come vedete, chiudo questa mia oggi, inizio del Meeting 2013. Ho passato questa giornata alla Fiera e me ne sono tornato arricchito di incontri, riflessioni, racconti che mi hanno tonificato. Permettetemi di invitarvi a fare tesoro di que-sta bella opportunità, per la quale anche il Papa Francesco ha inviato un suo messaggio, dal quale vorrei condividere almeno questo pensiero: "Andiamo incontro a tutti, senza aspettare che siano gli altri a cercarci!".

Ora vi saluto tutti e ciascuno, davvero di cuore

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Visita Pastorale

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Atti del Vescovo

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Visita pastorale alla parrocchia di S. Agostino

Prot. VFL2013/46Rimini, 23 giugno 2013

Carissimo Don Dino e Collaboratori: Sacerdoti, Religiose, Laici,Carissimi Membri del Consiglio Pastorale della Parrocchia di sant’Agostino,Carissime Sorelle e Fratelli tutti,

erano i primi giorni del tempo di Pasqua, quando abbiamo vissuto in-sieme la proficua esperienza della visita pastorale, effettuata nella vostra par-rocchia dal 15 al 20 aprile 2013. Sono venuto da voi sapendo di dovere ormai affrontare l’ultimo tratto di cammino iniziato quattro anni fa, eppure – so che mi credete – mi è successo di cominciare la vostra visita come se fosse la pri-ma volta. Non sto esagerando: se vi dicessi di essere arrivato da voi senza aver accumulato alcuna stanchezza, rischierei di dire solo mezza verità. Ma ancora una volta si è ripetuto il ‘miracolo’: la visita pastorale è sempre esperienza ap-passionante e senz’altro molto impegnativa, ma alla fine fine è una fatica che… non stanca! Perché ogni volta è come se fosse la prima volta. Così è stato per me, ma, ne sono sicuro, anche per voi.

Ricorderete che la prima sera, alla veglia di apertura, vi consegnai tre verbi da declinare nei giorni seguenti. Il primo è stato il verbo ascoltare: la visi-ta pastorale – vi dicevo – non è una noiosa litania di adempimenti formali né tantomeno una lista asfissiante di controlli fiscali, ma non è neanche una piatta tiritera di lezioni o di prediche fatte dal vescovo. La visita pastorale è piuttosto un mettersi tutti – a cominciare dal pastore - sotto la parola di Dio, poiché a Dio e a lui solo spetta la prima parola. “Ascolta, Israele”, dice il Signore. E ancora: “Popolo mio, se tu mi ascoltassi!”. “Ascoltate”, dice Gesù ai discepoli e alle folle. Solo se una comunità cristiana riconosce e obbedisce al primato della Parola di Dio, può discernere il disegno di Dio su se stessa. Del resto il vescovo non ha altro servizio da rendere che questo: aiutare la comunità a mettersi in ascolto del Signore. Per questo nei vari incontri che insieme abbiamo vissuto, siamo sempre partiti da un brano delle sante Scritture e da qualche, sia pur breve, ma intensa sosta di silenzio.

Il secondo verbo che vi ho consegnato all’inizio della visita pastorale è stato il verbo vedere. Se non arriviamo a tenere fisso lo sguardo su Gesù, non riusciremo mai a vederci con gli occhi di Gesù. Lo dice molto bene un salmo: “Alla tua luce, vediamo la luce”. Solo così possiamo arrivare a vedere tutto - gli altri, gli avvenimenti, gli ‘incidenti’ della vita, il nostro passato, il quotidiano che

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Visita Pastorale

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ci impegna e il futuro che ci attende, la nostra piccola grande storia e quella del mondo grande e piccolo – nella giusta prospettiva. Una visita pastorale non può eludere la domanda: “Noi, comunità di sant’Agostino, siamo sicuri di avere della nostra parrocchia la stessa visione che di noi ha il Signore?”.

Ricorderete ancora il terzo verbo che vi ho affidato come un altro eser-cizio spirituale da compiere lungo i giorni della visita: dialogare, con il Signore e tra di noi. Di qui i frequenti momenti di preghiera che hanno punteggiato le varie giornate: la preghiera con voi, ma anche la celebrazione di qualche ora li-turgica per voi, una preghiera che ho avuto la gioia di condividere con don Dino e i confratelli. Solo in un clima di preghiera, il reciproco scambio tra fratelli e sorelle nella fede non si riduce all’ammorbante bla-bla di uno sterile talk-show, non degenera mai a scontro aspro e conflittuale, ma diventa sempre fecondo dia-logo, magari anche vivace e dialettico, ma mai acido e polemico.

Con questi sentimenti nel cuore, con questi intimi atteggiamenti, ho visitato la vostra comunità, e così ho gustato la gioia di apprezzarne le tante, pregiate risorse. La prima di queste è senz’altro il ministero e la persona stessa di don Dino, un uomo buono, un cristiano fedele, un prete saggio e forte, total-mente votato alla causa del santo Vangelo e della crescita nella fede della vostra cara comunità. Poi ricorderei Don Vittorio, che ho avuto il piacere di vedere rimesso a nuovo, con una grinta da prete novellino. E, ancora, Don Daniele, con la sua spiccata e ormai collaudata capacità di portare Gesù ai giovani e i giovani a Gesù. Altra inestimabile risorsa, viva nella parrocchia, è la presenza di diverse comunità religiose: la comunità dei Paolotti, quella del Prez.mo Sangue, con i rispettivi santuari – veri ‘polmoni’ di spiritualità – di s. Antonio, in piazza Tre Martiri, e di santa Chiara. Inoltre vanno ricordate quelle femminili: le Maestre Pie, le Suore di Maria Bambina, le Francescane Missionarie di s. Onofrio, con le rispettive strutture educative e caritative. Come non ricordare la mattinata trascorsa nel visitare le tante, belle classi degli Istituti Scolastici delle Maestre Pie, ma anche la celebrazione dell’unzione degli infermi al Maccolini, la visi-ta alla Casa di riposo in via Guerrazzi e quella alle scuole di s. Onofrio e alla scuola materna di Via Angherà?! Questo fitto reticolo di opere e di strutture di eccellenza - senza dimenticare peraltro l’asilo “Baldini” - costituisce un capitale di indubbia qualità e di altissimo potenziale educativo, con una incisiva ricadu-ta umanizzante sulle famiglie, residenti nel territorio della parrocchia, e anche oltre. Non vorrei tralasciare neanche la provocante testimonianza - silenziosa, ma insostituibile - della Casa Famiglia dell’APGXXIII, di via Gambalunga, una vera oasi di carità evangelica nel deserto della città. Ma ora vorrei ritornare alla costellazione di comunità religiose e ricordare a tutti quel cuore pulsante di ossigeno evangelico qual è la cara e benedetta comunità delle Clarisse di san Bernardino. Aiutatemi a dire ad alta voce: senza questa comunità, la vostra parrocchia sarebbe senz’altro più povera. Sì, penso alla piccola fraternità delle Figlie di santa Chiara come a un cuore che accoglie il sangue guasto – fuor di metafora: il male, il peccato, l’egoismo che arriva dalle vene indurite della no-stra società malata – e lo restituisce riossigenato e purificato alle arterie sane della comunità cristiana e civile.

Tutte queste risorse sono nella parrocchia. Ma ora vorrei tornare a quel-

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le della parrocchia. E le vorrei leggere in riferimento ad alcune difficoltà che, comprensibilmente, vi preoccupano, ma anche a delle promettenti prospettive che vi attendono.

La prima difficoltà riguarda l’effettiva unità della parrocchia. La vostra è una comunità giovane, dalle radici antiche. Risultante dall’accorpamento di ben sette parrocchie – ridotte prima a quattro, poi a una – registra inevitabilmente la fatica di mettere in rete le assemblee di fedeli facenti capo alle tante chiese presenti nel territorio, senza contare la Basilica Cattedrale, che ovviamente me-rita un discorso a parte. Mi sembra però che il buon livello di comunicazione tra i presbiteri – diocesani e religiosi – che presiedono le assemblee liturgiche, l’avvicendamento dei tre sacerdoti diocesani nelle tre chiese di cui hanno di-rettamente cura – s. Agostino, i Servi, s. Nicolò – siano una buona strada già intrapresa, che converrà proseguire. Al riguardo, ritengo giunto il tempo per un ulteriore aggiornamento dell’orario delle Messe domenicali e festive, in modo da favorire una opportuna armonizzazione delle celebrazioni ed evitare una eccessiva frammentazione delle assemblee liturgiche.

Un altro problema che affigge anche la vostra parrocchia è quello dei cosiddetti ‘lontani’. Non bisogna scoraggiarsi: questa è l’ora dell’evangelizzazio-ne e del primo-secondo annuncio. Occorre pertanto passare dall’angoscia alla speranza, dal tormento all’audacia apostolica, dall’autoreferenzialità alla missio-ne. Non sentiamo il rimprovero sferzante del Signore: “Perché siete così pauro-si, gente di poca fede?”. Questo richiede che in parrocchia si formi un nucleo di fratelli e sorelle che non vogliano fare i cristiani da salotto, ma puntino decisa-mente sulla misura alta della fede: la santità. Richiede inoltre che la parrocchia non si limiti a offrire servizi, e a lanciare messaggi di massa, ma si ri-formi come comunione di piccole comunità, aperte alla missione. Richiede ancora che non ci si accontenti di fare la catechesi ai bambini, ma che si formino dei laici adulti nella fede e capaci di aiutare i tanti cercatori di Dio ad incontrare Gesù nella loro vita. I cenacoli del vangelo vorrebbero andare in questa direzione. Comunque ci sono anche altri percorsi e modalità per intercettare i fratelli che chiedono di - o che possono essere invitati a – riscoprire la bellezza e la vivibilità della fede. Occorre certo ricordare che il regno di Dio non si diffonde in modo visto-so, sensazionale, ma “a modo del Nazareno”. Mi spiego: è vero che il Crocifisso è risorto, ma il Risorto è identico al Crocifisso. Voglio dire: il Risorto è il vivente oggi, ed agisce in sinergia con noi, ma nella potenza dello Spirito, non come una potenza mondana, ma sempre nella debolezza della croce. E la sua parola si diffonde da persona a persona, da cuore a cuore. Comunque il vento della Pentecoste sta soffiando forte nella Chiesa e sta riaccendendo il fuoco della missione. Non aspettiamoci successi strepitosi, non sogniamo numeri strabi-lianti, non facciamoci prendere dalle smanie di trionfi eclatanti, ma preghiamo per metterci umilmente e generosamente a disposizione del Crocifisso-Risorto, perché converta il nostro cuore. Lui non ci chiede di riuscire, ma ci chiama ad osare; non ci manda a convertire, ma ci domanda di evangelizzare.

In questo contesto vorrei spendere una parola sulla questione-giovani. In-tanto vorrei rallegrarmi con voi per la presenza in parrocchia di due promettenti germogli: il gruppo Grotta e quello Grottino. Questa presenza non dice forse

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che far incontrare Gesù con i giovani è possibile? L’importante è non abbassare la meta. L’obiettivo di un’autentica, coraggiosa e feconda pastorale giovanile è non tanto attirare dei giovani per “fare gruppo”, ma accompagnarli ad andare da Gesù, il Gesù vivo nella sua Chiesa. E criteri irrinunciabili per verificare la maturi-tà del loro cammino di fede sarà la passione per portare altri compagni da Gesù e domandarsi qual è la missione che sono chiamati a svolgere nella vita. Qui il discorso della vocazione e delle vocazioni si fa non più rinviabile.

Un’ultima parola la vorrei spendere sulla cosiddetta pastorale integrata. Benedico il Signore perché ha ispirato te, Don Dino, e Don Renato Bartoli, par-roco della parrocchia sorella di s. Girolamo, a coabitare nella stessa canonica di s. Nicolò. Vedo questa vostra scelta come un passo fondamentale perché le vostre rispettive parrocchie uniscano risorse e servizi, condividano mete e percorsi, affrontino sfide scelte per camminare insieme sulla strada della nuova evangelizzazione.

Prima di salutarvi, rileggo questa mia e vi riscontro non poche lacune e omissioni. Ma lo spazio residuo si è andato via via prosciugando. E se, a questo punto, vi chiedessi - oltre che di leggere insieme la presente e di diffonderla nel modo più capillare possibile - anche di chiedermi ulteriori chiarificazioni e integrazioni?

Insieme alle realtà e organismi che rappresentate e a quelle su men-zionate, vi chiedo di portare i miei saluti più grati e affettuosi ai fratelli e sorelle infermi, ai gruppi del catechismo e ai rispettivi catechisti/e, alle educatrici ed educatori, al Gruppo “Marta”, il gruppo liturgico e Caritas, l’Azione Cattolica, il Consiglio per gli Affari Economici.

Che il Signore faccia brillare il suo volto su di voi e vi dia pace!

*********************************************************************************Al Rev. Sac. Don DINO PAESANIe alla Comunità della Parrocchia di sant’AgostinoRIMINI

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Visita pastorale alla parrocchia di S. Giuseppe al Porto

Prot. VFL2013/46bRimini, 27 giugno 2013

Carissimo Don Mario,Carissimi Collaboratori e Fedeli della Parrocchia di san Giuseppe al Porto,adesso che vi scrivo, mi rendo conto che sono passati esattamente due

mesi dalla conclusione della visita pastorale, effettuata nella vostra parrocchia dal 22 al 27 aprile 2013. Ma nonostante questa parentesi alquanto prolungata, il ricordo di quella bella settimana è rimasto scolpito al vivo nel mio cuore, e – ne sono sicuro - anche nel vostro. Nella veglia di apertura, vi avevo anticipato che nei giorni successivi non avremmo certo fatto fuochi d’artificio né avremmo escogitato ricette miracolose per risolvere chissà quali e quanti problemi o per stendere ingegnosi programmi e piani pastorali né per architettare formule mi-rabolanti o elaborare macchinosi organigrammi. Avremmo semplicemente fatto ‘esercizi spirituali’ di fede, di speranza e carità. E non è stato effettivamente così?

Ripercorro l’agenda della visita e la rivedo fitta di incontri, dialoghi, liturgie e diverse cene… Verrebbe da dire: tutto qua? Allora mi torna alla mente l’immagi-ne della parrocchia che con due pennellate abbozzava don Mazzolari: come un nido di rondine, fatto di un intreccio fitto di molti fuscelli e minuscole pagliuz-ze, con qualche beccata di fango, ma con tanto, tanto calore. E per immediata associazione di idee il pensiero mi corre a quel passo della Novo Millennio Ineunte, pubblicata all’indomani della chiusura del Giubileo del 2000, là dove il beato Giovanni Paolo II tracciava il suo testamento pastorale per la Chiesa del terzo Millennio, e scriveva testualmente: “Prima di programmare iniziati-ve concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il cristiano, dove si educano gli operatori pastorali, ove si costruiscono le famiglie e le comunità"

Torno all’agenda. L’elenco delle attività svolte durante la visita è presto fatto. Lunedì 22, ore 19: liturgia di apertura; ore 20: cena e assemblea con gli ope-ratori pastorali. Martedì 23: in mattinata, visita all’asilo delle Suore della Sacra Famiglia e poi all’asilo-nido del Service Web. Alla mezza, pranzo con i sacerdoti della Zona Pastorale. Dopo pranzo, visita alla “Casa Colonica”. Alla sera incontro e cena con il gruppo “Suor Erminia”. Mercoledì 24, alla mattina, visita alla coo-perativa dei pescatori “Lavoratori del mare”, quindi un giro ai cantieri navali, poi saluto alla “Finanza mare” e conclusione alla Darsena. Alla sera incontro con l’associazione “Ponte dei miracoli” e con un gruppo di famiglie. Venerdì 26 sera, ascolto di colloqui personali, poi cena con la simpatica comunità dei Lampedu-sani. Sabato 27mattina, visita ai malati; il pomeriggio incontro con i ragazzi, che

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avrebbero ricevuto la cresima il giorno dopo, e con i rispettivi genitori. Infine, alla sera, la messa conclusiva dell’intera visita pastorale, con una cena molto partecipata da tantissimi fratelli e sorelle della comunità.

Mi rendo conto che la semplice rilettura del programma-orario della visita non può rendere l’atmosfera e non riesce a restituire l’anima segreta di quelle che a prima vista si sarebbero dette semplici attività in agenda. Ma ciò che ha dato colore e calore agli eventi vissuti in quei giorni intensi e benedetti è stata appunto la spiritualità di comunione – di cui sopra, nel testo citato di Giovanni Paolo II – una spiritualità senza la quale una parrocchia si riduce a scheletro fossile, ma con la quale diventa organismo vivente e palpitante. E’ la spiritualità che ritrovo descritta nella relazione stesa in preparazione alla visita: “La nostra preoccupazione è stata quella di impostare la parrocchia in maniera tale che le persone potessero tornare a verificare la pertinenza della fede alla vita. Di qui la cura della liturgia della Domenica, l’ora di adorazione settimanale, i gruppi di preghiera. La catechesi a tutti i livelli è attraversata dalla riproposi-zione del primo annuncio e dalla costruzione di luoghi di esperienza della fede come un di più di umanità. La carità stessa è richiamata, prima ancora che come soccorso ai bisogni, come energia affettiva che lega le persone che camminano insieme nel nome del Signore. La gratuità è la condizione della condivisione dei bisogni materiali e spirituali di chi si incontra. Così la spinta missionaria è tanto più forte e costante quanto più uno sperimenta per se stesso il bene della fede”.

In sintesi, posso dire – e lo dico con gratitudine – di aver trovato presso di voi un sacerdote innamorato del Signore e appassionato al bene della comuni-tà; un nucleo di laici adulti e maturi nella fede, accesi dal fuoco della missione, desiderosi di fare di Gesù il cuore del quartiere; un gruppo di catechisti e ope-ratori pastorali sensibili, generosi, fedeli. Inoltre ho respirato un clima buono, impregnato di preghiera, profumato di carità fraterna sincera e cordiale. Ho riscontrato anche una notevole vivacità di iniziative culturali interessanti e coin-volgenti. Pertanto ritengo che ci siano buone e solide premesse per ulteriori sviluppi di quanto è già in fiore e per la nascita di altri promettenti germogli.

Passo ora ad alcuni punti problematici, che mi avete prospettato. Il primo, che voi definite “il più problematico”, riguarda il dopo-cresima e tutta la realtà giovanile. E’ un argomento complesso e doloroso, che affligge un po’ tutte le parrocchie. Ma certo non ci si può consolare con il pensiero del ‘mal comune’… Ritengo che la questione vada affrontata un po’ da tutti i lati: comunità cristiana, famiglie, educatori, giovani. Innanzitutto il lato-comunità. Come non ricordare il famoso numero 200 del Documento-base di tanti anni fa, ma tuttora insupe-rato, che affermava con nettezza: “Prima dei catechismi, vengono i catechisti; e prima dei catechisti, viene la comunità”. E una comunità fa catechesi principal-mente per quello che essa è, prima ancora che per quello che essa dice. Inoltre prima di educare la fede, bisogna suscitarla: di qui l'irrinunciabile esigenza di ripartire sempre dal primo annuncio, di cui vanno innervate tutte le azioni pa-storali e catechetiche. Del resto non va mai disattesa la priorità della catechesi degli adulti e l'imprescindibile necessità di coinvolgere le famiglie dei ragazzi. Solo così sarà possibile non ridurre la catechesi alla sola funzione trasmissiva della fede, ma piuttosto dare priorità alla sua preminente funzione generativa.

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Mi rendo conto che con questi pochi, fugaci accenni, sto proponendo cose det-te e risapute, ed è vero. Ma non è altrettanto vero che, purtroppo, questi orien-tamenti fondamentali sono rimasti pressoché disattesi nelle nostre comunità, e appunto per questa ragione non possono mai essere dati per scontati?

Riguardo all'altro problema che mi proponete, quello della benedizione del-le famiglie, sarà bene promuovere una considerazione ad hoc in sede di Consi-glio Pastorale, e domandarsi se non si possa rivitalizzare una tradizione che si è logorata con il tempo, ma che, opportunamente risignificata, potrebbe espri-mere una tensione missionaria che permetterebbe alla parrocchia di rimanere aperta alle famiglie del territorio e alle famiglie di sentire vicina la parrocchia. Concretamente, si potrebbe tentare l'esperimento - già in atto presso diverse comunità - di suddividere la parrocchia in tre o più settori, e oltre al parroco - che ogni anno ne visiterebbe uno - dei laici ben formati potrebbero andare a due a due a visitare le altre famiglie e a portare l'annuncio della Pasqua.

Prima di concludere, permettetemi due raccomandazioni. La prima riguarda la zona pastorale. Ne abbiamo parlato, ed è stata scelta ponderata e condivisa con una apposita assemblea di presbiterio, nel giugno 2012. Solo al termine di un lungo iter di riflessione e di accurata preparazione, il Vescovo l'ha ratificata (vedi Decreto del 29 dicembre 2013, in Bollettino Diocesano 2012/4). Ora non ci resta che metterla in atto. I primi passi potranno anche risultare faticosi, ma saranno passi benedetti che aiuteranno le parrocchie della vostra Zona a colle-garsi 'in rete', in uno slancio missionario condiviso e coordinato.

Da ultimo, vi raccomando il rinnovamento del Consiglio pastorale parroc-chiale. Si tratta d un organismo di partecipazione, previsto dal Diritto canonico ed esplicitamente sostenuto dalla Novo Millennio Inenunte (n. 45), allo scopo di dilatare e coltivare gli spazi della comunione. Al riguardo vi segnalo che nella prossima assemblea di inizio pastorale, darò indicazioni precise perla formazio-ne e la ricostituzione di un organismo indispensabile per promuovere la spiri-tualità di comunione e il discernimento comunitario.

In conclusione, mentre vi rinnovo la gratitudine per la cordiale, squisita accoglienza, vi invito ad andare avanti con speranza. "Il Figlio di Dio, che si è incarnato duemila anni or sono per amore dell'uomo, compie anche oggi la sua opera: dobbiamo avere occhi penetranti per vederla, e soprattutto un cuore grande per diventarne noi stessi strumenti" (NMI 58).

Con questa infrangibile certezza, vi sono grato se vorrete accogliere la be-nedizione del Signore, che vi partecipo con tutto il cuore

*********************************************************************************Al Rev. Sac. Don MARIO VANNINIe alla Comunità della Parrocchia di san Giuseppe al PortoRIMINI

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Visita pastorale alla parrocchia di S. Maria Mater Ecclesiae

Prot. VFL2013/46tRimini, 30 giugno 2013

Carissimo Don Tarcisio,Carissimi Membri del Consiglio Pastorale e del C.A.E,Operatrici e Operatori Pastorali e Fedeli tutti carissimidella Parrocchia S. Maria Mater Ecclesiae del Villaggio 1° Maggio, in Rimini,

al termine della visita pastorale – conclusasi il 4° maggio 2013 e iniziata il 29 aprile precedente – mi avete consegnato una lettera per confidarmi di esservi sentiti, durante quei giorni, “amati nel Signore, confermati nella fede, incoraggiati nella speranza, richiamati per un cammino di fede più forte”. Il parroco, il carissimo don Tarcisio, aveva anticipato che “la visita pastorale sa-rebbe stata un grande dono di Dio”, e voi avete generosamente sottoscritto quelle parole, attestando che “è stato proprio così”. Da parte mia, confermo tutto, in pieno. In effetti ho vissuto quei giorni senza fare troppa fatica, quasi con leggerezza, grazie all’accoglienza cordiale del vostro Don, ma anche al sincero, intenso affetto che mi avete esternato, e alla vostra convinta, gratuita disponibilità ad accogliere i messaggi che di volta in volta il Vescovo veniva a consegnarvi. Allora, ve lo devo proprio dire: da voi non solo mi sono sentito di casa, ma ho molto goduto – e ne ho benedetto il Signore – intravedendo dal vivo, nel vostro campo, molti promettenti germogli di comunione, ormai in fase di fioritura avanzata. E ho potuto misurare da vicino l’alta tensione mis-sionaria che mi avete dato modo di percepire tra le pieghe di una consolante realtà come la vostra.

La visita pastorale è stata caratterizzata da alcuni eventi che in genere non trovano molto spazio nelle agende parrocchiali, e sono stati la visita al G.R.O.S., alla Zona artigianale, ma anche la celebrazione diocesana del 1° maggio. Ed è proprio da questi tre eventi che vorrei ripartire per fare grata, tonificante memoria del programma svolto nei giorni della visita. Quegli eventi infatti han-no messo a fuoco la visione cristiana del lavoro, secondo due grandi settori - artigianato e commercio - in un momento di drammatica crisi economico-finanziaria, di carattere mondiale. Ne sono emersi vari messaggi che meritano di essere ripresi e opportunamente rilanciati. Il primo è che la crisi può e deve essere valorizzata come opportunità per dire no ad atteggiamenti disumani e a comportamenti gravemente ingiusti e del tutto scorretti, quali: lo sfruttamen-to dei lavoratori, l’evasione fiscale, il lavoro in nero, il ritardo nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione, operazioni finanziarie di carattere speculativo. In positivo – altro imprescindibile messaggio - occorre rimettere

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l’uomo al di sopra del lavoro e, prima ancora, del profitto. Inoltre va alleggerita la pressione fiscale, arrivata a livelli insopportabili; va superata l’attuale fase di soffocante stretta creditizia; per i disoccupati va dato impulso all’abbinamento della cassa-integrazione con corsi di riqualificazione e con lavori socialmente utili. Gli imprenditori meritano di essere sostenuti nel privilegiare sempre la persona e di essere incoraggiati a puntare sulla corresponsabilità dell’azienda; esodati, cassintegrati, persone in cerca di lavoro, soprattutto se giovani, vanno aiutati a non illudersi che si potrà presto tornare ai precedenti standard di be-nessere, e soprattutto devono essere stimolati a non perdere mai la speranza. Le riflessioni, i momenti di studio e di confronto, vissuti nei giorni della visita hanno mostrato che nessuno potrà salvarsi da solo, ma che insieme è possibile lottare con tutte le forze per un futuro più umano, più giusto e fraterno. Que-sto sguardo dedicato al mondo del lavoro presente nella zona del villaggio 1° Maggio fa percepire un tratto caratterizzante della parrocchia: la sua tensione ‘estroversa’, ossia non autoreferenziale né morbosamente ripiegata. La comu-nità di “Maria, Madre della Chiesa” è attenta a quanto avviene nel territorio e si spende per mostrarsi vicina alle Aziende in difficoltà, agli operai che perdono il lavoro, e per aiutare, nella misura del possibile, famiglie e persone in difficoltà.

Un secondo tratto caratteristico della parrocchia è la complessità della situazione socio-pastorale. Si possono configurare ben quattro ‘componen-ti’ all’interno della popolazione residente: un numero ormai molto ridotto di famiglie dedite al lavoro dei campi; una realtà artigianale e una commerciale (vedi il G.R.O.S.), con tutti i problemi su accennati; una realtà residenziale – la più numerosa – costituita da giovani-famiglie di recente insediamento; una componente extra-comunitaria costituita soprattutto da molti cinesi con la pratica impossibilità – finora dolorosamente sperimentata – di instaurare un sia pur minimo dialogo. Quello che dovrebbe essere un ‘villaggio’ è di fatto un piccolo mondo, fatto di tante microscopiche unità che hanno bisogno di tem-po e di costanza per poter costruire un tessuto sempre meno disarticolato e sempre più omogeneo e convergente.

Per questo la parrocchia ha fatto da anni la scelta dei ‘settori pastora-li’, come modalità per raggiungere e aggregare il maggior numero possibile di famiglie e di persone. Complementare a questa articolazione, si è operata una suddivisione del territorio in sei ‘zone pastorali’, cosa che se da una par-te scongiura il pericolo di un massificante anonimato, permette dall’altra un collegamento permanente del centro parrocchiale con tutte e singole le varie ‘zone’ disegnate entro il perimetro del ‘villaggio’. Occorre peraltro bilanciare questa tensione ‘centrifuga’ con una controspinta ‘centripeta’: ed ecco allora i vari momenti unitari che scandiscono l’anno pastorale, dalla festa parrocchiale di settembre alla festa di primavera, con le serate d’estate, i campeggi e i sog-giorni estivi in montagna.

Inoltre ho potuto constatare con intima soddisfazione come da quattro anni circa sia nata spontaneamente una fitta collaborazione con la vicina par-rocchia della Riconciliazione. E’ un cammino – questo - che di recente, grazie all’indirizzo dato dal Vescovo a tutta la diocesi con la costituzione delle 26 zone pastorali, ha ricevuto un ulteriore impulso, in vista di una collaborazione

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Visita Pastorale

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sempre più stretta ed efficace. La visita pastorale ha permesso al Vescovo di riscontrare una tensione ‘unitiva’ tra le due parrocchie che, ci si augura, potrà svilupparsi nella linea di una progressiva apertura reciproca e di una crescente fecondità, coinvolgendo anche la parrocchia di San Martino Monte l’Abate.

In conclusione, mentre confermo una valutazione globalmente positiva del cammino che state perseguendo, passo a declinare alcune linee di sviluppo per il futuro che vi attende. Per esprimermi nel modo più chiaro e sintetico, ricorro all’immagine della parrocchia-cenacolo. Il cenacolo – lo sappiamo - è quella ‘sala superiore’ dove si sono verificati eventi determinanti per la nascita della prima comunità cristiana. Il giovedì santo Gesù ha consumato la cena di addio con i suoi discepoli, dopo aver lavato loro i piedi. Il cenacolo è quindi il luogo dell’Eucaristia e del comandamento dell’amore fraterno. Inoltre è lì che la sera di Pasqua si è mostrato agli Undici, dopo essere risorto il primo giorno della settimana. Terzo, è il luogo, dove gli apostoli con Maria hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo, nella festa di Pentecoste. Rileggiamo quella manciata di versetti con cui Luca esprime cosa avvenne dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, nella attesa dello Spirito Santo: “Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi (…). Erano perseve-ranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e i fratelli di lui” (cfr At 1,12-14). Non vi sembra una icona che dice bene l’origine e la meta del vostro cammino? Riprendo brevemente questi passaggi.

“Entrati in città”: i discepoli non si sono ritirati nel deserto, né si sono arroccati in un eremo dall’aria beata e rarefatta, e neppure hanno formato un ghetto elitario e selettivo, ma hanno condiviso la vita – con le gioie e le fatiche, le angosce e le speranze - di tutti i concittadini, distinguendosi non per lingua, vestito, abitazione, ma per uno stile di vita paradossale, talmente umano che più umano non si può, proprio perché profondamente cristiano. La parrocchia non può diventare una setta per pochi eletti o una serra per coltivare una spe-cie protetta. La parrocchia è una casa dalle porte sempre aperte per accogliere chiunque vi entra per fare il ‘pieno di Dio’ e accompagnare quanti ne escono per condividere – con gratitudine e limpida gratuità - il bene che hanno rice-vuto.

“Salirono al piano superiore”: la parrocchia è la comunità di quanti non camminano, certo, a mezz’aria, ma neanche vivono dai tetti in giù, terra-terra. I cristiani si caratterizzano per quella che si potrebbe chiamare una ‘verticalità discendente’. Mi spiego: i discepoli del Signore camminano con i piedi per terra, ma hanno il cuore puntato in alto, non per dare la scalata a un cielo inar-rivabile, ma per lasciarsi raggiungere da un Dio che scende fino al livello più basso: il nostro. Il salire al piano superiore – con la preghiera e l’adorazione – serve e vale nella misura in cui poi scendiamo al piano terra per lavare i piedi ai nostri fratelli più poveri.

“Con Maria, la Madre di Gesù, e i fratelli di lui”. Non dimenticate mai, caris-simi tutti del Villaggio 1° Maggio, che la vostra è l’unica parrocchia nella diocesi intitolata a Maria, Madre della Chiesa. Ecco, vorrei che la vostra comunità si

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connotasse per una convinta e tenace ‘inclinazione’ mariana. Una comunità cristiana è veramente ‘mariana’ quando vive di preghiera e non si lascia sfibra-re da un attivismo agitato e convulso. Quando dà il primato all’ascolto della parola di Dio e non si lascia sommergere dalla ‘panna montata’ di chiacchiere sterili e inconcludenti. Quando si tiene alla larga da un narcisismo morboso e autoreferenziale e si proietta nelle più remote ‘periferie esistenziali’, additate da papa Francesco. Una parrocchia è veramente mariana quando, dalla con-templazione della Croce, ricava l’energia per aiutare i suoi figli a riconoscere il Crocifisso nei tanti crocifissi di quelle periferie e a fare loro quanto un giorno il Risorto accrediterà come fatto a sé.

Come vedete, non vi ho suggerito né ricette taumaturgiche per risolvere i problemi che mi avete presentato né vi ho incantato con una litania di formule e programmi illusori, da massimo sforzo e minimo risultato.

Vi auguro di tenere lo sguardo fisso su Gesù e di farvi prendere per mano da Maria. Buona strada!

Vi mando una grande benedizione, con tanta, tanta gioia

*********************************************************************************Al Rev. Sac. Don TARCISIO TAMBURINIe alla Comunità della Parrocchia di santa Maria Mater Ecclesiae Villaggio I maggio RIMINI

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Visita Pastorale

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Carissimo Don Renzo,Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia della Resurrezione,

era la festa dell’Ascensione, quando abbiamo concluso la visita pastorale, effettuata nella vostra parrocchia dall’8 al 12 maggio 2013. Ricordo che nell’o-melia, ispirandomi al vangelo del giorno, vi consegnai un preciso mandato, che arrivava da lontano, ma non veniva da un passato remoto, bensì dal... Presente vicino: veniva dal titolare della parrocchia della Resurrezione, lo stesso Signore risorto! Il quale, attraverso il vescovo, rivolgeva a voi in quel momento le stesse parole dette agli apostoli: “Andate e fate discepoli tutti”. In quelle parole ritengo che si possa a ragione concentrare l’ideale che vi anima, indicare la misura della vostra situazione attuale, additare la meta – prossima ed ultima – del vostro cammino.

1. L’ideale si potrebbe raccogliere in questa espressione sintetica: “una fra-ternità in missione”. Del resto questa è stata storicamente l’origine della vostra parrocchia: quattro preti – don Oreste, don Sisto, don Romano e don Elio – si sono presentati dal vescovo Biancheri e gli hanno offerto la propria disponi-bilità ad andare ‘in missione’, a fondare e a guidare la nuova parrocchia della “Grotta Rossa”. Quel primo nucleo comunitario ha fatto da polo aggregante per tutti gli abitanti della zona e così è nata una “comunità di popolo”, sul modello della parrocchia “formato Vaticano II”. Tratti marcati della nuova immagine di parrocchia dovevano essere e sono stati: uno spirito comunitario fatto di rela-zioni semplici e cordiali; un forte carattere ‘popolare’ che aiutava tutti i fedeli a sentire la parrocchia come la casa comune; un reticolo di vie come arterie tra il centro e le varie zone, rappresentate da specifiche figure di collegamento, come i rappresentanti di via. Inoltre la nuova parrocchia doveva avere due imprescin-dibili punti di riferimento: il territorio come habitat in cui la comunità cristiana è chiamata ad incarnarsi in un rapporto di osmosi feconda e di concreta sinergia; la diocesi, vista non come struttura burocratica (‘il palazzo’), ma come la Chiesa madre e maestra, guidata dal vescovo, successore degli apostoli e primo segno-strumento della comunione ecclesiale.

2. La vostra realtà attuale forse si potrebbe tradurre efficacemente con l’im-magine dell’albero di senape, secondo l’omonima parabola di Gesù. Il granel-lino iniziale seminato da don Oreste e compagni, 45 anni fa, è cresciuto ed è diventato una pianta viva e vigorosa. Certo, insieme alla crescita, si è verificata anche una sensibile trasformazione. La primitiva comunità sacerdotale, che si

Visita pastorale alla parrocchia della Resurrezione

Prot. VFL2013/51Rimini, 18 agosto 2013

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era andata viva via assottigliando fino a ridursi - dopo il ‘santo viaggio’ dell’indi-menticabile ‘Don’ - alla sola figura di don Elio, oggi è costituita da te, caro Don Renzo - che però devi continuare ad occuparti ancora dell’assorbente impegno della direzione della Caritas Diocesana, e insieme a te, c'è lo stesso Don Elio, dopo la sua rinuncia a parroco. Nel frattempo i diaconi sono raddoppiati: dal solo Bruno – primo diacono della Diocesi! – al più giovane Guido. Nella visita pastorale ho avuto modo di apprezzare anche una buona presenza di varie figu-re ministeriali, dalle catechiste agli educatori associativi, dai lettori e accoliti ai membri dei due cori – adulti e bambini - fino ai generosi operatori della Caritas parrocchiale.

Della struttura pastorale e dei vari servizi dei primi tempi restano: i centri di ascolto del vangelo, realtà un tempo vivace e diffusa, ma che ora ha bisogno di essere efficacemente rivitalizzata; la visita annuale alle famiglie, come segno di volontà di incontro con tutti i residenti; il giornalino parrocchiale, come organo di informazione e di collegamento con tutte le famiglie; la festa dell’accoglien-za, come occasione per verificare la capacità di ascolto e aiuto, da parte della comunità cristiana, nei confronti delle persone con disagi e problemi; la festa della parrocchia, la seconda domenica di settembre, con l’avvio delle attività pastorali; il centro estivo, nei mesi di luglio e agosto, per bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni; il campeggio estivo per la stessa fascia di età, grazie a una bella squadra di giovani educatori. Meritano una speciale menzione per la loro significativa consistenza due strutture diverse per finalità e destinatari, ma ac-comunate da una notevole rilevanza aggregativa e formativa: il circolo ANSPI, per persone della terza età, e soprattutto la Scuola materna, definita da Don Oreste la “pupilla della Parrocchia”, che attualmente accoglie 86 bambini, dai 3 ai 6 anni. Dal prossimo anno la scuola non sarà più gestita direttamente dalla parrocchia, ma dalla Comunità APGXXIII.

Continuano ad essere molto vive e coltivate con cura diverse attenzioni che caratterizzano la parrocchia come realtà aperta e dinamica: l’attenzione ai poveri di passaggio, ai disoccupati, agli immigrati, ai malati e agli anziani, che vengono seguiti personalmente anche quando sono ricoverati in ospedale. L’attenzione alla dimensione del gioco e dello sport viene espressa attraverso la Polisportiva, che per anni ha costituito un fortissimo momento di aggregazione e di educazione per bambini, giovani e adulti. L’attenzione alla cultura locale è coltivata attraverso le commedie dialettali, messe in scena dalla compagnia teatrale A fem de nost mei. L’attenzione alla vocazione missionaria universa-le, viene tradotta con le microrealizzazioni, l'affido temporaneo dei bambini, il sostentamento del centro nutrizionale “Don Oreste Benzi” in Zambia con offerte, allestimento di bancarelle e ricavato delle commedie dialettali, e con la sensibilizzazione alle missioni, tramite incontri con i missionari. L’attenzione al dialogo ecumenico viene sviluppata attraverso la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani con la celebrazione della Messa domenicale in rito maronita o greco-cattolico, con successivo pranzo comunitario. L’attenzione alle famiglie viene coltivata fin dal momento della preparazione al matrimonio e poi con la preparazione del battesimo, con l’accompagnamento e il coinvolgimento delle famiglie che hanno i figli alla scuola materna e al catechismo, mentre si soffre

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una certa difficoltà nell’aiutare le famiglie che sono in crisi e le coppie cosiddet-te ‘irregolari’. L’attenzione ai giovani viene promossa attraverso realtà formative come l’Agesci e, proprio negli ultimi tempi, da un promettente germoglio di ACI.

A questo punto mi rendo conto che una elencazione così veloce e somma-ria di tanti servizi, attenzioni, attività, non rende ragione del clima che si respira all’interno della comunità parrocchiale, e che risulta formato da una convinta e coltivata spiritualità liturgica, quale si esprime nella celebrazione dell’Eucaristia feriale e festiva, nell’adorazione eucaristica, e inoltre nella pietà popolare con la recita quotidiana del rosario, i pellegrinaggi, il mese di maggio nelle vie. Si completa così l’immagine di una comunità che ascolta, celebra, testimonia il vangelo di Gesù Cristo, unico salvatore di tutti, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Ebr 12,2).

3. Ed ora, per il cammino che vi attende, quali orientamenti, indicazioni, compiti, impegni il vescovo viene a prospettare dopo la visita pastorale?

Innanzitutto vi ripropongo un orientamento di fondo, che formulo rifacen-domi al titolo della vostra parrocchia: la Risurrezione. Ora, noi sappiamo che il Cristo risorto è lo stesso Gesù crocifisso - e questo è l'elemento di continuità - e però il Risorto vive in una condizione che, rispetto alla precedente, è assoluta-mente nuova, quella della 'gloria', e questo è l'elemento di novità. Pertanto la parrocchia della Risurrezione dovrà camminare in continuità con le sue radici e con il dna di ogni comunità cristiana e cattolica: Parola - Sacramenti - Cari-tà - Comunione con i pastori. Ma la continuità vera non può non consistere in un... continuo rinnovamento! La fedeltà infatti non è un conservare la cenere del passato, ma un mantenere viva, al presente, la fiamma delle origini. Questa 'spiritualità della risurrezione' si dovrà - con l'aiuto del Signore - declinare in passi concreti.

Il primo passo deve andare nella direzione del primo annuncio. La nostra fede non è una somma di verità, di riti e di precetti, ma nasce e si riassume in un messaggio di fondo: "Cristo è risorto, ed è l'unico Salvatore di tutti". Ecco allora il primo compito che, a cominciare dal beato Giovanni Paolo II, la Chiesa sta indicando alle comunità ecclesiali di antica evangelizzazione. E non sarà proprio la parrocchia della Risurrezione a proporre con fatti di fede risorta e di vita nuova il messaggio centrale - quello, appunto, del Cristo Risorto - a tutti i fedeli, residenti nel proprio territorio? Del resto, pensateci bene: quando è nata la vostra parrocchia, non c’era ancora la chiesa, ma un senso di fede e di appar-tenenza era ancora vivo nei fedeli. Oggi quel sentimento in molti non c’è più e non si può più dare per scontato. Ecco, allora, la prima indicazione del Vescovo: il nucleo dei credenti, con la guida e l’accompagnamento del parroco, è chiama-to a valorizzare ogni occasione per ripartire dall’annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto, unico Salvatore di tutti. Tagliando le cose all’ingrosso, potremmo dire così: se una volta l’impegno dei pastori era quello di far diventare praticanti i credenti, oggi l’impegno è di trasformare – con la grazia del Signore – i pratican-ti in credenti e i credenti in testimoni e annunciatori della buona notizia della salvezza. Occorre quindi innervare di 'primo annuncio' tutta vita della Chiesa, dalla catechesi alla liturgia, dalla formazione al servizio della carità.

Una seconda indicazione è quella di rimettere al centro dell’azione pastora-

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le della comunità cristiana la divina liturgia. La cura delle celebrazioni liturgiche, la consapevole e attiva partecipazione dei fedeli, la valorizzazione sinfonica dei vari ministeri e carismi, sono stati sempre un impegno diligente, quasi un ‘fiore all’occhiello’ delle vostre assemblee liturgiche. Permettetemi di raccomandarvi in particolare - oltre ovviamente alla celebrazione del battesimo e dell'eucari-stia domenicale - la cura e la pratica del sacramento della riconciliazione. Vorrei però invitarvi anche a cogliere l’occasione del 50° del concilio Vaticano II per verificare la coerenza di talune scelte - effettuate nel corso degli anni, in par-ticolare, per la sistemazione del presbiterio - con le autorevoli indicazioni dei documenti conciliari e del magistero post-conciliare. A questo proposito allego una serie di riflessioni e osservazioni mirate esclusivamente a purificare e a mi-gliorare la qualità delle vostre celebrazioni, a cominciare dall’aula liturgica della vostra bella chiesa. Vi ringrazio per l’attenzione che – ne sono sicuro – vorrete dedicare al contenuto dell’Allegato, nella certezza condivisa che, quando si par-la di liturgia, si tratta della “fonte e del culmine” di tutta l’azione della Chiesa.

Infine vi raccomando di pregare e di operare per ottenere il dono della più sincera e intensa comunione all’interno della comunità e della più squisi-ta carità nei confronti dei poveri. Nel Nuovo Testamento si trovano frequenti espressioni che raccomandano due ‘primati’: quello della carità come comu-nione reciproca, e il primato dell’amore verso i poveri. Coltivate, carissimi, una intensa spiritualità di comunione e ponete il debito impegno nella rivitalizza-zione degli organismi di partecipazione, soprattutto del Consiglio Parrocchiale, che non deve essere sostituito, bensì integrato dalla – e nella – Assemblea generale. In questa linea vi raccomando di rivitalizzare l'organizzazione delle vie, come strutture di comunione e di partecipazione. E vi rinnovo la pressante richiesta di curare i rapporti con le parrocchie della medesima zona pastorale, condividendo problemi, risorse e iniziative mirate a un cammino sempre più ‘integrato’ a livello di sacerdoti, ministri, operatori pastorali, comunità parroc-chiali, soprattutto negli ambiti della pastorale giovanile, vocazionale, sociale, familiare. E ricordatevi dei poveri: i poveri di fede, di salute, di compagnia, di assistenza, di sussistenza.

Al termine di questa mia, caro Don Renzo, permettimi di cogliere l’occa-sione per rinnovarti sincera, cordiale gratitudine per la disponibilità datami un anno fa a prenderti cura della parrocchia della Risurrezione. Come hai potuto toccare con mano, è una comunità dal 'polso buono' e dal ‘cuore a posto’, fe-condata dal sudore, dalla preghiera e dalla santa vita di don Oreste e, con lui, di tante anime buone. Continua a spenderti con i preziosi talenti e le belle qualità che il Signore ti ha donato, in particolare la sensibilità per i poveri e i ‘lontani’, la spiccata passione per la parola di Dio, la ricca esperienza acquisita lungo gli anni nel servizio pastorale ad altre comunità parrocchiali. Ti affido un saluto, profumato di fraterna cordialità, al carissimo Don Elio, un prete a cui tanti rico-noscono di essersi “fatto strapazzare l’anima” per la crescita della comunità, e che continua a dare la vita per amore del Signore e per il bene di tutti.

Carissimi tutti, ogni volta che penso a voi, mi sento salire dal cuore una preghiera di benedizione al Signore per la vitalità della vostra comunità. Non abbiate paura di dover affrontare prove ed ostacoli per rimanere fedeli alla chia-

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mata del Signore. E non fatevi prendere dall’impazienza del ‘tutto e subito’ sia nel servizio pastorale, sia nell’annuncio del vangelo, come pure nell’impegno di santificazione personale, perché questa ‘dannata’ fretta produce inevitabilmen-te amarezza e logorante scoraggiamento.

Che il Signore vi benedica tutti mille e mille volte

Allegati:1. Nota del Vescovo2. Copia della nota CEI “L'adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica”, ai numeri indicati3. Relazione del Convisitatore, Don Giuseppe Tognacci4. Copia degli articoli della istruzione "Sanctorum Mater" della Congregazione dei Santi, che riguardano il culto pubblico dei servi di Dio

*********************************************************************************Al Rev. Sac. Don RENZO GRADARAe alla Comunità della Parrocchia della ResurrezioneRIMINI

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Carissimo Padre Antonio,

la notizia del suo prossimo trasferimento mi sollecita ad accelerare i tempi della lettera a seguito della visita pastorale, svolta nella vostra parrocchia dal 14 al 18 maggio 2013. Lei avrà così modo di farne oggetto di condivisione con il suo successore, il quale, a sua volta, ne potrà ricavare materia per impostare il servizio di parroco, nel segno della continuità e di quella permanente riforma che deve vedere costantemente impegnata ogni comunità parrocchiale.

Il tratto specifico del profilo della vostra parrocchia è il fattore “F”, voglio dire “francescanesimo”. Da quando fu costituita – nel 1949 – ad oggi, a reggere e a guidare la parrocchia di Bellariva–Marebello – è la comunità dei Frati Fran-cescani Conventuali. Pertanto è la spiritualità francescana l’elemento distintivo che continua a caratterizzare la vita della parrocchia, al di là dell'avvicendarsi dei parroci. Una spiritualità, la vostra, segnata dal primato di Dio ("l'altissimo, onnipotente e bon Signore"), dalla povertà scelta e vissuta per amore del Figlio di Dio che, "da ricco che era, si fece povero per noi" (2Cor 8,9) e dalla fraterni-tà, animata dalla più genuina e generosa carità.

In questi anni, in Italia, il volto delle parrocchie è cambiato, ed è cambiato anche da voi, come avviene un po' dappertutto... "in un mondo che cambia". All'inizio, negli anni '50, la popolazione era poco numerosa e piuttosto povera, ma la chiesa fu costruita di grandi dimensioni, prevedendo il cambiamento tumultuoso degli anni '60, con l'avvento del turismo di massa. Poi, negli anni '70, ha avuto inizio l'urbanizzazione della zona residenziale a monte della fer-rovia. La netta divisione, che si è venuta a creare, tra sopra e sotto la ferrovia, permane anche oggi e caratterizza in positivo e in negativo la vita della parroc-chia: d'estate turistica, d'inverno residenziale. Durante l'estate infatti la chiesa è punto di riferimento soprattutto per i turisti; dalla fine di settembre all'inizio di maggio si svolgono le normali attività pastorali: catechismo, incontri dei gruppi, attività del circolo ANSPI, Caritas ecc.

Come ebbi modo di dirvi la sera dell'inizio della visita, nei giorni successivi non avremmo fatto altro che condividere una serie di esercizi spirituali, come vere e proprie esercitazioni di fede, di speranza e di carità. E così, grazie a Dio, è stato.

Ho avuto la gradita occasione di incontrare la Caritas Parrocchiale, i bam-bini e i ragazzi del catechismo con i loro genitori, i giovani e gli adulti della So-

Visita pastorale alla parrocchia di Cuore Immacolato di Maria Santissima

Prot. VFL2013/52 Rimini, 18 agosto 2013

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Visita Pastorale

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cietà Sportiva Bellariva Virtus. Poi ricordo l'incontro con gli operatori pastorali e i vari gruppi parrocchiali unitamente al Consiglio Pastorale Parrocchiale e al Consiglio Parrocchiale per gli affari economici. Toccante, come sempre è stata la visita ad alcuni ammalati della parrocchia, e molto gradito l'incontro con i parroci della zona e con la vostra Comunità religiosa. Il sabato 18 maggio il Vescovo si è dedicato ai colloqui personali; nel pomeriggio ha visitato il gruppo AGESCI Rimini 5 e il MASCI, quindi ha concluso la celebrazione eucaristica, a cui ha fatto seguito un partecipato e gradevole buffet.

Passo ora a consegnarvi alcune indicazioni sintetiche, per il cammino che vi attende.

Prima di tutto, vi raccomando di coltivare una spiritualità di comunione, nel segno dei tre grandi 'fattori' che costituiscono la spiritualità francescana: fraternità, solidarietà, missionarietà. Vorrei che chi viene in mezzo a voi respi-rasse un clima fatto da relazioni autentiche, profumato da grande carità, come tra veri fratelli nella fede. San Francesco ha sognato che una vera fraternità è possibile, ha scommesso che non siamo condannati al conflitto permanente, ha pregato e operato perché nella comunità si viva veramente da sorelle e fratelli, che si sanno amati dal Signore e si scambiano reciprocamente l'ab-braccio della pace di tutti con tutti. Solo se non dimentichiamo mai "che ci ha riuniti tutti insieme Cristo Amore", allora è possibile allargare l'abbraccio della fraternità ai più poveri, tutti i poveri, a cominciare dai poveri di fede ai poveri di salute, di pane, di casa, di dignità umana. E così la carità si fa estroversa, si allarga ai cosiddetti 'lontani', e la missione non si riduce a una serie di attività o di iniziative più o meno estemporanee, ma diventa atteggiamento convinto e permanente.

Inoltre vi raccomando di fare di tutto per rendere sempre di più la parroc-chia scuola e palestra della fede. Oggi nelle nostre comunità di antica tradizio-ne cristiana c'è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede. E' quindi indispensabile che la parrocchia si proietti al di fuori di se stessa, secondo la stimolante espressione del beato Giovanni Paolo II, quando diceva che "la par-rocchia trova se stessa al di fuori di se stessa". La scelta missionaria dell'evan-gelizzazione degli adulti e dei giovani è oggi irrinunciabile. Ma la missionarietà deriva dallo sguardo rivolto al centro della fede, cioè all'evento di Gesù Cristo. Infatti <<non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: 'Io sono con voi'>>.

Infine vi ripropongo l'ideale e l'orientamento della pastorale integrata. Ho visto che vi siete messi in cammino su questa strada, impegnativa, ma impre-scindibile ed efficace. La vostra zona pastorale del litorale sud, con le parroc-chie di Miramare, Rivazzurra, Bellariva-Marebello, ha già avviato un incontro periodico dei Parroci e una serie di attività - quali la Caritas interparrocchiale, il cosiddetto 'dopocresima', le liturgie penitenziali ecc. Ripeto: si tratta di una strada che conosce anche fatiche e rallentamenti, ma non vi scoraggiate. La pastorale integrata dà molto di più di quanto richiede.

In conclusione, caro Padre Antonio, mentre la ringrazio per la generosità con cui ha servito in questi anni la cara comunità di Bellariva, la prego di sa-lutarmi la Comunità conventuale, tutti i fedeli, dai collaboratori, ai malati, ai

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turisti.La prego anche di volermi salutare il nuovo Parroco, con il quale, sono

sicuro, tra le varie consegne, vorrà condividere anche la presente.La benedico di cuore e le auguro buon ministero nella nuova destinazione

*********************************************************************************Al Rev. Sac. Padre ANTONIO RENZINIe alla Comunità della Parrocchia del Cuore Immacolato di Maria SantissimaBELLARIVA DI RIMINI

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Visita Pastorale

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Carissimo Don Giulio,Carissimi Padri Salesiani, Carissimi Collaboratori e Fedeli tutti,

è passato un bel po' di tempo - più di quanto, sinceramente, non avrei voluto - dalla settimana di visita pastorale nella vostra cara parrocchia, dove ci siamo incontrati dal 27 maggio al 1 giugno 2013. Vi confido però che, ogni volta che il mio pensiero è volato a quei giorni intensi e benedetti, ne ho riportato sentimenti di gratitudine e slanci di benedizione al Signore e a voi, per i tanti doni di grazia che insieme abbiamo condiviso.

In questa lettera vorrei ritornare su alcune 'foto-notizia' della parrocchia, per ricavarne alcune indicazioni di carattere pastorale per il cammino prossimo futuro.

La prima 'foto-notizia' la ricavo dall'oratorio. Mi si affacciano alla mente volti di bambini e di ragazzi, di genitori e di animatori, con tutto un ricco menù di attività ricreative e formative e mi risalgono dal fondo della memoria le parole di don Bosco: "Rendete contenti quelli che volete rendere buoni". La recente nota pastorale della CEI sugli oratori parrocchiali richiama a tutti, in particolare a noi pastori, la preziosità di una risorsa tanto opportuna quanto efficace, che farebbe esclamare: "Magari ci fosse un oratorio in ogni parrocchia, o almeno in ogni zona pastorale!".

Passo rapidamente ad un'altra foto-notizia, quella della stagione estiva. Vedo la vostra magnifica chiesa, come una sorta di avamposto missionario strategicamente posizionato in zona mare, sul litorale. Da ottobre a maggio e durante i fine-settimana, specialmente in occasione di attività fieristiche, la popolazione aumenta, ma è soprattutto di passaggio. Da quasi cento anni la vostra comunità salesiana cerca di proporre una pastorale che riesca a coinvol-gere il più possibile i residenti abituali e, nella bella stagione, tutti quelli che approdano in parrocchia. A tutti viene offerta una nutrita possibilità di accedere alla celebrazione eucaristica e al sacramento della riconciliazione, con la pre-senza di almeno un sacerdote, in ogni ora in cui è aperta la chiesa. Il problema aperto - e, comprensibilmente, sofferto - è quello sempre più avvertito e patito da tantissime parrocchie italiane, ed è quello dei cosiddetti 'lontani'. Il tentativo, che state perseguendo, del Cenacolo della Parola, mi sembra apprezzabile e sicuramente da incoraggiare. Mi auguro che la proposta dei Cenacoli del Vange-lo - specificamente mirata a ad aiutare quanti desiderano scoprire o riscoprire

Visita pastorale alla parrocchia di S. Maria Ausiliatrice

Prot. VFL2013/53 Rimini, 27 agosto 2013

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Atti del Vescovo

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la bellezza e la concreta vivibilità della fede - possa trovare almeno uno o due laici disponibili a fare un anno di discernimento e di formazione per diventare Accompagnatori di qualche futuro cenacolo del vangelo.

Una terza foto-notizia la riprendo dall'interno della chiesa, durante una ce-lebrazione eucaristica. Mi ha sempre colpito la cura dell'attività liturgica, grazie alla presenza di una ventina tra accoliti, lettori e ministri straordinari della co-munione eucaristica. Durante la visita pastorale ho potuto constatare più da vicino l'impegno competente e appassionato nel coinvolgere tutta l'assemblea perché la partecipazione risulti "consapevole, attiva, fruttuosa". Ogni eucaristia viene debitamente animata, con una cura lodevole del canto. Non ho che da rallegrarmi e da augurarvi che tanta diligenza e dedizione attragga un numero sempre maggiore di fedeli e li faccia uscire da ogni celebrazione "con il cuore che arde".

Arrivo ora ad un'altra foto-notizia. E' quella della scuola materna ed elemen-tare, gestite dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, situate sul territorio parrocchiale, che raggiungono più di duecento bambini e ragazzi della parrocchia e della cit-tà, ed operano una capillare opera di annuncio del Vangelo ai minori, ma anche ai loro genitori, coinvolgendoli in momenti di approfondimento religioso, oltre che pedagogico. Mentre mi rallegro per una risorsa tanto valida ed incisiva, pre-go il Signore e assicuro la mia attenzione perché - nonostante le gravi difficoltà economiche - molte famiglie possano beneficiare di tale servizio e la parrocchia possa godere a lungo della presenza della benedetta comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice e della loro testimonianza di vita consacrata totalmente al Signore per il bene di molti.

Come vedete, il mio album di foto-notizie si va allungando di molto. Dovrei ora passare in rassegna anche le immagini della Caritas parrocchiale, della ca-techesi per l'iniziazione cristiana, della visita annuale alle famiglie, dell'impegno per le Missioni, del giornalino e di tante altre belle attività, ma temo che lo spa-zio non mi basterebbe. Mi limito allora a rileggere con voi la foto-notizia della comunità salesiana raccolta in preghiera e riunita attorno alla mensa comune. Ho avuto modo di godere di questi momenti e sono stati per me davvero pause di ristoro ed esperienze di calda fraternità umana ed evangelica. Una comunità di consacrati, e, in particolare, di Salesiani è davvero una grande benedizione del Signore non solo per la parrocchia, ma per il presbiterio e l'intera diocesi. Come non condividere la preghiera perché la vostra presenza, caro Don Giulio e fratelli, sia sempre più efficace e feconda, perché non ci venga mai a mancare l'entusiasmo e la passione dello slancio apostolico, tipicamente salesiano?!

Un ultimo ricordo mi riaffiora alla memoria, quello dell'ultima eucaristia. Era la messa dei primi vespri del Corpus Domini, e forse ricorderete le ultime tre consegne che, ispirandomi al vangelo della moltiplicazione dei pani, vi affidai: diventare la comunità delle "tre P": la comunità parrocchiale della parola, con una sollecitazione a non far circolare la parola di Dio solo nel perimetro ristretto della chiesa, ma a farla 'correre' per le strade e i quartieri della parrocchia. La comunità del pane eucaristico, senza il quale il nostro pellegrinaggio terreno manca dell'energia necessaria per approdare alla meta del banchetto dei cieli. La comunità dei poveri, perché ogni mendicante di cielo, che bussi alla vostra

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Visita Pastorale

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porta, possa trovare la stessa premurosa attenzione e la sollecita accoglienza che vi troverebbe Gesù, il quale "da ricco si fece povero per noi" (2Cor 8,9).

Permettetemi infine di apprezzare l'ordine e la pulizia con la quale tenete la vostra - ve lo ripeto - splendida chiesa. Permettetemi anche di invitarvi a pensa-re come arrivare ad attuare la norma liturgica di "un unico altare in presbiterio". Sono sicuro che questa ultima raccomandazione la accoglierete così come mi esce dal cuore: con tutta la gratitudine che meritate e con tutta la generosa disponibilità di cui siete capaci.

Lasciate che ora vi benedica tutti e ciascuno, con un saluto il più affettuoso e cordiale

*********************************************************************************Al Rev. Sac. Don GIULIO PEZZOLIe alla Comunità della Parrocchia di santa Maria AusiliatriceRIMINI

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Atti del Vescovo

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Carissimo Don Giorgio,Carissimi Collaboratori e Fedeli tuttidella Parrocchia santa Maria Maddalena delle Celle,

della vista pastorale - che ho avuto la gioia di effettuare nella vostra cara par-rocchia dal 3 all’8 giugno 2013 – prendo come paletti di riferimento i miei due interventi, che hanno avuto maggiore ascolto: quello della Eucaristia conclusiva, celebrata con una assemblea numerosa e molto attenta, e quello della liturgia di apertura. Nell’omelia della s. Messa del sabato sera, raccoglievo uno spunto dal vangelo della vedova di Nain, là dove s. Luca riporta il grido ammirato della folla, dopo il risuscitamento del ragazzo morto: “Dio ha visitato il suo popolo” (Lc 7,16). Ecco, anche noi, al termine di quei giorni di grazia, potevate esclamare che, nella persona del Vescovo, Dio vi aveva visitato.

Certamente, questo voleva essere e questo effettivamente è stata la visita pastorale: una esperienza della venuta del Signore in mezzo a voi, per consolarvi, illuminarvi, aprirvi strade nuove, additarvi mete alte e darvi la grazia di raggiun-gerle. In particolare la visita doveva essere – come vi avevo anticipato nella veglia di apertura – e di fatto, grazie a Dio, è stata una serie di esercitazioni spirituali nei tre grandi campi della vita di una vera comunità cristiana: l’ascolto della Parola di Dio, l’incontro sacramentale con il Signore risorto nella santa Eucaristia, la testimonianza della carità tra i fedeli della parrocchia e verso i poveri. Ritorno su-bito su questi tre capitoli, ma prima vorrei condividere con te una mia risonanza sul tuo modo di porti nei confronti della parrocchia. Infatti sono rimasto molto colpito dalla tua visione di fede. Ed è proprio la fede che ti fa riconoscere che, ri-guardo alla traccia inviata per la preparazione della visita pastorale, tu sei trovato “decisamente insufficiente”, senza però che questo induca allo scoraggiamento, ma anzi traendone la spinta per un impegno ulteriore. E’ la fede che ti fa dire che la vita che tu cogli intorno a te “non l’hai innescata tu o la tua iniziativa, ma è dono della grazia di un Altro”. E’ la fede che ti fa affermare: “Solo una umanità interamente coinvolta con Cristo è l’educazione alla fede”. E’ ancora la fede che ti fa considerare i malati e i sofferenti come “le persone che, di fatto, con l’offerta del loro dolore costruiscono la parrocchia”, ed è veramente edificante il tuo sen-tirti in debito con ciascuno di loro.

Ora riprendo i ‘tre capitoli’ su accennati, e provo a farne materia di revisione e di qualche sobria – e, spero, efficace - indicazione pastorale.

Riguardo all’ambito dell’ascolto della Parola di Dio e della educazione della

Visita pastorale alla parrocchia di S. Maria Maddalena

Prot. VFL2013/54Rimini, 27 agosto 2013

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Visita Pastorale

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fede, condivido la tua affermazione, che “i catechisti sono il punto fondamen-tale”. Lo affermava anche il Documento-Base: “Prima dei catechismi, vengono i catechisti, e prima dei catechisti viene la comunità cristiana” (RdC n. 200). Que-sto ovviamente non significa né che qualunque testo vada bene – raccomando pertanto il riferimento ai catechismi dei Vescovi italiani, per le diverse fasce di età – né che la questione del metodo sia irrilevante, come nello stesso Documento si afferma autorevolmente.

In parrocchia sono presenti altre realtà ed esperienze formative come l’AGE-SCI, Comunione Liberazione, Legio Mariae, due gruppi mariani. E’ importante che queste realtà, pur con la specificità della loro ‘voce’, riescano effettivamente a ‘fare coro’. Confermo la stima che traspare dalla relazione sintetica sullo stato della parrocchia, là dove si afferma che “il cammino Scout è come il prolunga-mento della cura pastorale del sacerdote; realmente l’esperienza Scout arriva là dove il sacerdote non riesce ad arrivare”. Di qui l’importanza del discernimento e della formazione dei responsabili, i cosiddetti ‘capi’.

Per quanto riguarda la liturgia, sono convinto anch’io che la s. Messa è “il punto originante di tutto e il momento in cui tutta la parrocchia si ritrova una cosa sola con il Signore”. Come non ringraziare allora tutti coloro che si adope-rano per un decoroso e fruttuoso svolgimento delle celebrazione, a cominciare dal gruppo delle “Donne per la pulizia”, al coro, ai ministri straordinari della co-munione eucaristica, fino ad arrivare ai ministranti. Ed è proprio perché la liturgia – in particolare la celebrazione eucaristica – sia davvero il vertice e la sorgente della vita cristiana, che vi prego di accogliere le osservazioni del Convisitatore (cfr Allegato), finalizzate esclusivamente a migliorare ulteriormente la bellezza e l’efficacia del sacramento.

Vengo all’ultimo ‘capitolo’, quello della carità, che deve essere sempre al centro e “al di sopra di tutto” (cfr Col 3,14). La carità è innanzitutto quella ‘spi-ritualità di comunione’ che significa vivere “a misura della Trinità”, alla quale è intitolata la vostra parrocchia. La Trinità infatti è la sorgente, la via e la meta, da cui deriva e verso cui tende il cammino della Chiesa. Vivere “a misura della Tri-nità” significa instaurare rapporti di comunione tra le persone, in modo che non sia alcun senza/sopra/contro/ le altre, ma le une con/in/per le altre. Durante la visita ho avuto modo di ‘misurare’ con il termometro della carità la temperatura del clima che tra voi si respira, e il risultato mi è sembrato buono. Abbiate cura che questo buon clima sia continuamente disinquinato dalle tossine dell’indif-ferenza, dell’antagonismo e venga costantemente riossigenato dalle tre grandi virtù cristiane: la fede, la speranza, la carità.

Ho apprezzato anche l’attenzione verso i malati e i poveri, ho rilevato con piacere l’impegno verso le Missioni, in particolare con le adozioni a distanza. Ritengo che la formazione e la costituzione di una Caritas parrocchiale o un col-legamento con la Caritas interparrocchiale di zona possa rappresentare un valido sostegno al parroco e a tutta la comunità, perché tutta la parrocchia cresca come comunità di carità.

Inoltre mi permetto di ricordare che, nel documento programmatico per l’inizio del Terzo Millennio, il beato Giovanni Paolo, proprio per sostenere e con-cretizzare la spiritualità della comunione, incoraggiava la costituzione e la cura

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degli organismi di partecipazione come il Consiglio Pastorale parrocchiale, che ha un suo profilo proprio e non può essere sostituito né da un collegamento tra le realtà presenti in parrocchia né da qualche – soprattutto se sporadica – riunione dell’assemblea parrocchiale. In questa linea raccomando anche la costituzione di un vero Consiglio Parrocchiale per gli affari economici, perché il parroco sia coadiuvato d un gruppo di laici di specchiata onestà e competenza nell’amministrazione dei beni della comunità.

Infine vi raccomando di intensificare la comunione, il dialogo e la collabo-razione con le altre due parrocchie della zona pastorale – San Giuliano Borgo e san Giuseppe al Porto – nella certezza che il cammino di pastorale integrata ci fa avanzare tutti sulla strada di una pastorale meno dispersiva ed estemporanea, e invece non solo più rispondente al contesto che si è venuto a creare in questi anni, ma soprattutto più coerente con quella immagine di Chiesa ch ha avuto nel concilio Vaticano II la sua charta magna, e ora trova in papa Francesco il suo interprete più autorevole.

Caro Don Giorgio, mentre ti rinnovo sincera, cordiale gratitudine per la corte-se accoglienza e per la diligente, generosa attenzione che vorrai riservare a que-ste indicazioni, ti prego di gradire un fraterno saluto, che invio a te, al carissimo Don Giuseppe Bonini, ed estendo a tutti

Allegato: Relazione del Convisitatore, Don Giuseppe Tognacci

*********************************************************************************Al Rev. Sac. Don GIORGIO PESARESIe alla Comunità della Parrocchia di santa Maria Maddalena delle CelleRIMINI

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Visita Pastorale

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Visita pastorale alla parrocchia Gesù Nostra Riconciliazione

Prot. VFL2013/56Rimini, 30 agosto 2013

Carissimo Don Domenico, Carissimi Collaboratori e Fedeli tutti,

con la visita alla vostra parrocchia, collocata in agenda dal 10 al 16 giu-gno 2013, si è completata la visita pastorale all’intera diocesi, iniziata nell’ormai lontano ottobre 2009. Per me è stata una intensa esperienza di grazia: non posso dire che non abbia avvertito qualche fatica, eppure alla fine non mi sono ritrovato stanco o deluso, tutt'altro. Ne ho riportato, anzi, abbondante consola-zione e grande fiducia, con la certezza che il Signore vorrà far germogliare i molti semi di vita nuova, che in ogni parrocchia ha sparso a piene mani.

Venendo da voi, la prima sera, mi avete sorpreso con quella accoglienza così cordiale e spontanea, sul sagrato, quasi a voler stringere il vescovo in un grande abbraccio. Poi siamo entrati tutti in chiesa, con il vescovo e il parroco in testa, come per esprimere l'ideale di un popolo pellegrinante, incamminato verso la Gerusalemme celeste. Ecco, quella 'figura' di comunità cristiana, che abbiamo rappresentato insieme - "popolo e vescovo, vescovo e popolo" - mi è sembrata non solo riassuntiva della visita alla vostra parrocchia, ma emblemati-ca di tutta la visita pastorale all'intera diocesi: il pastore in mezzo al gregge per accompagnarlo, dietro al popolo per difenderlo, davanti al popolo per guidarlo. Non è – come ci va ripetendo il vescovo di Roma, Francesco - una immagine suggestiva di quella che deve essere una vera comunità cristiana ed ecclesiale?

Quella sera, nel mio primo intervento, al momento dell’omelia , ho ten-tato di disegnare, in modo contestuale al titolo della vostra parrocchia - Gesù nostra riconciliazione - un veloce profilo della vostra comunità. In quel titolo vi leggo l’ideale che vi arde in cuore e la meta che orienta il vostro cammino. In effetti la riconciliazione cristiana non è una fredda formula cerebrale, né un sentimento vaporoso, e neppure un vago atteggiamento esteriore. E' piuttosto una Persona, è Gesù, secondo la parola di san Paolo: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2 Cor 5,20).

Qualche volta siamo portati a ripetere che la parrocchia è "una comu-nione per la missione". Ed è giusto. Ma non dobbiamo mai dimenticare che la premessa di quella comunione è proprio la riconciliazione: la comunione infatti non è un punto di partenza, ma di arrivo. Il punto di partenza è la riconciliazione con il Signore e tra di noi. La fede ci ricorda che, a sua volta, è dalla redenzione che nasce la riconciliazione: questa non è una sorta di vegetazione spontanea, ma è un frutto prodotto dall’albero della croce. Per altro verso, solo la comu-

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nione 'radicata' nella riconciliazione, immancabilmente produce il frutto della missione. Questi passaggi arrivano a farci concludere che le radici della missione non sono in terra, ma in alto, in cielo, nella santa Trinità. Pertanto è vero che "il piano pastorale è il progetto di Dio Padre, del Figlio dello Spirito santo", come dice il vostro parroco, ma è altrettanto vero - sempre secondo le sue parole - che "noi dobbiamo collaborare attivamente alla missione della Chiesa, secondo i segni che lo Spirito Santo suscita".

Ne deriva che la parrocchia, prima di essere un territorio dotato di chie-sa, è un evento che accade in un territorio, come è avvenuto per voi, quando, nel lontano 1971, si costituì una prima fraternità sacerdotale, con la guida e il so-stegno del compianto don Giancarlo Ugolini. E solo dopo venne la chiesa con la canonica e le opere parrocchiali. Dunque, prima di tutto un storia, ma una storia che ha plasmato una geografia. E così un'area, da disordinata zona di periferia, è diventata 'città', nel senso vero e pieno del termine.

Ma oggi quali sono i rischi e le risorse della situazione che sta vivendo la vostra comunità parrocchiale?

Un primo rischio è quello dell'anonimato amorfo e caotico: 5mila abi-tanti fanno massa, non fanno subito una comunità. Di qui la strutturazione della parrocchia in quattro 'cantoni' e l'ottima idea della pastorale del vicinato, l'impe-gno cioè di ogni cristiano di portare l'annuncio di fede ai propri vicini di casa o di via. E' un percorso, questo, che merita apprezzamento e sostegno.

Un secondo rischio è quello del clericalismo, in cui si cade quando i cristiani laici abdicano alle loro responsabilità nella vita ecclesiale e civile, at-tendendo che faccia tutto il prete. In controtendenza a questo rischio, voi della Riconciliazione, attraverso una incisiva opera di sensibilizzazione, avete raccolto il sorprendente frutto di ben 150 laici, che in Quaresima, hanno visitato le fa-miglie della parrocchia. Ciò che è importante è che questi laici non siano solo dei pur validi collaboratori, ma vengano aiutati e sostenuti nel diventare veri corresponsabili, con il sacerdote, dell'annuncio di Cristo crocifisso e risorto alle famiglie. La cura e la formazione del laicato rappresentano un impegno urgente e imprescindibile, ma costituiscono anche una premessa feconda e una solida promessa di futuro per le nostre comunità. Ma, lo sappiamo, il nostro è tempo di semina, ma anche di convinta e grata valorizzazione di quella preziosa risorsa rappresentata da positive figure di laici che vivono e servono anche in parrocchie come la vostra. Per questo ritengo che sia bene investire maggiormente nelle forme specifiche di corresponsabilità nella parrocchia, quali si configurano negli organismi di partecipazione, specialmente il consiglio pastorale parrocchiale e il consiglio parrocchiale per gli affari economici. Non solo non si dà opposizione, ma piuttosto una felice convergenza tra questi organismi e la spiritualità di co-munione: si tratta infatti di 'strutture di comunione'.

Un terzo rischio è rappresentato dal tradizionalismo, cioè il fare le cose per tradizione o per abitudine, più che per slancio di passione e solidità di per-suasione. Non meravigliamoci: anche questo, come i precedenti, è un rischio corso da tutte le parrocchie italiane, anzi del nostro Occidente secolarizzato. Noi sappiamo però che, se oggi non si può più essere cristiani per convenzione, ma solo per convinzione e per scelta, ne segue che la vera 'tradizione' non è

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conservare la cenere della memoria, ma trasmettere la fiamma della profezia, concretamente del primo annuncio della fede.

Un altro rischio delle nostre parrocchie è costituito dalla cosiddetta 'au-toreferenzialità', di cui parla spesso papa Francesco. Ormai dobbiamo acquisire la consapevolezza che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente. Il vero antidoto a questo rischio è la risorsa della logica integrativa, come voi avete in-cominciato a fare molto bene con la parrocchia del Primo Maggio. Il buon cam-mino avviato sulla strada della 'pastorale integrata' merita un'ampia valutazione positiva e il più convinto supporto. Infatti con tale disegno pastorale non si tratta di rispondere alla sempre più evidente diminuzione del clero, ma soprattutto di superare l'incapacità di molte delle nostre parrocchie ad attuare da sole una proposta pastorale, adeguata alle necessità del tempo corrente.

Carissimi tutti, abbiate coraggio! Noi siamo discepoli di Uno che ha vinto il mondo.

Questa certezza non ci fa indulgere al trionfalismo, ma ci fa avanzare nella fidu-cia. Prego il Signore che continui ad illuminarvi, a sostenervi, a fortificarvi. Se Lui è con noi, chi sarà contro di noi?

Carissimo Don Domenico, che il Signore ti benedica per tutto il bene che hai fatto e stai facendo ai fedeli a te affidati. Non temere: "Colui che ha fatto questo, porterà la sua opera a compimento".

Permettimi di benedirti con un cordialissimo abbraccio fraterno

*********************************************************************************Al Rev. Sac. Don DOMENICO VALGIMIGLIe alla Comunità della Parrocchia Gesù Nostra RiconciliazioneRIMINI

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Diario del Vescovo

MAGGIO

da Lunedì 29 aprile a sabato 4 maggio Visita Pastorale a Mater Ecclesiae

Giovedì 2 MattinoLa Resurrezione – S.Messa, funerale don Sisto Ceccarini

Sabato 4 MattinoClarisse - S.MessaCuria – Moderatori Zone Pastorali

Domenica 5 Mattino

Savignano, S.Lucia - cresime Lunedì 6 - Martedì 7 Roma, Seminario CEI sulla Formazione

Permanente del Clero da Mercoledì 8 a Domenica 12 Visita Pastorale a La Resurrezione Mercoledì 8 Pomeriggio

Sala San Gaudenzo - incontro con i Dirigenti ScolasticiCattedrale - S.Messa, per la scuola

Giovedì 9 Pomeriggio

Teatro Novelli - Congresso Nazionale FUCI Sabato 11 Sera

Saiano - S.Messa, pellegrinaggio AC Domenica 12 Mattino

Cattedrale - S.Messa, Congresso Nazionale FUCIPomeriggioRiccione, S.Martino – cresime

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Lunedì 13 SeraBologna, Seminario – S. Messa, con i seminaristi

da Martedì 14 a Sabato 18 Visita Pastorale a Bellariva

Martedì 14 PomeriggioCuria – Consulta per la Scuola

Mercoledì 15 MattinoCuria – Vicari foranei

Giovedì 16 MattinoSeminario – equipe educatori

Venerdì 17 PomeriggioS. Mauro Pascoli – S. Messa, funerale mamma don Sanzio Monaldini

Domenica 19 MattinoS. Mauro Pascoli – cresimeCattedrale – cresime per le parrocchie S.Giovanni Battista e Regina PacisPomeriggioCattedrale – cresime per le parrocchie Colonnella e Cristo Re

da Lunedì 20 fino a Venerdì 24 Assemblea Generale CEI a Roma Sabato 25 Mattino

Cattedrale – S. Messa, funerale don Silvano TontiPomeriggioMontetauro - pellegrinaggio Ordo Virginum

Domenica 26 MattinoSanto Marino - cresimeS. Ermete - cresimePomeriggioCattedrale - cresime parrocchia S.Gaudenzo

da Lunedì 27 maggio a Sabato 1 giugno Visita Pastorale a S. Maria Ausiliatrice-

Salesiani Lunedì 27 Pomeriggio

Oratorio S. Giovannino - recita del santo rosario

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Martedì 28 Mattino

Curia - Consiglio EpiscopaleSeraCentro Universitario Diocesano - catechesi

Mercoledì 29 Mattino

Seminario - Uffici Pastorali Giovedì 30 Sera

S. Agostino - Arco d'Augusto - Corpus Domini Venerdì 31 Mattino

Bologna - incontro Vescovi per il Seminario RegionalePomeriggioRimini Fiera – saluto al convegno dell’Associazione Papa Giovanni XXIII

GIUGNO

Sabato 1 MattinoClarisse - S.Messa

Domenica 2 Mattino

Rimini Fiera – S.Messa, convegno dell’Associazione Papa Giovanni XXIIISaludecio - cresime per le parrocchie di Saludecio, Mondaino e MontegridolfoPomeriggioCampo "don Pippo" - S. Messa

da Lunedì 3 a Sabato 8 Visita Pastorale a S. Maria Maddalena (Celle) da Lunedì 3 a Mercoledì 5 Seminario, 3 giorni del Presbiterio Venerdì 7 Sera

Curia - Consiglio Pastorale Diocesano Domenica 9 Mattino

Villa Verucchio - cresimePomeriggioClarisse - S. Messa, professione religiosa

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Da Lunedì 10 a Domenica 16 Visita Pastorale a La Riconciliazione

Lunedì 10 PomeriggioUdienze

Mercoledì 12 a Roma, Commissione Presbiterale Italiana Sabato 15 Mattino

Valle Avellana – S. Messa, funerale don Luigi RivaPomeriggioSanto Spirito - Gruppi Istituti SecolariRiccione, S. Martino - S. Messa, Campo Lavoro Missionario

Domenica 16 Pomeriggio

Coriano - S.Messa, memoria beata Elisabetta RenziSeraRiccione, S. Lorenzo - S. Messa, ingresso nuovo parroco

Lunedì 17 Sera

San Mauro mare - S. Messa, ingresso nuovo parroco

Martedì 18 Mattino

UdienzeSeraIgea Marina - S. Messa, ingresso nuovo parroco

Mercoledì 19 Sera

Villa Verucchio - S. Messa, ingresso nuovo parroco

Giovedì 20 Mattino

UdienzeSeraCuria - Progetto Culturale

Da Venerdì 21 a Domenica 23 Saludecio per i Cenacoli del Vangelo

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Venerdì 21 SeraSavignano, S. Lucia - S. Messa, ingresso nuovo parroco

Sabato 22 SeraMondaino, Trebbio di Montegridolfo - S. Messa, ingresso nuovo parroco

Domenica 23 Sera

Tavoleto - S. Messa, ingresso nuovo parroco Da Lunedì 24 a Venerdì 28 Esercizi Spirituali per i Vescovi dell'Emilia

Romagna e Conferenza Episcopale Regionale Sabato 29 Sera

S. Raffaele - S. MessaRivabella - S. Messa, ingresso nuovo parroco

LUGLIO

da Martedì 2 a Giovedì 4 Roma - Congresso Europeo dei Direttori nazionali della pastorale delle vocazioni

Venerdì 5

UdienzePomeriggioCasinina - S. Messa, ingresso nuovo parroco

Sabato 6 Mattino

Clarisse - S. MessaSeraRiccione, Mater Admirabilis - S. Messa, ingresso nuovo parroco

Domenica 7 Pomeriggio

L’Aquila – S. Messa, ingresso nuovo Arcivescovo

Giovedì 11 MattinoMiramare – S. Messa, funerale mamma don Mirco Mignani

Sabato 13 MattinoCuria – Collegio Consultori

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AGOSTO

Sabato 10 SeraRiccione, S. Lorenzo – S. Messa, festa santo patrono

Domenica 11 PomeriggioClarisse – S. Messa, festa santa Chiara

Martedì 13 SeraViserbella – S. Messa

Mercoledì 14 SeraRiccione, Gesù Redentore – S. Messa, evangelizzazione

Giovedì 15 MattinoSaiano – S. Messa, festa dell’Assunta

Domenica 18 MattinoRimini Fiera – S. Messa, apertura Meeting

Giovedì 22 SeraMisano mare – S. Messa

Sabato 24 MattinoCuria – Consiglio Diocesano Affari EconomiciCuria – Collegio ConsultoriSeraMiramare – S. Messa

Domenica 25 MattinoRivabella – S. MessaSeraBellaria – S. Messa

Mercoledì 28 MattinoCuria – Moderatori Zone PastoraliPomeriggioSarsina (FC) – S. Messa, festa san Vicinio

Venerdì 30 PomeriggioCarmelitane – S. Messa

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Sabato 31 PomeriggioPassano di Coriano – S. Messa, funerale don Francesco M. GiulianiSeraCattolica – S. Messa, festa del mare

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Attività del Presbiterio

Consiglio Presbiterale DiocesanoIncontro 16-17 aprile 2013 ......................................................................pag. 90

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Consiglio Presbiterale Diocesano

Verbale incontro del 16-17 aprile 2013

16 aprile 2013 h. 21,00Assenti: Mons. Andrea Baiocchi, Don Stefano Sargolini, Don Piergiorgio Farina, Don Marcello Zammarchi

Vescovo:ho pensato di dedicare questa serata a questo evento di portata storica, il passag-gio da papa Benedetto a papa Francesco. Questo dialogo fraterno questa sera ci serve perché siamo noi a guidare le comunità a vivere questo evento. Prima però ci aggiorniamo sui confratelli malati: prima di pasqua sono stato da:

- Don Mauro Ev. il declino continua inesorabile ma continua la sua ascesa. Sono rimasto edificato dal cammino di santificazione che sta facendo. Pre-senza al cammino della nostra diocesi intensa . Davvero non sta perdendo tempo tenendo fisso lo sguardo su Gesù. Un vero cammino di santificazio-ne a favore del nostro presbiterio. Il mio contatto con lui è settimanale via mail, perché può scrivere le omelie. E io gli le ho chieste ma mi ha chiesto che non le faccia girare. Ogni lunedi o martedi mi manda l’omelia della domenica dopo.- Don Roberto Z. ci aggiorna don Giampaolo: sta migliorando, fa molto fisioterapia, il pensiero è sempre più lucido, aumentano i tempi di concen-trazione, è preoccupato per il futuro. la sorella ha chiesto se il padre può andare insieme al figlio. Ho detto che ci stiamo pensando. Mangia anche cibi solidi, le funzioni stanno riprendendo tranne la parte sinistra. - Don Andrea Gemmani, sta a Riolo Terme, l’ho visitato ieri, l’ho trovato bene, dimagrito, l’ho visto presente, partecipe del nostro cammino. Mi ha detto che sabato massimo domenica dovrebbe uscire per tornare a Mon-tetauro; ce lo auguriamo.- Questi giorni è circolata la voce di una influenza di don Andrea, non è broncopolmonite.- Don Pasquale Campobasso, è uscito dall’ospedale dopo Pasqua. - Silvano Tonti, sta dimagrendo di giorno in giorno… ma continua a cele-brare e confessare.

Riprendiamo l’argomento: il passaggio da Benedetto a Francesco. Ho preparato

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una dispensa, volevo inserire ì’ultimo discorso di Benedetto ai seminaristi del romano e l’ultima udienza e il saluto ai sacerdoti romani.Più che ripetere vorrei richiamare alcune cose che conosciamo.Benedetto nell’ultima udienza ha tracciato un bilancio: “8 anni fa …e 8 anni dopo” e non sentendo più il vigore delle forze ha ritenuto di rinunciare al mini-stero petrino. Tutti, dopo essere rimasti frastornati, abbiamo colto il bene che ci viene da questa testimonianza. Benedetto aveva già chiesto a GPII di potersi riti-rare 2 o 3 volte, da cardinale. È stato un percorso in salita, pensiamo al problema della pedofilia affrontata con fortezza d’animo, e altre prove portate con pazienza, abbiamo apprezzato la sua libertà interiore e la sua umiltà. In quell’occasione scrissi una lettera. Cosa ci resta di Benedetto? Questa testimonianza di dedizione, la ricchezza so-vrabbondante del suo magistero,. In un articolo dell’ultima Civiltà Cattolica 23-3-2013, si tenta una sintesi del suo magistero. Nell’omelia per la messa di ringraziamento per il suo pontificato il 27-2- riprende-vo così alcuni punti. Partivo dal suo intervento a Verona: l’incontro con la persona di Gesù Cristo e non un’idea. Il cristiano è colui che ha incontrato Gesù Cristo, (Lettura parte dell’omelia: fede amica dell’intelligenza, … ha il compito di richia-mare… non deragliare nell’orrore del fondamentalismo…). Ultimo documento Porta Fidei che a questo punto diventa il testamento spirituale di papa Benedetto. Per papa Francesco: tutti abbiamo sperimentato la consolazione nel dono di questo papa, ma è importante che non ci fermiamo all’impatto emotivo, ma leggere con fede questo evento, primo papa gesuita, latinoamericano e che si chiama Francesco. Nella lettera che ho mandato al papa dicevo: …Si è saputo, non è stato smentito, che Bergoglio avrebbe pregato i cardinali di non puntare sul suo nome. Anche qui allora la testimonianza di nessuna ombra di ambizione. Mi sembra che il Signore abbia preso questi ultimi due papi come Amos da dietro il gregge e li ha messi a guidare il gregge. Mi fermo qua per aprire la condivisione.Don Andrea T.: parto da un aneddoto, ero in un ristorante ad Ancona, per un con-vegno, e a un certo punto uno si è alzato e ha voluto fare un brindisi per il papa Francesco! La cosa mi ha fatto piacere. La gente sta respirando un nuovo clima. A cascata si sente gente che chiede cosa ne pensiamo. Il movimento di gratitudine verso Benedetto è stato comunque positivo. Nonostante lo stile diverso di questi due grandi uomini. Mi sono sentito molto colpito da due parole di papa France-sco: la parola irreprensibilità, è un termine che mi ha colpito, un richiamo forte, e poi il tema del sacerdozio come esperienza che si deve diffondere in periferia come il profumo che scende sulla veste e che non va conservato ma speso. Don Aldo Amati : ho avvertito due sensazioni da molte persone. Prima un certo sgomento al momento delle dimissioni di Benedetto. C’è stato un certo bisogno di dare una valutazione di speranza e di futuro della Chiesa nel gesto di Bene-detto. Ha fatto un atto di lungimiranza profetica meravigliosa, ma nel popolo ha creato un po’ di vuoto. L’altra sorpresa è che ogni tanto viene qualcuno a confessarsi invitato dal messag-gio di Francesco sulla misericordia e sul perdono.

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Don Giuseppe Maioli: sottolineo due cose:1. La continuità che ho avvertito nel guardare la chiesa, ricordo l’udienza di Benedetto e l’incontro con i cardinali, con citazione di Guardini, dove dice che la chiesa è un popolo e non una teoria.e papa Francesco continua da qui. L’idea del popolo. 2. Come diceva Andrea quando ha parlato ai preti, l’odore delle pecore. Don Biagio: quando Benedetto ha dato l’annuncio eravamo in giro per le benedi-zioni e da tutti c’era la TV accesa. A Benedetto hanno voluto molto bene. Quando è stato eletto Francesco come hanno reagito i ragazzi su Facebook? Molti hanno messo la sua immagine su Facebook. Il giorno dopo l’elezione abbiamo avuto l’incontro con Dianich, e lì c’è stata partecipazione molto alta di adulti. Se ne è parlato molto anche con i giovani…Un aneddoto di un anziano: mi dice voi dovete imparare da Francesco perché se siete diventati preti lo siete diventati per il Signore… e inoltre effettivamente sono aumentate le confessioni.Tarcisio: ho notato che molti confessandosi l’hanno detto. Col passaggio da Be-nedetto a Francesco abbiamo sperimentato la presenza della divina provvidenza, molti hanno colto la loquacità dei gesti, Giuseppe Maioli: l’esperienza della gente che attende il papa, e il silenzio asso-luto di attesa…Roberto B: parto da lì, la chiesa è una realtà totalmente umana con qualcosa d’latro dentro. Un ragazzo che dice: io in piazza ho visto un sacco di giovani… quindi ancora prima che si sapesse chi era il papa. L’ultima udienza di Benedetto ci sono stato, c’era gente che ha dormito lì, e in piazza con tutta l’espressione dell’entusiasmo. Francesco ha rotto l’assedio… si sa che è lui fatto così… c’è un tratto di continuità evidente, con Benedetto, buttare via ogni ecclesiocentrismo… Don Luigi: mi è sembrato un atteggiamento globalmente rispettoso, sia per le dimissioni sia per l’elezione di Francesco. Molti giovani dovendo indicare una persona significativa hanno detto Francesco.Don Fabrizio: vedere giovani piangere e commuoversi, mi ha colpito… ci ha do-nato un papa con carisma per arrivare ai giovani. Può essere punto di rilancio e di ripresa. Mi sento esaudito, nelle mie preghiere. Don Emanuele: la giornalaia. Le hanno proposto un libro contro il papa, ma la giornalaia non ha accettato…Don Dino: mi ha fatto bene, ero in fase di benedizione. Mi ha colpito come l’in-teresse per la chiesa fosse generalizzato e normalmente positivo. Anche sulla rinuncia detta con libertà e umiltà è stato accolto con apertura. Dire che il servizio è prima di ogni cosa ha fatto bene. Ha fatto svanire i sospetti… Don Maurizio: la chiesa ha stupito. A volte nel male questa volta nel bene. Si è colta la sorpresa, per molti c’è stato un grande stupore soprattutto in chi era lon-tano. Mi sono domandato: ma cosa dovrei cambiare io? Cosa mi richiama come stile? Sottolineature della misericordia? Povertà? Vicinanza? Dimensione colle-giale e non verticista della chiesa? Il rischio che corriamo è di pensare a un papa che fa da parafulmine. Ma sotto cosa cambia? Noi per primi dobbiamo sentirci coinvolti dal suo stile.

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Don Danilo: averi voluto ripetere le cose dette da Maurizio. Da una parte ho colto una ammirazione per i pezzi grossi della chiesa, non riscontrabile in nessun altro mondo. Richiamo a chiesa povera, non direttiva, poi purtroppo è capitato il caso del prete di Novara, e poi mi ha colpito molto il fatto che la credibilità della chiesa sia passata dal 4° al 7° posto. Allora da questa chiesa povera e non giudicante, a me che passaggio c’è? Che risposta do io? L’ultima immagine di Benedetto è quella di una chiesa in preda ai lupi che spadroneggiavano sul gregge.Don Enzo Gobbi: condivido il detto, e in particolare ho colto l’interesse e la gioia di quella gente che è un po’ ai margini della chiesa. Ho apprezzato la scelta dei cardinali che lo affianchino.Don Paolo Bernabini: ho pensato che la gente ha un gran bisogno dei segni di speranza. Ha bisogno di segni certi. Come i media hanno il potere di amplificare le notizie. Quindi dobbiamo sapercene servire. Vescovo: penso che possiamo fermarci qua. Riprenderò domani da questa rifles-sione condivisa.Per domani mi permetto di richiamare questo nostro stile, per quanto possibile condividere il pranzo 17-04-2013Mancano mons.Baiocchi ,Don Stefano, Don MarcelloVescovo: il popolo di Dio ha espresso una visione id fede. Questo mi richiama l’ultimo messaggio recepito insieme ai vescovi della Romagna prima della rinuncia di papa Benedetto: fiducia perché la chiesa va avanti è il Signore la roccia della no-stra speranza. Mi piace rileggere una citazione che ho visto in vari testi circolati in questo periodo (Ratzinger 1969). Legge testo di Alici.Cenacoli del VangeloVescovo:abbiamo attivato un processo per chiarire le idee che ci ha portato ad una prima sintesi. Ho visto all’inizio un certo interesse, che non mi è sembrato un fuoco di paglia anzi ho dovuto frenare una certa fretta. A don Davide Arcangeli ho affidato il servizio per l’apostolato biblico e a lui ho affidato l’incarico di mettere a fuoco la realtà dei cenacoli. Per quanto riguarda i cenacoli nell’allegato c’è il succo.1. Siamo beati perché viviamo questo tempo in cui dobbiamo e possiamo tornare a parlare di Gesù Cristo. Quando ero piccolo capivo che essere cattolici voleva dire difendere il papa. Erano tempi esaltanti perché facevano vedere il protagonismo di un laicato che per tanto tempo era stato il gigante addormen-tato. C’erano laici che si sentivano responsabili dell’evangelizzazione di altri laici. Non si parlava più di evangelizzazione… invece gradualmente ci si è resi conto che il centro del Vangelo non è il papa o la chiesa ma Gesù Cristo. Mi impressionò Paolo VI quando disse all’inizio del suo pontificato Cristo al centro. Se leggiamo la storia della Chiesa nella prospettiva della evangelizzazione vediamo che i primi evangelizzatori sono stati i vescovi poi i monaci, per es i benedettini, gli ordini mendicanti, poi i religiosi, e nel ‘900 l’ultima ondata, dell’evangelizzazione dei laici ai laici, è il segno dei tempi che siamo chiama ti a intercettare. 2. Un obiettivo così grande con uno strumento così piccolo? C’è già molto nella nostra diocesi. L’ondata dei laici come protagonisti della nuova evangeliz-

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zazione è già avviata, non solo nei movimenti, che sono una realtà di grazia ma anche nelle parrocchie, che fanno più fatica certo, ma vedo che questa possibilità c’è. Ci sono dei passaggi anche dolorosi, certo, per es messa senza omelia va in inflazione… insieme al vicario voglio venire a trovarvi nelle zone pastorali. Dob-biamo aiutare la gente ad aprirsi a non essere troppo pretenziosi, la riduzione delle messe domenicali e festive è passaggio obbligato. Dobbiamo dire alle par-rocchie che sono abituate a troppe messe di rinunciareDavide Arcangeli:lettura dell’allegato.Interventi:don Fabrizio: l’anno di preparazione per gli accompagnatori… come?Don Giuseppe Maioli: secondo me la preoccupazione principale è quella di esse-re realisti di fronte alla domanda di evangelizzazione. Ma come accade la parten-za? Come avverrà l’invito? Va ripreso realisticamente la domanda del come acca-de che uno possa sentire il fascino dell’esperienza cristiana. Fascino che accade da un incontro e quindi alla parola incontro va data una concretezza che è quella dell’innamoramento quindi sin dall’inizio uno coglie l’impressione della totalità. La domanda su chi ha il compito di questo mi sembra piuttosto inutile. Since-ramente la ritualizzazione mi sembra eccessiva. Soprattutto nel mondo di oggi.Don Aldo Amati: la proposta è molto suggestiva ma va precisata. Ad es dove ci saranno i centri di ascolto non sarà facile capire la differenza.Altra considerazione: cade in una fase in cui ci sono molte cose in cantiere. C’è molta legna al fuoco. Terza considerazione: come fare l’invito. Spesso ci sono persone che desiderano un incontro ma non è facile introdurre in un ambiente strutturato. Ad es c’è chi si converte ma poi fa fatica ad entrare in un gruppo. Don Andrea T: ribadisco don Aldo, da una parte sento l’opportunità di una pro-posta come questa, come percorso pensato… ho le mie perplessità sulla struttu-razione di un cammino così rigido. Sono anch’io un po’ preoccupato della vastità del cantiere, cioè dei molti progetti messi in piedi. Vedo scarsa la verifica delle no-stre iniziative. Per es che ne è stato della catechesi battesimale? Che fine hanno fatto i catechisti battesimali? O certe cose diventano un’attenzione permanente o diventa la moda del momento. Ad es il tema della catechesii battesimale non è stato verificato.Nell’arco dei tre anni ci vuole una struttura che accompagni stabilmente questa nuova realtà…Don Giampaolo B.: questo è un progetto preciso, si potrebbero tenere presenti alcune parole chiave che andrebbero messe a fuoco meglio:- Ad es nuova evangelizzazione-- Secondo annuncio- Itinerario di tipo catecumenaleTenere presente queste parole grosse ci permetterebbero di mettere a fuoco me-glio che cosa vuol dire secondo annuncio, o nuova evangelizzazione. La chiarezza su queste parole permetterebbe maggiore elasticità ai cenacoli.

Questo progetto ci dà la possibilità del confronto con il metodo dei movimen-

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ti. Es neocatecumenali, scuola di comunità di CL, quindi buona occasione per confrontarci con i movimenti. Ad es don Piergiorgio Farina si sta servendo dei neocatecumenali. Credo che questo progetto ci dia la possibilità di confrontarci.Mi sembra che in questo progetto rimanga fuori la vita reale delle persone… e di quello che stanno vivendo..Don Biagio: riguardo gli ambiti. Mi sembra che debba accadere dentro la nor-malità delle relazioni. E allora il soggetto non saranno i due accompagnatori ma quella realtà lì. Altro elemento è la Parola di Dio. Qui mi sembra che occorra fare un cammino particolare. La parola di Dio non come scuola ma capace di intercettare quello che è il bisogno della persone in quel momento. Questa linea della parola di Dio capace di interpellare l’uomo non è detto che sia condivisa. A volte parliamo della scrittura per l’omiletica, ma non lettura orante. Dovremmo noi tutti imparare. . Lo facciamo anche noi? Si ma manca Martini, che ne parli non come esperto ma come uno che ne faccia esperienza.Parlando di adulti la schematizzazione e ritualizzazione la vedo molto problema-tica. Se uno prende gusto alla vita della chiesa non ci metterei molti riti. Riguardo la durata: se uno si trova bene ama continuarla.Riguardo la realtà di noi preti: a noi manca la verifica di come stiamo andando. C’è molta fatica, e senso di impotenza, non per cattiva volontà, quindi attenzione a non proporre una cosa così strutturata che può appesantire.Don Luigi: elementi critici e determinanti.- La figura dell’accompagnatore. - La proposta iniziale: a chi rivolgersi e poi i primi incontri… armonizzare la vita reale delle persone nei contenuti.- Importante il discorso del livello di zona pastorale. Una proposta che si fa in modo allargato.- Il dopo: avranno una presenza più significativa nella parrocchia.Don Fiorenzo B: proposta interessante. Rapporto con la parola di Dio. la trovo prematura, perché credo che in questo momento non siamo ancora capaci di revisionare quello che abbiamo messo in cantiere. La pastorale integrata ci sta facendo rimuovere alcune cose ossidate. L’esigenza di arrivare a una proposta di superamento di quelli che per noi erano centri di ascolto, richiede una presenza di laici maturi e coinvolti.L’esperienza dei catechisti battesimali è stata interessante. Il Signore ci sta chia-mando anche attraverso i laici. I catechisti che accompagnano i genitori poi sen-tono l’esigenza di pensare al dopo: dopo come li accompagniamo? Perché dob-biamo lasciarli? Don Roberto B: ho apprezzato la preoccupazione di rivedere tutta la pastorale ordinaria nella prospettiva del primo annuncio. Mi sembra artificiale invece la struttura. La domanda sempre è come accade? Se uno ha incontrato altri devo dirle di non andare più per venire ai cenacoli? Se c’è un gruppo che non va bene per il primo arrivato, allora non va bene non è una realtà ecclesiale. Importante il paragone con le metodologie. Prospettiva di metodo diversa: aprir-si ai segni che il Signore fa accadere.Don Giuseppe B: condivido molti interventi. Mi collego a don Giampaolo B. ci

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sono alcuni termini che utilizziamo e che vanno approfonditi. Ad es la prospettiva catecumenale. Importante fare il punto del cammino. Le persone cercano luoghi di relazione ma poi la difficolta è fare il salto della ricerca di fede. Per es la preoc-cupazione degli operatori pastorali è una preoccupazione giusta, cioè dobbiamo sostenere chi sta portando avanti queste cose.Don Tarcisio: preoccupazione di una strutturazione pesante… capisco. Credo però che la proposta dei cenacoli in sé sia buona perché richiama a tre valori da cui non si può prescindere:1. Evangelizzazione.2. Centralità della Parola di Dio3. Dare un metodo preciso strutturato di cui in certe occasioni c’è bisogno. Perché nei primi secoli hanno dato vita ad un metodo piuttosto preciso? È la ne-cessità di una metodologia.Credo che man mano che questo percorso va affinandosi, diventa esigente, ma se delle persone accettano di fare questo cammino fanno una esperienza bella. È reale la preoccupazione di mettere troppa carne al fuoco, il rischio è di mettere in cantiere troppe cose mi sto chiedendo come è possibile fare una verifica sui deversi cantieri avviati. Forse la questione può essere risolta se pensiamo che le diverse proposte hanno destinatari diversi… Don Danilo M: a differenza di Tarcisio pare che la questione vera, se il cenacolo si piega alle indicazioni di oggi il cenacolo diventa una comunità di Base. Allora il problema vero non sia interrogarsi su questo schema, ma riportarla all’interno della intuizione pastorale della comunità di base, vivibile a livello di relazioni primarie. La fede che si trasmette da persona a persona e vieni e seguimi. Allora l’interrogativo è chiedersi perché le Comunità di Base hanno mostrato il limite:1. Continuità. Hanno perso i giovani. Nel nonstro contesto ha una possibili-tà di vita? Dentro il bisogno di relazione come si sono strutturate queste comunità di base? In Italia ci sono stati due criteri di convocazione: territoriale, ma è stato un tentativo che ha avuto un limite. Altro, fatto a Milano: per affinità culturale. Ma il limite è che mi scelgo il mio prossimo. Quindi anche nella indicazione di segnare il passo e di verificare i cantieri, io riprenderei il discorso in mano riprendendo il discorso delle comunità di base.Don Maurizio F: mi chiedevo se sia possibile collegare la proposta dei cenacoli alle due piste proposte questi anni: accompagnamento dei genitori al battesimo dei figli e genitori di catechismo.Dobbiamo saper proporre loro qualcosa che vada oltre la estemporaneità. Mi chiedo se questo tipo di proposta legata al contesto parrocchiale più che zona, possa essere un completamento di ciò che c’è già. Offrire dei contesti in cui certe domande possano avere un accompagnamento. Don Pierpaolo Conti: a me sembra che sia giusta l’impostazione data, che il privi-legio sia dato alle zone pastorali. Mi sembra che sia dentro alla sua natura. Stiamo andando verso la pastorale integrata perché sentiamo il bisogno di una nuova evangelizzazione. Non si tratta di cordinare le forze meglio ma di aprirsi a nuovi orizzonti. I livello diocesano e il livello locale non devono avere tempi stretti. C’è bisogno di un tempo di elaborazione comunitaria che richiede tempi lunghi. Stia-mo entrando dentro una prospettiva missionaria? Questa è la vera questione che

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dobbiamo porci ed elaborare. Non avrei tanti problemi di ritualità. La chiesa ha bisogno di momenti comunitari. L’ambito specifico deve essere quello delle zone pastorali. I tempi e i modi devo-no coinvolgere la comunità pastoraledon Piergiorgio F: sono molto perplesso su questo strumento, ma in generale sui metodi e su quanto emerso in questi ultimi anni per le iniziative messe in atto. Mi interrogo se rispondono di fatto a quello che è un bisogno reale delle persone a cui ci rivolgiamo. Qual è il bisogno reale della gente? Ieri facevo incon-tro dei genitori di prima comunione. erano un centinaio, e ho approfittato per fare una catechesi sul significato dell’eucarestia. Però avessi fatto l’incontro nel quale dicevo facciamo catechesi sull’eucarestia sarebbero venuti in dieci. Così mi sembra per tutte le cose che facciamo. Quando si parla di cose che riguardano il vangelo c’è poco interesse. Allora i cenacoli del vangelo a chi? A chi potrà rispon-dere? È un momento di crisi profonda che sta vivendo la cristianità, e la rinascita mi sembra che sia molto lontana. Temo che anche questo sia un altro dei tanti strumenti che mettiamo in atto ma come la montagna che partorisce il topolino. Riguardo i catechisti battesimali. Ho la rincorda di famiglie dai territori circostanti che per gli incontri di catechesi battesimale scappano e cercano un prete che li battezzi con meno impegno… a me non fa problema dare il battesimo con un solo incontro e molti addirittura non vorrebbero farlo. Chiedono il battesimo però non sono disposti a fare nessun cammino. Alcuni se proponi incontri vanno da un’altra parte. Un itinerario deve essere elastico, non così rigido, ma un itinerario ci vuole. Forse anche per questo i movimenti attraggono. Ci vuole un fascino di fondo nella proposta che viene fatta ma poi è un cammino che ha delle tappe e una strutturazione precisa. Se non è così è difficilmente proponibile.Don DAVIDE ARCANGELI:io ho una visione opposta come chiesa. Credo che nel cuore delle persone ci sia un desiderio, magari implicito nelle persone, di Dio. allora dobbiamo avere fidu-cia che le persone desiderano incontrare Cristo. Desiderano da noi l’annuncio del vangelo e credo che questo sia possibile oggi per la chiesa e sia un bisogno reale.Mi fa piacere il richiamo all’esperienza venuto fuori da molti interventi. Certo i cenacoli sono sulla carta, ma vi faccio una domanda? Noi oggi siamo una chiesa che sa fare annuncio in ogni momento della nostra vita pastorale? Se sì non c’è bisogno dei cenacoli. Se no, allora i cenacoli sono il tentativo di pensare una strada, mettendoci dentro la nostra esperienza. I cenacoli sono una esperienza che deve avere un suo carisma, non un collage di altri carismi ma qualcosa che abbia la sua identità e carisma: provocatoriamente dico: il carisma del Vescovo. Se c’è questa identità della chiesa, la sua struttura è molto semplice. È chiaro che ha una sua struttura, ma la struttura del cammino di fede è CHIAMATA-RISPOSTA . questa è la struttura.Chiaramente il nodo vitale di questa esperienza è quello degli accompagnatori, e attraverso di loro si acquisiranno quei rudimenti della vita spirituale, offrire il latte prima della carne. È un’esperienza che la chiesa ha già fatto, introdurre alla vita spirituale (san Francesco di Sales, e Ignazio).Vescovo:

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vi ringrazio soprattutto per questo: per le vostre reazioni. Dopo questo incontro mi sento ancora più convinto di fare questo tentativo, non per ostinazione. È un anno che ci sto pregando e pensando su. Mi sembra di rivedere un certo per-corso della mia vita di prete. All inizio 71, era fare diventare praticanti i credenti. Ci credevano ma… confessione? Messa? Dovevano essere incoraggiati a prati-care la fede. Poi ho capito che bisogna prendere sul serio il non credente. Vedo che la Chiesa sta passando per un processo di purificazione e quella profezia di Ratzinger sia in fase di attuazione. Noi non saremo più massa. Quando penso ai cenacoli del vangelo non penso più alla massa. La massa non ci sarà più ma sta tornando il tempo delle conversioni. Non sono masse ma sono persone che cercano Dio e vanno aiutate e accompagnate. Le nostre parrocchie cosa offrono? I movimenti stanno offrendo un accompagnamento, e questo porta alcuni cristiani a vivere la bellezza della fede. Ma noi come parrocchie cosa stiamo facendo e cosa possiamo fare? Certo non possiamo procedere per decreto, ma se è vita la vita si diffonde per contagio.Allora, non mettiamoci nell’idea che adesso facciamo la serra dove crescono i cristiani. Al consiglio pastorale hanno chiesto: facciamo articolo sul Ponte? No per carità le campane le suoniamo dopo, penso a cosa piccola, umile, ma sento il dovere di dire, è un peso in più o è una risorsa? E se invece di un ostacolo fosse un’ala? Non lo so, non offro garanzie, vedo i rischi, grazie a voi, il fatto di parlarne è utile. Il cristianesimo si è diffuso per una strategia missionaria, di fatto non sono andati tutti a Roma, prima le grandi metropoli del bacino mediterraneo, ma nel IV se è iniziato catecumenato, che era rigido… i guai sono iniziati quando si è smesso il catecumenato, cioè il grembo materno della chiesa. Allora: nella nostra parrocchia ci sono dei cristiani che sono passati per le prove? Il criterio è uno solo: il martirio. Se martire è santo subito. E se è riuscito a soprav-vivere senza apostatare qui c’è fede! Allora abbiamo un cristiano due nelle nostre parrocchie che abbia affrontato la prova? L’adozione di un bimbo down da parte di una coppia non vi sembra una proposta efficacia di vangelo della famiglia? Possiamo aiutare questi cristiani a rendere ragione di questa speranza? Quando incontro i genitori nelle parrocchie dico: Dio fa bene ai bambini. Prima parto con provocazione: siete sicuri che avete fatto bene a battezzare i vostri bambini? A loro chiedo: quanti vi hanno criticato per avere battezzato il vostro bambino? E voi cosa avete risposto? Siate sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in voi. Non basta dire l’ho fatto per fede. Bisogna motivare queste scelte e io devo aiutarli!Allora la zona pastorale serve perché qualche parrocchia può dire: io questi con-fessori della fede non ce li ho. Allora pensiamo alle zone pastorali. È possibile che un genitore che viene a iscrivere i bambini al catechismo, o alla festa, (partiamo magari più tardi col catechismo ma partiamo bene non coi catechisti mosci!). allora in quell’incontro lì abbiamo un genitore che sappia dare la sua testimo-nianza, per es sul catechismo iniziato per dovere al bambino e poi è ripartita fede per noi genitori? Ecco, un laico, che dica: io ho vissuto questa fase: avevo lasciato la fede ma poi

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ho sentito questo richiamo, mi sono fatto aiutare, a me ha fatto ben se ci sono dei genitori che vogliono farlo …. Allora c’è qualcuno che possa farlo nella zona pastorale? Ok ma intanto facciamo partire il seme dei cenacoli del Vangelo. Quin-di proviamo… anche la ritualità può dare problema. Mi fa pensare a Paolo VI che tirò fuori il RICA. È un metodo, ma nel senso evangelico del termine. È un metodo che si è ispirato al catecumenato antico, e solo se lo sperimentiamo possiamo capire se va. Respingere una proposta che ci ha fatto la chiesa universale, solo per l’impressione che sia troppo macchinoso, non va, al limite, sospendi il giudizio e aspetta.Il vescovo si confronta con gli organismi di partecipazione e poi vedrà di prendere in seria considerazione il cammino di catecumenato e la sperimenterà.Il dopo: si vedrà. Vuoi continuare in un movimento? Ok! In parrocchia? Ok!Come pensiamo di muoverci? Non con i proclami ma affiancando don Davide con un gruppo di persone che ci aiutino a formare quegli accompagnatori che dopo discernimento sentano di voler fare un cammino di formazione. Dove si realizzeranno? La proposta ha come riferimento la zona pastorale. Penso a una visita pastorale alle zone anche per questo: allora io chiedo: 1. Chiedo la simpatia a tutti! Ho bisogno della simpatia di tutti, non per la bella faccia mia ma perché è un piccolo seme e si vedrà se cresce. Incoraggia-mento per i confratelli che ci proveranno.2. Disponibilità a vedere se ci sono persone disponibili a fare un cammino di discernimento. Probabilmente si istituirà il ministero dei catechisti, e quindi ri-chiede un discernimento. Non vi chiediamo di fare chissà che cosa. Questa esta-te vorrei fare un 3-4 gg con questo gruppo di laici e qualche prete che insieme a don Davide cercano di vedere tutto quello che serve per andare a fare la guerra e vedere cosa ci serve. d AndreaTurchini: abbiamo cercato di favorire la partecipazione dei preti alle ordi-nazioni diaconali e presbiterali. Di fatto mi sembra di notare una certa fatica, più presenti a un funerale di un prete che a un’ordinazione. Riusciamo a trovare un modo che ci aiuti a favorire questa partecipazione? Alcune Diocesi si sono spostate su una celebrazione serale. Noi ci siamo sempre un po’ rifiutati di andare per questa via. Perché c’è la festa che si fa dopo…Riusciamo a trovare un modo per aiutare e favorire la partecipazione del presbi-terio?Don Piergiorgio:sarebbe bene creare una data tradizionale .

Don Aldo Amati: preferibile la domenica piuttosto che il sabato. E ad esempio dire che al centro storico al pomeriggio non c’è messa. Vescovo: in questi casi la parola del vescovo è importante ma non basta. Impor-tante il passa parola. Ad es si tolga la messa alla sera, quando ci sono le ordina-zioni. NOMINA DI DUE SACERDOTI PER IL CONSIGLIO PRESBITERALE REGIONALE.

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Organismi Pastorali

Verbale Consiglio Pastorale Diocesano 12 aprile 2013 .......................................... 102

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Il Consiglio si riunisce alle ore 19Presenti: 29 membri del Consiglio (assenti Cenci e Navetta), S.E. Il Vescovo Francesco Lambiasi, don Luigi Ricci, don Davide Arcangeli.

S.E. il Vescovo apre la seduta del consiglio con la preghiera iniziale; il brano del-la Lettera ai Galati proposto afferma che il Battesimo fa dei battezzati in Cristo persone nuove, convertite, ma oggi gli stessi battezzati sono “pagani”. Questa affermazione permette l'introduzione al tema oggetto dell'ordine del giorno:La Nuova Evangelizzazione

Il Vescovo pone la domanda "Perché nuova evangelizzazione?" e ne dettaglia così la risposta:Nella veglia di Pentecoste dello scorso anno aveva anticipato il tema dei "cena-coli del Vangelo" nell'ambito della Nuova Evangelizzazione e lo aveva presen-tato anche nella lettera Pastorale "Noi non possiamo tacere".Ripercorrendo schematicamente la lettera pastorale, il Vescovo si è soffermato sul "perché" è necessario l'annuncio di una nuova evangelizzazione.La pastorale è datata: si continua ad evangelizzare con metodi antichi, ma negli anni '60 c'è stato un grandissimo esodo dei cristiani dalla Chiesa. Molti pur-troppo sono gli esempi di questo fenomeno: a Livorno il 50% dei bambini non è battezzato e di questi, il 25% non riceve altri Sacramenti. Qualcosa di simile accade anche nella nostra diocesi, non per i Battesimi, ma per i matrimoni in Chiesa che sono stati superati abbondantemente dai matrimoni civili e dalle convivenze.Nella nostra diocesi, vengono cresimati 2500 ragazzi all'anno, ma poi? Cosa accadrà nella loro vita? Che ne sarà di loro?Dobbiamo renderci conto che non riusciamo ad intercettare tutta la sete di Dio che c'è nel cuore degli uomini e, se offriamo un po' di devozione insieme ai Sacramenti, questi non bastano per rispondervi.La situazione che viviamo è davvero molto grave. Per questo, il Papa Benedetto XVI° ha indetto l'anno della fede con il motu proprio "Porta fidei" ed il Sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione.Con il secondo passaggio, il Vescovo ci invita a rispondere alla domanda "come evangelizzare"?Per affrontare la sfida, dobbiamo guardare a due modelli: a Gesù e a S. Paolo. L'evangelizzazione nasce quindi dalla esperienza di incontro che ciascuno di

Consiglio Pastorale Diocesano

Verbale riunione 12 aprile 2013

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noi fa con Cristo, tenendo conto che evangelizzare è, prima che un dovere del cristiano, un bisogno. Gesù è un maestro diverso da quelli del suo tempo: Egli non ha fondato nessu-na scuola rabbinica. Nel suo andare per le strade della Palestina, aveva fretta di comunicare la buona notizia del regno di Dio giunto qui sulla terra. Il primo evangelizzatore è Lui stesso e noi siamo veri messaggeri se siamo suoi testimoni. Gesù è allo stesso tempo, Lui stesso, l'evangelo, la buona notizia.La testimonianza però, comporta inevitabilmente lo scandalo della croce che significa persecuzione. Testimoniare la lieta notizia, espone al martirio. Chi sono i martiri? Un tempo non c'erano dubbi: quando si parlava di "santi" ci si riferiva ai martiri. Anche oggi, in non poche parti del mondo, a molti cristiani è chiesto il martirio con spargimento di sangue, come avveniva un tempo. Il secolo scorso ha visto il nostro continente ricoperto del sangue di milioni di uomini. Oggi c'è una persecuzione subdola di tipo culturale e morale, ma non per questo meno importante.L'Apostolo Paolo, dal momento in cui si è sentito conquistato da Cristo, cioè amato, dell'evangelizzazione ha fatto "il suo compito fondamentale". Come per Paolo, l'annuncio deve essere verbale e vitale nel senso che il cristiano deve dimostrare con la propria vita la conversione, il cambiamento di mentalità, l'im-pegno e la coerenza.I laici sono i nuovi protagonisti dell'evangelizzazione. Nei primi tre secoli i primi evangelizzatori sono stati i vescovi, poi i monaci, i religiosi e, nella nostra epoca, i laici (gigante addormentato).Nuova evangelizzazione non è sinonimo di rievangelizzazione, nel senso che Cristo è sempre nuovo, il suo vangelo genera un cuore nuovo a chi lo accoglie.E' sempre tempo di evangelizzazione, sia nelle diverse situazioni dei singoli, sia nei diversi ambiti in cui il cristiano opera e vive. Per questo si parla di emer-genza educativa dentro la quale la Chiesa si propone come madre nella fede e, in questo compito, attraverso lo Spirito Santo essa rigenera la comunità. I Sacramenti dell'Iniziazione Cristiana, segnano questo cammino fondamentale nella vita del cristiano.Ma ci si è accorti che non basta. Oggi la famiglia si trova alle prese con una molteplicità di problemi di fronte ai quali non riesce a dare risposte sempre adeguate. Inoltre, se di tessuto sociale si parla, è necessario che la sensibilità ad educare sia rivolta a coloro che, pur avendo ricevuto i sacramenti, hanno bisogno di riaccendere la scintilla della fede e ciò può avvenire attraverso i "cenacoli del Vangelo".Don Davide Arcangeli presenta sull'argomento una relazione che verrà allegata al presente verbale, come parte integrante.

Ore 20,30 - 21,00 PAUSA

Il lavoro prosegue dopo la pausa con la creazione di tre diversi gruppi dei quali fanno parte - in uguale numero - i membri del Consiglio, per un confronto/dia-logo e per eventuali domande di approfondimento.Alle 22,00 i tre gruppi si sciolgono ed il Consiglio si riunisce nella sua comple-

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tezza sino alle 22,40.Le tre segretarie erano presenti ciascuna in un gruppo diverso e sono loro quin-di che riportano sinteticamente quanto è emerso nei rispettivi ambiti di lavoro. La proposta è stata accolta con gioia come "un soffio dello Spirito Santo" e quindi come progetto buono. Si è centrata l'attenzione sul fatto che esiste una fascia di persone di età compresa fra i quaranta e i cinquant'anni che, per tanti motivi, hanno abbandonato la frequentazione dei Sacramenti e della vita eccle-siale. La tensione è quindi rivolta a questi fratelli nella fede.Essendo una proposta nuova, tutti si chiedono in che modo si possa creare il legame fra le persone che si incontreranno e la loro accoglienza nelle varie real-tà parrocchiali. Si pone l'accento soprattutto sulla figura degli accompagnatori, per i quali è previsto un periodo di preparazione di un anno.Gli accompagnatori sono visti come persone che avendo sperimentato l'amore di Dio su di sè, hanno misericordia e quindi si pongono al fianco del prossimo in un cammino. Essi quindi devono essere testimoni credibili.Viene poi evidenziata la differenza fra i "centri di ascolto" operanti in diocesi da diversi anni e i "cenacoli del Vangelo" che possono ora essere considerati proposta "di frontiera" per la novità che rappresentano.Altri interventi pongono l'accento sulla necessità di un rinvigorimento biblico all'interno delle comunità, con una preparazione omiletica più approfondita per i sacerdoti.Don Davide trae spunto dalle sintesi presentate per giungere alle seguenti con-clusioni: le domande poste sono interessanti ed è gratificante sentire la gioia di tutti. La formazione è un'esperienza e non un itinerario astratto-intellettuale, perché l'incontro con il Signore deve fornire dei criteri per vivere nella vita quo-tidiana. I formatori devono essere aiutati anche attraverso una loro personale guida spirituale per farsi amici di chi avvicinano.Il Vescovo chiude la serata con un sentimento di gratitudine. La formula "ce-nacoli del Vangelo" è stata presa da Mons. Bregantini il cui servizio pastorale è molto presente sul terreno sociale. Esprime gratitudine al CPD per aver aderito ad esprimersi sul progetto e per aver accettato di riflettere con un atteggia-mento di preghiera.Il secondo sentimento è quello della fiducia perché il Signore ha detto: "Anda-te!" Lui ci accompagna e cammina con noi perché è il primo missionario.Gli accompagnatori sono determinanti e devono avere una fede vissuta, essere passati attraverso prove. Qual è il criterio per dire che una persona è credente? La preghiera? Si, certo, ma non ci si può illudere che questa basti, non è il primo e ultimo criterio. E' l'apostolato? Si, certo, può però rappresentare anche una attività gratificante per chi la pratica.La Chiesa primitiva aveva un criterio unico: il martirio, criterio infallibile. Anche oggi, quando si parla di Don Puglisi, abbiamo subito le idee chiare perché sap-piamo che è morto per la fede. Ma ci sono molti altri esempi, come da molti è vissuto il dolore, come è accettata la croce...Quindi, quando si può provare che un cristiano è morto per la sua fede, allora non ci sono dubbi!Gli accompagnatori devono essere persone di fede. Non basta che sappiano

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qualcosa in più in termini di Parola, ma occorre che siano testimoni di fede!Il cammino di formazione degli accompagnatori va comunque pensato, così come strutturare un cammino annuale.Il vescovo infine ci invita a riflettere su 1Pt. 3,15: "E chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene?" e sulla Lettera a Diogneto.Non dobbiamo dimenticare che la fede non può più essere presupposta, che noi offriamo una possibilità di salvezza a chi viene a chiedere i sacramenti e che Cristo ci chiama con una promessa di felicità.Abbiamo bisogno di pregare per avere luce necessaria al discernimento.

La segreteria del CPD

ALLEGATOSintesi della riflessione nei gruppi del CPD sui Cenacoli del Vangelo

La proposta è coraggiosa ed è una bella sfida, con tutto il significato di impegno che si annette a questo termine.E’ necessario trovare il coraggio di cambiare i modelli della nostra pastorale, perché non siamo più in una società dove si vive diffusamente e quotidiana-mente la fede. La pastorale nelle nostre parrocchie è oggi generalmente poco missionaria, poco vicina alla vita delle persone ed inadeguata a suscitare do-mande di senso in chi è “lontano”.Questa può essere un’occasione per incontrare di nuovo una certa fascia di età -quella degli adulti giovani-, una fascia debole, a rischio di abbandono della fede. I motivi sono molteplici: innanzitutto chi vive in questo tempo lo trova svuotato di valori e di fede. Inoltre ci sono difficoltà esistenziali: tempi frenetici di vita e, in più, i figli, la famiglia, il lavoro, sentiti come ostacoli a coltivare la fede stessa. Ad esem-pio, i genitori dei bambini che chiedono per loro i Sacramenti dell'Iniziazione Cristiana sono un ambito di relazione ed avvicinamento. I Cenacoli sarebbero un’occasione per riproporre l'incontro con Cristo.Tutta la comunità può ricevere nuovo slancio di fede dalla presenza e dall'ac-compagnamento di queste persone.

Perplessità, limiti e attenzioni:• Una persona si forma nella comunità in cui vive, non in un percorso.• Bisogna capire bene la proposta dei Cenacoli e darle una fisionomia, de-

finendone l'itinerario, in quanto si tratta di una pagina ancora da scrivere. • Ci sono perplessità su un percorso articolato in due anni e anche sulle sue

caratteristiche; si ritiene utile una fase preliminare fatta di incontri per co-noscersi e stabilire una relazione.

• E’ necessario operare una ricerca ed una scelta attente degli accompagna-tori, in modo da individuare persone con coscienza, sapienza e doti di spiri-

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tualità. Debbono essere persone vicine alla condizione degli “accompagna-ti”, come, ad esempio, un capo nella squadriglia scout. Si è pensato anche alla figura del testimone/animatore, che è colui che sa coinvolgere con il coraggio semplice della sua testimonianza, ma è diverso dal maestro, una persona che, avendo scoperto per sé l'amore di Dio, ha cambiato di conse-guenza la sua vita. Non dovrebbe possibilmente coincidere con coloro che sono già molto impegnati in diverse realtà e la sua formazione dovrà essere curata e fondata sulla parola di Dio.

• Nell'accompagnamento dei laici è importante il ruolo del sacerdote, ma soprattutto del rapporto personale fra laici. Anche l’invito deve essere fatto da laici.

• Occorre avvicinare le persone “in ricerca”, ma stabilire anche linee guida per il “dopo”, una volta completato l'itinerario. Si citano infatti esperienze già avvenute di contatti con persone intercettate dalla vita parrocchiale e di percorsi costruiti per loro, finite poi per l'assenza di proposte valide con le quali continuare un cammino.

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Avvenimenti Diocesani

Meditazioni quaresimali 2013 ........................................................................................ 152

Incontro del Vescovo con i cresimandi ........................................................................ 154

Veglia di preghiera in memoria dei missionari martiri ......................................... 156

Don Sisto Ceccarini ............................................................................................................ 157

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Nella Lettera Apostolica Porta fidei, mediante la quale Benedetto XVI ha indetto questo speciale “Anno della Fede” per celebrare il cinquantesimo an-niversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, egli rivolge un accorato invito affinché: «Si intensifichi la riflessione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che l’u-manità sta vivendo […] Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio».

Le Meditazioni Quaresimali di questo anno pastorale (giunte alla quinta edizione) hanno inteso quindi corrispondere pienamente a questo invito ri-chiamando la centralità e la bellezza della fede cristiana in prospettiva mis-sionaria, nel sincero anelito di aprire sempre più ai cuori la «porta della fede» (Atti 14,27).

Questo è davvero un tempo opportuno dello Spirito per riflettere insieme sul significato del dono di grazia più prezioso, sorgente di vita piena e vera, sull’esperienza della fede vissuta nella Chiesa, meditandone insieme le forme e i contenuti più profondi. È un tempo di rinnovata coscienza del dono della fede, di crescita e maturazione in essa di un’autentica testimonianza e realiz-zazione della vita buona del Vangelo, in dialogo e in cammino anche con chi non ha il dono della fede o è ancora in ricerca.

Dopo gli itinerari quaresimali degli ultimi anni, incentrati sul Contemplare il volto di Cristo, sulla testimonianza a Cristo nella Chiesa-Comunione, e sulle certezza che Con Cristo o senza Cristo cambia tutto, alla Chiesa riminese pare ora necessario e urgente interrogarsi sulla fede, sulla concretezza e la bellezza dell’esperienza di fede nel Signore Gesù.

Questo è un tempo propizio, come ha ricordato Benedetto XVI nelle prime catechesi del mercoledì dall’indizione dell’Anno della Fede, ad esempio per aver tempo di “guardare in profondità in noi stessi e leggere quella sete di infinito che portiamo dentro, che […] rinvia a Qualcuno che la possa colmare”.

Tra i relatori ai Quaresimali 2013, spiccano i nomi del Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, che aprirà la serie delle Meditazioni intervenen-do su “La Chiesa e l’Annuncio del Mistero”; e quello di mons. Giancarlo Maria Bregantini, Arcivescovo della Diocesi di Campobasso-Boiano. Chiuderà il ciclo delle Meditazioni il Vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, con l’inter-vento “La fede pregata”.

"La porta della fede"

Meditazioni quaresimali 2013

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Gli incontri, aperti a tutti, si sono svolti per cinque lunedì durante il perio-do quaresimale presso la Chiesa di Sant’Agostino,.

Questo la successione delle meditazioni.

Lunedì 18 FebbraioLa Chiesa e l’Annuncio del Mistero. Il Concilio Vaticano II davanti a noi, tra continuità e riformaS. Em. Rev.ma Il Card. Giuseppe Betori (Arcivescovo della Diocesi di Firenze)

Lunedì 25 FebbraioLa fede celebrata. La Parola di Dio nella vita liturgica e sacramentaleS. Ec. Rev.ma Mons. Alceste Catella (Vescovo della Diocesi di Casale Monfer-rato)

Lunedì 4 MarzoLa fede professata. Il significato del Simbolo Apostolico e dell’esperienza di fedeS. Ec. Rev.ma Mons. Ignazio Sanna (Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Oristano)

Lunedì 11 MarzoLa fede vissuta. Comandamenti e Beatitudini, forme concrete della vita cristia-naS. Ec. Rev.ma Mons. Giancarlo Maria Bregantini (Arcivescovo della Diocesi di Campobasso-Boiano)

Lunedì 25 MarzoLa fede pregata. La lode e la preghiera nella vita quotidiana dei credentiS. Ec. Rev.ma Mons. Francesco Lambiasi

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Partecipazione altissima: 2.500 ragazzi e altrettante famiglieTestimonianze toccanti tra gli adulti, i cresimandi “applaudono” ai contenuti fortiCon il bagno di folla di domenica 10 marzo (oltre 700 ragazzi, molti dei quali seduti su diverse fila sui gradini del presbiterio, in Duomo), si sono conclusi gli “Incontri con i cresimandi 2013”, tre incontri fortemente voluti dal Vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi, e organizzati dall’Ufficio Catechistico dioce-sano.2.500 i ragazzi (e altrettante famiglie): tanti sono stati i ragazzi incontrati dal Vescovo al termine di questo appuntamento degli “Incontri con i credimandi”, ormai una (bella) e consolidata tradizione della Chiesa riminese.Gioia, “una felicità grande, sfacciatamente incontenibile”, è quella che il Ve-scovo di Rimini Francesco Lambiasi ha augurato ai ragazzi e ai loro genitori in occasione degli incontri programmati dall’Ufficio Catechistico per coloro che si apprestano a ricevere (o hanno già ricevuto) il Sacramento della Confermazio-ne durante questo anno.Si sono ritrovati in Basilica Cattedrale alla domenica per circa 2 ore, i Vicariati Litorale Sud, Coriano e Morciano (24 febbraio), il Vicariato Urbano (3 marzo) e i Vicariati Valmarecchia, Litorale Nord, Savignano-Santarcagelo (10 marzo). “La partecipazione è stata altissima, ma ormai non è più una novità. – è il commento di don Daniele Giunchi, direttore dell’Ufficio Catechistico diocesa-no – Una scommessa vinta, invece, è stata quella dei momenti di riflessione ad alto livello proposti ai ragazzi. Quest’anno abbiamo deciso di lasciar da parte giochi e animazione, per insistere maggiormente su contenuti forti in vista della cresima”.L’Ufficio Catechistico ha prima invitato a riflettere sull’icona evangelica di Gesù che si ferma nel tempio all’età di 12 anni, mettendo in apprensione Maria e Giuseppe, e ha proposto ai ragazzi un percorso dal titolo “Cercare una ragione per vivere”, costituito da due canzoni (una di Jovanotti, l’altra di Nek) e tre brevi video.Pur con il limite dell’attualizzazione contemporanea di Dio, il video “Il ponte” mostra la ragione per vivere e per morire di Dio. Un padre deve decidere se salvare il suo unico figlio o un treno con tante persone a bordo che rischia di cadere nel vuoto. L’applauso dei ragazzi al termine del video, forte e sponta-neo, è la risposta che i cresimandi hanno colto la provocazione.

Incontri del Vescovo con i Cresimandi

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Anche il video sul peccato è stata una proposte che ha colpito nel segno. Un ragazzo scopre la possibilità di attraversare gli oggetti grazie ad un “buco” nero e inizia così ad utilizzarla. Prima sottraendo alcune merendine ad una macchinetta, infine mettendo a segno un colpo nel caveau. Le banconote però son talmente tante che per prenderle tutte, il ragazzo si “tuffa” all’interno del caveau, il “buco” nero si stacca dalla parete e la porta del caveau si chiude ine-sorabilmente alle spalle del giovane spinto dall’ingordigia. Anche il denaro, il possedere, è una ragione per vivere ma rischia di far diventare l’uomo schiavo. Ci sono ragioni più alte e più appaganti per vivere.

Mentre i ragazzi “cercavano una ragione per vivere” in Sala Manzoni, papà e mamme (ai quali era stata recapitata una lettera-invito) si sono ritrovati in Duomo per ascoltare una breve catechesi del Vescovo.

Inoltre sono state proposte alcune testimonianze di laici riminesi. Si tratta di una famiglia di Bellaria, una famiglia molto numerosa con 8 figli; una ragazza di Torriana e una mamma, moglie e catechista di Santa Cristina che ha ritrovato la fede. E ancora una famiglia della ass. papa Giovanni XXIII aperta all’accoglien-za, l’esperienza di un giovane vedovo con quattro figli, e quella di un ragazzo vittima di una caduta che poteva tenerlo a letto per tutta la vita. Storie di sof-ferenza, di dolore, di ritorno alla vita. Storie di croce, di croce che è viatico per la risurrezione. Storie di incontro con Cristo.

Sono state proiettate brevi video-interviste di altri testimoni in Italia.

Ragazzi e genitori sono stati accomunati dalla stessa mendicanza di senso, espressa in maniera più o meno inconsapevole, alla quale durante gli incontri è arrivata come risposta la paternità di Dio, un Dio pronto ad abbracciare sempre l’uomo, e che l’uomo può chiamare papà, “abbà”.

“Abbiate il coraggio di scegliere Gesù come il vostro più grande amico, – ha concluso mons. Lambiasi – il «fuori-serie», e insieme a lui di sognare quei gran-di progetti, bellissimi che Dio Padre ha in mente per voi”.

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Veglia di preghiera in memoria dei missionari martiri

Il 9 Aprile alle ore 21 in Cattedrale il Vescovo Mons. Francesco Lambiasi ha presieduto la veglia di preghiera in memoria del Missionari Martiri e in prepa-razione al Campo Lavoro MissionarioSi è trattato di un momento di preghiera in si è pregato in memoria dei tanti missionari e missionarie, laici e religiosi, famiglie e operatori pastorali, che do-nano la vita per il Vangelo, in diverse parti del mondo.Celebrare la memoria dei martiri serve a noi cristiani per ricordare che la Te-stimonianza è una condizione che ci riguarda tutti e alla quale tutti siamo chiamati.Le Pontificie Opere Missionarie scelsero Mons. Oscar Arnulfo Romero, vescovo salvadoregno, ucciso il 24 marzo 1980 in Salvador perché si oppose con forza e decisione al governo militare che massacrava i più poveri e ne calpestava i diritti. Dal 1992 la Chiesa Italiana celebra la giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Martiri Missionari il 24 marzo.A Rimini questa celebrazione è spostata al 9 aprile per iniziare con un momen-to forte di spiritualità il tradizionale Campo Lavoro missionario che si è svolto nel fine settimana seguente, sabato 13 e domenica 14 aprile.Quest’anno la veglia di preghiera è stata dedicata ai martiri albanesi nel vente-simo anniversario della visita del Beato Papa Giovanni Paolo II a quel paese e l’inizio del processo di canonizzazione di tanti testimoni della fede di cui può vantarsi la Chiesa albanese ed ancora tanto sconosciuti.

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Sacerdote, consacrato, parroco, penitenziere, esorcista, assistente di alcuni gruppi di laici e canonico della Cattedrale di Rimini. Schivo e di poche parole

Sacerdote, consacrato, parroco, penitenziere, esorcista, assistente di alcuni gruppi di laici e canonico della Cattedrale di Rimini. Don Silvano Tonti ci ha mostrato come muore un cristiano: «Arrivederci in Paradiso»! Così ha salutato tutti nel suo testamento spirituale. Nello stile sobrio che lo ha sempre contrad-distinto, sembra leggere un’epigrafe dei primi cristiani, per i quali la resurrezio-ne era più che certezza: «Per la mia sorte ultima non ho timore alcuno, unica speranza per me di salvezza è infatti Cristo, sotto la cui guida la morte muore».

Prete schivo e di poche parole, gli sono bastati cinque verbi per ricapitolare tutta la sua vita prima di consegnarla a Cristo: credo!, obbedisco!, ringrazio, rinnovo il dono totale di me stesso, chiedo perdono, saluto e arrivederci!Don Aldo Amati, che lo affiancò come cappellano a Cattolica per tre anni, lo ricorda come un sacerdote austero, tutto dedito al ministero, con una spiritua-lità robusta e solida (quasi ignaziana!). Ne ammirava il forte senso di Chiesa e l’obbedienza incondizionata. Come parroco era amato dal suo popolo, anche se a volte un po’ autorevole...«Conservo un buon ricordo di prete» ci dice don Fausto Lanfranchi, Vicario generale dal 1972 al 1986: «Aveva un temperamento forte ed era un uomo riservato. Negli ultimi anni celebrava la Messa a San Gaudenzo e qualche volta in Cattedrale, perché era canonico». Un titolo oggi solo onorifico, che indica i membri del Capitolo della Cattedrale che possono concelebrare con il Vescovo e partecipare al Sinodo diocesano; prima del Concilio, invece, spettava loro la direzione liturgica e amministrativa dell’intera Diocesi.È proprio in Cattedrale che negli ultimi anni don Silvano svolgeva gran parte del suo ministero come penitenziere, colui cioè che fa le veci del Vescovo per i peccati a lui riservati, come per esempio l’aborto e l’apostasia. Don Giuseppe Tognacci, Rettore della Cattedrale, sottolinea la fedeltà con cui don Silvano svolgeva questo delicato ministero: «Mai assente. Vi profondeva ogni energia e non taceva ai penitenti le esigenze della vita cristiana».

A pochi metri, prima nell’Oratorio di San Giovannino e poi a Santa Croce, svol-geva un altro delicatissimo ministero: quello di esorcista. Ministero di consola-zione e di misericordia, che richiede profondo discernimento e tanta preghiera,

Don Silvano Tonti

Necrologio

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soprattutto nei casi (per la verità rari) in cui si trovava a lottare con il demonio.Che fosse un uomo di preghiera lo testimonia anche “Il Cenacolo della SS. Trinità”, il gruppo di preghiera che celebra la Messa secondo il Rito antico (in latino): «Questo cammino – scrivono – ti ha visto celebrare i sacramenti, ritiri spirituali, pellegrinaggi, direzioni spirituali, adorazione eucaristica e soprattutto il Santo Sacrificio della Messa, sempre con costante impegno e grande fervore, che ci hanno edificato e aiutato a crescere nella nostra vita spirituale».

Nella sofferenza nessuno l’ha mai sentito lamentarsi e pare che un tratto par-ticolare della sua luminosa persona fosse l’umiltà.Effettivamente don Silvano un segreto ce l’aveva e pochi lo sapevano: alle promesse sacerdotali aveva unito la professione dei voti di povertà, castità e obbedienza, consacrandosi come sacerdote diocesano nell’Istituto secola-re “Gesù Sacerdote”, fondato da don Alberiore. Questa famiglia spirituale gli permetteva di camminare più spedito nella vita interiore, di esercitare il suo ministero con più generosa dedizione e spirito di obbedienza, considerando sua “parrocchia il mondo intero sull’esempio di San Paolo”.

Elisabetta Casadei

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Don Francesco Maria Giuliani

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